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Racconti di Dominazione

Quel tubino di seta nera

By 2 Novembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Quel tubino di seta nera innegabilmente ti dona.
Diciotto anni appena compiuti, lunghi e soffici capelli biondi e mossi che superano di poco la metà della tua pallida schiena, quegli occhi di un azzurro disarmante che mi hanno colpito prima del tuo corpo ancora parzialmente acerbo, quel seno abbozzato come piace a me, i fianchi sottili da ragazzina, così diversi anche da quelli di una donna nel fiore della sua bellezza. Il rosa delicato sulle tue labbra e il trucco azzurro appena accennato sui tuoi occhi palesano che quella al mio fianco è poco più che una ragazzina, una primizia che ho avuto la fortuna di cogliere in qualche inspiegabile modo.
Volevi fare esperienza di un mondo non tuo e io te l’ho magnanimamente concesso. In quel tubino di seta nera puoi realizzare finalmente il sogno di sentirti quello che non sei. Volevi provare per una sera l’ebbrezza di vedere il mondo dall’alto di due décolletés, di vivere al pari di me qualche ora. Il prezzo lo conoscevi da prima: mia, senza limite alcuno, per quanto tempo avessi desiderato, in ogni modo avessi voluto, al termine delle ore di mondanità che ti concedevo al mio fianco.
La mia sporca figura la faccio sempre in queste occasioni e devo ammetterlo: tu sei innegabilmente perfetta per l’occasione. Sei esattamente come piace a me, non a caso la fotocopia di mille altre che ti hanno preceduto. Ma più giovane, più bella, più eccitante. Li vedo che ti desiderano, ho imparato a discernere la voluttuosa invidia che riempie i loro occhi stanchi, immagino i loro sessi rattrappiti che cercano di prendere vigore nelle sconce fantasie che fanno del tuo corpo per loro indisponibile. Non sanno che è stato così semplice averti, che il compromesso a cui ti sei concessa è per te tanto denigrante quanto per me eccitante.
Che bella società. Un branco di ipocriti ben vestiti con impulsi ferini, che si crogiolano tra il buon cibo e il buon vino, edonismo becero senza risvolti. Sciocca, ti intriga tanto da concederti completamente a me solo per provarlo qualche ora. Io che potrei viverne ogni istante la disprezzo e la vivo come monotono obbligo in occasioni come stasera, e invece tu saresti disposta persino a prostituire la tua anima per provarlo per qualche ora.
La mia mano sul tuo culo è volgare, lo saggia impaziente, ti mostra a tutti come un mio oggetto senza volontà. Lo sanno e sbavano, tu neppure immagini che potrei gettarti in pasto a qualcuno di loro in cambio di un favore o anche persino del mio solo divertimento. Ma questa sera no. I tuoi capelli ricadono in maniera troppo delicata sulle tue spalle nude, i tuoi occhi grandi saranno offuscati dalla giusta sofferenza per ciò che hai desiderato, ma non per mano di qualche vecchio depravato a cui pure potrei regalarti.

Ma questa notte sei soltanto mia, la foga nell’alzarti l’abito fino ai fianchi te lo lascia intuire e forse è per te persino rasserenante. è la mia scrivania il talamo del nostro amplesso, il freddo marmo levigato che ne copre il piano è il luogo dove i tuoi polsi saldamente legati da altra seta sfregano mentre ti strappo quel perizoma nero e semplice che ti ho regalato soltanto per potertelo togliere in questo preciso momento.
Il suo tessuto riempie a fondo la tua bocca, nonostante la certezza che comunque non urleresti, consapevole che stai solo pagando il caro prezzo di qualche ora mondana. Ma lo stupore concedimelo: non è da tutte farsi trovare il sesso, glabro come piace a me, già bagnato; non è da tutte lasciare che la mia asta entri furiosamente fino in fondo, sentire le pareti allargarsi al mio violento passaggio senza resistenza alcuna. Anzi, ti sento chiaramente mentre ti inarchi per farmi arrivare più in fondo, per farmi assaggiare meglio il piacere che devi donarmi, per farmi arrivare con ogni colpo più forte un poco di più dentro te.
I colpi inesorabili e ritmati, il tuo ansimare bloccato dal corpo intruso inserito nella tua bocca, la mia mano che tormenta i tuoi pallidi seni denudati dal vestito raccolto alla tua vita.
Piangi mentre strappo con vigore i tuoi capezzoli, li prendo a piene mani tirandoli, torcendoli, torturandoli senza mai interrompere l’andirivieni violento della mia verga nella tua più intima carne.
Eppure piangi quando ti strappo il perizoma imbevuto di umori e saliva dalla tua bocca solo per farmi sentire la tua voce roca ansimare di piacere.
Piangi anche mentre la mia mano saggia il tuo collo, quando finalmente affondo il mio cazzo nel tuo orifizio più angusto, la primizia che mi prendo senza domandare, vero alluso motivo per cui sei mia questa notte. Le scosse irregolari del tuo sfintere mentre annaspi cercando aria, sgranando quegli occhi azzurri resi ancora più sensuali dalle lacrime che ne accendono i colori facendoli risplendere alla luce tenue artificiale che li illumina.
Piangi ancora, mentre il mio seme entra nelle tue viscere con rapidi e ripetuti schizzi, dimentico delle precedenti intenzioni di scaricarmi nella tua gola, per farti dimenticare il sapore dello champagne e farti ricordare domani solo quello dello sperma. Per te ultimo segno liberatorio, prima che mi conceda di accasciarmi sulla poltrona dinnanzi alla scrivania, godendomi la vista del tuo corpo abbandonato inerte sul marmo, con il seno che si alza al ritmo lento del tuo respiro e i singhiozzi che si diradano mentre lo sperma cola lentamente dal tuo ano violato per la prima volta.
Piangevi’ eppure prima di scappartene via lontano, mentre io mi beavo assonnato del piacere avuto, mi hai voluto lasciare poche parole, con una calligrafia delicata ma incerta, su un foglio strappato e abbandonato sulla fredda lastra su cui ti ho preso: ‘Non ho mai goduto così’.

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