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L’evoluzione di una coppia

By 7 Gennaio 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Finalmente l’estate era arrivata. Dopo un lungo inverno di lavoro, impegni e stress, io e mia moglie eravamo in viaggio per la costa laziale. Luisa &egrave originaria di Anzio e si &egrave trasferita per lavoro a Milano dove ci siamo conosciuti e innamorati. Entrambi lavoriamo in una azienda dell’hinterland. Io, Luca, sono sempre stato un tipo taciturno, forse complessato per via della mia precoce calvizie, del mio fisico mingherlino e sicuramente dalla consapevolezza di non essere stato dotato da madre natura né di attributi maschili degni di attenzione da parte delle donne, né della capacità di usarli adeguatamente.
In compenso sono un gran lavoratore, sono affidabile, tenace e guadagno bene.
Luisa, che al contrario di me invece &egrave la solarità fatta persona, probabilmente aveva visto in me la persona ideale con cui costruire una famiglia e così lo sfigatello della ditta era riuscito ad impalmare la bellissima impiegata dell’ufficio acquisti. &egrave bella lo &egrave veramente; uno e settanta di altezza, un culetto sodo a mandolino che farebbe girare un frate e soprattutto una terza piena che &egrave una vera calamita per gli occhi.
Lei non mi ha mai fatto pesare di non essere uno ‘stallone’, anzi mi ha saputo capire e in qualche modo far crescere anche sessualmente. Piano piano ho acquisito la capacità di farla godere e dove non arrivo con le dimensioni sopperisco con le mani e con la lingua…Me la cavo insomma o almeno lo credevo, perché come sentirete le cose hanno preso una piega inaspettata.
Una volta giunti a destinazione nell’appartamento che avevamo affittato per la settimana e dopo una veloce rinfrescata, decidemmo di andare subito al mare. Per l’occasione Luisa si era comprata diversi costumi, tutti molto provocanti: pezzo sotto tangato e pezzo sopra che a malapena copriva le sue splendide tette.
A me non dispiace affatto che mostri le sue grazie; in fin dei conti per me &egrave un motivo d’orgoglio: guardate pure ragazzi, lustratevi gli occhi finché potete perché poi sono io quello che la sera si gode questo splendido culetto, queste magnifiche tette e questa bocca da andar via di testa. Questo &egrave il mio atteggiamento di solito e quindi passammo il pomeriggio fra passeggiate, bagni e soprattutto tanto sole. Ogni ora le spalmavo la crema lungo tutto il corpo; la sua pelle perfetta splendeva nel sole e ogni volta che si alzava e andava a bagnarsi calamitava gli sguardi di tutta la spiaggia. In me la scena provocava una specie di languore, una piccola stretta allo stomaco unità a un brivido all’inguine, percepivo l’eccitazione che il suo corpo era capace di creare; ed era come se mi stupissi che questa splendida creatura avesse scelto proprio me come compagno.
Rientrati a casa ci facemmo una lunga doccia e finalmente potei gustare la sua bocca.
Luisa &egrave un’artista del pompino, riesce a inghiottire facilmente il mio cazzo fino in gola, senza sforzo apparente, d’altro canto come ho detto non sono certo un superdotato; e quindi cominciò a pomparmi lentamente, indugiando una volta arrivata in fondo alla gola, sbavandomi il cazzo e segandomi subito dopo. Non so perché, sarà stata l’eccitazione per tutti gli sguardi che i maschi allupati nel pomeriggio le avevano rivolto, o la stanchezza del viaggio, fatto sta che in men che non si dica persi il controllo e le venni in bocca…mi ero come svuotato e lei da brava aveva bevuto tutto fino all’ultima goccia. Era una Dea! Non avevo mai voluto chiederle come avesse fatto a imparare a fare dei pompini così straordinari; forse avevo paura della risposta, dei confronti fra il mio cazzo e quello dei suoi ex. Preferivo non sapere. Ora però avrei voluto ricambiare. Ero deluso dall’essere venuto così presto, come spesso mi capitava, avrei voluto affondare la faccia tra le sue gambe, leccarle quella fighetta ben depilata e portarla a godere, ma lei mi bloccò:
‘Non ti preoccupare caro, abbiamo tutta la settimana a disposizione e poi si &egrave fatto tardi; andiamo a mangiare un boccone e poi se ti va andiamo a sentire un po’ di musica in un locale qui vicino che c’era già quando abitavo qui’.
E così fu.
Ci vestimmo e andammo a mangiare in un ristorantino sul lungomare. Luisa era fantastica come al solito: un vestitino corto plissettato e dei sandali alla schiava con tacco, la pelle ancora chiara ma leggermente arrossata dal sole del pomeriggio, quelle sue splendide tette che sembravano vivere di vita propria amplificando ogni suo movimento…e gli immancabili sguardi dei maschi che ci incontravano.
Sembravano chiedersi: come cazzo ha fatto questo a mettersi con una strafiga così!
Ero costantemente con i sensi all’erta: da una parte quella sottile morsa di gelosia, dall’altra l’orgoglio di essere io il prescelto.
Una volta finito il pasto, ci incamminammo verso il locale, mano nella mano. Il lungomare della città era affollato, pieno di gioventù che faceva casino, di bella gente intenta a divertirsi. Una bella serata.
Entrammo. Si trattava di un locale molto grande, con delle sale da ballo interne ed un magnifico ed enorme cortile per le serate estive, con pista da ballo all’aperto e tavolini tranquilli, circondati da siepi e vegetazione; l’ideale per le coppiette in cerca di intimità.
Ordinammo da bere e ci sedemmo. Naturalmente il vestitino di Luisa sembrava fatto apposta per regalare la visione delle sue cosce agli astanti; saliva lungo le gambe fino a lambire le mutandine. Sapevo quanto fosse striminzito il suo intimo e avevo la sensazione che anche gli altri lo percepissero. La musica era avvolgente e ritmata.
