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Scuola di Ballo

By 14 Febbraio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

1 – Esame preliminare.

L’auto si fermò. “Deve essere questa”, disse mio marito. La villetta era immersa nella quiete del paesino alla periferia della città, il posto per il parcheggio era libero. Mio marito accostò e scendemmo. Controllammo il citofono,il nome era quello giusto e suonammo. Ero molto felice. Eravamo li per una lezione privata di ballo latino americano. Io e mio marito ce la cavavamo discretamente, ma
dall’ultima gravidanza, tre anni prima, avevamo smesso, ed eravamo un po’ arrugginiti.
E così, a quarant’anni, avevamo deciso che era ora di tornare a uscire, a divertirci, vedere gente, e riprendere la nostra grande passione: il ballo.Quella sera mi ero preparata con cura. Abito semplice, aderente, scarpe comode, con un po’ di tacco. La figura che mi rimandava lo specchio mi piaceva: alta, abbastanza magra, nonostante le tre gravidanze che mi avevano allargato il punto vita, un bel seno, capelli rossi ben pettinati, occhi chiari… una splendida quarantenne, aveva commentato mio marito, ed il complimento mi aveva fatto molto piacere.

“Avanti!” L’ordine arrivò quasi imperioso dal citofono. Io e Mio marito ci guardammo sorpresi, accennammo ad un mezzo sorriso ed entrammo. La maestra ci aspettava sull’ingresso. “Milena” disse
porgendo la mano. “Anna” dissi io, “Mauro” si presentò mio marito. “Bene” – disse Milena – “andiamo subito in sala”.

Ci accompagnò al piano superiore della villetta, e ci fece accomodare in un’ampia stanza mansardata, molto luminosa, parquè chiaro; attraverso due ampie velux si vedeva il cielo stellato della primavera avanzata. Milena armeggiò con uno stereo appoggiato ad una parete, e le note di una salsa ci trasmisero una dolce sensazione di allegria.

Milena non sembrava affatto allegra. Un po’ più bassa di me, un metro e sessantacinque circa, molto abbronzata, capelli scuri, occhi nerissimi e penetranti. Il naso affilato e le labbra sottili contrastavano con il corpo asciutto, armonioso e tonico. Il gilet corto ed i pantaloni da ballo a vita bassa mostravano un addome piatto, con gli addominali un po’ in rilievo, addolciti da un piercing all’ombelico a forma di occhio, attorno al quale era tatuato un delfino: l’effetto era ipnotizzante.”Allora – disse Milena con fare impaziente – mostratemi cosa sapete fare”. Io e Mauro rimanemmo impacciati, senza sapere cosa fare. “Allora, avete detto che un po’ ve la cavate, come faccio a sapere da dove partire se non vi vedo ballare?”. Non eravamo pronti a subire un esame, l’avvio fu disastroso, ma poi cominciammo a riprenderci. Soprattutto mio marito sembrava a suo agio in quella situazione: si muoveva agile e sinuoso, preciso nei comandi e sicuro nei passi. Io invece ero tesa, incerta, sbagliavo continuamente. Milena mi guardava con aria beffarda, non la sopportavo, mi metteva a disagio. La musica terminò. “Mauro, complimenti, te la cavi niente male – disse a mio marito con un bel sorriso – tu invece sei un po’ indietro Anna. Facciamo così: vieni da sola un paio di volte a settimana per un mese, ti porti a pari a tuo marito, e poi venite tutti e due alla mia scuola, corso avanzato”. Pensai di uscire ed andarmene, ma Mauro, incomprensibilmente per me, accettò. “Come – pensai – questa stronza mi maltratta e Lui non fa una piega, anzi, le da pure ragione”. Ero furiosa, ascoltai in silenzio mentre Milena dava l’appuntamento a Mauro per l’indomani; salutai a monosillabi, non dissi nulla fino a casa, dopodiché mi fiondai a letto, arrabbiatissima ed indecisa sul da farsi. Quando Mauro arrivò a letto feci finta di dormire, e decisi di ignorare la sua mano che risaliva lungo le cosce. Ma mio marito quella sera era deciso. Si mise due dita in bocca, le riempì di saliva e mi inumidì la vulva (non dormo mai con le mutandine). Mi bagnai immediatamente. Senza dire una parola mi sfilò la camicia da notte, mi fece sdraiare a pancia in giù, salì sopra di me e cominciò a baciarmi l’orecchio, leccarmi il collo, darmi piccoli morsi tra le scapole. Sapeva che questo mi fa impazzire. Involontariamente comincia a spingere il bacino indietro, cercando qualcosa contro cui placare il calore che mi stava accendendo.

Cominciò a leccarmi tra le scapole e poi più giù. Sentivo scendere la sua lingua verso i lombi, più giù, tra il solco delle natiche. Si fermò sopra il mio fiorellino inviolato, lo baciò, ci infilò la lingua, e poi proseguì oltre. Finalmente arrivò al centro del calore, ci immerse tutta la lingua, e le prime ondate di piacere cominciarono ad irradiarsi in tutto il corpo. Con le mani scostò bene i glutei, affondò il naso nel fiorellino, ben lubrificato, con la lingua sondava l’interno della vagina e con le dita mi massaggiava il clitoride, turgido, quasi dolente. E venni. Un orgasmo sottile mi scosse. Tremavo. I capezzoli, duri come marmo mi facevano male. Godevo. Mauro si alzò sulle ginocchia, mi trasse a se, tenendomi per i fianchi, e mi penetrò in un solo colpo. Ah, come mi piaceva il sesso di mio marito. Così duro, grosso al punto giusto, mi riempiva completamente. Cominciò a muoversi sempre più velocemente, variando il ritmo, sempre più a fondo, tenendomi saldamente per i fianchi, sempre più veloce, sempre più veloce. “Vengo, vengo” urlavo, ed ogni volta l’orgasmo ricominciava, più intenso, più travolgente. Poi un’ondata di calore, sentii nettamente lo schizzo dentro di me, e la vibrazione cha dal sesso di mio marito si propagava alle pareti della vagina, ed un nuovo, violento, impetuoso, definitivo orgasmo si propagò a tutte le membra, uscendo dalla gola in un grido roco e selvaggio. “Così sveglierai i bambini”. La voce di Mauro mi riportò sulla terra. Mi girai, supina, ad ammirare il suo volto sorridente e rassicurante, quello sguardo di cui mi ero innamorata a prima vista vent’anni prima. Mauro si chinò su di me, mi baciò dolcemente, ancora sul collo, sui seni e poi scese. Mi solleticò l’ombelico con la lingua, infilò le mani sotto il bacino, mi sollevò sorreggendomi i glutei, ed immerse nuovamente la bocca in me. Mi misi un dito in bocca, lo inumidii, e poi co-minciai ad accarezzarmi i capezzoli, mentre con l’altra mano cominciai ad accarezzare la testa di Mauro. Poi scostò la lingua, prese delicatamente tra i denti le mie dita e le guidò verso il centro del mio piacere. Mi accarezzai come sapevo, penetrandomi a fondo, accarezzandomi dentro nel punto che conoscevo bene, ed in silenzio, da sola, venni ancora. Estrassi le dita, luccicanti di piacere, e di nuovo Mauro immerse avidamente la bocca nella mia vulva. Risalì sopra di me, accosto la bocca alla mia, e vi fece colare i nostri liquidi che aveva raccolto dentro di me. I nostri sapori fusi insieme mi trasmisero un eccitazione selvaggia. Spinsi il bacino verso di lui, e ricevetti subito il suo sesso, duro più che mai. Questa volta mi penetro dolcemente, a lungo, fino a quando venimmo ancora entrambi. Ero esausta. Mauro scese da me, si mise pancia all’aria, mi accolse nell’incavo della spalla, e mi disse “allora, sei pronta per le lezioni di ballo?” “Si tesoro” furono le mie uniche parole. E mi addormentai.

