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Racconti di Dominazione

rischio

By 12 Febbraio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Gonna nera longuette, non troppo stretta, camicia nera di raso, niente reggiseno, a lui piaceva che i miei seni ondeggiassero morbidi sotto la stoffa. Indossavo poi semplici slip di seta, un reggicalze e calze velate. Tutto rigorosamente nero. Giacca di pelle e al collo un laccetto di cuoio, per ricordarmi chi ero, totalmente soggiogata al suo potere ed in balia dei suoi capricci.
Come al solito era stato molto preciso nell’impartirmi le istruzioni, ma io che dovevo fare sempre tutto di testa mia avevo aggiunto un foulard di seta rossa. Con il cuore che mi batteva a mille e con il telefonino stretto tra le mani, in attesa di uno squillo, andavo all’appuntamento. Quel maledetto telefono era muto; lui mi aveva chiamata la sera prima, e poi più niente. Ero tesissima, avrei voluto che mi tempestasse di telefonate, che mi fosse vicino mentre mi preparavo per lui.
Quando arrivo al bar, il locale è stracolmo, inutile scrutare tra la gente: lui non avrebbe mai dato a vedere la sua emozione; impossibile pensare di riconoscerlo: non lo avevo mai visto, mentre lui sapeva bene chi ero. Ordino da bere e mi siedo ad un tavolino in un angolo, che stupida a non mischiarmi tra la folla, ero visibilissima. Mi guardo intorno ansiosa, mi sistemo i capelli, sento i capezzoli appuntiti che mi bucano la camicetta. Mi sembra che tutti mi guardino e sappiano chi sono. Passa un tempo interminabile, mi sento a disagio perché sono sola’.il primo squillo, il secondo, rispondo al terzo: – ciao gatta, tutto bene?-. ‘Padrone, finalmente, non ne potevo più, stavo”. ‘ Shhhh, alzati, vai in bagno, ora! Io seguo i tuoi movimenti da qui, intanto ti dirò che fare’. ‘Padrone ma dove sei?’. ‘Stai zitta e fallo’. Avevo lo stomaco in subbuglio e le gambe tremolanti. Mi alzo e mi avvio verso la toilette, a piccoli passi incerti, volgendo lo sguardo ovunque, con la speranza vana di individuarlo.
Il bagno è cinematografico (sarà per il bagno che ha scelto il locale?), arredato come fosse un salone: broccato rosso scuro alle pareti, un divano con tavolinetto in un angolo, uno specchio lunghissimo accompagna la fila di lavandini in acciaio; di fronte una lunga serie di porte cromate color fumo. Intanto lui: – sei arrivata? ora puoi rispondere- ‘Sì’. ‘Bene, entra nell’ultimo bagno sulla sinistra, – ma questo è fuori di testa, ma che ha capito che mi presto senza neanche guardarlo in faccia, ora glielo dico, no me ne vado, no probabilmente è là fuori, ha ragione quando dice che sono una bambina, forse questo gioco è più grande di me, che sto facendo???- e non pensare che sia pazzo, sto solo realizzando un tuo desiderio, gatta.’ Dio mi leggeva nel pensiero’Sono nel bagno, glielo dico e chiudo la porta. Anche nel bagno specchi ovunque. ‘No gatta, la porta lasciala socchiusa ‘ allora era già là, che ne sapeva? Mi sentivo spiata, ma se fosse stato già là avrei sentito almeno la sua voce – bene, piccola. Da ora si comincia a fare sul serio, quindi fai poco la stronza e ubbidisci. Non ti chiederò a che punto sei e se hai capito; mi aspetto che ti adegui a me. Tutto quello che farai da ora in poi devi farlo molto lentamente e pensando ad ogni gesto che fai.’
Il tono della voce era cambiato, adoravo quel timbro secco e sicuro. Mi ordina di togliermi le mutandine, di farne una pallottola e di infilarmela in bocca, non vuole sentire neanche un lamento. Mi appoggio alla parete e mi lascio sfuggire un sospiro; distratta per un attimo, avevo dimenticato che era al cellulare, chiedo scusa ma non mi risponde. Sollevo un po’ la gonna, mi eccita vedere il bordo scuro delle calze che contrasta con la pelle rosea; seguo la linea delle cosce e sfilo via gli slip. Il clitoride mi batte, stringo le gambe, passo velocemente una mano, sono umida, che troia che sei, mi dico.
Lui riprende: ‘ Bella quella sciarpa rossa, sfilala e bendati gli occhi’. Che stronzo!, penso, sa benissimo che ci sono gli specchi, vuole fottermi senza farsi vedere.
