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Racconti di Dominazione

Una donna nuova

By 21 Aprile 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Quella sera scese dalla macchina contenta, sia perché la sua lunga e faticosa giornata di lavoro era finalmente terminata, sia perché tornava a casa e, dopo i mesi trascorsi da sola, avrebbe trovato qualcuno ad aspettarla. Ci aveva messo molto tempo a trovare quella adatta, quella che le ispirava fiducia e la giusta dose di soggezione. Si chiamava Barbara, ma aveva detto in molti la chiamavano Barbi, era la sua nuova ragazza alla pari, al suo primo giorno di lavoro. Avevano deciso che avrebbe vissuto con lei, la sua casa era grande, non era stato difficile convincerla che la stanza degli ospiti poteva andare più che bene. Aveva portato lì le sue cose e sembrava soddisfatta della sua nuova sistemazione. Dopo una vita di privazioni e lavori tristi e umilianti, Barbi era contenta di aver trovato una donna elegante, seria e abbastanza facoltosa da garantirle una casa e uno stipendio niente male. Le sue mansioni riguardavano la cura della casa, del giardino, della cucina e l’assistenza alla signora 24 ore su 24. Era quello che la signora aveva chiesto, una ragazza giovane e dinamica che fosse capace di risolverle tutti i problemi in casa, cosa che Barbi aveva tradotto in una che le doveva rendere la vita facile. E a Barbi stava più che bene.
Così, tornando a casa, si era immaginata come Barbi l’avrebbe accolta e cosa avesse fatto in casa nel suo primo giorno. Entrò, posò la borsa e la giacca all’entrata e sentì subito una voce squillante e allegra salutarla con un caloroso “Buonasera, signora”. Le venne da sorridere e andò in cucina a salutare la sua nuova ragazza. Sì, l’aveva scelta proprio bene, gentile, simpatica e molto carina. Era stato il suo aspetto a convincerla subito: Barbi era mora, con la pelle chiara, un viso solare adornato da occhi scuri e profondi e da labbra carnose, minuta ma con delle splendide curve nei punti giusti, una terza abbondante di seno e un sedere ben fatto e sodo che riempiva a pennello la taglia 42 dei suoi jeans. Fu contenta di vedere che si era subito messa a suo agio, come se fosse davvero casa sua, ma pensava che presto le avrebbe fornito delle vesti più adeguate al suo ruolo, delle divise, magari, sia perché i suoi ospiti non potessero pensare che la sua colf facesse di testa propria e sia perché così l’avrebbe costretta a vestire secondo i suoi gusti. Non aveva mai pensato, mai una volta in vita sua, di potersi definire omosessuale, le piacevano gli uomini, senz’altro. Ne aveva avuti diversi, non molti ma un numero adeguato per affermare senza dubbio di desiderare l’altro sesso in tutto e per tutto, dall’avventura di una notte, alla storia seria per costruire un futuro insieme. Sì, ma insieme all’uomo giusto, che ancora non si era visto. Perciò, aspettando il suo arrivo, aveva deciso di dedicarsi alla realizzazione del suo desiderio, della sua più grande fantasia sessuale che non aveva mai avuto il coraggio di portare a compimento: avere una ragazza tutta per sé, per il suo divertimento, che facesse tutto quello che le veniva in mente senza esitazioni, che la servisse e che si mettesse a sua completa disposizione. Spesso si era scoperta a guardare delle ragazze per strada e ad esaminarle come farebbe un uomo, era attratta dalle belle forme, dai corpi armoniosi e dai visi puliti e delicati, tutte cose che era riuscita a trovare in Barbi. Era la prima volta che permetteva ad una persona sconosciuta di intrufolarsi in casa sua e sperava di non doversene pentire. Durante il colloquio, una settimana prima, era quasi certa che fosse riuscita a leggere negli occhi di Barbi una predisposizione alla soggezione e alla dipendenza, era stato quel suo modo di rispondere alle sue domande, di spalancare gli occhi se credeva di sbagliare e di farsi rossa al minimo accenno alla sua vita passata. Quindi, dando per scontato che avesse trovato la persona adatta al primo colpo, ora si chiedeva come avrebbe fatto a raggiungere il suo scopo, come avrebbe tentato l’approccio, se stabilire subito delle regole precise che lei poteva accettare o meno, rischiando di perderla, o se conquistare la sua fiducia e avvicinarsi a lei con calma per portarla alla giusta condizione di remissività. Dopo un’analisi della situazione, aveva scartato la prima possibilità: aveva aspettato troppo a lungo per correre il pericolo che scappasse via impaurita dalle sua richieste. E poi il suo sogno prevedeva che Barbi desiderasse essere comandata almeno quanto lei desiderava comandare.