 



Al mattino mi sveglia serena, felice, il ballo non mi passava nemmeno per la testa, tutta presa dai soliti pensieri: il lavoro, la scuola dei bambini, cosa preparare da mangiare… la voce di Mauro mi trapassò come una stilettata: “allora stasera prima lezione!”.
Come avevo potuto scordarmi? Il volto di Milena si materializzò all’improvviso nello specchio del bagno sorridendomi beffardo.Trascorsi la giornata cercando di dissimulare l’ansia e l’agitazione crescenti.
In teoria andavo a divertirmi, ma qualcosa mi diceva che non era così. Misi in tavola ma non cenai, con la scusa che altrimenti non avrei fatto in tempo a prepararmi, ma in realtà lo stomaco era chiuso. Sentivo i bambini ridere mentre cenavano con Mauro. Mi guardai allo specchio e mi chiesi che cosa stavo facendo. Avevo paura, certo, ma ero anche decisa a non tirarmi indietro. Era una sfida, ora lo sapevo. Una sfida con mio marito, una sfida con la maestra, ma soprattutto una sfida con me stessa. Dove mi avrebbe portato tutto ciò. Non lo sapevo.
Optai per un trucco leggero, effetto acqua e sapone. Ero decisa ad andare in fondo. E poi era solo una lezione di ballo. Alle nove e mezza citofonai alla porta di Milena. “Puntualissima, molto bene. Entra”. La voce al citofono suonò falsamente cordiale, almeno questa fu la mia impressione. Me la trovai davanti varcata la soglia. Indossava un completo da danza moderno nero. Top sopra l’ombelico, calzoni stretti sui fianchi, elasticizzati, svasati a campana a ricoprire i piedi.
Ancora fui ipnotizzata dal delfino tatuato sull’addome; mentre me ne stavo li inebetita, mi cinse le spalle affettuosamente per accompagnarmi in sala da ballo. “Inizieremo dalla salsa” mi disse. Le note della musica invasero la sala ad alto volume “per sentire meglio il ritmo”. Iniziò una vera persecuzione. “Sei troppo rigida, sei un tronco, devi ondeggiare di più il bacino, alto il braccio, più morbida…” ero esausta e scoraggiata. “Su non abbatterti – finalmente un sorriso – facciamo una pausa. Hai sete?” “Si grazie”. Tornò reggendo due bicchieri. “Cos’è?” chiesi. “Specialità della casa” mi rispose elusiva.
Cominciai a sorseggiare. “Delizioso” pensai. Fresco dissetante, leggermente alcolico; si sentiva il sapore dello zenzero, frutta esotica e qualche altro ingrediente che non si riusciva a decifrare. Len-tamente e, come capii dopo, inesorabilmente, bevvi tutto. “Bene, basta poltrire, ricominciamo. Adesso Bachata!”. Mi sentiva strana; ero languida, morbida, ed al tempo stesso sentivo dentro uno strano calore, che saliva dall’addome e si diffondeva ovunque. Milena mi abbracciò. “La Bachata – disse – è un ballo sensuale, che si balla stretti, incrociando le gambe” e mentre lo diceva mi appoggiò la coscia sull’inguine. Una violenta vampata mi scosse. Non potevo crederci. Ero eccitata, bagnata! Tutto avvenne molto naturalmente. Milena appoggiò le sue labbra alle mie e mi baciò. Mentre mi baciava, faceva scorrere le sue mani esperte, sfilandomi la camicetta e poi il reggiseno. Continuò a baciarmi, sulla bocca, sul collo, sui seni. E mentre mi baciava mi spingeva verso l’adiacente camera da letto. “Finalmente ti lasci andare, brave, così, morbida…” Mi rovesciò sul letto, sfilandomi gli ultimi indumenti. Ero completamente in orbita, in preda ad una furia selvaggia e sconosciuta. “Ora scoprirai chi sei veramente” mi disse, ed affondò la bocca nella mia figa. La sua lingua era veloce, guizzante, dura e sapeva dove colpire. Aveva appena iniziato e stavo per venire. Afferrò la mia mano e la spinse giù, sulla mia vulva. Istintivamente cominciai a masturbarmi, introducendo indice e medio in vagina, mentre con l’altra mano mi accarezzavo i seni. “Brava la nostra mammina, è proprio una porcellina” mi diceva, e queste parole incredibilmente mi eccitavano ancora di più. Venni rapidamente, e poi una serie di orgasmi in successione. Non capivo più nulla, non ero io quella che si dimenava ed urlava di piacere sul letto di una sconosciuta. Mi fece girare carponi, si sdraiò sopra di me e cominciò a baciarmi sul collo, sulla schiena, sempre più in basso, nel solco tra i glutei. Infilava la lingua ovunque ed io impazzivo di piacere. In un barlume di lucidità mi ritrovai a pensare che una donna mi stava infilando tre dita nella vagina e la lingua su per il sedere, e la cosa mi piaceva da morire. Venni ancora. Milena mi fece girare ancora. Coricata sul letto, con le gambe oscenamente aperte, mi accorsi che ritto in fronte a me c’era un uomo. Alto imponente, muscoloso, col membro eretto. Non disse una parola. Mi divaricò le cosce e mi penetrò, lentamente,con decisione. Aumentò sempre più il ritmo fino ad esplodere dentro di me. Ed io venni, intensamente, come non avevo mai goduto in vita mia. Senza dire nulla, uscì da me e se ne andò. Anche Milena era sparita. Ero coricata sul letto, stordita, esausta ed appagata, con lo sperma di uno sconosciuto che mi colava tra le cosce.

