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Racconti di Dominazione

TI VOGLIO DONNA, AMORE!

By 27 Gennaio 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

-“Sdraiati puttana…allarga le gambe e tienile alzate.”-
La mia dominazione cominciò così.
Il pavimento freddo sotto il corpo fu peggio del taglio di una lama. Rabbrividivo ma non era solo il freddo…brividi di eccitazione mi percorrevano le ossa, brividi provocati dal tono autoritario del mio amore…già, il mio amore…
Mi aveva permesso di chiamarlo così perch&egrave per lui non ero solo una schiava, una serva…ero molto di più. Mi voleva come compagna ma al suo fianco doveva esserci una donna completa in tutto, una donna sicura di se stessa, una donna che sa essere amante focosa, ma anche serva docile e accondiscentente…voleva una cavalla di razza ed io, cavalla di razza non ero.
Voleva farmi affrontare un lento percorso di sottomissione, voleva provocarmi, voleva farmi soffrire.
Era sicuro che se fossi stata in grado di sopportare la sofferenza di colui che amo, sarei stata in grado di sopprtare qualsiasi altro tipo di umiliazione e di dolore del mondo esterno. Mi fidavo di lui e accettai di sottostare alle sue regole. Era troppo forte in me il desiderio di diventare come lui mi voleva. Ovviamente, sapevo che non sarebbe stato facile, che sarebbe stato un viaggio lungo e arduo, ma, più i giorni passavano, e più mi rendevo conto di non essere completa senza la mia parte sottomessa, parte che non credevo potesse esistere in me, lato della ma personalità ancora nascosto ai miei occhi ma vivo, intenso, dilaniante a volte.
In piedi di fronte a me, il mio amore mi fissava, con gli occhi di chi sa di avere il potere, con l’espressione da capo della giungla, da dominatore qual’era. Seguivo i suoi movimenti mentre mi camminava attorno. Io, sdraiata al centro della stanza, cercavo di alzare più che potevo le gambe.
-“Infila il vibratore in bocca…fallo entare più che puoi, fino in gola, e con la mano inizia a masturbarti.”-
Dolce e struggente melodia le sue parole, che si rincorrevano nella mia mente, che facevano eco nella mia anima…
-“Continua a fissarmi…voglio che mi guardi negli occhi mentre ti tocchi, puttana.”-
Iniziai a toccarmi. Il vibratore in gola mi bloccava il respiro, strozzava i miei gemiti e i muscoli delle gambe sembravano cedere dallo sforzo di tenerle sempre erette. Resistvo…resistevo perch&egrave mai avrei voluto deluderlo, resistevo perch&egrave la mia eccitazione in quel momento, lo sapevo, era più forte dell’imbarazzo di masturbarmi davanti a lui che mi guardava freddo, distaccato, come se stesse guardando una cagna in calore.
E lo ero…ero una cagna, ero una puttana, ero solo un oggetto da usare…
-“Muoviti, cretina…ci stai mettendo troppo a venire.”-
Ero eccitata si, ma le sue parole graffiavano, facevano male, ferivano e i miei occhi si riempirono di lacrime.
Non era facile sopportare che la persona che si ama avesse un tale comportamento, non era facile sopportare umiliazioni e denigrazioni che venivano proprio da chi doveva amarti e rispettarti…”Lo fa per me…Lo fa per me…”, mi ripetevo, ma le lacrime uscivano da sole e mi rigavano il volto prima di infrangersi a terra.
Con le gote rosse e la rabbia nel cuore, accellerai i movimenti…le dita violavano la mia carne, entravano e uscivano dal mio fiore, spezzando i suoi petali, e l’orgasmo arrivò…veloce, repentino, massacrante…
Gemevo con il vibratore duro in bocca…piangevo per la mia umiliazione…per terra come le cagne avevo goduto…per terra di fronte a lui che mi guardava come si guarda un oggetto inanimato.
-“Non sei degna di avermi”- mi disse -“Non sei degna di farmi godere e allora godrò da solo.”-
Si chinò sul mio volto, mi tolse il vibratore dalla bocca violentemente, mi prese per i capelli e mi fece mettere in ginocchio.
Dopo avermi sistemato, si alzò.Era di nuovo in piedi di fronte a me quando si abbassò i pantaloni ed estrasse il suo membro.
-“Non meriti di succhiarlo, non meriti di adorarlo e non te lo permetterò.Apri la bocca.”-
Feci come mi era stato detto.