Così, con l’animo in subbuglio e i nervi un po’ tesi, ricambiò il saluto di Barbi e si sedette a tavola per cenare. Avevano già deciso che Barbi non avrebbe mai mangiato con lei, salvo in casi eccezionali che lei avrebbe definito. La cena era buona, Barbi se la cavava abbastanza e le fece i complimenti accompagnati immediatamente dal rossore delle sue guance. Quello che però le piacque di più fu poterla guardare mentre la serviva al tavolo, mentre si abbassava a porgerle il piatto e mentre si allontanava agitando il sedere.
“Allora Barbara, com’è andato il primo giorno?”
“Molto bene, grazie. Devo ancora imparare tante cose della casa, ma mi piace molto. Oggi ho cominciato le pulizie del piano terra e della veranda, domani pulirò il primo piano.”
“Bene, ti sento soddisfatta. Quando finisci qui, vieni nello studio che facciamo una chiacchierata.”
Era piena di buonumore, sentiva che il suo sogno si stava avverando. Andò nello studio per riflettere sul da farsi e decise che avrebbe iniziato in modo molto soft.
Quando Barbi entrò, era seduta alla sua scrivania.
“Entra, siediti.”
Le mostrò la sedia dall’altro lato della scrivania. Notò subito il suo modo di sedere: in punta della sedia, con le gambe unite, le mani incrociate e la testa leggermente bassa. “Dunque, Barbi. Ti darò delle divise che dovrai indossare ogni giorno tranne, ovviamente, nel tuo giorno libero, che io fisserei il mercoledì, perché di solito lavoro fino a tardi e non mi serve che rimani in casa.”
“Va bene.”
“Durante la giornata svolgerai tutte le faccende domestiche. Se io sono in casa, non mi interessa che tu pulisca o metta in ordine, devi occuparti di me e delle cose di cui ho bisogno. Quando verranno ospiti, tu non baderai alla cucina, mi servo dei catering da anni, devi solo servire, non parlare se non sei interpellata e, chiaramente, comportarti nel migliore dei modi. Durante il tuo giorno libero, puoi fare quello che desideri, uscire o restare qui, per me non fa differenza, l’importante è che io sappia quali siano i tuoi programmi. Non desidero che tu inviti qualcuno a casa e se dovessi stare male mi occuperò io di procurarti un dottore e le cure necessarie. Non mi piacciono le bugie, in nessun caso: se ti dico di fare una cosa e non la fai devi dirmi il perché e deve essere la verità, se mi accorgo che hai mentito perderai tutta la mia fiducia. Non ho intenzione di rendere il tuo lavoro qui duro o difficile e se rispetterai me e queste poche regole andremo d’accordo a lungo. Tutto chiaro?”
“Sì, tutto chiaro. Avrei solo una domanda.”
“Dimmi pure.”
“Se dovessi trasgredire una di queste regole, cosa potrebbe accadere?”
“Dovrai subire una punizione, che, secondo i casi, può riguardare una diminuzione dello stipendio o qualcosa che dovrai fare tu per farti perdonare. In ogni modo, speriamo non debba accadere, vero?”
“Sì, speriamo….”
Ma non sembrava convinta, forse perché credeva di non riuscire a rispettare tutti i regolamenti della signora, aveva paura di sbagliare e forse temeva anche le… punizioni, o forse no, sperava di scoprirlo presto.
“Allora, buonanotte Barbi. Domattina mi sveglierai alle sette in punto e voglio trovare la colazione pronta e il bagno pulito per una doccia.”
“Buonanotte, signora.”
Si alzò e lentamente uscì dalla stanza. Lei rimase a gongolarsi sulla sua poltrona pregustando il risveglio del mattino dopo.
Le giornate continuavano tranquille, Barbi non aveva fatto il minimo passo falso, svolgeva benissimo i suoi compiti e non le faceva mancare nulla, era sempre pronta quando la chiamava e lavorava velocemente. Per dieci giorni non aveva avuto tempo né modo di fare altri passi avanti, fino alla sera in cui tornò a casa con una busta grande che porse a Barbi appena entrata in casa.
