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Racconti di Dominazione

Ventisette

By 23 Maggio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Venerdì scorso, all’uscita dal lavoro, sono andata con la mia amica Lucia a fare un po’ di compere in centro.
‘Dai, Elena’, mi ha detto quando mi ha vista titubante, ‘facciamo presto, poi ti riaccompagno a casa con la macchina’.
Io e Lucia ci conosciamo da molti anni, siamo state assunte insieme, allora eravamo due ragazze molto giovani, ora siamo due signore, diciamo molto ben conservate.
Lucia era bellissima, mi ricordo che i primi giorni, in ufficio, aveva tutti gli uomini intorno: alta, con un corpo perfetto ed un visino angelico, vestiva in maniera classica ed elegante, con degli abitini aderenti, che mettevano in mostra le sue forme perfette, ma anche oggi, nonostante abbia passato la cinquantina, ha ancora un fisico invidiabile, ed i suoi tailleur attillati le stanno benissimo, a giudicare dagli sguardi dei colleghi.
Non è che io sfiguri troppo al suo confronto, diciamo che sono un tipo più sportivo, della serie jeans o, al massimo, se voglio far colpo, una gonna un po’ corta, perché ho ancora due discrete gambe.
Certo, sono nell’età in cui le donne tendono ad ingrassare e sto cercando di contenere l’inevitabile aumento di peso, o meglio, sto cercando di indirizzarlo, dove può nuocere di meno. Insomma, ho messo su un filo di pancia, ma il grosso della ciccia si è concentrato sul culo e, soprattutto, sulle tette.
Ho sempre avuto le tette grandi e adoro magliette e camicie un po’ scollate, perché mi piace quando gli uomini sbirciano dentro la scollatura, per carità, la cosa si è sempre fermata lì, si trattava di una piccola innocente provocazione.
Abbiamo fatto dei discreti affari ed ora stiamo tornando alla macchina.
Lucia lascia sempre l’auto nel parcheggio dietro le mura e, visto che non è ancora buio, decidiamo di passare per il parco, piuttosto che fare tutto il giro.
Il parco, la notte non è un posto raccomandabile, perché è frequentato da drogati e balordi, ma di giorno, anche se è un po’ isolato, è considerato sicuro.
Camminiamo una a fianco all’altra, cercando di non sporcare le scarpe con la terra del vialetto.
Lucia indossa un tailleur turchese, aderente e scollato, e cerca di stare attenta a non inciampare, visto che ha delle scarpe con dei tacchi niente male.
Io, con i miei stivali neri, più bassi e con il tacco bello grosso, me la cavo molto meglio e avanzo decisa, con i seni che si muovono leggermente dentro la camicetta.
‘Palla!’
La voce, giunta improvvisamente, ci fa fermare, mentre vediamo un pallone da calcio che rotola lentamente e si ferma proprio davanti a noi.
Io da ragazza sono sempre stata un po’ cavallona e spesso giocavo a pallone con i miei amici, così faccio due passi in avanti e calcio il pallone, di piatto, verso il tipo che ha parlato.
Proprio di lato a dove siamo c’è un campetto di calcio, nel senso che il comune, parecchi anni fa ha messo le porte. Ora le reti non ci sono più e sono restati solo i pali, ma i ragazzi spesso ci vengono a giocare.
è in corso una vera e propria partita, hanno addirittura le maglie ed i pantaloncini uguali, ed ora stanno aspettando il pallone per riprendere il gioco.
Il mio calcio è stato fiacco ed il ragazzo deve avanzare verso di me per recuperare il pallone.
Mi accorgo che mi sta guardando con interesse e, lo ammetto, la cosa un po’ mi lusinga.
‘Dai, Gianni, vuoi fare notte?’, gli dicono dal campo.
Ma lui rimane fermo, con il pallone stretto tra le mani, e gli occhi puntati su di me.
Ne sono sicura, il suo sguardo è fisso sui miei seni a malapena contenuti dalla camicetta che, ad essere sincera, mi va un po’ stretta, ma mica posso rifare il guardaroba solo perché mi si sono un po’ ingrandite le tette?
‘Grazie’, mi dice, e poi aggiunge, a mezza bocca, ‘bella topona.’
Sono rimasta di sasso e torno verso Lucia, che non ha sentito l’ultima frase.
Istintivamente allungo il passo, perché lo sguardo del ragazzo mi ha dato delle strane vibrazioni, sono preoccupata, insomma, anche se è ancora giorno, perché il posto è comunque un po’ isolato.
Non dico niente a Lucia delle mie preoccupazioni e, ovviamente, evito di guardare verso il campetto, dove intanto i ragazzi hanno ripreso a giocare, almeno a giudicare dai rumori che sento.
Ci hanno sbarrato la strada dopo qualche decina di metri, è un gruppetto di cinque o sei, con in testa quello della topona. Lucia mi guarda stupita e in quel momento mi sento prendere da dietro.
Siamo circondate, da una decina di ragazzi molto giovani, forse qualcuno è pure minorenne, insomma potrebbero essere i nostri figli, sudati ed in tenuta da calcio, che lentamente ci spingono verso la siepe che costeggia il vialetto.
Le mani sul culo e sulle tette, ci stanno palpeggiando, mentre ci allontanano dalla strada e Lucia si mette a gridare, ma io rimango in silenzio, come inebetita.