Con un colpo di bacino, me lo infilò fino in gola.
-“Adesso ti scoperò la bocca e tu dovrai solo restare immobile…la userò come si usa una lametta e poi la getterò via perch&egrave la tua bocca &egrave la bocca di una puttana e a me non serve una puttana…a me serve una donna.”-
Cominciò a sbattere la sua asta nella mia gola…sentivo i testicoli sul mento e la sua cappella che si faceva strada ignorando la mia lingua.
Mi teneva i capelli negandomi qualsiasi movimento.Solo il suo bacino si muoveva, avanti e indietro, dentro e fuori…uno dopo l’altro, con colpi crudeli, dilanianti, feroci…
Ansimava…Ansimava ad occhi chiusi, senza guardarmi…non voleva vedere il viso di una puttana perch&egrave probabilmente non si sarebbe eccitato.
Forse pensava ad un’altra donna e bastò questo sospetto a farmi piangere di nuovo.
Io dovevo essere l’unica, io dovevo essere la sua donna, la sua compagna, la sua amica, la sua amante, la sua puttana e la sua serva.
Nessun’altro poteva anelare ad avermi, solo lui, solo il mio padrone, solo il mio amore.
Fu allora che mi guardò, mentre piangevo li in ginocchio, con gli occhi rossi, gonfi e imploranti, aspettando una sua parola, un suo gesto, una sua carezza.
L’unica cosa che ebbi fu il suo seme che schizzò in gola.
-“Non ingoiarlo, troia. Ti dirò io quando potrai farlo.”-
Continuava ad esplodere dentro me, a inondarmi la bocca di sperma…mi sembrava di soffocare e lo sentivo colare dai lati delle labbra.
Dal mento le gocce cadevano sui seni e scottavano, laceravano la pelle…
Si piegò sul mio volto e, incurante dello sperma che mi sporcava, mi diede un lieve bacio sulle labbra.
-“Sai cosa vedo? Vedo una puttana che si &egrave fatta scopare la bocca, vedo una cagna che ha goduto da sola sul pavimento…Non ho bidogno di una cagna…voglio una donna e tu ancora non lo sei…Solo il giorno che lo diventerai faremo l’amore e godrò con te e per te.”-
-“Si amore”- risposi, abbassando gli occhi.
Si pulì, si rivestì e se ne andò, lasciandomi in ginocchio, senza salutarmi, con l’amarezza dentro ma ancora eccitata.
DIventerò una donna…diventerò la tua donna, amore… Ero al mio solito posto, in ginocchio sul pavimento, nuda.
Il mio amore mi aveva chiamato e mi aveva chiesto se poteva passare a trovarmi…
Dal momento in cui gli risposi di si, sapevo che la mia dominazione era già cominciata e che dovevo farmi trovare in ginocchio indipendentemente da quando decideva di arrivare…l’attesa poteva essere di 20 minuti, di un’ora, di due ore…io non dovevo muovermi ma solo aspettarlo a testa bassa.
Aveva le chiavi del mio appartaento e, dopo soli 50 minuti, sentii la porta che si apriva.
Entrò e si sedette al tavolo. Aveva un cartone di pizza con se e iniziò a mangiarla.
-“Vieni qui, sotto la mia sedia e porta il vibratore con te.”-
Strisciando con le ginocchia, mi avvicinai a lui, estraendo il mio giocattolo dal cassetto del mobile.
-“Dai, inculati mentre mangio.”- disse, senza rivolgermi nemmeno un sguardo. Io pregavo perch&egrave lui si voltasse…in questo modo avrebbe potuto vedere la mia felicità nell’averlo li, la mia devozione nell’essere dominata, invece nulla, continuava a mangiare mentre io mi penetravo.
Cominciai a gemere ma cercavo di non accellerare i movimenti perch&egrave il lattice duro faceva male alla mia pelle sensibile.
Lui mangiava con gli cchi rivolti verso la televisione.
Finito di consumare il suo pasto, si accese una sigartta, spense il video e mi disse:-“Finalmente una cosa piacevole in questa giornata di merda:la sigaretta.”-
Fu come aver ricevuto una pugnalata nel prendere coscienza che le sue parole non erano rivolte a me, e la lama continuò a trafiggermi quando si spiegò.