Non mi sono mai sentito a mio agio nei locali, non so ballare bene e quindi ho sempre preferito chiacchierare, bevendo qualcosa, piuttosto che seguire Luisa in pista; anche questa volta le dissi di andare e preferii guardarla da fuori.
Sembrava che una calamita avesse attratto tutti i maschi liberi del locale. Cinque minuti dopo aver cominciato ad ancheggiare da sola, si ritrovò pian piano circondata da uomini che cercavano di attirare la sua attenzione, ma lei sembrava ignorarli. Ad un certo punto la vidi girarsi improvvisamente, come se fosse stata chiamata da qualcuno. Si illuminò di un sorriso radioso e abbracciò e baciò sulle guance due ragazzi al centro della pista. Chiacchierarono per un po’ fitto fitto e poi continuarono a ballare tutti e tre assieme, ignorando gli altri, che a questo punto capirono di non avere speranza e si ritirarono verso altri obiettivi. Loro invece le parlavano e la sfioravano, le accarezzavano i fianchi, le sorridevano e lei sembrava rapita dalla situazione, le fremevano le narici, era come se le si fossero risvegliate delle sensazioni sopite nel tempo. Ad un certo punto si accorse che la stavo fissando con fare interrogativo e si diresse verso di me seguita dai due ragazzi.
‘Luca, ti presento Alberto e Diego, due miei cari amici di quando abitavo qui, erano anni che non li vedevo’.
Ci stringemmo la mano. In confronto a me erano due colossi, alti almeno 185 cm, abbronzati, uno con i capelli a spazzola e l’altro con una testata di ricci quasi afro, palestrati il giusto. Emanavano la sicurezza tipica di chi &egrave abituato alla caccia dell’altro sesso confidando nel proprio fisico, certi di fare presa e di colpire il bersaglio. Erano esattamente come avevo sempre sognato di essere da ragazzino e non ero mai stato: due maschi alfa con lo sguardo da lupi.
‘E così, Luca, sei riuscito a sposare la Luisa. Non sai quanto sei stato fortunato, sotto tutti i punti di vista – e sorrisero beffardi – mezza città le andava dietro e l’altra mezza, sapendo di non avere speranze, si sparava delle seghe pensandola’. Si misero a ridere guardandomi.
‘Non fate i coglioni che poi se lo crede, il poverino’. Intervenne Luisa sorridendo e rifilando una piccola gomitata ai due. ‘Piuttosto sediamoci a bere qualcosa che sono un po’ stanca’.
Percepivo una strana corrente tra i tre, una sensazione da cui mi sentivo escluso; d’altro canto, mi dicevo, si conoscevano da anni. La battuta mi aveva un po’ spiazzato ma non ci avevo dato troppo peso.
Andammo a sederci, Luisa tra i suoi amici e io di fronte a lei. Il tavolino era molto piccolo, quindi le sue cosce erano a contatto con quelle dei due maschi. il vestitino, come prima, era risalito fino alla patatina; ridevano e scherzavano ricordando episodi della loro adolescenza e quando Luisa si chinava per prendere fiato, le sue magnifiche tette quasi uscivano dal vestito scollato. I due poi approfittavano dell’allegria del momento per sfiorarle casualmente le cosce.
Mi sembrava di contemplare la scena quasi dall’esterno; era come se vedessi un film, un semplice spettatore di una scena sensuale e come tale uno strano formicolio all’inguine mi colse impreparato; mi sentivo il cazzo diventare barzotto e non potevo controllarlo.
Dovevo fare qualcosa.
Decisi di andare a prendere qualcos’altro da bere per tutti e tre. Con la scusa che il banco del bar era affollatissimo avrei potuto prendere fiato per qualche minuto e riconnettere il cervello. Cosa mi stava succedendo?
Mi avviai verso il bar ma poi deviai leggermente e mi nascosi dietro una pianta. Osservavo i tre senza che loro potessero vedermi. Cazzo! Le avevano messo le mani sulle ginocchia, uno per parte ed erano pure risaliti fino a metà coscia. E lei? Si era guardata un attimo intorno per controllare se stavo guardando e, non vedendomi, aveva lasciato fare, improvvisamente seria, morsicandosi il labbro inferiore. Porca troia era troppo! Avrei dovuto andare lì e fare una scenata, ma ero bloccato, non era nella mia indole e poi le avrei buscate sicuramente. C’era un altro piccolo dettaglio: Il cazzo mi si stava sempre più gonfiando nei pantaloni. Dovevo darmi una rinfrescata.
Presi la strada per le toilette. Entrai e mi chiusi dentro per fare pipì. Mi ero sempre vergognato di usare gli orinatoi. Il mio cazzo da moscio &egrave troppo piccolo, dovrei slacciarmi completamente i pantaloni per farlo uscire bene e non sopporto l’idea che qualcuno mi veda. Avevo quasi finito quando sentii aprire le porte ed entrare due uomini. Le voci erano quelle di Alberto e Diego; stavano ridendo di gusto.
‘Che serata – disse Diego – se mi avessero detto che avremmo incontrato quella strafiga della Luisa non ci avrei creduto’.
‘&egrave ancora più bella di come me la ricordavo – disse Alberto – e tu guarda con che mezza tacca &egrave andata a mettersi! Te ne rendi conto? Comunque non ha perso le vecchie abitudini secondo me. Hai visto come non ha fatto una piega quando le abbiamo messo le mani sulle cosce? Si sarà anche sposata, ma il cazzo le piace ancora. Non può certo essere quella mezza minchietta del marito a soddisfarla’.