Mi rivestii e mi misi in cerca di Milena. Mi aspettava al piano terra, seduta dietro una scrivania. “Siediti – disse, riprendendo il fare arrogante – sai cos’è questo?” “Un CD” balbettai. “No, è un DVD. Qui è registrata tutta la lezione di oggi”. I miei occhi si riempirono di terrore. “Sei una ragazza sveglia, vedo che cominci a capire. Il drink che hai bevuto era drogato. Una potente miscela di afrodisiaci e psicofarmaci, che annullano la volontà e spingono ad esaudire tutti i desideri più nascosti… in fondo era quello che volevi.
Dunque, hai diverse possibilità. Uno, fai tutto quello che ti diciamo, e questo bel film rimane rinchiuso nella nostra cassaforte. Due, non ci dai retta e…” “racconterete tutto a mio marito”, conclusi.
Milena scoppiò a ridere “per chi ci hai preso, per una società di beneficenza? Il DVD lo metteremo in vendita in tutte le edicole della provincia, ti assicuro che andrà a ruba, dopotutto sei molto nota in città. E le foto migliori le metteremo su tutti i siti internet più famosi e su tutte le mailing list…
Dunque, dovrai esaudire scrupolosamente tutte le nostre richieste. Comincerai domani. Tieni casa tua libera dalle 14 alle 16. Verranno due operai, li lascerai lavorare senza guardare quello che fanno. Quando avranno finito, pagherai il conto. Ora vai. A proposito, di a tuo marito che hai recuperato benissimo, dalla prossima settimana potete venire a lezione insieme, non qui, alla scuola”.
E così mi congedò; col suo ghigno beffardo stampato in testa me ne tornai a casa. Mauro come al solito mi aspettava sveglio, premuroso e gentile. “Allora, com’è andata” mi chiese. “bene – risposi laconicamente – ha detto che possiamo andare insieme alla scuola, ho recuperato. Scusa, sono molto stanca vorrei andare a dormire”.
Mauro mi diede un bacio affettuoso su una guancia; quella era sera di Champions League, in fondo era contento di potersi guardare i servizi sulle partite in santa pace. Diedi uno sguardo ai bambini, ma non ebbi la forza di entrare per dar loro un bacio.
Mi sentivo sporca, umiliata; sentivo ancora lo sperma di quello sconosciuto che mi colava fra le gambe. Andai a lavarmi, ma la sensazione di sporcizia non passò, ed a quella sensazione se ne aggiunse ben presto un’altra: di paura. Avevo paura per me, per la mia famiglia, i miei figli. Ero una stimata dottoressa, molto nota in città, tutti mi conoscevano, cosa sarebbe successo se fosse scoppiato lo scandalo? Milena aveva detto “noi”: noi chi? Chi c’era dietro? Quante persone sapevano, quante avrebbero visto quel film? Cercai di addormentarmi, ma non riuscivo a prendere sonno. Quando Mauro venne a letto finsi di dormire per non dover dare spiegazioni.

