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Racconti di Dominazione

Stockholm syndrome

By 9 Novembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Galleggiare’ si’ galleggiare.
Una sorta di fusione tra i palloncini di ‘IT’ e i corpi del film ‘Coma profondo’.
La sensazione &egrave proprio quella di fluttuare sospesa a pelo dell’acqua, solo vagamente conscia di stare sognando.
Nel sogno il sole che mi colpisce la faccia &egrave molto caldo. Ho gli occhi chiusi, per proteggerli dal riverbero della luce che si riflette nella distesa verde/blu che odora di salmastro e sabbia.
L’acqua invece &egrave fredda, molto fredda. Mi inturgidisce i capezzoli. Sono immobile e il vago dondolio che segue il mio corpo sospinto dal placido moto ondoso, mi procura una sensazione di nausea.
Ho come l’impressione di essere due entità distinte che coabitano nella stessa persona.
Da un lato, nel sogno, non voglio staccarmi da quella che pare essere una realtà in cui non ho alcun pensiero, alcun problema.
Dall’altro, la parte razionale della mia mente mi sospinge irrimediabilmente verso il risveglio.
Non riesco a decidere quale parte di me devo ascoltare. So solo che l’acqua sta diventando davvero fredda. Mi rendo conto che dovrei muovermi un po’, giusto per scaldarmi, giusto per strappare ancora qualche istante a quel rilassato benessere della mia incoscienza. Ostinatamente serro gli occhi, come se questo bastasse a tenermi ancorata al mio sogno’
Poi una pungente sensazione mi costringe a spalancarli di soprassalto, riportandomi al presente da uno stato di torpore che io stessa faccio fatica a riconoscere.
E’ buio pesto attorno a me. Non focalizzo il posto in cui sono. Mi rendo solo conto di essere distesa e nuda e di avere realmente freddo. La testa mi pulsa leggermente, ma in modo constante e la cosa mi infastidisce non poco, dato che rende meno lucido il mio pensare.
Mi brucia l’occhio sinistro, come dopo un lungo pianto. Cerco di avvicinare la mano per strofinarlo, ma nell’esatto istante in cui muovo la spalla, una fitta dolorosissima si irradia dalla scapola fino ai lombari, in una scossa bollente e improvvisa.
Non riesco a portare la mano al viso. Il braccio sembra immobile, come di pietra, come fosse un’entità staccata dal resto del corpo.
Mi rendo conto con un filo di preoccupazione che riesco a spostarlo solo di pochi centimetri e subito, il primo pensiero &egrave che qualche arcano lo possa aver paralizzato.
‘Poco male, tanto &egrave il sinistro’ penso malignamente.
La cosa inaspettatamente mi increspa le labbra all’insù, in un sorriso amaro e ironico che in altre situazioni avrei trovato paradossale.
Provo nuovamente ad avvicinarlo.
Altra pungente scossa.
Ruoto leggermente il bacino verso sinistra. Le cosce sembrano appiccicate, come dei residui di un sudore ormai raffreddato e sgradevole. Mi duole un’anca.
La sensazione di disagio sale, più che altro perché al buio, infreddolita, semi-bloccata e sola, non ho praticamente il minimo controllo della situazione.
Lentamente, molto lentamente gli occhi iniziano ad abituarsi all’oscurità pressoché totale, mentre gli altri sensi si acuiscono.
Percepisco dei sottili rumori cui prima non avevo fatto caso. Contemporaneamente inizio a distinguere alcune vaghe sagome scure.
Alla mia destra c’&egrave quello che, se la memoria e la logica non mi ingannano, dovrebbe essere un grande armadio, mentre a sinistra il buio &egrave più impenetrabile. Deduco quindi che la stanza si sviluppi proprio in quella direzione.
Un leggerissimo soffio sul collo. Cadenzato. Regolare. Continuo. Come un respiro.
E’ un respiro. Il suo.