-“Fa un freddo cane, la pizza faceva schifo e mi ritrovo a casa di una puttana che si definisce tale e che non &egrave in grado di esserlo…”-
Mi guardò:-“…Oppure pensi di saperla fare la puttana?”-
Abbassai ancora di più la testa.
-“Rispondi, troia.”-
-“Scusa amore…”- replicai con un filo di voce.
-“Ma guardati…sei sotto il mio tavolo con un vibratore nel sedere. Ti avevo ordinato di sfondartelo come farebbe una puttana e tu invece te lo stai accarezzando… Pensi che il mio cazzo ti penetrerebbe con tutta questa dolcezza?”-
Lanciò a terra un pezzo di crosta della pizza.
-“Mangia, cagna…&egrave l’unica cosa che ti meriti.”-
Senza aiutarmi con le mani, piegai la testa fino al pavimento, presi in bocca il pezzo di pasta bruciacchiata e lo mangiai.
“Non vali niente come puttana, sei proprio una cretina…nno sei in grado nemmeno di farmi eccitare, ed io ci sto anche a perdere tempo con una come te.”-
Estrasse dal portafoglio 10 euro e li gettò per terra, davanti ai miei occhi.
-“Guarda”- mi disse indicando la banconota,-“Li vedi quei 10 euro?”-
-“SI, amore”-
-“Tu vali solo quelli e sono anche troppi per una come te…raccoglili con la bocca, troia.”-
Feci come mi era stato ordinato.
Avevo ancora il vibratore nel sedere anche se non lo muovevo più.
Mi sentivo di nuovo umiliata, trattata come l’ultima ruota del carro…disprezzata, derisa, dominata…
Sapevo che era un percorso, sapevo che ciò che diceva non lo pensava, sapevo che mi amava…l sapevo ma piangevo perch&egrave le sue parole erano peggio di mille schiaffi…
Nessuno mi aveva trattato così, nessuno aveva mai abbattuto la mia corazza di aggressività rendendomi fragile cme un cristallo, nessuno aveva mai spezzato il mio orgoglio…
Il mio amore si, lo aveva fatto e lo stava facendo, ed io ero li, in ginocchio ai suoi piedi, con il cuore a pezzi, l’anima in frantumi, un vibratore nel sedere e 10 euro in bocca e piangevo perch&egrave sapevo di essere solo una cagna, piangevo, incapace di reagire al suo dominio…
-“Alza la testa, guardami…”- disse.
Lo fissai tremante, con gli occhi rossi e gonfi di lacrime.
Mi sputò in faccia…una volta, due volte, tre volte…
-“So che sei eccitata, puttana…toccati mentre senti la mia saliva sul viso perch&egrave &egrave l’unica cosa che puoi sperare di avere da me…”-
Iniziai a masturbarmi mentre il mio amore mi sputava in faccia. Ad ogni schizzo emettevo un gemito…soffrivo ma mi piaceva…piangevo ma mi eccitavo, e l’orgasmo mi colse quando ormai la mia faccia era grondante di saliva.
Senza dirmi nulla se ne andò, lasciandomi di nuovo sola e disperata…
Ricordavo ciò che una volta mi aveva detto:”Grazie di sopportarmi…”
Grazie di esistere, amore mio… Giorno dopo giorno sentivo crescere il desiderio di essere sottomessa.
La consapevolezza che senza essere slave non ero completa mi confondeva, mi logorava dentro…
Io, che ero sempre stata Mistress, avevo sempre dominato, io che guardavo gli altri dall’alto verso il basso, avvertivo che qualcosa stava cambiando.
Non ero più la stessa…finivo sessioni dolorose e avevo già voglia di ricominciare…mi leccavo le ferite, mi asciugavo le lacrime e avevo di nuovo desiderio di versarne ancora.
Non sapevo cosa succedeva in me, capivo solo che volevo essere dominata e, in quel momento, in quel preciso istante in cui capivo, realizzai di aver voglia…aver voglia di soffrire.
Mandai un messaggio al mio amore:”Sono pronta! Ti prego fammi male…decidi tu se fisicamente o moralmente, ma fammi male”
Mi rispose:”Sto arrivando. Fatti trovare al solito posto.”
Mi spogliai velocemente e mi inginocchiai a terra…il mio posto.
Lui arrivò dopo mezz’ora, entrò e mi guardò.
-“Perch&egrave me lo hai chiesto?”- chiese.
-“Perch&egrave lo voglio, amore. Perch&egrave non so stare senza la tua sottomissione.”- risposi a testa bassa.
