Skip to main content
Racconti di Dominazione

Perpetua

By 5 Ottobre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

L’inquisizione non c’era più. A lui, padre Martin, dispiaceva sinceramente. Era stato giudice ecclesiastico, al vicariato di Parigi, per dieci anni e ora ‘ per avere un po’ calcato la mano ‘ l’avevano spedito a sostituire il compianto padre Andreas in un paesino sperduto vicino la costa bretone. Sperava che quel secolo, l’ottocento napoleonico e giacobino, finisse al più presto in ogni senso. Mancavano solo otto anni.
Marie, la perpetua, era una giovane normanna di ventidue anni. Mora, capelli lisci, occhi nocciola dallo sguardo intenso, bocca grande e grosse labbra rosse, carnagione lattea, ossatura sottile, seno da balia.
Già la prima sera, a cena, il sacerdote aveva avuto rimproverarla aspramente. La donna aveva apparecchiato per due. Lui le aveva chiesto se avessero ospiti e lei le aveva risposto che no, che erano solo loro due.
‘come puoi osare tanto? In che modo ti comportavi con padre Andreas? Tu sei qui per servire, per ubbidire e non certo per dividere il mio desco!’.
‘Padre, mio signore, perdonatemi, io credevo”
‘non devi credere! Non devi far altro che eseguire i miei comandi! Altrimenti sarò costretto a punirti”
‘le chiedo nuovamente perdono, mio signore, e la prego di volermi punire. Non accadrà più’.

Le ordinò di servire la zuppa e poi di inginocchiarsi a lato della sua sedia per imparare l’umiltà.
Marie lo servì e si inginocchio a mezzo metro da lui, col capo chino, la schiena eretta e le mani dietro la schiena. Prima disse ‘grazie, mio signore’.
Quando ebbe finito l’ottima minestra il sacerdote la interrogò.
‘Allora Marie, quale è la tua opinione sulla disciplina qui dentro?’.
‘Non chiedo che di sevire devota i vostri voleri e che piegarmi a ogni punizione che possa temprare la mia anima. Voglia il mio signore essere severo e mostrarmi la via. Vogliate insegnarmi la devozione e l’umiltà. Padre Andreas, il Signore lo benedica in eterno, lasciava a me ogni libertà. Vi prego di sapermi correggere con ogni mezzo vorrete’.

Martin si versò un generoso bicchiere di vino, prese la propria scodella e la posò per terra e disse alla ragazza
‘lecca la scodella’
‘Si, mio signore’ e la leccò fino a pulirla.
‘ora baciami la mano, sgombra la tavola e ritirati.’.

lei, ancora in ginocchio, prese la mano del sacerdote tra le sue, le portò al suo viso e la baciò tenendovi le labbra per alcuni secondi. Poi si congedò con un ‘Grazie, mio signore. Spero vorrete essere il mio maestro’.
La vita del villaggio era monotona e il sacerdote aveva tempo per annoiarsi da morire. Si distraeva ad osservare la perpetua nelle diverse ore della giornata e a trattarla sempre con estrema severità. Spesso la faceva inginocchiare, quando la rimproverava, e più di una volta le aveva ordinato di leccare per terra. Più la umiliava e più lei chiedeva, implorava, nuovi comandi.
Un giorno, direttamente, padre Martin gliene chiese ragione.
‘Desidero ardentemente imparare a servire e a mortificare la mia volontà al volere di chi mi è padrone. Solo così ritengo di poter davvero imparare quale sia il mio dovere’.

Il giovedì prima di Pasqua padre Martin la chiamò a sé e le spiegò del rito cattolico della lavanda dei piedi e del suo significato di servitù. Le ordinò quindi di tornare con un catino e di lavargli e asciugargli i piedi.
Corse via per tornare, poco dopo, a passo svelto con un catino colmo d’acqua e dei panni di lino. Nella corsa dell’acqua le aveva bagnato la veste che, quindi, aderiva alla sua pelle.
Il seno bagnato era come nudo e ansimava per la corsa abbassandolo e alzandolo al ritmo del suo respiro.
Liberò i piedi dai calzari e li immerse, inginocchiata di fronte a lui, nell’acqua. Li lavò con cura uno alla volta e li asciugò con i panni poggiandoli al suo seno. Con cura.

‘Baciali, Marie. Ora baciameli’
Marie prese un piede e iniziò a baciarlo. Prima piccoli baci su tutto il piede in punta di labbra, poi via via più lunghi.
‘sei la mia serva perpetua, Marie?’.