Intanto avevano finito di pisciare e si stavano lavando le mani. A sentire quei discorsi il sangue mi era salito alla testa e mi aveva stordito.
‘Secondo te se lo ricorda bene di quando le abbiamo detto addio, quando stava partendo per il Nord?’. Disse Diego.
‘Ah ah ah – fece Alberto – come fa a esserselo dimenticato. Di fighe ne abbiamo scopate insieme, ma una maiala assatanata come lei non l’abbiamo più incontrata. Madonna! Non mi ci far pensare. Quel culo di burro, quella bocca calda; e quando l’abbiamo annaffiata di sborra? Grondava letteralmente e ancora ne voleva. Indimenticabile!!’.
Si asciugarono e se ne tornarono nel locale, mentre io, che nel frattempo a sentire quei discorsi, al posto di incazzarmi e smontarmi, mi ero ritrovato con il cazzo in mano, duro come il marmo. Cominciai a segarmi furiosamente venendo dopo pochi secondi.
Mi ricomposi velocemente e mi precipitai al bar per prendere le ordinazioni e portarle al tavolo.
Ero sconvolto. Non solo adesso conoscevo cose del passato di Luisa che avevo preferito non chiedere mai, sapevo che da giovane era una zoccola assatanata di sborra e che la faccenda inaspettatamente MI ECCITAVA TREMENDAMENTE. Ero turbato.
Loro, intanto, erano tornati a ballare. Ignorandomi, si sfioravano al centro della pista e avevano fatto un sandwich con Luisa in mezzo. Alberto che le si poggiava sul culo, lei leggermente piegata in avanti per meglio sentirlo e l’altro che glielo poggiava sulla coscia. Non so se era suggestione ma mi sembrava di vedere i bozzi dei loro cazzi anche alla distanza a cui stavo.
Ero inebetito. Seduto al tavolino ad aspettare come un coglione. Girai la testa e mi accorsi che la coppia seduta al tavolo di fianco si era accorta di tutto il movimento e mi guardava con un sorrisino di compatimento. Avrei voluto sprofondare ma, incredibilmente e nonostante la sega furiosa di solo 5 minuti prima, proprio per questa umiliazione, sentivo di nuovo il cazzo che tirava.
Luisa mi scorse e decise di uscire e tornare al tavolo. Era magnifica, accaldata, la pelle luccicante di sudore, fremente come una cavalla: ‘Dov’eri sparito caro? Non ti vedevamo più arrivare e ci siamo scatenati un po”. Mi diede un bacio facendomi sentire la punta della lingua sulle labbra. Era eccitata, lo sentivo.
I due arrivarono subito dopo e Alberto mi diede una manata sulla spalla: ‘Luca dove ti eri infilato? Ti stavi mica sparando una sega?’. E giù risate. Sembrava mi avesse letto nel cervello. Arrossii violentemente e vidi che anche Luisa non aveva potuto trattenere un sorriso alla battuta dello zoticone. Ero mortificato e come al solito ero rimasto senza parole. A tirarmi d’impaccio ci pensò Luisa.
‘Luca – disse – Alberto e Diego sono in ferie tutta la settimana. Sono stati così gentili da offrirsi di accompagnarci con le moto alla spiaggia più bella della costa, a Capocotta. Pensa che bello, possiamo saltare tutte le code, raggiungere anche i posti più sperduti e non dovremo toccare la macchina’.
Avrei voluto discuterne prima con lei. Mi sentivo intrappolato in una situazione che stava rapidamente e inesorabilmente sfuggendomi di mano, ma non potevo tirarmi indietro. Ci avrei fatto una figura ancor più da coglione. Dovevo far buon viso a cattivo gioco.
Finsi così di accettare con entusiasmo.
‘Bravo Luca – dissero all’unisono – vedrai che non te ne pentirai’. Mi guardarono beffardi. ‘Ci vediamo domani mattina sotto casa vostra, buona notte allora. Noi andiamo ancora un po’ a caccia. Non si sa mai che non becchiamo una porcellina come la Luisa’; e giù un’altra risata. Io come al solito mi accontentai di sorridere come un pirla e me ne stetti zitto. Salutammo, lei con un bacio che mi sembrò pericolosamente vicino alle loro labbra e i due dandole una pacca sul sedere. Per quella sera era finita! Ero esausto. Fra il viaggio, il mare e la serata ad alta tensione erotica, ero veramente distrutto, anche se, una volta rientrati a casa, avevo tutta l’intenzione di chiedere qualche chiarimento a Luisa.
Arrivammo e finalmente ci potemmo dare una rinfrescata. Facemmo una lunga doccia rilassante durante la quale insaponai con particolare cura quel corpo voluttuoso che avevo visto al centro dell’attenzione per tutta la serata. Era di nuovo mia, tutta mia ed era bellissima; ma il pensiero dei due energumeni che l’avevano palpata per tutta la sera e che mi avevano aperto gli occhi sul suo passato da troia del paese, mi spinse a parlare.
‘Luisa, scusa se te lo dico, ma i tuoi amici questa sera mi sono sembrati un po’ invadenti. Ti hanno ronzato sempre intorno e mi &egrave sembrato che ti abbiano sfiorato in più occasioni’. Intanto l’accarezzavo, sul letto, massaggiandole la schiena e scendendo fino al suo culetto.
‘Ma cosa dici Luca! Con Alberto e Diego sono cresciuta, &egrave il loro modo di fare. Certo sono dei bei ragazzi ma non ti devi preoccupare’.
Facile a dirsi. Io sapevo cosa avevano visto i miei occhi e soprattutto cosa avevo saputo nei bagni. Non volevo però dirle ancora niente. Avevo paura della sua reazione.
