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Racconti di Dominazione

Nella vecchia fattoria

By 10 Novembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Nella vecchia fattoria.

Alla mattina suona la sveglia alle sette e devo alzarmi per fare l’ispezione. Ne farei a meno, ma loro ci tengono così tanto’
Dormirei volentieri di più: certe mattine mi piacerebbe stare a letto fino a mezzogiorno, magari solo a cazzeggiare nel dormiveglia in compagnia della schiava di turno.
Non solo, devo ricordare chi ho accanto e se è il caso, buttarla fuori del letto a calci, oppure lasciarla accarezzarmi per cinque minuti, oppure ancora consentire di ciucciarmi l’uccello nell’erezione mattutina fino alle due bevute bianca e gialla.
M’infilo in fretta mutande e pantaloni, calze e scarpe, una camicia e, d’inverno, un maglione e corro giù in sala dove sono tutte già schierate in trepida attesa: in piedi, le gambe divaricate, le mani sulla testa, lo sguardo dritto davanti a loro.
La maggioranza indossa la divisa pertinente ai rispettivi incarichi per la giornata: chi un corpetto da cameriera, chi una tuta informe per le pulizie, chi un camice bianco e un grembiulino da cuoca, chi completamente nuda si propone come cagnolina o cavalla con una coda leziosamente infilata nell’ano e una mascherina sul viso che rispetta l’animale interpretato; chi invece con solo un gonnellino corto, corto e una camicetta annodata sotto il petto, l’aria languida e disponibile.
Gl’incarichi sono a rotazione; normalmente fila tutto liscio e si gestiscono autonomamente senza problemi.
Sorridono leggermente e quando mi vedono comparire mi salutano in coro, accennando un inchino con il capo.
So già cosa dire ad ognuna, per confortarla, ringraziarla, oppure rimproverarla, secondo il carattere, la condotta tenuta il giorno prima, i compiti assegnati.
Non tutte svolgono al meglio ogni incarico, ma credo che sia giusto che s’occupino di tutte le mansioni, a turno e durante la settimana, perché ci sia un’assoluta parità fra loro.
Certo, faccio delle distinzioni e ad alcune richiedo delle prestazioni più alte che ad altre, per mantenere sempre la tensione al miglioramento, al percorso educativo, e, perché no, anche a creare situazioni d’arbitrio apparentemente ingiusto.
Ci sono quelle che richiedono una costante repressione della loro personalità, desiderano sentirsi dominate completamente ed attuano in tal senso delle piccole provocazioni per ricevere la giusta dose di punizione immediata, o dilatata nel tempo, con un bondage che impedisce movimenti agevoli del corpo.
Altre invece, sono deliziosamente mansuete e trasudano da tutti i pori della loro pelle liscia e profumata di borotalco, la loro adorazione verso il Padrone.
Mi fermo qualche minuto davanti ad ognuna: accarezzo il viso, o i capelli, passo le dita sui segni vecchi, o recenti lasciati da punizioni precedenti, mentre domando come si sentono, se sono pronte per affrontare la giornata al meglio, oppure, in qualche caso, se credono d’aver bisogno di riposare, magari per riprendersi da una sessione repressiva particolarmente intensa.
Le accarezzo delicatamente sotto le ascelle e sulle gambe, risalendo pian piano verso l’inguine, per verificare che siano depilate e perfettamente lisce, e quando le mie dita sfiorano i labbri e indulgono sulla parte, trovo il loro pertugio lievemente umido, sempre piacevolmente disponibile e voglioso.
Il desiderio di tutte sarebbe quello d’essere al mio servizio ventiquattr’ore al giorno e servirmi in ogni mio volere, o capriccio, ma sanno che non è umanamente possibile perché le mie esigenze sono molto alte, sono severo ed intransigente nell’esecuzione dei compiti.