‘Si, mio signore’
‘Allora baciami i piedi con passione e devozione. Leccameli e baciameli’.
‘sono serva di ogni comando. Grazie signore’

leccò e baciò con ardore ogni centimetro del piede; succhiò ogni dito e lo baciò muovendo la lingua con passione e devozione assolute.

Allora padre Martin si protese in avanti con il busto, le prese entrami i seni con le mani e le disse: ‘Sarai la mia serva devota? Ubbidirai a ogni volere del tuo signore? Marie, Marie rifletti prima di rispondere. Non ci sarà più ritorno”

Lei prese una mano del sacerdote tra le sue e l’infilò dentro la scollatura a farle prendere un seno nudo e ansimante.
‘Padre, fa di me la serva di ogni tuo volere. Altro non chiedo che di servirti. Desidero essere per sempre ai tuoi comandi e confido nella tua severità’.

‘levati gli abiti’

La vide nuda, in piedi davanti a lui. I suoi seni enormi dai capezzoli puntuti e rosei, le sue gambe minute e muscolose, il suo fisico magro e sodo, il pelo nero e folto della sua fica. Si alzò e le girò dietro a osservarle il culo sporgente e polposo, le caviglie lunghe, le spalle nervose senza grasso.
Le ordinò di chinarsi e di divaricare le gambe: così vide aprirsi entrambi i buchi, le grandi labbra schiudersi in un contorno di lunghi peli umidi di voglia’

‘Vestiti ora e ritirati. Non indossare mai più alcun indumento sotto la veste. Vattene ora. Va”.
Per diversi giorni il sacerdote limitò i suoi ordini a fare inginocchiare la perpetua ad ogni più piccola mancanza e a tenerla così anche lungamente.
Quando accadeva le girava intorno e parlandole con voce bassa e severa la obbligava a leccargli i piedi o il pavimento o a mangiare i propri avanzi di cibo da terra.
Lei ubbidiva, sempre.

Un giorno, dopo aver pranzato, la seguì in camera.
Entrò dietro di lei e chiuse la porta.

‘levati la veste, serva’
Marie rimase nuda di fronte a lui.

‘Ora dimmi se le tue carni hanno conosciuto uomo’.
‘Al mio paese, mio signore, avevo un fidanzato. Mi ha deflorato a quattordici anni. Gli ho dato la mia virtù più volte, nel granaio, finchè non mi ha lasciata per prendersi un’altra di un paese vicino.
Da allora, signore, nessuno mi ha più voluta perché non ero più pura. Perciò ho iniziato a fare la perpetua’
La testa era china, la voce bassa.
‘Dove hai accolto il suo membro? Solo nella tua vagina perversa? O lo hai deliziato nella bocca e nell’ano?’.
‘Mai, mio signore’.
‘Bene, Marie. Io sarò signore e padrone del tuo corpo e della tua volontà. Niente di te non mi appartiene. Hai capito bene?’
‘I tuoi comandi siano il mio supplizio e il tuo piacere. Signore: non chiedo che di essere serva di ogni tuo volere. Prego di saper essere in grado di soddisfarti’.
Padre Martin sfilò il cordone del proprio saio e le legò i polsi, stretti, dietro la schiena. Così stretti che Marie emise un lamento di dolore.
Uno schiaffo del prete la colpì in piena faccia facendole sanguinare un labbro.
‘Come osi lamentarti?’
Ora le teneva la testa alzata, per i capelli, ed era a pochi centimetri dal suo viso. Lei sentiva in suo alito.
‘Perdono, signore: ti chiedo”
Uno sputo in faccia la fece zittire. Lo sputo colò dall’occhio destro sulla guancia fino ad annacquare il sangue sull’angolo delle labbra.
‘Taci! Taci cagna! Ora inginocchiati per terra. China la testa e aspetta il mio ritorno! è chiaro?’.
Eseguì.
‘Si signore. Mi’punirete?’.
‘Severamente.’ E uscì.

Marie restò inginocchiata, le natiche poggiate ai talloni e i polsi stretti dietro la schiena. Era impaurita ma dentro di lei cresceva il calore dell’approssimarsi del momento di dominazione che avrebbe subito.

