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Racconti Erotici Lesbo

Brutta caduta

By 23 Luglio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Stavo per finire il mio turno al reparto di ortopedia dopo una lunga giornata passata tra la facoltà di medicina e l’ospedale dove svolgo il praticantato, quando il mio cercapersone iniziò a squillare ripetutamente. Dopo aver visto il nome comparso sul piccolo dispositivo, rimango tanto allibita da non riuscire a muovere un passo oltre. Si trattava di qualcuno che non vedevo da anni, dai tempi del liceo per essere precisi. Il nome Bonnie lampeggiava insistentemente sul monitor, inconsapevole dell’accelerazione pericolosa del mio battito cardiaco. Bonnie. Ci eravamo tenute in contatto per un pò di tempo tramite e-mail dopo che le nostre strade si erano divise fuori dalla porta del liceo scientifico, dopo che il mio percorso fu segnato dall’Università di Medicina e il suo dalla passione per i cavalli che la portarono ad essere un talentuosissimo fantino. Io e Bonnie eravamo molto legate ai tempi del liceo, quando lo frequentavamo come studenti fuori sede e condividevamo la stessa stanza di un prestigioso collegio misto al centro della città; eravamo veramente inseparabili, tanto che più di qualcuno si era accorto che non era solo una semplice amicizia adolescenziale quella che ci univa. Ebbi una storia con Bonnie, una passione profonda, anche se quandò finì la archiviai velocemente come storiella frivola e poco dignitosa. 
Mi cambiai nel mio camerino e volai a casa per scoprire cosa fosse successo di così assurdo da farmi rispolverare tale lontanissima vicenda. La chiamai direttamente sul cellulare, sperando che il numero fosse ancora quello, dopo tre anni di silenzio. Rispose al terzo squillo. 
– Erin.  silenzio. – Ci sei?
Un nodo alla gola si sciolse nel momento in cui sentii la sua voce. Quello allo stomaco era ancora molto ingarbugliato.
– Bonnie.. Come stai? – E’ proprio per questo che ti chiamo. Sono a pezzi. Due giorni fa ho corso alla Black Terrain Race, ma è successo qualcosa e sono caduta. Sono ingessata più o meno dalla vita in su. – E’ molto grave? – Pare di  no, ho rotto tre costole, un gomito, il polso e ho una lieve contusione alla testa, abrasioni varie. Oggi mi hanno rimandata a casa dall’ospedale conciata peggio di Tutankhamon.
– Sono un pò spaventata, sei sicura che non ci sia niente di peggio? – No, il peggio è che sto per chiederti un favore enorme! – Dimmi solo cosa posso fare.. – Dovresti venire qui da me per un pò. Mio padre è via in viaggio di lavoro e mio fratello deve rimanere al maneggio fino a che lui non ritorna, quindi sono a casa da sola senza nemmeno potermi versare un bicchier d’acqua. Inoltre un giorno accudire i malati sarà il tuo lavoro perciò non ho travato nessuna alternativa migliore a quella di chiamare te. Ti disturbo tanto chiedendoti questo favore?
– Certo che no, devi solo lasciarmi chiedere un paio di giorni di permesso dal servizio e poi parto subito. Sono da te entro le nove. – Scusami Erin. Ma sei ancora la mia migliore opzione.
Il mio corpo stava ricevendo sensazioni contrastanti dal mio cervello: c’era del timore, della timidezza, del dolore, ma anche una certa voglia di riscoperta, di avventura. Si parte! Feci le telefonate che dovevo fare, buttai nel borsone il necessario per rimanere fuori casa quattro-cinque giorni e partii. Arrivai da Bonnie un’ora e mezza dopo. Trovai la porta socchiusa e entrai cercando di fare un pò di rumore per rivelare la mia presenza. trovai Bonnie distesa su un letto reclinabile uguale a quelli del mio ospedale, fasciata e ingessata in tutto il busto, un braccio ingessato, l’altro fasciato, una gamba piena di graffi e tagli sospesa a mezz’aria appoggiata all’apposito anello che era stato fissato con un’asta al muro. 
– Bene, vedo che sei conciata piuttosto male! – Erin, sono veramente molto contenta di vederti anche se la mia faccia conta espressioni molto limitate!
