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Accidenti alla tecnologia!!!

By 5 Dicembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Accidenti alla tecnologia!!! E accidenti anche a quel fesso di mio marito!!!
Che adesso, per colpa della sua stupidità &egrave anche cornuto… e ben gli sta!
Tutto perché ormai ha bisogno di… aiutini, per avere un’erezione appena decente e quell’accidente di sera (o dovrei dire quella notte, visto che era passata da un pezzo la mezzanotte?), per aiutarsi, ha deciso di tirar fuori un DVD ‘piccantissimo’ -ha detto il fesso!-, mi ha fatta sedere sul divano, lo ha inserito nel lettore dei DVD, collegato al televisore insieme all’antenna tradizionale, alla parabola, alla TV via cavo e quant’altro e poi si &egrave messo sul divano accanto a me, ha armeggiato per qualche minuto col complicatissimo telecomando, facendo svanire le immagini di una noiosissima partita di calcio e poi… e poi, &egrave partito il filmino.
Lui &egrave ingrifato, mi bacia il collo, mi fruga sotto il vestitino -sempre tenendo un occhio sullo schermo al plasma-, mi palpa i seni mentre io mi impegno a dimostrarmi eccitata ed arrendevole.
Poi l’occhio mi cade sullo schermo e mi blocco: la protagonista della ripresa amatoriale sono io!
Ricordo l’occasione in cui lui aveva girato il filmato: una festa piuttosto… biricchina, dove noi, altre coppie e qualche singolo abbiamo… giocato tutti insieme, una quindicina di anni fa.
Mi stupisce di vederlo su DVD: ricordo che Elio lo aveva girato, pochi mesi dopo il nostro matrimonio, con la sua telecamera di allora, che macinava ingombranti cassette VHS; per cui stoppai i suoi entusiasmi e gli chiesi ragione del DVD: seccato, bofonchiò che aveva fatto riversare il contenuto della cassetta su un dischetto e poi ricominciò a fare il mandrillo.
Devo ammettere che un po’ mi intrigava, quel vecchio filmino: avevo quindici anni in meno ed una figura più asciutta, ma mi rendevo conto che gli anni mi avevano trattata bene: la figura era appena più tornita, i fianchi un pochino più pieni ed anche il seno, che pure cominciavano appena ad accusare la forza di gravità.
La testata di riccioli neri, però, era la stessa -anche se adesso avevo bisogno di celare i primi capelli argentati- e stesso il visetto, ora meno nervoso, con due grandi occhi verdi, un nasino impertinente e due belle labbra piene.
Anche le gambe erano restate toniche, grazie alla palestra e la pelle era restata tonica e luminosa.
Ero contenta di avere l’occasione di fare quel confronto, dal quale uscivo indubbiamente bene.
Mi rilassai e cominciai ad apprezzare i suoi toccamenti ed i suoi baci; gli misi la mano sulla patta e fui piacevolmente sorpresa di sentirlo pronto, pronto come da mesi non accadeva.
Nel frattempo, con un occhio, controllavo l’evolversi dell’antica ripresa e vidi un singolo (Giorgio? Gianni? Boh, un nome così…) che si avvicinava e cominciava a toccarmela, mentre altri si avvicinavano, mettendosi tra me e la telecamera e quindi scacciati da rabbiosi sibili di Elio, cominciavano a toccarmi e leccarmi ovunque.
Elio, nel frattempo, mi era venuto sopra e cominciò a scoparmi; devo ammettere che la cosa mi piaceva molto e quindi solo saltuariamente guardavo lo schermo, ma ricordando, dai pochi istanti che ogni tanto coglievo, tutta l’eccitantissima sessione: mi vidi impegnata in una doppia penetrazione, poi penetrata nel culetto mentre stavo baciando la fichetta di una amica (Manuela? Boh!) che era impegnatissima a succhiare i membri di due tizi, poi impegnata a mia volta in una fellatio multipla, mentre i membri mi esplodevano in viso, schizzandomi sperma sul volto ed i capelli ed il seno.
Ricordando quella movimentatissima serata, quando avevo fatto godere non meno di dieci uomini e due amiche, ricavando io stessa ripetuti orgasmi, sentii che l’onda del piacere stava di nuovo per travolgermi.
Anche Elio sentì che ero vicina a raggiungere il piacere e anche lui, quindi, intensificò i suoi sforzi, riuscendo a venire con un grugnito assieme a me.
Mi baciò teneramente le palpebre e le labbra, abbracciandomi, ma io dopo pochi istanti mi alzai per andarmi a dare un sciacquata e passando davanti allo schermo vidi un mio oscenissimo primo piano del viso, praticamente coperto dal seme di molti degli uomini, mentre Stefania -che era la padrona di casa- mi leccava la guancia arrivando poi a baciarmi appassionatamente.

La mattina dopo feci un po’ di faccende in casa ed uscii verso le dieci per andare a lavorare alle casse di un supermercato, dovendo coprire il turno dalle undici alle quattro.
Incrociai, sull’ascensore del grande condominio dove abitiamo, una cordiale donna anziana che abita un paio di piani sopra di noi e che salutai con calore; lei si voltò, inaspettatamente, dall’altra parte con fare sdegnato e, visto che ero certa di non averle mai fatto nulla di scortese, pensai che avesse un problema personale.
Al piano sotto, l’ascensore si fermò di nuovo e salì un giovanotto, di solito compito, che come mi vide fece un ghigno; capii che stava per accostarsi a me e che stava per dirmi qualcosa, ma il suo sguardo cadde sulla vicina e desistette.
Arrivati al pian terreno, le porte si aprirono e la vicina si catapultò fuori; il giovane, invece, restò accanto alla pulsantiera con un sorrisetto scemo e quando gli passai davanti, mi palpò il culetto.
Sorpresa gli rivolsi un’occhiataccia, ma lui se ne andò, ridacchiando e mormorando qualcosa che non compresi.

Arrivai al lavoro ed indossai la polo col marchio della catena di supermercati, poi diedi il cambio a Giovanna alla cassa 3.
Nei pochi istanti di quiete tra un cliente e l’altro, avevo una strana sensazione, come il ronzio di insetti intorno a me e avevo l’impressione di essere osservata e a volte vedevo, in effetti, persone che sembravano sbirciarmi e parlottare tra loro, ma distogliendo lo sguardo con aria sospetta, come notavano che li osservavo.
Essendo il supermercato vicino a casa, &egrave normale che diversi condomini siano clienti, ma quella mattina mi rendevo conto che, oltre ad esserci un afflusso particolarmente nutrito dei miei casigliani, tutti loro mi gettavano’ sguardi strani: di regola, le donne anziane mi indirizzavano occhiate dense di riprovazione, anche se una di queste ed un paio di donne più giovani ‘una appena sopra i vent’anni!- avevano un atteggiamento invece’ languido, quasi ammiccante.
Quasi tutti gli uomini, a parte due molto anziani che mi guardarono con particolare severità, erano invece sorridenti, complimentosi o ammiccanti ed i più giovani ridevano stupidamente o addirittura mi strizzavano addirittura l’occhio.
Quasi tutti, poi, se indossavano giacca-e-cravatta, si davano una sistemata al nodo e questo gesto ‘lo avevo letto in un libro che parla del ‘linguaggio del corpo’- indicava che volevano far colpo su di me’
Non capivo tutto quel trambusto, ma restai freddamente professionale in attesa di capirci qualcosa.
Verso la fine del turno alzai un attimo lo sguardo e scorsi uno che abitava nel mio palazzo e che conoscevo solo di vista, che parlava col mio capo, il titolare del supermercato e lui mi guardava coi suoi occhi porcini e la sua espressione sgradevolmente laida.
Poi vidi pilotare i suoi centotrenta chili di tremolante ciccia verso il suo ufficio, tenendo un qualcosa di piccolo e piatto in mano, seguito dal mio vicino che gesticolava sorridendo.
Mi ero dimenticata già di quella scena, quando dopo un bel po’ arrivò Arrigo, un foruncolo ventenne assunto da pochi mesi, dicendomi che mi avrebbe sostituita perché Riccardo, il capo, mi voleva nel suo ufficio.
Mi sembrò una richiesta strana, in uno dei momenti più incasinati della giornata, ma mi alzai di buon grado e dopo un paio di minuti bussai alla porta dell’ufficio.
Aprii e’ ‘Ah, Mara. Entra!’ Che novità era quella? Riflettei che mi aveva sempre dato formalmente del lei ed adesso, stravaccato sulla sua poltroncina scostata dalla scrivania, mi dava del tu e mi guardava con uno sguardo’ voglioso, ecco! Ero perplessa’ molto perplessa!
‘Avvicinati’ disse, confermando l’invito con un gesto della mano; solo in un secondo momento notai il mio vicino da una parte, in piedi a braccia conserte, con le natiche appoggiate contro un classificatore e con uno strano sorrisetto divertito sulle labbra; feci un cenno con la testa ed un piccolo sorriso per salutarlo, ma sembrò non aver notato il mio educato gesto.
Riccardo mi mi fece cenno di andare accanto a lui, oltre la scrivania, indicando lo schermo del suo computer.
Gettai uno sguardo distratto all’lcd, ma trasalii: quella nello schermo ero io!

Con sgomento, vidi scorrere ‘sul pc del mio capo!!!- le scene di quell’orgetta fatta tanti anni fa!
Mi si vedeva bene, ero riconoscibilissima e Riccardo ghignava laidamente, mentre si accarezzava il pacco, osservando sbavante le mie antiche evoluzioni con uomini e poi ‘oddio!- anche con donne.
Riccardo ghignava: ‘Mi hanno fatto avere questo cd con le tue acrobazie sessuali, cara la mia SIGNORA Mara’ ‘quanto sarcasmo, in quel ‘signora’!- ‘capirai che questo tuo filmino ti rende incompatibile col buon nome di questo esercizio’ Perciò, ti licenzio!’
‘No!!!’ Il gridò mi sgorgò direttamente dal cuore: Elio stava sentendo la crisi e non guadagnava più bene come una volta, al punto che il mio stipendio era ormai diventato essenziale per la nostra vita! Perderlo, avrebbe significato’ un disastro!
‘Però’ -continuò il mio repellente principale- ‘ mi piace la tua tecnica di pompinara e forse potremmo trovare un accordo”
Trasecolai: cosa mi stava chiedendo?
‘Avanti: tiramelo fuori e fammi un bel bocchino’ insomma: convincimi a non licenziarti da oggi!’
Oddio, no!
‘Conto fino a dieci, poi sei licenziata’ e mi assicurerò che tu non possa trovare altro lavoro, in città! Uno’ due’ tre’ quattro”
Cosa potevo fare? Disperata, mi gettai in ginocchio tra le sue gambe divaricate, gli aprii i pantaloni, gli abbassai le mutande e gli estrassi il cazzo, che odorava di sporco e che era già duro; non era un gran cazzo, ma almeno non avrei avuto problemi a succhiarlo tutto, affondandomelo in bocca.
Feci scivolar fuori dall’elastico delle mutande anche la borsa dei testicoli e cominciai ad insalivare per bene quelli; poi cominciai a percorrergli l’asta con la punta della lingua ed infine gli aspirai la cappella, stringendola forte tra le labbra.
Lui grugniva il suo apprezzamento ed io mi dedicai a quel pompino con la feroce determinazione di soddisfarlo, per salvare il mio posto di lavoro, ma poi mi appoggiò una mano sulla fronte e mi spinse via: lo guardai, stupita e lui: ‘Spogliati: ti voglio nuda!’
A quel punto, cosa potevo fare? Mi alzai in piedi e mi tolsi la polo; esitai un poco ma Riccardo mi fece cenno di sbrigarmi e perciò, piangendo, scalcai via le ballerine, mi slacciai i jeans e li feci scivolare fino ai piedi, sganciai il gancetto del reggiseno ed infine, sotto il suo sguardo severo, feci scivolare fino al suolo anche gli slippini.
Stavo per riaccorciarmi di nuovo, ma mi fece cenno di fermarmi e, tenendomi per una mano con le braccia tese, come in un grottesco passo di danza, mi fece passare sul davanti della scrivania; poi tirò la mano, facendomi piegare sul piano della scrivania e mi ridiede l’uccello da succhiare.
Mi rendevo conto che il mio vicino aveva assistito in assoluto silenzio a tutto e che ora, dalla sua posizione, doveva avere una superba visione del mio culetto, delle cosce e dei tesori che tenevo lì custoditi, ma che la posizione scomoda mi costringeva a disvelare, tenendo le gambe parzialmente divaricate; decisi comunque di ignorarne la presenza nell’ufficio, come se non ci fosse e mi dedicai al mio pompino per la vita.
Riccardo mi aveva afferrata per le orecchie e mi teneva immobilizzata, mentre praticamente mi scopava in bocca; dopo pochi istanti sentii le mani del vicino sul culetto, prima che lo palpavano, poi che mi allargavano le ninfe della vagina e’ bruciore!!!
Me lo aveva messo bruscamente dentro!
Mi trovai così infilzata da due cazzi: uno che ospitavo in bocca e l’altro che aveva brutalmente preso possesso della mia fica; scattò qualcosa, qualcosa di strano in me: stava cominciando a’ piacermi! Nonostante lo stupore, la rabbia, l’imbarazzo e la vergogna, devo ammetterlo: un qualcosa dentro di me si sciolse in maniera definitiva, un processo simile alla rapida ed improvvisa fusione di un iceberg e’ cominciai a sentir montare dentro di me il piacere, un piacere scatenato più dalla mia mente che dalle reazioni del mio corpo.
Nei primi tempi del matrimonio avevamo fatto, io ed Elio, alcune esperienze trasgressive come, oltre a feste simili a quella immortalata sulla famosa cassetta, ad esempio andare a fare l’amore in luoghi frequentati da guardoni o lasciarmi’ molestare nei cinemini più scalcagnati, da goffi ed eccitatissimi singoli; ma avevamo ‘avevo!- sempre il controllo della situazione e potevamo decidere liberamente se lasciare una situazione che aveva sviluppi a noi non graditi o se rifiutare una persona che non rientrava a pieno titolo nei miei gusti.
Poi questo genere di giochi erano, a poco a poco, scivolate sempre più in basso nella classifica delle nostre priorità e, pur senza aver mai sancito una sorta di ‘game over’, erano ormai anni che c’eravamo ridotti, ristretti ad un banalissimo ambito di coppia, per giunta sempre meno appagante e sempre più saltuario.
Adesso, invece, avevo perso qualunque controllo sulla situazione e non potevo che assecondare il grasso e viscido Riccardo’ ed anche il vicino, che tra l’altro mi stava scopando con insperato vigore.
La femmina prese rapidamente il sopravvento sulla signora-sposata-e-lavoratrice e’ venni, con un urlo di piacere che stupì anche me!
Le contrazioni dei muscoli della mia vagina e gli sforzi che ormai facevo per ‘mangiare’ il cazzo che avevo in bocca, oltre al mio ruggito di piacere, portarono anche i due uomini all’esplosione del loro piacere; prima sentii il vicino che aumentava il ritmo col quale mi stantuffava e quando già ero convinta che mi avrebbe riempita col suo piacere, si sfilò di colpo e sentii il suo sperma che schizzava sulle reni e mi riempiva il solco tra le chiappine.
Riccardo cominciò a ripetere ‘Ci sono! Ci sono! Ci Sono!’ ed il vicino gli sibilò: ‘Sfilati! Sborragli in faccia a questa troia!’
Così, quando già il suo uccello vibrava per la spinta dello sperma che voleva uscire, me lo levò dalla bocca e lo impugnò, dirigendolo come una pompa da giardino sul mio viso e schizzandomi su un occhio, il naso, le labbra, la fronte’
Tenendo un occhio chiuso per limitare il bruciore provocato dallo sperma, notai che il vicino, con una piccola compatta, stava scattandomi dei primi piani e mi impose anche di sorridere mentre mi leccavo lo sperma dalle labbra (‘Con espressione golosa, mi raccomando!’), mentre la sborra mi colava lentamente dalla faccia e creava una densa gocciolona che dondolava appesa al mento.
Alla fine, dovetti succhiare entrambi gli uccelli per ripulirli e solo dopo Riccardo mi concesse un paio di tovagliolini di carta per ripulirmi le reni ed il viso alla meno peggio.
Finito, cercai i miei indumenti.
‘No, siediti!’ mi ordinò il mio principale, mentre il vicino si accomodava sull’altra poltroncina.
Il vicino (finalmente ricordavo: mi sembrò che si chiamasse Manlio) cominciò a parlare con tono mellifluo: ‘Devo dire che ieri sera, mentre stavo guardando la partita e la stavo anche registrando per mio cognato che non ha la parabola, ho bestemmiato, quando il segnale &egrave sparito! Però, dopo poco sei apparsa tu, che facevi la troia con parecchi maschi e’ beh, non ero più tanto irritato!’ Ridacchiò ‘Eri una faccia familiare, anche se molto più giovane, ma ci ho messo dieci minuti per ricordarmi che eri l’inappuntabile signora dell’altra scala, quella che fa la cassiera dall’amico Riccardo’
Così abbiamo voluto vedere se’ beh, se eri sempre la troia di allora’
Lo sei, ancora, complimenti! Aspetta, ti faccio vedere!’
Si alzò ed armeggiò un pochino col computer, fino a mostrare sullo schermo le foto che mi aveva scattato poco prima: erano clamorosamente oscene! Ma anche’ beh: eccitanti; mi aveva ripresa vestita, poi mentre mi spogliavo e lo succhiavo a Riccardo’ e poi dei primi piani del mio culetto, dalla mia fichina; dopo anche altre foto del pompino e del suo cazzo piantato nella mia fica e poi la sua sborrata sulle reni e le chiappine e gli schizzi del mio capo che mi colpivano il viso e che colavano densi, lentamente, mentre io, con un’espressione felice, mi ripulivo le labbra con la lingua.
Le foto era sì eccitanti, ma anche molto compromettenti, per me: cos’avevano in testa, quei due?
Sospettai che lo avrei saputo fin troppo presto.
Prese la parola Riccardo: ‘Adesso rivestiti, vatti a ridare una pulita al cesso e torna alla tre.
A fine turno vieni qui, così parliamo un po’ del tuo ruolo”
Così tornai mestamente alla cassa, riflettendo su quanto era coglione Elio ed in che casino mi aveva ficcato; finalmente capivo le risatine e gli ammiccamenti degli uomini ‘e di un paio di donne!!!- e le occhiate malevole di alcune anziane del palazzo (‘&egrave sempre prodigo di buoni consigli, chi non può più dare cattivo esempio’, cantava de André); conoscendole, sapevo che prima di sera tutte le comari sarebbero state al corrente della mia performance trasmessa’ in Mondovisione! Poi avrebbero cominciato con le acide malignità tra di loro, in una sorta di rilanci continui, fino a snaturare completamente quello che avevano realmente visto e quindi un’unica ‘festicciola’ sarebbe diventata la prova che io, tutti i giorni!, avevo BISOGNO di non meno di’ cinquanta maschi!
Francamente, non vedevo vie d’uscita e perciò continuai a passare codici a barre sul lettore, cercando di mostrare impassibilità sia ai sorrisini e le allusioni, sia agli sguardi severi ed alle bocche a culo-di-gallina’
A fine giornata, bussai alla porta dell’incongruamente grande ufficio di Riccardo; avevo sentito dire che prima del supermercato in quegli ampi locali c’era una ditta di trasporti e che quel grande stanzone era stato l’open space della mezza dozzina di spedizionieri.
Riccardo mi fece entrare, mi disse di sedermi e cominciò a parlare: ‘Oltre al filmato con le quali hai’ allietato tutto il palazzo e di cui Manlio mi dato una copia, adesso ci sono anche le foto di prima’ Mentre si nota che nel filmino sei più acerba di adesso -e, quindi, potresti tentare di parlare di un ‘errore di gioventù’- le foto, dove si vede chiaramente un calendario ed in un paio il giornale di oggi, sono incontrovertibili: sei tuttora una troia che adora i cazzi’ Avevo un groppo alla gola.
‘Per cui, a te scegliere: se ti dichiari a mia completa disposizione, quelle foto resteranno un piacevole ricordo tra noi tre, mentre tu conserverai il tuo lavoro e’ mah, potrebbe anche succedere qualcosa di non sgradevole, per te: io non sono un bastardo!’
Mi guardò fissa e non ricominciò a parlare finch&egrave non mi vide confermare con un cenno del capo che non lo ritenevo tale.
‘Oppure, decidi che la tua’ virtù ‘mise una velenosa carica di sarcasmo nella parola- &egrave importantissima: più importante del tuo lavoro, più ancora della possibilità di non trovarne altri in città, assai più della certezza che le foto di oggi le si troverà ovunque in città’ pensa: diventerai più conosciuta del sindaco!’ Concluse, con greve sarcasmo.
Mi guardò, in attesa della risposta che mi costò solo pochi secondi di riflessione, avendo ormai ben capito che non avevo assolutamente alternative: ‘Io’ accetto’
‘Brava, così si fa!
Bene, le regole sono in fondo semplici: ogni cosa che ti dirò di fare, tu la farai, senza se e senza ma; il primo ‘no’ che mi dirai, sarà l’ultimo che dirai con un’occupazione. Sono stato chiaro?’
Annuii, con gli occhi gonfi di lacrime. Lui disse: ‘No, voglio sentirtelo dire che son stato chiaro e che accetti le condizioni che ti ho dato’
Mi sforzai, ma lo soddisfai: ‘Lei’ &egrave stato molto chiaro ed accetto le condizioni’ -vedevo che aspettava che dicessi altro: lo accontentai, anche se con la morte nel cuore- ‘ che dovrò fare tutto ciò che lei mi dirà di fare, senza esitazioni’
‘Bene! Adesso te ne vai a casa, ma da domani cambi abbigliamento: ti voglio sempre in minigonna, truccata, sexy’ anzi: devi mostrarti un po’ di più; hai delle belle tette, quindi niente più reggiseni, che non sino al limite a balconcino e solo microperi, se ti vuoi mettere delle mutande’ ma sarebbe meglio che nn le mettessi del tutto! Adesso andiamo verso la stagione calda e quindi suppongo che nn metterai le calze; ma se le metterai, divieto assoluto e tassativo ai collant: solo autoreggenti’
Ovviamente niente jeans e’ scarpe, voglio che usi scarpe col tacco alto!
Tutto chiaro?’
Annuii
‘Bene’ spogliati’ lo guardai, stupita.
Mi guardò, con occhi cattivi: ‘Subito!’
Obbedii. Mi fece piegare sulla scrivania, mi allargò le natiche con le mani e mi mise due dita nella topina; nonostante l’imbarazzo e l’irritazione, mi accorsi che mi cominciavo a bagnare.
Continuò per un paio di minuti, poi sfilò le dita e me le ficcò nel culetto, di colpo: sussultai e restai a bocca aperta, dalla fitta di dolore.
A lui questo non interessava minimamente: cominciò a girarmele dentro ed a divaricarle e dopo un po’ la mia rosellina cominciò a rilassarsi; allora tolse le dita e mi spinse dentro il cazzo.
Poi cominciò, senza dire una parola, ad incularmi ed alla fine, grugnendo, mi si scaricò nell’intestino.
Dopo aver ripreso fiato si sfilò e, afferrandomi per i capelli, mi costrinse a ripulirglielo, leccandolo.
Poi mi congedò, senza neanche mandarmi in bagno a scaricarmi ed a darmi una sciacquata, con un: ‘Levati dai coglioni! A domani’ Mentre tornavo a casa, cercavo di tenere contratto lo sfintere, per evitare che l’eiaculazione particolarmente abbondante di Riccardo mi colasse fuori anche se, tuttavia, mi sentivo gli slippini bagnati ed appiccicosi’ avevo anche il dubbio che ci fosse un alone umido anche sul tessuto chiaro dei jeans..
Riflettei sulle ultime, folli ventiquattr’ore: dopo tanti anni, con Elio la passione era lentamente evaporata ed anche le sue prestazioni erano, ormai, un pallido spettro rispetto a quelle che mi travolgevano nei primi anni della nostra storia di coppia.
Ormai ci eravamo ridotti, dopo i frenetici accoppiamenti ripetuti ogni giorno dei primi anni, ad una stanca routine che aveva ormai raggiunto una cadenza settimanale, quando andava bene.
Ormai gli anni ed i pensieri gli impedivano di avere le erezioni sfolgoranti che a malapena ricordavo e sempre più spesso aveva bisogno di un aiutino: sia qualche filmino porno sia anche, da un paio d’anni, che giocassi a stuzzicare il suo buchino.
Anzi: negli ultimi tempi aveva fatto in modo che, le rare volte che facevano l’amore, lo scopassi con un dito lì e la cosa era efficace per fargli raggiungere un minimo di consistenza per potermi far provare qualcosa, anche se sempre più a fatica e raramente.
Anch’io, con gli anni, mi ero’ seduta, adattata: avevo ovviamente avuto anch’io qualcuno che mi ronzava intorno, ma non mi era mai interessato approfondire ed ormai mi ero (o forse credevo di essermi!) adattata ad una vita sessuale sempre più rarefatta.
Poi, la sera prima: quel filmino, che avevo addirittura dimenticato di aver fatto!, che mi aveva ricordato ‘in modo prepotente, quasi doloroso!- quanto avessi fatto e, soprattutto, quanto mi piacesse farlo!
E poi, quel coglione era riuscito, con la sua imbecillità assoluta e la sua totale inettitudine davanti anche alla tecnologia più elementare, a trasmettere il filmino in tutto il condominio e tutti (o almeno: tutti quelli che erano davanti alla tv a mezzanotte e mezza!) avevano potuto vedere le mie antiche perfomances.
Adesso acquistavano un senso, una spiegazione le occhiatacce, gli ammiccamenti, i sorrisini, le battutine che mi avevano bersagliata tutto il giorno; ciliegina sulla torta, Manlio che aveva avuto la prontezza ‘evidentemente!- di registrare il filmino ed, avendomi chiaramente riconosciuta anche lui, lo aveva mostrato a Riccardo, il mio principale: i due sembravano molto amici ed evidentemente l’uomo aveva voluto’ regalarmi al mio capo.
E lui, a sua volta, aveva organizzato le cose perché diventassi la sua’ ehm’ il suo giocattolo sessuale’ no, diciamolo: diventassi la sua troia!
Ripassai come alla moviola tutti gli accadimenti nel suo ufficio e non mi stupii più di tanto della mia poca ritrosia: in fondo, inconsciamente VOLEVO diventare la puttana di qualcuno!
Perché, dopo anni di sesso saltuario e sempre più avvilente, volevo rifarmi rabbiosamente del tempo perso!
Quel coglione di Elio se lo meritava, di diventare il cornuto di tutto il condominio: non avrei detto nulla, ma chiunque mi avesse cercata, voluta, avrebbe potuto avermi, da lì in avanti!
Persa in queste riflessioni, ero ormai arrivata davanti al portone; aprii con la mia chiave e mi diressi verso l’ascensore, davanti alle cui portine c’era una donna severa dell’ultimo piano ed un tizio del penultimo.
Mormorai un saluto e la donna mi guardò sdegnosamente, decidendo improvvisamente, mentre la cabina stava per fermarsi al pian terreno, di andare a vedere la cassetta della posta; chiara manovra per non trovarsi ristretta nell’ascensore con’ una-come-me, pensai con una sorta di amara ironia.
Il tipo, un bell’uomo sui trentacinquanni, mi fece cortesemente segno di precederlo ed io lo ringraziai con un sorriso ed entrai nella cabina.
Non sapendo come comportarmi, cominciai ad osservarmi nello specchio della cabina, dandogli le spalle, mentre la cabina cominciava la sua lenta risalita.
Quasi subito, sentii la sua mano sul culo, che mi palpava’ Che fare?
Basta! Avevo deciso che ci sarei stata, no? E allora lo avrei lasciato fare!
Lui mi palpò per qualche secondo, anche facendomi quasi male: era impossibile che non avessi potuto accorgermi della sua sfacciata mano, mentre ostentavo totale indifferenza e allora prese coraggio: le sue dita mi slacciarono agilmente il bottone in vita dei jeans, mentre la sua mano si insinuava dentro i pantaloni e poi gli slippini, puntando prepotentmente al solco delle chiappine.
Il gesto e sopratutto la situazione mi eccitarono da morire e sentivo che la zip, forzata dalla sua mano dietro, cedeva facendo scivolare il cursore verso il basso.
Le sue dita unite scesero ancora e girarono un attimo, per rendersi conto che avevo gli slip umidissimi ed uno mi toccò la rosellina, provandone la resistenza: la sentì cedevole, aperta, calda ed accogliente e subito mi penetrò ‘mentre la cabina si arrestava con un brusco scossone: l’aveva evidentemente bloccata lui tra un piano e l’altro- e poi, sentendomi piena del liquido seminale di Riccardo, ne introdusse rapidamente altre due, forzandomelo piacevolmente e facendomi sfuggire un piccolo gemito di piacere.
Le fece girare dentro, le divaricò per misurare la mia elasticità e poi le estrasse, si rese conto che erano ricoperte di sperma e me le infilò in bocca, per farmele ripulire.
Decisi di stare al gioco e mi applicai in una sorta di pompino a quelle dita che sapevano di maschio ed anche di altro.
Tre impazienti colpi sulla porta del pianterreno ci riportò alla realtà: premette il tasto del suo piano (e io???) e quando arrivammo al piano, mi spinse davanti a sé, tenendomi per la cintura dei jeans.
Mi pilotò davanti alla sua porta, aprì con la chiave e poi, richiusa la porta dietro di noi, con uno strappo secco mi fece scendere jeans e slippini fino alle ginocchia.
Mi contemplò brevemente, poi mi mise una mano in testa, mi afferrò per i capelli e mi forzò ad inginocchiarmi.
Lo accontentai e gli regalai di buon grado uno dei miei migliori pompini, leccandogli sia i coglioni che, poi, l’asta e risalendo fino alla cappella paonazza; poi cominciai a stuzzicargli, con la punta della lingua, il buchino in cima ed infine cominciai a farmelo entrare in bocca, con un movimento di va e vieni che ogni volta mi faceva guadagnare pochi millimetri; infine, sentii i suoi ispidi peli pubici contro le labbra, mentre con la lingua glie lo accarezzavo e contemporaneamente, glie lo aspiravo in gola, provocandogli evidenti tremori di piacere.
Non durò moltissimo; lo sentii vibrare, percorso dall’onda di piena dell’eiaculazione incipiente ed infine mi scaricò una potente sborrata in gola; anche senza la sua ferra presa ai capelli, l’avrei ingoiata in ogni modo, ma se a lui piaceva così’ apprezzai: mi faceva sentire ancora più troia!
Prese fiato pochi secondi, suonato come un pugile alla fine di un duro combattimento, ma poi mi tirò in piedi con una qual certa indifferenza e, a rischio di farmi cadere per i jeans intorno alle ginocchia, aprì la porta e mi spinse brutalmente fuori, mezza nuda, richiudendo subito, come se fossi stato un sacco d’immondizia.
Non avevo il diritto di stupirmi: in fondo, ero solo il suo sborratoio, usato con profitto, nulla di più!
Anzi, sì:
Il corridoio era per fortuna deserto e potei ricompormi, prima di scendere con le scale fino al mio piano.
Entrai in casa ancora assaporando il muschiato gusto di sperma che avevo in bocca e, mentre mi spogliavo rapidamente per poi mettermi sotto la doccia, decisi che sì, mi intrigava davvero quella improvvisa impennata della mia vita! Quando Elio arrivò dal lavoro, avevo già considerato la mia linea di condotta con lui: non sarebbe cambiato nulla, nel mio comportamento nei suoi confronti, perché questa vivacizzazione della mia vita era ‘appunto!- solo mia!
Avevo riflettuto approfonditamente sul nostro menage coniugale ed avevo deciso che non meritava nulla; né l’onta di sapere che la sua mogliettina era diventata la cagna del principale e di chi lui decidesse col ricatto, né il piacere che ‘forse!- questa notizia avrebbe potuto dargli.
Sì, perché riflettendo sui primi anni della nostra vita di coppia ‘riflessione fatta finalmente dopo tanti anni e con nuove consapevolezze che avevo scoperto solo nelle ultime ore-, solo adesso notavo che, pur essendo sempre partiti con l’intenzione di fare scambio completo con altre coppie, non sempre riuscivamo a trovarne della’ sintonia giusta e quindi non raramente dovevamo ‘accontentarci’ di singoli ingrifati; la cosa, oltre ad essere estremamente gradita a me, non dispiaceva neanche a lui che, in alcuni casi, aveva accettato di ottimo grado il ruolo del cornuto che assiste alla monta della moglie e che i maschi insultano mentre approfittavano della mia appassionata disponibilità!
Dopo quelle sessioni con singoli, era sempre particolarmente eccitato, il maiale, e mi chiedeva di raccontargli le sensazioni, le parole sussurrate, i gesti nascosti e man mano che raccontavo, la sua erezione diventava sempre più marmorea, soprattutto quando mi trovavo, nella stessa sera, a dover soddisfare parecchi uomini.
Era andato bene per parecchio tempo, ma poi una brutta frattura che si &egrave procurato cadendo in moto ci ha portato ad un periodo di’ sospensione.
I primi tempi, i singoli mi telefonavano per incontrarmi, ma declinavo le proposte perché non mi sembrava bello andare a divertirmi, mentre lui era bloccato in un letto.
Poi le telefonate degli stalloni si sono rarefatte ed alla fine, quando a furia di declinare le proposte &egrave sembrato che non fossimo più interessati a questi giochi, son terminate del tutto.
Quando alla fine Elio si rimise in forze, mi propose di ricominciare ad andare per locali, di incontrare gente, ma in quel periodo mi era piombata addosso la pesante cappa della depressione e’ ed in pratica smettemmo di fare cose con altre persone, sino a rientrare nella ‘normalità’ di una coppia.
Ma adesso, per la sua imbranataggine con quei cazzo di aggeggi, tutto il palazzo aveva saputo dei miei movimentati trascorsi ed i più audaci si erano fatti avanti!
Mi aveva fatto diventare la baldracca condominiale? Bene, lo sarei stata, alla faccia sua!

