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Racconti di Dominazione

week-end di terrore

By 9 Dicembre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Dai Maura, non farti pregare, approfitta della casa, vai con Luana per il
fine settimana.
Queste furono le parole che mi convinsero ad accettare di passare il
week-end con la mia più cara amica nel cascinale dei suoi genitori in
toscana.
La madre di Luana aveva insistito così tanto, probabilmente per non lasciare
andare la figlia da sola.
Tutto sommato quei due giorni tranquilli a diretto contatto con la natura
era quello che ci voleva per dare gli ultimi ritocchi alla tesi di laurea,
così decidemmo di organizzarci, acquistammo cibo e bevande per due giorni e
partimmo.
Luana ed io eravamo amiche da sempre, avevamo frequentato la scuola assieme
fin dalle medie scegliendo anche lo stesso percorso fino ad arrivare alla
laurea in giurisprudenza.
Lei, bionda alta ed esile non dimostrava i suoi 23 anni, aveva mantenuto un
atteggiamento sbarazzino un po’ infantile. Io invece, ero l’opposto; scura
di capelli, più bassa di statura, da sempre in conflitto con il peso e più
riflessiva.
In lei invidiavo il fisico asciutto e il seno superbo, abbondante e
perfetto, a differenza del mio, abbondante, ma cadente.
La casa era stata ristrutturata di recente con tutte le comodità più
moderne, si trovava un po’ isolata dal paese e per raggiungerla occorreva
percorrere qualche chilometro di strada sterrata, ma una volta arrivati si
godeva una vista magnifica sulle colline circostanti.
Giungemmo il tardo pomeriggio del venerdì il sole stava calando all’
orizzonte, la serata era stupenda e l’aria tiepida della primavera inoltrata
accarezzava la pelle in modo piacevole, tutto perfetto per trascorrere due
giorni pieni in completo relax.
Scaricammo cibo, il pc portatile e le sacche dei vestiti dalla vettura,
mentre Luana manovrava per parcheggiare nel garage, ricavato da un vecchio
fienile di fronte alla casa, io mi occupai di sistemare le vivande nel
frigo.
Finito con il frigo, presi le sacche per portarle nelle camere, erano
pesanti, da sola non gliel’avrei fatta, mi chiesi che fine avesse fatto la
mia amica, ormai erano passati più di dieci minuti da quando l’avevo sentita
manovrare con la vettura.
Mi affacciai sulla porta d’ingresso, il cortile era deserto, guardai verso
il portone del garage semiaperto, la chiamai a gran voce, nessuna risposta.
Provai a richiamare… nulla.
Una strana sensazione mi pervase, il silenzio che regnava tutto attorno era
irreale.
Nessun rumore e luce provenivano dall’interno del garage.
Il sole era ormai calato completamente e nella penombra non riuscivo a
distinguere nulla, mi avvicinai al portone, “Luana” provai ancora a chiamare
con voce incerta e tremante.
Aprii l’anta, la semi oscurità dell’interno non mi permetteva di vedere
bene.
Varcai la soglia alla ricerca dell’interruttore, non feci in tempo a
realizzare che una mano robusta mi schiacciò la bocca, mentre altre mani mi
afferravano le braccia bloccandole contro il busto, cercai di divincolarmi
con tutte le mie forze invano.
All’improvviso la luce si accese; tre uomini mi stavano attorno tenendomi
ferma mentre un quarto era vicino alla mia amica stesa a terra, legata mani
e piedi con uno straccio attorno alla bocca.
I suoi occhi terrorizzati dovevano essere lo specchio dei miei.
Guardai gli uomini che mi trattenevano, potevano avere circa 20, 30 anni, i
lineamenti e la pelle scura indicavano la loro provenienza oltre confine.
L’aspetto alquanto trascurato, con barbe lunghe di giorni e visi segnati da
una vita vissuta all’aperto, era ben poco rassicurante.
Due di loro mi trascinarono verso Luana, il più basso del gruppo, quello che
apparentemente dimostrava essere il più anziano, si piazzò di fronte e con
calma, in un italiano stentato, scandendo bene le parole, disse:
– Calmatevi e ascoltate bene! Siamo reduci dalla guerra, ..non vogliamo
farvi del male, ma se ci obbligate saranno guai per voi -.
Il tono della voce prima calmo divenne via via minaccioso.
Era piccolo tarchiato, più scuro degli altri, con occhi neri vivacissimi,
indossava un paio di jeans e una camicia che parevano incollati al corpo da
tanto erano sudici.
L’odore di selvatico che aleggiava tutto intorno faceva intuire anche qual’
era il loro grado di pulizia.
Come se mi avesse letto nel pensiero l’uomo continuò:
– Siamo fuggiti dal nostro paese e siamo qui solo di passaggio.-
Si fermò posando gli occhi alternativamente dall’una all’altra.
– Fate tutto quello che vi chiediamo e non vi faremo del male -.
La faccia gli si deformò in un ghigno sinistro, mentre il tono della voce
tornava normale, fece un gesto con la mano indicando agli altri di lasciarci
libere.
Abbracciai Luana che si era messa a singhiozzare cercando di trasmetterle
quel poco di coraggio che ancora mi rimaneva.
Anche se non sapevamo quali fossero le loro intenzioni, una cosa appariva
chiara da come ci avevano accolte, certamente non sarebbe finita lì, tutto
faceva pensare che ce la saremo vista brutta.
Era logico immaginare che quel gruppo di disperati, trovandosi per le mani
due ragazze sole, giovani e, perché no, carine, avrebbe approfittato dell’
occasione.
Non avevano nulla da perdere e probabilmente com’erano venuti se ne
sarebbero andati senza lasciare traccia,
La situazione si presentava drammatica, avevamo ben poche possibilità di
uscire indenni da quell’episodio.
L’unica esile speranza, era riposta nella telefonata che avevamo concordato
con i nostri genitori per confermare che tutto andava bene, l’assenza della
quale li avrebbe certamente insospettiti.
I quattro intanto ci condussero nella casa e quello che fungeva da capo,
dopo aver controllato l’interno del frigo, disse compiaciuto:
– OK! Avete portato cibo per due giorni, ciò significa che avevate previsto
di rimanere fino a lunedì .bene! .passeremo due giorni d’incanto..-.
Poi, puntando un dito alternativamente dall’una all’altra:
– Adesso andate a preparare la cena. poi vedremo di divertirci – concluse
sghignazzando.
Le sue ultime parole tolsero anche i residui dubbi che potevamo avere sulle
loro intenzioni.
Mentre venivamo condotte in cucina, il capo banda ci fermò, aveva tra le
mani il nostro cellulare: –
– Telefonate a casa ….e badate bene a cosa dite -.
– Fallo tu! – disse porgendomi l’apparecchio.
Probabilmente aveva valutato chi tra le due era quella più accondiscendente
e la sua scelta era caduta su di me.
Feci la telefonata rassicurando sia i miei sia i genitori della mia amica
che tutto andava per il meglio, non osai tentare nulla, uno dei tizi teneva
sotto la minaccia di un coltello Luana.
Anche quell’esile speranza era svanita.
Scortate da uno di loro fummo condotte in cucina.
Mentre preparavamo la cena, riuscii a scambiare alcune impressioni con Luana
sulla vicenda. Eravamo entrambe ben coscienti di quello che ci aspettava ed
io arrivai alla determinazione che forse era meglio cercare un compromesso
per non incorrere in guai ancora peggiori.
– E, se ci chiedono di fare l’amore? – mi chiese lei ingenuamente,
balbettando terrorizzata solo all’idea.