Martin tornò dopo due ore.
Era vestito con un paio di pantaloni neri e un’ampia camicia bianca; portava con se due sacchi di iuta. Li buttò in un angolo, si mise in piedi di fronte a lei e si levò calzoni e mutande.
Il suo sesso nudo era eretto.
‘Baciami i piedi.’
Marie si chinò e iniziò a baciare e leccare i suoi piedi.
‘Servimi o ti punirò, Marie. Ora fa’ salire i tuoi baci e le tue leccate’
‘Si, mio signore’.
Gli leccò le gambe e le cosce.
‘Più su.’
Marie prese a leccargli i ciglioni. Leccate timide e veloci come di un gatto. Lui iniziò a masturbarsi.
‘Leccami a fondo l’asta e ficcatela in bocca, serva, e baciamela con passione’.
Glielo leccò e poi lo prese in bocca. Era la prima volta. Era duro, grosso, lungo e sapeva di piscio. La prese per i capelli e la scosse su e giù per farsi fare un pompino. Veloce. Spingeva la cappella fino in gola. Sentendosi soffocare, Marie tossì, quasi in preda a un conato di vomito.
Martin la staccò da lui e iniziò a picchiarla in viso; schiaffi e insulti.
‘brutta cagna! Schiava incapace, serva inutile e inadatta!’.
Il viso le bruciava.
La prese e la buttò sul letto.
‘Ora ti farò sentire cosa significa essere punita!’.
‘Padrone’ti imploro di punirmi, purchè abbia il tuo perdono’.

Si infilò due guanti da lavoro, presi dal primo sacco.
Prese un bastone, mezzo metro, e ci strofinò sopra dell’erba bagnata; poi tornò al letto e comandò Marie di alzare le gambe e aprirle.
Lei richiamò le ginocchia al petto e poi le divaricò offrendo il sesso all’uomo.
Lui strusciò la punta del bastone prima sull’ombellico, poi scese sul suo sesso, indugiando a rovistare tra i suoi peli.
Puntò al sesso e infilò alcuni centimetri, con forza.

L’erba era ortica.
Marie iniziò a dimenarsi e a urlare.
Bruciava.
Si sentiva morire dal bruciore.

Più tentava di espellere il bastone ritraendo il bacino più padre Martin la straziava. Capì che l’unica era piangere e accettare il supplizio, ma non poteva fare a meno di contorcersi dal dolore e strozzare le urla in gola.
Quando il sacerdote sfilò via il bastone lei stava per venir meno.

‘è solo l’inizio, cagna, è solo l’inizio. Ora dimmi ancora che sei di mia proprietà. Serva! Dimmi che aspetti i miei comandi!’.
‘Si’mi’o’si gnore’io sono’la’tu ahh’ser va’.coman’da’ perdo nami’ perdonami se..ho’mancato’si gno r..signore’.
‘Non ho uffici fino alla messa di domattina, serva; c’è ancora luce, e poi tutta la notte. I miei sacchi sono pieni di sorprese. Ho deciso di punirti per molte ore e indurti all’ubbidienza totale, senza tentennamenti, senza urla inutili.
E ho deciso di godere di te.
Ora ti laverai per lenire il bruciore. Poi seguiranno altri comandi.
Attenta, Marie, attenta agli ordini del tuo signore: hai ben visto una punizione, solo una di cento”.
Padre Martin sciolse il cordone dai polsi di Marie e versò dell’acqua dalla brocca alla bacinella.
La pose a terra e ordinò alla serva di lavarsi per lenire il bruciore.
La perpetua si accucciò sulla bacinella di metallo smaltato e iniziò a sciacquarsi la fica dolorante.
Lui si sedette sul letto a guardarla.
Ne ammirava il movimento dei seni enormi, i lunghi capelli neri scompigliati, i tratti del viso che si distendevano man mano che il dolore scemava.
Di fronte a lui la serva vedeva le sue gambe muscolose e il suo sesso, grosso anche a riposo, e la scura macchia di peli che contrastava con la bianchissima camicia.

‘Mio signore?’.
‘Che c’è?’.
‘Devo fare i miei bisogni, signore. Posso andare alla latrina?’.
‘No. Fa’ qui quello che devi.’

Marie iniziò a urinare nel bacile. Poi cominciò a contrarre il ventre per defecare.