“Dove devo metterla?”
“Dove desideri, Barbi. E’ per te.”
“Per me? Oh, grazie. Ma cos’è?”
“Aprila, finalmente sono riuscita a trovarti quello che cercavo. Ci ho messo un po’, ma posso ritenermi soddisfatta. Spero ti piaccia.”
Gli occhi di Barbi brillavano. Aprì la busta emozionata e sul suo viso si stampò un sorriso quando capì di cosa si trattava. Era la sua divisa, un vestitino nero corto fino a metà coscia, con un corpetto chiuso con delle fibbie sulla schiena e con ampio decolleté, un grembiulino bianco appuntato sul seno e legato in vita e un elastico di merletto per raccogliere i capelli. In più, c’erano delle leggere calze autoreggenti bianche e un paio di scarpe nere con il tacco alto che si chiudevano con un laccio alla caviglia.
“Mi piace, eccome! E’ semplice e seria, non avrei mai pensato di indossare una divisa del genere. Spero mi stia bene, è un po’ corta, forse mi si vedrà troppa roba.”
“Si vedrà quello che si deve vedere, non farti problemi, starai benissimo. Quando l’ho comprato pensavo proprio al tuo corpo e alle tue misure. Provalo subito, voglio dimostrarti che ho ragione.”
Il viso di Barbi diventò rosso fuoco, si strinse nelle spalle come per non dare peso a quello che aveva appena detto la signora e prese il vestito e andare a cambiarsi, ma la sua mano la fermò.
“Dove stai andando, provalo qui, anche perché, vedi, dietro è allacciato e, perlomeno la prima volta, ti devo far vedere come devi fare a stringere i nastri.”
“Ma… io… veramente…”
“Avanti, niente ma. Non hai nulla di cui vergognarti, voglio essere sicura di aver scelto bene.”
Barbi posò sul tavolo della cucina le cose nuove e iniziò lentamente a togliersi i suoi vestiti di dosso. Non riusciva a guardare in faccia la signora, non sapeva come muoversi. Decise di cominciare dai jeans: si girò di spalle, slacciò i bottoni e pian piano li fece scorrere sui fianchi e poi fino a terra, piegandosi lievemente in avanti e mostrando i glutei, coperti da un semplice slip di cotone bianco. La signora ammirò compiaciuta, pensando a come fosse morbida la pelle di Barbi. Dopo tolse la maglietta sfilandola dalla testa, lasciando il reggiseno e senza riuscire ancora a voltarsi.
“Avanti, girati. Credo che tu debba levare anche il reggiseno, Barbi.”
“Anche quello? Ma devo stare senza?”
“Certo, questo corpetto non ne ha bisogno, è fatto apposta!”
Barbi si sentiva molto imbarazzata, ma non riusciva proprio a dirle di no. Si girò e stavolta la guardò con occhi imploranti, sperando di convincerla senza parlare, ma non ci fu nessun cenno di comprensione, la signora non disse nulla, sembrava fosse solo in attesa che Barbi facesse quello che le era stato chiesto. E così lo fece, slacciò i ganci del reggiseno, ma continuò a tenerlo su con le mani. A quel punto, abbastanza spazientita, la signora si avvicinò a Barbi, così vicino da sentire il suo respiro accelerato, e allontanò le sue mani, tirando via bruscamente il reggiseno, buttandolo sul tavolo. Barbi sobbalzò, stupita dal movimento rapido della signora e quasi non ebbe il tempo di comprendere che era rimasta quasi nuda davanti ad una donna. Quando se ne rese conto, non riuscì a capire cosa stesse provando: non era vergogna, irritazione o nervosismo, si sentiva quasi compiaciuta e contenta, anche se faceva di tutto per non farlo notare, aveva paura che se la signora avesse sospettato che non si sentiva in imbarazzo, l’avrebbe presa per una ragazza poco seria o, peggio ancora, per una depravata. Non poteva immaginare che la signora voleva proprio quello, guardare il suo corpo nudo in ogni punto e sapere che Barbi l’avrebbe lasciata fare senza reagire. Stava ammirando la forma delle sue tette, tonde e sode, immaginava come potessero essere morbide e compatte al tatto, ne era come ipnotizzata. Ma la cosa che più la attirò fu notare che i capezzoli erano turgidi e duri, forse solo per il cambio di temperatura improvviso, anche se lei sperò che fosse dovuto all’eccitazione del momento. Intanto Barbi si accorse che lo sguardo della signora era fisso sul suo seno.