Devo prestare un’attenzione acuta ed intelligente nel distribuire le punizioni. Certe volte noto un’espressione di disappunto sul viso di qualcuna che non ha ricevuto neanche una frustata in tutto il giorno anche perché, come ho accennato sopra, c’è chi ha bisogno d’essere repressa costantemente per sentirsi amata e desiderata. Con certe altre invece, sono più indulgente, anche se non molto soddisfatto di una prestazione, perché convinto d’aver di fronte chi si adopra con tutta la sua buona volontà ad assecondarmi.
Finita l’ispezione inizio la mia giornata con la schiava di turno: mi seguirà tutto il giorno per allietarmi nel lavoro, divertirsi con me e, a volte, propormi dei giochi.
Ormai si conoscono bene e sanno come soddisfarsi l’un l’altra nelle rispettive esigenze di carattere. Per esempio, mi riferiscono di comportamenti disdicevoli di una loro compagna e godono delle punizioni che infliggo ad essa, come se fossero loro stesse a subirle, sapendo che il gioco è vicendevole.
La convivenza fra molte persone sotto lo stesso tetto esige aggiustamenti costanti, anche perché ognuna cambia nel tempo, s’evolve e ciò che può essere piacevole o desiderabile in un certo periodo, diventa insoddisfacente, o ripetitivo in un altro.
E’ facile accorgersi dell’insorgenza di tensioni e sanno che sono libere di esplicitarle senza remore, perché io attui i provvedimenti necessari.
A volte è una maniacale insistenza verso delle piccole mancanze nell’esecuzione dei compiti di una compagna, magari già molto stimolata, stanca e prostrata da punizioni precedenti; altre è uno sfogo alterato, esplicito e a parole, che trasgredisce platealmente il permesso di parlare senza permesso; altre ancora, è un atteggiamento troppo mieloso e sottomesso verso chi è intorno.
Di solito non punisco subito, ma prometto una sevizia più tardi e senza fissarne l’ora in modo che l’attesa sia essa stessa uno stimolo a comportarsi meglio, oppure ad insistere in un atteggiamento disdicevole.
Non voglio che s’interrompano nelle mansioni che svolgono e quando incontro una schiava per casa, a volte accenno ad una carezza, altre non la degno d’uno sguardo, come se fosse un oggetto d’arredamento.
Porto con me solo un corto frustino per reprimere dei comportamenti troppo fuori dalle righe, oppure per dei colpi dati a freddo e senza pretesto, giusto per lasciare le schiave in una costante dimensione di timore reverenziale. In questo caso, dopo un’espressione d’evidente sorpresa, mi ringraziano e m’offrono la parte del corpo che preferiscono sia colpita, accennando piccoli movimenti sensuali e vogliosi.
C’è chi si predispone in modo naturale perché incline ad una sottomissione di totale adorazione e chi per compiacere ad una consuetudine, una regola consolidata nel tempo e dal gruppo.
Ho notato una certa tendenza al conformismo che non mi piace granché. Salvo l’eccezione di Giovine, una morettina mediterranea tutto pepe, le altre devono essere stimolate anche violentemente, per ottenere risposte fuori dell’ordinario. E’ più facile adattarsi alle regole che contestarle, suggerire aggiustamenti, miglioramenti, inventare situazioni nuove.
Capisco che per delle persone che amano la sottomissione, l’inventiva e la creatività siano dei fattori d’autorepressione spontanea, ma la routine m’annoia e m’irrita.
Dopo vari tentativi di stimolazione intellettuale mi sono rassegnato ad esigere l’esecuzione d’ordini impossibili, in modo che le schiave siano costrette a cercare soluzioni originali per soddisfare quello che credono sia un loro dovere.
Marta, Ercolina, Giovine, Venerina e Domenica hanno capito benissimo il gioco e sono coscienti che sia l’unico modo per compiacermi; sono felici sia per questo, sia perché anche loro stesse si trovano in situazioni sempre nuove ed interessanti.