‘Sarà, ma a me &egrave proprio sembrato che ti brancicassero per bene’. Intanto avevo raggiunto il solco e le mie dita le stavano accarezzando il buchetto e il perineo. Sentivo che stava cominciando a bagnarsi, aveva allargato leggermente le gambe ed inarcato la schiena.
‘Ho visto come ti hanno messo le mani sulle cosce quando io mi sono allontanato’.
Mentre lo dicevo avevo davanti agli occhi la scena e il cazzo prese a crescermi negli slip.
Fu inevitabile che si accorgesse della cosa. Ero appiccicato alla sua coscia. Si girò a guardarmi e vide che ormai ero in completa erezione.
‘Luchino! Maiale, ti stai eccitando al pensiero che quei due mi abbiano tastato le cosce?’. E sorrise maliziosa.
‘Povero Luca, ti ho proprio trascurato questa sera, ma sai, rivedere Alberto e Diego mi ha fatto tornare alla mente tanti ricordi’. Intanto mi aveva tirato fuori il cazzo e me lo stava lentamente menando.
‘Ci siamo divertiti tanto insieme; ma a te non dispiace, vero caro?’. Mi guardò maliziosamente negli occhi, sorridendo mentre mi segava sempre più forte.
Oramai ero in suo potere, aveva capito tutto; ma io ancora avevo paura di aprirmi completamente, avevo paura delle conseguenze sulla nostra vita, una volta rientrati a casa. Avevo paura di perderla; e però ero lì come un idiota, con il cazzo duro impugnato da Luisa, un’aria da porca mai vista prima. Mi stava guardando con una luce negli occhi che era meglio di qualsiasi racconto. Era una confessione silenziosa e io sentii di non potermi trattenere oltre. Con un singhiozzo soffocato le esplosi in una mano, i fiotti di sborra che sembravano non finire mai. Una sensazione tremenda e allo stesso tempo bellissima.
Mi accasciai sul letto mentre cercavo di rimettere in ordine le idee. Dovevo reagire. Dovevo cercare di soddisfarla. Non potevo lasciarla un’altra volta a bocca asciutta, mentre io venivo in giro come un coniglio. Cercai di affondare la faccia nelle sue tette, di accarezzarla, ma lei sembrò intuire che lo facevo quasi per una sorta di ansia.
‘Non ti preoccupare caro. Non &egrave necessario. Adesso rilassati. La vacanza &egrave appena iniziata e ci divertiremo un sacco. Ora dormiamo. E ricordati: quello che succede al mare, rimane al mare’.
Mi fece un occhiolino, sorridendo, e andò in bagno a prepararsi per la notte.
Le sue ultime parole mi frullarono in testa a lungo. Aveva qualcosa in programma per noi. Avevo paura e voglia di scoprirlo.
L’indomani mi svegliai per primo e preparai il caff&egrave. Entrai in camera con la tazzina e la guardai. Era uno spettacolo. Dormiva ancora profondamente, a pancia in giù, il culetto scoperto, le gambe leggermente divaricate. Posai la tazzina sul comodino e mi avvicinai.
Cominciai a darle piccoli baci sulle natiche, dei brevi colpi di lingua. Come sapeva di buono!
Sempre nel sonno mugolò e apri ancora un po’ di più le gambe e ne approfittai per affondare la lingua nello spacco delle natiche, titillando il suo buchetto. La sentivo miagolare piano, stava sognando di essere leccata, e all’improvviso: ‘Siii Alberto, così, leccami tutta’.
Mi ritrassi come se avessi preso la scossa e il movimento del letto la sveglio.
‘Oh ciao caro. Che bel sogno che stavo facendo. Mmmm, sognavo di essere leccata’.
‘Ho sentito cara; e chi era il fortunato?’.
‘Indovinalo maialino!’. Sorseggiando il caff&egrave si diresse verso la doccia.
Stava venendo tardi e dovevamo prepararci per la spiaggia.
Indossammo i costumi, io uno Speedo bianco e lei un micro tanga color avorio con il reggiseno a balconcino che sembrava contenere a fatica la sua terza naturale.
Suonarono al citofono e ci precipitammo giù.
Erano Alberto e Diego. Luisa li abbracciò strusciandosi. Mi salutarono con una pacca sulla spalla e un sorrisino: ‘Allora Luca, sei pronto per le montagne russe?’.
‘Perché?’.
‘Sarà una giornata lunga e interessante!’ disse Diego, e mi guardarono sorridendo beffardi. Sicuramente stavano architettando qualcosa.
Erano entrambi alla guida di moto da enduro, così da poter raggiungere facilmente anche le spiagge più lontane. Luisa si sedette dietro a quella guidata da Alberto e io andai con Diego. Partimmo.
La moto di Alberto era davanti a noi e vedevo come Luisa si stringesse forte a lui. Sembrava farlo apposta ad affrontare le curve in piega. Voleva che Luisa si avvinghiasse sempre di più a lui. Lei d’altro canto sembrava assecondarlo. Non mi sembrava spaventata, anzi, a dire la verità, vista l’altezza della sua presa lungo il corpo di Alberto, avevo la netta sensazione che gli stesse massaggiando il pacco mentre andavano. Non potevo però esserne sicuro. Solo l’idea mi provocò un inizio di erezione e dovetti scostarmi un po’ da Diego. Non volevo certo che sentisse il mio bozzo sul culo ed equivocasse; sarebbe stata una figura terribile.
Dopo mezz’ora abbandonammo l’asfalto, proseguimmo lungo una strada sterrata e dopo un altro quarto d’ora ci fermammo in uno spiazzo, parcheggiando le moto. Era ancora presto, eravamo i primi.
Ci incamminammo lungo il bagnasciuga e raggiungemmo un punto che sembrava ideale. Delle piccole dune di sabbia bianca delimitavano la vista, garantendo anche un minimo di privacy; alle spalle, dei pini marittimi ci avrebbero dato un po’ di ombra durante le ore più calde della giornata.