Giro la testa a destra e immediatamente scorgo il suo profilo. Deve essere addormentato, coperto solo da un sottile lenzuolo. Lo capisco perché la massa scura al mio fianco non ha i contorni ben definiti.
Mi chiedo con una smorfia alla bocca come mai lui sia coperto e io no.
La testa continua a pulsare, ma sento che in qualche modo sta anche iniziando velocemente a mettere in fila i ricordi di quelle ultime confuse ore.
E a poco a poco qualcosa dai reconditi della mia mente, riemerge.
D’un tratto a destra si accende un bagliore intermittente. Mi volto repentina verso la luce e istintivamente cerco di cogliere, nelle frazioni di secondo in cui la stanza diventa meno tetra , il maggior numero di dettagli; primo su tutti, cosa sia quel fulgore.
Questo particolare mi risulta subito chiaro. E’ il cellulare, lasciato in silenzioso, che si illumina per una chiamata in entrata.
Cerco di sollevare almeno le spalle e di nuovo quella fitta bruciante mi pervade la scapola fino alla schiena. Ma stavolta &egrave sufficiente. Vedo il laccio al mio polso sinistro che termina alla colonnina del letto e tutto improvvisamente mi colpisce come una secchiata d’acqua gelida.
Ricordo in un mulinello vorticoso di immagini ogni cosa.
La sala d’attesa non &egrave molto gremita. ho giusto un paio di persone prima di me. Altri futuri passeggeri del diretto Venezia-Roma sono placidamente seduti sulle scomode seggiole allineate nella maniera più anonima immaginabile. In un angolo della sala una coppia si sta scambiando effusioni da circa 20 minuti. Forse lui, o forse lei , tra poco meno di mezz’ora dovrà salutare la propria dolce metà per un tempo che non mi &egrave dato di conoscere.
Dal modo in cui lui la bacia, tenendole il volto con una mano, mentre con l’altra le stringe il gluteo, mi vien da pensare che resteranno senza vedersi almeno un mese, tanta &egrave la foga con cui i due sembrano volersi reciprocamente imprimere nei rispettivi corpi, i propri odori, il gusto delle loro bocche.
Lei gli passa le mani nei capelli e gli si avvicina all’orecchio e gli sussurra qualcosa, ridendo.
Poi gli morde il lobo e gli bacia il collo, scivolando con le mani lungo la sua schiena, avvinghiandosi e premendo il pube contro quello di lui, che indietreggia fino a toccare il muro, con un lieve moto di sorpresa.
Un leggero pizzicore mi pervade la nuca. Mi giro di scatto, presa da un sottile imbarazzo.
Sempre senza sollevare lo sguardo penso che in un certo senso invidio in quella ragazza lo spirito di iniziativa. Il mio carattere, diametralmente opposto, non mi avrebbe mai consentito di ‘osare’ tanto, nei confronti del mio ipotetico compagno.
La fila davanti a me avanza di un altro passo. Mi chiedo chi me lo faccia fare di sorbirmi per l’ennesima volta più di tre ore di sudore e umori altrui, inutili chiacchiere e cicalecci infantili, quando in circa un terzo del tempo, con un aereo sarei bella e arrivata. Poi ricordo che io non volo.
Una voce alle mie spalle mi fa sussultare.
‘Mannaggia agli aerei, ai treni, agli scioperi e alla gente che racconta le proprie cazzate quando &egrave il suo turno!’
Sembra indispettita.
Mi giro istintivamente e aggrottando le sopracciglia assumo l’aria più gentile e divertita che mi riesce nei confronti di quel bell’uomo che ha appena sbuffato dietro di me.
‘Purtroppo viaggiare &egrave per chi non ha fretta’ rispondo sorridendo.
Lo guardo. E confermo la prima impressione. E’ un bell’uomo, sulla cinquantina, forse qualcosa meno.
E’ vestito elegantemente. Pantaloni scuri perfettamente stirati, giacca in tinta, camicia bianca con collo alla coreana, stretto cravattino scuro, forse in seta.
