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Racconti di Dominazione

Tortura

By 3 Maggio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Eva aprì gli occhi. Era confusa, si sentiva stordita. Si guardò intorno: dov’era?
I sensi ricominciarono a funzionare correttamente e lei fu colta dal terrore, gli occhi spalancati, la fronte sudata.
Era immobilizzata, stesa, probabilmente, su un tavolo di metallo, duro e freddo. Era imbavagliata, le braccia tenute adese al tavolo con delle cinghie, le gambe libere ma intorpidite. Era completamente nuda. Girò la testa: la stanza in cui si trovava era spoglia, i muri scrostati, ragnatele pendevano dagli angoli del soffitto.
Percepì una presenza sul suo fianco destro e si voltò. Accanto a lei c’era un uomo, la sua faccia era coperta da un cappuccio nero, che aveva solo una fessura, attraverso cui intravedeva due occhi fiammeggianti. Era muscoloso, completamente nudo e sfoggiava un grosso pene in vibrante erezione, le vene marcate, la cappella lucida, turgida e violacea.
Lei tremò e si sentì svenire.
L’uomo si avvicinò, accostò la bocca ad un orecchio e le sussurrò parole terribili ‘Ci sono solo tre regole. La prima è che io ti farò male, molto male, ma se ti lamenterai te ne farò ancora di più. La seconda è che non devi urlare, sennò ti uccido. La terza è che non puoi godere, sennò ti uccido. Hai capito?’. Eva non si mosse, paralizzata da quelle parole. L’uomo l’afferrò per i capelli e tirò forte, costringendola a guardarlo negli occhi ‘Non mi piace ripetere le cose. Hai capito quello che ho detto?’ e lei annuì.
Le tolse il bavaglio e lo fece scivolare a terra.
Eva vide il grosso membro che si avvicinava inesorabile al suo viso, una gocciolina di sperma inumidiva la punta, era disgustata. Lui premette il cazzo contro le sue labbra serrate. Insistette un po’, ma visto che lei non cedeva si allontanò e si diresse verso un tavolo poco lontano. Tornò con qualcosa in mano e le mise una pinza da bucato sul naso, tappandoglielo. Riavvicinò il pene alla sua bocca, ancora chiusa. Dopo pochi secondi la sua sete d’aria ebbe la meglio sul suo disgusto e fu costretta a dischiudere le labbra. Sentì il grosso membro riempirle la bocca e vide la foresta pelosa del suo pube che si avvicinava fino a sfiorarle il naso. Glielo spinse dentro fino in gola, tanto che lei temette di vomitare. Le afferrò i capelli con una mano, per farsi spompinare come voleva lui. Ad ogni pompata sentiva il cazzo che si ingrandiva sempre di più.
Ad un certo punto tentò di sferrargli un morso rabbioso, ma la bocca era indolenzita per lo sforzo e i denti affondarono solo di poco. Lui allungò la mano, strinse con forza il capezzolo sinistro e iniziò a tirare, sempre più su, provocandole un dolore lancinante. Quando pensò che la punizione fosse sufficiente, lo lasciò andare.
L’uomo iniziò a emettere grugniti animaleschi e le prese la testa anche con l’altra mano. La spingeva e la tirava con tale intensità da annebbiarle la vista. D’un tratto estrasse il cazzo dalla bocca e le premette la testa di lato contro il tavolo, schiacciandole la guancia destra contro la superficie gelata. Lo prese in mano, massaggiandone delicatamente la cappella, da cui dopo pochissimo proruppe un denso schizzo si sperma a cui seguirono molti altri. Fu una sborrata lunghissima e intensa, i getti le ricoprirono interamente il lato sinistro del viso, colando sui capelli, sugli occhi, sul naso, nella bocca. Le spinse infine nuovamente il membro tra le labbra, regalandole l’ultimo schizzo che le finì direttamente in gola.
Era sfinita.
Vide che si allontanava, con il pene sgonfio a penzoloni, dirigendosi verso le sue gambe. La prese per i fianchi e fece scivolare il suo corpo sul tavolo freddo, fino a che lei non sentì il bordo premerle contro le vertebre lombari, era una posizione estremamente dolorosa. Impugnò le sue ginocchia, le piegò le gambe sul ventre e le divaricò, spalancando e mettendo completamente in mostra la sua vulva. Eva lo sentì mentre annusava l’odore che proveniva dalla sua figa. Non lo vedeva bene, ma ad un certo punto sentì una lunga leccata che la percorse dall’ano al clitoride. La lingua appuntita partì all’esplorazione della sua fessura. Dopo averla infilata dentro più volte la sostituì con un dito, che ficcò profondamente in vagina, e concentrò il lavorio della lingua sul clitoride. Era turbata: la sua mente era terrorizzata, ma il suo corpo rispondeva a interruttori ancestrali e incontrollabili, per cui dopo poco sentì il capezzoli indurirsi, il clitoride gonfiarsi e la vagina bagnarsi.
L’uomo infilò un altro dito. Le ficcava le dita dentro con estrema violenza, rapidamente e con forza, e lei era ormai talmente fradicia che sentiva sciacquettare ad ogni colpo.