-“Sei eccitata vero?”-
-“Molto, amore.”-
-“Struscia la fica sul pavimento, bagna il marmo con i tuoi umori più che puoi”-
Lo feci, e il contatto tra il pavimento e il clitoride mi fece tremare di piacere.
Quando ebbi finito non fu contento del risultato e mi chiese di sputare nello stesso punto dove già era sporco di me.Lo feci e cercai di indirizzare gli schizzi sempre nello stesso punto. Formai a terra una pozza di saliva, di media grandezza.
Lui la guardò attentamente e poi mi disse:-“Tu sei maniaca dell’ordine vero? A te piace che tutto sia sempre pulito, non &egrave cosi?”-
-“Si, amore.”-
-“Ma non mi pare che li sia pulito…forse dovresti farlo, non trovi?”-
-“Immagino con la lingua, amore.”-
-“Con la lingua…brava.”-
Mi chinai, cercando di far arrivare la testa al pavimento. Lui mi mise un piede sui capelli e la spinse in giù.
-“Lecca…lecca per terra e masturbati.”-
Mentre lo facevo mi resi conto di essere di nuovo eccitata anche se pulire il pavimento con la lingua mi faceva schifo. Non avrei voluto farlo, non avrei mai creduto di potermi trovare in una condizione psicologica tale. Il mio amore poteva fare di me ciò che voleva…non mi sarei ribellata, ne avrei tentato di fermarlo o di imporre la mia personalità. Ero in balia delle mille sensazioni che scatenava in me l’essere slave, l’essere sua slave, serva incondizionata e devota, pronta a sacrificarsi per il suo uomo, il suo padrone.
-“Brava, continua cosi…”-mi disse, distogliendomi dai miei pensieri di gioia,-“Ti sei eccitata, ti sei messa in ginocchio, hai segnato il territorio con la fica strusciando la fica per terra, come fanno le cagne. Vedo una donna di legno di fronte a me, un oggetto.”-
-Mi prese per i capelli e mi portò in camera, facendomi mettere a pecora sul letto davanti allo specchio.
Si assentò per qualche secondo e, quando tornò, mi accorsi che aveva portato con se il vibratore e una padella.
Si posizionò dietro di me e, ordinandomi di guardarmi allo specchio, mi penetrò violentemente, facendomi entare tutta la verga senza nemmeno lubrificare l’apertura.Un dolore fitto e acuto mi colpì lasciandomi senza fiato.Prese la padella e la girò dalla parte del fondo.
-“Visto che ultimamente mi hai dimostrato di non essere in grado di saperti inculare, ci penserò io per te ma non avrai il mio cazzo…sarebbe troppo per te.”-
Diede un colpo al vibratore…poi un altro…poi un altro ancora. Ad ogni colpo lo sentivo andare più forte, accellerare i moviemnti, finch&egrave non divennero continui e laceranti. Mi penetrava e spongeva il vibratore dentro come se dovesse attaccare un chiodo, con la stessa cadenza, con lo stesso ritmo, con lo stesso coinolgimento. Ed era questo che mi faceva cosi male…il rprendere atto che non ero nulla più di un oggetto.
Mi guardavo allo specchio. Guardavo i suoi occhi bassi e concentrati sul mio sedere, e la mia faccia provata, il viso stanco e gli occhi rossi. Mi stava facendo male, un male inspiegabile ma forte.
-“E’ questo che ti meriti…che ti venga sfondato il culo, troia! Dillo, dillo che vuoi che te lo sfondi, dillo”- urlò.
Cercai di dirlo, cercai di fare come mi aveva detto ma la voce la sentivo strozzata in gola…
-“Voglio che me lo sfondi…voglio che me lo sfon…voglio che…”-
Non ressi e piansi…Dio quanto piansi! Il dolore fisico, stavolta, andava di pari passo con quello morale.Non potevo prendermela con lui, glielo avevo chiesto io di essere cattivo crudele, di farmi male, e lui mi aveva solo assecondato.
Il mio amore si accorse che quel pianto non era di gioia nell’essere dominata da lui. Soffrivo, e soffrivo parecchio…singhiozzavo mentre mi trafiggeva col vibratore…
-“Fermati.”- mi disse.
Mi bloccai e anche la sua mano si fermò. Non potevo trattenere le lacrime che continuavano incessantemente a cadere dai miei occhi. Mi fermai e lo guardai, anzi, fu lui a prendermi il mento e ad alzarmi la testa per incrociare i miei occhi.
