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Racconti di Dominazione

Sulla nave

By 27 Maggio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Ricordo le sue braccia pallide,il viso esangue,le ciglia pesanti,la fiamma dei capelli..l’oro rosso della mia piccola Cathrine.
Cathrine a piedi nudi sul marmo freddo della stanza,la sottile camiciola bianca scossa dai suoi brividi di ghiaccio.
Cathrine,Cathrine,Cathy,spina delle mie notti,mio tormento e assenzio,mia Ermengarde insanguinata e delirante’cara.
La ricordo strappata dal petto della madre pazza di dolore,mentre mi implorava di lasciarla andare,di non portarla via.Tendeva le manine verso il vecchio padre e lo chiamava,urlava la mia spaventata Persefone,mentre la stringevo a me..e anche io urlavo,cieco,le stringevo le tenere,minuscole scapole:’Zitta bambina!Zitta!Sono io tuo padre ora!’.
Eravamo arrivati dal mare,portando con noi devastazione e orrore.Avevamo fatto irruzione nel palazzo del governatore,correvo attraverso le stanze,mentre i miei uomini portavano via tutto il possibile.
Correvo..ed eccola! Scalza e spaventata..aveva diciotto anni.
Rimasi immobile,semplicemente osservandola,mentre cresceva la mia voglia di averla..mia,un mio possesso.
Ricordo il me stesso di quella notte trascinarla sulla nave,lei urlante fra le mie braccia..la mia gioia scalciava,piangeva,si disperava. ‘Ora dormirai,bambina mia. Papà non può permetterti di farti del male..perché te ne farai,se non smetti di piangere’.
Dopo poco cadde stremata sul mio letto ed io potei ammirarla e stringerla per tutto il resto della notte.
L’accarezzavo,la coccolavo,le sussurravo la mia passione perversa. Lei era la mia bambina,mia figlia e nessuno poteva toccarla o portarmela via,ora.
Catherine rivelò da subito un carattere dispettoso e capriccioso che me la rese ancor più desiderabile e accrebbe il mio desiderio di domarla.
Sapevo che per la sua età era già una donna,ma era, per me, la mia piccola Caty.
La mattina la lavavo con cura,facendo passeggiare le mie ruvide mani sulla sua tenera pelle di luna. Il piccolo giglio candido,allora,si tingeva di rose scarlatte sulle gote e sicuramente avrei dovuto affidarla alle amorevoli cure di una balia..ma era un tale piacere per me accudire in tutto questa bambina,la mia bambina.
Mi comportavo come un padre,mostruoso,ma sempre un padre e,sadico,la costringevo a chiamarmi come tale.
Dopo aver provveduto alla cura del suo aspetto,mi preoccupavo della sua educazione ed istruzione. Me la facevo sedere sulle gambe..e che tormento percepire la sua giovane consistenza premere sulla mia carne,sul mio desiderio.
Spesso,non riuscendo a dominare i miei atroci impulsi,mentre,da brava,lei ripeteva la mia lezione,la schiacciavo contro il mio calore e le afferravo gli esili fianchi,le tiravo i lucidi capelli che solo un momento prima avevo intrecciato. Ad ogni errore cinque sculacciate..la picchiavo spesso,soprattutto quando era irrequieta e disubbidiente,ed era un tale incanto spiare i lividi che sbocciavano come digitali purpuree sulla sua pelle lattea.
La sua frustrazione mi divertiva e mi spingeva a cercare sempre nuove situazioni per confonderla:i capricci che faceva erano soddisfatti o puniti in accordo col mio umore..senza alcuna logica.
Ero sempre accanto a lei,sempre.
Rievoco i momenti in cui la nutrivo..e lei ,era ancora sulle mie gambe,perché quello era il suo posto.
Mi preoccupavo della sua salute e facevo preparare per la mia bambola tutto ciò che desiderava,ma era svogliata nel mangiare,così la imboccavo.Come in una danza barocca avvicinavo il cibo alle sue labbra burrose,poi accostavo la mia tempia alla sua e potevo ascoltare i piccoli denti macinare con metodo il boccone,seguirne il percorso fino alla gola:dovevo partecipare anche al più piccolo ed insignificante avvenimento che la riguardasse.