Viste le premesse e l’atteggiamento ultimo questo credo fosse proprio quello
che ci si doveva aspettare.
Sapevo che non era più vergine, come non lo ero io, ci conoscevamo da tanto
tempo e avevamo vissuto assieme anche i momenti dei primi amori scambiandoci
confidenze sulle reciproche passioni sessuali, ma questo ovviamente non
spostava la questione.
– Tu cosa fai? – continuò.
– La situazione è grave, ..credo che ci convenga non inasprire più di tanto
gli animi e cercare di accondiscendere alle loro richieste .per evitare guai
peggiori-.
Mi sforzai di dare al tono della voce una parvenza di sicurezza.
– Mai e poi mai! .piuttosto morta – rispose mettendosi a singhiozzare
silenziosamente.
Era sempre stata ribelle e il suo atteggiamento in quell’occasione non l’
avrebbe certo aiutata.
Portammo la cena in tavola, gli uomini erano già seduti e in un attimo
divorarono rumorosamente il contenuto dei piatti.
Avevano trovato alcune bottiglie di vino nella cantina e ne avevano già
bevute parecchie, tanto che erano già quasi tutti ubriachi, ridevano e
scherzavano, parlando nella loro incomprensibile lingua.
Pur non capendo le parole, riuscivamo chiaramente ad intuire che l’argomento
principale dei loro discorsi eravamo noi due.
Sempre più eccitati dall’alcool, avevano cominciato ad allungare le mani
approfittando del nostro andirivieni attorno al tavolo.
Alcune mani mi si posarono sui glutei palpeggiandoli rudemente, poi
improvvisamente, uno di loro con mossa fulminea, infilò la mano sotto la mia
gonna pizzicando con le dita le labbra della vagina sopra la stoffa delle
mutandine, stringendo con forza, mi scostai bruscamente col risultato di
lasciare nella mano del tizio un pezzo delle mie mutandine di pizzo. L’uomo
rise sguaiatamente mostrando agli altri il lembo di stoffa.
Ci siamo, pensai, speriamo di avere la forza di resistere.
Ero preoccupata per Luana, la vedevo tesa, decisa a difendersi e a non
permettere nessun approccio.
Con mossa fulminea uno degli uomini l’afferrò per la vita immobilizzandola,
mentre un altro le alzava la gonna mettendo in mostra il culetto protetto
dal niente, se non dalla sottile striscia di stoffa del tanga nero infilato
fra le natiche.
Probabilmente il gruppo non doveva aver avuto a disposizione una donna da
parecchio tempo tanta era l’eccitazione che dimostravano.
Quello che chiamavano Markus estrasse dai pantaloni un pene nodoso grosso e
corto, già completamente eretto e ridacchiando lo avvicinò al viso di Luana,
tenuta ferma, iniziando a strofinarlo sulla faccia nel tentativo di
infilarlo tra le sue labbra.
Lei, con gli occhi sbarrati dal terrore, girava la testa da una parte all’
altra per evitare l’introduzione con l’unico risultato di far eccitare
ancora di più l’uomo.
La cappella violacea premeva impaziente per farsi largo fra le sue labbra
carnose, tutti gli altri si erano fermati a guardare eccitati la sua bocca
che si apriva, forzata dalla mano dell’uomo e la punta del pene sparire
lentamente all’interno.
Un urlo disumano di dolore ruppe il silenzio, l’uomo estrasse il pene dalla
bocca facendo segno agli altri che era stato morso e fuori di se dalla
rabbia impugnò un grosso coltellaccio a serramanico avvicinandolo
minacciosamente alla gola della ragazza.
Fu fermato appena in tempo dal capo che, alzatosi dalla sedia, si girò verso
di me con aria feroce:
– Vi avevo detto che non vi avremmo fatto del male se facevate quello che
volevamo, ..Adesso lo farete, . ma con le cattive -.
Così dicendo si abbassò pantaloni e mutande sfoderando un arnese che pur
essendo ancora semi rigido, mi parve mostruoso tanto era grosso e lungo, si
avvicinò indicandomi di prenderglielo in bocca.
Per quanto mi sforzassi di convincermi che fosse meglio per il mio bene
obbedire, non riuscivo a muovermi. Due mani mi afferrarono alle spalle
costringendomi in ginocchio poi, tenendomi per i capelli, mi obbligarono ad
aprire la bocca.
Percepii l’odore acre di stantio e d’urina vecchia che emanava il sesso semi
rigido dell’uomo, mentre con fatica, lentamente si faceva strada sfregandomi
con la cappella il palato fino ad arrivarmi in gola.
Cercai di reprimere i conati di vomito che mi assalivano.
– Stai bene attenta a quello che fai. – disse -.o riserviamo anche a tè
quello che stiamo facendo alla tua amica -.
Guardai con la coda dell’occhio in direzione di Luana che nel frattempo era
stata denudata completamente.
Le stavano attorno in due e, mentre uno la teneva ferma inginocchiata a
quattro zampe, l’altro alle sue spalle puntava il membro, teso in avanti
come una spada, in direzione dello sfintere anale.
contro il sedere nel tentativo di sodomizzarla.
“Mio dio!” pensai, queste bestie non hanno il minimo di riguardo, vogliono
sodomizzarla, sicuramente da quel lato Luana è vergine e la mancanza di
tatto che stava dimostrando quell’individuo l’avrebbe fatta soffrire
atrocemente.
Pensando che se non ubbidivo quel trattamento poteva essere riservato anche
a me, nonostante lo schifo che provavo, cominciai a leccare il rotolo di
carne che premeva sempre di più nella mia gola, quelli non scherzavano, era
meglio cercare di salvare il salvabile.
Più sentivo le urla di Luana e più succhiavo finché, con poderosi colpi del
bacino sentii scaricarsi nella mia gola mesi di sperma represso che le mani
poste sulla nuca mi costrinsero ad ingoiare.
Luana, nel frattempo, con il viso sofferente, rigato dalle lacrime, stava
subendo il violento assalto.
Il tizio alle sue spalle, sputando fra le chiappe e bagnando di saliva il
suo arnese, era riuscito a penetrare con fatica in lei.
Tutto il corpo della ragazza vibrava sotto i colpi irriguardosi, il pene
usciva quasi completamente dal sedere e rientrava violentemente fino alla
radice con uno schiocco del bacino dell’uomo contro i delicati glutei della
ragazza che vibravano come gelatina dal violento impatto.
Un alone d’umori rosacei impastava l’interno delle natiche, segno
inequivocabile che la brutale introduzione doveva aver provocato qualche
abrasione sulla pelle delicata.
Grugnendo come un maiale, con ultimi poderosi colpi, l’uomo le si scaricò
nelle viscere.
Luana non ebbe neanche il tempo di realizzare che i due si scambiarono i
ruoli e dovette subire un’ulteriore umiliazione, questa volta per fortuna
senza più alcuna particolare difficoltà fisica.
Il capo e l’altro che mi erano a fianco, sempre più eccitati dallo
spettacolo, mi spogliarono frenetici facendomi stendere sul divano e quello
che ancora non aveva avuto modo di sfogarsi mi montò sopra penetrandomi.
Lo sentivo che si muoveva dentro di me, mentre freneticamente mi palpeggiata
dappertutto, non riuscì a concludere che il capo banda lo scostò bruscamente
prendendo il suo posto.
Nonostante la mia vagina fosse ormai abbondantemente lubrificata, l’affare
mostruoso che avevo visto prima, face fatica ad entrare.