-“Amore, come va?”- mi chiese.
Gli gettai le braccia al collo e lo strinsi forte.
-“Sto bene…scusa…ho solo bisogno di sentirti vicino, solo un’istante.”-
Ricambiò il mio abbracciò e mi accarezzò la testa.
-“Ti darei anche la vita se tu me la chiedessi.”- gli sussurrai all’orecchio.
-“Cominci a diventare donna…cominci a diventare la donna che vedo al mio fianco…sei fantastica, amore!”-
Mi baciò sulle labbra, mi fece stendere sul letto e si stese con me. Ci addormentammo abbracciati, o meglio, io mi addormentai fra le sue braccia e quando mi svegliai, lui non c’era più…solo il suo accendino sul comodino…
Gli mandai un altro messaggio:”Domani sarò al solito posto…amore ti amo”. Dolore, lacrime, umiliazione, sofferenza, denigrazione…
Sottomissione…era questo ciò che volevo, era questo che mi faceva sentire viva…incatenata al mio amore, al mio controllore, ma libera.
Le sessioni continuavano ed erano sempre dolorose e stressanti. Emozioni contrastanti si accavallavano nella mia anima…paura, eccitazione, ansia, piacere…
Il mio amore non mi avrebbe mai fatto del male, questo lo sapevo, ma ciò che subivo era comunque pesante da reggere e, spesso, mi abbandonavo a lunghi pianti liberatori.
Lui mi voleva perfetta e volevo con tutta me stessa essere tale, ma la perfezione costava un prezzo alto, a volte troppo alto.
Ero di nuovo al mio posto, in ginocchio, e lo attendevo con ansia. Confusa dal dolore alle ginocchia ormai rosse, pensavo a lui e mi palpatava il cuore.
Vedevo gia i suoi occhi freddi che mi scrutavano, la sua voce dura che mi parlava, e mi sentivo piccola al suo cospetto, insignificante, e lui era il centro del mondo.
Mentre lo aspettavo mi era stato ordinato di stimolarmi il clitoride per mantenere viva l’eccitazione: assolutamente vietato venire.
Ad occhi bassi, lo sguardo fisso sul pavimento e le gambe leggermente divaricate, iniziai a toccarmi, scoprendomi bagnata. Chiusi gli occhi e nella mia mente apparve lui, bello come il sole, autoritario, potente, forte. Era cosi viva la sua immagine e cosi grande la mia eccitazione che non mi accorsi della porta che si aprìiva.
Il mio amore era arrivato e mi guardava senza disturbare. Solo dopo qualche minuto mi accorsi di non essere sola e, quando lo vidi di fronte a me e capì che aveva visto tutto, un tremendo imbarazzo si impossessò di me e, arrossendo, abbassai gli occhi.
-“E brava la mia puttanella. Così concentrata a masturbarsi che non si era nemmeno accorta del mio arrivo.”-
Non riuscivo a capire se era soddisfatto o no di me e di ciò che avevo fatto e, per paura di sbagliare, tacei.Era sempre così con lui: voleva far capire una cosa ma lasciava il dubbio di interpretare in modo opposto la stessa. Io pensavo…non mi era permesso pensare, mi diceva il mio amore, ma pensavo, era piu forte di me, e mi logoravo dentro.
-“Ti ho portato un regalo…prendi!”- disse porgendomi un pacchetto.
-“Grazie amore.”- risposi scartandolo.
Era un bellissimo rossetto, rosso come il fuoco.
-“Mettitelo sulle labbra…vediamo come ti sta.”-
Senza specchiarmi spalmai il cosmetico sulle labbra e feci un po di pressione fra loro per stenderlo più uniformemente.
-“Proprio come immaginavo”- disse guardandomi compiaciuto-“Ti sta bene.”-
Si chinò sul mio volto, mi prese il mento con le dita e mi fece alzare la testa. Cercai di mantenere lo sguardo basso perch&egrave sapevo di non esser degna di guardarlo.mi sputò in faccia…una…due…tre volte…
Rise…mi passò una mano sulle labbra e tolse il rossetto, sporcandomi le guance di rosso, sbavando il colore ovunque.