Arrivò quella sera con la solita faccia, i soliti gesti, il solito bacio sulla guancia, le solite parole della nostra routine e ci sedemmo alla solita tavola per la solita cena, davanti al solito telegiornale, che seguì con la solita annoiata concentrazione, mentre veniva annunciato che il governo aveva al varo le solite misure.
Repressi una risata: pensavo alle misure che erano state varate con me, da Riccardo, Manlio ed il tipo dell’ascensore.
Dopo un po’, quando le banali notizie diventarono anche futili, prima della fine del notiziario, Elio mi guardò e parlò: ‘Sai il ragioniere del quarto piano? Quello piccolo, cicciotto, col riporto e gli occhiali spessi? Beh, l’ho incrociato in ascensore, insieme ad un altro che abita in alto e’ beh, quando stava per scendere mi ha guardato ‘sembrava imbarazzato, ti giuro!- e mi ha detto: ‘Buonasera’ e mi saluti la sua bella signora!’
Ci avrò scambiato buongiorno-buonasera una ventina di volte, in tanti anni e stasera mi ha anche detto di salutarti’ boh!
Che poi, come lo ha detto ed ho risposto, quell’altro ha cominciato a ridacchiare come un deficiente’ Questo palazzo sta diventando un vero manicomio’
Il mio cuore fece un balzo, anche se riuscii a conservare l’espressione indifferente: evidentemente anche il ragioniere era davanti alla tv’ o magari solo l’altro, che però gli aveva accennato quanto bastava. Sarebbe stato più complicato di quanto immaginassi, tenere Elio all’oscuro!
‘Ma perché dici così, amore? E’ stato gentile, no?’
‘Sì, ma’ beh sì; ma ho come l’impressione che quando sono arrivato, stessero parlando tra loro’ e come mi hanno scorto sono ammutoliti di colpo!’
Riuscii a simulare una risata divertita: ‘Il mio amore paranoicissimo! Magari stavano parlando di affari loro e non volevano che tu sentissi”
Non si diede per vinto tanto facilmente: ‘Sì, ma’ ed il ridacchiare dopo che mi ha salutato’?’
‘Risi di nuovo: ‘Ma cosa ne sai? Magari si erano raccontati una barzelletta sui saluti ed a quell’altro &egrave venuta in mente”
‘Mah’. Sarà” Sembrò placarsi, mentre affrontava la sua routine serale, andandosi a stravaccare sul divano, davanti alla televisione, mentre io rigovernavo e poi o mi mettevo accanto a lui oppure, come quella sera, andavo nello studiolo a girellare su internet ed a salutare gli amici su Facebook.
Dopo una mezz’ora, però, decisi che ‘non avevo testa’ di stare in rete, per cui mi lavai e me ne andai a letto, a leggere un pochino prima di crollare addormentata, dopo quella giornata insperabilmente densa di avvenimenti piacevoli, ma che mi avevano stancata come da anni non succedeva.

La mattina dopo mi alzai alla solita ora, dopo che Elio era andato al lavoro, ma con una sgradevole sensazione alla gola.
Mi trovai a fare i lavori di casa in modo strascicato, fino all’ora in cui dovetti prepararmi per andare a lavorare.
Avevo già preso in mano i miei soliti jeans, quando ricordai le tassative disposizioni di Riccardo: perciò scelsi un perizoma string bianco, che non avrebbe sfigurato sotto la gonna bianca (forse un po’ troppo estiva, ma chissenefrega!) che arrivava appena sotto il ginocchio, ma abbottonata sul davanti; oltre al bottone della cintura, ne allacciai altri tre, l’ultimo poco sotto al peri. Poi scelsi una camicetta gialla di seta pesante, anche quella sbottonata fino all’altezza dei seni, ed un paio sandaletti estivi con un discreto tacco da sette.
Prima di uscire, mi guardai nello specchio dell’ingresso e quanto vidi mi piacqui: il filo di rossetto tenue ed il rimmel avevano impreziosito il mio viso ed ero pronta ad affrontare il mondo’ ed i relativi cazzi.
Unico problema, il non indossare reggiseno: se mi si fossero inturgiditi i capezzoli, sarebbero spiccati clamorosamente sulla seta gialla, già tenuta tesa dei miei seni.
Attesi l’ascensore e quando la cabina si aprì, incrociai lo sguardo con una bella signora dei piani superiori, che mi accolse con un caldo sorriso.
Ricambiai ed entrai.
Mentre già le portine si richiudevano, la donna cominciò a’ trafficare col bottone che le chiudeva la camicetta all’altezza dei seni, guardandomi con un sorriso ed una sorta di velato messaggio negli occhi’
A quanto sembrava, non erano stati solo uomini, ad accendersi per il filmato!
Così le rivolsi un caldo sorriso complice: ‘Comincia a fare caldo, non trova? Mi sono appena vestita, ma mi sento già accaldata’ qui’ dissi, appoggiandomi un dito tra i seni, facendo scorrere un polpastrello proprio dove i seni si accostavano.
Lei imitò il mio gesto e convenne che anche lei era accaldata, ma il suo gesto riuscì a far scivolar fuori dall’asola il bottone allacciato all’altezza dei seni, mostrando un delicato reggiseno con una piccola rosellina di stoffa cucita al centro.
Mi guardò, con un’espressione come di studio ed attesa e decisi di non deluderla: ‘deliziosa, quella rosellina del suo intimo: una cosa molto fine, delicata; domani indosserò anch’io un reggiseno così” buttai lì, mentre anch’io facevo ‘involontariamente’ saltare il bottone, regalandole una maggior visuale del mio seno appena velato dalla camicetta.
Vidi che il suo sguardo si tuffava tra i miei seni e quando la cabina si arrestò con uno scossone, prima che le portine si aprissero, rapida mi diede un bacio sulla guancia e, con voce leggermente arrochita, mi disse: ‘allora’ ci vediamo’ io sono Barbara!’
Ci scambiammo un sorriso complice mentre uscivamo nell’atrio e, arrivate al portone, osai: ‘Ed io, Mara’ Ciao, buona giornata!’
Ci separammo lì sul marciapiedi, ma avevo capito che ci saremmo riviste’ con calma molto maggiore!
Dopo poco arrivai al supermercato ed andai nello spogliatoio per indossare la polo aziendale.
Inaspettatamente, ci trovai Aurelia, la più anziana tra noi: una vecchia acida e severa di oltre cinquantenni, aspra come il succo di limone.
Era lì e stava fumando annoiatamente una sigaretta, nonostante fosse ‘in teoria- vietato; rappresentava un problema, per me: dovevo togliermi la camicetta ed indossare la polo, ma non indossando reggiseno’ non mi andava di mostrarmi a petto nudo davanti a lei.
Così cominciai a cincischiare, a perdere tempo, spiandola mentre fumava con estrema lentezza e, mi sembrava, tirando appena in modo da farla durare il più possibile.
‘Beh? Cos’aspetti a cambiarti? Sei quasi in ritardo!’ disse, con voce aspra, mentre ero chinata a rovistare nello stipetto per far finta di fare qualcosa.
‘Cos’&egrave? Hai paura che ti veda le tette, visto che sei senza reggi? Tranquilla, non mi turbano’ E poi, ho visto ben altro’ di TE!’
Rimasi senza fiato: anche la perfida Aurelia sapeva, aveva visto! E adesso???
Gettò la mezza sigaretta in terra e la spense con una pedata: ‘Ti vedo impacciata’ Dai, ti aiuto io!’
Fece il passo che ci separava e cominciò a sbottonarmi rapidamente i pochi bottoni allacciati della camicetta; poi, rapidamente sbottonò i due primi bottoni della gonna, mentre io ero paralizzata dall’imbarazzo e dalla sorpresa, e me la fece cadere attorno ai piedi.
Infine sbottonò l’ultimo bottone della camicetta e con gesti spicci da infermiera me la tolse; poi mi guardò, con sguardo critico: ‘Potresti andare alla cassa così o, al massimo, con la polo’ tanto ormai tutti sanno che sei una bagascia’
Ma forse &egrave meglio che ti rimetti la gonna!
Ah: se ti ostini a portare il peri, fatti delle lampade: sei ridicola con le chiappe bianche e lo spaghetto bianco in mezzo!’
Poi, con un’andatura che faceva venire in mente un temporale, mi lasciò nello spogliatoio, umiliata e basita.
Dopo cinque minuti ero alla cassa, mogia, con la gonna allacciata quasi completamente e la polo aziendale: le parole ed i modi di Aurelia mi avevano turbata e questo fatto aveva ingenerato un altro problema: inaspettatamente, i miei capezzolini non volevano darsene per intesi di rilassarsi e, pur sotto l’ampia polo aziendale, erano visibili, provocando occhiate scandalizzate e sciocchi sorrisini dei clienti.
Mentre passavo codici a barre davanti al lettore, mi sfrecciavano folli fotogrammi nella mente, dove mi vedevo nuda, legata sul tapis roulant della cassa e Aurelia che con aria crudelmente indifferente passa il lettore sui bar-code del grosso cetriolo che mi spunta dal culo e delle due banane di prima scelta che emergono dalla mia fica, in attesa farmi avanzare sul nastro e poter battere i codici delle mollette da bucato che mi stringono i capezzoli e del grosso salame tipo-milano che mi arriva quasi in gola.
Ma la cosa peggiore era che, le due volte che avevo incrociato per caso il suo sguardo, mi guardava con un sorrisino crudele, come se stesse guardando il mio stesso film mentale!
E questi pensieri mi sgomentavano! Però, ero costretta ad ammetterlo a me stessa, mi facevano stranamente vivere come in una nuvola di eccitazione. Mi sentivo la topina umida ed ero costretta, sotto il riparo del piano della cassa, a tenere le ginocchia un po’ aperte per dar modo ai miei umori di asciugarsi all’aria.
Cambiai posizione sulla seggiolina girevole e così facendo il lembo della gonna ricadde, lasciandomi una buona porzione della coscia scoperta.
L’uomo anziano che stava mettendo nella borsa la sua spesa, si bloccò affascinato ed io’ beh, mi sentii deliziosamente, prepotentemente donna e quasi rimpiansi, per un istante, che non fosse stato al suo posto un prestante giovane sfacciato!

Il turno stava passando, tra battute, occhiate, allusioni, sguardi, risatine, bocche contratte, sguardi severi o indifferenti o indaffarati o impazienti’
Poco meno di un’ora dal termine, mi chiamò Aurelia, dall’altra cassa: ‘Ha detto Riccardo di chiudere la cassa e di andare nel suo ufficio, appena hai smaltito la coda’
Annuii e considerai le quattro persone in coda, avvertendo chi si accodava che ero in chiusura e dirottandoli sulle altre casse attive.
Alla fine smaltii anche la pensionata con due mozzarelle ed un litro di latte e mi avviai verso l’ufficio.
Come bussai mi disse di entrare e subito mi presentò un tipo con la faccia tostata da troppe lampade solari che, mi disse, era il responsabile delle divise della catena alla quale il nostro esercizio apparteneva.
Il tizio mi spiegò che la Catena (la nominò con la maiuscola!) stava rinnovando le uniformi degli addetti e che mi avrebbe usata come modella, per mostrare a Riccardo l’effetto indossato.
Finì il suo breve discorsetto -ma dai suoi occhi luccicanti avevo capito che non sarei stata solo la sua modella, quel pomeriggio!- e mi guardarono con aria interrogativa: non capivo.
‘Dai, troia, spogliati’ disse Riccardo, con tono annoiato.
Guardai lui, poi faccia-cotta, poi di nuovo lui e mi decisi: mi sfilai la polo e restai a seno nudo davanti a loro; si vedeva chiaramente, guardandomi i capezzoli eretti, che la cosa non mi dispiaceva’
Faccia-cotta estrasse un’altra polo dalla valigia che aveva appoggiato sulla scrivania e ne vantò brevemente le caratteristiche mentre la indossavo: era più aderente di quelle vecchie, elasticizzata, di una sfumatura leggermente più carica.
La indossai e poi mi ordinarono di sfilare davanti a loro, alzandomi sulla punta dei piedi, accucciandomi, girandomi all’indietro.
Ad ogni mio movimento, faccia-cotta si preoccupava di lisciarmi il tessuto addosso, approfittandone per palpugnarmi le tette e per pizzicarmi i capezzoli.
Alla fine della prova, Riccardo sembrava soddisfatto e allora passammo ad un altro capo: un camiciotto della stessa tinta, che faccia-cotta si preoccupò di allacciarmi personalmente, pur usando solo gli ultimi tre bottoni.
‘Sa, signora” esordì faccia-cotta, cercando di sapere il mio nome.
‘Non chiamarla signora: troia basta e avanza!’
Il tipo era in imbarazzo, ma superò subito l’empasse: ‘Ok, Riccardo’ allora, troia: levati la gonna, così vediamo come cade la camicia!’
Obbedii e notai che lui era assolutamente eccitato.
Prima mi fece indossare una gonna in tinta, appena sopra al ginocchio, dell’ampiezza giusta per non impedire i movimenti e poi un paio di pantaloni che, probabilmente apposta!, erano di una taglia meno della mia; inutile dire che mi ‘aiutò’ ad indossarli ed ad allacciarli, palpandomi con sempre maggior convinzione il culo, le cosce e la fica.
Vantava il tessuto e la vestibilità del taglio e che in qualunque posizione quri pantaloni non erano un impaccio.
Riccardo osservava ed ascoltava, con un’espressione torpida, come un vecchio coccodrillo al sole: ‘Inginocchiati, troia!’
L’ordine schioccò nell’apparente calma ed ubbidii prontamente: dopo pochi istanti, stavo aprendo i calzoni di faccia cotta e ne estraevo il membro, che cominciai subito a leccare e succhiare.
Faccia-cotta apprezzava, ma il mio capo mi disse di smettere e di alzarmi; poi mi fece levare gli abiti aziendali ed infine, con solo lo string addosso, mi fece sdraiare sulla scrivania, facendomi tenere le caviglie con le mani.
Faccia-cotta scostò appena il peri e vide quindi la mia fica, luccicante del ciprigno che bagnava le mie ninfe spalancate e gonfie di voglia e con un colpo solo affondò il suo arnese dentro di me.
Poi cominciò a scoparmi, con un ritmo forsennato, come se volesse finire prima che io svanissi come una visione ed in effetti, in un paio di minuti fu tutto finito.
Riccardo mi ingiunse di ripulirglielo per bene con la lingua ed io lo lustrai, pur con un grande senso di inappagamento: io VOLEVO godere, ma in tutto il giorno avevo solo avuto’ provocazioni! Alla fine Faccia-cotta decise che il suo aggeggio era pulito a sufficienza e lo rinfoderò nei calzoni con gesti sbrigativi.
Volevo tirarmi su dallo stare inginocchiata, ma come provai a muovermi, il mio capo mi abbaiò: ‘Chi cazzo ti ha detto di muoverti? Resta lì!’, per cui restai inginocchiata, ma sedendomi sui calcagni.
Mentre i due si accordavano su quante nuove uniformi far arrivare, prima di salutarsi, mi sentii un cerchio alla testa ed un senso di disagio, di malessere.
Avrei voluto mettermi qualcosa addosso, ma evitai per non sentirmelo vietare da Riccardo.
Alla fine Faccia-cotta se ne andò, ignorandomi tranquillamente e Riccardo mi fece infine alzare, inginocchiare sulla scrivania e mi venne dietro; prima mi strappo via il perizoma, appallottolandolo, ficcandomelo in bocca e poi sigillandomela con un pezzo di nastro adesivo da pacchi, poi sentii le sue dita entrarmi nella vagina ancora piena della sborrata del tipo ed infine uscire e lubrificarmi il culetto.
Poi appoggiò la cappella sulla rosellina, mi afferrò per i fianchi e, con un colpo secco, mi inculò di colpo, strappandomi un gemito.
Si godette il mio culo stando fermo per qualche secondo: ‘Sei proprio una cagna in calore: hai il culo bollente, sembra un forno!’ e poi cominciò ad incularmi con calma.
Stava scivolando attraverso il mio sfintere da non molto, quando sentimmo un delicato bussare alla porta ed una voce: ‘Sono Aurelia!’
Oddio no! Non ora! Non così! Pensavo che le avrebbe detto che adesso era impegnato, ma il mio principale non aveva, evidentemente, di queste remore e tuonò un ‘Entra!’, cosicch&egrave la mia anziana collega entrò ed ebbe solo un attimo di esitazione, contemplando l’imprevista scena che le si presentò davanti: il suo principale coi calzoni alle caviglie, che stava fottendo la sua collega completamente nuda ed imbavagliata, inginocchiata sulla scrivania e coi calcagni piantati nel sedere per essere alla giusta altezza, come una sorta di bambola sessuale.
Poi fece un sorriso cattivo e mi si avvicinò, parlando con indifferenza: ‘Volevo solo avvisarti che sono arrivate le guardie private per portar via l’incasso’ Ma vedo che sei occupato in altro”
Riccardo rise: ‘In effetti’ questa troia &egrave davvero calda, sembra un forno! Peccato che tu non possa verificare per la mancanza di’ un TUO cazzo!’ concluse sguaiatamente.
Lei contemplò la scena, inclinando un pochino la testa, poi parlò: ‘Beh, ho idea di fare un paio di cosine divertenti a questa baldracca, se me lo lasci fare’.’ ‘lui annuì- ” il materiale di cancelleria &egrave sempre nell’ultimo cassetto?’
Avuta la conferma, la donna prese qualche elastico di quelli larghi, a fettuccina, ed una scatola di fermagli.
Poi mi avvolse un elastico intorno ad un seno, lo incrociò e tirò forte; dopo mi avvolse anche la seconda spira alla radice del seno, tirò ancora e un po’ a fatica posizionò anche la terza spira, lasciandomi il seno stretto alla base, tondo come un palloncino.
Ripeté il trattamento anche all’altro e dopo poco mi facevano male entrambi e stavano scurendosi a vista d’occhio.
Poi aprì la scatola dei fermagli e ne sistemò due alla base dei capezzoli.
Alla fine contemplò il suo lavoro e fece un sorrisetto soddisfatto: ‘Sai Riccardo: mentre tu la inculi, alla troia dondolano le tette’ pensa come sarebbe più suggestivo se si facesse inanellare i capezzoli, in modo da poterle appendere qualche oggetto un po’ pesante’.’
L’uomo si fermò un attimo e rifletté sulla proposta: ‘Sì, mi sembra un’idea carina’ Troia, domani voglio vederti con le tette inanellate!’ mi ordinò, ricominciando subito ad incularmi.
Aurelia rise: ‘ma come corri! Semmai, quando usciamo da qui, la porto io a farseli forare; poi terrà i piercing per qualche giorno, in modo che si formi bene il foro ed infine le metteremo gli anelli”
Lui, sbuffando e grugnendo, bofonchiò: ‘Sì, va beh, come cazzo vuoi’ non ne so una sega di queste cose, io!’
Con la coda dell’occhio la vidi venirmi dietro ed abbassarsi accanto a Riccardo: lui si fermò qualche istante e prima sentii una sua scarpa che cadeva sul pavimento, poi dal fruscio capii che Aurelia gli aveva liberato una gamba dai pantaloni.
In effetti, quando ricominciò a stantuffare il mio martoriato buchino, lo sentivo muoversi con maggiore libertà, anche di lato.
Poi sentii le unghie lunghe di Aurelia che cercavano la mia vagina, che scostavano le mie ninfe turgide e che mi penetravano, almeno quattro dita!, di colpo.
Sincronizzò i movimenti con quelli di Riccardo ed ad ogni affondo sentivo la sua mano penetrare sempre di più nella mia natura; poi una fitta e capii che la sua mano, inaspettatamente fredda, mi era entrata tutta!
Nonostante il malditesta, il dolore ai seni ed alla fica, sentire che la sua unghia cercava di forzare la cervice per entrare nel collo dell’utero’ il mio piacere esplose: persi la cognizione di chi ero, dov’ero, cosa facevo, come e con chi’ mi tramutai in una sorta di gelatina tremolante di piacere assoluto come non mi era mai successo prima in vita mia!!!!
Quando, dopo un tempo indefinito, tornai su questo pianeta, mi trovai semiranicchiata sul piano della scrivania, percorsa da brividi e totalmente spossata.
Riccardo si era risistemato e stava parlando in modo serio con la mia sadica collega.
I seni non erano più stretti dagli elastici, né avevo più i fermagli, ma mi pulsavano e mi dolevano, come del resto la fica e il culetto: me lo toccai con circospezione e lo trovai molto aperto e scivoloso, segno che il mio capo ci si era svuotato dentro.
Mi sentivo tutta dolorante, come se mi avessero picchiata con una mazza da baseball!
‘Quando hai finito di dormire sul lavoro, pezzo di troia, rivestiti e levati dai coglioni, che devi andare con Aurelia!’ mi disse in modo ruvido il capo.
Con la testa che mi girava, feci come diceva e poi raggiunsi lo spogliatoio con la mia aguzzina, che si accontentava adesso di pilotarmi.
Mi sentivo uno straccio e salii in auto con ei, che mi portò a farmi forare i capezzoli, ma vissi tutto come una specie di brutto sogno ovattato.
Poi mi lasciò davanti al portone e mi ballò un attimo la vista; presi l’ascensore a testa bassa e con fatica riuscii ad aprire la porta di casa ed a richiudermela dietro: mi sentivo uno straccio ed ormai mi ero convinta di essermi presa un malanno e di avere un po’ di febbre.
Dopo qualche istante, il sommesso pigolio del termometro digitale mi permise di leggere, facendo inaspettatamente fatica a metterlo a fuoco!, che avevo un febbrone da 39.25′ C.
In qualche maniera mi spogliai, presi una tachipirina e mi buttai sotto le coperte, a tremare e battere i denti. Con l’attacco influenzale, passai tre giorni in uno stato quasi comatoso, col febbrone che mi faceva sudare in modo indegno, debilitandomi; poi l’ondata più virulenta passò e mi trovai stordita, sfinita, disidratata per qualche penoso giorno.
Quando terminai la mutua era precedente ad un mio turno di riposo ed avevo perciò programmato di andarmene al mare, ma purtroppo una perturbazione atlantica mi precluse questa possibilità e, dopo aver riflettuto sull’esigenza che il mio corpo sentiva di calore e luce, ripiegai su una nuova SPA nel quartiere accanto; avevo trovato il volantino in cassetta, con un buono omaggio per un pomeriggio promozionale intero!, e vantava oltre a lampade facciali, lettini e docce UV, anche massaggi, sauna, bagnoturco e quant’altro.
Arrivai perciò alla SPA, che odorava ancora di pittura fresca! e mi misero a disposizione un armadietto nello spogliatoio femminile, deserto. Mi spogliai rapidamente, mi avvolsi il telo di spugna attorno ai seni e con l’asciugamano mi feci un turbante per i capelli.
Poi, con le ciabattine, mi incamminai verso le docce solari, entrai in un cubicolo, mi tolsi il telo ed avviai l’apparato, godendomi il piacevole calore su ogni angolo della mia pelle nuda.
Dopo i rituali dodici minuti, mi sentivo bene, scaldata dentro e fuori.
Uscii dalla doccia solare, mi ridrappeggiai addosso il telo e girai pigramente per la SPA, incrociando solo un paio di persone.
Una pesante porta, col vetro smerigliato che faceva appena intuire una luce all’interno. Impronte umide di ciabattine mi facevano capire che alcune persone avevano recentemente varcato quella soglia.
Tirai il maniglione ed entrai nell’ambiente, saturo di vapore caldo del bagno turco.
La poca luce, per giunta offuscata da dense nuvole di vapore, mi fece apprezzare un ambiente artisticamente piastrellato che, dopo una sorta di vestibolo con una fontanella sulla destra, si allargava verso sinistra e, nella parete in fondo, intravvidi una sorta di gradinate dov’erano sedute almeno due persone.
Poi un sibilo annunciò un altro rilascio di vapore e tutto diventò sfumato, finch&egrave le luci si spensero di colpo e si accese solo una luce d’emergenza, che non mi era sufficiente per vedere alcunché, prima che le mie pupille finissero di adattarsi dalla forte luce esterna a quella semioscurità.
Mi sentivo già piacevolmente ruscellare il sudore tra i seni ed avanzai, con un braccio teso in avanti per evitare ostacoli e l’altra mano a sfiorare il muro piastrellato.
Sentii che il telo stava allentandosi e decisi perciò di tirarlo via e di appoggiarmelo sulle spalle; sotto la mia mano sinistra il muro sparì in un angolo e seguii la nuova direzione, addentrandomi nello sconosciuto locale.
La mano destra, tesa in avanti, trovò qualcosa, un ostacolo morbido e vagamente peloso: il petto ‘forse- di un uomo! ‘Scusi’, mormorai.
Lui borbottò qualcosa e continuai a seguire il muro, ma come fui alla sua altezza, la sua mano mi sfiorò il fianco e poi mi palpò entusiasticamente il sedere: mi fermai, sorpresa ma anche compiaciuta del contatto ed allargai un po’ i piedi.
Un’altra mano mi sfiorò il braccio, risalì alla spalla e poi scese ad accarezzarmi un seno, con le dita che giocherellarono curiose con le barrette del piercing del capezzolo.
Una terza mano mi lisciò il pancino e si insinuò tra le mie cosce mentre altre due, insieme, cominciarono ad esplorarmi le cosce e le reni, soffermandosi poi ad esplorare le dolci natiche; la situazione di quasi cecità, avendo le addosso le mani indiscrete di un numero imprecisato di maschi mi accesero i sensi e li lascia fare, con compiaciuta disponibilità.
Le mie mani annasparono nell’oscurità ed afferrarono ciascuna un cazzo svettante, mentre i corpi degli sconosciuti si accostavano al mio, scivolando sulla pelle sudata.
Una mano prima mi accarezzò le labbra, poi mi introdusse due dita in bocca, che subito succhiai con passione.
Allora la mano piegò le dita, artigliandomi dolcemente la mascella e mi pilotò a scendere; cominciai ad accucciarmi, ma mani autoritarie mi fecero, invece abbasssami solo col tronco fino a poter spompinare l’artigliatore.
Intanto le altre mani si concentravano sul culetto, le cosce, la schiena, il collo ed i seni e dita indiscrete prendevano possesso dei miei buchini.
L’artigliatore, tenendomi per la nuca il suo cazzo piantato in gola, cominciò a rinculare, obbligandomi a seguirlo fino alla gradinata.
Dopo pochi istanti, ero impalata sul bel cazzo di uno, seduto, mentre le mani continuavano ad esplorarmi ovunque ed i cazzi si alternavano nella mia bocca.
Un lamento roco, segnalò che chi mi stava scopando si era scaricato dentro di me e dopo pochi istanti mi fece alzare per essere rimpiazzato da un altro che, dopo avermi… assaggiato la fica, decise di incularmi con decisione.
Il suo cazzo era, per fortuna di dimensioni non esagerate e, lubrificato dalla sborrata del primo in fica, scivolò piacevolmente nel mio retto.