Luna e Sabatina, invece, poverine, sono proprio unidimensionali, direi sceme, se non tenessi in gran conto le potenzialità intellettive d’ogni essere cosciente. Vivono costantemente al presente e non si domandano mai il perché di quello che subiscono; si nutrono d’ordini, considerazioni malevole, o benevole, punizioni, o sevizie, mansuete e contente d’abbandonarsi al volere d’un’altra persona.
A volte intervengo perché il loro atteggiamento attira l’attenzione delle altre cinque e come dei capri espiatori, tendono ad essere dei parafulmini delle tensioni generali. In altre occasioni mi diverto a vederle soffrire delle angherie da parte di compagne, insofferenti anch’esse per i loro atteggiamenti troppo ossequiosi, quasi da presa in giro se non sapessi che non sanno assolutamente fingere.
Il fatto che le schiave devono occuparsi a turno d’ogni mansione, fa sì che le giornate siano sempre varie ed imprevedibili.
Secondo il carattere e la propensione a svolgere un compito, si verificano infinite combinazioni e pretesti per intervenire con provvedimenti educativi e repressivi. Per alcune pulire, o cucinare, atteggiarsi ad animale di compagnia, oppure da oggetto, sono attività degradanti, non accettate di buon grado, non ben assimilate come facenti parte di un’educazione alla schiavitù, soprattutto se sono costrette a servire le loro compagne: accogliere nella propria bocca i nobili escrementi del Padrone non è lo stesso che prestare lo stesso servizio ad un’altra schiava, momentaneamente promossa ad un ruolo superiore.
So che gl’esseri umani tendono ad instaurare fra loro delle gerarchie fisse, secondo il proprio carattere e l’attitudine all’adeguarsi più o meno spontaneamente alle regole di un gruppo.
Ercolina e Venerina, per esempio, si divertono a seviziare le loro compagne e quando possono, cercano ogni pretesto per tormentarle con piccole provocazioni, insinuazioni malevole, dispetti e trappole sadiche, che impediscono lo svolgere al meglio i compiti assegnati.
E’ una tendenza quasi swich e che ho notato in molte sottomesse nei confronti di schiave dello stesso sesso. Sarebbe fin troppo facile assegnare alle due l’incarico di governare le altre e godermi lo spettacolo, ma a lungo andare, si sclerotizzerebbero i rapporti e i ruoli in una routine sempre uguale a se stessa.
Molto meglio è permettere un costante adeguamento dei rapporti in combinazioni alla sette fattoriale, un numero sufficientemente grande perché la ripetizione d’una stessa situazione si manifesti dopo un periodo così lungo da cambiarne totalmente il contesto.
Mi piace anche proporre alle mie schiavette delle ambientazioni precise per arricchire di novità la nostra convivenza; possono durare sia un giorno solo, sia periodi più lunghi, secondo le circostanze, oppure per la soddisfazione della maggioranza.
Fingere di vivere in una situazione storica particolare, inventarsi ed interpretare personaggi diversi, orientarsi in un ambiente inconsueto, privarsi di comodità moderne, oppure essere in possesso d’oggetti magici o futuribili, stimola la fantasia e la creatività e pone ognuno in un contesto molto più rigido e protetto. Ci si può lasciare andare, vivere intensamente il ruolo assegnato, oltrepassare ogni limite, perché si sa che il gioco ha un termine e si tornerà alla normalità.
Poi ci sono altre circostanze nelle quali le schiavette devono adeguarsi e proporsi in modo diverso.
Succede prevalentemente durante la bella stagione quando accogliamo volentieri degli ospiti a casa nostra ed è un piacere godere dei boschi e delle passeggiate che offre il paesaggio nel quale viviamo.
Arrivano nelle fine-settimana, oppure per periodi più lunghi, a volte anche senza preavviso per quelli che conosciamo già. Sono in coppia, una compagnia di amici, oppure singoli.
Non fu facile convincere tutte le mie sottomesse a prestarsi nel compito d’allietare chicchessia. Per molte non era naturale, non se lo aspettavano, o lo reputavano un atteggiamento da mercenarie.