Per penetrarmi ancor più in profondità, l’uomo mi teneva saldamente per le
natiche schiacciando il mio bacino contro il suo, i colpi che imprimeva
erano così violenti da scuotermi da capo a piedi.
L’altro intanto si era piazzato davanti al mio viso e spingeva il suo sesso
tra le mie labbra.
Mi sentivo un fantoccio in balia di quei due che mi stavano usando a loro
piacimento.
Cercai di estraniarmi il più possibile, vuotando la mente, ciò nonostante la
mia carne stava reagendo a tutte quelle stimolazioni; più mi sforzavo di
reprimere i segnali di piacere e più questi tornavano prepotenti, finché non
riuscii più a reprimere l’orgasmo.
Non volevo far capire quello che stavo provando, allargai la bocca
consentendo al pene che premeva sulle mie labbra di entrare fino in fondo,
speravo che questo mi avrebbe aiutata a reprimere i gemiti di godimento che
involontariamente montavano impetuosi, con l’intento che i mugolii soffocati
fossero scambiati per lamenti.
Le contrazioni vaginali del mio orgasmo, portarono al godimento l’uomo che
mi stava fra le gambe e il gran lavorio che ero costretta a fare con la
lingua nel tentativo di contenere i gemiti, ebbe l’effetto di farmi ingoiare
un’altra abbondante dose di sperma.
——
Soddisfatti di quel primo assalto i quattro si sedettero attorno al tavolo
della cucina, bevendo e ridacchiando si scambiavano commenti su quello che
era appena successo.
Luana, rannicchiata in un angolo, stava silenziosa, mi avvicinai cercando
qualcosa per coprirmi, ma uno degli uomini mi fece intendere di rimanere
così com’ero.
Luana mi strinse le mani, tremante:
– Hai visto cosa mi hanno fatto? – sussurrò con espressione sbigottita.
– E’ stato terribile, .mi fa male. mi brucia tutto e poi ..devo andare in
bagno-
Cercai di consolarla per quanto potevo dicendogli che sarebbe stato meglio
non avesse fatto resistenza, poi vedendo che si stringeva la pancia con le
mani, capii che non resisteva oltre; aveva in pratica ricevuto un clistere
di sperma che ora stava facendo il suo effetto.
Chiesi all’unico del gruppo che capiva l’italiano il permesso di
accompagnarla in bagno e questi fece un cenno d’assenso invitando uno dei
suoi di seguirci.
I bagni erano due, io ne scelsi uno e Luana l’altro, mentre l’uomo restava
di guardia nel corridoio.
Terminato che ebbi di sciacquarmi e sistemarmi alla meglio, uscii, il tizio
aspettò ancora un attimo e poi spalancò la porta dell’altro bagno, l’interno
era vuoto, la finestra spalancata era il segno evidente che Luana era uscita
da lì.
Chiamò urlando i compagni che accorsero, poi al comando del capo due di loro
si precipitarono in cortile.
Gli altri due mi condussero nella sala e restammo in attesa.
Passarono non più di dieci minuti e vidi entrare dalla porta del salone
Luana ancora completamente nuda spintonata dai due.
Dovevano averla colpita in viso poiché presentava un segno all’altezza di
uno zigomo.
“Ti avevo avvertito.” Disse il capo rivolgendosi a lei stravolto dalla
rabbia. “Adesso la pagherai!”.
La obbligarono a stendersi pancia sotto, di traverso sul tavolo in modo che
gambe e busto sporgessero e le immobilizzarono gli arti legandoli alle
quattro gambe.
In quella posizione i seni abbondanti pendevano e vibravano come palle di
gelatina, mentre il culo e il sesso erano esposti oscenamente in primo
piano.
Non avevo mai avuto modo di vedere così intimamente la mia amica, rimasi
stupita dal fatto che le sue parti intime fossero completamente depilate,
sembrava la vagina di una bambina tanto era perfetta e minuscola.
Uno dei tizi la ispezionò con cura aprendo le grandi e piccole labbra con le
dita e, infilandone due fino in fondo, roteandole tutto intorno senza alcun
riguardo.
Gli altri si erano messi a sedere e guardavano eccitati, mentre quelli più
vicini a me, iniziarono a palpeggiarmi dappertutto.
Sentivo le loro mani sulle chiappe, sulle tette, fra le cosce, un dito si
stava facendo largo fra le natiche e forzava impaziente l’ano provocandomi
bruciore.
Era meglio giocare d’astuzia altrimenti sarebbe stata una sofferenza
gratuita. Accompagnai la mano verso la mia bocca e succhiai le dita
bagnandole ben bene, il tizio mi guardò stupito, poi capì, sorrise e ritornò
a palpeggiarmi il culo, questa volta però l’introduzione fu molto più facile
e le dita scivolarono dentro con il minimo sforzo e minor dolore da parte
mia.
Guardai verso il tavolo, Luana si stava lamentando. Trasalii spaventata nel
vedere che le avevano legato la base dei seni con delle corde al cui capo
opposto avevano appeso bottiglie piene di vino. Ridevano eccitati nel vedere
le bottiglie ballonzolare dai movimenti impressi con la punte delle scarpe.
I seni erano così stretti e strattonati da quel gioco-supplizio che in poco
tempo diventarono rosso violacei.
Il capo allontanò tutti e, sfilandosi la cintura dei pantaloni, iniziò a
colpire con metodo le natiche e quello che sporgeva nel mezzo, senza alcun
riguardo.
“Così impari a ubbidire” diceva, abbattendo la cinghia sulla carne tenera.
Ad ogni colpo, il corpo esile della ragazza veniva scosso da un tremito e i
seni, bardati in quel modo e tirati dal peso delle bottiglie, saltellando e
ballonzolando nell’aria, erano sottoposti a un trauma ancor maggiore.
La scena e le urla strozzate di dolore della giovane eccitarono ancora di
più la platea.
Fu un vero e proprio assalto, i tre rimasti mi presentarono all’altezza del
viso i sessi tesi allo spasimo con le cappelle paonazze invitandomi a
leccarli a turno, poi, sempre più infoiati, mi fecero salire a cavalcioni su
uno, mentre un altro si piazzò alle mie spalle spingendomelo dietro.
Era la prima volta che venivo presa da quel lato, non ero pronta. Li
scongiurai di non farlo che avrei fatto tutto quello che avessero voluto, ma
invano, sembravano impazziti dall’eccitazione.
Il dolore fu lancinante, lo sentii entrare brutalmente, duro come un pezzo
di legno, l’altro lo infilò davanti e iniziarono a muoversi scompostamente.
I primi istanti furono terribili, il bruciore che sentivo non mi permetteva
di assecondare l’azione degli uomini che mi penetravano, col risultato di
provare ancore più dolore a causa della mancanza di sincronismo nei
movimenti che faceva uscire ed entrare a turno i loro sessi dalle mie
aperture.
Più passava il tempo e più il dolore si allontanava per lasciare il posto a
una piacevole sensazione di calore.
Nel frattempo il terzo aveva avvicinato il pene al mio viso costringendomi a
prenderlo in bocca.
Era un’orgia infernale, mi sentivo sbattere in ogni direzione, frugare
internamente da lame roventi che mi provocavano dolore misto a piacere.
Un gran calore mi stava salendo dal basso ventre al cervello, un turbinio di
sensazioni che ben presto mi fecero perdere il senso della realtà.
Il mio corpo era uno strumento che donava e riceveva piacere, non capivo più
nulla, perfino le urla che mi giungevano ovattate della mia amica, invece di
farmi provare un senso di pietà o compassione, erano un ulteriore stimolo al
godimento e d’intensificazione della libidine che mi stava travolgendo.
