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Racconti Erotici Lesbo

Io, pornoimpiegata 2 – L’aiuto di una collega

By 14 Ottobre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Sandra mi guardo negli occhi e mi sorrise.
“Da quello che hai sul viso capisco che sei dei nostri. Benvenuta, Patrizia.”
Lei lo sapeva fin da quando avevo messo piede nell’ufficio. Sapeva che ero lì per la mia fica, non per la mia competenza. Adesso non avevo dubbi sul perch&egrave il suo makeup fosse rovinato.
Non sapevo come fosse il mio, ma potevo immaginarlo: del resto, non essendomi potuta pulire, mentre parlavamo avevo ancora la sborra di Roberto sul viso. E sulle tette, visto che come ricordete mi aveva proibito di rimettere la camicia. Abbassando lo sguardo vidi macchie di sperma anche sulla mia minigonna. E fu in quel preciso istante che il pensiero si fu lucido: avevo un tremendo bisogno di masturbarmi. Volevo godere. Stimolare il mio clitoride fino a farlo andare in fiamme. Magari mi sarei infilata dentro un dito. Forse due. O tre, quattro, cinque, la mano intera. Parlare con Sandra così ridotta mi faceva arrapare ancora di più.
Lei sorseggiava tranquillamente un caff&egrave da un bicchierino di plastica.
“Ti piace scopare?”, mi chiese senza battere ciglio.
“Sì…”
“Allora qua ti troverai sicuramente bene.”
Finora non mi sembrava proprio. Tutto quello che avevo fatto era stato spompinare qualcuno senza nemmeno ricevere un ditalino in cambio.
“Io… Lo spero…”
“Mi sembri agitata, c’&egrave qualche problema?”
Non potevo credere alle mie orecchie. Mi rifiutavo di credere che Sandra avesse appena chiesto a me, seminuda, coperta di sborra e con la fica che chiamava a gran voce le mie dita se ci fosse qualche problema.
“No, &egrave… Tutto ok.”
Stupida succhiacazzi, pensai.
“Non puoi pulirti, qua dentro. Non c’&egrave niente con cui possa farlo.”
Sembrava divertita mentre mi diceva questo.
“No, io… Mi pulirò con la camicetta…”
Rise.
“Non ti preoccupare, ti abituerai in fretta.”
“Lo spero…”
“Pensa che quando mi ha assunta sono uscita dal suo ufficio proprio come te.”
“Sul serio?”
“Sì. Glielo avevo succhiato con tutta me stessa e mi aveva inondato il viso.”
“Allora &egrave la norma, sembra…”
“Già. Non mi aveva scopata, me lo ricordo benissimo. Quando sono uscita da lì stavo colando.”
“Posso capirti, Sandra”
“Ma quindi non te lo ha dato?”
“No. Solo un pompino.”
“Il solito cafone. Qualcuno dovrebbe dargli una strigliata.”
Ma dove ero capitata?
“Per fortuna Michela lavorava già qui”, proseguì.
“In che senso?”
Poggiò il bicchiere ormai vuoto sul tavolo e si alzò in piedi.
“Nel senso che come te non potevo pulirmi e morivo dalla voglia di cazzo, ma per fortuna lei era lì a darmi… Una mano. E io sono qui per te.”
Si avvicinò a me e mi prese il viso tra le mani.
Poggiò le sue labbra sulle mie e mi baciò come un’innamorata.
“Non pensavi di tornare a casa in queste condizioni, vero?”
Lentamente passò la sua lingua sul mio viso, raccogliendo la sborra ancora calda. Poi scese sul mio seno, lavorando di lingua e quasi lucidandolo. Quando ebbe la bocca ormai piena dello sperma di Roberto, di nuovo mi baciò, stavolta infilandomi la lingua in bocca. Limonammo, passandoci la sborra a vicenda e finendo con l’ingoiarne una parte a testa.
Si tolse la maglietta, mostrando un seno stupendo. I suoi capezzoli erano turgidi come i miei.
“Sei mai stata con una donna, Patrizia?”
Sì, un sacco di volte. La fica mi piace almeno quanto il cazzo.
“Perch&egrave vedi”, continuò, “da stamattina sta succhiando cazzi e non ho ancora avuto un orgasmo.”
Persi la testa.
Mi sfilai minigonna e perizoma, sdraiandomi a terra.
Allargai le gambe e iniziai a masturbarmi ferocemente.
“Leccamela”, la implorai.
“Non così presto… Sei la nuova puttanella, non puoi impartire ordini”, disse ridacchiando.
Finì di spogliarsi e si sedette sulla mia bocca. Era bagnata, la porcella.
Iniziai a lavorare di lingua mentre mi sditalinavo. Prima la passai lentamente tra le sue labbra, poi gliela infilai dentro, assaporando i suoi umori. Infine mi fiondai sul clitoride, succhiando le sue labbra di tanto in tanto.
Gemeva di piacere e io con lei.
“Sto per godere”, disse.
E allora mi fermai.
“No, troia, non stai per godere.”
Mi liberai, anche se a malincuore, lo ammetto, dalla presa delle sue gambe. La afferrai per i capelli e le spinsi la testa tra le mie. Le affondai la faccia nella mia fica, preda di una fame che non faceva prigionieri.
“Ho detto… Leccamela.”
Ci vollero… Dieci secondi. Non uno di più. Esplosi in un orgasmo senza precedenti, gridando il mio piacere a pieni polmoni.
“Brava…”
Tornai da lei e finii di lavorarmela. In breve sentii le sue gambe sussultare mentre la mia lingua la spingeva oltre il limite. Anche lei gridò.
Rimanemmo sdraiate per qualche minuto, in silenzio. Poi ci alzammo e rivestimmo, insieme.
“Allora… La aspettiamo domani mattina alle nove per il lavoro, Patrizia. &egrave stato davvero un piacere fare la sua conoscenza.”
“Il piacere &egrave stato mio”, dissi, sentendo sulla pelle il perizoma fradicio di umori.
“Secondo me farà strada. Ha del talento.”
“E questo &egrave niente…”
Le mordicchiai il labbro inferiore, assaporando i sapori congiunti di sborra e umori vaginali, e uscii dalla porta, terminando il mio primo giorno.

-CONTINUA-

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