E’ parecchio più alto di me, capelli scuri, mossi, lunghi fin quasi le spalle, barba non fatta da un paio di giorni che gli conferisce un non so che di ‘stanco’.
Porta gli occhiali da sole scurissimi e anche se non voglio, non riesco a distogliere lo sguardo da quella bella figura che mi si staglia davanti.
‘Perché tu ne hai di fretta?’ mi dice. La sua voce &egrave calma, profonda, calda.
Nel pormi questa domanda noto che stringe per un attimo il manico della valigetta che tiene a destra.
‘Beh, diciamo che avrei dovuto prendere il prossimo treno, ma dato che nessuno mi aspetta, dove devo arrivare, anche se prendo quello successivo, o quello dopo ancora, il mio Karma non si indispettisce’ rispondo. E subito mi chiedo da dove io possa mai aver tirato fuori una frase del genere.
‘Oh beh, allora dato che il mio di Karma si deve essere indispettito parecchio, io oggi lo faccio fesso. Ti va se mentre aspettiamo che i nostri destini abbiano finito di farsi le seghe mentali, ti offro qualcosa? ‘
Prendere o lasciare.
Una consapevolezza che mi sferza in un botto.
La mente inizia a turbinare.
Bell’uomo. Bella voce. Viaggio. Treno. E’ il mio turno. Ma si, &egrave solo un quarto d’ora. Ragazza che prende l’iniziativa. Treno. Bell’uomo. Viaggio. Ragazza. Treno. Il mio turno. Bella voce. Bell’uomo. Un quarto d’ora. Treno successivo. Tocca a me.
Confusione, confusione totale. Un braccio tirato verso i miei progetti iniziali. Un braccio tirato verso l’occasione di bearmi almeno la vista e l’udito, seppure per pochi minuti soltanto.
Mi viene in mente e non so perché quando mia madre mi parafrasava una delle superstizioni più simpatiche della sua giovinezza. Mi diceva che le ragazze da maritare tenevano tra le mani un osso di pollo e lo tiravano, una da un lato e una dall’altro. A chi rimaneva la parte più grande, sarebbe toccato di sposarsi entro l’anno.
Tiro mentalmente le mie braccia nelle due direzioni opposte. Dove rimane attaccata la testa, vado io.
Bell’uomo.
Sono così precipitosa che non considero nemmeno i motivi che possano aver spinto un perfetto sconosciuto a abbordarmi in una maniera tanto banale, né tantomeno quali possano essere i miei, di motivi, a tornare indietro di 25 anni e sentirmi una adolescente alle prese con le prime cottarelle amorose.
Non &egrave da me, ma ‘Solo un caff&egrave e senza zucchero.. sa.. la linea..’ .
Sorrido imbarazzata all’annoiato impiegato della biglietteria e mi lascio prendere sottobraccio dalla mia scelleratezza.
Cosa fatta capo ha.
Mentre salgo le scale luminose e pulite del palazzo antistante la stazione, mi rendo conto di quanto io sia stata avventata ad accettare una simile proposta. Eppure il cuore non la smette di battere freneticamente, facendo assumere al mio respiro un ritmo irregolare e pesante. Il fiato inizia a farmisi corto e solo quando ci fermiamo davanti a una porta blindata senza nessun nome sulla targhetta, né sul campanello, riesco a inspirare profondamente. Il gesto mi procura al petto una morsa d’ansia, come un macigno.
Non che io non sappia cosa sono venuta a fare li, ma lo stesso una vaga inquietudine mi serpeggia nelle vene, regalandomi a tratti un malessere freddo e fremente nel contempo.
L’effettivo caff&egrave che avevo preso con quel tipo solo pochi minuti prima mi era servito solo per chiarirmi dove davvero volesse arrivare.