Godetti.godetti.godetti, godetti a ripetizione per un tempo incredibilmente
lungo, questa volta senza nessuna possibilità di nasconderlo.
Avvolgevo amorevolmente con i miei buchi quei rotoli di carne pulsante che
stavano scaricandomi dentro il loro seme, ero una spugna che assorbiva tutto
fino all’ultima goccia.
Urlai il mio piacere con quanto fiato avevo in gola, senza ritegno, finché i
miei aguzzini esausti e soddisfatti mi rotolarono a fianco.
Rimasi immobile sdraiata sul divano in preda ai residui delle ultime
contrazioni.
Ero spaventata dalle reazioni del mio corpo che nonostante le condizioni di
violenza, sopruso e umiliazione non ero riuscita a controllare.
Mi vergognavo e non riuscivo a capire come avessi potuto lasciarmi andare ad
un piacere così intenso, animalesco.
Era normale tutto ciò?
Mi passai una mano in mezzo alle gambe, rabbrividii, dai miei buchi dilatati
stava colando il liquido del godimento.
——
Girai la testa verso Luana che continuava a lamentarsi sommessamente, il
capo le stava dietro e la stava sodomizzando.
I colpi violenti provocavano uno schiocco di sculacciata quando la pancia
sbatteva contro le chiappe e facevano spostare il tavolo, imprimendo sempre
più energia alle bottiglie che roteavano impazzite attorcigliando le corde
fra di loro.
Ormai i seni erano diventati di colore bluastro, i continui strappi dovuti
ai saltellamenti delle bottiglie dovevano provocarle un dolore terribile.
Rabbrividii! Tutto sommato potevo ritenermi ancora fortunata, però – a ben
pensare – quella situazione Luana, se le era andata a cercare.
Con un rumore di risucchio, l’uomo estrasse l’enorme pene lucido di umori e
dal colore sospetto infilandolo nella fica.
La danza rincominciò con ancor maggior foga, mentre con le mani cercava di
trattenere la ragazza per i fianchi. Infine, soffiando e sbuffando le
scaricò nell’utero tutto il liquido che gli gonfiava i testicoli.
Completata l’opera, si avvicinò a me con l’affare penzoloni ancora
gocciolante: “Dai, fai qualcosa per la tua amica. eh..eh..eh.” Ridacchiò
soddisfatto: “Non vedi come soffre?..puliscila con la lingua!” e m’indicò
con la mano i buchi ancora dilatati e intrisi di liquido.
Visto che non accennavo a muovermi, mi afferrò per i capelli spingendomi la
faccia prima contro il suo sesso appiccicaticcio e poi fra le cosce
spalancate di Luana.
Ero impressionata dal colore che stavano assumendo i suoi seni, per cui
cercai di barattare: “Va bene! Lo faccio” risposi “prima però lascia che gli
liberi i seni”.
Avutone l’assenso, staccai con cautela le bottiglie e poi sciolsi i nodi
sotto lo sguardo sofferente e riconoscente della mia amica.
Massaggiai delicatamente i segni bluastri lasciati dalle corde per
riattivare la circolazione, con la conseguenza di strapparle urla di dolore.
Mi sentivo strana, quella situazione aveva fatto scattare qualcosa dentro di
me che non riuscivo a capire. In quel momento ero l’artefice, anche se
involontaria, della sua sofferenza e invece di dispiacermi, la cosa mi
eccitava.
Ogni movimento brusco delle mie mani su quella pelle irritata che causava in
lei dolore, provocava in me sconosciute e piacevoli sensazioni.
Si! Era proprio eccitazione, mi toccai fra le cosce, ero nuovamente tutta
bagnata.
Non potevo crederci, stavo scoprendo alcuni lati oscuri della mia
personalità,
Stringevo tra le dita i capezzoli bluastri della mia amica in modo da
provocarle ancora sofferenza e questo mi risultava piacevole.
Con il viso sconvolto rigato dalle lacrime, lei mi guardava stupita,
incredula, che io, la sua migliore amica, le facessi ciò.
Continuai per alcuni minuti, fermandomi quando vidi che il colore della
pelle stava tornando alla normalità, poi come stabilito mi spostai fra le
sue gambe.
I glutei e l’interno delle cosce erano attraversati dalle striature
rossastre lasciate dalle cinghiate.
Il sesso da bambina che avevo visto poco prima, si presentava ora spalancato
e grondante umori che, riuniti in un unico filo vischioso, colavano sul
pavimento.
Non era certamente invitante, ma la paura di quello che poteva succedermi se
non ubbidivo, mi fece superare il disgusto.
Chiusi gli occhi e passai la lingua fra le labbra dischiuse davanti a me, il
liquido che ne usciva mi riempì presto la bocca, era acre, intensamente
odoroso di selvatico.
Leccai e succhiai delicatamente la tenera carne martoriata finché mi accorsi
che i miei colpi di lingua provocavano contrazioni sospette del bacino.
Lambii anche l’orifizio posteriore che dopo i violenti assalti subiti si
manteneva semiaperto, sfrangiato e di colore rosso acceso dall’irritazione.
Luana aveva ripreso a gemere, ma come sospettavo dai primi segnali non era
sofferenza la sua. stava provando piacere!
Pazzesco! Evidentemente la mia bocca e la lingua erano in grado di
provocarle sensazioni così intense da farle superare e dimenticare la
situazione in cui si trovava.
Incollai la bocca alla clitoride leccando e succhiando finché la sentii
godere, le contrazioni dell’utero mi scaricarono in bocca i suoi umori e gli
ultimi residui di sperma che stagnavano ancora dentro di lei in profondità.
Mi alzai asciugandomi la bocca e il viso impiastricciati del liquido
viscoso, nauseabondo che le era colato dal sesso.
Gli uomini intorno, mi stavano guardando a bocca aperta.
Due di loro liberarono Luana dalle corde che la tenevano ferma al tavolo e
ci accompagnarono in bagno.
Questa volta onde evitare problemi rimasero a guardarci mentre compivamo le
nostre funzioni.
——
Le stanze da letto erano poste al piano superiore, tutte erano dotate di
sbarre alle finestre, ci condussero in quella matrimoniale e ci chiusero
dentro.
Fuggire di li sarebbe stato impossibile.
Una volta rimaste sole, nessuna delle due ebbe il coraggio di accennare a
quello che era successo poco prima, l’ultimo episodio in particolare, aveva
lasciato entrambe sbigottite dalla conclusione e ci vergognavamo.
Luana si lamentava per il dolore delle sevizie subite, cercai di convincerla
che forse sarebbe stato meglio per il suo bene se fosse stata più
accondiscendente, avrebbe potuto in futuro evitare il ripetersi di quello
che le era successo.
Non avevamo via di scampo e dovevamo sottostare alle voglie di quei tizi,
almeno finché non se ne fossero andati, forse così ci avrebbero risparmiato
la vita.
Mentre l’aiutavo a spalmare una crema lenitiva sulle ferite, massaggiandola
delicatamente sui segni lasciati dalle corde, pensavo a quello che era
avvenuto poco prima, alle sensazioni provate che per me erano state una vera
e propria rivelazione finché, pian piano la stanchezza e le emozioni della
giornata non ci fecero piombare entrambe in un sonno profondo.
Ci svegliarono, al mattino le grida degli uomini, due di loro entrarono
nella camera e senza neanche attendere che fossimo completamente sveglie, ci
presentarono davanti al viso i loro sessi facendoci capire quello che
volevano.