-“Guardati, sei una maschera, un mostro, mi fai schifo, puttana.”-
Mi porse uno specchio e vidi la mia immagine riflessa. Vidi le labbra senza più rossetto, le guance sporche, la pelle arrossata dal suo contatto e i miei occhi stanchi, vinti, colmi di lacrime. Era vero, facevo schifo…facevo schifo anche a me stessa in quel momento, ma ciò che pensavo non contava.
-“E tu vorresti il cazzo in fica, troia?”- tuonò-” il cazzo lo meriti solo in faccia ma non il mio perch&egrave sarebbe un privilegio troppo grande anche fartelo annusare.”- disse mentre prendeva il vibratore.
-“Dai fammi vedere come te lo sbatti in faccia, troia.”-
Presi il giocattolo di lattice in manoe mi colpìì il viso sulle guance…venti volte…ogni colpo era come un pugno.
Piangevo e il mio amore sorrideva…mi lamentavo e lo vedevo eccitarsi.
-“ti lamenti, cagna? Vuoi smettere?”- chiese.
-“No amore, ti prego…continua a punirmi per favore…me lo merito.”-
Non mi rendevo conto di ciò che avevo detto. Le parole erano uscite da sole dalla mia bocca, senza riflettere, dettate solo dall’istinto.Il dolore era ciò che volevo, il dolore era ciò in cui in quel momento anelavo ad avere, e lo avrei fatto continuare per ore.
Ulteriormente eccitato e forse anche un pò sbalordito dalla mia richiesta, si alzò dal suo posto, estrasse dalla valigetta che aveva con se una bacchetta e si avvicinò.
-“A quattro zampe, cagna! Avrai ciò che meriti.”-
Dopo essermi posizionata, lui si inginocchio dietro di me. Un lungo istante di silenzio, poi,sentii qualcosa fendere l’aria e la bacchetta infrangersi sulla pelle delle mie natiche. Il bruciore acuto mi fece tremare e gridare. Prima che potessi rendermene conto, lui mi colpì di nuovo, e poi di nuovo, e un’altra volta ancora, e ancora, e ancora…
Non riuscivo a contare i colpi che mi infliggeva. Era troppo forte il dolore, troppo acuta la paura.
Continuava a colpire, lacerandomi la pelle, distruggendola…e con lei la mia anima, sempre più sottomessa, sempre più umiliata, sempre più ferita.
Di nuovo ero coonfusa. Di nuovo lo sentivo vicino ma non capivo come mai, per amare qualcuno, dovevo sopportare tutto questo.
Io glielo avevo chiesto, io lo avevo supplicato di punirmi, di farmi male, di farmi soffrire.e soffrivo, piangevo perch&egrave lo amavo e lo amavo alla follia, sperando di dimostrarglielo anche attraverso la mia devozione.
Sembrò leggermi nel pensiero.
-“Dimmi che mi ami, troia…dimmelo!”-
Divincolandomi dalla sua presa, mi voltai, eressi la schiena, e, fra le lacrime, lo abbracciai.
-“Si amore…Ti amo tanto…Grazie!”-
Lasciò scivolare la bacchetta a terra e ricambiò il mio abbraccio, stringendomi forte. Mi prese il viso tra le mani e mi disse:-“Sei una scoperta continua…mi lasci senza parole e ti amo anche io in un modo che non puoi immaginare.-”
-“Voglio fare l’amore con te…so di non meritarlo ma…”-
-“Schhhh…”-mi disse appoggiandomi due dita sulle labbra -“Basta parlare.”-
Mi fece stendere a terra e, adagiandosi sul mio corpo, mi penetrò.
Mi invase col suo membro ecciato ed io mi sentii una cosa sola con lui.
Entrava e usciva dal mio corpo, mio padrone, come un leone che domina una lepre. Ad ogni affondo sentivo i colpi della bacchetta,sentivo il dolore, sentivo l’eccitazione e piangevo, ma stavolta di gioia.
Si donava a me…mi amava e lo sentivo. Ricambiavo con tutta la passione di cui ero capace, lasciando che le lacrime mi rigassero il viso.
-“Sono tua amore…lo sarò per sempre.”- riuscii a sussurrare prima di raggiungere l’orgasmo che giunse all’unisono col suo.
Felici per la nostra unione, ci guardammo negli occhi, scambiandoci una tacita ma eterna promessa d’amore. Nulla avrebbe mai potuto spezzare il nostro legame, nulla ci avrebbe mai diviso. Insieme eravamo forti, più forti di tutto e lontani ci saremmo sentiti persi, incompleti, infelici.

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