‘Aspetta, serva! Voglio cambiare la tua posizione”.
La fece alzare in piedi, la mise a gambe larghe e poi le fece piegare le ginocchia finché ebbe le cosce allineate, perfettamente parallele al pavimento; per mantenersi in equilibrio Marie teneva le mani sulle ginocchia.
Lui le si inginocchiò dietro e, presele le natiche le divaricò con decisione. Vide l’ano schiudersi aritmicamente a pochi centimetri dal suo viso e la merda uscire. Era dura e larga e la perpetua mugolava per lo sforzo. Quando ebbe finito lui le ordinò ‘Lavati il culo!’.
‘Mio signore?..’ Quel frasario era inaspettato.
‘Ho detto lavati il buco del culo. Abituati, e subito, a ordini e ingiurie volgari. Da adesso ti tratterò come una scrofa, sarai schiava e bestia. Chiaro? E mi chiamerai padrone!’.
‘Si’si mio padrone’.

La osservò lavarsi il culo. Lo asciugò con un panno di lino. Lui prese il panno e continuò a massaggiarle culo, cosce e fica. La mise in piedi a gambe divaricate e la fece piegare in avanti finchè i capelli toccarono terra. Le ficcò il panno in bocca e iniziò a toccarla con le mani.
La perpetua gemeva di piacere al tocco della sue mani, allo strusciare delle dita sulle grandi labbra calde e sul clito umido di desideri. Quelle mani forti e sapienti non avevano fretta. Le strinse entrambe le natiche, le divaricò e iniziò a giocare sul suo orifizio. Lo schiudeva e ci infilava un paio di falangi. Le ruotava lento. Infilò la punta di tre dita, allargò lento le pareti dello sfintere, sentì i muscoli tendersi e rilasciarsi. Lei aprì le chiappe tirandole in fuori con le mani.

Improvviso e duro Martin infilò quattro dita, a cuneo, nel culo dilatato. La serva, colta da un dolore intensissimo e improvviso sputò il panno e cacciò un urlo.
Lui spinse forte fino a farle perdere l’equilibrio e Marie cadde faccia a terra.
‘Ahi’.mio padrone’mi hai fatto male’ah’.
‘Avere il culo spaccato sarà un sollievo per te, rispetto a quello che subirai! Lercia troia!’
la prese a padate rovesciandola schiena a terra.
‘Come hai osato liberarti dalle mani del padrone?’
Le salì in piedi sulla pancia.
‘Ahh’per don ohhh’ahi ahh’pietà padrone’
‘Spalanca la bocca e taci, serva!’.
Marie aprì la bocca e fu investita da un fiotto di piscio caldo.
‘Bevi, scrofa!’ingoia tutto’
ingoiò quanto poteva. Il resto schizzò sul viso, sul collo, colò sul suo seno e sul pavimento.
Il prete scese dal suo ventre, la prese per i capelli e la tirò fino a farla sedere. Gli ficcò il cazzo in bocca orinandole di ripulirlo per bene.
Marie succhiò e leccò l’uccello grondando piscio sul seno, sulla pancia fino al pelo tra le sue gambe aperte.
‘Ora asciugati alla meglio, infilati una veste e seguimi. Ho in mente un altro luogo, non ancora così lercio, dove ti dominerò infinitamente’.
‘si, padrone.’
‘Spicciati. La cripta ti attende’.
‘Ma, signore’la cripta è murata”
‘Lo fu quando i lerci napoleonici lasciarono le loro sconcezze e furono sconfitti. Lo fu perché nessuno mai vedesse i loro scempi qui nel paese. So bene come entrarvi, mia troia, e ancor meglio cosa ti aspetta. La cripta era sotto la chiesa. Entrarono da una porticina laterale, dopo essere scesi nella cantina e dopo che padre Martin ebbe spostato un paio di casse vuote che ostruivano il passaggio.
Buio, odore di chiuso, di umido e di marcio. Il sacerdote accese delle fiaccole e lo scenario che si presentò agli occhi di Marie era impressionante.
Ganci da macellaio pendevano dal soffitto, assicurati a corde che passavano per carrucole e poi riscendevano per essere assicurate ad anelli sui muri.
Fruste di ogni tipo e foggia appese al muro, due tavolacci con fissate numerose fibbie di cuoio, sedie con braccioli simili a quelle che noi conosciamo oggi come sedie elettriche, corde sparse sul pavimento sudicio, un altro tavolo ‘ pareva il tavolo di un falegname ‘ coperto di utensili impolverati, catene e museruole.
Un paio di gabbie.
Una croce di sant’Andrea.