Dopo un po’ di tempo, ero esausta; complice l’oscurità, gli uomini presenti nella sauna avevano usufruito appieno della mia totale disponibilità: diversi uomini si erano alternati nella mia topina ed alcuni avevano esplorato a fondo anche il mio culetto. Tutti, poi, avevano provato la mia bocca, ma solo pochi avevano preferito scaricarsi lì.
Adesso, saziate le loro voglie, mi avevano lasciata sulla gradinata, scomposta come una bambola messa da parte e, quando alla fine tornò l’illuminazione, solo tre uomini erano ancora nel bagnoturco, ognuno col proprio telo drappeggiato attorno alla vita -due seduti sulla gradinata ed uno in piedi accostato alla parete più lontana da me- e tutti con un’espressione innocentemente annoiata.
Mi ridrappeggiai addosso il telo ed arrivai, per un folle istante!, che davvero fossi stata presa dai maschi presenti, ma una rapida toccata ai miei buchini, dilatati e scivolosi di sperma, mi confermarono che l’elettrizzante esperienza l’avevo davvero vissuta.
Dopo dieci minuti, una doccia mi aiutò a riacquistare una condizione adatta per affrontare l’universo mondo ed alla fine, abbandonai la SPA, ma prendendo un appunto mentale per ritornarci il prima possibile. Quella sera, quando Elio tornò a casa, decisi di non far parola della SPA e quindi, quando gli… scappò una -inattesa!- domanda sul come avessi passato la giornata, gli dissi che ero stata in giro per vetrine, in centro.
Perse immediatamente interesse, alla mia giornata.
Dopo cena, lui si spalmò come prassi sul divano, a guardare la televisione, mentre io annoiata, decisi di accendere un pochino il computer per guardare la posta e magari passare non più di un’oretta su Facebook, visto che l’indomani si ricominciava col lavoro.
Tra le email, tolta la solita camionata di spam, restarono una decina di email e cominciai a leggerle; le prime tre erano le solite email di vecchi amici, ma la quarta… la quarta era di un mittente sconosciuto, ma come oggetto aveva ‘Abito anch’io in…’ con l’indirizzo del mio palazzo.
Osservai mittente ed oggetto per un po’, senza decidermi ad aprirla: qualcosa mi diceva che quell’email era una minaccia, ma anche mi attraeva incredibilmente: mi sentivo come un coniglio ipnotizzato da un cobra!
Alla fine la aprii e conteneva solo tre parole: ‘Grazie, clicca qui’ oltre ad un link.
Feci come suggerito e mi trovai in un sito pornografico: mentre lo osservavo, il filmato si caricò e partì: era il mio famoso filmino!!!
Non so dire esattamente quali sentimenti attraversarono la mia mente: da una parte un certo sgomento, una certa irritazione; dall’altra, però, una sotterranea eccitazione per un mondo che mi schiudeva davanti: mi sentivo come Alice l’attimo prima di entrare nello specchio!
Lasciai scorrere il filmino e cominciai a leggere i relativi commenti dei frequentatori del sito:
‘Sei davvero una gran troia: voglio fotterti anch’io’
‘Siamo un gruppo di cinque amici e vorremmo conoscerti per farti impazzire’
‘Ti basterebbero i miei 24 centimetri???’
‘Baldracca, mi fai impazzire’
‘Vorrei portarti bendata in un appartamento ke nn konosci e poi lasciarti in balia di ttt i presenti, che t spoglierebbero, t toccherebbero e t fotterebbero in ttt i buki!’
‘Fotterti nel fango, dio ke bello!’…
C’erano una quindicina di commenti e involontariamente mi sentii inumidire.
Anche altre email erano relative a quella impropria divulgazione fatta da quel coglione, ed ora anche grandemente cornuto!, di mio marito; una di queste era di un ‘attore’ del famoso filmino, che si ricordava benissimo di quanto fossi porca, calda, vogliosa e ben aperta in fica e culo e che voleva ripetere i fasti di anni prima. Lo ricordavo bene anch’io: un signor cazzo e sopratutto una grande abilità nell’usarlo!
Non capivo come aveva fatto, tutta questa gente, a trovare la mia email, ma comunque quello era un problema insignificante.
L’ultima email, arrivata appena una mezz’oretta prima, era di un mio amico di un’altra città e l’aprii con una certa serenità.
Dopo le solite banalità, mi gelò: aveva trovato su un sito di foto amatoriali, delle MIE foto mentre facevo ‘la majala’ (testuale!) e si chiedeva se non fosse il caso che anche lui potesse esplorare questo lato di me…
Cliccai sul link e mi vidi, pochi giorni prima, intenta ad ospitare i cazzi di Riccardo, del vicino e di Faccia-cotta (segno che le foto erano state scattate in giorni diversi!) e che… beh, devo ammetterlo: nonostante gli anni, ero ancora una bella donna… una bella gnocca, insomma, anche un bella troia, ecco!, e le foto erano estremamente eccitanti.
Realizzai, dopo un po’, che la mia mano era scivolata tra le mie cosce ed aiutava il mio favo a stillare altro miele d’eccitazione. Ritrassi la mano, quasi vergognandomi, ma poi decisi che questa nuova vita valeva davvero la pena di essere accolta con un bel ditalino!
Il piacere sfiottò proprio sull’ultima fotografia della sequenza e con i sensi in fiamme, accedetti al mio account di FB.
Subito la casellina dei messaggi privata mi avvertiva che ben settantotto attendevano di esser letti, quando la media oscillava tra i cinque ed i -al massimo!- venti. Anche ventotto nuove persone attendevano di essere accolte tra i miei contatti ed oltre centotrenta azioni mi avevano, in qual certo modo, vista coinvolta!
Mi girava la testa! Sapevo, ormai lo avevo capito!, che tutto quel bailamme era dovuto al famoso filmino e, golosamente, affrontai per prima i messaggi, dopo aver annullato serenamente tutti i vari commenti.
Soltanto il leggerli, senza mandare nessuna risposta, mi portò via più di due ore e quasi tutti erano di maschi arrapati -ma anche quattro donne!- che mi facevano proposte più o meno esplicite, spesso corredate da foto andrologiche per mostrare le loro dotazioni, alcune evidentemente molto sovrastimate dai proprietari!
Era tardissimo! Accettai meccanicamente tutte le richieste di amicizia, senza neanche vedere chi fosse a chiederla e, coi sensi ancora in fiamme, spensi il computer.
Mentre compivo le mie abluzioni prima di andare a dormire, considerai che se Elio avesse voluto davvero diventare -deliberatamente!- cornuto, non avrebbe potuto trovare un modo più efficace.
Eccavolo, se lo avrei fatto diventare cornuto, quel coglione!!!
Mi addormentai con un sorriso vagamente crudele sulle labbra. La mattina dopo mi alzai e feci le faccende di casa.
Mentre sfaccendavo, riflettevo su tutta la situazione dalla diffusione del famoso video; ero stata sottomessa, usata, insultata, fatta oggetto di turpi desideri e di volgari commenti; mi avevano perfino imposto dei piercing nei capezzoli e… e tutta la faccenda mi intrigava, inaspettatamente! Molto più di quanto avessi mai potuto immaginare!
Mi sembrava di essere tornata indietro di quindici anni, ai tempi in cui ogni eccesso era superato da quello della volta dopo e la cosa mi piaceva, mi gratificava, mi faceva sentire dannatamente viva!!!
Mi rendevo -con sorpresa- conto che in fondo essere sottoposta ad un padrone (anche se non nel senso più sadomaso del termine) mi intrigava; essere un suo trastullo, una sua cosa della quale lui poteva annoiatamente disporre a suo piacere ed offerta con indifferenza sovrana a chiunque… Ecco: forse era quella la situazione che avevo inconsciamente sempre cercato, che avevo tentato di realizzare con Elio, ma che poi era naufragata nelle secche della vita.
Ma adesso avevo un’altra occasione e cavolo! Non me la sarei fatta sfuggire!!!
Anche se Riccardo era grasso, unto, sgradevole, era colui che poteva disporre di me e avrei fatto tutto per assicurarmi che questo tipo di rapporto procedesse.
Perciò, quando mi preparai per andare nuovamente al lavoro, dopo la decina di giorni di malattia, mi truccai impercettibilmente in modo più vistoso e decisi di indossare un abitino elasticizzato con nulla sotto. Riflettei che sopra avrei potuto mettere la polo aziendale, se nn erano ancora arrivate le divise complete di gonne o pantaloni, nel qual caso, l’avrei indossata… a pelle.
Come arrivai al supermercato, Riccardo mi vide e mi fece cenno di seguirlo nel suo ufficio.
Pregustavo già la scena: lui che si lasciava pesantemente cadere, come al solito, sulla sua poltrona girevole ed io che mi inginocchiavo davanti a lui, glie lo tiravo devotamente fuori e gli facevo uno dei miei apprezzatissimi pompini.
Invece, come entrammo nel vasto ambiente che era il suo ufficio, notai che era cambiato: oltre la porta era stato realizzato un disimpegno, sul quale si aprivano due porte; lui aprì quella di sinistra e mi fece segno di entrare: era un piccolo ufficio che sapeva di pittura fresca, con un’altra porta, un piccolo armadio a due ante, un divanetto senza braccioli, degli scaffali pieni di raccoglitori ed una scrivania con un computer, con una poltroncina girevole e due sedie per i visitatori: ‘Avrei voluto parlartene, troia, ma ti sei messa in malattia!
Comunque, da oggi non farai più la cassiera… sarai la mia segretaria… particolare!’ Ghignò, quando disse ‘particolare’!
‘Questo &egrave il tuo ufficio e di fronte c’&egrave la porta del mio, per i visitatori… Comunque, anche questa porta da sul mio ufficio e quando ti chiamo ti devi materializzare subito di là…’
‘Mi guardò con occhio critico: ‘Bene, vedo che ti sei vestita da troia… anche se i tacchi sono ancora troppo bassi… -precisò, bocciando però i miei tacco-sette- …Tira su: voglio vedere cosa porti sotto!’
Ubbidii prontamente, alzandomi con sensuale lentezza il vestitino fin sopra i seni e grugnì soddisfatto nel vedere solo la mia pelle nuda.
Mi fece segno di risistemarmi ed aprì la porta di comunicazione col suo ufficio, dove mi fece segno di entrare; lì c’era una squadra di operai intenti a stuccare e tinteggiare il cartongesso col quale avevano realizzato la suddivisione dell’ambiente.
Tutti i mobili erano coperti da teli di nylon e gli operai si fermarono, guardandomi con sguardi famelici.
‘Questa &egrave la mia assistente… -disse perfidamente Riccardo- …io devo andare di là, ma potete chiedere QUALUNQUE cosa a lei…’
Detto ciò, mi lasciò tra di loro ed uno, uno slavo basso e massiccio, mi fece un sorriso che mancava di un incisivo e mi disse: ‘Io sono Goran, signora. Vieni qui e senti se stuccatura abbastanza liscia!’
Non era un invito, era un ordine!
Per cui, mi accostai alla tramezza e passai la mano sulla stuccatura, all’altezza del petto.
‘Senti se va bene fino in cima, se no tuo capo non paga…’ ghignò Goran.
Allora feci salire la mano lungo la stuccatura fino all’altezza degli occhi, della testa ed ancora più in su: lui mi guardava e mi incoraggiava con lo sguardo a salire ancora ed ancora ed ad accostarmi al muro per arrivare il più in alto possibile; capivo che era una manovra per farmi risalire il vestitino, che infatti salì fino ai fianchi, lasciandomi gambe e culo in piena vista degli operai.
‘Va bene?’ Chiese con tono gonfio di sarcasmo Goran.
‘Sì, sì, va bene’ confermai io, levando la mano e riabbassandomi istintivamente il vestito.
‘Oh signora! Accostata troppo a stucco carteggiato e ora tutta impolverata…’ Mi guardai l’abitino azzurro: in effetti avevo zone impolverate dove mi ero troppo accostata al muro ed anche dove lo avevo afferrato per risistemarlo…
‘Aspetta signora: noi pulire te….’
I quattro uomini si accostarono, circondandomi e cominciarono a toccarmi ovunque con la scusa di spolverarmi.
‘No, non funziona! Tu deve levare un attimo abito e io pulisco subito bene!’ disse lo slavo. Capivo di non avere alternative e le toccate del quartetto mi avevano accesi i sensi; oltre a Goran c’era un altro slavo e due africani alteri e nerissimi che facevano immaginare dotazioni di tutto rispetto, a giudicare dai bozzi che si intuivano sotto le tute.
Mi tolsi l’abitino, mostrando un’indifferenza che in realtà non avrei mai avuto anche se sotto avessi indossato dei calzoncini ed un top!, e lo porsi a Goran.
‘Bene, bella signora: mentre io pulisco tuo vestito, miei colleghi fa passare tuo tempo bene’
Inutile fare la bella addormentata: ero nuda! Allungai le mani per valutare la consistenza dei pacchi e fui piacevolmente stupita dalle dimensioni.
Tempo trenta secondi, avevo la bocca impegnata da due cazzi, mentre un altro mi allargava la fica, per poi infilarsi nel culo, ed il quarto uomo mi mordeva i seni.
Uno dei due neri aveva un cazzo davvero grosso e lungo e nonostante me lo avesse infilato con cauta delicatezza nel culo, mi fece lacrimare dal male, all’inizio… Ma poi mi adattai e fu assolutamente piacevole!
Dopo un’oretta, avevamo finito, tutti esausti ma appagati.
‘Sei davvero gran troia, signora!’ fu il commento compiaciuto di Goran ed anche gli altri annuirono entusiasti, mentre io valutavo ancora il sapore dello sperma che avevo ingoiato, soddisfatta.
Riccardo tornò quasi subito, con straordinario tempismo, mi guardò nuda e schizzata di sperma, prese il mio abitino -assolutamente imbiancato dalla polvere- dalla scrivania e me lo gettò: ‘Vai nel tuo ufficio, troia: nell’armadio troverai qualcosa per cambiarti!’
Dovevo stabilire chiaramente il rapporto tra di noi, in modo inequivocabile, meglio se davanti a quei testimoni: ‘Come comanda, padrone… e grazie di avermi condivisa con questi signori’ Riccardo accolse con un grugnito soddisfatto il mio pubblico atto di sottomissione, ma poi mi disse levarmi dal cazzo e di chiudere la porta ed io potei così ricompormi; dentro l’armadio, in effetti, c’era una delle nuove divise, oltre ad un altro abitino -scandalosamente corto e scollato- ed una minigonna alta come una larga cintura, oltre ad un toppino che valutai ad occhio stiminzitissimo.
In basso, due paia di scarpe con tacchi vertiginosi ed un paio di zoccoletti di plastica, presumo da indossare con la divisa sociale.
Stavo finendo di sistemarmi il vestitino -di almeno una taglia inferiore rispetto a quello già stretto che indossavo prima- quando si aprì la porta: era Aurelia che entrò senza bussare.
Mi squadrò con sguardo severo: ‘scopriti le tette!’
Obbedii e lei controllò per qualche istante le barrette dei piercing, giocherellandoci.
Poi sfilò la sferetta di bloccaggio di uno e lo sfilò, sostituendolo con un anello aperto, che prese da una tasca.
Fece la stessa procedura anche con l’altro capezzolo e poi dalla sua tasca emerse un paio di pinze, con le quali strinse gli anelli fino a richiuderli.
‘Cagna, il tuo padrone ha detto che i sei sottomessa a lui… Hai qualcosa da dirmi?’
‘No, signora… solo che sono a vostra completa disposizione’ aggiunsi in extremis.
Lei, che già si stava irritando, fece un ghigno di soddisfazione; poi afferrò i due anelli e mi forzò (o dovrei dire: pilotò) in ginocchio davanti a lei e sibilò solo una parola: ‘Leccami!’
Le alzai la gonna, le scostai gli slippini e cominciai a leccarle la fica, cercandogliela tra il folto pelo; quando finalmente riuscii a scoprirla, cominciai a lapparla per tutta la lunghezza delle labbra mentre lei, inarcandosi all’indietro sulla scrivania, mi fece capire che dovevo proseguire, attraverso il perineo, fino al buchetto.
Perciò la leccai con passione, riuscendo a separarle le ninfe ed introducendo la lingua e poi le dita nel suo sesso.
Mi afferrò solidamente per i capelli e mi pilotò la bocca fino alle piegoline superiori, dove la mia lingua trovò il suo clito e cominciò a vellicarlo.
Sentivo che Aurelia si stava sensibilmente bagnando e cominciava ad ansimare forte.
Evidentemente gradiva molto il trattamento e dopo qualche minuto venne, con un lungo gemito e bloccandomi la faccia stampandomela sulla fica; sentii il sapore salmastro della sua pipi: mi aveva pisciato in bocca!
Capii che si sarebbe irritata se non l’avessi bevuta senza perderne neanche una goccia e perciò la ingoiai, ringraziando il cielo che fosse relativamente poca.
Dopo qualche minuto, si era ricomposta e sfoggiava nuovamente la sua espressione arrogante: ‘tra due ore ti verrò a prendere: ti porterò in un posto… adesso lavora, avanti! Devi caricare quelle bolle di consegna sul computer!’
Mi fece vedere rapidamente come andava fatto, poi se ne andò, lasciandomi alle prese con una montagna di bolle.
Prima che mi passasse a prendere, Riccardo mi convocò nel suo ufficio -deserto a parte noi due- e mi inculò (piegata sulla scrivania, come sembrava che gli piacesse particolarmente!), anche se quasi stancamente.
Prima di infilarmelo, ne verificò l’ampiezza e grugnì, vagamente soddisfatto.
Dopo che si fu scaricato nel mio intestino, mi riabbassai l’abitino per tornare al computer, ma mi bloccò con il gesto della mano: ‘Sei ancora strettina, dietro: infilati questo!’
Mi porse un plug-in nero, di notevoli dimensioni ed io impallidii, notando che nel punto più largo era almeno sette otto centimetri di diametro.
Scocciato dalla mia esitazione, prese l’iniziativa: ‘Piegati di nuovo: te lo metto io’
E fu così che, strappandomi un urlo di dolore, me lo introdusse, lasciando fuori solo l’apposita parte, che mi teneva divaricate le chiappine: ‘quando sei qua dentro, te lo devi sempre tenere dentro, hai capito?’
Cosa potevo dire se non ‘Sì padrone, la ringrazio del bel dono!’?

Aurelia mi riportò alla bigiotteria dove mi aveva già fatto forare i capezzoli, ma stavolta fu ancora più imbarazzante e doloroso: mi fece forare le labbrine della fica e poi in alto, subito sotto il clitoride; il lavoro, per quanto rapido, venne fatto su una sorta di lettino da astanteria, ma mi accorsi che ero in piena vista di chi si fosse addentrato nel negozio.
La commessa che mi praticò i tre fori vide senza dubbio il plug-in, ma a parte un sorrisetto appena accennato, non fece commenti e la ringraziai.
Poi mi riaccompagnò a casa dove, dopo essermi faticosamente liberata il culetto dal grosso intruso, accesi il computer e consultai la posta ed i messaggi su FB; inutile dire che ne erano arrivati parecchi altri e mi eccitò molto leggere le varie proposte -da banali a molto oscene!- che i miei ammiratori mi proponevano.
Mi colpì uno, in particolare, che si firmava Diego, che mi proponeva -con una buona proprietà di linguaggio- delle non precisate esperienze che non avrei mai più dimenticato.
Anziché mandarmi la solita foto andrologica, allegava una sua immagine a figura intera, a torso nudo e con un paio di short; bel fisico e viso simpatico. Gli risposi, chiedendo di spiegarmi meglio i suoi progetti.
Poi sentii la chiave di Elio che girava nella serratura e spensi il pc di corsa.
Ci sedemmo a cena e mentre mangiavamo mi disse che l’indomani doveva fare fare un viaggio di lavoro e che sarebbe restato fuori per quattro, cinque giorni.
Annuii con finta indifferenza, ma dentro di me valutai con gioia le possibilità che mi si spalancavano davanti!
Quando Elio si spalmò davanti alla televisione, riaccesi il computer e dopo un po’ arrivò la risposta di Diego, che mi diceva che la sua sarebbe stata una sorpresa e di dargli il cellulare, in modo da accordarci per la serata seguente; glie lo inviai suggerendogli di chiamarmi l’indomani, visto che ormai l’avevo spento.
Poi spensi e me ne andai a letto, a godermi quello stato di eccitazione in attesa di addormentarmi.

L’indomani, appena Elio partì, riaccesi il cellulare, ma Diego mi chiamò solo verso le dieci, quando stavo già uscendo di casa.
Aveva un tono garbato, ma deciso: mi disse di farmi trovare in un certo incrocio, alle nove (di sera) in punto. Lo assicurai che ci sarei stata e riattaccò di scatto.
Andai a lavorare, ma Riccardo mi accolse seccamente e dopo aver velocemente verificato che avessi il plug-in, mi disse che doveva andare via tutto il giorno (e che ‘quindi ti saresti riposata i buchi!’, ghignò), ma mi appioppò un bel po’ di lavoro da fare al computer, spiegandomi brevemente come dovessi procedere.
Poi scomparve ed io lavorai duramente tutta la giornata.