A questo punto bisognava spogliarci e io esitavo. Gli altri erano già in costume e io ancora cincischiavo sbirciandoli di sottecchi. Luisa era una bomba da levare il fiato. Saltellava dalla gioia, pregustando la giornata di mare. Sembrava una cucciola in preda alla frenesia di ricevere una coccola dal padrone; e i padroni erano loro. Alberto e Diego. Avevo intuito che avessero un bel fisico, ma non mi aspettavo che sembrassero semidei. Erano più alti di me di quasi una spanna, fianchi stretti e spalle larghe. Braccia e gambe tipiche di chi fa molto sport o un lavoro pesante, perfettamente abbronzati. Io con la mia carnagione chiara, l’accenno di pancetta e la testa pelata, sfiguravo completamente e poi c’era il dettaglio più importante. Il costume. Come me avevano scelto uno slip chiaro. L’errore l’avevo fatto io. Il mio misero cazzetto ballava dentro il costume, mentre i loro cazzi lo riempivano. Sembravano dei bastoni, di un diametro che non mi sembrava reale; e non erano neanche in erezione. Mi sentivo soggiogato, inferiore in tutto ma mi decisi a spogliarmi; non potevo evitarlo.
Eravamo tutti sul bagnasciuga, Luisa con il telefonino in mano intenta a fotografare il mare; loro che senza imbarazzo le fissavano il culo e io che mi sentivo come se fossi stato trasparente. Ad un certo punto Luisa volle farci una foto.
‘Dai ragazzi. Voglio un ricordo dei miei uomini tutti insieme! Forza Luca mettiti in mezzo’.
Controvoglia mi misi in posa con loro. Ero troppo imbarazzato. Luisa scattò una prima foto e subito dopo mi girai. Avevo sentito qualcosa sfiorarmi la testa. Erano loro che da dietro mi avevano fatto le corna e ora mi guardavano sorridendo beffardi.
‘Dai ragazzi non siate stronzi – disse ridendo Luisa – facciamone una normale’.
Allora Alberto e Diego si guardarono e si capirono in un attimo. Si avvicinarono a me, uno da una parte e uno dall’altra. Si abbassarono alla mia altezza, in modo che i nostri fianchi combaciassero e formassero una immagine unica e dissero ‘Scatta così daiii’.
Luisa scattò senza pietà. Venne verso di noi sogghignando e ci fece vedere le foto: nella prima sembravo il bambino minchia della classe, preso di mira dai più grandi; le corna in evidenza sulla testa; la seconda poi era da rimanerci secchi. Ci facevo ancor di più la figura da bambino. Il mio cazzetto moscio era a malapena visibile dentro il costume, mentre i loro, adagiati di lato e con i coglioni che gonfiavano sotto, sembravano voler esplodere. Mi sentivo umiliato ma allo stesso tempo cominciavo ad accettare la situazione, forse anche a trovarla stimolante. D’altro canto avevo qualche alternativa? Luisa sembrava perfettamente a suo agio, felice e intrigata dalla piega che aveva preso la nostra vacanza.
Ci stendemmo al sole. Gli ampi asciugamani affiancati. Pensavo di mettermi di fianco a Luisa, ma gli energumeni furono veloci e senza chiedere niente le si piazzarono ai lati. Feci buon viso a cattivo gioco e presi a sfogliare un giornale mentre loro parlavano fitto, ricordando episodi della loro adolescenza e sghignazzando.
Ad un certo punto Luisa sbottò: ‘Qui rischio di bruciarmi. Chi mi mette la crema?’. Nella posizione in cui ero non potevo neanche provarci ed infatti Diego fu il più lesto ad afferrare la sacca e tirarla fuori. Luisa sorrise e si distese culo all’aria con le gambe leggermente divaricate; il costume le spariva tra le natiche e le labbra della figa quasi uscivano dalla striscia del tanga. Diego prese il tubetto della crema e ne fece scendere una cospicua quantità sulla schiena e sulle gambe di mia moglie, ci fece un occhiolino ed esclamò:
‘All’opera!’.
Cominciò a spalmare partendo dai polpacci, con movimenti lunghi e profondi, prima una gamba e poi l’altra; poi salì e con una mano aperta massaggiava una coscia intera risalendo verso le natiche. Finalmente arrivò al culo. Lo stava smanacciando in una maniera quasi oscena. Partiva dal basso ed andava ad unire quasi i pollici in corrispondenza del solco infilandosi sotto il costume di Luisa, che sobbalzava ogni volta e inarcava ancor di più il culetto. Mi sembrava di vedere quasi pulsare il suo buchetto. Si stava bagnando. Il costume era chiaro. Gli umori della sua figa lo stavano rendendo quasi trasparente. Ansimava sempre più forte. Lo sentivo chiaramente.
Mi stavo eccitando. Mi sarei dovuto incazzare come una iena; avrei dovuto essere io a farle quel fottuto massaggio e invece mi ritrovavo, per l’ennesima volta, con il cazzo duro a contemplare mia moglie, quella con cui avevo programmato di fare dei figli e costruire un futuro insieme, mentre ansimava con le dita di un altro su per il culo.
Non mi ero per niente abituato a questa sensazione pazzesca e non volevo che i tre se ne accorgessero, così mi girai sulla pancia e nascosi la mia erezione.
Diego era salito a cavalcioni su Luisa; appoggiava il pacco contro il suo culo mentre ora le massaggiava la schiena e le lambiva, da dietro, le tette. Era evidente che anche lui si stava eccitando di brutto. Il suo cazzo era cresciuto, quasi usciva dal costume, continuava a strusciare il culo della porca e ora le stava apertamente spremendo le tette.