Martin si sedette su una sedia di fronte alla ragazze e le ordinò
‘Spogliati, Marie. Completamente.’
Mentre ubbidiva aggiunse
‘Ora ti insegnerò ad annullare ogni tuo volere nell’ubbidienza. Ti rivolgerai a me solo quando te lo dirò e mi chiamerai padrone. Proverai i piaceri della carne nell’umiliazione totale, nel dolore fisico e sarai completamente in mio potere. Sei pronta?’
Marie era completamente nuda di fronte a lui.
‘Si, mio padrone’
‘inginocchiati e guardami. Sei pronta, dimmi che sei la mia schiava, la mia troia devota e che subirai ogni mio volere’
Gli occhi di Marie inginocchiata nei suoi.
‘Padrone, io ti appartengo. Disponi della tua schiava.’.

Lui si alzò e andò da qualche parte alle sue spalle. La prese per i capelli tirando con forza la testa all’indietro e prese a torcerle un capezzolo. Lei, collo teso, chiuse gli occhi e si concentrò su quei primi dolori. Il dolore al seno e i capelli che si strappavano.
Sentiva eccitazione che montava dentro.
La lasciò e la fece cadere a faccia avanti con un calcio.

‘mettiti a quattro zampe, cagna.’
Ubbidì.
‘Ora ti renderò davvero cagna. Anzi’asina”

Le fissò in bocca un morso di legno che legò stretto con due fibbie dietro la sua nuca; aveva così la bocca nell’impossibilità di essere chiusa, immobile, con il bastone che premeva agli angoli della bocca. Martin poi si accucciò davanti al suo viso mostrandole una coda di cavallo, i peli animali legati a un bastone di pelle di una trentina di centimetri.
‘Ora ti applico la coda.’.
Si alzò, le girò dietro, le aprì le chiappe con una mano e ficcò con decisione il bastone nell’ano di Marie.
Lacerata provò a gridare per il fortissimo dolore ma, per il morso, non le uscì che un verso roco e pietoso.
‘Lamentati pure liberamente, schiava, ma non provare ad espellere la tua coda. Fammi vedere come cammina la mia asina’muoviti. Va fino al tavolo. Muoviti!’.
Provò a camminare a quattro zampe. Il dolore che seguiva il movimento delle gambe era allucinante. Sudava e sbavava. Lentamente fece qualche passo mugolando dal dolore.
La schiena si inarcava spasmodicamente per assecondare i passi limitando i danni dovuti alla lacerante penetrazione dell’ano.
Inesorabilmente i suoi muscoli non riuscivano a tenere dentro il bastone e piano usciva.
Martin osservava compiaciuto e il suo cazzo si induriva eccitato.
Quando, contorcendosi, Marie era a un metro e poco più dalla meta le andò dietro e le ordinò di fermarsi.
Schiacciò il viso di lei a terra, le allargò le ginocchia e, a sua volta in ginocchio alle sue spalle, si fermò ad osservarle il culo proteso.
Sollevò la coda per meglio vederla. Chiappe tonde e sode, fica pelosa grodante sudore e un rivolo di sangue dal bastone nel culo, ano dilatato e pulsante.
Alzò il bastone di almeno quaranta gradi facendola inarcare ancora di più, liberò il proprio cazzo e la penetrò nella fica con brutalità.

‘Accogli il tuo signore, bestia! Fammi cavalcare le tue viscere!’
Cominciò a chiavarla selvaggiamente, incurante delle sue continue urla strozzate. Dopo alcuni minuti si fermò, piantato fino alle palle, e le stappò, letteralmente, la coda dal culo.
Osservò compiaciuto il buco enorme che lentamente si contraeva e dopo alcuni istanti riprese a cavalcarla.
Marie sentì scemare il dolore e, contemporaneamente, un piacere infinito montarle dentro. Cominciò a venire, copiosissima, fino a urla incontrollabili di un orgasmo intensissimo e mai provato.
Lui le sborrò un fiume, schiaffeggiandole con forza le natiche fino a farle rosso fuoco.

Si levò dalla sua vulva grondante per sedersi, nuovamente, sulla sedia.
‘Vieni qui, schiava, e fatti levare il morso’.
La liberò.
‘Ora rimani qui, a cuccia, e ripuliscimi a dovere il membro. Leccami ovunque, asta e palle. Hai provato piacere?’
‘Moltissimo, mio padrone. Non pensavo che”
‘Taci, troia, e ubbidisci. Leccami come ho ordinato!’.

Marie allora prese a leccargli e succhiargli le palle e il cazzo con tutta la dedizione e la devozione che poteva godendo di ogni stilla degli umori di entrambi, grata a quel padrone che le dava dolore e orgasmo.
Martin alzò e divaricò le cosce perché la perpetua potesse meglio leccarlo.