Luana, schifata serrava le mascelle girando da una parte all’altra la faccia
per evitare l’introduzione, mentre io accondiscesi, mio malgrado, e
incominciai a lambire con la punta della lingua la cappella paonazza che mi
stava di fronte.
Visti vani i tentativi nei confronti della mia amica, cercarono d’
immobilizzarla e nella colluttazione lei sferrò una ginocchiata ai testicoli
di uno dei due che si mise a saltellare per la stanza ululando dal dolore.
Probabilmente non l’aveva fatto apposta, ma sarebbe stato difficile se non
impossibile spiegarlo all’interessato.
Mi resi conto che la situazione per lei si stava mettendo male, cercai d’
intervenire rendendomi disponibile a soddisfare entrambi.
Mi allontanarono con rabbia, la presero di peso e la portarono da basso,
cercai di seguirli ma me lo impedirono chiudendomi nuovamente nella stanza.
Ero preoccupata per la sua incolumità, quelli avevano dimostrato di non
scherzare e soprattutto di non avere alcuna pietà.
Di lì a poco mi giunsero le sue grida, segno evidente che la stavano di
nuovo sottoponendo a sevizie.
Le urla e i lamenti continuarono ad intervalli per una mezzora, poi
improvvisamente ritornò il silenzio.
La porta si aprì, era il capo che m’invitava a scendere: “Vai in cucina e
prepara la colazione” disse indicandomi le scale.
Non mi fu consentito coprirmi, ero costretta a girare nuda, ma ormai questo
era il minore dei disagi, ci stavo facendo l’abitudine.
In cucina mi si presentò uno spettacolo sconvolgente; Luana stava
accovacciata sui talloni con braccia e mani immobilizzate che la
costringevano in quella posizione.
Il viso disfatto e rigato dalle lacrime faceva intuire la sua sofferenza.
Dai segni che si vedevano sul corpo, era evidente che l’avevano nuovamente
frustata, nulla le era stato risparmiato: schiena, seno, pancia, cosce,
glutei erano attraversati da striature rosso scarlatto.
Non riuscivo però a capire il perché l’avessero lasciata di quella strana
posizione.
Nel passarle dietro per prendere il latte mi resi conto con raccapriccio del
perché; stava praticamente seduta su un alare del camino, con l’asta che le
usciva dall’ano. Guardai l’altro alare gemello ancora al suo posto
rendendomi conto di quello che era avvenuto.
L’asta verticale di metallo terminava alla sommità con una capocchia di
ottone, rotonda, grossa quasi quanto un’arancia.
Per la miseria! L’avevano impalata!
Era stata costretta a sedercisi sopra fino a far penetrare nel sedere la
capocchia di ottone per una spanna.
Adesso mi spiegavo le urla che avevo sentito, sicuramente erano dovute ai
colpi di frusta, ma soprattutto a quell’innaturale introduzione.
Quella di sodomizzare le persone doveva essere per quei tizi un modo
perverso di punire chi non faceva quello che volevano, forse era un’usanza
del loro paese o un’abitudine della guerra alla quale dicevano di essere
scappati.
Non era certo quello il momento di porsi domande sugli usi e costumi ne
sociali e culturali, glielo avevo detto a Luana che era meglio soddisfare le
loro voglie, Il suo atteggiamento infatti, la stava portando alla rovina e
inoltre rischiava di compromettere anche la mia posizione.
Luana mi guardava inebetita, implorante perché facessi qualcosa per
toglierla da quella posizione.
A nulla valsero le mie richieste per liberarla, la lasciarono così per quasi
tutta la mattinata.
Gli uomini dopo aver consumato la colazione, vollero che completassi l’opera
iniziata la mattina, fui costretta a farli godere con la bocca e al momento
di godere schizzarono il loro sperma sul viso di Luana in segno di spregio.
Poi, ad eccezione di uno che rimase di guardia, uscirono in cortile e
sparirono all’interno del garage
Ogni tanto, nel preparare il pranzo, mi giravo in direzione di Luana che si
lamentava per il dolore alle braccia costantemente in tensione, se allentava
i muscoli avrebbe permesso all’alare di entrare ancora di più nel suo corpo.
In un paio di occasioni, con il consenso del nostro guardiano, le feci bere
un po’ d’acqua approfittandone per vedere meglio l’asta dell’alare spuntare
dall’ano che le si era richiuso intorno nella parte stretta.
Spalmai un po’ di crema attorno allo sfintere irritato suscitando nuovamente
i suoi lamenti che, anche questa volta, ebbero l’effetto di farmi provare
una incomprensibile piacevole sensazione.
Poco prima di sedersi a tavola per il pranzo, mi fu consentito di liberarla.
Le slegai i polsi dalle corde aiutandola ad alzarsi per consentire all’alare
di fuoriuscire.
L’operazione si presentò più difficile del previsto, ad ogni movimento la
palla che stava al suo interno, muovendosi le procurava sofferenze. Infine,
con pazienza, tenendo ferma con un ginocchio la base di ferro, l’aiutai ad
alzarsi lentamente.
Tutti guardavano ipnotizzati l’asta metallica che fuoriusciva lentamente e
lo sfintere dilatarsi in modo spropositato sospinto all’interno dalla palla
d’ottone.
Luana, con gli occhi spalancati dallo sforzo e dal dolore, stava aggrappava
ai bordi del tavolo.
Con un ultimo sussulto e un urlo di dolore, si liberò dal fardello cadendo
tremante in ginocchio.
Lo sfintere faceva impressione a vedersi; slabbrato e rossastro con tracce
di sangue, dilatato all’inverosimile lasciava fuoriuscire liquido vischioso
misto a materiale fecale man mano che si richiudeva lentamente.
La visione era sconvolgente, presi delle salviette umide e cercai di pulire
al meglio la parte posteriore della mia amica ancora prostrata e esausta sul
pavimento.Per tutto il pomeriggio gli uomini ci lasciarono stare. Luana ed io
riuscimmo anche a fare un bagno ristoratore.
Chiuse nella stanza da letto, guardavamo dalla finestra gli uomini che
armeggiavano attorno ad una vecchia carretta d’automobile. Evidentemente era
quella con cui erano venuti e che doveva avere qualche problema.
Le striature sul corpo di Luana erano fortunatamente solo superficiali e
perdevano rapidamente d’intensità, anche i segni sui seni si erano
notevolmente affievoliti, continuava a lamentarsi per il forte bruciore all’
ano che anche un’abbondante dose di crema non riusciva a lenire.
La invitai ancora una volta ad essere meno ribelle per non inasprire
ulteriormente gli animi e la convinsi a riposare qualche ora, sicura che
prima di sera il gruppo sarebbe tornato alla carica.
La mia previsione fu esatta.
Verso sera uno di loro venne ad aprirci facendoci capire che era ora di
preparare la cena.
Quelle ore di riposo ci avevano permesso di recuperare energie, ed anche i
segni sulla pelle di Luana sembravano quasi scomparsi del tutto.
La cena passò veloce, gli uomini avevano mangiato poco, ma in compenso il
vino e i liquori forti erano andati a fiumi.
Ci rendemmo conto dalle risate e dalle battute che la serata ci avrebbe
riservato altre sorprese.
Infatti, poco dopo il capo ci fece accomodare nella sala principale e mentre
i suoi compagni si sistemavano comodamente sui divani ci disse: “I miei
amici vogliono assistere a uno spettacolo degno da sabato sera”, si fermò
ridacchiando a ammiccando in direzione degli altri continuò: “Non vi faremo
nulla!..Non vi preoccupate”. “Dovete fare tutto voi due.”, non riuscì a
proseguire oltre, una risata lo scosse da cima a fondo.