Eravamo stati solo pochi minuti appoggiati al bancone del bar, eppure in quel breve lasso di tempo , lui era riuscito a levarsi gli occhiali da sole e inchiodarmi con due perle nere e profonde che non mi avevano lasciato scampo.
Aveva parlato pochissimo di sé, aveva accennato a qualcosa del tipo ‘lo spirito &egrave pronto ma la carne &egrave debole’, ma francamente non posso garantire ora cosa abbia effettivamente detto.
Le sue movenze però parlavano per lui.
Mentre parlava sottovoce si mordicchiava il labbro inferiore e spostava di lato la testa, facendo ricadere sulla fronte alcune ciocche scure.
A tratti facevo fatica a seguire il filo dei suoi pensieri, al punto che istintivamente mi veniva da avvicinarmi al suo viso, per meglio cogliere le sfumature della sua voce. Sentivo distintamente il profumo amaro e un po’ legnoso che portava e l’alito, che sapeva vagamente di fumo.
Dettagli che, per quanto mi sforzassi di rimanere con i piedi per terra, non potevo non trovare conturbanti.
Qualcosa dentro il mio stomaco si ostinava a non stare fermo.
Nemmeno ora, pur intimamente conscia di stare cacciandomi nei guai.
Non sono mai stata una persona ‘cedulona’ o ‘facile’, anzi, avrei un carattere piuttosto diffidente e questo spontaneo sbilanciarmi mi lascia un po’ confusa.
So solo che quando mi ha serrato la mano al polso, chiedendomi (ordinandomi??) di fidarmi e di seguirlo, le gambe hanno vacillato di poco, mentre un calore intenso andava diffondendosi in tutto il mio corpo, premendo con più forza tra stomaco e pube.
La chiave del portone gira nella serratura senza fare il bench&egrave minimo rumore.
L’appartamento &egrave immerso nella penombra, sebbene siano solo le 15 del pomeriggio. Merito delle pesanti tende scure che coprono le ampie finestre.
L’uomo al mio fianco, che non si era nemmeno preso la briga di dirmi il suo nome (né io l’avevo chiesto, a dire il vero) &egrave diventato improvvisamente muto.
Lo vedo togliersi la giacca e appenderla con cura maniacale al pomello attaccato al muro.
Poi tocca alla cravatta, che finisce sopra la giacca. Infine, con un gesto di una lentezza quasi esasperante si allenta i primi due bottoni della camicia immacolata.
‘ Il resto tocca a te’ mi intima.
Per la prima volta da che lo conosco lo guardo bene.
La prima impressione non cambia. Quella estetica. E’ davvero un uomo accattivante. Ma ora ( e soltanto ora) gli noto una luce perfida negli occhi scuri. Inizio a sospettare che nelle sue intenzioni non ci sia solo una ‘normale scopata’.
Ho improvvisamente freddo, più di prima. Eppure dentro casa il riscaldamento deve essere acceso, perché il gelo che mi affiora alla pelle arriva per forza da dentro.
Appoggio una mano alla sua cintura. Cercando di simulare una calma che inizio a non avere più, la slaccio.
Con l’altra mano apro il bottone dei pantaloni e infilo una mano lungo la zip, con l’intento di aprirla facendo scendere il polso. Lentamente.
Nel punto in cui il mio palmo incontra il suo cazzo, percepisco immediatamente quanto sia eccitato. E’ turgido come il marmo. Involontariamente mi fermo.
Probabilmente lui lo deve aver preso come un gesto di desiderio, perché ha un mezzo sussulto, mentre chiude gli occhi.
Io invece mi ero fermata per una soggezione improvvisa che stava allontanando da me ogni traccia di quella forzata sicurezza che mi ero imposta.
La sua reazione &egrave repentina e mi sorprende a tal punto che non riesco in alcun modo a difendermi.
Mi circonda con le mani i fianchi, incrociando le braccia dietro la mia schiena e stringe forte il mio corto vestito di lana morbida. Poi in un gesto quasi violento e del tutto in contrasto con la calma di pochi istanti prima, me lo sfila da sopra la testa. Poi lo fa cadere a terra.