‘Adesso, schiava, riprenderemo. Proverai nuovi piaceri. Sopporterai torture e abiezioni estreme per dimostrarti mia. Ti lascerò urlare liberamente. Le tue urla, la descrizione delle tue pene, sarà essa stessa parte della tua iniziazione all’ubbidienza. Provi ancora dolore dietro?’.
‘Si, mio padrone, sia il mio ano slabbrato sia le mie viscere lacerate mi dolgono. Molto, padrone. Ma solo la tua pietà ha impedito che perdessi la coda e per questo merito ancora punizioni’.
‘Alzati, Marie. Ora ti farò sentire il senso del tuo essere, totalmente, mia proprietà’.
Ubbidì e’
Padre Martin condusse la perpetua al centro della cripta. La lasciò in piedi, nuda, a gambe divaricate con le mani intrecciate dietro la nuca, e cominciò a girarle intorno in silenzio.
Marie, alla luce calda delle fiaccole, gli mostrava tutta la bellezza del suo corpo.
Magra, muscolosa e soda, seno da balia dai capezzoli puntuti, lunghi capelli neri a incorniciare un ovale bianchissimo con occhi e labbra grandi.
Labbra carnose e bocca larga. Un sedere tondo e pronunciato, sporgente e tonico, gambe magre, caviglie sottili e alte.
‘Adesso, schiava, applicherò fasce di pelle ai tuoi polsi, alle tue caviglie, alla vita.’
Gliele mostrò. Avevano fibbie per stringerle e anelli di ferro.
Iniziò ad applicarle.
‘Legherò anche i tuoi capelli a un anello. Ad ogni anello saranno poi legate più corde. Le corde, come puoi vedere, vanno alle tante carrucole che pendono dal soffitto. Potrò alzare ogni parte del tuo corpo in ogni direzione. Sarai la marionetta che ubbidirà ai miei comandi.’
Già le tirava su le braccia azionando le corde. Marie, per toccare terra, era in punta di piedi.
‘il tuo corpo sarà così offerto a qualsiasi supplizio nella posizione che meglio vorrò. Ti è tutto chiaro?’.
‘Mio signore, padrone, fa di me la serva del tuo volere’.
Tirò la corda fissata ai capelli. La perpetua li sentì tirare e tese il collo al massimo perché non si strappassero.
Martin le si mise davanti e cominciò a toccarle i seni. Li accarezzava, li soppesava, giocava con i capezzoli. Una mano scese sul pube peloso, si insinuò e esplorò il suo sesso.
‘Troia, dimmi cosa prova il tuo corpo’
prese a succhiarle i seni, a mordicchiarle i capezzoli, mentre le dita entravano nel suo sesso, titillavano clitoride e labbra, alternando lievissimi tocchi a penetrazioni lente e profonde.
‘Mmm’padrone’il mio corpo si eccita’ahh’tanto, padrone’mi piace’e anche prima’quando’mmm’mi hai cavalcato dentro..AHI!!’.
i denti affondavano nella carne di una mammella e contemporaneamente tutte le dita spingevano dentro la sua fica bagnata. Poi staccò la bocca, leccò la lacerazione ‘ superficiale ‘ del sangue e prese a succhiare con foga un capezzolo. La mano piantata nella fica spostava il corpo appeso di Marie i cui piedi erano quindi sollevati da terra e, anzi, si dimenavano cercando di sfuggire alla penetrazione così slabbrante e dolorosa.
La perpetua non tratteneva urla di dolore. La mano era penetrata fino a tutto il palmo: il pollice di Martin faceva presa per tenerla, le altre quattro dita erano un cuneo vivo nella sua carne.
Le lasciò il capezzolo e restò qualche secondo a fissare l’ematoma bluastro che il suo potente succhiotto aveva provocato e quindi sfilò la mano da lei che ricadde appesa alle corde.
‘Apri la bocca, schiava. Spalancala e tira fuori la lingua’
prese a succhiarle la lingua con avidità. Poi la prese in una mano. Nell’altra comparve un ago.
Lo ficcò nel centro della lingua. Poi la lasciò e fece un passo indietro.
Marie urlava muovendo la lingua come una farfalla infilzata. Il sangue usciva dalla lingua e colava sui seni.
Lui la guardò dimenarsi e gemere. Poi si avvicinò e le sfilò l’ago dalla lingua per piantarlo in un seno, pochi centimetri sotto il capezzolo tumefatto.
‘è solo l’inizio, sgualdrina. Soltanto l’inizio, hai capito?’.
‘Ssi, si padrone’mi fa male’ah’s’si, mio..signore..’.
Andò alle sue spalle: lei non poteva vederlo e cominciava ad avere paura. Molta paura.
Il primo colpo, improvviso, di frusta le colpì in pieno la natica destra lasciandole bruciore intensissimo.
‘AHH’
La seconda frustata, più forte, le aprì una ferita sulla coscia sinistra poco sotto il sedere.
‘AHH!’Ahii’no’nnoo”
‘Zitta! Non osare implorare che smetta. Mortificherò la tua sudicia carne che ha goduto del mio sesso. Fino a domani, cagna’
La frustata le colpì il fianco appena al di sopra della fascia di cuoio.
‘Fino a domani! Hai capito?’
un’altra frustata sul sedere.
‘Ahh!’pietà’pie..tà di me’padrone’ordinami ogni cosa’ahh’ahi!’
La frustata aveva colpito la ferita sulla coscia.