Gli occhi azzurri erano quelli vispi e malandrini di sempre, la bocca carnosa aveva un piccolo taglio poco profondo sul labbro inferiore, i capelli biondo cenere cadevano sul cuscino nei soliti boccoli naturali che sempre avevo invidiato da diciottenne. L’abbigliamento di Bonnie era ridotto al minimo, con una fascia che le reggeva il seno e degli shorts bianchi sui fianchi che arrivavano proprio sotto la fasciatura.
– Ok. Lo so che non ti aspettavi di rivedermi in questo brutto modo, ma l’importante è ritrovarsi e fare di nuovo conoscenza un pò alla volta. Anzi molto di più di un pò alla volta, visto che dovrai fare per me delle cose abbastanza fuori dai compiti di ogni semplice amica. – Sono felice di essere qui, non importa il perchè. Che intendi dire? Cosa devo fare?
– Beh, come vedi sono immobilizzata e quindi dovrò chiederti di imboccarmi la pasta, i biscotti e l’acqua!  – Non c’è problema, ho preso cinque giorni di permesso e starò qui accanto a te per tutto quello che ti serve. – Sei molto gentile come sempre, ma non saranno le uniche cose purtroppo. C’è anche la faccia disgustosa della medaglia: dovrai lavarmi, portarmi al bagno, pulirmi il sederino…
Mi misi a ridere, pensando che tanto non era molto differente da ciò che la mia caporeparto mi faceva fare durante i miei turni di tirocinio. Essere al terzo anno di medicina significa partire da basso. Da molto in basso, in effetti. Ad esempio da  reparto geriatria.
– Senti, Bonnie. Sono qui, e non c’è niente che tu non possa chiedermi. Il tuo “sederino” già lo conosco e non mi ha mai dato di morso. Intanto mi sistemo per la notte, poi vengo a chiederti se può servirti ancora qualcosa.  La serata trascorse tranquilla, le feci un passato di verdura, la portai al gabinetto con molta calma e la sistemai per la notte. Quando tutto fu a posto, le sistemai un campanello vicino alla mano buona e mi misi nella stanza di fronte con la porta aperta.
L’indomani mattina mi svegliai e feci il caffè, lo portai a Bonnie, che fece colazione con calma e poi guardò un pò di tele. Verso le otto mi disse che avrebbe voluto lavarsi e cambiarsi le bende alla gamba. Senza muoverla, presi una spugna e una vaschetta d’acqua e mi sedetti accanto a lei per lavarle il corpo. Le pulii le gambe e disinfettai le ferite con cautela, facendo attenzione a non stringere troppo le bende nuove. Srotolai le bende intorno alla vita e al busto e dopo averla lavata e sciacquata bene rifeci il bendaggio da capo. Slacciai il top leggero e liberai il seno. Erano due globi tondi, non grandissimi ma che davano una bella curvatura al suo corpo muscoloso e lungo. Passai lo straccio bene sopra e attorno ai seni, cercando di evitare lo sguardo malizioso che accompagnava ogni mia mossa. Sapeva bene che adesso avrei tolto i suoi shorts per lavarle le parti più intime. Bonnie mi fissava con un’espressione un pò imbambolata, forse colpa degli antidolorifici, e un mezzo sorriso timido che nascondeva probabilmente un pò di pudore. Le slacciai gli shorts e li feci scivolare lungo le gambe lunghe e graffiate. Non nascondo che la mia eccitazione saliva di minuto in minuto, in ricordo di tutte le notti passate a sentire la mancanza di quei momenti intimi tra di loro durante il liceo. Mi ricoradavo bene la sua patata, con poca peluria bionda sul pube e le labbra piccole e morbide. Ora anche quella poca peluria era sparita e la pelle era glabra, liscia, senza nessun’ombra. Strizzai bene la spugna e la passai in superficie tra le gambe di Bonnie, che si aprirono un pò di più per lasciarmi passare. Questo movimento portò anche le piccole labbra della fica ad aprirsi, lasciandomi intravedere le pieghe umide di Bonnie. Forse si stava eccitando anche lei al ricordo di quando al posto della spugna bagnata c’era la mia bocca, che baciava e leccava ogni angolo del suo fiore rosa. L’immagine mi fece sobbalzare dal letto, ma continuai a fare il mio dovere con aria professionale. Passai di nuovo la spugna all’interno delle sue cosce, spinsi un po di più verso l’entrata della vagina e sentii un sospiro provenire dalle labbra carnose della mia amica. Era come un segnale di bentornato, Bonnie voleva quanto me un pò di sollievo dai dolori della caduta.
