Skip to main content

Seduta nella sala buia di quel cinema di periferia Carla guardava lo schermo senza vedere il film. La sua mente vagava. Ripensava alla scena vista due giorni or sono quando tornata prima dal lavoro era entrata a casa e, posando le chiavi sul tavolino nell’ingresso, aveva sentito quei rumori inequivocabili. Come aveva potuto farle questo? Aveva percorso il corridoio mentre la sua testa cercava disperatamente di creare uno scenario plausibile che spiegasse quei gemiti rochi e quei versi che riconosceva fin troppo bene come i versi che emetteva suo marito quando le sbatteva il pene nella vagina e la martellava fino a venire.
Cercava una spiegazione che non c’era. Il rasoio di Occam(1) era contro di lei. La porta della loro camera da letto era socchiusa. La spinse ancora un po’ e davanti ai suoi occhi si parò la scena che non avrebbe mai più dimenticato. Il bivio che avrebbe segnato una svolta nella sua vita.
In primo piano il sedere di suo marito. Le gambe leggermente divaricate. I suoi glutei sodi che davano delle spinte un avanti stringendosi per poi tornare a rilassarsi quando il pene usciva da quella donna. Quella donna. Era stesa sotto di lui. I talloni di lei sul sedere di lui gli dettavano il ritmo degli affondi e ad ogni affondo corrispondeva un gemito di lei ed un grugnito di lui. Dalla sua posizione Carla poteva vedere i testicoli grossi di suo marito che, dondolando, andavano a sbattere, ad ogni spinta, contro l’ano della donna, il tutto accompagnato e sottolineato dal rumore liquido dei fluidi nella vagina di lei. Un ‘ciack ciack’ ipnotico. Carla, come in trance, si lasciò trasportare da quel rumore e restò a guardare il pene duro del marito che sbatteva in quella vagina. Restò a guardare quella vagina che avvolgeva quel pene e lo abbracciava stretto mentre lui usciva subito prima di rientrare. Sembrava volerlo trattenere dentro di se. ‘Non andare via! Ciack! Sbatti forte dentro di me! Ciack! Sfondami! Ciack!’. I due andarono avanti per un bel pezzo mentre Carla non riusciva a smettere di guardarli poi lui uscì dal sesso bagnato di quella donna, la afferrò per i capelli e iniziò a masturbarsi davanti al suo viso. Quando fu vicino a venire strinse forte, ancora pochi colpi della sua mano sull’asta dura e bagnata e dalla cappella lucida e tesa un fiotto di bianco seme schizzò sul viso della donna. Bianco e denso colò dalla fronte e dai capelli, colò sulle guance e le disfece il trucco.
Carla aveva richiuso piano la porta ed era andata via in punta di piedi ma più tardi, tutta sola nella camera di quell’albergo, aveva ripensato alla scena, al viso coperto dal gocciolante bianco seme del marito ed era venuta. Si era toccata ed era venuta. Cosa le stava succedendo?
A questo pensava nel cinema quando si rese conto che il contatto tra la sua gamba e la gamba del vicino non era casuale. Se lei spostava la gamba il suo vicino la spostava con lei restandole incollato. Senza sapere perché, o forse sapendolo fin troppo bene, Carla cominciò a rispondere a quelle spinte e a quegli strusci. Da diversi minuti ormai le gambe dei due danzavano e premevano forte l’una contro l’altra ed il gioco sembrava in una fase di stallo. A sbloccare la situazione fu l’uomo che posò la mano sul ginocchio nudo di lei. Restò fermo qualche secondo giusto per accertarsi che lei non lo respingesse o lo schiaffeggiasse indignata ma era una pura formalità perché le gambe dei due avevano chiarito fin troppo bene le intenzioni di entrambi. Carla divaricò le gambe e la mano cominciò una veloce risalita fino all’orlo della gonna corta di lei. Superò quel confine immaginario e si spostò sull’interno coscia per proseguire la veloce marcia verso l’obiettivo. In pochissimo tempo le sue dita carezzavano la vulva di lei premendo sulla stoffa delle mutandine. La stava masturbando senza penetrarla, da sopra le mutandine. Carla si bagnò quasi subito e l’uomo resosene conto spostò l’orlo degli slip e, senza indugi inutili, la penetrò. Prima un dito, poi due poi, quando il ritmo della masturbazione divenne più veloce e la vagina di Carla divenne un lago, le dita divennero tre e il rumore del miele di lei fu coperto solo dal volume del film mentre la mano dell’uomo la masturbava velocissima. Carla stava per venire ma l’uomo decise che non gli importava e smise di colpo. Tirò fuori la mano lasciando Carla interdetta e abbandonata. Si tirò giù la zip dei pantaloni ed estrasse il pene più dritto e duro che Carla avesse mai visto. Stava ancora ammirando la grossa cappella lucida quando l’uomo la prese per i capelli e la spinse in basso verso il suo attrezzo. Non fu gentile per nulla e non aspettò che Carla pomiciasse un po’ con il suo glande. No. Prese la testa della donna e la spinse costringendola ad aprire la bocca e ad inghiottire il suo pene. Spinse ancora ed il bastone nodoso affondò nella gola della donna. Poi cominciò a scoparla nella bocca. Il bacino spingeva in su, la mano dell’uomo sulla nuca di Carla spingeva in giù e quella cappella nella sua gola quasi le impediva di respirare ma, per qualche strano motivo, quella cosa le piaceva. Lui venne nella sua gola poi tirò fuori il pene e lo pulì sulla guancia di Carla. Allontanò la testa di lei e rimise il pene nei pantaloni. Chiuse la zip, si alzò e se ne andò. Carla non aveva goduto ma quel sesso non l’avrebbe dimenticato facilmente. Non sapeva cosa sarebbe successo tra lei e il marito, non sapeva cosa avrebbe fatto della sua vita ma una cosa sapeva. Non sapeva con chi e non sapeva come ma si sarebbe voluta molto più bene.
FINE

(1) “A parità di fattori la spiegazione più semplice &egrave da preferire” (Guglielmo di Occam)

Leave a Reply