Uscita dal lavoro, comprai qualcosa in rosticceria per la cena (che sollievo non dover cucinare!) e arrivata a casa cenai, prima di prepararmi per l’incontro con Diego.
Decisi per una corta gonnellina plissettata, un toppino bianco ed un paio di zoccoletti col tacco alto, con un trucco leggermente vistoso. Ovviamente, niente intimo!
Vista la temperatura più fresca, indossai sopra alla mia mise uno spolverino; poi chiamai un taxi e alle nove in punto ero al luogo dell’appuntamento.
‘Mara?’
Mi girai e lui era dietro di me: com’era alto!
Gli sorrisi e lui mi disse solo: ‘Seguimi’
Si incamminò a lunghe falcate e gli trotterellerai dietro fino al suo mezzo; aveva una faccia da… boh, da auto sportiva, ma forse anche da grossa station wagon e rimasi davvero stupita quando aprì la portiera di… una colossale motrice da Tir! Capitolo 10

Ero andata a quell’appuntamento-al-buio con l’intrigante Diego, ma mi trovai a guardare attonita il suo mezzo: un’enorme motrice di Tir cartazzucchero; lui mi pilotò fino alla portiera del passeggero e la aprì, ben sopra la mia testa!, invitandomi a salire.
Guardai con leggera apprensione i tre alti scalini di grigliato e la barra cromata corrimano verticale: il pavimento della cabina era più in alto dei miei occhi!
Lo guardai, quasi implorante e lui mi fissò, con espressione decisa; allora presi coraggio, alzai un piede fino al primo alto gradino, mi afferrai al corrimano e cominciai la scalata.
Subito lui mi infilò una mano sotto lo spolverino e la gonnellina e me la appoggiò sotto il culetto, infilandomi anche un dito nella fichina e spinse in su: in un attimo mi trovai in cabina, catapultata dentro dalla sua potente spinta.
Mentre ancora stavo in piedi tra sedile, cruscotto e l’ampio parabrezza verticale, lui sgattaiolò su dall’altra portiera, si sedette ed avviò il motore: ‘Siediti ed allaccia la cintura’
Feci come aveva detto e subito il camion si mosse, prese velocità e puntò verso la periferia.
‘Dove andiamo?’
‘Lo vedrai, ti piacerà; non mi seccare, adesso!’
Ammutolii e mi godetti il percorso da così in alto, con una inaspettata vista dentro alle altre auto, finché non imboccammo l’autostrada e poi procedemmo per una trentina di chilometri, fino ad un’area di sosta.
Durante il viaggio, il riscaldamento acceso mi aveva fatta rinunciare allo spolverino, che misi su una consolle tra di noi e che lui, con un gesto brusco, buttò all’indietro: mi voltai per vedere dove fosse finito e notai dietro di noi una branda abbastanza larga.
Nel piazzale parcheggiò accanto ad altri ‘bisonti’, in fondo accanto ad un casottino che immaginai fossero i gabinetti e senza una parola mi tirò di peso verso di sé, facendomi sedere sulle sue ginocchia ed infilandomi un metro di lingua in bocca, mentre le sue mani mi scoprivano i seni e mi alzavano la mini, scoprendomi la fica.
La toccò per qualche minuto, eccitandomi molto, poi mi fece tornare sull’altro sedile, mi ci fece inginocchiare su e volle un pompino.
Ovviamente lo accontentai con piacere: aveva decisamente un bel cazzo, con una grossa cappella paonazza e decisi di usare tutte le mie arti di bocchinara per soddisfarlo al meglio!
Dopo avergli leccato devotamente la sacca, l’asta e la cappella, cominciai il pompino vero e proprio, infilandomelo bene in gola, aspirandolo e massaggiandoglielo con la lingua.
Lui mi appoggiò la mano sulla testa, ma in pratica assecondando i miei movimenti.
Sentii il ronzio del finestrino che si abbassava ed una voce che chiedeva: ‘L’hai portata?’
‘Sì, &egrave qui e mi sta facendo una pompa: sali dall’altra parte’
Dopo pochi secondi sentii aprire la mia portiera e la cabina oscillare sulle sospensioni per il peso di un’altra persona; istintivamente cercai di sbirciare chi fosse, ma la sua mano mi bloccò rigidamente la testa, impedendomelo.
Sentii delle mani ruvide accarezzarmi le natiche, poi allargarmele ed un dito che prima mi entrava nella fica e poi nel culo.
‘Eheheh… &egrave bella larga, nel culo… ma anche nella fica, dai! Vado?’ disse lo sconosciuto.
‘Vai, ma non sborrarle in fica… anzi, inculala soltanto!’ disse Diego.
Così l’uomo mi inculò e ringraziai mentalmente il plug-in di Riccardo se la penetrazione fu solo un po’… ‘ruvida’ perch&egrave non eravamo lubrificati da secrezioni, anziché essere una lancinante esperienza.
Il tipo ci mise solo un paio di minuti a venire e poi lo sentii sedersi per riprender fiato; era stato per me, tutto sommato, piacevole, ma assolutamente non l’esperienza indimenticabile a cui aveva alluso Diego.
Dopo un po’ il tipo disse: ‘Dai, portala dai ragazzi: li avverto io!’
Diego sembrò riflettere qualche istante: ‘Sì, va bene: me la fotto e poi ve la porto…’
Uhm… ‘ragazzi’??? La cosa sembrava diventare divertente!
Immaginai altri quattro o cinque camionisti ingrifati che mi scopavano in tutti i buchini… L’idea era quantomeno allettante!
Diego mi afferrò per i capelli, interruppe il pompino e mi guardò negli occhi: ‘passa dietro!’
Passai sulla brandina e mi trovai lo spolverino sotto una mano: non avevo preso una borsetta e in una tasca interna con la zip c’erano i documenti, le chiavi ed un paio di banconote; per non dimenticarlo, lo buttai sul mio sedile.
Diego mi raggiunse, calandosi solo i jeans, mi fece mettere alla pecorina e cominciò subito a fottermi nella fica; diavolo! Era bravo! Mi dava bei colpi potenti, ma variava ritmo e direzione: me la stava mescolando tutta!!!
Godetti a tempo con lui!
Ci regalammo un minuto per riprender fiato, poi si tirò su, si riallacciò i jeans e mi disse solo: ‘Vieni’
Mi fece scendere dalla motrice e mi condusse, ancora con la gonnellina rialzata ed il toppino sollevato sopra i seni e tenendomi con una ferrea stretta alla mano, fino ad un angolo, dove c’era un rimorchio con la portella socchiusa ed una quindicina di camionisti, che mi accolsero con sghignazzate, motti e insulti.
Diego ed un altro mi… scaraventarono quasi nel rimorchio, che era vuoto, a parte un materasso a due piazze sul piancito.
Lo sentii parlare: ‘Avanti gente: solite condizioni; chi va per primo?’
Dopo un pochino entrò un tipo anziano, con una grossa pancia, la barba lunga, l’alito fetido ed un cazzo che non veniva lavato da giorni: mi afferrò per i capelli e me lo spinse subito in bocca; resistetti all’impulso di vomitare e lo spompinai, finch&egrave non volle che mi sdraiassi e mi si allugò sopra, scopandomi alla missionaria.
Finì dopo non molto e scese, con una luce colpevole negli occhi e subito salirono tre autisti biondi, probabilmente nordici, che mi assalirono contemporaneamente, vistando a turno tutti i miei buchini e scherzando tra loro in una lingua gutturale che non conoscevo.
Poi fu la volta di uno che mi lasciò il culo rosso di sculaccioni, oltre ad un’enorme sborrata nel culetto, poi altri due ed un nordafricano e due africani uno dopo l’altro ed una coppia di spagnoli ed un tedesco e…
Cominciavo ad essere indolenzita, anche se stavo godendo un sacco, quando arrivò il siciliano: ‘Minchia, ma che beddissima troia, che fusti!’
Dopo questo esordio, non smise una attimo di parlare, alternando complimenti alla mia bellezza, appezzamenti alle mie capacità e pesanti insulti: sembrava che avesse mangiato una radio!
Si scaricò, alla fine, nella mia fica già piena, mi diede un buffetto affettuoso sulla guancia e saltò giù.
Poi lo sentii ancora: ‘miiinchia: i migliori cinquanta euro da un pezzo, Paolo: ma indove le trovi delle fimmine accussì baldracche?’
Cinquanta euro???? Cio&egrave: aveva PAGATO, per venire con me? E magari anche gli altri???
Io NON ERO una puttana!!!
Saltai giù dal rimorchio furibonda, mentre un timido giovanotto stava per salire ed investii Diego, con intorno una decina di camionisti, evidentemente arrivati nel frattempo: ‘Cos’&egrave questa storia dei cinquanta euro, testadicazzo?’
Lui fece un sorriso disarmante, mi appoggiò il braccio sulle spalle e mi tirò da parte: ‘Con Cosimo c’era in piedi una scommessa, tutto lì: una cosa tra me e lui, ma se vuoi i cinquanta sacchi te li do…’
Ero straincazzata! ‘Io non sono una puttana: lo faccio perch&egrave mi piace, non per soldi, cazzo!!! Hai capito!!!!’
Lui sorrise, conciliante: ‘Ma sì, tranquilla: ho capito che tu non sei… una di quelle.
Dai, adesso avrai sete: ti do qualcosa di da bere…’
Mentre parlavamo ci eravamo avvicinati al suo camion: si arrampicò in cabina e dopo un minuto scese, si voltò, prese dal pavimento della cabina due flutes con spumante e me ne porse uno; poi lo sollevò un attimo: ‘A noi’
Ero spiazzata: brindai con un ‘a noi’ e bevvi lo spumante, che faceva un sacco di bolicine.
Come finii di bere, lo guardai: mi stava osservando e la sua bocca sorrideva… ma i suoi occhi erano gelidi, spietati!
Però con tono finalmente gentile, mi chiese: ‘Allora: vuoi tornare nel rimorchio o vuoi andare aa caaaaaasssssssaaaaaaaahhhhhh…’
Mi venne da ridacchiare: perch&egrave allungava così le parole? E perch&egrave si era allontanato così tanto? Anzi no, era qui, ma stava diventando altissimo enorme…
Stavo per rispondere, ma tutto diventò buio. Mi girava la testa.
Mi sentivo stordita.
Avevo un sacco di dolori: mi bruciava la fica e (borp!) feci un ruttino acido, come avessi ingoiato lava incandescente!
Mi sentivo uno straccio… Anche il culetto, mi bruciava… avevo il sedere indolenzito ed avevo le gambe intorpidite.. e le mani…
Provai a muovere le gambe, ma non ci riuscii… ed anche le mani…
Aprii con cautela gli occhi, feriti dalla luce (uno mi cominciò a bruciare orribilmente e lo richiusi!)e dopo un pochino di adattamento, riuscii a rendermi conto di dov’ero: in un cesso pubblico.
Muovendo con cautela la testa, che mi rullava come se un batterista rock ci si stesse esercitando dentro, cercai di capire come diavolo ero messa: sentivo che avevo le mani dietro la schiena, coi polsi legati, anche se non molto stretti.
Guardai in alto, prima a destra, poi a sinistra ed osservai stupita i miei piedi, subito oltre i legacci che mi tenevano legate le caviglie, obbligandomi a stare con le gambe alte e spalancate; in effetti, mi dolevano le anche, forzata in quella posizione innaturale.
Lo sguardo mi cadde sul pancino ed ebbi un sussulto di sorpresa: tutto ciò che riuscivo a vedere del mio corpo, dai seni sino al monte di venere, era ricoperto di sperma! Ed anche la parte alta delle cosce!
Anche la gonnellina, arrotolata intorno ai fianchi, era incrostata di sborra e così anche l’angolino del top che a malapena riuscivo a vedere; avevo il collo ed il mento coperti di qualcosa di vischioso e mi bruciava un occhio.
La luce che veniva da fuori, mi faceva pensare alle primissime ore del mattino… od all’imbrunire???
Cercai di ricordare e, con fatica, rammentai: l’appuntamento col camionista… poi il parcheggio… e tanti che mi usavano liberamente… poi… poi avevamo bevuto qualcosa e… boh, non ricordavo più nulla!
Provai a liberare le mani, che erano tra la mia schiena ed una massa morbida: i legacci che mi tenevano uniti i polsi non erano stretti e muovendoli riuscii, poco a poco, ad allentarli, fino a riuscire a sfilare una mano.
Mi portai le mani davanti e liberai anche l’altro polso dal legaccio, un pezzo di corda di nylon.
Avevo una corda che mi teneva il collo appoggiato ad un qualcosa, ma non stretto: era più per farmi stare in quella posizione che per tenermi prigioniera; trovai il semplice nodo che la bloccava e lo sciolsi facilmente.
Poi, piegandomi in avanti, liberai una caviglia ed appoggiai il piede sul pavimento, che era gelido e scivolosissimo; era sgradevole, ma dovevo liberare anche l’altra, per poi alzarmi e recuperare i miei zoccoletti, che vedevo buttati in un angolo.
Ero anchilosata e mi toccai con cautela: i capezzoli erano gonfi e doloranti e accertai che ero davvero coperta di sborra: capelli, viso (un grosso schizzo era su un occhio e me lo faceva bruciare come l’inferno!), mento, gola, petto, stomaco, pancino…
Arrivai a toccarmi la fica con qualche apprensione e feci fatica a riconoscerla: era gonfia, sensibilissima, pienissima di sperma e molto dilatata!
Anche il mio povero culetto era nelle stesse condizioni: gonfio, dilatato e assolutamente pieno di sborra, che lentamente colava ancora fuori!
In pratica, mi avevano drogata, con quel cazzo di spumante e poi seduta sulla lurida tazza di quel cesso, con le mani dietro la schiena (ma contro il mio spolverino appallottolato! Tirai un sorriso di sollievo! C’era ancora tutto, dentro!), la testa bloccata contro il tubo dello sciacquone e le caviglie in alto, legate a due ferri e che mi avevano fatta stare con le gambe divaricate al massimo.
Presi i sandaletti, ricoperti -manco a dirlo!- di sperma e poi vidi il cartello, che era sopra a dove ero restata immobilizzata ed offerta a chiunque: ‘E’ DROGATA E LEGATA: DIVERTITEVI!!!!’
Quindi era questo che era successo per tutta la notte! Questa era stata la vendetta di quel… uhm… Diego, quando avevo scoperto che si faceva pagare dai camionisti che mi avevano usata!
Mi aveva drogata (la famosa droga-dello-stupro?) e poi lasciata a disposizione di chiunque volesse godere del mio corpo!!!
Mi sentivo lo stomaco gonfio, pieno di sperma, ma non ricordavo alcunch&egrave dei cazzi (le DECINE di cazzi!) che evidentemente durante la notte avevano violato il mio corpo…
Peccato, nonostante il male ai buchini!
Andai davanti al lavabo e utilizzando il top come una spugna, cercai di ripulirmi il più possibile, cercando di avere un’aria presentabile.
Alla fine, uscii da casotto dei bagni coi capelli umidi, ma abbastanza puliti.
Mi misi al sole tiepido, dietro al casotto, per asciugarmeli un po’, nuda sotto lo spolverino: sia la gonna che il top erano assolutamente da buttare!
Dopo una mezz’ora, decisi che i capelli ed i sandaletti erano sufficientemente asciutti e studiai come lasciare quella cazzo di area di parcheggio, deserta.
Mi cadde l’occhio su un punto della recinzione, qualche metro più avanti che sembrava… Bingo! C’era un buco: non grande, ma con cautela riuscii a passarci ed a trovarmi nella campagna circostante.
A qualche centinaio di metri, vidi passare il tetto di un’auto, segno che doveva esserci una strada.
Mi incamminai attraverso il campo, mentre le chiavi di casa mi tintinnavano in tasca, tra i documenti ed il centinaio di euro che avevo previdentemente preso con me. Mi ci voleva proprio questo viaggio di lavoro! Mara, dopo la famosa serata del vecchio filmino, aveva reagito in modo strano, non gradevole: quella sera si era sì eccitata, ma dalla sera dopo tra noi era calata una cappa di’ freddezza, sembrava scazzata con me e’ boh: distratta, forse?
Così, starmene via qualche giorno, in attesa che le passi mi &egrave sembrato provvidenziale.
Questo pensavo, fino ad un paio d’ore fa; adesso’ non so più cosa pensare!
Dopo il viaggio ed aver lavorato tutto il giorno, me ne sono venuto il albergo e mi ha preso la fantasia di curiosare per siti di foto porno, così: per rifarmi gli occhi; amo le foto amatoriali (la famosa ‘casalinga di Voghera’ che mostra quanto &egrave porcella!), anche perché i filmati ‘amatoriali’ o sono di pessima qualità o sono in realtà tutto meno che amatoriali.
Così ho cominciato a girare tra i siti amatoriali e poi ne ho scelto uno, che già apprezzavo per la qualità.
Ho notato che c’era un nuovo user, ‘Market’, e che aveva già una notevole quantità di stelle di gradimento e di commenti.
Mi piace prepararmi alla visione, leggendo prima i commenti e così cominciai a scorrerli.
Ce n’era una quantità impressionante, tutti normalmente pesanti ed entusiasti; alcuni con proposte di rara complessità ma comunque di estrema porcellaggine.
Sorrisi ed andai ad aprire la prima delle diverse cartelle, per poter finalmente vedere la destinataria degli entusiastici commenti.
La prima foto mostrava una donna vestita (!!!), inginocchiata tra le cosce di un trippone, evidentemente intenta a spompinarlo, ma senza nulla di particolarmente godibile; passai senza rimpianti allo scatto successivo.
Qui si cominciava a ragionare: la donna, adesso, cominciava a spogliarsi ma sempre senza mostrare il viso’ poi primi piani della sua patata e del suo buchino e poi una foto più ampia, dove era sdraiata nuda su una scrivania a pancia sotto, ma con le cosce aperte e con la fica ed il culo bene in vista: davvero una bella porca!
Però’ uhm’ buffo ‘pensai-: un fisico molto rassomigliante a quello di Mara, mia moglie.
Anche i capelli e’ ma toh! Perfino il piccolo neo sulle reni’
Sobbalzai! Poi, cominciai freneticamente a scorrere rapidamente le altre foto: cazzo! ERA Mara!!!
La vidi scopata in bocca dal trippone, che l’aveva afferrata per le orecchie e la scopava in bocca, poi un’altra mano, probabilmente quella del fotografo, che le palpava il culetto e gli allargava le chiappe e poi le labbra della fica, poi un cazzo che le entrava in fica e che la scopava’ alla fine, degli schizzi di sperma che le coprivano le reni e poi altri che partivano dal cazzo del trippone e poi il suo viso (innegabilmente era Mara!) coperto di schizzi di sborra.
Ero sconvolto! Mia moglie, la MIA Mara, che si faceva fotografare mentre la scopavano in due! E lei, dopo qualche momento d’imbarazzo, che partecipava con evidente piacere, dimostrato anche dal sorrisetto soddisfatto sul suo musetto coperto di sborra, alla fine, mentre tutta contenta si leccava via uno schizzo accanto alla bocca!
Per giunta, le foto erano di pochi giorni prima, a giudicare da un calendario che si vedeva e poi di un quotidiano appoggiato sulla scrivania!
Pensai di telefonarle e chiederle chiarimenti, farle una mega scenata, ma’ ma mi accorsi che il cazzo quasi mi faceva male, da tanto era duro; ero sì incazzato ed offeso, ma’ ma aver visto in un sito, ed aver letto tutti i commenti!, le foto di mia moglie che faceva la porca, mi aveva eccitato tremendamente!
Come l’avevo vista io, poteva vederla chiunque, anche i nostri conoscenti, i vicini, il lattaio, i suoi colleghi’
Freneticamente, me lo tirai fuori ed aprii la cartella successiva di foto.
Stavolta si vedevano due dita (del grassone?) che le entravano nel culo e poi il suo cazzo, che andava avanti e indietro fino a sborrarle dentro, a giudicare dal rivoletto che colava da buco ancora dilatato di mia moglie.
Poi lei, dall’alto, che lo leccava con entusiasmo: servizio completo, pensai.
Qualcosa mi diceva che le foto erano state fatte dal grassone e nella stessa giornata delle prime; erano anche meno curate della prima serie.
Passai alla cartella successiva:Mara stavolta si spogliava e poi provava una serie di divise della catena di supermercati (quindi le foto erano state fatte dove lavora! Ma allora il grassone senza volto &egrave il suo capo! La cosa mi sferzò i sensi, portandomi inaspettatamente ad un’eccitazione parossistica!)
Poi si inginocchiava davanti ad un tizio ben vestito e gli fece un pompino; poi Mara era sdraiata sulla scrivania del suo capo, tenendosi le caviglie e con le gambe spalancate: il tipo benvestito le scostava il miniperi che indossava, la toccava, glie la apriva e poi la scopava.
Dopo, primo piano della sua fica sborrata e pompino finale!
Ero straeccitato! Decisi di non sfiorarmelo neanche, o sarei venuto in un nanosecondo!
Andai avanti: si vedeva Mara inginocchiata sulla scrivania e la grassa manona del suo capo che le strappava il peri, lo appallottolava e glie lo metteva in bocca, sigillandola poi con un pezzo di nastro adesivo di quelli alti.
Poi il capo (come si chiamava più? Roberto? Riccardo? Un nome del genere’) le metteva tre dita nella fica e le tirava fuori coperte di sborra; glie le passava sul culo (per lubrificarla?) e poi se la inculava.
Poi apparve nelle foto una donna che le strinse i seni con dei grossi elastici e le stringeva i capezzoli con dei fermafogli.
Infine ‘ma si capiva a fatica!- si vedeva mia moglie col culo pieno dell’uccello del suo capo e forse quattro dita della donna nella vagina.
La foto dopo mi fece impazzire: Roberto (o Riccardo? Boh!) glie lo aveva quasi sfilato tutto dal culo, ma la donna le aveva spinto dentro la mano fino al polso!
Sborrai senza toccarmi!

Presi fiato per cinque minuti, prima di riflettere sul come comportarmi: era evidente che Mara aveva cominciato a far la troia sul lavoro e la cosa mi indispettiva molto meno di quanto avrei immaginato; in realtà, vederla così vogliosa e puttana mi eccitava da impazzire e cominciai a fantasticare sul come fare per riuscire ad assistere dal vivo, di nascosto, alle sue performances.
Non mi sembrava il caso andare dal suo capo e dirgli: ‘Buongiorno, sono il marito di Mara: se spiace se la prossima volta che se la scopa, posso guardare di nascosto?’
No, non mi sembrava proprio il caso’
Mah, qualcosa avrei studiato, a tempo debito.
Intanto, quando sarei tornato da questa trasferta, non le avrei fatto cenno di questo sito, né di aver scoperto che era’ tornata in attività: per il momento, mi sarei goduto fotograficamente i suoi’ progressi!
Tornai all’ultima cartella: stavolta Mara era fotografata da un po’ in alto, come se fosse stata una ripresa ‘rubata’ e prima si vedeva con un abitino sexy circondata da quattro stranieri ‘due neri con due signori arnesi!- con la tuta di carta (imbianchini?) e poi mentre la spogliavano e glie li mettevano in tutti i buchi’
Eccitantissima anche questa sequenza: lo avevo di nuovo duro come il marmo!
Lessi, in fondo, una nota dell’owner dell’account: ‘Mara (il suo nome vero!!!) &egrave davvero una gran troia, come avete già visto: &egrave così troia che son sicuro che se qualcuno di voi, qui in città (la nostra città! Ommadonna’) la incontra, se la può fottere come meglio crede; se l’ha fotografata e vuol postare qui le sue foto oppure se vuole raccontare cosa &egrave avvenuto, l’email per questo account” Eccetera.
Ero ubriaco di eccitazione!
Quindi avrei potuto sapere tutto quello che Mara combinava!!!
Alcuni avevano commentato questa nota: i più per garantire che se l’avessero incontrata gli avrebbero fatto questo e quest’altro, ma un paio erano’ particolarmente interessanti: una era di un tizio che diceva di abitare nel nostro palazzo, di averla beccata in ascensore e prima di essersela palpata, poi di essersela portata in casa ed essersi fatto fare un pompino al volo, subito dietro la porta. Prometteva che la prossima volta avrebbe fatto qualche scatto col cellulare.
Non capivo come mai era venuti a tutti questa frenesia erotica: probabilmente era lei che si era messa a far la troia in giro e i maschi, si sa’
L’altro era un tizio che raccontava di essere andato in un bagno turco (in città!) e che una donna, probabilmente Mara, era entrata nel bagno turco degli uomini e che era stata ripetutamente scopata dai 7-8 presenti. Era mancata la luce ed a quella di emergenza aveva appena intravisto la donna, ma gli sembrava proprio Mara.
Immaginai la scena: ero di nuovo eccitatissimo!
Ho deciso che la faccenda &egrave assolutamente intrigante e che dovrei, tornato a casa, trovare il modo per farle capire che può comportarsi come vuole, senza che io faccia storie’
Alla fine, decido di provare a dormire: sono stanco, ma so che l’eccitazione mi farà addormentare molto tardi.

Attraversare quel campo si dimostrò più complicato di quanto avessi immaginato: i miei zoccoletti col tacco a stiletto affondavano nel terreno morbido e, dopo solo dieci metri, decisi compiere il resto della traversata scalza, tenendomeli in mano.
Nonostante il terreno freddo, che mi gelava i piedi, riuscii ad arrivare sulla strada in un tempo ragionevolmente breve, ma mi trovai sul bordo erboso con le scarpe ed i piedi infangati.
Guardai lungo la strada in entrambe le direzioni ed a sinistra vidi spuntare da una macchia di alberi un campanile, segno che probabilmente c’era un paesino, distante forse un paio di chilometri.
Per cui rimisi gli zoccoletti e mi incamminai, coi lembi dello spolverino che svolazzavano sulle gambe: per camminare più comoda, decisi di sbottonare i due bottoni inferiori, ma rendendomi bene conto che quello era l’unico indumento che indossassi; sotto, i miei seni indolenziti e i miei buchini che, dopo lunghi impacchi di acqua fredda, mi facevano appena un po’ male’ se non li toccavo!
Sentii arrivare un motore, dietro di me ed alzai il pollice, speranzosa per un passaggio: chi non si sarebbe fermato a caricare una donna sola che fa autostop?
Per esempio, quello stronzo che tirò dritto a tutta velocità, sfiorandomi col suo cazzo di Cayenne!
La macchina successiva, era una utilitaria stipata di gente: non era cosa’
Poi un vecchio camion ansimante, con un’anziana coppia in cabina: la donna mi gettò uno sguardo gonfio di riprovazione e disprezzo.
Cominciavo ad essere stanca ed incazzata, ma sentii arrivare un altro motore; senza neanche fermarmi o guardare, tirai fuori il pollice’ tanto anche questo tirava dritto!
Invece sentii le marce che venivano scalate ed il pickup si fermò proprio alla mia altezza!
Guardai stupita il buon samaritano e trasalii.
‘Che cazzo ci fai qui, troia? Sali, se no non ce la fai ad arrivare in orario, a lavorare!’ Di tutte le persone che potevano passare da quella strada, a quell’ora, proprio Riccardo!
‘Guardati, fai schifo! Scarpe e piedi infangati, quell’affare tutto stazzonato’ Dove cazzo sei stata?’
‘Beh’ signore! ‘cercai di raccogliere le idee- ‘ ieri sera mi sono incontrata con una persona e.. beh, in pratica mi ha lasciato in autostrada”
Scoppoiò in una tonante risata: ‘Ti ha lasciata’ ahahahahah! in autostrada??? Come un botolo a ferragosto???’ Fece un’altra grassa risata, ma subito dopo ridiventò serio ed inquisitore.
‘Forse non hai capito, troia, che adesso sei cosa mia! Il fatto che tu abbia del tempo lontano da me, non vuole assolutamente dire che tu possa fare il cazzo che vuoi’ O meglio: puoi farlo, ma devi sempre comunicarmelo prima ed io ho la facoltà di dirti di no’ E’ una nuova regola, in vigore da adesso!’
Si era inoltrato col pickup in un campo, accanto ad un ciuffo di robinie.
‘Apriti quel cazzo di affare e fammi vedere cos’hai sotto, prima di tutto, avanti!’
Cosa potevo fare? Ero ‘piacevolmente!- in sua balia: lentamente slacciai lo spolverino.
‘Completamente nuda! Come la troia che sei! Bene! Ma’ sei uscita di casa così?’
‘No, signore: indossavo anche una gonna ed un top”
Mi guardò coi suoi occhi porcini, incuriosito: ‘No, no; raccontami: hai detto che ti sei incontrata con una persona’ la conosci da molto? Per fare cosa? Dai, spiegami!’
Cosa potevo fare?
‘E’ una persona che ha visto il filmato e le mie foto’ -osai- ‘ che lei ha messo in rete”
‘Ah, bene!’ Era evidentemente contento che qualcuno le avesse viste e mi avesse contattata.
‘Ma &egrave stato l’unico a cercarti?’
‘No, ho ricevuto decine e decine di messaggi’ Non so come, ma me li hanno mandati sulla mia email, sul profilo Facebook e come commento al filmino che il suo amico ha registrato ed evidentemente messo in rete’
‘E come hai fatto a scegliere proprio lui?’ Riccardo aveva chiaramente capito che la neutra persona non poteva che essere un uomo.
‘Si &egrave presentato in modo intrigante e garbato; a differenza di moltissimi, non ha mandato una foto del suo ‘coso’, ma una a figura intera: gradevole!
Poi mi ha accennato ad un’esperienza indimenticabile, senza però entrare in dettagli’
Ghignava: ‘E tu, che sei una troia curiosa, hai voluto scoprire di cosa si trattava’
Annuii.
‘Mi ha dato appuntamento in un certo incrocio; quando sono arrivata, ho scoperto che era un camionista: era venuto con la motrice di un tir”
La faccenda doveva aver colpito la fantasia di Riccardo: ‘Continua’ sibilò interessato.
‘Come siamo saliti in cabina, siamo partiti ed arrivati in un parcheggio in autostrada”
‘Intendi quello lì dietro?’
‘Sì, esatto’ Beh, diciamo che lì mi ha’ fatta, mentre un suo amico saliva in cabina e anche lui approfittava di me’
Rise forte: ‘Già: hanno approfittato della povera verginella! Aahahahhah!!! Dai, zoccola, vai avanti: come esperienza indimenticabile, mi sembra molto loffia’ Scommetto che c’&egrave molto di più!’
Anuii: ‘Sì. Quando hanno finito, lui mi ha fatta scendere dalla cabina e salire su un rimorchio, vuoto a parte un materasso; poi hanno cominciato a salire camionisti’ chi da solo, che in coppia o con due amici”
‘E ti hanno fottuta tutti’ Era una constatazione, non una domanda.
Annuii.
Mi guardò, indagatore: ‘E perché poi ti ha lasciata nel parcheggio?’
‘Perché mi sono incazzata e ci ho litigato: avevo scoperto che si faceva pagare dagli altri camionisti.
Lui allora mi ha dato una spiegazione chiaramente fasulla e poi mi ha offerto, ‘per fare pace’, un calice di spumante; dopo trenta secondi sono svenuta”
‘Ahahahahahahah!!! Troppo forte! La droga dello stupro!!!! Aahahahahah!!! Così ti sei persa la parte più divertente, baldracca!
E’ stamattina, ti sei svegliata lì, nel parcheggio?’
‘Sì! ‘mi vergognavo un pochino, ma continuai- nel gabinetto, legata, seminuda e coperta di sperma”
‘Cooooosaaa??? Dai, non ci credo: andiamo, così mi fai vedere!’
Mise in moto ed in poco tempo eravamo in autostrada, diretti al parcheggio, mentre finivo di raccontargli come mi ero ritrovata, come mi sono liberata, ripulita e poi tutto, fino a quando l’ho incontrato.
Era così avvinto dalla mia narrazione che non provò neanche a toccarmi, con mio grande sollievo: i buchini mi facevano ancora male.
Entrati nel famoso gabinetto, si convinse attraverso la mia descrizione, l’aver visto nel contenitore dei rifiuti i miei indumenti, i pezzi di corda ed il cartello che avevo strappato, ma soprattutto per il notevole odore di sperma e le evidenti ed inequivocabili incrostazioni che coprivano il pavimento e la parete attorno alla tazza sulla quale ero restata bloccata, offerta.
La cosa doveva intrigarlo molto, glie lo leggevo nello sguardo; restò perplesso per qualche istante, poi sembrò illuminarsi: ‘Per prima cosa, fammi controllare in che condizioni sei’
Mi fece togliere lo spolverino ed esaminò il mio corpo martoriato: i seni che portavano i lividi dei morsi, i capezzoli gonfi per l’eccessivo maltrattamento -così gonfi che gli anellini stavano dritti in avanti, anziché cadere normalmente per gravità- e poi le cosce ed il pancino con qualche altro segno di morsicature ed infine le labbrine della fica grottescamente gonfie, tanto che quasi non si vedevano i ferretti del piercing, ed il culetto, anche lui dilatato, gonfio ed escoriato tanto che entrambi, appena sfiorati, mi facevano sobbalzare dal dolore.
‘Sali!’ Mi ingiunse, appena mi rimisi lo spolverino e mentre si dirigeva ad ampie falcate verso il pickup.
Ripartimmo e dopo una mezz’ora eravamo tornati in città.
Lui era restato perso nei suoi pensieri, durante il viaggio, ma come superammo il casello, si riscosse: ‘Non mi servi a un cazzo, conciata così! Adesso ti riporto a casa e ti prendi una feria, per rimetterti in sesto in vista di domani.
Vengo su anch’io, perché devo fare delle cose sul tuo computer”
Non osavo chiedergli spiegazioni.
Parcheggiò non troppo lontano dal portone e quando fummo davanti all’ascensore, guardò con uno sguardo strano i tre uomini intorno alla quarantina che ‘in giacca e cravatta- lavoravano nello studio professionale dell’ultimo piano.
Loro invece guardavano me, contemplando incuriositi lo spolverino allacciato, nonostante la mattina tiepida e probabilmente apprezzando quanto delle mie forme lasciasse indovinare.
Come le portine si chiusero, Riccardo -che mi stava alle spalle- afferrò di satto i lembi anteriori dello spolverino e tirò forte, strappando i bottoni e lasciandomi nuda davanti agli occhi attoniti dei professionisti, lasciandolo cadere a terra: ‘Mara, spiega a questi signori tu cosa sei!’, mi ingiunse.
Ero atterrita, ma anche stranamente turbata, eccitata: ‘Io sono’ la sua troia, signore’
Non era completamente soddisfatto: ‘E sei una troia, una cagna pulita?’
Colsi il suggerimento: ‘No, signore: io sono una lurida cagna’ -cercai di capire cosa voleva che dicessi, poi mi lanciai, sperando di rispondere correttamente- ‘ e mi lascio fare qualunque cosa da chiunque lo voglia, se lei signore li autorizza’
‘Sì, difatti: adesso Mara la troia’ -disse rivolgendosi ai tre- ‘ &egrave impegnata per tutto il giorno, ma quando vorrete potrete suonare alla sua porta, anche portando amici, e fare di lei tutto ciò che vi aggrada’ Giusto cagna?’
Cosa potevo fare? ‘Esatto signore. Sono a disposizione di chiunque, come lei desidera’
Le portine si aprirono e lui mi spinse fuori, lasciando lo spolverino sul pavimento dell’ascensore.
Aprii al porta di casa sentendomi sulla schiena, il culo e le cosce gli sguardi roventi dei tre, mentre le portine si richiudevano.