Ripresosi, continuò: “I miei amici vogliono vedere voi due fare dei giochini
e.”, si fermò pensoso, non gli veniva la parola: “.in profondità. con la
bocca e con le mani”.
Si fermò per vedere l’effetto che le sue parole avevano avuto su noi due.
“Vi indicherò io cosa fare.forza! Mettetevi all’opera”.
Così dicendo si sedette su una poltrona con un grosso calice colmo di cognac
in attesa.
Avevano raggruppato i divani e le poltrone a formare un semicerchio al
centro del quale stavamo noi due, nude illuminate dalla lampada alogena che
si trovava su un tavolino.
Ci guardammo imbarazzate, non sapevamo cosa fare e come cominciare.
Luana aveva recuperato bene e il suo fisico spiccava magnifico in mezzo alla
sala.
Come sempre nel raffronto con il suo corpo mi sentivo in difficoltà, anche
se a giudizio di molti il mio non aveva nulla da invidiare al suo, avevamo
caratteristiche completamente diverse.
Forse era solo a causa del colore dei capelli e della pelle; bionda e chiara
lei, nera e scura io. Lei inoltre, si era depilata le parti intime, mentre
io non avendo curato quel particolare, mostravo un fitto pelo scuro che
ricopriva l’inguine e l’interno delle cosce.
Viste così a stretto contatto rappresentavamo un bel contrasto per i nostri
osservatori.
Rifiutare di eseguire l’ordine, era l’ultima cosa da fare visto quello che
era successo, pertanto, superando diffidenza e vergogna reciproche,
cominciammo ad accarezzarci.
Passai le dita sui seni e sui capezzoli di Luana che reagirono
immediatamente diventando duri. Lei fece altrettanto con i miei ottenendo il
medesimo risultato. Continuammo a percorrere con la punta delle dita i
contorni dei nostri corpi senza azzardare ad andare oltre.
Il capo si spazientì, non voleva che perdessimo altro tempo, c’invitò a
stringere: “baciatevi e masturbatevi reciprocamente” disse senza mezze
misure.
Mi accostai al viso di Luana e posai la mia bocca sulla sua, l’abbracciai
facendo combaciare i nostri seni, rimase immobile, tremante poi lentamente,
sentii la punta della sua lingua che si muoveva delicatamente contro le mie
labbra forzandole per entrare, la accolsi nella bocca, era dolce morbida, la
succhiai avidamente aspirandone la saliva che la ricopriva.
Mi accorsi, con mia gran sorpresa, che la cosa mi stava piacendo in modo
incredibile.
Le nostre lingue s’intrecciavano, lambivano l’interno delle labbra,
accarezzavano le gengive, ci respiravamo e bevevamo reciprocamente.
Quel lungo ed elaborato bacio aveva acceso i sensi ad entrambe.
I nostri corpi si accarezzavano pelle contro pelle strusciandosi con
movimenti sinuosi e languidi.
Passai una mano fra le cosce di Luana, la sua fessura era già completamente
bagnata.
Ci stendemmo senza staccare le bocche sul tappeto dimentiche ormai degli
uomini che ci stavano intorno.
Ci accarezzavamo i sessi esplorandoli con frenesia, inserendo le dita nei
liquidi vischiosi.
Un languore e un benessere mi pervasero.
Luana sotto di me si contorceva come una serpe ogni volta che le sfioravo la
clitoride con le dita. Mi venne una voglia irresistibile di assaggiarla.
Mi girai affondando il viso fra le sue gambe e incollai la mia bocca sulla
vagina dischiusa grondante umori.
Il mio sesso si trovava all’altezza del suo viso, sentii la lingua calda che
mi percorreva il basso ventre da cima a fondo, ogni colpo mi causava una
piacevole stilettata.
Mai avrei immaginato che un rapporto con la mia migliore amica potesse
essere così travolgente.
Ci succhiavamo e leccavamo i sessi con avidità, la libidine di quell’atto e
le sensazioni che ci procurava erano indescrivibili.
I nostri corpi s’inarcavano e si contraevano spasmodicamente comandati dalle
bocche e dalle lingue.
Le ondate di piacere arrivarono improvvise e incontrollabili, talmente
intense che credevo di non poter resistere.
Probabilmente urlai con quanto fiato avevo in gola, forse piansi di gioia,
con il corpo e la mente ormai privi di controllo.
Sentivo le contrazioni al basso ventre che sciacquavano rumorosamente fuori
dell’utero il liquido del godimento.
Affondai i denti nella carne tenera e vellutata sotto di me, mi accorsi che
Luana s’irrigidiva poi, come percorso da una scarica elettrica, il suo corpo
incominciò a vibrare segno evidente dell’orgasmo che lo stava attraversando.
Aspirai avidamente i suoi succhi misti anche a liquido involontariamente
rilasciato dalla vescica finché la violenza dell’uragano si placò.
Rimanemmo l’una sull’altra accasciate per alcuni istanti, assaporando il
profumo di sesso che emanavano i nostri corpi.
Mi girai a guardarla, il viso era radioso, mi sorrise imbarazzata, fu in
quel momento che mi accorsi di amarla.
Forse l’amavo da sempre e non lo sapevo, ci voleva quell’episodio per farmi
scoprire il sentimento.
Le leccai amorevolmente il viso asportandone il liquido vischioso
fuoriuscito che ancora l’imbrattava e lei mi abbracciò stringendomi forte a
se.
C’eravamo praticamente dimenticate degli uomini che ci stavano attorno,
erano sconvolti dalla voglia se ne stavano in pedi sopra di noi con i sessi
eretti, paonazzi, che parevano scoppiare.
Il Capo mi fece alzare: “Vieni con me” disse afferrandomi per un braccio.
Mentre lo seguivo, vidi gli altri tre che si avventavano su Luana ancora
stesa sul tappeto.
Mi portò in una delle camere, si spogliò e mi fece segno di avvicinarmi:
“Passeremo la notte insieme” disse spingendomi la testa verso il suo pene
eretto.
“Sei stata molto brava con la tua amica. fai anche a me quello che hai fatto
a lei”.
Con la mano posta sulla nuca mi spinse contro l’enorme cappella violacea che
lasciava fuoriuscire dalla sommità goccioline di liquido lattiginoso.
L’intenso rapporto avuto poco prima con Luana, mi aveva appagato
completamente e non ero nella condizione ideale per sostenere una notte
quale quella che mi si presentava.
La paura delle conseguenze però mi fece superare ogni titubanza, con una
mano afferrai il membro tirando, quasi con rabbia, la pelle il più possibile
verso la base in modo da scoprire completamente la grossa testa a forma di
fungo. Avrei avuto voglia di fare del male, mordere lacerare quel grosso
rotolo di carne che mi avrebbe costretta a soddisfare ogni pensiero perverso
del suo padrone. Cercai di controllarmi, posai la punta della lingua sulla
piccola apertura sulla sommità lambendo le goccioline trasparenti che
fuoriuscivano poi, con lentezza esasperante, accarezzai con la parte
superiore della lingua completamente aperta per farne sentire la ruvidità,
il frenulo teso al limite della rottura.
Alzai gli occhi per vedere l’effetto di quella manovra sul mio forzato
amante, aveva smesso di respirare, se ne stava immobile con gli occhi persi,
mi resi conto di avere in mano la situazione.