Improvvisamente tirò via le dita e allontanò la lingua. Si mise eretto davanti a lei, prese con decisione i seni tra le mani e senza preamboli spinse il voluminoso cazzo nella sua figa, facendola sobbalzare. Le pareti della vagina si tesero per contenerlo tutto e lui lo ficcò dentro con decisione fino in fondo, emettendo un sospiro molto soddisfatto.
La scopò a lungo, intensamente, e con quel pene così grosso ad ogni pompata le provocava dolori lancinanti alle ovaie e all’utero. Eva temeva che quel dolore durasse per sempre’ Dopo quella che pareva un eternità, l’uomo mollò la presa sulle tette, ormai doloranti e indolenzite per essere state stritolate così a lungo, e mise le mani sui fianchi di lei, tenendola ben ferma. Aumentò il ritmo, e Eva capì che le avrebbe sborrato dentro. NO! Emise un lamento e scosse la testa e l’uomo, per tutta risposta, le tirò un fortissimo schiaffo su un seno. Il dolore fu così forte che la zittì.
Invece di desistere, l’uomo la sbattè con ancora maggiore forza, quasi volesse sfondarla e spaccarla in due. Rallentò concentrato’e quando lo spinse nuovamente dentro con energia si vuotò interamente nel suo ventre. Anche questa volta la sborrata fu lunga e copiosa e quando estrasse il membro sgonfio dalla figa di Eva uscirono fiotti di sperma e liquido vaginale, misto ad un po’ di sangue.
Lacrime calde rigarono il viso della donna. Si sentiva umiliata, dolorante e esausta, ma non era ancora finita per lei. Il peggio doveva ancora venire.
L’uomo si allontanò da lei e prese di nuovo qualcosa dal tavolo. Tornò con tre mollette da bucato. Le strinse la tetta sinistra e ne mise una sul capezzolo, poi fece la stessa cosa con l’altra. Eva non emise un solo lamento, ma solo perché sapeva quello che sarebbe accaduto se lo avesse fatto. L’uomo si diresse verso il suo ventre e chiuse l’ultima delle tre mollette sul clitoride della donna. Lei vide che sogghignava.
Andò di nuovo verso il tavolo e quando lo vide riavvicinarsi a lei notò che aveva in mano qualcosa di strano: sembrava un cilindro, delle dimensioni approssimative di un grosso pene, con però gobbe e punte sulla sua superficie. L’uomo si diresse nuovamente verso il suo ventre. Eva sentì che qualcosa di freddo e voluminoso premeva sull’ingresso della sua vagina. Sussultò. No, non poteva essere! Non poteva volerlo far entrare!
E invece si. L’uomo insistette e spinse finchè quell’oggetto mostruoso non iniziò a penetrarla, lacerandola. Eva sentiva un dolore intenso e bruciante, iniziò a piangere, senza un lamento. Ognuna di quelle punte rigava le pareti della sua vagina provocando tagli e ferite, ma lui non si fermò finchè non l’ebbe infilato tutto fino in fondo. Infine attivò un interruttore e quel mostro iniziò a vibrare, lacerandola ancora di più.
Non ancora soddisfatto l’uomo prese dal tavolo della tortura qualcos’altro, ma Eva non capì subito cosa fosse. Era qualcosa di sottile e luccicante. Quando l’oggetto fu abbastanza vicino da permetterle di capire di cosa si trattava tutto intorno a lei diventò scuro e perse i sensi. Si risvegliò poco dopo, con lui che la schiaffeggiava. Si, aveva visto bene, erano due lunghi spilloni.
Eva era in preda al terrore più profondo. L’uomo impugnò la molletta stretta attorno al capezzolo sinistro e la usò per sollevarlo. Avvicinò lo spillone alla base del cappuccio marroncino e spinse, perforandole il seno. Eva si morse le labbra per non urlare e svenne nuovamente. Si svegliò mentre con il secondo spillone l’uomo stava effettuando la stessa macabra pratica.
Con la coda dell’occhio inondato di lacrime Eva vide che il pene dell’uomo era di nuovo in erezione.
Le mise le mani sulle ginocchia ele sollevò le gambe. L’attrezzo vibrante tra le sue cosce la ferì ulteriormente. Sentì l’uomo che sputava e lo vide mentre spalmava la saliva sulla cappella, per inumidirla. Ora la punta del cazzo premeva con decisione sul suo ano. Rassegnata lo lasciò fare.
Con i sensi appannati lo sentì mentre la penetrava violando anche quell’ultimo varco. Non ebbe premure e Eva sentì chiaramente il suo sangue caldo colare sul pavimento.
Piena nella figa e nel culo, con i capezzoli orrendamente martoriati, sanguinante, con il viso appiccicaticcio ricoperto di sborra, si sentì improvvisamente calda. Quegli interruttori ancestrali, anche se dolorosamente, erano stati attivati, e mentre l’uomo la fotteva con forza nel culo dandole le sue ultime pompate vigorose, lei sentì arrivare l’orgasmo. Si ricordava le parole dell’uomo, quella sarebbe stata la sua condanna a morte, ma non aveva possibilità di trattenersi.
Sentì le intense contrazioni e l’inimitabile piacere dell’orgasmo pervaderla, mentre il cazzo gonfio dell’uomo le colmava il retto di sperma.
Svenne.
Si risvegliò in un vicolo buio, nuda, ancora sanguinante e grondante sperma, dolorante ma viva, viva come non lo era mai stata.

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