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Racconti di Dominazione

Sessione con Max

By 5 Giugno 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Vieni avanti’ lo invito con voce ferma, ad entrare in casa.
Max, avanzando come un automa, oltrepassa la soglia chiudendo la porta dietro di sé.
Resta immobile, cerca inutilmente di darsi un tono provando a sistemarsi il collo della camicia. Con la coda dell’occhio mi cerca ma non osa spostare lo sguardo verso di me. Sa che non deve, sa che ogni movimento sbagliato, ogni sua azione non richiesta verrebbero punite severamente.

E’ il nostro primo incontro. La sua prima sessione con me, che sono entrata nella sua inutile esistenza da poche settimane. Ricordo ancora quanto fossero insistenti le sue suppliche tanto che avevo quasi deciso di non considerarlo più fino a che, leggendo la mia posta elettronica, fui incuriosita dall’oggetto di una mail: ‘Dedico a Lei le mie pene’, quindi aprii l’allegato e si visualizzarono sul mio monitor due ginocchia imbrattate di sangue. Stuzzicata lo contattai e nei giorni successivi mi raccontò di essere rimasto genuflesso su un tappeto di ortiche per più di un’ora e quando il prurito era diventato insopportabile aveva iniziato a grattare, tanto da far sanguinare le vesciche che si erano formate.
Che altro potevo fare se non inserirlo nel mio harem? ‘Prometteva bene il giovane sottomesso.’ ricordo di aver pensato.

Schiocco le dita per riportarlo nella realtà e gli faccio cenno di avvicinarsi alla mia poltrona, lui avanza mantenendo lo sguardo verso il basso. Riesco a percepire lo stato di annullamento a cui sta per cedere la sua psiche. Sorrido maliziosamente mentre lascio cadere accanto ai miei piedi un collare di pelle nero con delle borchie argentate, oggetto al quale sono particolarmente affezionata da quando lo schiavo che lo indossava prima di lui, nell’unico giorno in cui gliel’avevo rimosso, si era fatto tatuare il mio nome al suo posto, come segno di eterna sottomissione.

Max sembra comprendere l’importanza del mio collare-feticcio e si china per raccoglierlo. Ma mentre sta per sollevarlo gli metto la mano sulla testa e spingo fino a fargli toccare la punta del mio decollet&egrave. Gli afferro i capelli con forza così da avere una migliore presa e spingergli il viso con decisione verso il pavimento. Lui bofonchia un grazie. ‘Ricordati che mi devi obbedienza, sto per metterti il mio collare e so che farai di tutto per tenerlo al collo il più a lungo possibile’ gli sussurro mentre ha il muso appiattito contro il pavimento di marmo nero. Lo cingo attorno al suo collo mentre lui mi agevola il movimento raddrizzandosi sulla schiena. Lo allaccio e mi alzo. Vado verso il mobile bar che &egrave dall’altra parte della sala e lo conduco con me tenendolo per il collare costringendolo a camminare carponi. Gli impongo di spogliarsi mentre torno verso la mia poltrona. Osservo quello strip improvvisato. Si sta sbottonando la camicia quando mi accorgo di aver lasciato la bottiglia sul tavolo. ‘Versami da bere, servo, prima di denudarti completamente.’ Esegue. ‘Torna vicino al mobile e continua a toglierti i vestiti.’ intanto accavallo le gambe per sistemarmi la gonna.

E’ la prima volta che si trova di fronte ad una vera Mistress. Il suo viso si arrossa leggermente quando si toglie anche gli slip e resta nudo come un minuscolo verme di fronte alla sua agognata domina.
‘Ora torna nella tua posizione originale, quella che più si addice ad un cane come te.’ gli suggerisco senza temere replica. Accenna un sorriso, si accuccia e si mette in attesa, felice di essere finalmente al suo posto. Inspira silenziosamente e intensamente per raccogliere le sue energie, sa che da questo momento avrà un unico compito. Attendere i miei ordini.