Roteando la lingua a mulinello m’introdussi in bocca la punta del pene
badando bene che la pelle fosse sempre ben tesa.
La grossezza della punta mi costringeva a tenere la bocca completamente
spalancata e l’operazione non era facile.
Dopo averlo ben bene umettato, leccato e succhiato, iniziai a muovere le
labbra su e giù alternando movimenti regolari ad altri irregolari.
La mia bocca lo accoglieva ora calda e morbida, ora solo con le labbra
strette ad anello così da permettere all’aria tiepida di raffreddare la
parte precedentemente sensibilizzata e interrompere così l’orgasmo in
arrivo.
Quest’alternanza esasperante di stimoli faceva vibrare il corpo dell’uomo
come una corda tesa. Nella ricerca spasmodica del piacere, imprimeva al
bacino, con un riflesso condizionato, i movimenti del coito che io
sapientemente ammortizzavo spostando la testa all’indietro.
Dopo un po’ di questa alternanza di stimoli, mi accorsi che non né poteva
più, era diventato vulnerabile, un bambino perso nelle mie braccia.
“Ti prego.ti prego.fammi godere” implorava con voce piagnucolosa.
I ruoli si erano ribaltati, il potere di dispensare il bene e il male ora
era nelle mie mani, anzi nella mia bocca e, per quanto potevo, cercavo di
prendermi la rivincita per quello che aveva fatto passare a me e a Luana.
Con l’altra mano gli afferrai i testicoli alla base stringendoli ad anello
tra l’indice e il pollice, erano gonfi all’inverosimile.
Lasciai momentaneamente il pene pulsante ed iniziai a succhiare
delicatamente un testicolo alla volta, alternativamente finché una nuova
implorazione giunse alle mie orecchie: “Basta!. non.. ne. posso. più.. fammi
godere, ti p..rrrego. ffammi venireeeeeee..”.
Continuai a leccare e succhiare i testicoli incurante delle invocazioni,
mentre con la mano muovevo la pelle del pene avanti e indietro, dapprima
veloce e poi in modo lentissimo facendo tendere allo spasimo la pelle del
glande.
Alcune contrazioni mi fecero capire che l’uomo era allo stremo e che stava
per esplodere, con tutte le forze strinsi i testicoli e la base del pene per
impedire l’eiaculazione.
La repressione forzata ebbe un effetto devastante sull’uomo, ormai divenuto
una massa di carne e nervi tremanti, cominciò ad avere spasmi incontrollati
come in preda a una crisi epilettica.
Ripetei l’operazione alcune volte finché decisi che era giunto il momento,
allentai la presa, scappellando il glande con alcuni violenti colpi.
Uno schiocco secco denunciò la rottura del frenulo, uno schizzo di sperma,
misto a sangue schizzò sulla parete alle mie spalle a più di due metri di
distanza lasciando una scia lungo il suo passaggio, altri ne seguirono con
sempre minor violenza e intensità.
L’uomo sopra di me urlava a squarciagola roteando le braccia nel vuoto in
preda ad un godimento talmente intenso da fargli perdere il senso della
realtà, finché con un ultimo rantolo si accasciò sul letto.
Solo allora lasciai i testicoli e smisi di masturbargli il pene che ormai
stava perdendo rapidamente di consistenza.
Se ne stava fermo immobile con gli occhi chiusi, apparentemente privo di
conoscenza.
Dal frenulo staccato fuoriusciva ancora un po’ di sangue che si andava a
raggrumare alle ultime tracce di sperma che sgocciolando gl’imbrattavano la
pancia.
Pensai che un trattamento così il tizio non se lo sarebbe certamente
scordato per tutta la vita.
In pratica lo avevo sverginato, adesso però mi preoccupava la sua reazione,
forse avevo esagerato.
Cercai di alleggerire la mia posizione pulendolo del sangue che si era
raggrumato sulla pancia e sui testicoli con una salvietta, in quel mentre si
riprese.
Mi guardò intensamente, notai che l’espressione del viso era distesa, non
pareva arrabbiato: “Nessuno mai mi ha fatto godere in questo modo” disse
mentre sulle labbra appariva un sorriso, “Adesso tu possiedi qualcosa di me
per sempre.. la mia verginità”.
Si guardò il membro inerte con espressione pensosa.
“Ho sonno!” disse con voce impastata e girandosi su un fianco si mise a
dormire.
Non sapevo cosa fare, il mio trattamento evidentemente l’aveva sfiancato ed
ora, per il resto della serata, ero libera.

Il mio pensiero corse subito a Luana che era rimasta alle prese con gli
altri tre. Provai la porta della camera, con mia soddisfazione mi accorsi
che era aperta. Scesi i gradini verso la sala. Man mano che mi avvicinavo,
riuscivo a distinguere con sempre maggior chiarezza la voce della mia amica
che stava implorando uno dei suoi aguzzini “No! Per favore, non da quella
parte. mi fa ancora male”.
Vidi l’uomo, dietro di lei in ginocchio che la teneva per i fianchi e voleva
prenderla da dietro.
Era destino che Luana fosse presa in quel modo. Doveva essere ancora
indolenzita dagli effetti dell’alare che sicuramente non aveva ancora
assorbito.
Rimasi nascosta dietro lo stipite pensando a come avrei potuto aiutarla.
Guardai tutto attorno alla stanza, gli altri due erano nudi stravaccati
sulle poltrone e, dai loro sessi ammosciati e ancora sporchi di sperma, si
capiva che avevano già avuto quello che volevano.
Osservai meglio la mia amica, aveva il viso e i capelli tutti
impiastricciati del loro seme.
L’uomo dietro di lei intanto incurante delle proteste spingeva la punta
livida del pene contro il buchetto irritato. Aveva lasciato con le mani i
fianchi e si era aggrappato ai seni stringendo con le dita i capezzoli.
Luana si lamentava per il dolore senza distinguere quale fosse il più
intenso.
Mi morsi le labbra, nel vederla ancora una volta violata in quel modo, e mi
accorsi di provare un forte sentimento protettivo e tanta tenerezza nei suoi
confronti.
Dopo quello che c’era stato fra di noi, sentivo che quel corpo un po’ mi
apparteneva.
Il tizio era resistente e continuò a pompare nel sedere con cadenza regolare
almeno per una decina di minuti.
Luana stava zitta, aspettando rassegnata l’atto finale che giunse annunciato
da un rantolo.
L’uomo si vuotò in lei completamente e poi con esasperata lentezza si sfilò
per andare in bagno.
Guardai gli altri due, dormivano riversi sulle poltrone.
Mi avvicinai a Luana, si era accasciata sul tappeto priva di forze e
dolorante, mi stesi al suo fianco circondandola con le mie braccia e in un
impeto di estrema tenerezza la baciai e accarezzai amorevolmente a lungo,
finché si assopì.
Ci ritrovarono così alla mattina, abbracciate l’una all’altra.
Era domenica e notammo subito una certa agitazione fra gli uomini, ci
guardavano a malapena indaffarati a trasportare quanto più potevano nella
loro vecchia auto, solo il capo stava di guardia impartendo ordini.
Verso mezzo giorno, dovemmo preparare il pranzo. “E’ l’ultimo ” disse il
capo. “Dopo ce ne andremo via per sempre.. Contente?” e senza aspettare
risposta, andò nel cortile per gli ultimi preparativi.
Già pregustavamo la ritrovata libertà che il gruppo rientrò, erano tutti
particolarmente allegri ridevano e si davano di gomito, si avvicinarono al
divano sul quale stavamo sedute e slacciandosi i pantaloni ci porsero i loro
sessi.