3 – Le cose si complicano

La mattina successiva mi svegliai in preda ad un nervosismo crescente.
Marito e figli mi giravano al largo, come sempre capita quando sono arrabbiata. Lo considerano un evento naturale, come il mare mosso o il cattivo tempo. Non si preoccupano affatto di sapere cosa ha scatenato la tempesta, pensano solo a schivarne gli effetti, certi che prima o poi passerà.
Per il momento decisi che mi conveniva stare al loro gioco. Mi inventai un impegno con un rappresentante di elettrodomestici, lasciai i bambini al doposcuola ed all’asilo, il marito al lavoro, ed alle due del pomeriggio ero in casa. Stupidamente, ma è inevitabile per una donna, mi preoccupai che la casa fosse in ordine, misi anche dei fiori sopra il camino.
Alle due e mezzo, puntualissimi, suonarono alla porta. Alzai la cornetta del citofono ed aprii il cancelletto, andando inesorabilmente incontro al mio destino. Si presentarono due ragazzi in tuta da lavoro, molto educati, alti, sui trent’anni. Uno aveva un paio di baffi rossi ed un sorriso accattivante. Mi dissero che erano li per il “lavoro” ed io li feci entrare. “Lei resti qui in salotto, noi saliamo di sopra – disse l’uomo con i baffi, che dei due era evidentemente il capo – stia tranquilla, non sporcheremo nulla”. Li sentii armeggiare per circa 20 minuti. Poi scesero. “Bene, si accomodi pure di sopra, noi lavoreremo qui, nella zona giorno e da basso, nella tavernetta”. Obbedii senza replicare, anche se continuavo a domandarmi cosa diavolo stessero facendo. Passai l’ora successiva ad ispezionare le camere da letto ed il bagno del primo piano, ma non riuscii a trovare nulla. “Venga pure signora, abbiamo finito”.Scesi le scale, mi ricordai delle parole di Milena, presi il portafogli dal comò e chiesi quanto dovevo. I due scoppiarono a ridere. “Accidenti – disse il capo – anche a lei non hanno spiegato niente”. I due si slacciarono la patta delle tute, ed estrassero i rispettivi membri, già quasi del tutto eretti. “Il conto signora, si paga in natura”. Mi ritrassi spaventata, non volevo, no proprio non volevo. “Via signora, sa cosa succederebbe, suvvia, è un attimo, vedrà che non ci metteremo più di dieci minuti”. Ero paralizzata dalla paura e dalla vergogna. Il capo, gentilmente, mi prese per mano e mi fece sedere sul divano, mi alzò la gonna e mi sfilò le mutandine.
“Vedrà che non sentiRà male”. Dalla tasca dei pantaloni tirò fuori un tubicino di crema, mi fece coricare sulla schiena, si appoggiò le mie gambe sulle spalle, e delicatamente mi spalmò un po’ di crema sulle piccole labbra “Non abbia paura, le mani sono Pulite”. Poi appoggiò la punta del pene, si assicurò che fossi ben lubrificata e mi penetrò. Io tenevo la testa girata e gli occhi chiusi, sperando che tutto finisse in fretta. Aumentò il ritmo, si fermo in fondo e venne; rimase immobile qualche secondo e poi si ritrasse. Con le dita raccolse un po’ di liquido vischioso e me lo
mise sulle labbra. Rimasi immobile, sapevo che anche l’altro avrebbe voluto la sua parte. “Per me niente crema – disse – solo girati a pancia in giù” Come un automa mi rigirai pancia sotto, appoggiandomi al tappeto con le ginocchia. Anche lui mi appoggio delicatamente il pene all’imbocco della vagina, e poi entrò. Pochi vigorosi colpi, poi si ritrasse. Appoggiò il membro fra le natiche mentre le stringeva con le mani, e quasi subito venne, mentre grossi schizzi di sperma mi piovevano sulla schiena. Si rivestirono in silenzio, mentre io stavo li immobile, paralizzata dalla vergogna. “Le lasciamo la ricevuta in questa busta – disse il capo – mi raccomando, la legga attentamente”.
Mi ci vollero quasi dieci minuti prima che trovassi la forza di alzarmi. Per prima cosa andai a farmi una doccia, ma lo sporco che era dentro di me non venne via. Poi andai in sala, attenta a cancellare ogni traccia, anche minima di ciò che era successo, ma i due erano stati di parola: non avevano sporcato nulla. Ed infine mi cadde l’occhio sulla busta che mi avevano lasciato. La aprii e lessi il biglietto:
“http:/***.***.** user name: ********* password:******”
Il messaggio era chiaro, anche per un’analfabeta informatica come me. Andai nello studio, accesi il pc, digitai l’indirizzo internet ed attesi il collegamento.
Lo schermo diventò completamente nero, solo al centro due campi bianchi. Inserii la user name e la password e clickai invio.
“Benvenuta Anna” recitava fredda la home page. Lo schermo si riempì di piccole icone. Ne vidi una che lampeggiava “new photo gallery”, ci clickai sopra col mouse ed il terrore mi invase. A tutto schermo si aprirono una serie di mie fotografie, che mi ritraevano mentre venivo scopata dai due operai. Era un servizio completo. Le foto erano nitidissime, si riconoscevano perfettamente i particolari dell’arredamento, degli abiti, e gli atti sessuali erano ripresi alla perfezione. Ero perduta, ne ero certa. Ritornai alla home page, e questa volta un’altra icona lampeggiava: “hai un nuovo messaggio”.
“Cara Anna, ti sarai chiesta sicuramente cosa ti è capitato in questi ultimi giorni. Lascia che Mi presenti, io sono il Conte. Ho l’onore di essere il Presidente di una società che ha ramificazioni in tutto il Paese. Quello che accomuna i nostri Soci è una morbosa passione voyeuristica per il sesso, oltre che la ricchezza. Ora, abbiamo scommesso su di te. Tu sei molto nota in città, una stimata dottoressa, una moglie irreprensibile, una mamma d’esempio. Abbiamo voluto vedere se, e fino a che punto, potevi diventare una femmina da letto. Certo abbiamo barato, senza quel cocktail drogato non ce l’avremmo mai fatta, ma tutto il resto è una tua scelta, e continuerà ad esserlo. Domani riceverai un anello con brillante in un pacchetto anonimo. Te lo infilerai al dito anulare della mano sinistra, accanto alla fede nuziale (hai capito benissimo cosa significa). Sotto la pietra dell’anello è installato un potentissimo sensore, che analizzerà continuamente il tuo battito cardiaco. In questo modo sapremo molte cose di te: innanzi tutto se lo stai indossando (e dovrai indossarlo sempre!), quali sono le tue emozioni, se stai provando un orgasmo… Inoltre il sensore è un potentissimo microfono, per cui noi potremo udire anche il più piccolo bisbiglio intorno a te. In questo modo, come avrai intuito, avremo un costante controllo su di te, sulle tue azioni, anche, quasi, sui tuoi pensieri. Telecamere nascoste ti riprenderanno ovunque: in casa, in auto, in ospedale, ne abbiamo anche in quasi tutti i locali pubblici delle città. I Membri della nostra Società potranno seguirti via internet dal sito a cui ora sei collegata, anche in questo momento, mentre leggi questo messaggio, ti stiamo osservando. Pensa, non è eccitante solo l’idea? Una ventina di uomini e donne, molti dei quali tu conosci benissimo, ti stanno osservando, entreranno nella tua intimità, ma tu non hai idea di chi possano essere. Il Consiglio della Società è composto da tre donne e tre uomini, più il sottoscritto; è il Consiglio che prende le decisioni sulla conduzione del gioco; sfortunatamente per te, a due delle tre Donne non sei, per usare un eufemismo, molto simpatica, per cui Loro propendono per prove molto dure; gli Uomini invece, ed il Sottoscritto, sono benevoli nei tuoi confronti, ma si annoiano facilmente, per cui starà a te cercare di tenere viva la Loro attenzione, e la Loro benevolenza. Bene, basta con le divagazioni, entriamo negli aspetti pratici. Tutti i giorni dovrai collegarti con questo sito e leggere le istruzioni che ti saranno impartite; le troverai sempre sotto la voce “nuovo messaggio”. Avrai 24 ore di tempo per eseguire le istruzioni che ti verranno date, altrimenti sai cosa succederà (i DVD, la commercializzazione dei filmati etc.). Per oggi una cosa molto semplice: questa sera NON farai l’amore con tuo marito. Ti ricordo di accettare e di indossare immediatamente l’anello che ti sarà recapitato domani mattina in Ospedale. A Mauro dirai che si tratta di un dono di una paziente a cui sei molto affezionata. Quasi dimenticavo: da giovedì prossimo tu e tuo marito andrete a scuola di ballo, Milena vi aspetta.”
Spensi il pc, mi presi il viso fra le mani e cominciai a singhiozzare disperatamente. C’ero dentro fino al collo, e non avevo idea di come uscirne, ne potevo chiedere aiuto all’unica persona che amavo: Mauro, mio marito.