Aspettai di buon grado che maturasse in loro la convinzione che assecondare le voglie d’un estraneo fosse un’evoluzione naturale del percorso educativo ed il buon esito d’una relazione sadomaso dipendesse dal loro atteggiamento accogliente e non dal carattere del Padrone, o della Padrona di turno, che poteva essere più o meno irritante, oppure non adeguato alle proprie esigenze sottomissive.
Mostrai quanto fosse interessante, istruttivo e a volte anche divertente sperimentarsi, accogliere i diversi caratteri, eseguire ordini nuovi, o magari solo ingiunti con modalità inconsuete; confrontarsi con altri schiavi, scambiarsi pareri ed opinioni, imparare ed insegnare nuovi giochi ed intrattenimenti.
Alcune, invece, dopo un periodo d’addestramento intenso, non vedevano l’ora d’incontrare altra gente; forse perché la nostra casa è isolata e per la loro origine cittadina, il silenzio e la quiete agreste divenivano insopportabili; forse per il desiderio di dimostrare a se stesse, prima che ad estranei, le capacità sottomissive apprese, forse infine per il proprio carattere di ‘schiava’ fatale, o troia, secondo il sesso di chi commenta un atteggiamento di disponibilità assoluta.
Ora si sottopongono a qualsiasi persona, maschio o femmina, con un atteggiamento ammirevole e quasi commovente, sempre però, rispettando il proprio carattere che esigo rimanga distinto e riconoscibile.
Capita qualche volta che delle ospiti schiave esprimano il desiderio di rimanere con noi per periodi più o meno lunghi, per imposizione dei rispettivi Padroni, oppure per una loro richiesta esplicita, mentre più spesso si verifica che una sottomessa, alla spasmodica ricerca del perfetto Padrone c’implori di rimanere con noi per sempre.
Di solito le accogliamo benevolmente, ma concordiamo la decisione in una riunione nella quale le mie schiave s’esprimono liberamente e spontaneamente, sia sulla durata del soggiorno, sia per comprendere al meglio il carattere della persona.
Ogni volta che s’aggiunge qualcuno al gruppo c’è da adeguare le relazioni reciproche, i rapporti di forza, la concordia sul significato delle parole. Non sono situazioni semplici e lineari: si possono verificare incomprensioni involontarie, delusioni d’aspettative mal riposte, esigenze non soddisfatte. L’atmosfera idilliaca che mostriamo in quei pochi giorni di permanenza, sottintende un lungo periodo di convivenza e conoscenza reciproca, e l’idea di sottomissione non è intesa alla stessa maniera per tutti.
Di solito, dopo un po’ di tempo, sono quelle schiave stesse che chiedono di tornare a casa propria, oppure siamo noi che le convinciamo a cercarsi una sistemazione altrove.
In quasi dieci anni ci sono state solo due sostituzioni. La prima Luna si accasò felicemente con un Padrone che ci lasciò volentieri la sua schiavetta troppo capricciosa e oppositiva. Quest’ultima si trovò subito bene con noi ed è tuttora la nuova Luna.
La seconda fu un travaglio più difficile e alla partenza della vecchia Giovine, si dovette cercare chi potesse sostituirla in maniera adeguata per un periodo piuttosto lungo.
Accogliere una nuova schiava in un gruppo già affiatato con la prospettiva d’una presenza permanente predispose tutte alla diffidenza e ad alzare il livello di tolleranza.
Come prevedibile e anche richiesto fui io a prendere una decisione e non mi pento della scelta: la nuova Giovine, come dissi, è veramente creativa, simpatica, spiritosa e la prenderei come favorita, se non tenessi troppo anche alle altre che si sentirebbero in una posizione inferiore.
Certo, non disdegno d’attuare dei favoritismi palesi verso Giovine, ma è normale per un Padrone anche per una strategia d’educazione e una tattica di comando.
A proposito, se volete venirmi a trovare e passare un periodo di beata vita sadomaso, non avete che mettervi in contatto con me.

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