Era come se non ci fossi. Ero a un metro da loro, intento a fare i buchi nella sabbia, col cazzo che mi faceva male da tanto era duro, eppure nessuno mi degnava di uno sguardo.
Luisa sembrò percepire i miei pensieri, alzò la testa. Si stava mordendo il labbro inferiore, lo sguardo torbido: ‘Luca, voglio fare qualche foto, ti spiace prendermi il cellulare nella borsa?’.
Cazzo! Mi sarei dovuto alzare e tutti si sarebbero accorti della mia ridicola erezione. A malincuore mi tirai su e raggiunsi la borsetta. Presi il telefonino e lo porsi a Luisa.
A questo punto ero in piedi davanti a lei con Diego che la stava smanacciando e Alberto che assisteva divertito alla scena. Fu a tutti evidente che anche il mio misero cazzetto gradiva lo spettacolo, e si misero a ridere.
‘Luca, ma allora sei proprio un povero cornutello; sei un maiale che gode a vedere la propria moglie coperta da un altro maschio – disse spietatamente Luisa – guardatelo ragazzi! Tirati subito giù quel ridicolo costume e facci vedere il pisellino’.
Come un automa eseguii l’ordine e rimasi nudo davanti a loro. A quel punto anche i due bastardi si erano denudati e mi guardavano sfottenti, impugnando i loro manici.
La differenza era assurda. Il mio cazzo era meno della metà del loro, in lunghezza ma, soprattutto, in larghezza. Erano enormi. Praticamente erano spessi quasi come una lattina di Coca Cola. Diego lo poggiava da dietro e per lungo sul culo di Luisa, mentre Alberto le si era avvicinato al viso e lei aveva cominciato a segarlo.
‘Vieni qui cornuto – mi ordinò – devo toccare la differenza’.
Mi avvicinai dall’altra parte rispetto ad Alberto e me lo prese con la sinistra mettendosi a ridere. Mi guardava dritto negli occhi e mi trafisse: ‘Oggi non meriti il mio impegno. Sei ridicolo! Te ne rendi conto vero? Guardali, guarda i loro cazzi e guarda bene come li useranno su di me. Guarda cosa mi &egrave mancato per tutti gli anni che sono stata con te. Mettiti in ginocchio e segati, sfigatello. Tieniti pronto, oggi sei al nostro completo servizio’.
Ero ammutolito e non potei far altro che scansarmi e impugnare il mio cazzetto, quasi dolorante da tanto era duro.
Diego intanto si era sputato sul cazzone e aveva cominciato a spingere. Lei doveva comunque essere un lago perché ci fu come un risucchio e le sfuggì un ahhhh estasiato; entrò completamente in lei:
‘Finalmente un vero cazzo. Dio quanto ne sentivo la mancanza!’.
Diego prese a stantuffare lentamente: ‘Che fighetta che hai Luisa. Non me la ricordavo così stretta. Si vede che il cornuto non ha saputo scoparti come si deve in questi anni’.
Intanto Alberto le si era piazzato davanti alla faccia; lei lo segava piano, ammirando il suo cazzo e leccandolo lungo l’asta e arrivando al filetto della cappella.
Si scostò un attimo il cazzo dalla bocca &egrave sparò:
‘Frocetto! Al posto di menarti quella specie di cazzetto, renditi utile, avvicinati e fai qualche foto decente di questi stupendi pezzi di carne. Questo inverno, quando sarò in crisi di astinenza, voglio avere qualche ricordo con cui masturbarmi, e magari anche tu! Ah Ah’.
Presi immediatamente il cellulare e mi avvicinai ad Alberto. Lei guardava dritto nell’obiettivo mentre avviluppava la cappella con quella sua bocca da pompe. Lo spingeva fin dove poteva, viste le dimensioni, e lo faceva uscire, lasciando una scia di bava, sospirando e mugolando di piacere. Era uno spettacolo sconvolgente per me e senza rendermene conto cominciai ad eiaculare, senza nemmeno toccarmi, solo guardando. Scoppiarono tutti e tre a ridere.
‘Il coniglio &egrave già arrivato!’.
Rosso in faccia, distrutto, continuavo a immortalarla. Ora ero dietro a Diego e, chinato, stavo fotografando il suo palo che entrava ed usciva dalla figa della mia donna ad un ritmo sempre più serrato. Gli umori che produceva la figa di Luisa, sottoposta a quel trattamento, erano una specie di schiuma, una panna dall’odore intenso e inebriante. Lo percepivo distintamente.
Mi ordinò: ‘Muoviti, vieni qui e stenditi di schiena’. Si staccò un attimo dai due e mi si stese sopra a 69. Ora avevo un’immagine ravvicinata della sua figa. Diego la impalò di nuovo e riprese a stantuffare, mentre io leccavo avidamente gli umori che colavano abbondanti dalle sue labbra. Mi attaccai al suo clito come una ventosa e nel frattempo Diego, nel suo bombardarla, mi sbatteva inesorabile le palle sulla fronte. Ero bersagliato dalle sensazioni: l’odore era pungente; odore di cazzo e figa che secernono umori. Il rumore era ipnotico. Non era il normale sciacquettio di quando la scopavo io. Era un rumore sordo, quasi come se non fosse prodotto da due corpi che si uniscono, ma da uno stantuffo da cantiere. Sentivo la sua pelle bollente sulla mia. E davanti? Naturalmente non degnava di nessuna attenzione il mio cazzetto, mentre si dedicava adorante al cazzo di Alberto che la insultava dandole della troia succhiacazzi.
Diego ed Alberto decisero di alternarsi. Si sfilarono. Intanto Luisa si alzò in ginocchio. Io ero sempre sotto di lei e a questo punto la posizione era quella del facesitting.