– Vuoi che continui a lavarti, Bonnie? – Voglio che tu faccia con me quello che sai fare meglio, e non sto parlando solo della professione medica. – Farò di te una convalescente felice, se è questo che vuoi.
Alzai tutte e due le sue gambe e le posai delicatamente sul supporto elevato che pendeva sopra di me.  In questo modo avrei avuto accesso diretto alle parti intime di Bonnie e avrei potuto servirmi di esse come volevo, essendo la mia mica immobile nei suoi bendaggi. Passai ancora la spugna tra le sue labbra fradicie di umori e poi la misi da parte. Accovacciandomi sotto le sue gambe raggiunsi con la mia bocca l’altezza delle sue labbra intime e le baciai, facendo attenzione a muovermi con delicatezza. Diedi due leccate di presentazione lungo l’intera lunghezza di quella bagnatissima patata, assaporando ogni sfumatura del suo sapore, poi affondai la lingua nel suo interno. Leccare la fighetta di Bonnie era il mio sogno erotico ricorrente e ora diventava realtà. Leccai con più foga, all’interno del buchino rosa sempre più in profondità con la mia lingua e poi mi fiondai sul clitoride, tolsi il cappuccetto e lo succhiai con maestria. I gemiti di Bonnie si fecero sempre più forti e io leccai con più avidità; concentrando l’attività della mia bocca sul suo clito ebbi la prontezza di allungare un dito nell’entrata della fichetta bagnata, roteando un pò la falange nel buco e, quando Bonnie fu sull’orlo del piacere, lo infilai fino in fondo, iniziando un movimento sensuale di dentro-fuori con lentezza. Non ero ancora pronta per farla godere del tutto. Aggiunsi un altro dito all’interno della vagina colante della mia amica, che sbatteva le palpebre come un ossessa e muoveva la testa sul cuscino con foga. Era prontissima per venire. Presi dal mio borsone un cofanetto e ne estrassi una piccola pallina vibrante e la posai sul clitoride di Bonnie, e contemporaneamente infilai altre due dita all’interno della fica fradicia. Pompai con quattro dita fino in fondo alla vagina, in profondità, con un ritmo stabile. Lei urlò, e urlò ancora, e venne copiosamente nella mia mano, ma io non smisi di pomparla.
Quando si riprese, mi chiese di portarla in bagno a darsi una ripulita e mi disse che non si aspettava tanto piacere da me dopo così tanto tempo. Andammo in bagno e la feci seder sul bidè. Lavai bene la sua patata piena dei suoi stessi umori. Sembrava esausta, ma pronta a un nuovo round di gaudio. 
– Erin, devo chiederti un altro spiacevole favore. -Dimmi, non sarà poi così grave.. – No, certo, però…devo chiederti di darmi una mano ad andare al bagno in senso stretto. Visti tutti gli anestetici che prendo il mio intestino fa il difficile e spesso mi sento molto costipata. il mio dottore ha lasciato sotto il mio letto una cassetta con tutti gli attrezzi del caso, ha detto che in ogni momrnto mi sarebbero potuti servire. – Mi stai chiedendo di farti una peretta? – Si, un clistere. Puoi farlo? – Vediamo un pò cosa si può fare.