Nella siepe c’è un varco e al di là ci sono quattro panchine, dove loro hanno ammassato i borsoni con i vestiti.
Mentre due di loro mi tengono le braccia dietro la schiena, quello che si chiama Gianni, inizia a sbottonarmi la camicetta.
‘Madonna, che tette che tieni, topona morona’, mi dice mentre mi carezza i capelli neri e ricci che mi scendono sulle spalle.
Quando ha finito di aprire i bottoni, passa velocemente le mani dietro la mia schiena e fa scattare i ganci del reggiseno.
I miei seni, non più trattenuti, si appoggiano mollemente sul busto, certo, quando avevo vent’anni, si tenevano più su, ma non sono proprio male, neanche ora.
Accidenti, Elena, ma che cavolo ti metti a pensare, questi ti fanno la festa. Ma no, al massimo si limiterà a toccarti un po’, ha detto che gli piacciono le tue tette, tuttalpiù si limiterà a toccartele, che poi non ti dispiace troppo, vero?
Infatti comincia a palpeggiarmi i seni, mentre Lucia, che non riesco a vedere, perché è dietro di me, continua a gridare.
Sarà pure poco più di un ragazzino, ma ci sa fare, ha un bel tocco e, quasi subito, mi ritrovo i capezzoli duri e gonfi e comincio a respirare con le labbra semi aperte.
‘Adesso alla topona gli facciamo fare un bel giochino’, dice Gianni rivolto agli altri.
Mi sdraiano sulla panchina, che intanto hanno liberato dai borsoni e lui mi si mette a cavalcioni.
Mi accorgo che si è tolto pantaloncini e mutande, rimanendo solo con la maglietta da calcio, gli scarpini ed i calzettoni.
Se lo tiene tra le mani e si sposta un po’ in avanti, sedendosi praticamente sul mio ventre.
A questo punto inizio a protestare, perché la cosa sta prendendo una brutta piega, ma lui non mi sta neanche a sentire, poggia il pene semi eretto in mezzo ai miei seni, e poi li stringe forte con le mani.
‘Adesso con le tue tettone ci facciamo un bel panino con il wurstel’, mi dice mentre inizia a muoversi avanti e indietro.
Nel frattempo qualcuno mi allarga le gambe e inizia a toccarmi in mezzo alle cosce, mentre non sento più Lucia lamentarsi, forse l’hanno lasciata in pace e si stanno dedicando solo a me.
Tutti questi maneggiamenti stanno avendo i loro effetti, ma cerco di non darlo a vedere, ci manca pure che gli faccio capire che mi sto eccitando.
Improvvisamente, come è iniziato, finisce tutto: il ragazzo si toglie da sopra di me e mi rimettono in piedi.
Sono scombussolata: spettinata, con la camicetta aperta ed i seni di fuori, le mutandine abbassate fine a metà coscia e combattuta tra il desiderio di scappare il più lontano possibile da loro e la voglia di arrivare fino in fondo.
Ma non è affatto finita, perché Gianni mi poggia le mani sulle spalle e, in maniera ferma e decisa, mi costringe ad abbassarmi, fino a farmi toccare terra con le ginocchia.
La mia bocca è proprio di fronte al suo pene eretto ed io faccio l’unica cosa possibile, in quel caso: apro le labbra e lui me lo spinge dentro.
è venuto quasi subito, incitandomi, dicendo che farsi fare un pompino da una bella topona stagionata, era il massimo.
Sono rimasta un attimo ferma, senza fiato, con lo sperma caldo che mi scolava sul mento, e, in quel momento, mi è giunto alle orecchie il suono della voce di Lucia. Si lamenta ancora, ma in maniera diversa, insomma ho l’impressione che non sia troppo scontenta di quello che le sta capitando.
Lui si è tolto ed un altro ha preso il suo posto, si è sfilato agilmente pantaloncini e mutande ed ha cercato di infilarmelo in bocca.
Io gli ho fatto cenno di aspettare un attimo, ho sputato un paio di volte in terra, poi l’ho preso delicatamente tra le mani ed ho cominciato a lavorarmelo perché era moscio. è diventato duro subito, sono giovani, con mio marito devo darmi parecchio da fare, ormai, prima che raggiunga un’erezione decente.
Si è svuotato anche lui nella mia bocca, mi ha fatto una carezza sulle tette ed ha lasciato il posto ad un altro.
Insomma ho dovuto accontentare tutti, entrambe le squadre, riserve comprese. Li ho contati, ventisette, sì, ho fatto ventisette pompini, di seguito, uno dietro l’altro, io che mi sono sempre un po’ vergognata di fare cose simili con mio marito.
è stata una faccenda interminabile, mentre qualcuno di loro, per farmi eccitare, mi toccava in mezzo alle gambe da dietro.
Sono venuta quattro o cinque volte, non ricordo bene, e loro mi battevano pure le mani.
Quando alla fine se ne sono andati, soddisfatti, era ormai buio, ed io ero stanchissima.
Lucia era distesa su un’altra panchina, a gambe larghe e con la gonna arrotolata, aveva le calze strappate e le mutandine le pendevano da una caviglia.
Abbiamo fatto l’unica cosa plausibile: ci siamo rivestite e siamo andate via di corsa, perché la notte il parco non è sicuro e si possono fare brutti incontri ‘ di giorno, invece …

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