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Racconti Erotici Lesbo

Giocattoli

By 5 Giugno 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

L’ora del tramonto si avvicinava ed Emma non era ancora comparsa. La spiaggia si era a poco a poco svuotata, ad eccezione di una coppia di fidanzati e di un gruppo di ragazzini che da quando Eva aveva tolto il pezzo di sopra del costume ed era rimasta in topless mettendo in mostra il suo fisico statuario sembrava non avere alcuna intenzione di andarsene. Poco dopo i due fidanzati, a seguito di quello che a Eva parve un bisticcio, si allontanarono in gran fretta, a qualche passo di distanza l’una dall’altro. I ragazzini non volevano saperne, ridacchiavano e si spintonavano l’un l’altro indicando il punto in cui la ragazza se ne stava comodamente sdraiata fingendo di dormire. Ma dove si era cacciata Emma? Quando ormai Eva aveva quasi perso le speranze nell’arrivo dell’amica e nella ritirata dei giovani seccatori, le due cose avvennero pressoché simultaneamente. La silouhette magra di Emma si profilò all’orizzonte incrociandosi con quelle dei ragazzi che, zaini in spalla, si apprestavano a risalire sulla strada. Eva alzò gli occhi, ci vedeva in bianco e nero per averli tenuti a lungo chiusi, e rivolse all’amica un cenno di saluto. Le due ragazze non avrebbero potuto essere più diverse: Eva alta e con un’ossatura robusta, snella ma formosa, i capelli corti quasi biondi, gli occhi e la carnagione chiarissimi, il viso dolce costellato di efelidi, le unghie delle mani smangiucchiate e una generica scarsa attenzione per la cura della propria persona; Emma esilissima, la pelle lattea e i capelli corvini tagliati a caschetto, minuta ma un paio di enormi occhi neri che ardevano come braci e catturavano immediatamente l’attenzione di chi la osservava, le mani bianche con le unghie lunghe e smaltate di rosa, curatissime.

 

“Dove diavolo ti eri cacciata?”, chiese Eva ricevando un bacio distratto a fior di labbra dall’amica.

 

“Colpa di Fabrizio!”, rispose Emma (Fabrizio era il fratello della bambina a cui Emma faceva da babysitter).

 

“Non mi voleva più lasciar andar via! Domande su domande, non la finiva più!”

 

“Che genere di domande?”

 

“Puoi immaginarlo, è in piena adolescenza e ci ha viste insieme mano nella mano la settimana scorsa.”

 

“E immagino anche che sua madre non sia troppo incline a rispondere alle domande sulla babysitter lesbica di sua figlia.”

 

“No, infatti.”

 

Le due ragazze si guardarono e si sorrisero, gettarono un’occhiata circospetta alla spiaggia e poi si dettero un lungo bacio appassionato.

 

“Sei riuscita a far compere prima di andare da Carolina?”, domandò Eva (Carolina era la sorellina seienne di Fabrizio).

 

“Sì, sono passata dal negozio non appena ha aperto.”, la rassicurò Emma con un sorrisetto malizioso.

 

Dopodiché svuotò la borsa che aveva con sé, dalla quale cadde un intero armamentario di vibratori, dildi, palline cinesi, anelli vibranti e chi più ne ha più ne metta.

 

“Santo cielo! Ma quanto hai speso?”

 

“Meno di quanto pensi. Diciamo che mi sono lavorata la commessa.”

 

