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Racconti 69Racconti di Dominazione

M’s story. Capitolo 18. Verso il nuovo lavoro

By 1 Novembre 2022No Comments

Alle 11:30 la consegna dei diplomi è finita, c’è il pranzo in piedi in Hotel. Non ho ricevuto istruzioni sul da farsi. Resto in piedi senza sapere cosa fare, poi mi avvio a raccogliere le mie poche cose in fondo all’aula del liceo dove si sono svolte le lezioni.
Sorpresa! Seduto al mio posto c’è Giovanni, il mio ultimo padrone, che mi sorride e fa il gesto di battermi le mani. Ricambio il suo sorriso, felice di rivederlo: vorrei inginocchiarmi ma mi ricordo che siamo in pubblico e non mi è permesso. Mi aiuta a risolvere la questione: si alza, viene verso di me, mi stringe la mano aggiungendo un “Rallegramenti vivissimi, signora M.”. Mi fa i complimenti per come ho servito il senatore: parla per analogie, così che nessuno capisca.

L’aula pian piano si svuota. Tra gli ultimi a uscire c’è proprio il senatore, con le sue due guardie poco distanti. Si salutano, Nando gli dice: “Sentiamoci appena puoi, grazie!” … per me solo uno sguardo dolce, un sorriso, un cenno del capo.

Quando siamo soli ricevo le istruzioni: “Sono in ferie, posso stare con te. Non mangeremo con gli altri. Fai la valigia poi vieni all’ultimo piano dell’ala bassa dell’Hotel. Suite 301”.
Entriamo separatamente, tengo gli occhi bassi per non attirare l’attenzione di nessuno. Vado nella mia cameretta faccio la valigia e dopo 15 minuti busso alla 301. È una suite de Luxe, ovviamente… Giovanni mi apre e va sul balcone che dà sul mare, si accende la pipa. Mi sorride, sembra davvero soddisfatto di me.

G.: “Nuda. Giù”. Già! siamo soli e devo tornare al mio posto. In un attimo mi spoglio e sono ai suoi piedi, ma restando dentro la suite.
G. “Alle 13 ci serviranno un pranzo in camera, poi ti riporto alla villa. Adesso sii sincera. Come stai? Hai pianto ieri sera? ti ha trattata bene?”. Alzo gli occhi, sono serena e senza paure.
M.: “Mio signore, sto bene. Non ho pianto. Il senatore è … è un gentiluomo”.
G.: “Bene… e quante volte sei venuta?”. Arrossisco, abbasso gli occhi, rispondo con la mia vocina. “Io… io credo tre… forse quattro… non… non sono sicura”. Scoppia a ridere, ma non mi prende in giro, ride con allegria.

Scuote la pipa, rientra: fa freschino chiude la porta a vetri. Siede sul divano e, battendo il piede sul tappeto, mi fa segno di andare tra le sue gambe. Continua:
G.: “Ti ha fatto regali? Non hai preso soldi, vero? Ha chiesto di rivederti?”.
Rispondo con tono imbarazzato: “S… sì mio signore [sollevo lo smeraldo a forma di cuore, per farglielo vedere]. Non mi ha offerto soldi e … so che non posso prenderne: ha capito da solo che non sono una escort e… ho… ho… [abbasso gli occhi] ho dovuto dire detto cosa spero di diventare. [sospirone]. Sì, ha chiesto di rivedermi e ho spiegato che non deve chiederlo a me, che io non decido niente”.

Mi guarda con espressione soddisfatta, sorride, allunga una mano, mi accarezza una guancia delicatissimo. Io tremo e sorrido per la felicità. Lui:
G.: “Sai quanto vale quel regalo? Sono dai 10 ai 15 carati, pietra limpida, intensità vivida: parliamo di minimo 10 – 15.000 euro. Lo sapevi? Lo immaginavi?”. Faccio di no, con la testa. Lui riprende:
G.: “Sei una continua sorpresa, sai? La prima volta che ti ho visto ho pensato a una bambina capricciosa, ribelle, che vuole pensare e decidere della sua vita… invece stai imparando velocissimamente. [Ride, continua] Ti meriti un premio. Adesso guarda senza muoverti e senza toccare. Guarda solo, intensamente”.

Si abbassa in pantaloni e i boxer. Ha un uccello enorme, in completa erezione. Non quanto quello del Maestro, ma è il più grande tra quelli dei padroni che ho avuto. Lo fisso come mi ha detto di fare. Non stacco gli occhi. Lui:
G.: “Parla”.
Io, dopo un respiro profondo: “Mio signore, è così dritto per… per colpa mia?” [ride, è allegro davvero].
G.: “Sì, è così per merito tuo, non per colpa tua”. Ascolto, realizzo cosa vuol dire la sua erezione e… mi sento tanto desiderata… e, per questo, gemo dopo un istante, sottovoce, dolcissimamente. Le puntine seno mi si gonfiano e induriscono a vista d’occhio. Mi bagno, tanto, velocemente. Ho il respiro affannato.
Non posso chiedergli niente, non ho diritto a niente. Posso fare solo una cosa: allaccio le mani dietro la schiena, porto il viso contro il pavimento.