Andai a prendere la famosa cassetta del dottore e quando l’aprii trovai di tutto: non solo siringhe e tubi per il clistere ma una quantità assurda di attrezzi che da medico non avrei mai pensato di dare ad una paziente con ossa rotte. C’erano delle sonde di varie dimensioni, un cilindro nero con una lente d’ingrandimento sulla punta, cerotti, garze, un tiralatte e in fondo..un vibratore blu con due punte! Assurdo, ma comunque pensai che forse non tutto appartenesse al dottore… Tornai in bagno con il kit e feci correre dell’acqua calda. Riempii la sacca dell’acqua e versai una goccia di sapone all’interno; attaccai la cannula al resto della borsa e l’appesi al tubo della doccia. Intanto pensai ad un modo per sistemare Bonnie perchè non stesse scomoda: posai a terra un cuscino e la feci inginocchiare davanti alla vasca, con il busto appoggiato ad essa e il culetto all’aria. 
– Pensi che ti serva del lubrificante? – Non penso, ho ancora delle risorse mie che potrai utilizzare… – rise.
In effetti un rivolo di umori vaginali colava ancora lungo la sua coscia. Lo fermai con un dito e lo portai sopra il buchino strettissimo di Bonnie.
– Penso che lo dovremo lavorare un pò prima di penetrarlo con quella siringa spessa. Vuoi? – Tu sei il dottore, fai come credi per salvare la tua paziente in fin di vita!
Con l’indice toccai di nuovo le labbra di quella stupenda fica bagnata e giocai un pò con le sue pieghe per lubrificare la punta, dopodiche lo portai sull’altro buchino e unsi bene bene le grinze scure. Ritornai sulla fica e spinsi tutto il dito al suo interno un paio di volte, fino in fondo, e poi lo tolsi. Avevo avuto un’idea migliore.. appoggiai la lingua sul buchetto rigido e leccai a fondo un paio di volte e poi pressai sull’entrata ripetutamente senza fretta fino a che la rosa scura non cedette e la punta entrò nel culetto. Presi le natiche e le divaricai bene facendo uscire un sussulto dalle labbra della mia amica e ripresi a leccare e penetrare il buco con la lingua finche non fu scivoloso  e ben voglioso.
– Erin, non avrei mai pensato che tu mi avresti fatto venire voglia di prendere qualcosa nel culetto, ma ce l’hai proprio fatta! – Allora adesso avrai quello che ti meriti!
Presi la cannula del clistere, che era bella paffuta alla sua estremità e la posai sull’entrata del buchetto, che cedette con facilità grazie alla copiosa quantita di saliva rimasta. I dieci centimetri entrarono uno dopo l’altro con estrema facilità. Aprii il rubinetto e sentii il gorgoglio dell’acqua che inondava l’interno di Bonnie. Per rendere più piacevole il processo, infilai due dita nella patata e cominciai a muovere e impastare i muscoli vaginali in cerca del punto G.
– Mi sento piena come un uovo e eccitata come una donnaccia.. Fai qualcosa ti prego!
Mi tornò in mente il vibratore in fondo alla cassetta medica e lo presi con uno scatto. Senza neanche lasciare a Bonnie il tempo di pensare, glielo spinsi su fino all’utero e lo accesi alla massima potenza, la seconda testina blu che andava a solleticare il clitoride con insistenza. lo lasciai infilzato lì nella sua intimità mentre maneggiavo la cannula per scopare il suo ano. Bonnie gridava di piacere mentre veniva riempita in tutti i modi. Il suo buchino si dilatava senza sosta, segno che l’eccitazione l’aveva allargato di più di quanto avesse fatto il mio lavoro di lingua. L’acqua calda iniziò a trasbordare oltre le pieghe del culetto di Bonnie, minacciando di allagare tutto il bagno. Con un impeto non premeditato tolsi entrambi i falli dai buchi di una Bonnie infuriata, ma con altrettanta prontezza andai a tappare il suo culo con il vibratore blu e a pompare la sua fighetta con un improvvisato fallo nero che era il cilindro con la lente d’ingrandimento. Dopo pochi secondi di questo trattamento Bonnie non ce la fece più a resistere e scoppio in un orgasmo tremendo, schizzando succhi vaginali e acqua ovunque. 
Perfortuna riuscì ad arrivare fino al gabinetto, con il mio aiuto, e ad evacuare il resto dell’acqua nel water. Il suo senso di sollievo fu immediato, e su di lei crollò la stanchezza di tutte quelle fatiche consecutive. Dopo averla pulita per bene, la riportai nel suo letto e la lasciai riposare. Almeno per un paio d’ore.

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