“Signora, c’è qualcosa che non va? Preferisce che mi rivesta?”
“No, no. Va tutto bene, è solo che hai due tette davvero splendide! Sono più grandi delle mie, mi chiedevo quanto fossero sode…”
“Beh’, grazie, io…”
“Non devi vergognarti, un seno così dovresti farlo vedere a tutti, è una favola! Non ti dispiace se lo tocco, vero? Vorrei proprio sentire come sono morbide.”
“Ma, signora! Io non credo che sia il caso, forse non…”
Barbi indietreggiò leggermente provando a coprirsi, ma non le fece neanche finire la frase, aveva già allungato le mani sul petto della ragazza senza sentire ragioni. Barbi rimase immobile, non sapeva che fare o se fare qualcosa, mentre la signora cominciò col soppesarle le tette, prima una e poi l’altra, quindi passò a stringerle e a palparle in ogni centimetro. Quello che stava provando andava al di là di ogni sua aspettativa, era una sensazione fantastica, erano morbide e sode, pesanti ed elastiche, si eccitò così tanto che non pensò a quello che stava provando Barbi, non le venne in mente di capire che reazione potesse avere, pensava solo a prolungare il suo piacere il più a lungo possibile. L’unica cosa che notò fu che Barbi rimase immobile, respirava ritmicamente e sembrava quasi assecondare i suoi gesti. Rallentò i movimenti per alzare lo sguardo e quello che vide la lasciò incredula ed entusiasta: Barbi aveva gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta. Non ci poteva credere! Le stava piacendo, stava ferma non perché era intimorita o smarrita, ma perché si stava eccitando, si era lasciata andare e si stava facendo toccare le tette proprio come lei desiderava. Era un’esperienza unica, quello che aveva sempre sognato si stava avverando e non era stato per niente difficile, aveva scelto davvero la ragazza ideale, aveva visto giusto e, con una corretta intuizione e una buona dose di fortuna, si trovava di fronte la ragazza che desiderava. E la cosa che la riempiva di gioia e di eccitazione era che Barbi avrebbe vissuto con lei per tutto il tempo che desiderava, poteva disporne ogni volta che voleva.
Si bloccò di colpo, Barbi aprì gli occhi e si nascose in fretta il seno arrossendo, come se così avrebbe potuto liberarsi delle sensazioni che aveva provato e che non riusciva a comprendere.
“Va tutto bene, Barbi. Non devi preoccuparti, è successo solo quello che volevi succedesse, ora calmati e dimmi cosa hai provato.”
Prese un po’ di tempo, la sua respirazione tornò normale e iniziò a parlare con un filo di voce.
“Non so di preciso cosa mi sia successo, non avrei mai pensato di trovarmi in una situazione del genere. Non sono riuscita a dirle di no, lei è stata così dolce. Ho sentito un calore sul seno e in mezzo alle gambe, è stata una sensazione bellissima, come se mi stessi sciogliendo. Ma perché l’ha fatto?”
“Perché tu mi piaci, Barbi, mi piaci molto e voglio che tu diventi mia. Ora vestiti e vieni nello studio, voglio parlarti.”
Barbi si vestì lentamente, ancora in subbuglio per quello che era successo, non era sicura fosse accaduto veramente, forse l’aveva solo immaginato, no, non poteva essere vero! Indossò con precisione ogni pezzo della sua divisa, restando con il corpetto notevolmente largo perché non era davvero riuscita a stringerlo del tutto e, leggermente in bilico sui tacchi alti, si avviò verso lo studio della signora. Prima di entrare, si fermò solo pochi secondi per guardarsi nello specchio dell’entrata col suo nuovo completo di lavoro: ora era una vera cameriera di classe, si trovò quasi perfetta, se non fosse per la scollatura un po’ troppo abbondante che metteva in mostra poco meno della metà delle sue tette e per la gonna così corta che piegandosi avrebbe fatto vedere anche lo slip, oltre che tutte le cosce. Ma adesso aveva altro di cui preoccuparsi, la signora la stava aspettando e non riusciva a immaginare di cosa avrebbe voluto parlarle. Si affacciò adagio alla porta, la signora la vide subito e le disse di entrare e sedersi alla solita sedia. Ci fu un momento di silenzio che a Barbi sembrò interminabile, non si mosse e continuò a guardarla negli occhi per cercare di intuire ciò che le avrebbe detto, mentre lo sguardo della signora si muoveva fra il suo viso e il suo seno ben in vista. Infine, la signora iniziò a parlare.