Riccardo mi fece accendere il pc per poi entrare nel mio account di posta e di Facebook; solo quando finii di digitare le password, mi concesse di farmi una doccia.
Dopo che mi fui regalata lunghi minuti sotto il getto tiepido, mi sentivo decisamente meglio; Riccardo mi spiegò brevemente che aveva scritto a Diego, di cui gli avevo mostrato l’email, spiegando che era il mio padrone e che aveva fatto bene a farmi tutto ciò che avevo subito la notte precedente, tra la cabina del suo camion, il rimorchio ed il cesso dell’autostrada; inoltre lo invitava, se aveva scattato foto di me all’opera, di inviargliele, in modo che lui le avrebbe pubblicate sulla mia pagina, che ‘spiegava- forse sarebbe diventato un vero e proprio blog.
Poi, dopo un rapido pompino con ingoio, mosso forse da un’inaspettato slancio di generosità, disse di riposarmi e mi lasciò sola.
Mi buttai ‘un attimo’ sul letto e sprofondai subito in un sonno pesante e senza sogni.

Finalmente ho finito di lavorare e sono in albergo per cenare e rilassarmi’
No, un cazzo! Mi son fatto portare su un panino, una birra grande ed un po’ di frutta, ho acceso il portatile e sono andato a vedere se avevano caricato altre foto di mia moglie.
Sì, alcune! Apro la cartella e comincio a scorrere le immagini: prima la vedo su una specie di materasso, in un qualcosa che sembrava un container vuoto: foto rubate, sgranate, scure, fatte con un telefonino, ma si vede bene che la mia signora &egrave impegnata con un certo numero di maschi, che glie lo ficcano per bene in tutti i buchi.
Poi lo scenario cambia: lei sembra svenuta, ma &egrave in un cesso, nuda, seduta sulla tazza con fica e culo in vista, con le mani dietro la schiena. Le caviglie legate ai lati in alto, le tengono le cosce spalancate ed un qualcosa intorno al collo la tiene’ in posizione;
Nelle successive, sempre meglio: uomini sempre diversi che la fottono in tutti i buchi, lei che ad occhi chiusi sembra solo parzialmente partecipe, ma il suo corpo che man mano si copre di sborra e poi, alla fine, la foto d’insieme: ricoperta di sborrate dalle cosce alla testa, fica gonfia e dilatata, aria sfatta, occhi chiusi ed un cartello sopra la testa che doveva essermi sfuggito: ‘&egrave drogata, &egrave legata: divertitevi’.
Ho il cazzo di marmo!
Si &egrave fatta drogare, legare ed usare da un sacco di gente, quella gran troia della mia signora!
Sono troppo eccitato! Mi piaceva un casino quando, tanti anni fa, si faceva sbattere da tutti, ma poi aveva smesso, lasciandomi triste ed insoddisfatto.
Ed adesso, sembrava voler recuperare il tempo perduto! Eccitantissimo!
Decido di telefonarle; il cellulare squilla, ma lei non risponde: che si stia facendo ancora trombare???
”onto” Voce assonnata: dormiva?
‘Ciao cucciola, sono io’ Come stai, come va, tutto bene?’
‘Ah, ciao Elio’ -Elio? Quando &egrave arrabbiata mi chiama per nome, se no di solito tesorone!- ‘ ma sì, tutto bene’ ma ho un po’ di mal di testa e mi son buttata sul letto”
‘Oh, scusami! Ti ho svegliata” E adesso? Me la gioco??? ‘No, ahah, pensavo che magari eri in giro per locali con qualche tuo corteggiatore’.’ Sentiamo cosa mi risponde!
‘Eh? Ma quale corteggiatore????’
‘Dai, cucciola. Non mi dire che non hai nessuno che ti fa il filo’ che ti sta dietro’ tanto io sono fuori città e quindi non saprei nulla, ahaha!’
‘Ma cosa dici?’ Tono sveglio, attento: che stia valutando qualcosa?
‘Ahahahah, dai, cucciola: tanto lo sai che non riesco ad essere geloso, con te” Speriamo bene!
‘Piantala di dire queste stronzate!’ Arrabbiata? Uhmm’ no: mi sta sfidando!
‘Perché, cucciola? Se no cosa fai?’ vediamo cosa succede’
‘Perché se me lo ripeti un’altra volta vado col primo che mi capita, ecco cosa faccio!’
Uhmmmm’ Come ripeterlo? Idea! ‘Ahahahah! Anche se &egrave grasso, con la pancia ‘oddio, sto per tradirmi!- e vecchio???’ Uff, forse l’ho schivata’
‘Ti ho detto il primo che capita! Se ha un cazzo duro, può avere anche novant’anni: guarda che lo faccio!’ E’ incazzata’ forse!
‘Ahahhah! Non lo faresti mai, son pronto a scommetterci!’
‘Attento, Elio’ non sfidarmi!’
‘Ti conosco, cucciola, non lo faresti mai!’
‘P..io p.. te!’ Uh? Non ho capito’ peggio per me? Ma magaaari!
‘Senti, non ti ho capita, ti sentivo male, comunque, devo scappare per andare a cena e’ volevo dirti che non torno domani sera ma dopodomani: non ho ancora finito il lavoro’
‘Ah’ bzz’ pr’ oe’ ito’ Ehh? Non capisco cosa dice!
‘Ti sento malissimo! Devo chiudere e scappare! Un bacio, cucciola!’
Ispirazione del momento: rientro domani sera, vado in una pensione e poi dopodomani, che &egrave di riposo, la seguo e vedo cosa combina.
Adesso occupiamoci del panino, la birra e la frutta, che dopo mi riguardo le foto di Mara piena di cazzi e mi faccio un bel segone, prima di dormire!
Capitolo 14

Cosa cazzo aveva voluto dire Elio, con quella sua inattesa telefonata? Non mi telefonava quasi mai, se non c’era un preciso motivo per farlo!
Cercai di ricordare, anche se appena svegliata non era semplice; ah, sì: mi aveva chiesto se ho un corteggiatore! Ehehe: se solo sapesse’
Aspetta’ sì, mi aveva detto che lui non &egrave geloso; in pratica il porco mi ha autorizzato ad andare con altri, come anni fa!
Ma come mai era tornato su quel discorso, dopo anni che non se ne parlava più? Caso? Il vecchio filmino aveva riacceso antiche voglie?
Oppure magari aveva trovato in rete le foto e, da gran cornuto qual &egrave, si era eccitato come un macaco?
Va beh, pensai: era una possibilità da tenere in considerazione.
Mi riaddormentai.

L’indomani tornai a lavorare ed accolsi con sollievo la notizia che Riccardo era stato nuovamente convocato alla direzione della catena dei supermercati e quindi sarebbe stato assente tutto il giorno; questo avrebbe permesso ai miei buchini di riposare.
Mi gettai nel lavoro, ma dopo un’oretta entrò nel mio ufficio Aurelia, la mia aguzzina.
‘Riccardo mi ha raccontato dell’autostrada ‘esordì- e che ti sei stupidamente offesa perché qualcuno affittava il tuo corpo’ Avresti dovuto essere onorata del fatto, invece!
Fosse stato per me, ti avrei offerta a dieci euro, anche ai barboni, altro che cinquanta a dei signori camionisti!
E poi, nel cesso ti ci avrei incatenata per due giorni, altro che per solo una notte, baldracca!’
Il suo sorrisetto crudele dimostrava quanto la narrazione e le fantasie che lei aveva sviluppato la intrigassero.
Sì slacciò i jeans, se li abbassò assieme agli slip e si appoggiò al bordo della scrivania: ‘Dai, cagna: fammi godere!’
Mi accucciai davanti a lei e cominciai a baciarle le cosce magre, poi sempre risalendo verso il suo pube, arrivai a lambire con la punta della lingua il lato esterno delle sue piccole labbra, lunghe e pendule; lei cominciò ad insultarmi: prima qualche epiteto ogni tanto, poi ‘man mano che il piacere che provava aumentava- sempre più frequentemente, fino ad arrivare ad un vero profluvio di insulti e dettagliate descrizioni di situazioni assolutamente avvilenti’ ma eccitanti.
Le succhiai le labbrine, stringendole tra le mie labbra e poi vi insinuai in mezzo la punta della lingua, arrivando infine a penetrarla.
Evidentemente apprezzava molto, ma dopo poco mi afferrò per i capelli e mi pilotò prima a leccarle il perineo e poi anche il buchetto posteriore; dopo mi fece lentamente risalire fino al clitoride, che svettava turgido tra le sue più recondite piegoline.
Me ne impossessai e le feci, in pratica, un micro-pompino, portandola in breve al piacere.
Venne con un lungo gemito, ma la sua presa sui miei capelli restò ferrea anche dopo l’attenuarsi dell’ondata di piacere; dopo pochi istanti, il salmastro della sua orina me ne fece capire il motivo: me la stava facendo in bocca!
Non potevo fare altro che berla, senza perderne una goccia e così feci.
Poi si rialzò, si risistemò e se ne andò, lasciandomi vagamente eccitata: avevo scoperto che anche essere sottomessa da lei mi donava notevole piacere.

Quasi alla fine dell’orario di lavoro, mi telefonò Riccardo; dopo essersi brevemente informato sul come andassero le cose ‘in negozio’ ed aver saputo del blitz di Aurelia, mi spiegò diffusamente cosa avrei dovuto fare l’indomani.
Ascoltai con attenzione e alla fine sorrisi tra me: la cosa sembrava molto intrigante!
Inoltre il programma di Riccardo poteva venire utile per scoprire se l’uscita di Elio sulla possibilità che potessi avere un corteggiatore era dovuta al caso o se, invece, saltava fuori perché aveva accesso alle foto.
L’indomani, come da istruzioni, presi la mia auto e raggiunsi una città ad una cinquantina di chilometri dalla mia; in occasione della festa patronale, infatti, c’era un grande mercato, con centinaia di bancarelle.
Fasciata con un abitino elasticizzato e su alti tacchi, girai tranquillamente per il mercato; dedicai poco tempo alle bancarelle di specialità gastronomiche, di articoli per la casa e cose del genere, ma spesi maggiore attenzione per i banchi di vestiti e sopratutto di intimo.
Ero volutamente vistosa ed in effetti attirai l’attenzione di molti maschi; molti mi spogliavano chiaramente con lo sguardo, alcuni mi sussurravano commenti o proposte anche estremamente volgari, ai quali rispondevo invariabilmente con un compiaciuto sorriso, ma stavo anche cercando la’ persona adatta!
Alcuni mi seguirono per un po’, ma alla fine scelsi un tizio atletico prossimo alla quarantina, dall’aria gentile che mi seguiva da un po’ in silenzio, cercando evidentemente il modo per attaccare bottone, anziché accontentarsi di mormorarmi qualche sconcezza o di approfittare della calca per palparmi cosce, pube, sedere o seni, come altri facevano, provocandomi comunque una sottile ma continua eccitazione.
Alla fine, mi accostai ad un furgone-bar e chiesi una bibita; lui cercò di sfruttare l’occasione e mi venne accanto, studiando come fare fare l’ultimo passo.
Decisi di aiutarlo: mettendo male un tacco, finsi di perdere l’equilibrio e lo urtai, subito profondendomi in scuse, fingendo imbarazzo per la mia ‘presunta- goffaggine.
Il ghiaccio era rotto: dopo l’ovvio scambio di banalità a seguito della mia caduta, cominciammo a chiacchierare piacevolmente: gli raccontai qualcosa di me e seppi che si chiamava Andrea, che aveva trentotto anni ed abitava in quella città, singolo.
Ci eravamo spostati ad uno dei due tavolini che il furgone-bar aveva allestito sul marciapiedi dietro e potemmo quindi parlare con relativa tranquillità.
Mi mostravo intrigata da lui e feci in modo di fargli capire che, se fosse stato il mio ‘cavalier servente’ mentre giravo per il mercato, magari poi, forse’
Ebbi la netta impressione che avesse colto il messaggio e ne fosse, ovviamente, intrigato.
Gli misi la mano sulla sua, appoggiata sul tavolino e lui la girò, intrecciando le dita con la mia, in un gesto adolescenzialmente complice.
Poi mi alzai e gli proposi di girare il mercato: accettò con piacere.
Curiosammo tra le merci esposte, commentandole allegramente e scherzando.
Arrivai a dargli un bacio sulla guancia e dopo un po’ sulle labbra; la volta successiva, mi attirò a sé, abbracciandomi, e mi infilò la lingua un bocca.
Stava andando benone!
Trovai un punto particolarmente affollato e, invece di rinunciare ad infilarmi nella calca come avrei normalmente fatto, mi ci tuffai in mezzo; non appena lui mi perse di vista, mi spostai di nascosto, in modo da ‘perderci’ per un paio di minuti, anche se io, in realtà, lo tenevo sommessamente d’occhio.
Passato un certo tempo, feci in modo che mi ritrovasse e subito gli andai incontro, gettandogli le braccia al collo, felicissima di averlo ritrovato.
Lui era molto felice di avermi ritrovata, a giudicare dal bozzo che avevo sentito premere contro il pancino!, per cui feci l’ultima mossa preparatoria: ‘sai Andrea: ho avuto paura di non ritrovarti, in questo casino’
Facciamo così: scambiamoci i numeri di cellulare, in modo che se capitasse di nuovo’.’
Sorrisi un po’ mignottescamente e lui fu felicissimo della mia pensata.
Adesso ero finalmente pronta!

E così Mara, invece di lavorare, se ne va alla festa patronale nell’altra città!
Non &egrave stato difficile seguire al sua macchinetta fin lì, ma poi, quando &egrave scesa e si &egrave avventurata nel grande mercato, mi son dovuto camuffare con un paio di grossi occhiali da sole ed uno stupido cappello da pescatore, per seguirla.
Si &egrave vestita da troia e vedo che molti le mormorano qualcosa ‘immagino volgarità!-, ma lei sorride sempre, tutta contenta.
Tiro fuori la compatta digitale che ho sempre con me e la fotografo al massimo della scarso zoom: davvero eccitante, la mia signora! Sorrido tra me.
Gran zoccola, la mia Mara! Da l’impressione di cercare qualcuno da farsi sbattere’. In mezzo al mercato???
Sarebbe eccitante, ma non credo che sia il caso!
Gira, curiosa e, dopo un bel po’, si ferma ad un baretto e fa finta (dopo averlo studiato ben bene) di cadere su belloccio lì accanto, che la seguiva in silenzio da un po”.
Si siedono, parlano, scherzano, si sfiorano: forse mia moglie ha trovato cosa cercava!
Poi ripartono a girare il mercato; in un incrocio li perdo per un pochino di vista, ma poi vedo che si abbracciano (moooolto stretti!) e probabilmente si scambiano i cellulari.
Uhm’ ridono scherzano, si indicano delle cose: a vederli così sembrano una coppia che sta insieme da un pezzo, non due persone che si conoscono da meno di un’ora!
Mi sa che mia moglie stasera non dormirà da sola’
Intanto rubo altri scatti.
Vedo Mara che punta decisa ad una bancarella di vestitini; si consulta col tipo, più alto di lei di tutta la testa, poi ne prede tre o quattro e va nella tenda usata come camerino di prova.
Li lascia sul braccio del tizio, a parte uno con quale entra nel camerino e se lo prova.
Dopo un paio di minuti, scosta la tendina di chiusura e si fa ammirare dall’uomo, piroettando: l’abitino &egrave indecentemente corto ed ho il cazzo duro come il marmo!
Prende dal braccio del fustacchione un altro vestitino e tira parzialmente la tenda: se mi sposto di un paio di metri, riesco a vederla mentre si spoglia rimanendo solo con un micro perizoma chiaro e si riveste, come hanno fatto alcuni altri uomini che si godono lo spettacolo e fanno commenti salaci.
Visione imperdibile: click!
Questo vestitino &egrave ancora più striminzito di quello di prima: sembra verniciato addosso! Arriva a filo delle natiche e lascia la schiena scoperta fin ben oltre le reni, con una sorta di pettorina, che dallo stomaco viene divisa da una profonda scollatura per poi diventare due triangoli allungati che, dopo aver sommariamente celato i seni, si allacciano dietro la nuca.
Mara ed il suo accompagnatore discorrono qualche minuto, poi lei decide che non le piace il modo in cui si intravvede il perizoma e’ se lo sfila!!!
Lì, davanti a tutti!
Il tipo sembra un po’ contrariato, ma lei sorride e lo bacia: la sua mano parte e gli accarezza il pacco!
Che grandissima troia, che ho sposato! Sono eccitatissimo!
Rientra nel camerino e si prova l’ultima combinazione: una gonnellina a balze ed una sorta di ampia canotta che però le arriva a malapena allo stomaco; lascia la tenda ancora più socchiusa e tutti abbiamo agio a intravvederla completamente nuda, mentre si sfiora la fichina per qualche istante: il giochino evidentemente sta eccitando anche lei!
Alla fine esce con la canotta e la gonnellina e comincia a far valutare dal tipo come le stanno’ soprattutto quando alza un ginocchio (le si scorge la fica!), quando si piega in avanti (culetto completamente nudo!) o piroetta su se stessa (le si alza fino alla cintura, lasciandola deliziosamente nuda dalla vita in giù!) Sto sudando dall’eccitazione!
Anche l’ampia canotta scollata permette di avere una ottima visuale delle sue tette, basta stare appena di lato e guardare nell’ampio giro-manica!
Per un attimo, la immagino ‘vestita’ così su un autobus affollato, mentre faccio scatti uno dietro l’altro: se non mi masturbo subito, impazzisco!
Mi guardo intorno e vedo che c’&egrave almeno una dozzina di uomini ipnotizzati dalla troiaggine di mia moglie: eccitantissimo!
Il tipo le paga gli acquisti e poi ricominciano a girare, dopo essersi baciati e dopo che il tipo ne ha approfittato per palparle per bene il culo.
Dopo un po’ arrivano davanti al furgone di un gelataio e vedo Mara che fa il suo tipico broncetto di quando chiede qualcosa, con petulanza infantile.
Dopo poco, il tipo col sacchetto degli acquisti si mette pazientemente in coda, per comprare il gelato a Mara.
Inaspettatamente, come lui gira l’occhio, lei si sfila e si allontana: la manovra mi stupisce molto, ma riesco per un pochino a non perdere di vista nessuno dei due: Mara ha girato in una traversa del mercato, mentre il tipo, alla fine, spunta coi due gelati in mano e si guarda intorno, irritato; prende il cellulare e chiama, poi attende la risposta.
Abbassa quasi subito il telefonino, poi lo guarda, lo tocca ed evidentemente legge un messaggio; butta in un cestino i due gelati e digita una risposta’
Rischio di perdere di vista Mara, ma la vedo di sfuggita mentre fa un’altra svolta ed allungando il passo, la trovo infine ferma davanti ad una bancarella, carica di intimo femminile.

Sì, decisamente Andrea &egrave la persona adatta per realizzare il progetto di Riccardo: si &egrave ingrifato come un mandrillo ‘lui e tutti gli altri che son riusciti a sbirciare!- durante le prove dei vestitini ed anch’io sono andata molto su di giri, tanto che ho cominciato a toccarmi.
Ma poi mi sono ricordata degli ordini del mio padrone ed ho desistito, anche se a malincuore.
Abbiamo comprato i vestitini e poi ho trovato l’occasione per perdermi Andrea: ho preteso che mi comprasse una coppetta di gelato, da un gelataio con una discreta coda; appena ha girato l’occhio, mi sono defilata per procedere verso la fase successiva della mia ‘missione’.
Il giro fatto da sola, prima di incontrare Andrea, mi &egrave stato utile per decidere quali banchi si prestavano meglio ai miei ‘eccitantissimi!- compiti.
Ho atteso fremendo che Andrea, non trovandomi, mi chiamasse e cominciavo già ad avere il dubbio che avesse rinunciato a me, quando finalmente il cellulare squillò: era lui e perciò rifiutai la chiamata.
Poi, subito, gli mandai il messaggino: ‘Sono una bimba monella: cercami se mi vuoi!’
Pochi secondi e la sua ovvia risposta: ‘Dove t trovo? Il mercato &egrave così grande che nn ti troverei prima che sbarakkino stasse’
Sorrisi e cominciai a muovermi, mentre rispondevo: ‘Stasse &egrave troppo tardi: potrei trovare altri! Trovami!’
Presi qualche perizoma, qualche reggiseno particolarmente provocante e chiesi di poterli provare: i due tizi della bancarella, mi proposero di cambiarmi le loro furgone rosso ed accettai con un sorrisone complice.
Andrea si era rifatto vivo: ‘Aiutami, almeno!!!’
Misi rapidamente un peri nero e poi me lo fotografai col cellulare, mostrando anche il culetto; infine inviai lo scatto con un commento: ‘qui son tutti molto gentili, vogliono aiutarmi!’
La risposta, dopo pochissimo: ‘banki d intimo ce n’&egrave un mare! Sei una”
Risi e risposi: ‘Una’ zoccola? Sì, poi te lo dimostro per bene’ se mi trovi!’
Avevo lasciato il portellone laterale del furgone socchiuso e chiesi ad uno dei venditori come mi stesse quel peri; vidi che si era confuso ed eccitato, mentre confermava che mi stava bene ed io lo ringraziai con un sorriso.
Con indifferenza, ‘dimenticandomi’ di richiudere il portellone, me lo sfilai e ne provai un altro.
Decisi di mettere un po’ di pepe al culo ad Andrea: ‘finch&egrave mi cerchi, qui mi stanno aiutando a scegliere’ e la foto ritraeva ‘da dietro- una mia chiappina con, sullo sfondo, alcuni maschi che evidentemente ammiravano il mio pube, celato da un peri del quale si intravvedeva il laccetto.
L’immagine era tagliata in modo che vedesse la centinatura interna di un furgone rosso e degli scatoloni.
Dopo qualche minuto, c’era una vera calca davanti al furgone e mi arrivò un altro messaggino ‘6 deliziosamente zoccola! :))) Qnd t trovo, vedi cosa t faccio, LI!’
Bene! Il ragazzo stava al gioco! Avevo scelto bene!
Risposi: ‘Se nn t sbrighi, qnd sarai qui sarò troppo stanca anke x te!’ Sogghignai, mentre lo inviavo.
Dai, Andrea: sbrigati!
Indossai un perizoma di pizzo albicocca abbastanza raffinato, nel suo genere e stavo per prendere il reggiseno coordinato, quando gettando un’occhiata circolare fuori dal furgone e tra i maschi assiepati a godersi lo spettacolo, ne intravvidi uno, l’unico con uno di quei ridicoli cappelli di tela da pescatore: Elio!
Stava indietro, tra la gente e nonostante gli occhialoni neri, lo avevo riconosciuto.
Mi spostai in un angolo del furgone non in vista e riflettei rapidamente: aveva detto che sarebbe rientrato domani anziché oggi; poi si era camuffato, ma stava in disparte; era in mezzo alla gente, anonimo tra anonimi.
Per cui, doveva sospettare ‘o aver in qualche modo saputo!- che mi ero’ rimessa in corsa, ma voleva godersi la cosa senza che io sapessi che lui sapeva, da bravo guardone cornuto, da bravo’. (com’era quella parola?) Ah, sì: da bravo cuckold!
Per adesso preferiva stare in disparte e godersi lo spettacolino di sua moglie che faceva sbavare i maschi in giro; bene! Lo avrei fatto divertire per bene! E, magari, mi sarei anche divertita a stupirlo.
Mi spostai nuovamente davanti al portellone e raccolsi infine il reggiseno; poi feci finta di non riuscire ad agganciarlo sulla schiena e feci un sorriso soave, scendendo dal furgone: ‘Scusate, non riesco ad allacciarlo: qualcuno di voi mi può aiutare?’
Mi trovai immediatamente circondata da non meno di una quindicina di maschi arrapati ‘mentre Elio rimaneva prudentemente defilato! Ma aveva in mano la sua compatta o sbagliavo?- che sgomitavano tra loro per venirmi accanto e mentre qualcuno provava impacciatamente ad allacciare i gancettini, molte mani esploravano il mio corpo, percorrendomi le cosce, il culetto, il pancino, i seni, la schiena; qualcuno più ardito scostò il peri e provò a sondare i miei buchini, che si dimostrarono accoglienti e bagnati di eccitazione e perciò mi trovai con diverse dita davanti e dietro.
Mi sentivo fondere dal piacere e stavo aspettando l’immancabile momento nel quale qualcuno mi avrebbe messo una mano sulla nuca e mi avrebbe piegata fino a succhiargli l’uccello, il prima di una lunga schiera!
‘Mara!’
Il mio nome risuonò secco, come un colpo di pistola e tutti si immobilizzarono; riaprii gli occhi che avevo chiuso per concentrarmi sul piacere datomi dalle tante mani sconosciute e vidi Andrea che, allontanando anche i più vicini a me, mi veniva accanto.
Tutti capirono che quel tipo, che conosceva il mio nome, aveva speciali diritti su di me e quindi si allontanarono di un passo: pensarono tutti ad un marito od ad un fidanzato geloso, non certo ad una persona che conoscevo da meno di un’ora!
Mi prese per un braccio e quasi di peso mi trascinò nel furgone, facendo poi scorrere il portello.
Poi mi buttò su un mucchio di scatole, si slacciò i calzoni e mi si buttò addosso: ‘E’ questo che vuoi, troia? Ed allora eccotelo! Prendi! Prendi! Prendi!’
Mi aveva messo dentro di colpo il suo notevole attrezzo e cominciò subito a darmi rabbiosi colpi, scopandomi con deliziosa irruenza; gli gettai le braccia al collo e lo baciai con tutta la passione possibile, intrecciando le gambe attorno alle sue, mentre lui si sfogava dalla frustrazione provata prima, spingendo entrambi verso un rapido orgasmo.
Sentii il suo uccello gonfiarsi e poi esplodere in numerosi lunghi getti dentro di me ed anch’io arrivai in cima al piacere.
Quando l’affanno del nostro respirò passo, Andrea mi guardo con un sorrisetto: ‘Dai, vestiti!’
Ormai la missione era compiuta, non avevo più bisogno di lui: ‘Ma chi ti credi di essere, a darmi ordini, tu???’ gli dissi in tono aggressivo.
Aprì la bocca per rispondermi, evidentemente sorpreso dalla mia veemente reazione e caricai i toni: ‘Cos’altro vuoi? Volevi scoparmi e lo hai fatto! E allora? Questo non ti da alcun diritto su di me, hai capito???’
Probabilmente aveva programmi ben più complessi di una brutale sveltina in un furgone in mezzo al mercato, ma riuscii a ferirlo; si risistemò i pantaloni, si alzò, socchiuse lo sportello e, prima di saltare giù, mormorò come commiato: ‘ma vaffanculo, stronza!’
Sbattei lo sportello dietro di lui, per troncare sul nascere ogni suo ripensamento e mi rivestii con calma.
Dopo qualche minuto avevo pagato l’intimo che avevo scelto e tornai verso la mia auto, sempre pedinata da Elio in versione Ispettore Clouseau.
Mi sedetti al volante e prima di accendere il motore, guardai le foto che avevo scattato col cellulare: mi si vedeva mentre provavo i vestitini, poi anche con e senza l’intimo e circondata da mani febbrili, appena prima che arrivasse Andrea, fuori dal furgone.
Soddisfatta del risultato, misi via il cellulare e pensai a cosa fare nel pomeriggio.

