Skip to main content
Racconti di Dominazione

Sono sempre andata fiera dei miei seni

By 22 Gennaio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Ciao a tutti, mi chiamo Paolo e questa &egrave una storia che ho scritto insieme ad una ragazza con cui corrispondo via e-mail da ormai un po’ di tempo. Lei si chiama Lorenza, ha 23 anni e lavora in un ufficio. E’ abbastanza alta ma un po’ fuori peso, ha capelli castani ricci e occhi verdi, porta una bella quinta ed ha un sedere forse un po’ troppo grosso, ma tutto sommato &egrave abbastanza piacente.

//////////////////////////////////////////////////
Ho sempre avuto rapporti nella norma, niente di esaltante, ma avevo molte fervide fantasie in ambito sessuale che mi sarebbe piaciuto realizzare. Così un giorno cominciai a massaggiare con te, conosciuto su internet quasi per caso e, alla tua richiesta di qualche foto da nuda, decisi di mandarti una decina di foto delle mie tette. Aspettavo trepidante un tuo commento sulle foto quando invece mi arrivò un tuo messaggio del tutto inaspettato ‘belle foto, troia…se non vuoi che le vedano tuo fratello e i tuoi genitori, trovati davanti alla stazione fra 40 minuti e vestiti in modo provocante.’. Rimasi una decina di minuti impietrita a fissare il cellulare, non ci capivo più niente…Perché? Come facevi a conoscere la mia famiglia? E se invece non era vero, era tutta una balla?
Decisi poi che era meglio non rischiare, mi fiondai verso l’armadio e tirai fuori tutti i vestiti che avevo…Presi un reggiseno di una taglia più piccola, avevo letto in un racconto che così i seni ballavano molto sensualmente ad ogni minimo movimento. Poi cercai un perizoma fra le mutande, ma niente, non ne avevo neanche uno…Solo quelle che le mie amiche chiamavano ‘le mutandone della nonna’, anche se in realtà erano mutande normalissime. Presi poi una camicetta ed una gonna, la più corta che avevo ma che comunque arrivava poco sopra il ginocchio. Mi sono vestita e, infilati gli stivali, sono corsa fuori di casa. Sì, i seni ballavano molto di più, ma il reggiseno mi dava molto fastidio.
Arrivai davanti alla stazione col fiatone ma puntuale, mi abbottonai la camicetta meglio e mi guardai intorno alla ricerca di qualcuno che potessi essere tu. Poi ho sentito la tua voce, profonda, sensuale, dietro di me. ‘Questo sarebbe vestirsi provocante?’ Il tuo tono sprezzante mi fece rabbrividire. Mi girai di scatto ma subito mi arrivò una sberla, forte, decisa. ‘abbassa lo sguardo. D’ora in poi sono il tuo Padrone, a meno che tu non voglia che la tua famiglia veda le belle foto che hai fatto per me…’. Con lo sguardo rivolto verso il terreno annuii ‘Va bene, Padrone’. Quindi vidi le tue mani che mi sbottonavano la camicetta fino a quando i seni mal coperti quasi non uscirono dalla scollatura. Poi mi hai preso i lembi della gonna e li hai sistemati in vita, così che ora avevo una minigonna che arrivava a coprire a malapena il mio sedere.
‘Entra in macchina’ mi hai ordinato aprendomi la portiera e spingendomi verso il sedile. Poi ti sei seduto di fianco a me, al volante e hai messo in moto. Non so per quanto tempo girammo per le strade, andando verso la periferia. Ad un certo punto hai fermato la macchina e mi hai ordinato di scendere. Non ricordo niente di quello che vidi mentre mi conducevi nel tuo appartamento, so solo che ad un certo punto mi ritrovai in una grande stanza al cui centro stava un lungo tavolo accerchiato da cinque o sei sedie. Appoggiato ad una parete c’era un divano ed all’altra parete vidi un grosso armadio, chiuso.
Ti sei seduto sul divano, e mi hai squadrato per una decina di minuti, in silenzio, poi hai fatto un cenno con la testa. ‘spogliati, scema’.
Lentamente mi sono sbottonata la camicetta, ero terrorizzata, non sapevo cosa fare. Eppure sentivo un fuoco in mezzo alle gambe, nonostante tutto mi stavo eccitando…Lasciai cadere l’indumento a terra e poi mi chinai per togliermi gli stivali. Mentre ero in questa posizione tu potevi vedere benissimo le mie tette che sembravano stare per uscire dal reggiseno. Quindi ho fatto scendere la gonna a terra e sono rimasta immobile…Non volevo, non potevo togliere anche il resto.
‘Tutto’ hai ordinato perentorio.
Con lo sguardo sempre abbassato mi sono slacciata il reggiseno e l’ho buttato per terra. Il mio viso era in fiamme mentre tu ti alzavi e io facevo scendere le mutande. Ti sei avvicinato a me ed hai cominciato a palparmi i seni e a soppesarli, come se dovessi comprarli.
‘Ma che belle tette, troia…Sembrano fatte apposta per fare una spagnola…’hai commentato mentre mi giravi intorno. ‘Però! Che culone, grassona!’ Stranamente mi sono sentita un brivido d’eccitazione divampare per tutto il corpo, partendo dalla mia parte più intima.
‘inginocchiati, troia.’
Così ho fatto, mi sono messa in ginocchi mentre tu ti dirigevi verso l’armadio, l’aprivi e ne tiravi fuori qualcosa. Poi ho capito cosa avevi preso. L’ho capito quando mi hai bruscamente afferrato una tetta e hai appeso una molletta al capezzolo, di quelle che servono per stendere i panni. Ho urlato ma prontamente &egrave arrivato un tuo schiaffo a zittirmi.
‘Non apri bocca se non quando te lo chiedo io, capito schiava?’
‘S-sì…’
‘Sì? Chi sono io?’
‘Padrone…Sì, Padrone…’
Quindi anche l’altro capezzolo &egrave stato stretto nella morsa di una molletta ed io a stento trattenni un gemito. Mi hai poi afferrato per i capelli e mi hai condotto verso una parete, io camminavo a fatica sui ginocchi e tu camminavi veloce, tirandomi per i capelli. Volevo pregarti di rallentare, ma non riuscivo a parlare, avevo troppa paura. Ad un certo punto ti sei fermato, mi hai sistemato con la faccia al muro, sempre in ginocchio, ed hai legato i miei polsi ad un anello in alto, che prima non avevo notato. Rimasi ferma in quella posizione per non so quanto tempo. Probabilmente minuti, ma mi sembravano ore. Ti sentivo lambiccare con qualcosa ed un senso di impotenza mi aveva colto. Cosa potevo fare io contro di te? Tu potevi farmi tutto, non avrei potuto ribellarmi in alcun modo.
Improvvisamente, inaspettato, sentii un dolore lancinante sul sedere. Urlai d’istinto e ci misi un attimo a realizzare: avevi in mano una frusta.
‘Troia ti ho detto che non devi parlare…’ subito arrivò un altro colpo, io inarcai la schiena senza però fiatare ‘ Adesso lo puniamo un po’ questo culone di merda, eh?’ un’altra sferzata, forte, precisa. Poi un’altra ed un’altra ancora. Non le contavo più. Ad ogni colpo mi mordevo le labbra per non urlare ed inarcavo la schiena a più non posso. Il mio sedere doveva ormai essere solcato da numerose righe rosse quando ti fermasti.
///////////////////////////////////////

continua, per commenti e critiche scrivete a paolopadrone76@yahoo.it

Leave a Reply