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Racconti di Dominazione

Mi fai quasi pena..

By 4 Marzo 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Non gli ho chiesto nemmeno come stava, ed era tanto che non ci vedevamo.. e le prime parole che gli ho detto sono state: “togliti subito quel sorriso stupido dalla faccia e fammi entrare” o qualcosa così.
Quel cretino era troppo contento di vedermi, così ha provato a non sorridere e gli è uscita una smorfia di chi non può impedirsi di farlo, ma preoccupato che mi potessi arrabbiare.
Io sono stata un mostro, perchè in realtà non me ne importava meno di zero che sorridesse o no. Un mostro perchè mi ero ripromessa di non chiamarlo più, tanto che mi faceva quasi pena alla fine. Mi tolsi il mantello e la sciarpa e li buttai sul suo divano, come se fosse casa mia. “Che fai lì impalato? Portami qualcosa da bere, no?” Lui disse: “Certo, subito, ma la tua chiamata è stata così inattesa! Non ho quasi niente.. ma d’ora in poi, visto che so che puoi chiamare terrò tutto pronto per te Padrona”.
“Ecco, te lo sei voluto, chiamandolo.. ” pensai io. Tolsi le scarpe, le allontanai con un calcio e dissi: “Non sono più la tua padrona, ricordati cos’avevo detto: che sei troppo un cesso per meritarti una padrona come me…”. Seduta sul suo divano, tirai su le gambe, come per sdraiarmi e feci un gesto vago con la mano: “Portami quella bottiglia di whisky e spogliati.” Ero vestita abbastanza elegante e avevo una gonna nera, con i collant.
Arrivò quasi correndo, nudo con la bottiglia. Era già eccitato, ma feci finta di non accorgermi. Lui voleva fare tutto bene, anzi perfettamente.. La sua faccia speranzosa aumentava solo la mia cattiveria. Dissi: “Complimenti, il tuo appartamento è sempre così in ordine! ..anche il pavimento, brilla come uno specchio, proprio come me lo ricordavo!”. Detto questo, con una faccia piuttosto annoiata iniziai a versare whisky sul pavimento, sporcando anche il divano, dicendo “Fai il tuo lavoro.”.
Lui iniziò a leccare il pavimento, io appoggiai il piede destro per terra, in mezzo a quasi metà bottiglia di whisky che aveva formato una pozza bella grande. Lui si affrettò a leccarlo, io gli dissi che lo doveva succhiare tutto, ma ben presto ne ebbi abbastanza e gli allontanai la faccia con una spinta piuttosto forte nei denti. La sua faccia aveva un’espressione ferita che diceva “Non voglio deluderti, così mi chiamerai ancora.. dammi un’altra possibilité”.
Quello che non sapeva era che non l’avrei comunque chiamato mai più.. era solo a causa del fatto che quella sera tutti, ma proprio tutti avevano qualcosa da fare, che l’avevo chiamato, e non era dipeso assolutamente da lui, e non avevo nessuna intenzione di rifarlo..
Gli feci indossare delle mutandine rosa con il pizzo, che erano mie, ma non mi son mai piaciute. Me le aveva regalate qualcuno. Dissi: “adesso prendi le caviglie con le mani” e presi il frustino. Non mi importava nemmeno di trovare una ragione per le frustate che gli avrei dato.
Prima di frustarlo però tagliai i collant, gli legai i polsi alle caviglie e spalancai la pesante tenda. Fuori dalla finestra, negli altri appartamenti di fronte tutto era buio, ma non ci credo che nessuno ha visto niente. Lui era combattuto, tra il far piacere a me, il non farsi scoprire dai vicini e il male delle frustate. A un certo punto disse supplicando: “Basta, io.. ti prego bastaaahh” ma secondo me poteva fare di molto meglio. Dissi: “ma cosa ti succede eh? Ti sei proprio rammollito..”. Gli tirai giu le mutandine con il frustino, e lo accarezzai, sempre con il frustino. Mi misi dietro, attaccata a lui, e tagliai i collant. Lo sollevai, gli misi le mani sulle spalle e strusciandomi contro di lui dissi: “Tu non sei un uomo, no no, sei una merda… e se vuoi che io smetta, non è cambiato: devi essere più sincero, devi essere al limite della sopportazione e si deve sentire.. non dev’essere mica perchè hai paura che ti riconoscano dall’altra parte della strada.. capito, brutta merda..?”. Non disse niente, così continuai eccitata: “E poi, tu svendi subito la tua dignità pregandomi di smettere praticamente subito? Poi non ti lamentare se sei da solo, se sei un fallito, se io non ti chiamo più e se la tua ragazza ti lascia (me l’aveva raccontato lui tempo fa, ndr): sei un perdente, senza dignità, senza spina dorsale…non piaci a nessuno.”. Presa dalla foga del momento, lo girai, gli mollai una sberla, lo presi per le spalle, lo scrollai e dissi: “Vedi? Non reagisci, è inutile, sei solo una merda.. anzi, fammi vedere come fai un pompino a questa bottiglia..” e gliela infilai in bocca senza tappo. Lui quasi si soffocò, disse: “Scusa Padr.. ehm.. Nora” e il whisky finì anche sul tappeto. Stava ancora tossendo quando mi feci una bella risata dicendo: “Certo che ci sarà da pulire dopo.. hai appena sputato il whisky sul tappeto..”.
Non me ne fregava assolutamente niente di lui.
Lo feci bere a forza un altro po’, lui iniziava a barcollare. Anche io avevo un po’ bevuto, e iniziai più o meno consapevolmente a dargli ordini in italiano. Lui ovviamente non capiva niente (siamo a Parigi, ndr), un buon motivo per insultarlo ancora. Poi presi il suo cellulare e lo usai per fare una telefonata e mandare due messaggi, che gli lessi, in cui avevo scritto di quanto era un incapace.
Ero sopra di lui, presi un pezzo di corda e ci feci un cappio fatto per afferrare le palle. Poi mi sistemai comoda comoda sul divano, lo feci acquattare lì davanti e oltre a leccarmi la figa, gli dissi che aveva interesse a leccarla bene, perchè se non l’avesse fatto, avrei tirato sempre un po’ di più. Tirare era molto eccitante, a volte lo prendevo per i capelli, lo staccavo dalla mia figa e lo guardavo negli occhi, per vederne l’effetto. Gli infilai anche una candela nel culo. La spostavo avanti e indietro sempre più veloce, sussultavo, e lui mi poteva sentire, ma il sistema del cappio ora rallentava e ora rinforzava la sua eccitazione. Dopo un po’ venni, pensando a quella bella sensazione che mi aveva procurato un bel cazzo sabato sera. Gli dissi di masturbarsi, che ormai era l’unico modo in cui sarebbe potuto venire e aggiunsi: “Mi fai quasi pena..”.
Raccolsi la sua sborra in un bicchiere di plastica e dissi “Bevi! Un po’ di sborra e un sorso di whisky, ti piacerà, vedrai..”.
Me ne andai mentre era andato in bagno a vomitare. Presi sciarpa e mantello, gli lasciai i collant in pezzi e le mutandine rosa come ricordo. Mi sembra che non lo salutai nemmeno.

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