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Racconti di Dominazione

Questione di Ruoli

By 11 Novembre 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Morfeo.

Sono in ritardo.
Odio essere in ritardo, specie quando devo portare qualche documento urgente nell’ufficio del direttore mentre c’è una riunione in corso.
Mi chiamo Morfeo e sono il fuctotum di questa società di marketing. A 45 anni suonati mi ritrovo ad essere il gradino più basso di una società di questo nuovo mercato in cui io sono una specie di dinosauro inutile.
Finalmente il ragazzo addetto all’archivio mi consegna il plico lo guardo con astio e lui mi manda a fanculo con lo sguardo.
Sono tutti più giovani di me in questo posto e nessun mi da un briciolo di rispetto. Odio questo lavoro e lo l’avrei già abbandonato se no fosse che…
In ascensore verso il super attico di questo grattacielo sono nervoso. Chiara XXXXX il direttore della baracca è una manager con le palle, spietata, senza cuore. Davanti ai clienti vorrà mostrare il suo polso e lo farà di certo con colui che le porterà il plico.
Busso, aspetto che mi venga detto di entrare e lo faccio.
Un grosso tavolo ovale sei uomini in giacca e cravatta e lei, evidentemente al posto di guida di quella riunione.
Un vestito elegante e scuro che fascia un corpo giovane e flessuoso. i capelli raccolti in uno chignon e un paio di occhiali dietro i quali due occhi azzurri mi fissano con disprezzo. Avrebbe l’età per essere mia figlia, forse mia nipote addirittura eppure la superiorità con cui mi guarda è chiara a tutti nella stanza.
-Finalmente.- Gelida.
-Quelli dell’archivio hanno detto che non riuscivano a trovare i grafici e che..-
-Silenzio! non mi interessa la cronaca della vostra incompetenza. ho chiesto queste carte venti minuti fa.-
I manager guardano in giro per l’ufficio, a disagio per un aggressione immeritata rivolta ad un sottoposto. Sento il sangue pulsare nelle tempie. La gola secca.
-Mi… mi dispiace signora, non si ripeterà.- Mi tremano le mani.
-Lo spero, se ci tenete al vostro posto di lavoro. Dal capo della sezione archivio fino all’ultimo dei suoi sottoposti. te compreso. ora sparisci.-
Mi volto esco e chiudo la porta. La segretaria mi guarda con compassione.
Con dita tremanti estraggo il cellulare dalla tasca e compongo il numero. Compongo il codice e poi torno all’ascensore. Premo il tasto per il Garage, per oggi ne ho avuto abbastanza, entro in macchina, guido furioso fino a casa, spengo tutte le luci mi verso un Brandi e mi siedo in poltrona, in penombra, proprio davanti alla porta.
Sorseggio lentamente il liquore mentre le ore scorrono lente e la rabbia ribolle in me alimentate dall’alcol.
Quando la porta si apre, la poca luce che entra dall’esterno le permette di capire la situazione. Entra e si muove incerta nella semi oscurità verso di me.
Il vestito si piega in mille risvolti mentre si inginocchia di fronte a me. Si slega i capelli e appoggia gli occhiali a terra. Mi guarda negli occhi, implorante.
-Padrone…. per favore…- Supplica. Io resto fermo e in silenzio.
Si china e le sue labbra toccano le mie scarpe. Le bacia con passione a lungo, prima risollevarsi e ricominciare la sua supplica.
-Ti prego… Morfeo.-
La mia mano scatta fulminea e la colpisce in piena guancia.
-Stasera non hai il permesso di usare il mio nome.-
-Ha ragione p… padrone. Ma, la prego, non ce la faccio più.-
-Ti sei divertita ad umiliarmi?-
-No!! La prego! Lo sa, ho dovuto. Lo so che merito di essere punita, ma la prego…-
Prendo il cellulare e compongo il codice. Il contatore segna 155 minuti.
Lei sospira di sollievo, trema.
-In piedi, puoi toglierlo.-
Si alza, malferma sulle gambe e solleva l’orlo del vestito, fino a scoprire le autoreggenti a cui è agganciato il ricevitore dell’ovulo che le ho impiantato nella fica. Non indossa altro.
Le grandi labbra sono turgide, arrossate, tumefatte. Le sue cosce sono zuppe degli umori che ha prodotto in tutte queste ore. Portare avanti quella riunione deve già essere stata una tremenda tortura. Tira lentamente il cordino, gemendo.
L’ovulo sguscia fuori, fradicio, e lei si lascia cadere grata sulle ginocchia. Se la scopassi ora, in quella figa devastata, potrei farle veramente del male. forse lo meriterebbe pure ma non sono mai arrivato a ferirla sul serio.
Alza lo sguardo e incrocia il mio.
-Mi punisca padrone. Me lo sono meritato.-