Misi in moto e ripartii per tornare verso casa, dopo aver compiuto la missione assegnatami da Riccardo alla grande sagra di quella città.
Uscita dal parcheggio, mi cadde l’occhio sul retrovisore e vidi spuntare il muso dell’auto di mio marito, che evidentemente mi stava seguendo.
Il cornuto, evidentemente, si stava divertendo a spiarmi e vedermi (e fotografarmi?) mentre facevo la troia in giro, ma era troppo vigliacco per farsi riconoscere.
Caro Elio: ti eccita spiare la tua dolce mogliettina, la tua cucciola mentre fa la vacca in giro? Ti sei eccitato a vedermi fare la bagascia al mercato, mostrandomi nuda e facendomi palpugnare da perfetti sconosciuti davanti a tutti? Sei rimasto deluso del fatto che quando Andrea me lo ha infilato dentro eravamo nel furgone e non hai potuto vedere con quale foga quel magnifico stallone (non come te!) montava tua moglie?
Tranquillo: adesso si continua la festa e potrai ancora vedermi e semmai fotografarmi bene!
Il nome di Riccardo si visualizzò sul display del telefonino; risposi e gli dissi di aspettare un attimo, mentre mi fermavo per parlargli; misi la freccia e con calma accostai; lo specchietto mi mostrò che anche l’auto di Elio si era fermata, ad un paio di centinaia di metri di distanza.
Il mio padrone era un po’ stupito che avessi potuto rispondere: mi immaginava ancora impegnata alla fiera.
Gli spiegai dettagliatamente tutto ciò che avevo fatto, anche se decisi di tralasciare la presenza di Elio: quello era un problema mio!
Tra la mia narrazione e le precisazioni che mi chiese, dopo una ventina di minuti aveva un quadro chiaro e completo di tutto ciò che avevo fatto; disse che avrebbe raccontato la cosa sul blog ed allora gli promisi che gli avrei immediatamente inviato le foto del cellulare.
Poi gli accennai al mio progetto per il pomeriggio e, come immaginavo, si dimostrò interessato, anche se pensava che lo facessi per lui e non, principalmente, per quel gran cornuto di Elio.
Chiusa la comunicazione, notai che la batteria del cellulare era piuttosto scarica; mi serviva ben carico, per cui lo collegai al caricabatteria e poi inviai le foto come da promessa, poi riaccesi il motore e misi la freccia, ripartendo con calma, per dar modo a mio marito di non perdermi di vista.
Anziché prendere la strada diretta per la mia città, ad un bivio svoltai verso la costa e mi sentii quasi confortata da vedere che il muso dell’altra macchina era sempre dietro la mia, anche se ad una distanza di sicurezza.
Erano le cinque e mezza passate, quando arrivai alla mia destinazione; presi il borsone coi pochi oggetti che mi sarebbero serviti, chiusi l’auto e mi incamminai lungo lo stradello che attraversava la pineta.
Dopo dieci minuti di cammino, sbucai sulla spiaggia, in mezzo alla macchia mediterranea; presi a sinistra e dopo un centinaio di metri trovai il cartello che ricordavo, ancora al suo posto dopo tanti anni, che avvertiva che da quel punto in avanti la spiaggia era frequentata da nudisti.
Camminai ancora per un poco, in cima all’arenile ad una decina di metri dalla linea della vegetazione, in piena vista da chiunque e senza mai guardarmi indietro: avevo visto nello specchietto l’auto di Elio parcheggiare là in fondo ed ero certa che lui mi fosse dietro.
Alla mia sinistra un passaggio tra due arbusti permetteva di accedere ad una piccola radura sabbiosa, con un angolo ombreggiato da un ciuffo di lecci.
Stesi il telo da mare al centro della radura, mi spogliai completamente e mi stesi al sole prona, a leggere e con le gambe socchiuse.
Dopo dieci minuti, lo scricchiolio di un rametto che si spezzava, mi confermò la presenza di qualcuno tra gli arbusti; ricordando quel posto dai ‘vecchi’ tempi, ero sicura che intorno a me c’erano almeno tre-quattro guardoni che si stavano lustrando gli occhi col mio corpo nudo ed accarezzandosi i cazzi duri.
Sbirciando attraverso gli occhialoni, senza però muovere la testa!, ne individuai due circa davanti a me, ma il fruscio di un giubbotto contro le foglie mi informò che almeno un altro era dietro di me, a godersi la vista della mia passerina.
Per non meno di un quarto d’ora rimasi prona, a leggere con grande indifferenza: sapevo che era il tempo giusto perché qualcuno si avvicinasse per spiarmi e si rassicurasse vedendomi tranquilla e rilassata; inoltre l’ora cominciava ad essere tarda e molti dei frequentatori avrebbero entro poco raccolto le loro carabattole e se ne sarebbero andati a casa, lasciandomi deliziosamente sola col mio’ pubblico.
Poi afferrai la borsa, presi la bottiglia dell’acqua e mi sedetti a gambe incrociate per berne una sorsata, gettando indietro spalle e testa e mostrando quindi bene i seni.
Dopo aver bevuto, mi stesi di nuovo, ma stavolta supina, per poter controllare la parte che prima era dietro di me.
Altri due o tre singoli erano più o meno malamente nascosti dai cespugli.
Avvicinai i calcagni al sedere tenendo le cosce divaricate, ma sempre continuando a far finta di leggere: in realtà ero realmente divertita dalle loro goffe manovre per guardarmi credendo di essere invisibili.
Dopo pochi minuti, una serie di fruscii mi preannunciarono l’arrivo di una persona nella radura: un vecchio ‘molto vecchio!- che si mise a sedere contro un rialzo di sabbia, nell’angolo più lontano, a sette metri sulla mia destra, verso il basso
Mi guardava, coi suoi calzoni stazzonati, la sua camicia a quadrettini ed il suo giubbotto di nylon, nonostante la giornata più che tiepida.
Mi disinteressai a lui e tornai a cercare di leggere, continuamente distratta dai fruscii tra i cespugli.
Dopo un po’, mi cadde lo sguardo sul vecchio e sgranai gli occhi: si era aperto i calzoni e si stava quietamente masturbando un affare di dimensioni impressionanti! Come diametro ricordava una lattina di birra e la lunghezza non doveva essere sotto i venticinque centimetri!
Troppa grazia, nonno!, pensai.
Ammetto che quella mostruosa dotazione mi eccitò non poco; anche l’intravvedere tra le mie ginocchia un altro uomo che, vagamente confuso con un cespuglio, fissava la mia natura e si masturbava mi stava bagnando la fichetta.
Sempre impugnando il libro come se stessi leggendo, mi appoggiai una mano sul pancino e poi la feci lentamente, casualmente scivolare sulle labbrine turgide; me le sfiorai lievemente coi polpastrelli, poi lentamente usai indice ed anulare per divaricarle far affondare il medio.
Il gesto non passò assolutamente inosservato, a giudicare dai fruscii, scricchiolii ed altri rumori che venivano da tutto intorno a me!
Continuai a giocarci per un paio di minuti e poi, mentre le dita sparite dentro il mio favo erano diventate tre, posai stancamente il libro sul telo e la mano così liberata cominciò ad accarezzare e titillarmi i capezzoli.
Tenevo gli occhi chiusi, sia per godermi appieno le sensazioni che i miei tocchi donavano al mio stesso corpo, sia per mostrarmi totalmente indifesa ai ‘cattivoni’ che ormai avevano abbandonato i ridicoli nascondigli nella macchia e mi circondavano, in piedi ed ognuno masturbandosi.
Sentii delle dita che delicatamente mi sfioravano la guancia, per poi accarezzarmi le labbra: baciai pudicamente le dita e socchiusi le labbra: mentre due falangi provavano timorose ad entrarmi tra le labbra, sentii altre mani che cominciavano ad accarezzarmi ovunque, dai piedi e le caviglie fino al collo e le braccia.
Qualcuno mi afferrò delicatamente il polso appoggiato sul mio pube e lo tolse, lasciandomi la fica socchiusa ed offerta; dopo pochi secondi, sentii il fiato caldo di qualcuno sulle ninfe umide di ciprigno e poi una lingua e cominciava a lapparmela, incendiandomi i sensi.
Socchiusi gli occhi e verificai che sette uomini mi circondavano, tutti coi cazzi svettanti, tra cui un giovane di evidenti origini africane; uno era inginocchiato accanto alla mia testa e fu normale per me girare la testa e prenderglielo in bocca.
La mia attiva partecipazione sembrò rilassarli: adesso sapevano che non stavo passivamente subendo, ma che ci stavo!
Le loro mani turbinavano sul mio corpo e cominciarono a spostarmi, tirarmi e girarmi per mettermi nelle posizioni che preferivano.
Smisi il pompino, allungai la mano e presi il cellulare, impostandolo come fotocamera.
Poi strinsi di nuovo la punta della cappella tra le labbra e, col braccio tenuto discosto, mi scattai una foto mentre lo succhiavo.
Smisi di nuovo, mi tirai un poco su e li guardai: ‘Oggi &egrave il mio compleanno e vedo che volete’ festeggiarmi; se mi inquadrate e schiacciate qui ‘indicai il tastino giusto sul mio telefonino- almeno avrò delle foto ricordo di questa bella festa!’ dissi, sorridendo con aria complice.
Un uomo sulla trentina prese il cellulare e, tutto contento, cominciò a scattare, mentre gli altri preferivano divertirsi con svaghi più classici.
Durante la bollente sessione che seguì, in un momento di relativa calma colsi il luccichio di un riflesso in un cespuglio: evidentemente il mio stracornuto marito preferiva gustarsi lo spettacolo anonimamente, scattando foto su foto’
I membri degli uomini si alternavano addosso e dentro il mio corpo ed anche il vecchio, alla fine, mi mise il suo grande randello nella fichina palpitante, con una accettabilissima erezione e mi sentii deliziosamente piena.
Si era sdraiato sul telo ed io lo cavalcavo, con gioiosa foga, mentre le cappelle si alternavano nella mia bocca e contro le mie guance.
Mi sentii allargare le chiappine e gettai un’occhiata dentro di me: il giovane di colore si preparava ad incularmi col suo delizioso, grosso cazzo e mi fermai un attimo quando me lo appoggiò allo sfintere: mi prese per i fianchi e lo fece delicatamente scivolare dentro.
Mi sentivo deliziosamente colmata: non era la prima doppia penetrazione di quel pomeriggio per cui ero già abbastanza dilatata e potei davvero godermi questa, con la proboscide del vecchio che mi colmava la fichina e lui che mi aveva riempito il culetto!
Succhiai con gioia ed entusiasmo due cappelle che mi scivolarono insieme nella bocca, mentre il mio cellulare passava da uno all’altro ed il click-click dello scatto era diventato la normale colonna sonora di quella mega orgia che, col trascorrere dei minuti, vedeva arrivare sempre nuovi maschi.
Dopo oltre un’ora ero sfinita e colavo sperma sia dalla fichina che dal culetto, entrambi dilatati e scivolosissimi di tutte le secrezioni.
Decisi di rifiutarmi all’ultimo che era magicamente sbucato dai cespugli, visto che il sole era ormai poco sopra l’orizzonte; lui espresse la sua delusione tanto che alla fine mi commossi: ‘Facciamo così: tu mi fai un po’ di foto col mio cellulare e poi io ti faccio un bel pompino”
Accettò con gioia; mi mossi disinvoltamente davanti all’obbiettivo, dicendogli come volevo essere fotografata, immortalando gli schizzi che avevo sui capelli, il viso ed ovunque.
Fece dei primi piani dei miei seni, del mio ombelico che era diventato una pozza di sperma; mi misi alla pecorina e mi fotografò i buchini dilatati mentre spingevo fuori i copiosi tributi che avevo ricevuto dentro, lasciandoli poi colare lungo le cosce.
Mi feci dare il telefonino e mi apprestavo a mantenere la mia parte dell’accordo, quando squillò: era Riccardo.
Rifiutai la chiamata e gli mandai un messaggino: ‘Nn ora! Kiama tra 15min!’
Poi mi dedicai alla ricompensa del tipo ed in cinque minuti potei mandare la sua copiosa sborrata ad unirsi a quelle che avevo già ingoiate.
Dopo poco ero nell’acqua ancora freddina, a darmi una sommaria ripulita ed ero appena tornata sull’arenile quando il telefono squillò di nuovo; risposi ma tornai con ampie falcate verso la mia roba.
Raccontai a Riccardo gli avvenimenti del tardo pomeriggio -sempre però omettendo la presenza di Elio!- e poi, a voce abbastanza alta in modo che lui, ancora acquattato nel cespuglio davanti a me sentisse, dissi: ‘No, per oggi basta: adesso mi rivesto e me ne torno tranquilla a casa: comincio ad essere un po’ stanca”
Mentre gli stavo dicendo che gli avrei mandato da casa gli oltre duecento scatti che mi avevano fatto (era assolutamente entusiasta della quantità!), sentii un fruscio: evidentemente Elio aveva raccolto il messaggio che gli avevo voluto mandare e se ne stava andando.

Dopo un’ora ero a casa; mi concessi una doccia e poi, in accappatoio, mi sedetti al computer; per prima cosa scaricai le foto dal telefonino e le inviai a Riccardo e poi cominciai a leggere le email, i messaggi ed infine i commenti alle serie di foto.
Alcune comunicazioni erano particolarmente intriganti e decisi di salvarle in una apposita cartella per valutarle con calma ed eventualmente rispondere.
Poi andai all’ultima serie di foto pubblicata: il mercato di quella mattina; la quindicina di scatti che avevo fatto si era ridotta di un terzo ‘immaginai che il mio padrone avesse eliminato quelle troppo mosse o fuori fuoco- ma la sequenza era comunque intrigante, soprattutto leggendo la dettagliata narrazione che aveva scritto.
Suonarono alla porta e, ancora sorridendo per l’ultima sequenza, andai ad aprire.
Mi stupii un pochino a riconoscere uno dei professionisti incrociati in ascensore con Riccardo, che mi spinse dentro l’ingresso, si chiuse la porta alle spalle, mi afferrò l’accappatoio, lo apri e lo fece cadere a terra ed infine mi spinse con forza quattro dita nella fica, quasi alzandomi da terra.
Non mi aspettavo un’ assalto del genere e rimasi letteralmente senza parole: lui mi prese anche per i capelli e poi mi pilotò così fino in soggiorno, dove mi gettò sul divano e poi, in un lampo, si abbassò pantaloni e boxer e mi si gettò addosso; sentii la sua cappella che cercava la mia fica ed inserii una mano tra noi per facilitargli il compito.
Come sentì di essere dentro di me, cominciò a scoparmi con ritmo frenetico, sempre senza dire una parola ed in poco tempo lo sentii irrigidirsi, bloccarsi e scaricarsi dentro di me.
Poi si rialzò come una furia, si rialzò subito boxer e calzoni senza neanche darsi una sciacquata e dicendo soltanto ‘Ci rivediamo!’ uscì, allungando un attimo la mano sul piano accanto alla porta.
Ancora stupita dell’inaspettato e frenetico blitz, mi alzai dal divano, mi strinsi addosso i lembi dell’accappatoio ed andai nell’ingresso: sul piano, faceva bella mostra di sé una banconota gialla da duecento euro’
Ero di nuovo stata presa per una prostituta! Ma almeno stavolta i soldi erano miei’
Mi strinsi nelle spalle e li misi nel portafogli.
Decisi che la giornata era stata piacevole ma stancante: spensi il computer, andai in bagno per fare le mie abluzioni serali e poi me ne andai a letto con un libro, per aspettare il ritorno di Elio, teoricamente dalla trasferta di lavoro.
Dopo dieci minuti, dormivo della grossa! La mattina dopo faticai molto ad alzarmi e quando fui in piedi dovetti sbrigarmi, per non arrivare tardi al lavoro.
Riuscii ad arrivare appena in tempo e dopo soli cinque minuti mi telefonò Elio:
‘Buongiorno cucciola!
Speravo che di trovarti sveglia, ieri sera, ma quando sono arrivato dormivi della grossa’
Il nuovo lavoro ti deve stancare molto, tesorino”
Altroch&egrave se la stanca: farsi palpare e scopare al mattino, poi guidare fino al mare e lì farsi sbattere da una quindicina di cazzi fino al tramonto! Di nuovo la troia che ricordavo! Fantastica! E che foto!!! Ierisera le ho subito postate accanto alle sue, visto che lei dormiva: chissà quante seghe e che commenti!!! Mhhh, non vedo l’ora di controllare!
Confermai che il nuovo lavoro era, in effetti, complesso e che mi assorbiva molto, anche se tra me sorrisi con una punta di malignità: sapevo che lui mi aveva spiato tutto il giorno e che, evidentemente, si eccitava come un macaco a vedermi fare la troia.
‘Sai, cucciola: quando sono venuto a letto, ti ho toccata per vedere se ti svegliavi, magari per fare qualcosa, ma tu ronfavi come un motorino, così ho rinunciato’.’
Russavi come un marinaio russo ubriaco, ma il tuo culo e la tua fica erano ben spalancati’. Quanto mi eccita ancora adesso ricordarti mentre ti facevi fottere sulla spiaggia!
‘Hai fatto bene: ieri &egrave stata una giornata particolarmente pesante e anche se in questi giorni mi sei mancato molto” (Ahahahahaha!) (Eh! Come no, baldraccona piena di cazzi!) ” se mi avessi svegliata, ti avrei mandato affanculo, tesoro mio!’
‘Ahahahahah! No, tranquilla: ti solo toccato la spalla, ma non reagivi e non ho insistito!’
Risposi che apprezzavo, anche se avevo sognato che qualcuno mi toccava i buchini: probabilmente il mio cornutissimo maritino aveva un concetto molto personale per la definizione di ‘spalla”
Ci dicemmo che ci volevamo bene e che ci saremmo visti quella sera e poi dovetti troncare perché Riccardo mi chiamò con l’interfono: ‘Chiama Aurelia e poi venite qui, bagascia, che devo parlarti!’
Dopo cinque minuti eravamo nel suo ufficio ed io ero già nuda: Aurelia mi rimosse le barrette cicatrizzanti dei tre piercing fatti sulle labbrine della fica ed accanto al clito e le sostituì con tre anelli che, come quelli sui capezzoli, strinse poi con un paio di pinze, in modo che fosse impossibile toglierli.
Riccardo controllò che il lavoro fosse stato bene, giocherellando con tutti gli anelli e tirandoli a turno.
Poi da un cassetto estrasse un sacchetto di carta e da quelli cavò dei pesi di piombo con incisa sopra la grammatura; con i piccoli moschettoni che corredavano ogni peso, cominciò ad applicarli ai vari anelli, provando da quelli piccoli da 50 grammi, via via fino a quelli da 500, lasciandomeli poi appesi alla labbrine che, ovviamente, si allungarono molto; del resto, anche i due pesi da 300 applicati ai seni li facevano scendere molto.
Era fastidioso, lievemente doloroso, ma mi resi conto che quella stranissima cosa mi stava eccitando.
Aurelia si scoprì la fica e si allungò sulla scrivania ed io sapevo che dovevo’ ringraziarla del lavoro fattomi; perciò, senza una parola, tuffai la faccia nel suo sesso rorido di umori, piegandomi a novanta gradi e tenendo i piedi ben divaricati; Riccardo mi venne dietro e me lo infilò di colpo nel culo e poi, tenendomi per i fianchi, cominciò ad incularmi con potenti colpi, facendo anche dondolare i carichi degli anelli che, cozzando tra loro, producevano piccoli tonfi sordi.
Coi seni tirati verso il pavimento, i tre pesi alla fica che bocciavano tra di loro, la fica bagnata di Aurelia stampata sulla faccia, mentre bevevo i suoi umori ed il cazzo di Riccardo che mi scorreva nello sfintere, sentii arrivare il piacere che stavolta non esplose, ma dilagò dentro di me come acqua che lentamente inzuppa e scioglie un mucchietto di zucchero; mi trovai così in una costante situazione di piacere continuo, senza pause ma anche senza l’esplosione sfolgorante finale, che ti lascia sfinita e col fiato spezzato.
La mia evidente eccitazione (mi ero messa due dita nella fica e le agitavo vorticosamente, sentendo il cazzo di Riccardo che scorreva imperioso oltre la sottile membrana!), aiutò non poco i miei carnefici a raggiungere a loro volta il piacere, inondandomi la bocca e il retto dei loro succhi.
Placati i sensi, ripresi tutti a respirare senza più l’affanno, si rivestirono, imponendomi di restare nuda e coi pesi, e Riccardo si accese una sigaretta, prima di parlare.
‘Allora’ Stasera tu dovrai fare una cosa, per me” Quella sera? Ma Elio mi aspettava a casa! Hai visto mai che fosse così eccitato da scoparmi come si deve??’
‘Ma”
‘No! Nessun ma! Tu farai quello che dico io. Punto!’ Aveva appena alzato la voce, ma lo trovai più temibile che se avesse urlato. Tacqui.
‘Dicevo’ -riprese, in tono blando- ‘ stasera c’&egrave una festa nella villa di alcuni miei conoscenti e tu ci andrai, per fare la’ cameriera’
‘Camerieeera?’ Il mio tono lasciava trasparire la mia delusione: ormai mi ero abituata a moltitudini di cazzi e fare solo la cameriera, francamente’
Lui rise ed anche Aurelia inalberava un sorrisino perfido: ‘Tranquilla, troiona, non ti annoierai! Vedari come verranno trattati i tuoi buchi, stanotte!
Alla fine dell’orario qui, ti accompagnerà Aurelia e arrivata là ti’ preparerà per poter essere all’altezza delle’ esigenze.
Poi lei, che &egrave un’invitata, controllerà che il tuo comportamento sia all’altezza delle esigenze ed alla fine ti riporterà a casa’ Probabilmente verso le quattro, cinque del mattino’
Annuii, avevo ascoltato. Elio stanotte si sarebbe dovuto ‘come sempre, d’altronde!- arrangiare da solo!
Riccardo, dettomi quanto doveva, si rilassò e cominciò a trafficare sulla tastiera del computer.
Poi mi chiamò a vedere: ‘Ah, hai visto il blog?’
Sempre coi pesi che dondolavano ‘ora fastidiosamente!- dai capezzoli e dalla fica, stavo per andare accanto a lui, ma rise e mi disse, ridendo: ‘no: &egrave arrivato il progresso!’ e indicò qualcosa alle mie spalle.
Non avevo notato il grande schermo piatto evidentemente nuovo che campeggiava sulla libreria, tra le due porte.
Si illuminò ed apparve nitidamente la pagina del blog.
Così, comodamente seduti ai nostri posti, potemmo contemplare e commentare le foto che avevo scattato il giorno prima: le poche al mercato ed una selezione delle migliori in spiaggia.
Ovviamente i loro commenti erano molto offensivi ed umilianti, ma mi davano comunque un delizioso turbamento.
A commento di ogni serie, c’era un ‘report’, una relazione scritta da Riccardo su cosa avessi fatto, dove e con chi: l’insieme era assolutamente eccitante, dovevo ammetterlo, e la conferma era data dalle decine di commenti ‘pesantissimi quanto entusiastici- che corredavano ogni blocco.
Poi Riccardo mi fece notare una cosa: a corredo di ogni serie con foto, report e commenti, c’erano una o più cartelle di persone che, registandosi con un qualunque nick, pubblicavano le foto scattate da loro in quella specifica situazione.
Vidi che un utente (‘Tir’, probabilmente il famoso Diego) aveva pubblicato una serie di scatti fatti nel famoso parcheggio, sia mentre ero sul rimorchio, sia mentre -legata e drogata- venivo abusata nel cesso fino all’ultima, dov’ero ricoperta di sperma e sguaiatamente abbandonata.
Anche tre altri utenti avevano pubblicato le loro serie, ma composte da quattro-cinque scatti al massimo.
Anche in relazione alle due ‘missioni’ del giorno prima, c’erano alcune serie fatte da altri utenti; quasi tutte erano composte da pochi scatti, ma un utente (‘Rhino’) aveva postato un centinaio di foto sia per il mattino che per il pomeriggio; sorrisi tra me: il buon Elio si era davvero sollazzato!
Mi dava un sottile piacere sapere e vedere come un ‘terzo’ (e non un terzo qualsiasi: quel grandissimo cornuto e contento di mio marito!) aveva potuto vedere quanto fossi troia e soprattutto quanto bene lo avesse raccontato a tutti attraverso i suoi scatti!
C’era anche una foto dove mi si vedeva di profilo, mentre aprivo la portiera della mia utilitaria e dove si poteva con tutta facilità leggere la targa; della serie: se vedete questa tipa su questa auto, fatevi sotto, ci sta!
Immaginavo la vena di delusione che doveva provare, a non potersi pubblicamente vantare di essere mio marito, oltre che l’autore dell’osceno book fotografico!
La voce di Riccardo mi distolse dalle mie riflessioni: ‘Hai notato questo Rhino, che ti ha fatto due grandi serie di foto, ieri?’
Ammisi di averlo notato e lui proseguì: ‘Le foto sono tutte fatte da abbastanza distante, quindi penso che sia stato qualcuno che ti seguita a tua insaputa, senza farsi avanti’
Hai idea di chi possa essere?’ chiese, con tono rabbuiato.
Una vocina interiore mi convinse a negare: ero curiosa di vedere gli sviluppi.
Riflett&egrave qualche momento: ‘Va beh: poi vedremo di occuparci anche di questo ignoto ammiratore’ Ho qualche idea in testa che’ Ma ci devo ancora pensare un po’ su’
Mi fece un sorrisetto perfido: ‘Allora troia: stai facendo amicizia con i piombini?’
Non sapevo cosa rispondere e lo guardai con uno sguardo smarrito, ma mi resi conto che la sua era solo una domanda retorica: ‘Dai baldracca, levateli’ che tanto stasera vedrai che li rimpiangerai’
Su questo inquietante commento, sganciai i cinque piombi e li appoggiai sulla sua scrivania; li rimise nel sacchetto e si dichiarò soddisfatto: ‘Adesso rimettiti qualcosa addosso e vai a lavorare: &egrave da quando sei arrivata, che non fai un cazzo!’ Rise.
Manco fosse stata colpa mia!