La mattina dopo mi sveglia con la speranza che tutto fosse stato solo un brutto sogno. Mi sforzai di essere sorridente e cordiale, la mamma premurosa e la moglie felice che ero sempre stata, e per qualche ora riuscii ad ingannare anche me stessa. Fu la segretaria del day-hospital che dirigevo a riportarmi alla realtà. “Dottoressa, hanno consegnato un pacchettino per Lei”. Presi quasi con noncuranza il piccolo involucro, lo infilai nella tasca del camice e, ringraziando, continuai la mia attività. Poi andai nel mio studio, chiusi la porta a chiave ed apri il pacchettino.

 Dentro una scatolina porta – gioie c’era l’anello. Era un anello molto carino, con incastonata una piccola pietra. Lo infilai al dito, si adattava perfettamente, come se chi lo aveva forgiato conoscesse perfettamente le mie misure. Dentro la scatolina c’era un biglietto: “collegati subito al sito”.

 Accesi il computer, digitai l’indirizzo e tutto il resto. Comparve il solito schermo nero. Improvvisamente, si aprì una finestra, in cui scorreva un filmato. Ero io nel film, in diretta. Ero io che mi osservavo mentre stavo al computer! Una telecamera mi spiava anche li, nel mio studio in Ospedale. Non solo, si sentiva perfettamente ogni più piccolo rumore, perfino lo scorrere del mouse sul tappetino. L’icona “nuovo messaggio” stava lampeggiando. Un doppio click, ed il messaggio si aprì. “Apri subito la chat”. Ubbidii, non avevo molta scelta. La finestra che si aprì era molto spartana, niente fronzoli, era però ben leggibile ed immediatamente comprensibile. Una colonna sulla destra indicava l’elenco delle persone in linea, ed accanto ad ogni nome il simbolino ne indicava il sesso. Oltre al Conte e me, c’erano in linea altre due donne dal nick poco rassicurante: Xena ed Amazzone. Conte: Anna, buon giorno. Innanzi tutto devo biasimarti per il ritardo con cui ti sei collegata. Io e le mie amiche siamo qui collegati da quasi un’ora, e non ci ha fatto certo piacere aspettarti. Tentai di digitare qualcosa per giustificarmi, ma nulla appariva sullo schermo di quanto tentavo di dire. Conte: è inutile che ti affanni sulla tastiera, parlerai solo quando interpellata, cioè quando noi ti abiliteremo ad inviare messaggi, per adesso ascolta e basta. Sono qui con due care amiche, Xena ed Amazzone. Ti ho gia parlato di loro, sono due Signore che conosci, alle quali non vai proprio a genio. Per dirla tutta nemmeno a te sono simpatiche, ma ti consiglio di non inimicartele ulteriormente. Hanno chiesto di essere presenti a questa nostra chiacchierata iniziale, ed il Consiglio Le ha accontentate. Le immagini che vedi scorrere sul video sono presenti sui terminali di tutti i Membri della Società. Questo è bene che tu lo tenga sempre a mente. Amazzone: ciao Anna. Xena: ciao stronza!
Conte: suvvia Xena, non cominciare subito.
Suonò il telefono Conte: rispondi pure, non ci sono segreti…
“Pronto” balbettai “Dottoressa, abbiamo bisogno di lei nell’ambulatorio 3”
Conte: vai pure, ma torna appena possibile. Ricordati che seguiamo ogni tuo movimento.
Xena: un momento, prima togliti le mutandine e mettile nel cassetto della scrivania, troia! Torna presto, sarò qui ad aspettarti.
Mi alzai la gonna per sfilarmi le mutandine, rassegnata. Casualmente incrociai il monitor del pc, mi vidi assurdamente riflessa. Istintivamente mi coprii con le mani, ed immediatamente l’inquadratura cambiò, riprendendomi da dietro. “Ma quante telecamere ci sono?” mi chiesi. La mia domanda non poteva avere risposta. Con gli occhi bassi, per evitare di incrociare lo sguardo inquisitore, mi ricomposi, infilai le mutandine nel cassetto e mi avviai verso i miei malati. Mi dedicai a loro per quasi due ore, mi sforzai di concentrarmi solo su di loro, e così riuscii ad avere un po’ di quiete. Tornai nello studio, il pc era ancora acceso e la chat aperta. Era rimasta solo Xena in linea.