Martin smise. Tirò le corde.
Marie fu sollevata di mezzo metro, poi le sue gambe furono tirate fino a farle assumere una posizione spalancata, parallele al pavimento.
Una goccia di sangue cadde dalla coscia sul pavimento.
La perpetua offriva le sue intimità completamente spalancate.

Si avvicinò.
Le frugò la fica oscenamente aperta con il manico della frusta.
Entrò con foga.
Più di venti centimetri di cuoio.
Prese a masturbarla finchè iniziò a eiaculare, sempre più copiosamente.
Tolse il manico e lo usò per sodomizzarla brutalmente e cominciò a bere con avidità il suo orgasmo.

Marie si era completamente abbandonata ad ogni sensazione e, incurante delle ferite, da un lato godeva d’essere penetrata analmente e dall’altro veniva senza alcun ritegno in bocca al sacerdote pazza per la sua lingua nella fica.
Martin leccava, baciava e succhiava forsennatamente, ingoiando i suoi succhi copiosi senza smettere di brutalizzarle l’ano.

Lasciò la frusta ben piantata e si staccò da lei sputando peli.
Prese uno straccio e le asciugò la fica; poi la pettinò, con la riga in mezzo, e raccolse i ciuffi in quattro mazzetti.
Applicò a ciascun ciuffo un morsetto.

‘Ora che sei venuta, troia, mi occuperò del tuo inutile e fastidioso pelo’.

Fissò un cordino a ogni morsetto e legò i cordini a un secchio.
Quando lasciò il secchio i peli della fica si tesero per il peso. Marie sentiva i peli che tiravano e sentiva dolore. La forza esercitata era ben distribuita e insufficiente a strapparli: li tirava e basta, senza fine.
Martin pisciò dentro al secchio.
Aumentò il peso e la perpetua iniziò a urlare di dolore e a dimenarsi fino a espellere la frusta.
Implorò la misericordia del suo padrone.
Lui, senza una parola, le infilò una dozzina di aghi sul ventre e sulle gambe.
Una goccia di sangue da ogni ago.
Poi si sedette di fronte a lei.
Marie urlava di dolore.
I peli si sarebbero strappati di lì a una buona decina di minuti e voleva godersi lo spettacolo.
Martin leccava, baciava e succhiava forsennatamente, ingoiando i suoi succhi copiosi senza smettere di brutalizzarle l’ano.

Lasciò la frusta ben piantata e si staccò da lei sputando peli.
Prese uno straccio e le asciugò la fica; poi la pettinò, con la riga in mezzo, e raccolse i ciuffi in quattro mazzetti.
Applicò a ciascun ciuffo un morsetto.

‘Ora che sei venuta, troia, mi occuperò del tuo inutile e fastidioso pelo’.