Lui tace. Lo sento muoversi, mi prende per le ascelle, mi attira a sé. La sua voce baritonale è diventata anche roca:
G.: “Vieni, Sali su di me. Poi scendi, ma piano”.
Mi vuole, mi userà! … sarà la prima volta… Non ho un carattere abbastanza forte per tornare a guardarlo in viso, eseguo con gli occhi bassi. Scendo lentissima e tenendoglielo fermo con una mano. L’ho accolto: ha il sesso bollente, durissimo, enorme. Scendo ancora e il respiro mi diventa affannato.
Per sostenermi metto le mani sulle sue spalle larghe… scendo ancora un po’ e….
M.: “Miaooooo… miao, miao, miao…. Miaooooo!!!!!”. Miagolo disperatamente… miagolo forte come non mai perché godo, godo come una porcacciona. Rovescio la testa all’indietro, tremo tutta, pianto le unghie sulle sue spalle senza volere.

Bussano alla porta ma se ne accorge solo lui, che grida:
G.: “Avanti! Fate come non ci fossimo!”. Sono tre camerieri che portano il pranzo, mi vedono nuda, con autoreggenti e tacchi alti, penetrata da un cosone enorme… restano a bocca aperta, chiudono la porta, cominciano ad apparecchiare ma lo fanno piano, toccandosi laggiù.
Giovanni prova a spingere, vuole entrare completamente, ma mi scappa un “Ahi!” e si ferma. Lui: “Sei incredibile… mai vista una cosa come te …”. Avvicina il mio viso al suo, mi bacia sulla bocca, io impazzisco per quella tenerezza, miagolo ancora, forte forte. Una manona scende verso il mio seno, mi accarezza un capezzolo delicatamente: sento tutto, sento tanto, miagolo ancora, forte, come se lo stessi chiamando.

Si alza continuando a penetrami. Non sono in grado di capire niente. Mi mette sul divano, al suo posto: appoggio solo il fondo schiena, le gambe in alto, lui mi è come sopra me: i suoi 185 cm coprono completamente i miei 158. I suoi 90 chili schiacciano i miei 48. Spinge, piano, attentissimo a non rovinarmi. Spinge. Lo sento da matti, lungo e grosso, tanto grosso dentro di me. Perdo il controllo, non sono più una gattina, sono una gatta selvaggia… il mio miagolare sottovoce scompare, diventa il grido di una animaletta. Spinge. Spinge ancora lento… e, quando sento i suoi testicoli contro la mia patatina… vado in delirio. Un ultimo grido selvaggio, poi mi affloscio, crollo. Mai provato qualcosa di simile.

Mi risveglio. Sono per terra, distesa su dei cuscini accanto al tavolo dove Giovanni sta mangiando. Cerco di rialzarmi per inginocchiarmi. non ci riesco, sono senza forze. Vedo che mi sorride, sembra proprio felice, mi allunga un pezzo di carne sul pavimento… mi nutre come una cucciola: azzanno! Ho una fame da lupa!
È il primo uomo che mi ha visto diventare selvaggia. Non mi era mai successo. Mi controlla la patatina: non ho sangue, non mi ha rotta… ci ha saputo fare, è un amante magnifico.
Mangio ancora quel che mi porge. Poi mi solleva, mi stende sul morbido tappeto di seta persiana della sala: “Riposa, massimo mezz’ora… che poi dobbiamo tornare”. Mi addormento dopo pochissimo, come una bimba felice.

Durante il viaggio mi spiega qualcosa del mio nuovo lavoro, comincio lunedì.
G.: “Innanzi tutto non è necessario spiegare ad altri padroni dove lavorerai. Ercole e un altro lo sanno già. Sii generica con tutti gli altri. Dalla strada dove c’è il Provveditorato si entra e si scende nel garage. Dal garage si prende l’ascensore per salire negli uffici, ma non è lì dove starai. Dietro all’ascensore c’è una porta di cui avrai la chiave: fuori c’è scritto archivio. Non ci va nessuno, ci entrerà solo chi voglio io, e anche tu ci andrai solo quando te lo dirò. Ho fatto pulire e rimodernare quello spazio di 500 metri quadrati, l’archivio è già in ordine e non dovrai fare niente. In fondo all’archivio c’è una porticina dissimulata nella tappezzeria che porta in un trilocale di 80 mq. È tutto nuovo, arredato in stile moderno, ci si può abitare. Pian piano, porterai qualcosa per vestirti come serva. I giorni in cui ti chiamerò, arriverai vestita normalmente, ti cambierai e starai nell’archivio vestita da schiava. Se verrà qualcuno gli ubbidirai. Hai capito tutto?”.
Ho capito fin troppo bene, sono in totale imbarazzo e rispondo con un filo di voce: “Ho capito tutto mio signore”.