Un orecchino resta impigliato nella trama dell’abito. Lo strappo mi procura un dolore bruciante e momentaneo, malo stesso no riesco a trattenere un gridolino.
‘Ahi!’
La sua mano sudata mi copre la bocca e il naso. Non ho fatto a tempo a prendere il respiro e mi par di soffocare.
‘Zitta. Zitta davvero’ mi alita addosso. ‘Ti ho detto di finire di spogliarmi. E non di perdere tempo’. L’odore fumoso che fino a pochi istanti prima avevo trovato quasi eccitante, d’improvviso mi appare lugubre e minaccioso.
Con mano tremante sbottono la camicia e gliela faccio scendere dalle spalle, cercando di controllare il respiro che si sta facendo affannoso.
Non indossa nulla sotto la camicia, se non un corpetto aderente che mette in risalto gli addominali piuttosto ben scolpiti. Gli sfilo anche quello.
Noto subito una lunga cicatrice bianca che gli attraversa il bacino, serpeggiando lungo il fianco sinistro.
‘Che.. non avrai mica paura di un uomo che &egrave stato accoltellato perché si stava scopando una donna già fidanzata?’ Il suo ghigno &egrave oscuro, tetro. Non c’&egrave più nulla di quel calore morbido di un’ora prima.
Mi afferra letteralmente come un sacco di patate, stringendomi con entrambe le braccia la vita e sollevandomi da terra, portandomi all’altezza del suo petto.
Stringe davvero forte, mi fa male un fianco.
Non ho neanche la forza di protestare o di tentare una ribellione.
Mi conduce in una grande stanza alla sua sinistra. Il letto &egrave sfatto, le coperte sono buttate ai piedi del letto in maniera scomposta. La grande porta finestra illumina per qualche momento tutto l’attorno. Faccio appena a tempo a notare due lunghi nastri di seta blu attaccati alle colonnine di testa del letto.
Poi mi sento scaraventare sul materasso gelido.
L’uomo davanti a me mi guarda di sbieco, poi infila le mani dentro l’elastico dei miei slip e dei miei collant e me li sfila con rabbia, strappandoli.
Il piercing all’ombelico si impiglia nel pizzo delle mutandine.
‘Ancora???’ penso con orrore.
Il dolore dello strappo, stavolta &egrave più netto. Sembra una spada affilata che mi si pianta dritta nel ventre. Mi si mozza il respiro. Non ho la forza di gridare.
‘Levati quel cazzo di reggiseno, muoviti’ sibila.
Mentre io armeggio col gancetto, lo vedo che si toglie i pantaloni e i boxer stretti, ammucchiandoli sopra le mie calze, ormai inservibili.
Rimango completamente nuda e così pure lui.
Non posso non ammettere che oltre a un bel viso, fisicamente &egrave davvero fatto bene.
La piega dell’inguine, che termina nel pene ingrossato &egrave sensuale e eccitante.
Mi maledico per quei pensieri malati.
‘Dammi i polsi, avanti’
Riluttante, ma con in fondo allo stomaco uno sfarfallio incontrollato, gli porgo le braccia.
Malamente mi stringe la mano destra e contemporaneamente afferra il nastro alla colonnina corrispondente.
Poi lega con un doppio nodo il polso. Sono bloccata. Istintivamente tiro la mano a me. Non si schioda. I nodi sono piuttosto resistenti. anzi, sembra che quanto più io tiri, tanto più il laccio si attorcigli su sé stesso, in una morsa che solo un colpo di forbici potrebbe sciogliere.
Riserva lo stesso trattamento anche al polso sinistro, tenendo però il nastro di di qualche centimetro più corto.
Sono praticamente bloccata, in maniera asimmetrica. Tento un’altra volta di muovermi e liberarmi. La spalla sinistra fa una strana torsione e la clavicola schiocca. Fuoco.