In assenza del capo uno di loro prese la parola: “Fare ultimo succhio .noi
dopo andare.” disse in un italiano storpiato.
Luana, sempre restia ad ubbidire, rimase immobile lasciando che gli
strofinassero la cappella sulle labbra ostinatamente serrate.
Il tizio davanti a lei stava perdendo la pazienza. “Fare succhio .o fare
ancora culo” disse facendo un gesto eloquente con le mani.
Non era il caso di inasprire ulteriormente gli animi proprio adesso che se
ne stavano andando, non volevo correre rischi inutili, cominciai a leccare e
succhiare quello che mi stava davanti.
Con la coda dell’occhio riuscii a vedere che anche la mia amica si accingeva
a fare altrettanto con estrema cautela, la minaccia aveva sortito il suo
effetto.
Non ci volle molto a farli godere, erano già abbastanza carichi, ci
spruzzarono sperma in gola e sul viso come ormai erano soliti fare.
A Luana, ribelle per eccellenza, fu riservato un trattamento speciale,
tenendogli ferma la testa con le mani, la costrinsero ad ingoiare fino all’
ultima goccia il liquido seminale e non appena la liberarono corse in bagno
in preda a conati di vomito.
In quel mentre entrò il capo che invitò i compagni ad andare alla vettura,
si avvicinò al divano dove stavo seduta: “Mi è rimasto impresso quello che
mi hai fatto ieri sera” disse “.rifammelo un’ultima volta”. Si tolse
pantaloni e mutande rimanendo a gambe larghe davanti a me.
Leccai e succhiai cappella e testicoli cercando di mettere il massimo di
buona volontà, ma evidentemente non ero nello stato d’animo adatto perché
ben presto manifestò la sua insoddisfazione.
Mi fece alzare e posizionare in modo che fossi china con il didietro verso
di lui. Ecco, avevo fatto di tutto per evitarmi inutili sofferenze e proprio
adesso che se ne stavano andando mi sarebbe toccato quello che in parte era
toccato alla mia amica. Con mio stupore mi accorsi che mi penetrava davanti.
La cavalcata durò non più di cinque minuti finché lo sentii scaricarsi tutto
dentro di me.
Mi trovavo ancora inginocchiata sul divano e non mi ero accorta che dietro
di noi erano entrati gli altri, uno di essi era andato a prendere Luana dal
bagno, mentre un altro teneva in una mano una di quelle zucchine rampicanti
che chiamano “Lagenaria” lunga una quarantina di centimetri e nell’altra un
rotolo di corda.
Confabularono a lungo con il capo ridendo e mimando gesti che facevano ben
capire quali erano le loro intenzioni, poi si avvicinarono a noi, ci
afferrarono e cominciarono a legarci entrambe.
La rabbia e la vergogna, dopo due giorni di soprusi, avevano lasciato il
passo alla rassegnazione. Ora l’importante era attendere pazienti che il
gruppo si allontanasse definitivamente senza infierire ulteriormente su di
noi.
Il capo vedendo le nostre espressioni di terrore, c’invitò a stare calme.
“Non dovete preoccuparvi, è una precauzione per permetterci di allontanarci”
disse ridacchiando con malcelata tranquillità. “Faremo in modo che possiate
liberarvi da sole dopo un po'” concluse.
Intanto i suoi compagni avevano fatto mettere Luana e me a gambe larghe in
posizione contrapposta, l’una incastrata nell’altra, a cosi detta “coda di
rondine”, in modo tale che le nostre vagine combaciassero perfettamente.
Con stampato un sorriso idiota, quello che aveva nella mano la lunga
zucchina, aizzato dagli altri, ne infilò una parte nella mia vagina e la
rimanente in quella della mia amica, poi gli altri strinsero definitivamente
le corde.
Eravamo cosi immobilizzate incastrate sesso contro sesso, unite dalla
zucchina che faceva da perno comune.
Gli unici movimenti concessi erano quelli pelvici, inutile pensare di
allontanare i bacini per lasciare lo spazio necessario a sfilare il
vegetale.
Visto il risultato gli uomini soddisfatti, con un cenno di saluto militare
portandosi la mano alla testa, si diressero verso la porta d’uscita.
Poco dopo udimmo il motore della vettura che si allontanava lungo la strada
sterrata.
Eravamo finalmente libere, per modo di dire, visto come ci avevano
immobilizzate, ma almeno non dovevamo più sopportare le loro sevizie.
Il sollievo provato per aver ritrovato la libertà, lasciò ben presto il
posto allo scoramento, le corde erano robuste e il modo come ci avevano
legate era alquanto complicato, difficile venirne a capo in poco tempo.
Luana nonostante la situazione era euforica per essersi liberata degli
uomini, sui quali invocava tutte le maledizioni divine e non.
Si agitava in continuazione nel tentativo di allentare le corde senza alcun
apprezzabile risultato se non quello di far muovere dentro ad entrambe la
zucchina.
Dopo una mezz’ora di contorcimenti e di continuo sfregamento dei sessi,
associato allo scorrimento dell’ortaggio mi procurarono, quasi senza che me
ne rendessi conto, un orgasmo.
Fu un godimento sano, liberatorio, mi lasciai andare senza pudore incollata
alla mia amica che guardava stupita nel vedermi mugolare di piacere.
Anche a lei i continui stimoli non dovevano averla lasciata indifferente
perché poco dopo anche il suo corpo fu scosso da vibrazioni violente.
I movimenti scomposti del suo bacino in preda alle contrazioni mi
costrinsero a sincronizzare i movimenti per evitare eccessivi colpi della
zucchina al collo dell’utero.
Il perdurare degli stimoli interni ed esterni aveva reso i nostri sessi
sensibilissimi e le due ore che impiegammo a liberarci ci donarono altre
sensazioni intensissime.
Appena libere ci abbracciammo e baciammo appassionatamente, non solo per la
felicità di essere uscite da un incubo, i nostri ormai erano baci di
passione.
Il primo istinto fu quello di telefonare alle Autorità per denunciare quanto
era successo, poi decidemmo di valutare tutti i pro e contro di una mossa
del genere.
Nessuno sapeva dei quattro, che ormai chissà dov’erano e che con ogni
probabilità avevano già attraversato il confine.
Indicazioni utili alla loro ricerca e cattura erano scarse, neppure le
caratteristiche della vettura con cui si erano allontanati eravamo in grado
di fornire.
In quelle condizioni avremo sicuramente dovuto sopportate tutte le
conseguenze negative dello scandalo senza il minimo di garanzia che quei
quattro pagassero per quello che avevano fatto.
Fortunatamente le sevizie subite, in particolare da Luana, non avevano
lasciato tracce particolarmente visibili ne lesioni tali da necessitare di
intervento medico.
Inoltre, dovevamo mettere sul piatto della bilancia che all’orgoglio ferito
e all’umiliazione subita, la vicenda aveva anche fatto emergere aspetti
latenti della nostra personalità finora sconosciuti; mai avrei immaginato
che provocare sofferenze a una persona mi facesse provare emozioni così inte
nse, mentre Luana aveva probabilmente scoperto una sua vena masochista.
L’intera vicenda – però – aveva consentito di far emergere la forte carica
sessuale che ci attirava e l’esistenza di un sentimento reciproco che andava
oltre l’affetto.
Tutto ciò c’indusse a non fare nulla, la rabbia e il trauma per la violenza
subita si sarebbero stemperati nel tempo e sarebbe rimasto, quale lato
positivo dell’intera vicenda, la scoperta dei nostri sentimenti.

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