2

Sento che sarà una serata molto interessante quella che ci aspetta. L’atmosfera &egrave quella giusta. Lui sembra perfettamente a suo agio in quella scomoda posizione. Ma voglio sentirglielo dire per cui gli sussurro con forse troppa gentilezza: ‘La tua esistenza ha senso solo in momenti come questo.’ ma il verme invece di rispondere ‘Sì, Signora’ si limita ad annuire chinando il capo.
Questo atteggiamento così poco rispettoso mi irrita per cui lo sollevo afferrandolo per i capelli e gli mollo uno schiaffo colpendolo con violenza sulla faccia. Lui esterrefatto mi guarda negli occhi giusto il tempo per pentirsi di aver osato tanto perché uso la mano con cui gli tenevo i capelli per colpirlo con un manrovescio più potente del primo.
‘Hai osato guardarmi, inutile verme’ gli urlo con rabbia. Lui abbassa lo sguardo e finalmente mi ringrazia.
‘Troppo tardi, maiale’ gli dico girandogli intorno e con un calcio sul sedere lo sbilancio in avanti, senza dargli il tempo di ritrovare la posizione, gli pianto il piede sul gluteo premendo per farlo atterrare ma lui oppone resistenza, sicuramente istintiva e non calcolata, ma per schiarirgli le idee e fargli capire chi &egrave che comanda, comincio a fare forza sul mio tallone così da infilargli il tacco a spillo da 12 cm nella carne. ‘Ah’ mugugna lui e per alleviare il dolore &egrave costretto a distendersi lungo il pavimento.
‘Ora mi farò una passeggiata su di te’ ridacchio mentre, puntellandomi alla spalliera della poltrona, cerco l’equilibrio sulla sua schiena.
‘Il tuo sogno &egrave quello di essere il mio tappeto umano?’ gli chiedo mentre faccio un passo avanti su di lui. ‘Sì, Signora, Lei mi onora per avermi scelto come Suo tappeto’ risponde a denti stretti, cercando di controllare il dolore e stavolta, la sua risposta &egrave puntuale. ‘Senti di essere ridotto a nient’altro che uno stuoino su cui io posso passeggiare?’
‘Lo sento, Signora’ risponde con voce contratta.
Mantenendo l’equilibrio mi sfilo una scarpa e la allungo sul suo collo, tolgo anche l’altra che lascio scivolare tra i suoi glutei quindi passeggio sul suo dorso, scendo poggiando i piedi parallelamente sulle sue gambe e poi sui polpacci. Risalgo, mi dirigo verso la testa e dopo aver superato le scapole punto un piede sul collo e simulando un massaggio spingo verso il basso, lentamente. Max emette un colpo di tosse, forse per avvertirmi che di lì a poco sarebbe svenuto a causa del mio inaspettato tentativo di strangolamento.
Allento la spinta del piede dicendo: ‘In questo preciso istante la tua vita &egrave nelle mie mani, posso decidere di liberarti dalla tua insulsa vita oppure posso decidere di assoggettarti per sempre.’ e ricomincio a spingere senza aspettare la sua replica. Sento sotto la pianta del mio piede i muscoli del suo collo prima allungarsi, poi appiattirsi contro il pavimento nel disperato tentativo di inspirare. Allento nuovamente la pressione per dargli modo di rispondere. ‘Padrona, io sono una sua proprietà’ riesce a dirmi con un fil di voce a causa della pressione il mio piede sul suo collo. ‘Bene, allora decido di tenerti in vita ma solo per assoggettarti completamente a me’.
Scendo dal suo corpo e tirandolo per il collare lo costringo ad assumere la posizione iniziale così da usarlo come sgabello quindi mi siedo in poltrona, sorseggio il mio whisky e allungo le gambe sulla sua schiena, rilassandomi fino ad addormentarmi.

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