“Dunque, Barbi. Credo che ora dovremmo rivedere un po’ le tue regole e i comportamenti che io vorrei che tu tenessi d’ora in poi. Sei d’accordo?”
Ovviamente non si aspettava nessuna risposta, doveva essere d’accordo.
“Non so, signora, credo di sì.”
“Bene. Allora ascoltami attentamente: dovrai fare tutto ciò che ti chiedo e come te lo chiedo, non devi mai contraddirmi, mi comporterò come meglio credo con te e, soprattutto, con il tuo corpo. Devo ammettere che mi sei piaciuta fin dal primo giorno e, vedendoti nuda, mi sei piaciuta ancora di più. Hai un corpo splendido, mi ha conquistata ed ora desidero solo goderne in ogni modo e in ogni momento. So che la cosa può sembrarti inaccettabile, ma ti assicuro che non farò niente che tu non desideri quanto me, voglio solo che tu riesca a lasciarti andare come hai fatto oggi, senza pensare se sia giusto o sbagliato, voglio che tu riesca a mostrarti per quello che sei e al resto penserò io. Ora dimmi cosa ne pensi.”
“Io… signora… non so cosa pensare, so solo che non riesco a dirle di no. Io voglio provare…”
“Barbi, sei stupenda. Adesso vieni qui, accanto a me.”
Barbi si alzò un po’ spaurita e si avvicinò alla signora che aveva girato la sedia per trovarsela di fronte, la guardò e vide nei suoi occhi forza e sicurezza e si lasciò andare, decise che la signora sarebbe diventata la sua forza e la sua sicurezza e non si fece più domande.
“Girati, devo stringerti per bene le fibbie del corpetto, non può rimanere così largo.”
Si girò e la signora cominciò a tirare entrambe le fibbie, più di quanto lei si aspettasse, per un attimo si sentì mancare il respiro.
“Signora, forse ora sono troppo strette.”
“Non mi sembra di aver chiesto il tuo parere. Posso stringere ancora di più, se devi lamentarti. E comunque, d’ora in poi, puoi chiamarmi Padrona.”
“Va bene, Padrona. Non voglio lamentarmi.”
“Bene. Ora appoggiati con la pancia sulla scrivania e allarga le gambe.”
Barbi si appoggiò e la sua gonnellina salì notevolmente, la Padrona doveva avere un bello spettacolo delle sue gambe. Con suo grande stupore, sentì che si stava eccitando, la sua figa era bagnata e calda, si era dischiusa a questo nuovo piacere e non se lo sarebbe mai immaginato. Senza dire una parola, la signora le si avvicinò da dietro, alzò la gonna al di sopra delle sue natiche e vide uno dei più bei culi che avesse mai visto. Si eccitò come non mai e, senza perdere tempo, in un attimo le abbassò le mutandine, gliele sfilò e afferrò le natiche di Barbi che nel frattempo non si era mossa e non respirava neanche per paura che la signora potesse fermarsi da un momento all’altro.
“Allarga un altro po’ le gambe, tesoro, e inarca la schiena. Avanti, Barbi, mostrami il tuo culo, fammi vedere il tuo buchino, voglio capire quanto ce l’hai sensibile.”
Barbi obbedì e la signora affondò le mani su quella pelle morbida e soda, quando ne fu soddisfatta, senza esitazioni, accarezzò delicatamente il buco e vi infilò svelta l’indice, facendolo girare e spingendolo sempre più in fondo. Barbi non riuscì più a trattenersi e iniziò ad ansimare e fare dei gridolini che fecero eccitare ancora di più la signora che tolse il dito dal buco per rientrarci con due e poi tre dita, allargando e spingendo, facendo forza contro la naturale resistenza di Barbi. La ragazza ora sembrava proprio lamentarsi, di sicura non era abituata a quel tipo di penetrazione, ma la sua Padrona non si fermava.
“Bene, è molto sensibile, ma non elastico come vorrei. Poco male, lo diventerà. Ti stai facendo male, vero, piccola? Non devi abbassare il culo, tiralo su e tieni le gambe ferme e larghe. Non mi piace ripetere le cose più di una volta, devi obbedire subito. Per questo sarai punita. Ora non ti muovere, qualsiasi cosa ti faccia, hai sentito?”