Xena: finalmente! La signora fa i suoi comodi! Non fa niente, ho promesso al Conte di non arrabbiarmi con te. Dunque, devo spiegarti ancora qualche nota tecnica, poi basta, lo prometto. Sotto la finestra della chat, c’è un cerchietto verde lo vedi? Rispondi pure, sei abilitata.
Anna: si lo vedo.
Xena: devi rispondere si Signora, vacca!
Anna: si Signora, lo vedo.
Xena: così va meglio. Devi sapere che i sensori incorporati nel tuo anello registrano moltissimi parametri. Elaborando i dati provenienti da temperatura corporea, battito cardiaco e frequenza di respirazione, sono in grado di misurare il tuo stato di eccitazione sessuale. Luce verde: per niente eccitata, luce gialla: un po’ eccitata, luce arancione: molto eccitata, luce rossa: orgasmo in corso. Esiste in verità anche una luce bianca, che starebbe per orgasmi multipli incontrollati, ma nessuna c’è mai arrivata. Ora dimmi, secondo te, cosa significa?
Anna: non ne ho idea.
Xena: Signora, ho detto che devi chiamarmi Signora! Attenta a non irritarmi!
Anna: si Signora.
Xena: sei una bugiarda, hai capito benissimo il significato delle lucine. Noi abbiamo il completo controllo su di te, non ci puoi mentire, e nemmeno fingere. Se ti diciamo di godere, devi godere, e se ti diciamo di non godere, ti devi trattenere. Bene, adesso accendiamo la luce rossa!
Rimasi inebetita a fissare lo schermo. Cosa voleva dire “accendiamo la luce rossa?”. Passò circa un minuto.
Xena: allora quando pensi di cominciare puttanella? Non abbiamo tutto il giorno a disposizione sai.
Anna: iniziare cosa?
Xena: ma ci sei o ci fai? Devi iniziare a masturbarti, voglio guardarti mentre ti ecciti. Sono generosa, ti do un quarto d’ora, dopodiché inizio a spedire le tue foto con i due operai a tutte le persone che conosci!
Anna: ti prego, no, farò come dici.
Xena: bene, comincia adesso!
Chiusi gli occhi e mi appoggiai allo schienale della poltrona. Decisi di fare alla svelta, prima finiva e meglio era. Sempre tenendo gli occhi chiusi, mi umettai indice e medio della mano destra, aprii le gambe ed iniziai ad accarezzarmi le piccole labbra. Facevo scorrere le dita intorno al clitoride, poi tornavo giù e cercavo di penetrarmi un po’ di più ad ogni passaggio. Sentivo la vulva ingrossarsi, a poco a poco, e cominciavo a bagnarmi. Lentamente il piacere cominciava a farsi strada, cominciavo ad avvertire quella ben nota sensazione di calore che si diffondeva dal bacino all’addome, alle cosce, al petto e poi esplodeva dappertutto. Mi isolavo da tutto sempre di più, spingevo le dita dentro, sempre più in profondità, ero sempre più bagnata. In testa un turbinio di immagini sovrapposte, nitide ed al tempo stesso confuse, sempre più aggrovigliate, una sequenza infernale, sempre più rapida, con una velocità crescente. Rivedevo la faccia beffarda di Milena, il sorriso accattivante del capo operaio, poi in primo piano il cazzo superbo dello sconosciuto a casa di Milena, il volto sfigurato dall’orgasmo di mio marito. Stavo per venire. Per un attimo socchiusi gli occhi, vidi la lucina arancione sullo schermo. “Bastardi” mormorai tra me. Chiusi gli occhi di nuovo. Le immagini nella mia mente si accavallarono. Tutti quei membri sgorgavano sperma, un’incredibile quantità di sperma mi ricopriva. Ero coricata supina, i due operai e lo sconosciuto mi venivano addosso, schizzi caldi mi arrivavano ovunque. Stavo godendo, stavo godendo tantissimo. Aprii di nuovo gli occhi, la lucina era rossa. Chiusi gli occhi, vidi il volto di Mauro che si chinava su di me. Avevo il volto sporco di sperma, ma lui non se ne curava, come se non ci fosse, e mi baciava profondamente. Sentivo il dolce sapore della sua bocca, ma come un veleno si mischiava il sapore dello sperma di tutti quegli sconosciuti. Rimasi spossata sulla poltrona, le gambe oscenamente aperte. Mi ripresi e mi rivestii in fretta. Sul monitor la lucina era ritornata verde, in chat nessuno era più collegato. “Bastardi” pensai di nuovo. L’icona “nuovo messaggio” stava lampeggiando. Quasi senza rendermene conto ci feci sopra un doppio click. Era un messaggio del Conte: “Cara Anna, è stato davvero uno spettacolo molto eccitante quello che ci hai appena offerto, e davvero oggi non ci siamo pentiti di avere investito su di te. Per oggi sei libera da altri impegni. Ti aspettiamo domani mattina, mi raccomando di collegarti al sito appena arrivi al lavoro”.
“Maledetto stronzo! – pensai – se solo sapessi chi sei; e quella Xena, chi diavolo può essere?” Questo ed altri pensieri simili continuarono ad arrovellarmi per tutta la giornata. Mi avevano avvelenato l’esistenza, in qualche modo dovevo reagire, ed andare comunque avanti. L’uomo è un animale che si adatta a tutto, ed anch’io cominciai ad adattarmi a quella situazione. Quella sera fui veramente felice di rivedere il mio adorato marito. Dopo aver messo a letto i bambini cominciammo a coccolarci sul divano come due fidanzatini. Per la verità mi vergognavo molto che la nostra intimità fosse così sorvegliata, ma cosa potevo fare? Non volevo certo fargli venire dei sospetti, e poi al diavolo, che guardassero pure, cosa me ne importava in fondo? Iniziai ad eccitarmi, ed anche lui lo era, questo era evidente. Mi tornò in mente la sequenza finale di immagini sulla quale ero venuta nella mattina. Mi inginocchiai ai piedi del divano, gli sfilai delicatamente gli slip, e mi trovai di fronte il suo membro eretto. Lo presi avidamente in bocca e comincia a succhiare, e a muovermi in su e giù lungo l’asta. Bastarono pochi minuti. Sentii un fremito, poi Mauro si irrigidì e tentò di ritrarsi. Era il suo modo per farmi capire che stava per venire. Mauro era così, troppo riservato e timido per dirmi chiaramente cosa stava per fare, e troppo cavaliere per riempirmi la bocca di sperma a tradimento, ed io lo amavo anche per questo. Ma quella sera volevo togliermi il gusto amaro, anche se solo immaginato, dello sperma di quegli sconosciuti, volevo riappropriarmi del gusto di mio marito. Così lo abbracciai, strinsi i suoi glutei con forza nelle mie mani e tenni il pene saldamente in bocca, ed il fiume in piena si riversò dentro di me. Cosa scatena l’orgasmo in una donna? Nessuno può dare una risposta univoca e certa. Per certo io, mentre lo sperma di mio marito mi colava oscenamente dalle labbra, riempiendo del suo sapore tutte le papille gustative, io godevo. Lo tenni fra le mie labbra fino a quando la forza virile si esaurì. Lo baciai appassionatamente. Poi andammo a letto, e mi addormentai serena.