Nel pomeriggio cercavo di distrarla in ogni modo,per cancellare dal suo adorato visetto la rabbia,il disgusto..l’inerzia.
Il mio cavallo mangia il suo alfiere:’Non importa amore..sei piccola e papà insegnerà bene,alla sua dolce ninfetta,il gioco degli scacchi.’
Ma a lei davvero non importava..i suoi pensieri tremavano,attendendo con angoscia il crepuscolo.
Paura,nei suoi occhi la paura e nel mio stomaco mille serpi striscianti,che accarezzavano il piacere.
La prima notte in cui ho fatto a meno di attendere che fosse avvolta dal sonno..
Un avvertimento lettore:se fin qui hai letto le mie memorie scuotendo la testa e digrignando i denti dallo sdegno,fermati! Quelle che seguono sono le azioni di un mostro,che ha strappato con mano consapevole la purezza di un giglio inerme.
Quella notte navigavamo su un mare quieto e opalescente.
Svestivo la mia Cathy con mano fremente,e in febbrile attesa,ma al contempo godendo di ogni singolo fruscio provocato dal cotone,che lentamente declinava dal suo morbido e giovane corpo. Lasciavo scorrere le dita fra i lacci di raso del corpetto,come un bambino che con agitata calma accarezza la carta di un regalo tanto atteso.
I nastri sciamavano come serpenti attraverso la stoffa,la gonna scioglieva la curva sinuosa dei fianchi,le calze di seta scivolavano lasciandomi a strisciare e ansimare per il sogno che mi si presentava.
La sua bellezza conturbante esercitava un potere terribile su di me. I miei occhi si smarrivano sulle rotondità dei piccoli glutei,nell’incavo delle ginocchia,nella sinuosità della schiena.
Mi riscossi dalla labirintica lussuria,la voltai e le forzai,con le mani,le ossute spalle per farla inginocchiare di fronte a me..ancor più indifesa.
I suoi occhi disegnavano invocazioni d’aiuto intorno a lei per poi tornare a spiare i miei:cercava,inutilmente,l’illuminismo nella mia follia.
Presi il dolce viso della mia Cathy fra le mani e premendo con decisione contro la piccola nuca,la spinsi a schiudere il bocciolo delle labbra,per accogliere il sapore della mia vergogna.
Mai un delirio così dolce,mai una ferocia così insensata,mai una gioia così atroce!
La bocca della mia bimba riceveva il mio veleno ed io gioivo e godevo di quella vista,mi beavo dello spettacolo,come uno spettatore assetato di battute,un’altra,un’altra..un’altra ancora.
‘Ti prego amore mio,non piangere ora’.
Adoravo procurarle il pianto per poi poterla coccolare e vezzeggiare a lungo..le mie contraddizioni..
Lentamente la piccola imparò a non protestare,ma non parlava quasi più..sapevo che mi odiava,ma quanto invece io l’amassi lei,bambina,non riusciva a capirlo e sopra ogni altra cosa,come molti,non ne comprendeva il modo. Avrei posto il mio cuore,appena strappato dal petto e ancora pulsante,nelle sue adorate manine,avrei dimenticato di essere un uomo e divorato le carni di chi avesse soltanto accarezzato l’idea di toccarla..per lei,solo per lei.
E quel giorno arrivò.
Il ricordo di quella notte torna angosciosamente e dolorosamente in superficie dal baratro della mia memoria.