Realizzo solo in quel momento che anche volendo non avrei in alcun modo scampo.
Un filo di sudore gelido mi scende dalla fronte. Mi rendo conto con orrore che laddove la mia mente sta ribellandosi a quel rapporto che sta assumendo i contorni di una violenza, il mio corpo quasi la ‘desidera’. Il pensiero alimenta un brivido alle spalle e alla schiena, mentre percepisco che mi sto bagnando proprio lì’ alla fica.
Tento una vaga protesta ribelle. ‘Per favore.. i lacci non sono necessari’
‘A te forse, a me si’ Mi sogghigna di rimando.
Mi sale sopra e con il ginocchio mi costringe ad allargare le cosce.
Poi mi si stende a fianco e mentre languidamente struscia il pube contro la mia anca, mi entra con violenza con la mano nella fica, lasciando fuori soltanto il pollice, con il quale mi accarezza insistentemente il clitoride. Poi stringe forte la mano a pugno. La estrae velocemente e mi assesta deciso uno schiaffo che mi fa bruciare d’improvviso fino alla zona perianale.
Il dolore non &egrave poi incontrollabile. Almeno non quanto la paura che mi sta facendo vibrare ogni muscolo.
Cerco di ragionare.
I suoi movimenti lo stanno nuovamente eccitando. Contro l’anca mi preme il suo cazzo duro.
Contrasto con la volontà, l’istinto di pensare che sia tutto sommato anche una sensazione piacevole.
Fuori il cielo si deve essere rannuvolato. La luce che c’era nella stanza &egrave improvvisamente calata. Inizio a non distinguere più i dettagli.
L’uomo si solleva su un fianco e mi sale sopra. Mi guarda fisso negli occhi senza parlare. Poi fa cadere nelle mie labbra dischiuse e ansimanti una grossa bolla di saliva.
Infine mi morde la base del collo. Forte. Poi succhia dove ha morso. Infine morde nuovamente.
Il peso del suo corpo sul mio &egrave opprimente, quasi non riesco a respirare.
Sono completamente in balìa della sua volontà. Non posso muovermi. Ho l’aspro gusto della sua saliva sulla bocca e inoltre inizio a percepire l’odore acre del suo sudore e del sesso.
Ho l’istinto un po’ atavico di proteggermi e di fuggire, ma nel contempo quegli occhi scuri e minacciosi hanno il potere di soggiogarmi.
Senza proferire una sola parola e senza che nemmeno io abbia il tempo di rendermene conto, lui si solleva dal mio corpo e strizzandomi un capezzolo scende con il volto e la lingua lungo tutto il mio corpo.
Poi mi infila le braccia sotto alle ginocchia, costringendomi a piegarle e a alzare il bacino di quel poco che gli basta e, con un mugolio quasi gridato, mi infila il pene rigido nel culo, facendomi sussultare.
Mi sfugge un gemito che lui probabilmente interpreta come di piacere e che invece per me &egrave dolore.
Non sono mai stata avvezza al sesso anale. L’unica esperienza che ho avuto in merito &egrave stata con un altro uomo, dalla delicatezza infinitamente maggiore.
Per difendermi quindi da quella situazione in cui mi ero così maldestramente cacciata, cerco di sovrapporre l’immagine di lui, così dolce e rispettoso mentre mi si stende sulla schiena e mi penetra con lentezza, dopo aver lubrificato sia sé stesso che me; l’odore della sua pelle, così intenso e familiare; la sua carezza sul mio seno e i delicati baci sul collo; a quel misterioso boia che mi stava letteralmente portando a una malata follia bisognosa di godimento.
Chiudo gli occhi e la mente
Riesco solo vagamente a sentire i movimenti del suo corpo contro il mio, mentre percepisco molto più forti i dolori ai muscoli delle gambe e delle ginocchia, che stanno lentamente cedendo.