Che palle!
Ero a lavorare quando Mara mi manda un sms: ‘Devo andare fuori città x lavoro. C vediamo stanotte o domani sera! Bacio’
Che baldracca! Forse ha scoperto che l’ho vista e si &egrave messa a fare la strana!
Così mi son preso un trancio di pizza, son venuto a casa e mi son messo davanti al pc a leggere commenti, suggerimenti, richieste e proposte degli arrapatissimi fan di mia moglie!
Solo che non c’&egrave un attimo di quiete!
Ogni tanto (anzi: ogni poco, cazzo!) c’&egrave qualcuno che suona alla porta: così mi devo alzare, riabbottonare i pantaloni e andare a vedere chi cazzo &egrave: tutti tizi dei più vari generi ‘compresa una giovane donna dall’aria deliziosamente autoritaria!- che trovandosi davanti un uomo, per giunta scazzato, anziché quella ormai famosa troia di mia moglie, si impappinano quasi tutti e o scappano a gambe più o meno levate o dicono di aver sbagliato porta.
Solo uno ha avuto la prontezza di spacciarsi per un qualche piazzista, ma di articoli femminili e se la signora non c’&egrave, magari ripassava un altro giorno’
Mi &egrave sembrato cortese dirgli che avrebbe potuto trovarla prima di cena, ma divertendomi un sacco a far finta di non aver capito che l’articolo che vuole sottoporre all’attenzione della signora, &egrave quello che si porta nei boxer!
La donna &egrave stata come raggelante: una bella donna con stivale, minigonna e bolerino, tutto di pelle nera, trucco e viso severo e capelli neri tirati in una coda di cavallo alta sulla nuca; come ho aperto, mi ha scrutato da capo a piedi: ha visto le ciabatte, i pantaloni stazzonati, la camicia fuori dai pantaloni, la sigaretta tra le labbra, con la cenere che cade sul pavimento senza che me ne faccia troppi problemi: capisce che abito lì e mi dice, secca: ‘C’&egrave tua moglie?’
‘Uhmmm, no’ stasera non rientra: ha una’ cena di lavoro’
Accolta l’informazione, neanche una parola od un cenno di saluto: gira sugli altissimi tacchi a spillo e si dirige con calma implacabile verso l’ascensore, lasciandomi con una mano a tenere la porta aperta, come un babbeo!
Solo dopo le dieci, ho potuto quietare e dedicarmi finalmente a leggere in santa pace gli eccitantissimi commenti degli ammiratori di Mara, masturbandomi dolcemente.
Finito il lavoro, salii sull’auto di Aurelia e viaggiammo per un’oretta buona, praticamente senza scambiare una parola.
Alla fine ci trovammo in una zona che non conosco e dopo essersi infilata in strade sempre più piccole, arrivammo infine nel piazzale inghiaiato di una villa ottocentesca.
Parcheggiò in un angolino del piazzale deserto, poi scendemmo e mi fece prendere un grosso borsone dal bagagliaio.
Un uomo sulla cinquantina, sovrappeso e con una vistosa stempiatura ci aprì la porta, accogliendola calorosamente, ma ignorandomi completamente.
Dopo le solite banalità tra amici, il tipo mi guardò e disse solo: ‘E’ lei?’
Aurelia annui e lui mi disse solo: ‘Spogliati’
Mi sfilai rapidamente il vestitino estivo e lui mi fece girare su me stessa, guardandomi attentamente, come un sensale di cavalli non troppo convinto dell’acquisto.
Poi mi fece aprire la bocca e la ispezionò con due dita, le sesse dita che poi introdusse nella mia vagina e nel mio ano, per completare l’ispezione.
Alla fine si rivolse ad Aurelia, che era restata in attesa del verdetto: ‘Può andare’ preparala!’
Lei annuì, mi fece segno di prendere il borsone e la seguii fino ad una camera.
Aprii la borsa e per prima cosa estrasse il suo abito per la serata ed una piccola trousse con i trucchi; poi cominciò a tirar fuori l’abbigliamento destinato a me ed un brivido di piacere misto ad apprensione mi attraversò la schiena.

All’ora prefissata, scendemmo alla grande cucina del pian terreno, passando dalle scale della servitù.
Mentre sentivo il brusio e le risate di un certo numero di persone proveniente da salone ed ero logicamente preoccupata per quel passo nell’ignoto che stavo per compiere, Aurelia mi spiegò che in quella fase dovevo semplicemente servire gli aperitivi e farmi vedere dagli invitati.
Mi riempii lei il vassoio coi bicchieri già pieni e si raccomandò di non farne cadere nessuno.
Mi avviai esitante verso il salone ed un piccolo specchio rimandò la mia immagine irriconoscibile: dopo avermi sottoposta a ben tre abbondanti clisteri consecutivi (‘Meglio che tu sia ben pulita’) per prima cosa Aurelia (Ma &egrave meglio che mi chiami Padrona, qui!’) mi aveva fatto indossare un bustino di pelle nera e poi aveva tirato ‘appoggiandomi il piede sulle reni per fare più forza!- i laccetti per cui adesso era così stretto ma mozzarmi il respiro e mi comprimeva i visceri, ma facendo spiccare i miei fianchi ed il culo.
Alle cinghiette che pendevano sul davanti del bustino, aveva agganciato l’orlo superiore di due lunghissimi stivali (di pelle nera, come tutto il resto che avevo dovuto indossare!) che avevano dei sottilissimi tacchi di almeno venti centimetri e delle zeppe di non meno di dieci.
Al collo mi era stato messo un collare di spesso cuoio, col normale anello per il guinzaglio ed una scritta realizzata con piccoli ribattini, che mi grattavano fastidiosamente la gola, fino a formare la mia definizione: CAGNA.
Dopo avermi raccolto i capelli in una coda sulla sommità della testa, Aurelia l’aveva fatta passare attraverso l’apposito foro di un cappuccio che poi mi aveva fissato alla gola ed infine mi aveva fatto una sbrigativa treccia, fermata da un elastico nero; le uniche aperture erano due fori rotondi con due vetri trasparenti all’altezza degli occhi e due piccoli fori all’altezza delle narici, oltre ad un corto tubo che mi era stato inserito tra gli incisivi e che mi costringeva a tenere la bocca spalancata (‘Sai, per onorare gli ospiti con la tua bocca!’ aveva spiegato la mia Padrona, ridendo’).
La mia mise era completata da un corto grembiulino bianco da cameriera, che comunque non arrivava a velarmi il pube, un grosso plugin -che mi era stato forzato nello sfintere- dal quale pendevano dei lunghi crini di cavallo simulando una coda, due pesi alle labbrine della fica ed una campanellina attaccata al piercing accanto al clitoride, che dovevo lasciare libera di tintinnare e quindi ero obbligata a procedere a gambe larghe; arrampicata su tacchi e zeppe, la cosa era estremamente difficoltosa e la padrona mi aveva spiegato, con un sorriso malvagio, che ogni volta che fossi caduta, sarei stata fatta alzare a scudisciate!
Per ultimo, mi aveva detto di unire le braccia dietro la schiena e me le aveva infilate, fino ai polsi, in una sorta di guaina di pelle, che poi aveva stretto con un’apposita stringatura.
La guardavo disperatamente incuriosita: se dovevo offrire gli aperitivi, come avrei potuto tenere il vassoio?
Capii subito come avrei fatto: lo speciale vassoio aveva due catenelle, dagli angoli più lontani, che arrivavano al collare e vi furono fissate con due piccoli moschettoni; altri due, invece, vennero direttamente agganciati ai due piercing dei capezzoli.
Facendomi stare ben dritta, Aurelia regolò la lunghezza delle catenelle fino a far stare il vassoio in piano; quando fu soddisfatta dell’operazione, mise i venti fl’tes di spumante sul piano e mi fece andare nel salone, insicura sui tacchi altissimi, senza potermi bilanciare con le braccia legate dietro la schiena, la poca visibilità offerta dal cappuccio di cuoio, il dover procedere con le gambe allargate per lasciar libera la campanella di squillare ed il peso del vassoio e dei bicchieri pieni che sembrava dolesse strapparmi via i capezzoli.
La tensione imperlò la mia pelle di sudore e gli alti stivali e la maschera si trasformarono in pochissimo tempo in una sorta di cottura a vapore.
Miracolosamente, riuscii a raggiungere tutti gli ospiti ‘tutti in ‘abito formale’: eleganti giacche da sera per i signori e deliziosi abiti da sera con complesse acconciature per le signore- senza urtarne nessuno né facendo cadere nessun bicchiere; solo alla fine ho rischiato di cadere e un po’ di spumante &egrave uscito dai bicchieri, bagnando un pochino il vassoio: per fortuna, con un piccolo miracolo, ero riuscita a non cadere od a scontrare qualche ospite.
Comunque,come arrivavo accanto a loro, mi gettavano un’occhiata distratta, prendevano un fl’te e continuavano tranquillamente a conversare e scherzare, ignorandomi totalmente come se fossi solo una sorta di carrello portavivande, non degno di una seconda occhiata.
Essere così conciata, umiliata, ignorata mi faceva da una parte provare un senso di’ irritazione, aumentata anche dal sudore che mi stava cominciando a lessare l’epidermide all’interno dei capi di pelle, ma anche una sconvolgente sensazione di’ piacere, piacere erotico: di eccitazione, ecco!
Rientrata in cucina, Aurelia mi aspettava: aveva visto che ero inciampata e che avevo versato qualche goccia di spumante e la sua punizione fu immediata: mi fece piegare sul tavolo e con una sottile canna d’india mi colpi due volte le chiappine, lasciandomi due brucianti righe rosse.
Quando -coi lacrimoni agli occhi- mi riuscii a rialzare, vidi insieme alla mia padrona due altre cameriere, queste vestite ‘normalmente’, se si può usare questo termine per indicare due corpetti corredati da brevi gonnelline di tessuto nero, autoreggenti velate nere e nere scarpe decolté con solido tacco da dieci; unico contrasto erano le due crestine bianche ed i due corti grembiulini con una breve pettorina.
Le gonnelline arrivavano a filo delle natiche (lasciando apprezzare la pelle chiara tra queste e il largo bordo delle autoreggenti) ed i corpetti finivano in un reggiseno a balconcino, che lasciavano libera la parte superiore delle piccole areole ed i capezzoli, semplicemente inanellati, almeno nella camerierina che avevo di fronte: una biondina esile senz’altro vicinissima ai vent’anni.
Quando l’altra cameriera si volse verso di me, trasalii brevemente perché il culo liscio e la sua pelle perfettamente glabra mi aveva tratta in inganno: in realtà si trattava di un giovane con una parrucca nera, di poco sopra ai vent’anni. Il corpetto con il balconcino era grottesco sul suo petto magro ed i suoi pettorali appena accennati e la sua dotazione maschile era racchiusa in una sorta di contenitore di plastica trasparente, che gli intubava il membro incurvandolo verso il basso e che era solidamente fissato sotto ai testicoli da un paio di anelli trasparenti, bloccati da un lucchettino.
Avevo intuito che la mia Padrona era lì solo per fare la maitre(sse) di sala, la persona che coordina il servizio al tavolo, ma non era previsto che anche lei sedesse al desco della ‘cena elegante’ che stava per iniziare nel salone.
Mi liberò dell’impiccio del vassoio e mi appese ai capezzoli gonfi ed irritati dallo sforzo due campanelline.
Da tutta una serie di piccole tracce, gesti, rapidi sorrisi, intuii che i due (Vittorio e Paola) non solo si conoscevano, ma c’era anche una qual certa intimità e complicità tra loro: si trattava, probabilmente, di una coppia di fidanzati attratti dalla sottomissione.
Dopo cinque minuti, Aurelia fece cenno ai ragazzi di cominciare a servire gli antipasti e solo dopo che tornarono coi vassoi vuoti, la Padrona mi mandò ‘sul campo’, dopo brevi istruzioni: ‘Adesso andrai di là, ti inginocchierai davanti all’estremità libera del tavolo, di fronte al padrone di casa e poi ti infilerai sotto, pronta ad accorrere dalla persona che batterà tre volte la suola della scarpa sul pavimento, fino a che non la batterà di nuovo due volte o fino a che un altro ospite non ti chiami coi tre colpi.
Ovviamente dovrai cercare di allietare la persona succhiando o leccandogli i genitali.
Per renderti il compito più semplice, tutti i signori avranno i pantaloni sbottonati e le signore le gonne rialzate, ovviamente senza intimo.
Forza. Datti da fare!’ disse, avviandomi con uno sculaccione.
E così, con le tre campanelle che tintinnavano, raggiunsi il tavolo da pranzo, dove gli ospiti stavano mangiando e conversando tra loro.
Il piano del tavolo era formato da una spessa lastra di cristallo sul quale appoggiavano direttamente i coperti, senza alcuna tovaglia che potesse celare le mie manovre.
Con le braccia ormai intorpidite dalla legatura dietro la schiena, mi incuneai sotto al tavolo e subito un ospite fece il segnale, chiamandomi.
Arrivai fino a lui e cominciai giudiziosamente a leccargli il cazzo, non eccessivamente consistente, all’inizio.
Dopo poco, il ta-ta-tap dietro di me mi informò che stavolta era una signora a richiedere i miei servigi e incuneai la testa tra le gambe velate da delicate calze fermate dal reggicalze, a baciarle la natura, sormontata da un piccola striscetta di peli chiari.
La signora era già eccitata, a giudicare dal ciprigno che mi trovai a leccarle ed alle labbrine lievemente socchiuse; forse il merito dell’eccitazione era anche del suo vicino, che le accarezzava lascivamente una coscia.
Dovetti lasciare la signora ed il suo profumo di pulito per accorrere all’altra estremità del tavolo, dove un uomo grasso con un corto e tozzo cazzetto mi aveva convocata, che però mi impugnò i capelli e li mosse come un manico, portandomi ad accoglierlo tutto in bocca.
Poi, cominciai vorticosamente a girare sotto al tavolo, spesso arrivando a sostituire con la mia bocca la mano di qualche commensale che si era occupato (od occupata!) del sesso di cui si impadroniva la mia lingua, venendo sovente afferrata e pilotata nelle mie evoluzioni da mani che si erano impossessate della treccia.
Da quella inconsueta visuale, potevo rendermi conto che la cena elegante stava rapidamente degenerando: ormai tutte le signore avevano il seno nudo ed i vicini se ne appropriavano, stimolandoli con le dita o le bocche e sotto il piano del tavolo era un frenetico esplorarsi a vicenda con le mani o accarezzare le gambe col piede coperto solo dalla calza.
Inoltre, ogni volta che i due ragazzi si avvicinavano, mani di più persone esploravano in modo spiccio i loro corpi e dopo i dessert capitava che venissero rovesciati sul tavolo e penetrati variamente dagli ospiti, entrambi.
Avrei pianto di frustrazione: mi sarei toccata più che volentieri per dar sollievo alla mia eccitazione, ma purtroppo la cosa mi era impossibile!
Gli invitati si alzarono infine dalla tavola e sempre conversando amabilmente lasciarono la sala da pranzo, molti toccandosi o palpandosi a vicenda.
Proprio mentre mi stavo chiedendo che fare, venne la mia Padrona che, con un cenno, mi fece segno di uscire da sotto il tavolo.
Forse era sovrappensiero, perché quando potei finalmente raddrizzarmi senza essere limitata dalla lastra di cristallo, arrivò a sostenermi afferrandomi per un braccio, mentre cercavo faticosamente a mettermi nuovamente in piedi, tutta anchilosata.
Mi fece girare e la sentii sciogliere il nodo e poi ‘che sollievo!- allentare la stringatura ed infine sfilarmi quella specie di sacca che mi imprigionava mani ed avambracci.
Provai con cautela a muovere le articolazioni, aprendo e chiudendo i pugni per riattivare la circolazione.
La padrona mi regalò un intero minuto tutto per me, per lasciarmi riacquistare l’uso delle mani, poi decise che la cosa era mi stava dando troppo sollievo e mi imprigionò i polsi in un paio di manette, che fissò al collare con un lucchetto.
‘Adesso ti spiego cosa succede” Cominciò a dire, con un sorriso maligno.

Finita la sfilata dei rompicoglioni alla porta, la serata &egrave stata piacevole: mi son letto tutto, i testi ed i commenti; ho guardato e riguardato le foto ‘sia le ‘vecchie’ che le quattro-cinque che qualcuno ha postato e mi sono dolcemente segato, sborrando due volte.
Mi sono appena ripulito, quando vedo un commento appena arrivato: un utente mai visto che raccomanda alla troia di trovarsi l’indomani ad una certa ora, nei pressi una cascina abbandonata, in un posto a pochi chilometri fuori città (che ho ben presente, per mia fortuna!), perché ci sarebbe stato non meno di ”una decina almeno di cazzoni arrapati, che ti avrebbero allargato per bene tutti i tuoi buchi da baldracca”; unica condizione che l’utente pone, però, &egrave un immediato cenno di riscontro di Mara.
Sorrido amaramente: mia moglie adesso &egrave sicuramente impegnata con qualche cazzo e non ha sicuramente il modo, il tempo e la voglia di rispondere, anche ad un invito così allettante!
Peccato, penso: sarei andato volentieri a guardare quanto sa essere troia, alle prese con tutti quei cazzi’ senza contare che altri magari leggono l’invito e si fanno trovare lì’
Sospiro di rimpianto e sto per chiudere il browser, prima di spegnere il computer, quando vedo arrivare un altro messaggio; vado a leggerlo e’ &egrave di Mara!!! ‘Scusa se non vi ho risposto prima, ma ero moooooolto impegnata con quattro amici eccitati. :-DDDD
Va bene, ci sarò, tranquilli!
A domani, così ci divertiamo! Baci e leccate dove volete voi tutti’
Mara, la baldracca di tutti!’
Eccitante come la mia porca mogliettina si firma!!! Resto qualche minuto a fantasticare sul cosa vedrò domani, ipotizzando dove avrebbero potuto mettersi e quindi qual’&egrave il punto migliore per avere un’ottima visuale.
Poi, quasi per aver conferma di aver ben compreso, torno a leggere il messaggio dell’utente e’ non lo trovo più!
Rifletto: evidentemente, avuto il riscontro dalla maiala che ho sposato, hanno tolto il messaggio con l’indirizzo per evitare di trovarsi in mezzo da un casino di gente’.
Logico, in fondo!
Spengo, controllo la batteria della macchina fotografica e me ne vado a nanna.
La mia Padrona mi portò nel salone, dove la serata stava proseguendo.
Gli ospiti erano seduti su ampi divani, messi in circolo attorno ad una pedana, sulla quale c’erano i due ragazzi ai quali era evidentemente stato imposto di scopare anche se, a giudicare dalle espressioni di entrambi, non sembravano provare un gran piacere.
Aurelia capì dalla direzione del mio sguardo la mia perplessità e ridacchiando mi diede la spiegazione: ‘Mentre eravamo di la, tutti gli invitati hanno avuto a disposizione dei guanti, per impugnare dei mazzetti di ortica fresca coi quali hanno fustigato i ragazzi’ soprattutto in zona genitale’.
In effetti, ora capivo perché la pelle di entrambi sembrava arrossata e gonfia.
Mi incuriosiva però la posizione: lui era seduto su uno sgabello e la ragazza sul suo grembo, che faceva forza sulle traverse dello sgabello coi piedi per andare su e giù.
Non capivo neanche perché entrambi fossero con le braccia in alto, coi polsi bloccati da delle manette appese ad una fune che scendeva dall’alto soffitto e le caviglie assicurare alle zampe dello sgabello: per essere una seratina sadomaso, mi sembrava piuttosto loffia.
Poi arrivarono i due: un africano ed un europeo muscolosissimi, altissimi, lucidissimi di olio abbondantemente spalmato sulla pelle e, quando di tolsero il drappo che avevano attorno ai fianchi, anche cazzutissimi! Li valutai entrambi ben oltre i venticinque centimetri e del diametro di una lattina di birra.
Per un attimo sperai che si occupassero di me ‘anche se con una qual certa apprensione: prendere quei due megarandelli mi avrebbe indubbiamente devastata, se i due tipi non fossero stati più che delicati’ e pensare a quei due trionfi di carne dura che mi scorrevano dentro insieme, uno per buco, era eccitantemente spaventoso; fuori discussione, poi, prenderli insieme nello stesso buchino: mi avrebbero lacerata!- ma poi vidi che si ungevano abbondantemente i colossali membri, mentre si mettevano dietro ai ragazzi, uno per parte.
Poi, col sincronismo di due ballerini, allargarono le natiche dei due ragazzi, appoggiarono le cappelle ai due sfinteri e, a tempo, spinsero con decisione, penetrando e martoriando i due culi e strappando alte grida di dolore ai ragazzi.
Dopo averli penetrati fino ai grossi coglioni, restarono fermi per una manciata di secondi e poi cominciarono a possederli, prima lentamente e poi via via sempre più velocemente e sempre all’unisono.
Vidi queste cose mentre la mia Padrona mi portava accanto ad uno strano aggeggio e mi bloccava i polsi in un paio di manette imbottite, che poi collegava con un robusto moschettone ad una fune che pendeva dal soffitto.
La fune, attraverso una puleggia, era collegata ad un cestello nel quale qualcuno cominciò a mettere pesi da palestra, finché mi sentii sollevare dal pavimento.
La mia Padrona mi pilotò, così sospesa, verso la misteriosa struttura che consisteva, in pratica, in una sorta di ogiva e con delle strisce colorate, come una graduazione.
Ai lati di questa ogiva, due superfici inclinate di quarantacinque gradi verso l’esterno sui quali, dopo avermi infilato la punta arrotondata molto lubrificata del cono nella fica, mi fecero appoggiare i piedi nudi, dopo averne regolato meticolosamente l’altezza.
Regolarono anche i pesi nel cestello, fino a che il mio peso fosse esattamente bilanciato e mi lasciarono lì, perplessa.
‘Adesso gli invitati potranno scommettere ‘mi spiegò Aurelia con un sorriso crudele- su quanti centimetri del cono riusciranno ad entrarti in quella fogna di fica che, se tu pensavi che fosse slabbrata’ beh (rise, inquietante!) aspetta a vedertela quando avrai finito!!
Se hai notato com’&egrave fatto, man mano che ti entra diventa sempre grosso di diametro e quindi vedrai come ti allargherà, visto che l’unica maniera che hai per non dovertici sedere sopra &egrave che i muscoli delle tue gambe ti reggano, nonostante i piani inclinati ti portino a far scivolare i piedi ai lati e quindi ad aprire sempre più le cosce.
Il tempo &egrave partito ‘indicò un grosso cronometro a muro- e la tua performance durerà esattamente trenta minuti. Divertiti, troia!’ concluse, con crudeltà.
Le cosce mi tremavano già per lo sforzo: trenta minuti non avrei retto! Mi sarei lacerata sicuramente!
Vidi che gli invitati si avvicinavano alla mia Padrona, le mormoravano la loro puntata e lei ritirava le banconote di grosso taglio, registrando la scommessa su un foglio.
Si avvicinò una bella signora, con un elegante abito da sera, una complicata acconciatura ed un sorriso crudele; aveva in mano un frustino da cavallerizza e prima percorse la mia pelle con l’estremità, come per pregustare voluttuosamente il prosequio:
poi, all’improvviso, mi colpì su una natica; contorcendomi per il dolore e la sorpresa, sentii l’ogiva farsi strada ne mio sesso, mentre rialzava il frustino per colpirmi nuovamente e farmi impalare ancora e ancora.

Aurelia mi scaricò davanti al portone di casa che erano le quattro passate del mattino; ero distrutta, come corpo e mente.
Alla fine le gambe avevano ceduto ed ero arrivata ad una dilatazione del diametro di tredici centimetri abbondanti!
Sia io che i ragazzi eravamo stati usati in modo spietato ed anche loro, dopo, dovettero provare l’ogiva impalato ria; la ragazza, piangendo disperatamente per il dolore, era arrivata a dieci centimetri, mentre il suo fidanzato era stato appeso con le gambe sollevate, in modo che levando ogni volta dei pesi da mezzo chilo dal cestello, venisse lentamente impalato nel culo.
Mentre lui subiva questo supplizio, noi due eravamo state usate da tutti gli invitati e ci trovammo a dover leccare e succhiare sessi, sia maschili che femminili, ingoiando tutte le secrezioni che trovavamo, mentre altre persone ci sodomizzavano sia coi membri che con le mani, mentre eravamo legate in modo tale da non poterci assolutamente muovere.
Un ospite, anzi, si dilettò molto a legarci in molti modi diversi ‘sia separate che assieme- e qualche legatura era anche esteticamente’ bella.
Anche i due superdotati si erano dedicati soprattutto a me ed avevo ragione a temere così tanta dotazione virile, soprattutto dopo tutto quello che mi era stato fatto passare quella notte.
‘Domani’ anzi: oggi ‘precisò la mia Padrona- non sei in grado di venire a lavorare, dopo quello che ti sei lasciata fare stanotte (Lasciata fare??? Io???). Ho già avvertito Riccardo che hai bisogno di un giorno di riposo. Ti aspettiamo domattina’
Poi mi aprì la portiera e scesi, allontanandomi mestamente verso il portone: mi faceva male la fica, il culo e mi bruciavano tutte le scudisciate che quella donna si era evidentemente molto divertita ad appiopparmi.
Entrai silenziosamente in casa e mi allungai nel letto, accanto ad Elio che per fortuna dormiva: fosse stato sveglio, le mie condizioni avrebbero rese necessari lunghe e non facili spiegazioni e non ero davvero nelle condizioni di darle!
Come mi stesi, mi addormentai di schianto.