La bandiera nera della nave nemica si contorceva infuriata contro le sferzate di un vento gelido e inclemente. Eravamo veloci nella nostra fuga disperata..ma non abbastanza. Un’orda di uomini ,rigettati anche dall’inferno,assaltò la nave con alte grida di auto incitamento. Urlavano come bestie affamate. Io ,dopo essermi lanciato,con la disperazione nella gola,a chiudere a chiave Cathy nella mia cabina ,tornai in coperta a sbraitare ordini alla mia ciurma smarrita. Lottavo con la preoccupazione per la mia piccola fanciullina e spinto dal desiderio di proteggerla affondavo ,con furia cieca , la spada nelle carni dei nemici. Intorno a me corpi feriti,volti deformati dalla rabbia o dalla paura,immagini terrificanti e purtroppo familiari.La vista del sangue alimentava la mia ferocia,menavo fendenti,terribili e mortali,in tutte le direzioni.
Non era la furia orgogliosa in difesa della nave,io stavo massacrando e trucidando il pericolo che franava in direzione del mio piccolo tesoro.
Se si fossero accorti di lei,non avrebbero sicuramente esitato a portarla via..una femmina in mare è un bottino ambito.
Cruore ovunque,membra squarciate e scorticate dal ferro,grugniti..l’aria intorno a noi era pesante e irrespirabile,satura di suoni e odori innaturali.
Mi stavo presentando con valore e così i miei uomini. La battaglia stava volgendo a termine,miracolosamente in nostro favore. Li stavamo respingendo verso la loro nave e rassicurato da questa realtà decisi di placare un momento l’ansia che mi stava straziando l’anima. Corsi veloce verso Cathy..porta della cabina aperta,vetro frantumato..
Le urla disperatissime della mia,mia..
Un baratro sotto il mio sterno,un affondo di angoscia e vertigini.
Ancora oggi non so ricordare cosa dissi. Vagamente torna alle orecchie della memoria un urlo selvaggio,roco,animale e il nome di lei scagliato nell’aria a riempirla della mia furiosa paura: ‘Cathrine!!’.
Non era la mia ragione a governare sul corpo sanguinante e stremato che appesantiva l’idea dell’azione.
La mia Psiche vittoriosa,la mia foga irrazionale si gettò sull’uomo che sovrastava mia figlia. Questo,le stringeva i lievi capelli e con mano indelicata le strappava le vesti,spingeva il suo piacere contro il tenero e indifeso corpo che si dibatteva inutilmente sotto di lui.
Un affondo,urla..la mia rabbia sanguinaria rigettata sull’uomo.
Alla chiusa,davanti ai miei occhi feroci,la rappresentazione teatrale di una tragedia:il corpo riverso sul suo specchio di sangue e Cathy in un angolo del letto,nuda,le ginocchia raccolte contro il petto e le gote rigate di stille disperate.
Presi il cucciolo tremante fra le mie braccia e cominciai a sfiorarla,carezzarla,coccolarla teneramente.
Lei mi lasciava fare:si sentiva protetta dalle mie premure,protetta dalle mie mani che lavavano via quelle dell’altro..
Quel buio terribile si risolse infine,e tornarono i momenti di sempre,tornò la piacevole consuetudine con il mio caro tesoro.
Solo un sentimento mi soffocava e mi rendeva più irrequieto:una bramosia spasmodica per il possesso assoluto. Non era più possibile continuare con i giochi,le punizioni si facevano più frequenti e crudeli:la desideravo totalmente e completamente.
L’ombelico sulle mie ginocchia e colpi su colpi,duri e spietati,sul tenero incarnato dei glutei,cosce accese del mio ardore.
Era eccitante pensare di essere il solo a poterle concedere felicità e donarle dolore.
Cattivo,devoto,capriccioso e perverso:la mia natura sbocciava e si rivelava con la mediazione di lei.
La mia pupilla riversava pianto e amaro,scioglieva fuochi e gemiti affannati dai capelli,e subito accorrevo per consolare l’effetto della mia causa.
Flutti di frustrazione..Vigliacco!
‘Cathrine,mia bambina,ti amo da distruggerti,ti amo,piccolo demone infernale,così tanto da guidarti nella terribile via del mio essere,ti amo,creatura dolce,pura e santa,da corrompere e devastare ogni centimetro di tua essenza! Sei mia e ti amo!’.

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