‘Cornuto, continua a leccarle la figa, anzi, dato che ci sei leccale il buco del culo’. Mi ordinarono.
Luisa: ‘Siii daiii, fatemi il culo!! questo incapace non &egrave mai stato in grado di reggere nemmeno due pompate nel mio buchetto; lecca cornutello, entra con la lingua, cosiii’.
Alberto si inginocchiò dietro di lei; da sotto vedevo il suo enorme cazzo incombente su di noi Sputò sul culo di Luisa e subito dopo mi sputò in faccia. Non me lo aspettavo. Fu come ricevere un cazzotto. Con la cappella raccolse un po’ degli umori prodotti dalla vacca, misti alla mia saliva, e appoggiò. Cominciò a spingere, delicatamente. Luisa stava uscendo di testa, urlava scomposta: ‘Piano, fai piano, ti prego. Siii, così, bravo. Spingi ancora un po’. Oddio come lo sento. Dai ancora, ohhhhh, mi sento piena. Cazzo!! &egrave troppo bello’.
A questo punto Alberto era entrato con quasi metà del suo cazzone e decise di dare la botta definitiva. Luisa cacciò un urlo soffocato, quasi un rantolo. Continuò a non darle tregua per dieci minuti buoni. La stantuffava inesorabile e lei lo incitava senza sosta, fino a quando lei non esplose in un orgasmo devastante, lunghissimo, squirtandomi in faccia i suoi umori.
Era stato come stappare una bottiglia di champagne e io ne stavo gustando il contenuto.
Che scopata! Io neanche nei sogni mi ero mai avvicinato ad una tale potenza e durata. Stavo vivendo in una sorta di rallentatore, ma mi ero dimenticato di un particolare. Alberto. Stava continuando a scopare il culo di Luisa ad un ritmo indiavolato e dava segni evidenti di voler sborrare. Aiutoooo! Come volevasi dimostrare, diede ancora due colpi, sfilò l’arnese dal culo dilatato di Luisa e cominciò ad innaffiarlo con potenti getti di sborra calda e densa. Senza ritegno né pietà nei miei confronti, indirizzò una buona metà dei fiotti sulla mia faccia.
‘Lecca cornuto, questa &egrave vera sborra; sborra di un vero maschio’.
Ero paralizzato, mi sentivo colare in bocca quella sostanza cremosa e non potevo far altro che pensare che, in fondo, me lo ero meritato. Ero un incapace e meritavo di bere la sborra di chi aveva aperto il culo di mia moglie sotto i miei occhi.
Luisa intanto era impegnata a sbocchinare Diego, gli urlava: ‘Vienimi in bocca maiale, sborrami tutto sulla lingua, fai felice la tua troia’.
Finalmente anche lui con veloci colpi di mano venne in faccia alla mia mogliettina, che svelta cercò di raccogliere quanta più sborra poteva. Passò 5 minuti a lustrare l’asta di Diego. Io ero sempre sotto di lei, impastato della sborra di Alberto; poi si girò, mi guardò dritto negli occhi, mi fece vedere il contenuto osceno della sua bocca e inghiottì, sorridendo soddisfatta.
‘E ora non credere che sia finita, cornuto! Dovrai pulirmi tutta. Figa, culo e faccia’.
Sentimmo partire un applauso. Che cazzo stava succedendo ora?
Alzammo lo sguardo e vedemmo una decina di persone che si erano radunate a pochi metri da noi. Eravamo talmente presi dalla situazione da non accorgerci che la spiaggia non era più vuota. Si era popolata di nudisti e guardoni che avevano apprezzato lo spettacolo alla grande. Per me era l’ennesima umiliazione, ma ormai non importava.
Luisa sorrise e, implacabile, mi si avvicinò. Era una maschera di sborra, le cosce imbrattate. Mi si piazzò sopra la faccia e, lentamente, le leccai tutto quello che colava dal culetto; poi si girò e cominciammo a baciarci. Le nostre lingue si intrecciavano. Aspiravo e inghiottivo quella marmellata dal gusto pungente. Ero giunto al termine del mio percorso di degrado. Ero completamente in balia di Luisa e dei suoi bestioni. Mi sentivo come se fossi piombato sulla Terra da un altro pianeta. Era possibile che fosse successo tutto questo proprio a me? Eppure non potevo fare a meno di provare anche soddisfazione. Ero stato protagonista di una scopata epica con al centro Luisa, la futura madre dei miei figli (lo speravo ancora). Non ne ero stato il protagonista principale, ma avevo comunque contribuito alla sua soddisfazione, e lei era la mia Dea. Tutto era lecito per farla star bene. Mi alzai in piedi e, sfidando gli sguardi ironici di tutti, andai a lavarmi in mare. Luisa dopo poco mi raggiunse. Mi sorrideva con aria timida.
‘Grazie Luca, &egrave stato magnifico. Questa esperienza ci farà crescere come coppia, ne sono sicura. Non ho cambiato idea su di te. Sei ancora tu la persona con cui voglio costruire la mia vita. Tutto quello che succederà questa settimana rimarrà tra noi. Non uscirà da queste spiagge. Torneremo a casa e se ne riparlerà l’anno prossimo, alla prossima vacanza qui, con Diego e Alberto’.
Ora sorrideva maliziosamente: ‘Sei d’accordo?’.
‘Sì cara ‘. ti amo’.
Dopo 10 minuti di coccole in acqua ci incamminammo mano nella mano verso Diego e Alberto. Sembravamo una coppietta al primo appuntamento. Luisa aveva appena pronunciato le parole che speravo di sentire dopo la grandinata di emozioni di poco prima; ero più tranquillo.