Ero infuocata dal desiderio viscerale di mettermi nelle sue mani, di subire ed assecondare le sue voglie; un desiderio che scomponeva il mio corpo in mille sussulti. Fantasticavo sui prossimi minuti, ma non mi sentivo tranquilla. Desideravo e combattevo la mia voglia di sottomissione. Forse era proprio questo contrasto a spaventarmi, la paura di lasciarmi veramente andare. E intanto eseguivo gli ordini scrupolosamente. Tolgo via il foulard, lo respiro profondamente in cerca di sicurezza e me lo lego davanti agli occhi. Il buio. Sono stata onesta.
‘Ora appoggia le mani sulla parete di fronte la porta, apri le gambe ed abbassati lentamente, al 5 ti fermi, 1, 2, 3′,4′,5; alzati la gonna fin sopra la vita, rimani immobile. Sei bellissima così esposta. Ora posa il telefono e mantieni la posizione’.
Cominciava a girarmi la testa e il cuore martellava furiosamente, avevo paura. Che stava per succedermi? E se fosse entrato qualcuno in bagno, mi rassicurai pensando che da qualche parte Lui teneva la situazione sotto controllo, dovevo fidarmi non andava bene irrigidirmi.
Dopo non molto sento l’aria muoversi: è qua, ha aperto la porta. è dietro di me, lo sento, allunga una mano verso i miei capelli, li scosta, si avvicina al collo, sento il suo respiro sulla pelle, mi fa una carezza, mi bacia la nuca e si allontana. Il calore del suo corpo riempie lo spazio, non mi tocca e non posso vederlo, fremo. Il tempo si dilata, mi dimentico di essere quasi piegata su un cesso, aspetto. Mi assesto un po’ sulle gambe, è un attimo, un sonoro ceffone mi fa bruciare il culo. Gli slip che mi tappano la bocca impediscono un gemito, ma la testa rimbalza all’indietro. Mi arriva un altro schiaffo, capisco che devo stare immobile. Silenzio’Lui ora mi accarezza dolcemente i glutei con movimenti circolari, divarica le natiche, lo sento che si sta facendo strada, no non sono pronta’.troppo tardi, due dita sono già dentro e vanno avanti e indietro, le rigira, le piega ad uncino, tira. Mi dà fastidio, sono invasa, la fica sussulta. Sfila le dita e me le avvicina al naso, poi sulle labbra, le bacio. Ritorna a dedicarsi al mio culo: con un gesto brusco mi spinge dentro qualcosa, non so cosa sia, forse un pennarello, non è molto lungo ma è più doppio, mi brucia, meglio resistere’penso. Smette di giocare con quest’arnese e me lo lascia là, mi allunga una mano tra le gambe, sono visibilmente bagnata. Troia- mi sussurra piano in un orecchio-. Io sorrido, è vero mi piace. Lascia correre le sue mani lungo le curve dei miei fianchi, sulla carne, su fino ai seni, li prende, li strizza, li lascia, torna a prenderli, li stringe fortissimo, mi fa male, afferra i capezzoli e li tira forte. Io sento un dolore acuto, non sopporto più quell’affare nel culo, lo spingo fuori, se ne accorge, mi colpisce di nuovo in pieno volto. ‘sbagliato’, mi dice. Mi spinge la testa in basso, strattonandomi i capelli, mi afferra i polsi e li lega alla maniglia dello scarico, mi libera la bocca, mi sbatte la testa contro la parete e me la tiene con una mano. Con l’altra mi apre le natiche, un colpo secco e ho il suo cazzo infilato nel culo. Un urlo fortissimo, lacrime, lui comincia a muoversi dentro di me, furioso, me lo sento nella pancia, mi fa male da morire.
Mi abituo lentamente al dolore, vado incontro docile ai suoi colpi, i miei lamenti diventano gemiti, ora mi tocca il clitoride, lo sento, lui spinge forte, non resisto, sto per venire. Mi toglie la fascia dagli occhi, lo guardo dallo specchio, accenna un sorriso, non mi piace, mi spaventa, non è come lo avevo immaginato, ma non posso fermarmi, l’orgasmo è là, vengo nei suoi occhi, lacrimoni mi scorrono lungo il viso. Godi piangendo, gatta; ringrazio, una due, cento volte. Lui non ha smesso di muoversi, ora accelera i suoi colpi, mi fotte sempre più forte, non sopporto più il suo cazzo dentro di me, mi stringe le natiche con le mani ed esplode, eccolo un calore immenso, non avevo mai sentito una tale sensazione, il suo sperma cola giù per le mie gambe. Lo tira via rapidamente, ancora dolore, si riveste ed esce. Sono di nuovo sola. Dopo un po’ di tempo riesco a sciogliermi i polsi. Mi pulisco, il mio buchetto mi fa male, brucia,cerco di rimettermi in ordine ed esco anch’io. Lo vedo fuori, in piedi vicino al divano, accanto un uomo seduto. Mi sorridono. L’uomo seduto sul divano mi guarda intensamente, arrossisco. ‘Ciao gatta, sei stata bravissima, il mio amico dice che sei un vulcano, ora vieni che ti voglio tutta per me’. Mi prende per mano ed usciamo fuori insieme.

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