Riapro gli occhi giusto in tempo per vedere lo sguardo semi-assorto di lui che continua il suo doloroso su e giù dentro di me.
Poi si blocca all’istante e con uno scatto rapido dà uno strattone violento al laccio che mi chiude il polso destro.
Provo un immediato sollievo a poter nuovamente muovere il braccio. Lo porto con una smorfia al fianco. La posizione assunta per così tanto tempo lo ha reso pesante come il piombo.
‘ Ora tu mi masturbi. E quando te lo dico io apri la bocca’
Non può essere vero.
‘ E se solo provi a fare la stronza e a farmi male, la paghi’
In un attimo decido che &egrave meglio obbedire. Non conosco le reali possibilità di quell’uomo, ma quanto &egrave successo finora mi &egrave sufficiente per rendermi conto che non scherza.
Prendo quindi con delicatezza con la mano il suo cazzo che, forse per l’adrenalina che sta scendendo o forse perché in realtà la sua era più una questione psicologica che fisica, sta lentamente perdendo il turgore di poco prima.
Devo assolutamente darmi da fare e riuscire a renderlo nuovamente rigido e concedere che il suo sperma finisca tra le mie labbra. Solo così ho la speranza che mi lasci andare e provare a dimenticare.
La posizione che devo assumere &egrave un po’ troppo contorta per permettermi dei movimenti adeguati. D’altro canto continuo ad avere il braccio sinistro legato e le cosce dolenti e sudate.
‘Avvicinati solo un po’, per favore’ gli chiedo poco convinta.
Lui mi si para a fianco, reggendosi sulle ginocchia e offrendomi il suo pene a pochi centimetri dal viso.
Provo a massaggiarlo lentamente. Non sortisco effetti.
Mi ricordo allora di alcuni video a sfondo pornografico che avevo visto qualche mese prima assieme a colui che tutt’ora nel mio immaginario rimane il ‘Lui’ per eccellenza.
Avvicino quindi le labbra al pene, per quanto possa permetterlo il corto spazio che riesco a coprire alzando il collo e la spalla destra e stringo senza usare i denti la punta. Poi inizio a muovere con più decisione la mano lungo il cazzo, sempre più velocemente.
Contemporaneamente mi rendo conto che il suo respiro sta crescendo.
‘oh si.. così vai bene.. usa la lingua..’
Obbedisco.
Come se fossi trasportata da chissà quale coinvolgimento emotivo inizio ad accarezzargli tutto il pene con la lingua, alternando il movimento del polso a quello della bocca, fino a che avverto che lui mi afferra la testa da dietro e mi infila il cazzo in gola in modo che io proprio non possa sfuggire alla sua presa.
‘Si’ ora vengo’ non ti muovere.. ooohhh ‘ ‘
Lo sperma mi entra direttamente nella gola. Ho l’impressione di soffocare. Mi tira la spalla sinistra, le gambe mi fanno male, il cuore batte all’impazzata.
Il sapore aspro e pungente della sborra mi muove un conato di vomito, ma la forza di ribellarmi non ce l’ho più.
Sono sudatissima e il dolore mi ha provocato una stanchezza indicibile.
Anche lui deve essere stanco, o almeno appagato.
I suoi sospiri, dapprima veloci e rumorosi, stanno riprendendo un ritmo più naturale.
Si stende al mio fianco e si copre solo con il lenzuolo.
Aleggia ancora nell’aria l’odore dei suoi umori.
Lo guardo mentre si addormenta. Sembra quasi “buono” ad occhi chiusi.
al punto che non riesco a odiarlo per quello che mi ha portato a fare. Del resto l’ho anche scelto io.
Fuori s’&egrave fatto buio. La stanza ormai &egrave pressoch&egrave indistinguibile.
Ripenso solo per un attimo al viaggio che avrei dovuto fare, al treno mai preso, alla ragazza con spirito di iniziativa.
E alla fine il buio cala anche su di me.

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