Fissò un cordino a ogni morsetto e legò i cordini a un secchio.
Quando lasciò il secchio i peli della fica si tesero per il peso. Marie sentiva i peli che tiravano e sentiva dolore. La forza esercitata era ben distribuita e insufficiente a strapparli: li tirava e basta, senza fine.
Martin pisciò dentro al secchio.
Aumentò il peso e la perpetua iniziò a urlare di dolore e a dimenarsi fino a espellere la frusta.
Implorò la misericordia del suo padrone.
Lui, senza una parola, le infilò una dozzina di aghi sul ventre e sulle gambe.
Una goccia di sangue da ogni ago.
Poi si sedette di fronte a lei.
Marie urlava di dolore.
I peli si sarebbero strappati di lì a una buona decina di minuti e voleva godersi lo spettacolo.
”’
Marie urlava senza ritegno.
Gli aghi conficcati nella carne e, più ancora i peli della fica così tirati dal peso, la stavano facendo impazzire di dolore.
Quando si strapparono e il secchio cadde cacciò un urlo disumano.
Martin si alzò e andò ad esaminare l’opera compiuta.
Dove erano i peli la pelle era rossa come dopo schiaffi e percosse.
Gocce di sangue rappreso dopo linee rosse segnavano l’effetto degli aghi sulla perpetua.
Le tolse gli aghi.
Calò giù il corpo straziato azionando le corde.
Marie restò raggomitolata per terra, nell’urina che dal secchio si era sparsa sul pavimento della cripta.

‘pulisci per terra. Bocca e lingua. Subito!’
La perpetua ubbidì e iniziò a leccare via il piscio del prete.
La osservò alcuni istanti, poi si allontanò per tornare con un cero pasquale sorretto da un portacelo di legno intarsiato che finiva con un treppiedi a zampe leonine.
Il tutto alto, più o meno, un metro e settanta.
Accese il cero e iniziò a temperarlo con un coltellaccio finchè la punta assunse una forma a cupola.

Tirò su Marie, azionando le corde delle braccia, di oltre tre metri.
Poi, sempre col sistema di corde e carrucole, le alzò le gambe divaricandole e portandole in avanti.
Vagina ed ano erano le zone più basse.
Posizionò il cero sotto di lei.
Marie sentiva il calore della fiamma sotto al sedere.
Martin si mise di fronte a lei e le disse.

‘Ora, troia, rispondi al tuo padrone’.vuoi essere bruciata o impalata?’
‘Ti imploro, padrone, non bruciarmi”
‘Chiedimi di avere il cero nella fica’supplicami o ti brucio’
‘Il cero’padrone, ti imploro, dammi il cero”

Spense il cero e calò Marie finchè la punta calda entrò di pochi centimetri nella vagina.
La fica di Marie si dilatò e accolse i primi centimetri di cero.
Era, ancora, la parte a cupola: il cero aveva sotto dieci centimetri di diametro.
Il caldo della cera era piacevole.

‘Hai i polsi legati, Marie. Ora voglio che afferri le corde saldamente con entrambe le mani. è chiaro?’
‘Si, padrone’.
Quando la serva ebbe eseguito, padre Martin lasciò calare le corde di una trentina di centimetri.
Il cero la penetrò molto poco perché Marie si teneva su aggrappandosi alle corde e, per quanto possibile, stringeva le gambe chiudendole e contraendo i muscoli dell’addome e delle cosce.
Martin le si avvicinò e osservò i suoi muscoli contratti; il suo corpo vibrava per lo sforzo.
Guardò da pochi centimetri di distanza la sua fica aperta che si contraeva aritmicamente cercando di espellere il cero.
‘Marie, Marie’sforzati pure’starò qui a vederti fallire’starò qui a vederti entrare più di un palmo di cero nelle viscere”
‘Pa’drone’.no’no’ti supplico”
‘Hai scelto e supplicato, cagna’e ora avrai quanto meriti. Ringraziami per non averti dato che pochi centimetri di palo’ringraziami per aver risparmiato la tua vita dall’essere squartata’
‘non’potrò resistere mol..to’pietà’mio signore”
‘Devi dire grazie, serva, e non pietà’te l’ho già ben spiegato’.
Marie piangeva.
‘Gra..zie’ahh’no..’
Lui vedeva il suo corpo scosso da tremiti’
‘Ahh..mm’.noo’mm’gggg’ah!’
‘e la sua fica aprirsi’
‘AHH..’
‘dilatarsi oscenamente..
‘NOO’AHH”
‘.e il cero scorrerle dentro’
‘AHH’oddio!!!’NOOO’
‘a scatti inesorabili, centimetro dopo centimetro..
‘AAAHHH’mmm’ahh’
…fino a impalarla con un dolore insopportabile..
‘mmm’ah..ahh”
….e un piacere inaspettato…
‘mmmm’mio dio’ahhh’si’siii’
‘.
Orgasmo e sangue colavano lungo il cero.
La guardò soffrire e venire, godere di dolore e di piacere, per oltre mezzora.
Finchè svenne.

1
1

Leave a Reply