Il ‘click’ della serratura di casa che si richiude &egrave stato sufficiente a svegliarmi: guardo l’ora: cazzo! Le quattro e venti!
Decido di far finta di dormire e dopo dieci minuti la sento stendersi accanto a me, con una strana cautela: evidentemente i maschi, stanotte, hanno davvero devastato quella troia di mia moglie e lei &egrave tutta dolorante’ Peccato non aver potuto sapere o, meglio!, vedere!
Comunque per fortuna che seguo il blog: alle undici Mara ha avvertito che non poteva andare all’appuntamento e che, se per l’utente non cambiava di molto, l’appuntamento era spostato di ventiquattr’ore; dopo un po’ questo, insultandola pesantemente, le accordava il rinvio.
Che poi, penso: chissà cosa si prova a prendere dei grossi cazzi dentro; ai vecchi tempi mi era capitato ‘accidentalmente’ ‘in feste moooolto movimentate!- di trovarmi qualche cazzo in bocca ed avevo anche assaporato il sapore dolce e salmastro della sborra, sia leccando Mara dopo che qualcuno l’aveva debitamente farcita che, qualche rara volta, quando qualcuno aveva deciso di schizzarmi sul viso od addirittura scaricarmisi in gola.
Ma sentirlo entrare? Come poteva essere? Bah..
Comunque, dicevo: se non avessi seguito i messaggi, mi sarei trovato in quel cascinale, solo come un coglione!
Ma ad Elio non la si fa, eccheccazzo! Vuol dire che domani (anzi: oggi, tra tre ore, puttana miseria!) vado a lavorare più o meno in pace e dopodomani’ Wow!!! Un posto in prima fila a vedere di nuovo quanto sa esser troia la mia dolce mogliettina!

Mi svegliai nel pomeriggio, sentendomi già un po’ meno massacrata; valutai che l’esperienza, pur nella sua eccessività, era stata in fondo molto gratificante ‘nonostante i forti dolori che sentivo ovunque- e che il sentirmi usata, forzata, umiliata, insultata’ mi piaceva TROPPO!
Mi dedicai agli antichi rimedi ‘della nonna’ per cercare di rimettermi al più presto, ma sopratutto riposai molto: non sapevo cosa mi aspettava l’indomani.

Lo scoprii appena arrivai al lavoro: Riccardo mi stava aspettando e decise che per quel giorno sarei stata alla cassa 2; mi porse una delle vecchie cappe da lavoro, che avevamo abbandonato da qualche anno e mi disse di togliermi l’abitino e di indossare soltanto quella.
Feci come diceva, ma mi resi conto che, mancando strategicamente il primo e l’ultimo bottone, se non fossi stata seduta più che composta avrei mostrato’ la mercanzia!
‘E guai a te se stai composta!’, mi minacciò lui.
Evidentemente, voleva usarmi per aumentare la clientela, soprattutto quella maschile!
Pensai ai clienti ‘e soprattutto alle clienti!- abituali ed un’ondata di vergogna mi fece tremare’ finché la vergogna non si trasformò in pura, potente eccitazione!
Dopo un solo quarto d’ora, stavo con (oscena) naturalezza alla cassa: mi divertiva intimamente vedere tutte le buffe manovre che facevano i maschi per sbirciarmi il seno o la fica, che spiccava nuda sotto all’ultimo bottone allacciato, con le labbrine luccicanti di eccitazione che sfioravano il bordo della seggiolina;
Le poche donne che decisero di scegliere la mia cassa, invece, erano più discrete, ma sentivo sulla pelle le loro occhiate, calde di voglia inespressa come raggi di sole.
Qualcuno si fermò a cazzeggiare brevemente, sfruttando le tre parole scambiate per rifarsi gli occhi o per mormorarmi oscenissime proposte ed anche quell’essere così offerta ‘stavolta sul mio normale lavoro, non in un contesto esclusivamente erotico!- mi faceva provare un ineguagliabile mix di vergogna e di eccitazione, al punto che ogni tanto sentivo l’insopprimibile necessità di mettermi una mano tra le cose e sfiorarmela rapidamente, cercando un impossibile sollievo.
Dopo tre ore, avevo una coda di almeno una dozzina di persone, quasi tutti uomini e tutti pazientemente in coda alla mai cassa, mentre l’altra aveva solo tre vecchiette con pochi articoli nel carrello.
Arrivò una collega a dirmi che mi avrebbe sostituita perché Riccardo mi voleva in ufficio.
L’eccitazione ormai mi stordiva, come se avessi bevuto un forte liquore, perciò credo che il modo con cui mi alzai dalla cassa sarà ricordato per lungo tempo nei sogni erotici di chi ha assistito.
Andai verso l’ufficio ancheggiando allusivamente sui tacchi alti e sentivo gli occhi di tutti i presenti incollati sul sedere.

Dopo mezz’ora, uscii dall’ufficio del capo: sia lui che Aurelia avevano voluto ispezionare la condizione dei miei buchini’ con giro di collaudo: Riccardo si era accontentato di un pompino con l’ingoio, mentre Aurelia, prima di farsi leccare da me, mi aveva spinto entrambe le mani dentro la fica: non mi aspettavo di certo che sarebbero entrate con così relativamente tanta facilità!
Con ancora il sapore dello sperma in bocca, dovevo occuparmi di una promozione, nel reparto salse e sughi: trovai il tavolinetto con alcuni barattoli di una certa salsina e dei filoncini di pane da cui tagliare delle fettine di pane per dare l’assaggino di prova.
Inutile dire che, dopo dieci minuti, quella promozione aveva attirato una vera folla ‘almeno una ventina di maschi!- che mi avevano circondata e che si erano avvicinati al punto che sentivo molte mani addosso, che accettavo con eccitata benevolenza.
Poi un cliente, dopo aver assaggiato il cucchiaino di salsina sul pane, ne prese una fettina ancora intonsa e disse: ‘Son sicuro che questa salsina &egrave ben più buona!’
Lo guardai senza capire, ma lui con un gesto rapidissimo me la sfregò sulle labbrine bagnate di eccitazione e poi la mangiò: ‘Decisamente molto più gustosa! Da provare!’ disse, guardandosi in giro, con un’espressione monella.
Subito alcuni colsero il suggerimento e anche loro inumidirono la rondella di pane coi miei succhi, mentre io ormai stavo smodatamente andando in libidine!
Uno dei presenti fece però notare che ” noi abbiamo assaggiato la tua salsa, ma tu non hai ancora assaggiato la nostra” e dicendo così mi mise una mano sulla nuca e mi fece piegare (avevo deciso di non accucciarmi per’ lasciare maggior discrezionalità a tutti!), fino a mettermi il cazzo in bocca.
Mentre succhiavo con passione, sentivo altri che mi infilavano dentro la loro fettina di pane per assaggiare il sapore della mia fica eccitata, finché qualcuno non decise che, in quella posizione, ero degna di essere di essere inforcata e mi penetrò.

Dopo un bel po’ di tempo, Aurelia venne a chiamarmi (a sottrarmi a quella torma di assatanati!) e mentre camminavo sentivo colare lo sperma dalla fica slabbrata o dal culo allargato, mentre feci un ruttino per la notevole quantità di sperma che avevo dovuto ingoiare.
‘Ho pensato parecchio a’ Rhino!’ disse il mio capo, pensieroso.
‘Rhino?’ Non capivo.
‘Ma sì: quel tipo che ti ha fotografato di nascosto sia al mercato che in spiaggia”
Ah, Rhino: cio&egrave Elio, mio marito’ Mi ero dimenticata di lui!
‘Mi chiedevo’ pezzo di baldracca: hai idea di chi possa essere?’
Incollò gli occhi indagatori miei: borbottai: ‘No’ ma’ eh’ sì insomma’ va beh: ho pensato che’ sì, ecco, che potesse essere’. ‘non osavo dirlo, ma ero alle strette e lo dissi!- forse potrebbe essere’ mio marito”
Un minuto, forse due: nessuno si mosse né emise un suono.
Poi Riccardo, con la pazienza che si usa con un bambino per avere una spiegazione ad una narrazione incasinata, mi chiese: ‘fammi capire’ tu PENSI che il famoso Rhino, che si diverte a spiarti mentre fai la troia in giro, sia tuo MARITO????’
Annuii, guardandomi i piedi, ipnotizzata da un grumo di sperma finito su una scarpa: ‘A lui &egrave sempre piaciuto vedermi con altri: chi credi che sia stato a fare il famoso filmino e poi a passarlo da videocassetta a dvd??’
Alzai lo sguardo ed invece di vederlo perplesso o arrabbiato, lo trovai come illuminato da un sorriso crudelmente divertito.
‘Bene! Molto bene! Gli ho preparato una piccola sorpresa’ a Rhino’ ma se &egrave davvero tuo marito, allora ci divertiamo ancora di più” Rise.

Dopo più di un’ora, ero ad un cascinale abbandonato da anni, appena all’inizio delle colline.
Riccardo mi aveva dato un aggegino da agente segreto: un auricolare che andava messo all’interno del canale auditivo di un orecchio, in modo che potesse’ telecomandarmi.
Mi aveva lasciata sulla provinciale e mi aveva detto di farmi a piedi i trecento metri dello stradello fino al cascinale.
Arrivata sull’aia, trovai una dozzina almeno di uomini che, ognuno appoggiato sulla propria auto od in piccoli capannelli, evidentemente mi aspettavano.
‘Posso fare qualcosa per voi?’ chiesi soave ai presenti, mentre mi avvicinavo ad un mucchio di fieno fresco di cui mi aveva parlato Riccardo.
Dopo dieci minuti, ero completamente nuda, impegnata a succhiare cazzi inginocchiata sul fieno, mentre molte mani ispezionavano il mio corpo.

All’ultimo momento, ho pensato che non venisse; mi consolavo pensavo ai tipi che avevano parcheggiato sull’aia, che sarebbero rimasti fregati anche loro, ma’
Poi eccola, quella adorabile troia di mia moglie!
Acquattato tra i cespugli, accanto ad altre cinque-sei persone (tra cui quattro davvero grossi e prestanti: li avrei visti meglio sull’aia, ma poi’ chissenefrega! Ognuno sceglie cosa gli piace di più fare!), abbiamo preso posizione, invisibili dall’aia distante un paio di decine di metri.
Come Mara si &egrave lasciata spogliare ed &egrave stata fatta inginocchiare a succhiar cazzi a raffica, i primi cazzi tra noi hanno visto la luce ed abbiamo cominciato a masturbarci con dolcezza, per far durare la cosa il tempo giusto.
I tipi intorno a mia moglie hanno tutti dei bei cazzi, a parte un paio ‘un bianco ed un nero- che hanno davvero due cazzi colossali.
Non vedo l’ora che glie lo mettano dentro’ il massimo sarebbe che uno la inculasse e l’altro glie lo mettesse in fica’ come in spiaggia’ ma va bene in ogni caso!
Uno, accanto a me, ha voglia di parlare: ‘Ma tu, quella gran baldracca, la conosci?’
Decido di negare: cosa succederebbe se sapesse che sono il marito?
‘Eheheh’ Magari la bagascia &egrave sposata’ e magari adesso il maritino &egrave buono buono, a lavorare” Uhm’ dicorso eccitante!
‘Già’ come te immagini quel grandissimo cornuto?’ lo provoco.
‘Un omino piccolo, magrino, con gli occhiali ed il cazzo minuscolo’ il tipico sfigato’ e che magari anche lui va per cazzi!’
Sorrido, compiaciuto, ma voglio precisare: ‘Sì, può darsi’ ma perché pensi che vada per cazzi?’
‘Beh, se fosse qui, adesso, non vi ecciterebbe incularlo, mentre tutti insieme guardiamo la moglie che fa la troia davanti a noi?’
Tutti si dichiarano d’accordo sull’idea e mi associo anch’io. Se solo sapessero’.
Nel frattempo Mara comincia a farsi fottere dal branco: dopo il primo che le si era steso sopra ‘facendoci vedere poco o nulla!- il secondo se la fa venire sopra a spegni moccolo mentre spompina due cazzi insieme! Lo spettacolo &egrave eccitantissimo e le nostre mani volano.
Dopo un po’, la fanno mettere alla pecorina, ma purtroppo girata verso di noi; cazzo, ma così non vediamo nulla!
Poi il nero col cazzo enorme le va dietro e’
E lei allunga la mano, prende la borsa che ha lì vicino e tira fuori il cellulare; forte! Vuole raccontare a qualcuno cosa le fanno! Sorrido!
Sento squillare il mio! Tutti mi guardano: non so cosa fare, ma poi rispondo.

‘Ciao Elio, maritino mio!’ mi urla nell’orecchio, facendosi sentire anche dai due che mi sono accanto, uno dei quali vorrebbe inculare il marito della troia’ ops!
‘Ti chiamo adesso per dirti che tua moglie &egrave una gran troia: ora sono con una dozzina di amici, di cui due con un cazzo colossale ed uno di questi mi sta per inculare…
Ohh… aspetta, mi allargo le chiappe io, ma fai piano o mi… mi spacchi…. dio, &egrave grosso!
Piano, fai piano… sì così, dai… mmmhhh… lo sento… ecco, adesso spingi… sìììì cosììììì!!!! Mhhhh…. Ohhhhhhhhhhhhh!!!! mi spacchiiiiiii! Mhhhhhh!!!!! Ohhhhhhhhhh… Chemmale!!! Ohhhhhhhhh! Dai, lo sento, sei dentrohhh!!!! Ahhhhhhhhhhh!!!!!!!!!! Sì, dai, adesso inculami, riempimi tutta daiiiii!
Dai, inculami così, dio… come mi riempi bene!!!!
Oh, Elio, peccato che non mi puoi vedere mentre prendo questo cazzo colossale nel culo!!! Ma sapessi quanti ne ho preso, negli ultimo giorniiii… sono una troiaahhhh’
Non resisto più: mi sto segando furiosamente e ad ascoltare mia moglie al cellu mentre, davanti a me, la inculano mi fa esplodere e sborro, sborro, sborro, sììììì!!! Dio, che sborrata! Era da anni che non vedevo Mara prender cazzi così e soprattutto &egrave stato da morire che lei mi abbia telefonato, immaginandomi chissà dove, mentre io sono qui, a pochi metri da lei, a guardare quanti cazzi si prende e con quanta passione!
Mi sto ripulendo quando uno dei bestioni mi fa, con un sorriso complice: ‘Eccitante veder inculare tua moglie, mentre ti racconta al telefono cosa prova, vero?’
‘Altroché ‘affermo con entusiasmo- &egrave stato eccitantissimo! Mara, quando lo decide, sa essere una vera sacerdotessa del sesso, abile com’&egrave a far sborrare cazzi!’
Occazzo! Mi sono tradito!
Guardo il bestione in faccia, sperando che’ No: mi guarda con un sorriso da lupo: ‘E tu, maritino, a far sborrare cazzi, come te la cavi?’
‘No, dai’ non scherziamo’.’
Ma mi rendo conto che gli altri tre bestioni mi si sono avvicinati da dietro ed una mano possente mi afferra per la nuca e mi fa piegare in avanti, fino a farmi sbattere la cappella dura del primo bestione sulle labbra.
‘Dai, maritino: sentiamo come te la cavi, con la bocca” Dice sardonico uno dei quattro; beh, anni che furono mi &egrave capitato di dare ‘per sbaglio’ qualche succhiata’
Schiudo le labbra ed il cazzo del tipo mi sprofonda in bocca, fino in gola, di colpo!
Faccio per ritrarmi, ma qualcuno mi ha bloccato i polsi dietro la schiena, mentre la manona del bestione mi tiene bloccato intorno al suo cazzo e qualcun altro mi sta slacciando cintura e jeans e mi fa scendere fino alle ginocchia.
Cazzo, no! Non voglio!!! Provo a divincolarmi, ma qualcuno mi sputa sul culo, mi afferra per i fianchi, ci appoggia sopra la cappella e spiiiiiiiiiiingeeeee!!!!!!!!!!
Dio, chemmaleeee! Una fitta, un bruciore da impazzire; il bastardo si &egrave piantato dentro il mio culo ed adesso sta immobile’
Dopo un pochino, la fiammata di dolore sta passando e mi fa solo un po’ male; manco lo sapesse, il tipo comincia lentamente ad incularmi e poi, man mano, aumenta velocità e profondità degli affondi’

Il tipo che mi aveva inculata era stato davvero bravo: tra il suo cazzo che mi scorreva nel retto, l’eccitazione di succhiare sempre cazzi nuovi e le smanacciature ovunque, ero in un nirvana di piacere, continuando a venire senza soluzione di continuità.
Poi, mi aveva eccitato aver raccontato col cellu ad Elio cosa provavo, mentre il tipo mi allargava il culo e soprattutto sapevo che lui era a pochi metri da me, che faceva il guardone segaiolo.
Sapevo di averlo compromesso, di aver fatto capire ai quattro rugbisti mandati da Riccardo che lui era mio marito e perciò, in quel preciso momento, anche lui era impegnato a dar piacere ai quattro’ e magari anche ad altri guardoni infrattati, come lui, tra i cespugli.
Passò più di un’ora, che vissi in un vorticoso uragano di cazzi che mi entravano ovunque, ma alla fine quasi tutti i miei occasionali amanti si erano svuotati e n’erano andati.
Sentii un trapestio dai cespugli davanti a me e spuntò Elio, aria stravolta e boxer e jeans all’altezza delle ginocchia, portato praticamente di peso da un gigante, che lo teneva con la collottola come si tengono i gattini.
Lo fece cadere sul fieno, accanto a me e vidi che aveva un’espressione smarrita, da cucciolo: evidentemente non si aspettava minimamente la sorpresa che Roberto gli aveva organizzato.
Spinta da un impeto di tenerezza, lo baciai teneramente, mentre la mia mano gli si posava sul fianco e poi, quasi fosse dotata di vita propria, gli percorreva la chiappa, fino a constatare con due dita che aveva il culo gonfio, dilatato e scivoloso di sborra.
Altre tre armadi umani uscirono dal macchione e mi guardarono con l’aria di chi si aspetta una ricompensa; decisi di dargliela, ma prima’ pilotai la testa di mio marito fino alla vagina e la incollai alla sua bocca: che mi ripulisse delle tante sborrate!
Elio senza farsi pregare cominciò a leccarmi con passione e lo sentii succhiar via tutto lo sperma che mi riempiva e poi, in una sorta di delirio erotico, ripulirmi il pancino e le cosce dagli altri schizzi, mentre uno dei quattro, approfittando del fatto che fosse inginocchiato, lo inculava nuovamente ed altri due alternavano le loro cappelle nella mia bocca, oscenamente spalancata.
Alla fine, ci trovammo a riprender fiato, esausti: all’ultimo, ci avevano fatto mettere sul fianco e, mentre succhiavo le nerchie degli arrapati, che poi mi vennero sul viso e si ripulirono coi miei capelli, uno si era posto dietro di me, inculandomi ancora una volta, mentre lo stesso trattamento era stato riservato dal quarto ad Elio, che continuava a mangiarmi la fica con passione.

Tornammo a casa il più alla svelta possibile e, appena entrati nell’ascensore, ci abbracciammo e baciammo quasi con ferocia, con una passione che pensavamo di aver persa per sempre ed invece sempre più coppia di coniugi, amanti, complici che mai.
Scendemmo dall’ascensore abbracciati e come entrammo in casa gli abbasai i jeans e cominciai ad accarezzargli ne natiche, ma scivolando spesso con le dita fino alla ricerca del suo martoriato ano, mentre lui mi aveva alzato l’abitino fino alla vita e mi aveva quasi sollevata sulla punta dei piedi, piantandomi quattro dita nella fica.
Stavo di nuovo decollando per un viaggio nel piacere, quando un imperioso squillare del campanello di casa ci distolse.
Ero tentata di ignorare l’importuno e godermi la ritrovata e stuzzicante affinità con mio marito, ma lui socchiuse la porta, che venne subito spalancata da una inattesa spinta.
Lui, che era a pantaloni calati, cercava di celarsi dietro l’anta, mente l’apriva per guardare di chi fossero quegli imperiosi squilli, per cui, vi rimase dietro mentre io, nuda dalla vita in giù, ero in piena vista ai due visitatori.
‘Ciao troia, ti ricordi di me?’ Me ne ricordavo: era il professionista dell’ultimo, piano, quello che mi aveva scopato giorni prima e poi mi aveva lasciato i soldi accanto alla porta; annuii e sorrisi.
‘Questo &egrave un mio amico” disse a mo’ di presentazione dell’altro e poi’ poi mi portarono praticamente di peso sul divano e cominciarono a brancicarmi ovunque, mentre mi levavano bruscamente il vestito, tanto che sentii qualche cucitura lacerarsi.
L’amico ad un certo punto sollevò gli occhi e si bloccò: seguii il suo sguardo e vidi Elio, incorniciato nel vano della porta, con jeans e boxer ancora ai polpacci, che ci guardava con una comicissima aria di stupore dipinta sul viso.
‘E’ un altro cliente?’ chiese inquisitorio il professionista, fermandosi un attimo, proprio quando mi aveva appoggiato il membro alla fica.
‘Ehm’ no’ &egrave mio marito” ammisi.
‘Ah, bene!’ disse e mi affondò il suo randello nella vagina in un colpo solo.
Poi cominciò a scoparmi, con la stessa furia dell’altra volta, ma sempre guardandolo e ‘son sicura!- notando che Elio stava avendo una nuova erezione: ‘Non star lì come un coglione, cornuto!
Portaci due birre, piuttosto!
Mio marito sembrò travolto e soggiogato dai modi imperiosi dell’uomo: ‘Subito’ signore” e fece per tirar su i jeans e risistemarli.
‘No, non risistemarli! Anzi: toglili del tutto: adoro avere il marito delle troie che chiavo nudi, mentre ci guarda!
Così Elio scalciò i mocassini, si tolse jeans e boxer e dopo un paio di minuti tornò con due boccali di birra su un vassoio.
Evidentemente il ruolo doveva, in qualche modo, intrigarlo perché aveva posato su un braccio un tovagliolo, come un perfetto cameriere.
Fece per posare il vassoio sul tavolino, ma l’amico del professionista ghignò e disse: ‘No, non posarlo! Tienilo così in mano’ e NON toccartelo!’
I due uomini affondarono in tutti i miei buchini, in un vortice di cappellate che mi sembrava di essere in mezzo ad un uragano di cazzi.
Alla fine, con rantoli e mugolii si scaricarono: l’amico mi coperse la faccia ed i capelli di densi fiotti, mentre il professionista mi allagava il retto.
Poi si gettarono sul divano, accanto a me, ancora coi calzoni calati, a rifiatare.
‘Beh, cazzo aspetti? Portaci le birre, becco!’
Elio fece per compiere il primo passo, ma l’amico continuò: ‘No, cornuto, non così: inginocchiati e portacele così!’ Disse, con una risata cattiva.
Mio marito eseguì prontamente e si avvicinò sulle ginocchia e poi porse il vassoio ai due.
Loro presero i boccali, ma poi l’amico lo afferrò per i capelli e lo forzò ad abbassarsi fino all’altezza giusta: ‘Dai, finocchio: puliscilo!’
Ero stupita: mai avrei immaginato che Elio avrebbe eseguito così di buon grado un ordine del genere, ma lo vidi tirar fuori la lingua, ripulirlo per bene e poi succhiarlo con dedizione.
Finito quello, la mano lo pilotò sul cazzo ormai floscio del professionista, che godette dello stesso trattamento. Mentre l’amico palpava le natiche di mio marito ed arrivava fino ad insinuare le dita nel solco, probabilmente per verificare anche lui, come avevo fatto io alla cascina, che’ la strada fosse aperta.
Come Elio finì di ripulire anche quel cazzo i due, scherzando tra di loro, ingollarono la birra rimasta, poi schizzarono in piedi e si rivestirono in un lampo.
Li accompagnai verso la porta e sentii l’amico che diceva ad Elio: ‘Stasera passeranno dei miei amici, ma prima ti porteranno un regalo, con le istruzioni TASSATIVE di come e dove usarlo! Mi raccomando, buliccio: non mi far fare brutta figura!’
Dopo trenta secondi, ci trovammo soli, frastornati come se un tornado ci fosse passato in casa’ e con cinquecento euro in più!

Dopo un paio d’ore, un fattorino suonò alla porta e ci lasciò un pacco: una scatola abbastanza grande ma relativamente leggera.
Visto che indossavo soltanto una camicia di Elio e null’altro e che il corriere mi fissava le gambe e mi sbirciava tra i bottoni slacciati in alto, decisi di fargli un rapido pompino come mancia; penso che lo apprezzò più di una banale banconota’
Come gli richiusi la porta dietro, vidi che mio marito aveva lacerato la carta del pacco e stava leggendo un foglio preso da una scatola tipo quella degli abiti nuziali.
‘Cos’&egrave?’ chiesi
‘E’ per me’ aspetta!’
Prese la scatola e si chiuse in bagno.
Ero curiosa, ma anche stanca: mi buttai sul divano a zapping are la televisoone e dopo dieci minuti me lo trovai accanto, in piedi’
O meglio: mi trovai accanto, in piedi, una camerierina, con decolté nere e tacco a spillo di altezza assassina, autoreggenti a rete e poi un corto abitibni ero da cameriera con una corta gonna a corolla, ma col regolamentare grembiulino bianco: in testa una parrucca di riccioli rossi e la crestina inamidata.
Mi resi conto che lo stavo guardando a bocca aperta, ma la sua voce mi riscosse: ‘Per favore, puoi venire in bagno ad aiUtarmi? Gli amici di quel tipo saranno qui tra quaranta minuti”
Così, come da istruzioni allegate al pacco, truccai Elio e lo feci diventare una’ deliziosa sissy-maid; stava davvero bene ed il tipo aveva avuto un notevole occhio per azzeccare la sua taglia, anche per le scarpe.
Gli avevo disegnato una bocca a cuore col rossetto vermiglio lucido, poi ombretto, fard, ciglia finte: stava davvero bene!
Sotto la gonnellina a corolla aveva diverse sottogonne bianche arricciate, che glie la tenevano sollevata, in modo che si mostrassero chiaramente i bordi elasticizzati delle autoreggenti; inoltre, se si piegava anche di poco in avanti, mostrava il culo nudo, offerto alle voglie degli’ ospiti, mentre i suoi attributi virili dovevano essere’ imprigionati in una complicata teca curva di plexiglass, che non gli permetteva né di toccarsi né ‘men che mai!- di avere un’erezione, chiusa da un lucchettino di cui mi misi la chiave al collo.
Misi un abitino da sera estivo e dei sandaletti appena in tempo! Suonarono la porta ed i nostri.. ospiti arrivarono: erano cinque tizi dall’aria manageriale, molto ‘executive’: un italiano biondo e grassoccio e quattro neri, che parlavano tra di loro una sorta di slang statunitense, ridendo anche molto!, ed ‘US English’ col loro accompagnatore.
Mi apprezzarono molto e, devo dire, anch’io apprezzai molto le loro sontuose dotazioni. che accolsi in ogni più riposto angolino del mio corpo voglioso.
Ovviamente le dotazioni notevoli erano solo dei quattro afroamericani; l’italiano grassoccio, invece, aveva un attributo di ridicole dimensioni, che affidò alla insperabilmente abile bocca di mio marito (che aveva avuto l’ordine, tra l’altro, di presentarsi come ‘Cinzia, Cinzia la bocchinara, per servirvi!’), mentre i quattro manager si alternavano appassionatamente negli altri quattro orifizi che gli avevamo messo a disposizione.
Fu piacevolmente stancante e quando alla fine ci lasciarono ci trovammo con altri tremila euro come ‘regalino’.

Da quei fatti, son passati molti mesi; viviamo in una graziosa villetta appartata, in periferia ed io mi sono licenziata dal supermercato, anche se a volte passo per salutare e ringraziare Roberto ed Aurelia’ e potete facilmente immaginare cosa faccio, per ringraziarli!
Elio si occupa ancora della sua attività, ma ha potuto prendere due aiutanti e ormai si occupa quasi esclusivamente dell’aspetto organizzativo dell’attività.
La nostra villetta &egrave parecchio frequentata, sia da manager che lasciano sontuosi ‘regalini’, sia da nostri ex condomini, i quali lasciano ‘regalini’ praticamente simbolici, sia da iscritti al blog, coi quali spesso vado (o andiamo) spesso solo per divertimento, anche se non troppo spesso.
Poi, a volte, vengo invitata anche a feste sadomaso e qualche volta son stata autorizzata a farmi accompagnare da ‘Cinzia’, che ha apprezzato molti giochini ai quali &egrave statA sottopostA.
Scusate se non mi dilungo ancora, ma io ed Elio stiamo per partire: una vacanza alle Seychelles, solo io e lui, come due fidanzatini, a riempirci di coccole e tenerezze.
Ci siamo ripromessi di ‘fare i bravi’, di non cercare altre avventura, per passare un mese solo per noi.
Però non &egrave stata, a dire il vero, una promessa molto solenne’ Vedremo, dai! ;)

FINE

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