Quella mattina mi svegliai presto, ma non mi alzai subito. Era sabato,
c’era un po’ di tempo. Mauro, come al solito, saltò giù dal letto
appena suonò la sveglia, andò in cucina e si mise a preparare la
colazione per i bambini. Chiamò i bambini, li fece mangiare, vestire
ed uscì per portarli a scuola.
In preda ad un’ansia crescente, rassettai velocemente la casa, rifeci
i letti, misi in ordine in cucina ed in sala, passai velocemente
l’aspirapolvere. Poi mi sedetti davanti al computer, l’accesi e mi
collegai al sito. Non c’erano messaggi. Tirai un sospiro di sollievo.
Controllai anche la chat. Un nuovo nick mi stava aspettando, anche
questo poco rassicurante: “Domina”.
Domina: ciao Anna, come va?
Anna: bene. E tu chi sei?
Domina: ah, cara Anna, pensare che ci conosciamo così bene, e siamo
così amiche! Questa faccenda dell’anonimato a volte è un po’
noiosa. Comunque, ti consiglio di non rivolgerti così agli altri
membri del Consiglio. Va beh! Dunque, ho l’incarico di darti le tue
istruzioni per oggi, con un po’ di spirito di adattamento vedrai che
in fondo ti divertirai.
Ma che diavolo stava cianciando? Quali istruzioni? E poi cos’era quel
tono da amicona di classe superiore? Cominciai a digitare
forsennatamente, ma sullo schermo non apparve nulla.
Domina: tesoro, purtroppo ho dovuto disabilitarti dal rispondere, sai,
anch’io devo seguire le mie istruzioni. Dunque, ecco il tuo compito.
Apri bene le orecchie, perché dovrai eseguire tutto alla perfezione.
Oggi pomeriggio lascerai Mauro a casa con i bambini. Gli dirai che hai
appuntamento con una tua amica per fare shopping.
Alle 16.30 precise entrerai nella Boutique del Corso. Troverai due
commesse molto carine, Maddalena e Cecilia. Ti presenterai come la
“Dottoressa”, e dirai che sei li per provare il vestito del Conte.
Ti diranno di accomodarti nella hall, dopodiché farai tutto quello che
Maddalena e Cecilia ti diranno.
E’ tutto. Vedrai che ti divertirai, se farai la brava. Ciao Amore.
Il nick “Domina” sparì dallo schermo, che rimase nero.
“Accidenti – pensai – in che razza di situazione mi trovo”.
Ancora una volta non avevo scelta, avrei fatto quanto mi veniva detto,
con la consapevolezza di sprofondare nei guai sempre di più.
Mauro tornò da scuola con i bambini, ed io sfoggiai un buon pranzo ed
un ottimo umore.
“Oggi mi vedo con una mia amica, faremo un po’ di shopping”
dissi.
“OK” mi rispose Mauro, “divertiti”.
Come? Così facile? Non aveva il benché minimo sospetto? Non mi aveva
nemmeno chiesto chi fosse la mia amica. Accidenti a lui. Fosse stato un
po’ più geloso, magari mi avrebbe messo con le spalle al muro, mi
avrebbe costretto a confessare ed in qualche modo ne saremmo usciti.
Niente da fare, dagli uomini non puoi mai aspettarti nessun aiuto.
Mi preparai con cura, alle 16 uscii di casa. Mezzora dopo ero davanti
all’ingresso della Boutique.
La Boutique era il negozio di alta moda più esclusivo della città. Da
ragazzina mi ero fermata a sognare davanti alle sue vetrine un sacco di
volte, cercando di immaginare come fossero i suoi saloni di prova.
Ora ero li, ed avrei voluto essere in qualunque altro posto. Feci un
respiro profondo, spinsi la maniglia ed entrai. Dentro era ancora più
meraviglioso di come me lo fossi mai immaginato.
Le stanze erano arredate in stile rinascimentale, i soffitti altissimi,
i pavimenti di marmo bianco e verde luccicavano. Provai un senso di
vertigine, quasi mi dimenticai perché ero li.
“Buongiorno Dottoressa, possiamo aiutarla?”.
Tornai immediatamente con i piedi per terra. Due ragazzine giovanissime
mi stavano sorridendo.
“So… sono la Dottoressa, devo provare il vestito del Conte”
balbettai.
“Io sono Maddalena” disse una ragazza “ed io Cecilia” aggiunse
l’altra.
Rimasi paralizzata. Erano due studentesse di mio marito, ne ero sicura,
erano venute a casa nostra qualche mese addietro per farsi consegnare
degli appunti. Le seguii a testa bassa, pregando che non mi
riconoscessero.
Mi fecero strada attraversando l’atrio. In fondo alla stanza
spalancarono un portoncino a due battenti, e mi fecero entrare in una
stanza un po’ più piccola, veramente splendida.
Era una stanza ovale, contornata da colonne di marmo verdi con decori
in oro. Al centro della stanza c’era un tavolo di cristallo.
Saldati ad un lato del tavolo c’erano due anelli metallici, e due
anelli identici erano fissati al pavimento, dall’altro lato del
tavolo.
Cecilia e Maddalena chiusero il portone.
“Prego dottoressa, si spogli”.
Mi ricordai che dovevo eseguire i loro ordini. Mi sfilai il vestito,
rimando impacciata in mutandine e reggiseno, perché non sapevo dove
appoggiare l’abito.
“Lo lasci pure per terra” disse Cecilia.
Appoggiai il vestito a terra, con le mani incrociate davanti al pube,
rossa di vergogna, terrorizzata dall’idea che mi riconoscessero.
“Tolga tutto Dottoressa”. La voce di Cecilia mi scosse come una
frustata. Sempre più imbarazzata mi tolsi il reggiseno e le mutandine.