Sono le 17:00 tra mezz’ora saremo alla villa. Mi spiega ancora:
G.: “Tutti i padroni che ti hanno avuta sanno che sei entrata nel tuo terzo mese di addestramento. Tutti sono stati contenti di te e, da stamani, anche io lo sono. Perciò, domenica pomeriggio e sera, si è deciso di farti una festa. Ho detto “una” festa, non “la” festa [ride, ironico]. Sarà un momento molto bello per te, spero che riescano a venire tutti, così li rivedrai. Forse riceverai dei doni. Sicuramente sarai usata e festeggiata. Siccome staremo tutti assieme dalle 17 alle 22, preparati al meglio e rendici fieri di te. È arrivato un primo regalo da un tuo padrone che non si sappia il suo nome: 5.000 euro che dovrete spendere tutti sabato pomeriggio, al centro estetico e facendo shopping. Mi raccomando ancora: sexy e, insieme, pudica”.

17:30 siamo arrivati in città, ma non va verso la mia villa.
G.: “Ora vedrai un’altra novità: un ingresso secondario e nascosto alla tua villa. Si entra dalle mura dietro, prima si costeggiano le mura medievali dove non abita nessuno, poi si percorre una strada sterrata. Un telecomando o una chiamata a Max faranno alzare una barriera di vegetazione e aprire un alto cancello d’acciaio. Entrati nel parco della villa, si percorre una stradina costeggiata da cipressi e coperta da piante di gelsomini. Alla fine, si è nei garage, dai quali si sale nell’ingresso: chi entra da lì è nel totale anonimato, privacy assoluta. Eccoci, guarda”. Tutto avviene come ha detto. Prosegue.
G.: “Sei a casa. Sali nel vostro appartamentino, docciati e riordinati. Tra mezz’ora devi essere presente a una riunione con Ercole. Claudio ti assisterà. Corri!”.

Sono le 18:30, scendo svelta dalle scale. Ho messo su la mise da schiava, quella per quando sono in casa. Sono nell’ingresso, afferro il mio guinzaglio e volo nel salottino. Subito mi inginocchio, a cuccia, ai piedi di Giovanni. Sta parlando Claudio, diventa sempre più femminile e umile… e anche più serena.
C.: “Ho invitato il capitano Adelmo, l’avvocato Daniele, la guardia Max e, come mi avete detto, ho solo mandato un messaggio al Maestro. Hanno risposto i primi tre verranno tutti. Oltre a questi tre ci sono loro due, i miei signori Ercole e Giovanni”. Ho ascoltato: il Maestro non ha risposto. Mi si spezza il cuoricino. Chino la testa per non farmi vedere, mi scende una lacrima, cerco di controllarmi. Penso a come Giovanni mi ha fatto l’amore poche ore fa per distrarmi. La tristezza mi passa.

Ora parla Ercole. “Bravo. Ma cinque non bastiamo per le prove che aspettano M.; io non partecipo e gli altri quattro avranno i loro impegni: impossibile un uso regolare di M. Imprudente inserire altri soci: ognuno ha già le proprie schiave e la riservatezza sarebbe a rischio. Dobbiamo inventarci qualcosa ma essere prudenti. Io ho curato i rapporti con il greco che abbiamo conosciuto in Giamaica e che ha usato M. con entusiasmo. Si chiama Balthazar e si occupa di raffinare gas, petrolio e derivati. Ha rapporti con il loro governo e, pertanto, avrebbe i requisiti per diventare un membro. Non ha nessuna esperienza di dominio, ma vuole imparare. Cosa dici Giovanni, confermo l’invito?”.
Ho ascoltato, sto capendo pian piano qualcosa di più del mio noviziato.

G.: “Secondo me sì, il Maestro ha sempre detto che dobbiamo espanderci anche all’estero, ma selezionando con grande attenzione. Anche io ho una novità: M. è stata molto ubbidiente a Pesaro, e abbiamo un possibile candidato: il sottosegretario all’Istruzione. Per il momento mi sembra solo affascinato dalla novizia, quindi non penso sia bene invitarlo. Ma si potrebbe coinvolgerlo in iniziative minori, dove ci sia anche M.”.
E.: “E’ un’ottima notizia, dobbiamo scriverlo al capo”.
G.: “Io sono in ferie anche domani, mangerei qui e dormirei qui. La mansarda è pronta? Ingresso nuovo? Insonorizzata?”.
E: “Sì, è pronta. Ingresso mettendo il palmo della mano sul lettore accanto alla vecchia serratura. Abilitati per ora il Maestro, tu ed io”.

G.: “Sei una macchina organizzativa! Scendo per cenare verso le 20. Un’ultima domanda per M.: Daniele e Max ti hanno già fatto il culo?”.
Quando sento la domanda, divento di tutti i colori. Ercole ride. Mortificata rispondo:
M.: “M… Max… Max no. Però, il signore greco… è… è circa come Max”.
G.: “Capisco. Allora Claudio, puoi chiedere a Max se riesce a fare un salto prima di dormire? Prendo l’appartamento n° 2. Il n° 3 lo lascerei libero nel caso venga il greco”.

Continua

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