Chiara

-Alzati- Le ordino, -Spogliati-.
Lei esegue, in silenzio, sfila il vestito, mostrando un bianco e giovane corpo.
La luce che entra dalle fessure della finestra, illuminando fiocamente la pelle diafana delle lunghe gambe, si riflette nelle umide pennellate di umori, che solcano la zona inguinale e l’interno coscia.
Non resisto.
La prendo in braccio, di peso, spostandola sul tavolo poco lontano, le allargo le gambe, mettendo oscenamente a nudo il suo pudore, e pulisco, goccia dopo goccia, il frutto di quella tremenda tortura. Prima sulle cosce, poi sull’inguine.. indeciso sullo spostarmi anche alla sua fonte.’
Un veloce movimento della lingua colpisce le grandi labbra.
-Ahi!- dice, spostando il bacino lontano dal mio viso.
Le afferro le gambe, tenendole ferme. Ripeto l’operazione.
La pelvi sussulta. -Ti prego, Morfeo… non adesso!-.
Stringo la clitoride tra i denti. ‘Volevo dire Padrone! La prego Padrone!- Smetto.
Prendo l’ovulo da terra, è ancora fradicio. Lo avvicino al suo viso, annusando il suo odore, dolce, forte, tremendamente eccitante. La verga non resta insensibile a questo atavico richiamo.
Quindi lo porgo a Chiara.
-Puliscilo, tutto!-‘
Obbedisce. Lecca, come un gattino, l’intera superficie, lentamente, con gli occhi chiusi. La annusa, prima di ripulirla.’
-Così va bene, padrone?- Chiede remissiva.
-Bravissima.. Ma non sono ancora soddisfatto del tuo lavoro.-
Risponde con uno sguardo deluso.
-Alzati.- Le afferro il viso, le lecco la guancia, l’orecchio, poi la mano scatta veloce, in un rumoroso schiaffo. –Inginocchiati, e fa quello che sai fare meglio.-
Non replica. Si abbassa. Con devozione sfibbia la cintura, sbottona i pantaloni, ed abbassa i boxer, da cui svetta un membro imponente, già turgido e pulsante.’
Mi eccito tremendamente notando, come sempre, il suo sguardo piacevolmente stupito ed un tantino intimorito che, nonostante ella conosca alla perfezione il mio pene, mostrano i suoi occhi ogni volta che lo libera dalla morsa dei boxer.
Mi guarda, -Posso, padrone?-
-DEVI!- rispondo perentorio.
Si avvicina, lo afferra con dolcezza, lo passa sul suo viso, sulle labbra, sulle guance, sul mento, sul nasino, odorandolo. Poi lo bacia ed infine, fissandomi negli occhi, lo infila in bocca… tutto. Lo spinge in profondità, verso la faringe.
Ha ormai imparato come ingoiarlo interamente, senza cadere nell’istinto di vomitare.
Mentre ce l’ha ancora piantato in gola sento la sua lingua carezzarmi l’asta e la base del pene.’
Poi lo lascia uscire, quanto basta per poter stimolare anche il glande. Si sofferma sul frenulo, leccandolo con dolci movimenti, si sposta sul piccolo buchino in cima, insinuandosi appena con la lingua e continuando con lenti movimenti circolari intorno ad esso.
E poi di nuovo, in un dolce e lento massaggio che mi mette ogni volta a dura prova.
Chiudendo gli occhi, provando a distogliere per qualche secondo sguardo e mente da quella magnifica boccuccia, tento, sempre con enormi difficoltà, di non riversare nella sua gola schizzi caldi di sperma, prima del tempo.’
Abbasso gli occhi, verso il suo viso, e poi ancora più giù, notando la sua mano poggiata sulla sinfisi pubica, e le sottili dita muoversi, massaggiando le grandi labbra.
-Sei pronta..- commento, guardando quello spettacolo.
Annuisce.
Le afferro i capelli, tirandoli verso l’alto e la bacio, sentendo le labbra ed il mento umidi della sua saliva. Quindi mi stacco da lei.
Mi sposto sulla poltrona, la continuo a fissare: in piedi, alta, snella, tremendamente eccitante con quella manina sul pube..
Massaggio il mio cazzo.. -Adesso vieni qui, impalati!-
Accenna un sorriso, tentando di mascherarlo. Sa che sono il suo padrone, e che non può lasciarsi andare a gesti d’affetto nei miei confronti.
Si ricompone ed obbedisce. Si avvicina, allarga le gambe, e si siede a cavalcioni su di me.
Afferra il membro, puntandolo sull’ingresso della fica e rimanendo così qualche secondo.
Sento i suoi umori colare sul glande, pregando me stesso di resistere sufficientemente a lungo, una volta entrato in quella stretta e bagnata fornace.
Con una mano mi porto sul suo lungo collo, stringendolo.
-Fai ciò che ti ho detto, puttana!-
Mi fissa negli occhi, e senza proferir parola si abbassa.
Vedo i suoi occhi diventare lucidi e socchiudersi mentre la verga comincia a farsi strada nel suo ventre.
Le fa ancora male.. deduco dai suoi mugolii e dall’espressione che si disegna sul suo viso. Termino l’opera, afferrando con la mano libera il suo bacino, ed alzando il mio, velocemente.
-Mmmh- commenta, mentre sento le sue unghia infilzarsi nelle mie spalle.
Dopo qualche secondo, allenta la presa e comincia a cavalcarmi.’
Labbra serrate, occhi chiusi, mugolii sommessi, muscoli contratti… mi eccitano da morire! Mi piace vederla godere in questo modo, completamente in mio possesso.
… Mi piace, forse troppo.
Con il medio le stimolo il clitoride, torturandolo, stringendolo tra le dita, mentre sento, poco più sotto, le sue prime contrazioni orgasmiche.
Allora la faccio alzare, quanto basta per consentire al mio bacino di muoversi, con un frenetico movimento di glutei e lombi.
Il respiro si blocca, le gambe si stringono intorno il mio corpo, la sua testa si porta indietro.’
Viene, con un sommesso gemito.
Ringrazio Dio di avermi fatto resistere così a lungo… finalmente mi libero, dentro di lei, fiotti di seme caldo inondano il suo ventre. Sento il mio membro pulsare, quasi dolorosamente, avvolto da quello strettissimo abbraccio.
Le mie mani, una volta aggrappate al suo bacino, si portano avanti, cingendo il busto di Chiara, avvicinandola a me.’
Poggia la testa, come una bambina, sulla mia spalla.. sento il suo respiro farsi più regolare, ed i battiti cardiaci decelerare..’
Alza il capo, mi guarda: -Grazie, padrone.-

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