“Sì, ho sentito.”
Tolse le dita dal buco di Barbi, aprì il primo cassetto della sua scrivania e tirò fuori un righello lungo trenta centimetri.
“Ora ti darò un piccolo assaggio di punizione. Non ti muovere e conta ogni colpo.”
Barbi non capiva, cosa doveva contare? Che cosa erano i colpi?
Lo capì subito. La signora cominciò a colpirla sulle chiappe col righello. Al primo colpo Barbi rimase senza fiato per il dolore improvviso e per lo stupore e non ebbe la prontezza di iniziare a contare. La signora la tirò per i capelli verso di lei, facendole inarcare ancor di più la schiena e quasi le gridò in faccia.
“Ma allora non hai capito! Ti ho detto di contare. Per questo avrai un’altra punizione.”
“Mi scusi, Padrona. Non volevo..”
“Zitta e ricominciamo.”
Altro colpo, più vigoroso del precedente e poi altri ancora, in punti sempre diversi. Barbi si faceva forza ad ognuno e continuava a contare.
“U.. uno, due, tre..”
Arrivò a diciannove, con il culo in fiamme e si aspettava un altro colpo come i precedenti, ma la signora mise il righello parallelo alle cosce di Barbi e le diede un colpo proprio sulla figa aperta e senza alcuna protezione. Barbi non contò, emise solo un grido e sbarrò gli occhi. La signora rise e le accarezzò le grandi labbra, estasiata.
“Povera piccola, ti ho fatto male? A giudicare dalla quantità di umori che stanno colando dalla tua vagina non si direbbe. La mia dolce cameriera insolente e depravata si è eccitata, le piace essere picchiata. E mi sa che le piace anche sentire le mie dita nella sua calda fighetta, vero?”
“Sì, sì. Mi piace, signora. Non mi è mai piaciuto tanto.”
Iniziò a mugolare e muoversi verso le dita con maggior foga, era fuori di sé per l’eccitazione. La signora lo capì e si ritenne la donna più fortunata al mondo. Volle ripagare Barbi per lo stupendo regalo che le stava facendo e, inginocchiandosi, cominciò a leccare avidamente quella figa che le stava dando delle sensazioni stupende. Non lo aveva mai fatto e seguì l’istinto: prese a succhiare il clitoride, a giocarci con la lingua e infilò due dita nell’apertura fradicia di umori, senza darle un attimo di tregua. Barbi iniziò a gemere sempre più forte, si buttava su quelle dita che la tormentavano e la deliziavano, riuscì a prendere lo stesso loro ritmo, teneva gli occhi chiusi e concentrò tutta se stessa sulle contrazioni della sua vagina, finché giunse l’orgasmo, il più forte che aveva mai provato, si mise ad urlare, si agitava, era scossa da fremiti per tutto il corpo e le batteva il cuore all’impazzata. Lentamente si calmò, riprese fiato e riaprì gli occhi; alzò la testa sulla spalla e vide la signora ancora in ginocchio dietro di lei, non sapeva cosa fare. La signora tolse le dita dalla figa e le avvicinò alla sua bocca.
“Lecca, tesoro, inizia a conoscere il tuo sapore e ad apprezzarlo.”
Barbi guardò le dita e, con cautela, aprì le labbra, le richiuse sulle dita impregnate del suo succo e iniziò a leccare. Non ci avrebbe mai creduto, ma le piacque il suo sapore, chiuse gli occhi, succhiò e pulì tutto.
“Brava, Barbi. Sei stata magnifica. Hai una figa stupenda e, da come ha reagito, credo proprio che ci divertiremo insieme. Dovresti vedere il tuo culo, tutto rigato dai miei colpi, è davvero uno spettacolo. Ora alzati. Dopo aver provato il tuo sapore, voglio che impari a conoscere il mio.”
Così dicendo, si tolse la gonna e il tanga, ormai zuppo, e si sedette sulla sua poltrona.
“Inginocchiati e leccami la figa, voglio un bel lavoro, non farmi pentire dei complimenti che ti ho fatto.”
Barbi, ancora turbata dal recente orgasmo, si mise ai suoi piedi, guardò le grandi labbra della sua Padrona e le trovò eccitanti e sensuali, ma non sapeva da dove avrebbe dovuto cominciare.