Cecilia mi venne incontro, mi prese delicatamente per mano e mi
accompagnò al tavolo di cristallo.
Maddalena aveva estratto un bauletto da un mobile a muro, l’aveva
appoggiato sul tavolo ed aperto.
Il coperchio sollevato mi impediva di vedere cosa conteneva. Beatrice
passò a Cecilia due bracciali di cuoio, che mi fissò ai polsi con un
cinturino, ad ogni bracciale era fissato un anello metallico.
Beatrice mi fissò alle caviglie altri due bracciali simili, e con un
gancio simile ad un moschettone fissò le cavigliere al pavimento.
Cecilia mi spinse in avanti, facendomi appoggiare sul tavolo di
cristallo.
I capezzoli si indurirono subito al contatto con il freddo vetro, e
cominciarono a farmi male così schiacciati, mentre la ragazza mi
fissava i polsi agli anelli incastonati nel tavolo.
Realizzai di essere completamente in loro balia, non riuscivo a
muovermi, piegata a novanta gradi, completamente esposta. Cecilia mi
strinse una benda attorno agli occhi, e tutto si oscurò.
Il portoncino alle mie spalle si aprì, accompagnato dal rumore dei
passi di scarpe di cuoio che sbattevano sul pavimento.
“Cara Anna, eccoci qui… io sono il Conte”.
Riconobbi subito la voce. Era quella del Dott. Santacroce, il Chirurgo,
da poco in pensione, ed era effettivamente un Conte. Abitava nel più
bel palazzo del Centro. Mi ricordai di quando, neoassunta, lavoravo in
Pronto Soccorso e lo chiamai per una consulenza. Con fare bonario mi
mise una mano sulla spalla, chiamandomi cara; quello sguardo, quella
finta bonarietà, mi diedero fastidio e mi scostai con sgarbo. Erano
passati più di dieci anni, ma ero sicura che neanche lui si fosse
dimenticato dell’episodio.
“Dunque cara, sei qui per la visita”
riconobbi subito il rumore delle mani che calzavano dei guanti di
lattice. Con una mano mi scostò le grandi labbra, ed infilò due dita
dell’altra, rudemente, strappandomi un grido di dolore.
“Bene, completamente asciutta, fa piacere vedere che non sei una
sgualdrina. Cecilia, la crema!”
Sentii Cecilia armeggiare nel bauletto. Poi la sensazione di umido
sullo sfintere, ed un dito guantato che cercava di aprirsi il
passaggio. Istintivamente mi misi a contrarre i muscoli più che
potevo. Non volevo, no non volevo.
“Sei mai stata sodomizzata Anna?” non risposi, come potevo?
E poi il dito entrò, forzandomi lo sfintere, provocandomi un dolore
acuto, insopportabile. Mi lasciai sfuggire un gemito.
“No, evidentemente no. Bene. Questa è la parte che riserverai per
noi. Tuo marito non dovrà mai oltrepassare questo confine. Ricorda
bene che ti controlliamo continuamente, per cui non disobbedirci. E’
qui anche un amica, lascia che ti presenti Xena”.
“Ciao, troia, ti ricordi di me?”. La signora Solara! La mamma di
Gianluca, un compagno di classe di mio figlio.
Mi detestava, ed alcune malelingue dicevano che avesse cercato di farsi
mio marito. Mi odiava perché era gelosa di me, della mia professione,
della mia simpatia, e di mio marito.
Mi sentii rabbrividire. Ero infuriata, fuori di me per rabbia,
l’umiliazione cui ero sottoposta in quel momento. Non sopportavo
l’idea che quella donna che detestavo mi tenesse in suo potere a quel
modo.
“Devo ammettere che non si affatto male..” mentre diceva queste
parole mi appoggiò una mano sul sedere, facendomi fremere ancor più
di rabbia. Con il palmo della mano mi colpì sulla natica, la scostò
rudemente, ed infilò l’intero pollice attraverso lo sfintere, ancora
lubrificato dopo la “visita” del Conte. Istintivamente mi
contrassi, mentre Xena piegava il pollice, provocandomi un grosso
dolore grattando le pareti dell’ampolla con l’unghia.
“Basta così Xena” intervenne il Conte “deve superare prima la
prova”.
“Mi scusi signor Conte – il tono di Xena si fece pacato e
rispettoso – non succederà più. Anna, questa sera il tuo primario
ti telefonerà a casa, dicendoti che lunedì dovrai partire per il
congresso di Lisbona. Un corriere ti porterà il biglietto d’aereo
domenica mattina. Partirai lunedì mattina da Linate e tornerai
venerdì. Il programma dettagliato ti sarà consegnato assieme ai
biglietti, le istruzioni invece le riceverai via internet. Più tardi
Cecilia ti consegnerà un palmare molto sofisticato. Con quello ti
potrai collegare ovunque ti trovi in qualsiasi momento. Ora il Conte ti
farà un piccolo omaggio”.
Il Conte si mise ritto di fronte a me, mi prese il volto fra le mani,
lo alzò e mi tolse la benda. Davanti ai miei occhi stava il suo
membro, rigidissimo. Lo appoggiò alle mie labbra. Era inutile
resistere, socchiusi la bocca ed entrò. Cominciò a muoversi
rapidamente, ingrossandosi sempre più. Era veramente grosso, e si
spingeva fino in fondo alla gola.
Poi improvvisamente si bloccò, spingendo il membro il più in fondo
possibile. Mi appoggiò la mano sulla spalla e mi disse “Cara…”.
Avvertii un fremito, e poi un lungo fiotto caldo mi riempì la bocca.
Non potevo respirare, cominciai a deglutire disperatamente per trovare
aria. Il Conte si svuotò a lungo dentro di me, mentre il suo sperma
che non deglutivo mi colava fuori dalla bocca.
Ero spossata, stanca, arrabbiata e stavo per vomitare. Mi sentii tirare
la testa in alto per i capelli.
Xena, Maria Teresa il suo nome, mi fissava beffarda, con un ghigno
malefico. Stirò la bocca in una specie di sorriso e mi disse “sei
bellissima così, se potesse vederti tuo marito…”.
Poi tutto accadde improvvisamente. Xena incollò le sue labbra alle
mie, e cominciò a baciarmi, introducendo profondamente la lingua nella
mia bocca. Reagii istintivamente e la morsicai. Si ritirò di scatto, e
vidi una sottile linea di sangue sul dorso della mano che aveva usato
per pulirsi.
Mi fissò intensamente, stringendo le pupille “questa me la paghi!”
disse sibilando.
Voltò i tacchi e se ne andò.
“Eh cara Anna, l’hai fatta grossa – disse il Conte – Xena è
una molto vendicativa. Bene, ragazze, liberate la dottoressa e
accompagnatela in bagno”.
Maddalena e Cecilia mi liberarono polsi e caviglie, mi formicolava
tutto e non riuscivo quasi a camminare. Gentilmente mi sorressero e mi
accompagnarono al bagno, dove tutto era predisposto. Una vasca
d’acqua calda mi aspettava. Mi immersi lasciandomi cullare
dall’idromassaggio.
Maddalena e Cecilia mi asciugarono e mi rivestirono. All’uscita mi
consegnarono una borsa di carta, contenente un vestito “altrimenti
cosa dirai a tuo marito, se vai a fare shopping devi comprare qualcosa.
Ecco questo è il vestito del Conte. Salutaci tuo marito, digli di
trattarci bene quando ci interroga”.
Mi sorridevano come due troiette perfide. Anche loro volevano la loro
parte in questa storia. Maddalena mi allungò una specie di telefonino
“tenga, si diverta”.
Quella sera stessa telefonò il primario.Prese la chiamata mio marito.
Gli disse che dovevo partire lunedì per un importante congresso
internazionale. La mattina dopo, puntuali, mi furono recapitati a casa
il biglietto aereo e l’iscrizione al congresso.

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