Sentendo un brivido di gelosia correrle lungo la schiena, Eva non ci pensò due volte e strappò le mutandine di Emma che ancora non si era sfilata il vestito nero di lino. Le aprì le gambe e iniziò a leccarle il pube da lei stessa depilato il giorno precedente. Inizialmente stupita, Emma a poco a poco si rilassò, sentendo la lingua dell’amica scorrere in basso fino ad arrivare al clitoride e poi ancora più giù, all’ingresso della vagina. Allungò allora una mano verso la borsa e le passò un vibratore esterno, con la quale Eva iniziò a massaggiarla mentre le toglieva il vestito e il reggiseno, mordendole delicatamente i capezzoli. Il vibratore scorreva silenzioso sul corpo di Emma che stringeva le gambe come per catturare il piacere che le dava. Eva all’improvviso si fermò. L’amica la guardò stupita ma poi capì che voleva solo cambiare giocattolo e allora reclinò la testa all’indietro preparandosi ad un nuovo, più grande piacere. Trasse dalla sacca un grosso dildo di silicone, rosso, molto morbido, e un lubrificante a base d’acqua, che iniziò a spalmare sull’apertura della fica di Emma. Premette dentro il dildo, si fermò un attimo per farla abituare alla sua dimensione, fino a quando la punta liscia non si fece strada all’interno del suo corpo umido. Entrò tutto. Allora Eva iniziò ad estrarlo dolcemente per poi farlo subito rientrare. I suoi movimenti acquistavano sempre maggiore velocità dando all’altra un godimento sempre maggiore. Si sentiva completamente riempita di un calore intenso, completamente parte della terra con la quale si fondeva affondando le mani nella sabbia calda. D’un tratto si sentì avvampare: era già vicina all’orgasmo. Si contrasse con foga, quasi animalescamente e un’ondata di piacere la travolse mentre con le unghie si aggrappava alle spalle di Eva, graffiandola. Questa estrasse il dildo e lo gettò da una parte.

 

“Sono eccitatissima.”, disse.

 

“Dammi un attimo!”, la pregò Emma sorridente, con gli occhi chiusi e ansimante, stanca ma felice.

 

Poi fu il suo turno. Stavolta presero un dildo più piccolo, in ceramica, con dei fiori viola disegnati sopra.

 

“Carino!”, commentò Eva non vedendo l’ora di sentire la sua superficie fredda a contatto con il proprio corpo bollente. E poi, cambiando repentinamente espressione, aggiunse: “Voglio che mi scopi come non hai mai fatto…”.

 

Non ci fu bisogno di usare alcun lubrificante: era bagnatissima. Emma leccò il dildo voluttuosamente facendo eccitare ancora di più l’amica e poi con un gesto deciso lo infilò completamente nella sua fica spalancata e impaziente. Era freddissimo ed Eva tremava ma in poco tempo il suo corpo stupendo fu scosso da brividi non più di freddo ma di piacere. A differenza dell’altra, Emma procedeva lentamente, muovendo il dildo in tutte le direzioni, come a voler raggiungere ogni punto all’interno del corpo dell’amata. Guardava come incantata il giocattolo entrare e uscire dalla vagina di Eva, che nel frattempo si stava toccando le piccole labbra con dei frenetici movimenti circolari. Inaspettatamente si arrestò, sfilò il dildo e tolse le mani di Eva dal suo fiore rosso e fremente e le infilò tre dita dentro, sdraiandosi sopra di lei e baciandola rabbiosamente. L’orgasmo fu istantaneo. Eva strinse le gambe, impedendo all’altra di togliere la mano. I suoi spasmi furono accompagnati da gemiti rauchi, si sentiva travolgere dal desiderio, desiderava solo essere tutt’uno con il corpo che le stava dando un simile piacere. Quando fu tutto finito, le due ragazze erano talmente affaticate da non riuscire neanche a parlare, o ad abbracciarsi, restarono distanti l’una dall’altra, tenendosi per la punta delle dita, quelle stesse dita su cui erano mescolati i loro odori e i loro umori. Ogni tanto se le portavano alla bocca, leccandole, o le avvicinavano al naso, nel tentativo di aspirare l’essenza più intima della loro estasi.

 

“Ti amo.”

 

“Ti amo anch’io.”

 

Quasi senza rendersene conto, cullate dal rumore delle onde che si infrangevano sulla battigia, caddero in un sonno profondo.

 

 

Il tocco di piccole dita appicicaticce svegliò Emma di soprassalto. Si guardò intorno spaventata e realizzò di trovarsi ancora sulla spiaggia. Era mattina. Eva dormiva beatamente al suo fianco.

 

“Sono tuoi?”

 

Una bambina con un buffo cappellino di paglia, secchiello e paletta in una mano, indicava con l’altra i sex toys dimenticati accanto all’asciugamano.

 

“Sono tuoi quei giocattoli?”

 

Emma la guardò con un misto di stupore, divertimento e imbarazzo, ancora mezzo addormentata.

 

“Me li presti?”

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