“Avanti, tesoro, non aver paura, non ti morde. Inizia a leccare il clitoride, succhialo come se fosse un piccolo pene, usa anche le dita.”
Barbi si avvicinò e toccò la figa della signora, scoprì che era molto calda e morbida, ne fu attratta e si lasciò andare: fece esattamente quello che le aveva chiesto e seguì i sospiri della signora per capire se lo stava facendo bene; si impegnò con tutta se stessa, non voleva deluderla, leccò, succhiò e mosse le dita dentro e fuori, alternò la lingua alle dita, infilò una, due dita, più andava in fondo più la signora si contorceva, dava colpetti con la lingua al clitoride che divenne turgido e molto sensibile e assaporò quel succo avidamente, scoprendo che le piaceva da impazzire. Fu così brava che la sua signora non ci mise molto a raggiungere l’orgasmo, che fu violento e profondo come quello che aveva procurato a lei e ne fu compiaciuta. La signora ci mise un po’ a riprendere fiato, era stato un orgasmo sconvolgente, uno dei più forti, forse anche perché lo aveva atteso tanto. Aprì gli occhi e vide Barbi ferma ai suoi piedi. Le accarezzò la testa e le sorrise.
“Sei stata bravissima, ma puoi migliorare. Ora alzati, rivestiti e vai a pulirti. Tra venti minuti voglio cenare.”
“Sì, vado subito.”
“Come devi dire? Sì…”
“Sì, Padrona.”
“Brava. Ora vai.”
Barbi si alzò confusa, riprese i suoi slip e uscì in fretta dalla stanza. La signora rimase seduta alla sua poltrona ripensando a quello che era successo e godendosi attimi di vera felicità. Notò con piacere che le veniva bene comandare e maltrattare la povera Barbi, che si era adattata immediatamente al suo ruolo di serva ubbidiente, doveva piacere anche a lei sentirsi sottomessa, voleva solo scoprire fina a che punto.
La cena si svolse normalmente, la signora si comportò come al solito e si mise a chiacchierare come se niente fosse successo. Dopo cena, diede la buonanotte alla ragazza e si ritirò nella sua stanza. Aspettò una mezz’oretta che Barbi sistemò tutto in cucina e, quando non sentì più rumori, uscì dalla sua stanza e si avviò verso la stanza della ragazza. Aprì la porta senza neanche bussare, facendo spaventare Barbi che si stava spogliando per mettersi a letto. Era quasi nuda, ma stavolta non fece niente per coprirsi.
“Sei ancora in piedi? Meglio. Volevo parlare con te.”
“Mi dica.”
“Ho pensato a quello che è successo: ti è piaciuto, vero?”
“Beh’, ecco… sì, molto”
“Bene. Ora finisci di spogliarti e inginocchiati con le gambe larghe.”
Barbi ubbidì subito, si levò le calze e lo slip e si inginocchiò davanti alla sua Padrona. La signora si mise dietro di lei.
“Alza le braccia.”
Afferrò i suoi polsi con la mano sinistra e con l’altra iniziò a schiaffeggiare il seno destro di Barbi, ad ogni schiaffo una frase.
“Chi sono io per te, Barbi?”
“Ahi, … la mia Padrona”
“Quindi posso fare con te quello che voglio, vero?”
“Sì, … ahi… quello che vuole.”
“Tu puoi disubbidire?”
“Ahi, no, non posso.”
Invertì le mani, colpendole ora il seno sinistro.
“Perché ti piace essere maltrattata, vero, Barbi?”
“Sì, …ahi, mi piace.”
“Sarai la mia schiava?”
“Sì, la sua schiava.”
“Farai tutto quello che ti ordinerò di fare?”
“Sì, qualunque cosa.”
Le diede altri quattro schiaffi, più forti dei precedenti, poi lasciò le sue braccia e tornò davanti a lei.
“Ora alzati e seguimi.”
La signora uscì dalla stanza seguita da Barbi e salì la scale, diretta verso la sua stanza.
“Stanotte voglio che dormi con me, nel mio letto, nuda. Domattina, tu ti alzerai al tuo solito orario senza disturbarmi, mi preparerai la colazione e, alle sette, voglio che mi svegli leccandomi la figa, tutto chiaro?”
“Sì, Padrona, tutto chiaro.”
Si misero a letto e la signora si addormentò con una mano sul seno di Barbi, stringendolo e tirandole i capezzoli.

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