Alberto e Diego ci guardavano camminare verso di loro con un’aria vagamente sconcertata, le braccia conserte, ancora nudi. Sembravano due statue greche, se non fosse stato per i loro attributi: da rilassati erano impressionanti come da eretti.
Ero mentalmente esausto. Nel mio subconscio speravo che, una volta sfogati i sensi in un modo così esplosivo, il resto della giornata sarebbe passato in maniera più tranquilla.
Ci fermammo vicino a loro. Luisa si volse verso di me con un sorriso dolce, ci baciammo. Le sue labbra erano morbide; potevo ancora sentire il sapore dei loro cazzi, ma non mi importava. Ora ero più sereno. Mi guardò di nuovo negli occhi, sospirò, si volse verso di loro e si accucciò.
Prese i loro cazzi uno per mano. Li stava mollemente accarezzando e con un miagolio di soddisfazione mi disse: ‘Sentir crescere in bocca dei veri cazzi come questi &egrave una delle cose che più mi son mancate’. Ne imboccò uno, gustandolo ad occhi chiusi mentre accarezzava l’altro.
Provai comunque un tuffo al cuore; era questa la montagna russa che mi dovevo rassegnare a percorrere. Ero di nuovo in cima e stavo precipitando giù a folle velocità; e purtroppo al mio cazzetto piaceva.
Ero già completamente in tiro mentre i due bastardi, che mi stavano fissando con aria di commiserazione, avevano appena cominciato a diventarlo.
Luisa mi squadrò e disse: ‘Luca, caro, forse da sotto vedi meglio. Fai vedere a tutta la spiaggia come ti piace stare sotto’.
In effetti il ‘pubblico’ non se n’era andato. Un paio di coppie di nudisti si erano accomodate su dei tronchi, con le donne che stavano segando i partner. I guardoni si masturbavano senza vergogna.
Obbedendo come un automa mi piazzai sotto Luisa. La sua figa si strusciava contro la faccia, umida, un sapore aspro, quasi stordente. La mia lingua cercava di penetrarla il più profondamente possibile, ma i miei occhi cercavano la sua bocca. Vedevo i due cazzi affiancati, ormai in pieno tiro. La stavano scopando in bocca, a turno, profondamente.
Il suono! Il suono di una bocca scopata; quella della propria moglie. Cosa ci può essere di più destabilizzante? Ma forse no. Era tutto pazzesco per me. Forse &egrave così che ci si sente sotto cocaina: amplificati.
‘Succhia troia, pompalo fino alla gola, così ‘ ringhiava Alberto ‘ fai vedere al cornuto quanto sei puttana. Ti siamo mancati? Dillo troia!’.
‘Dio siii! &egrave troppo tempo che faccio la brava mogliettina. Guardate con chi sto. Un mezzo uomo che per farmi godere deve darsi da fare come farebbe una lesbica. Dita e lingua. E il cazzo? Diglielo cornuto che sei un incapace. Diglielo che vieni dopo 5 minuti.’.
E intanto menava furiosa le due verghe.
Mi stavo segando il cazzetto e, a sentirla pronunciare quelle parole, esplosi di nuovo schizzandomi il ventre: ‘Si. Sono un cornuto. Sono un coniglio. Un incapace!’.
Avevo perso la cognizione del tempo. Da quanto stava pompando Luisa? Era sempre più infoiata. Li incitava senza sosta a sborrarle in faccia. Non voleva più essere scopata, voleva essere imbrattata, marchiata davanti a me dallo sperma dei maschi dominanti e allora capii. Capii che lo faceva anche per me. Ormai per lei ero un libro aperto. Aveva capito di essere la mia padrona; che sapendo di non poter essere il tipo di maschio che le riempiva la figa, accettavo il mio ruolo.
Lei era la mia Dea Puttana e cosa potevo fare io, per starle vicino, se non umiliarmi e accettare tutto quello che avrebbe fatto come un regalo?
Questo stava facendo. Mi stava facendo conoscere i limiti a cui ero disposto ad arrivare pur di godere con lei.
Ora stava segando furiosamente Alberto. Lo guardava negli occhi e finalmente lui le piantò il cazzo in bocca pulsando fuori tutta la sborra che aveva ancora nei coglioni.
‘Ahhh, cazzo. Così. Bevila tutta. Non perderne nemmeno una goccia’.
Intanto Diego aveva continuato a segarsi e stava arrivando. Quattro o cinque potenti fiotti la colpirono in faccia. Era imbrattata finalmente. Una maschera di sborra che colava.
Allontanò con un gesto i due. Eravamo io e lei ora. Gli altri non contavano più. Si chinò su di me e ci baciammo. La sborra tiepida colava dalla sua bocca alla mia, aspra. Le nostre lingue si intrecciavano.
Mi disse: ‘Ingoia. Ingoia per me’.
E io mandai giù tutto, senza esitare. Le pulii tutto lo sperma che colava dalla bocca e mormorai: ‘Grazie’.

Erano passati alcuni minuti e non riuscivo ancora a trovare la forza per alzarmi, ero svuotato di energie. I pensieri mi si accavallavano frenetici perché sentivo che la mia vita era cambiata definitivamente.
Erano passati solo due giorni dal nostro arrivo ad Anzio, ma sembravano secoli. Avevo lasciato Milano con una moglie e sarei tornato con una puttana, con una padrona; padrona del suo corpo e anche del mio.
Avrei avuto bisogno di tempo per riflettere, non potevo affrontare altre giornate come questa senza mettere ordine nei pensieri.
intanto sentivo Luisa e i suoi amici che scherzavano allegri come durante una gita di liceali.
Alla fine mi feci forza e mi alzai.
Avevamo dato spettacolo. Questo &egrave poco ma sicuro. Sentivo gli sguardi della gente addosso.
Guardandomi attorno mi resi conto che la spiaggia dove Alberto e Diego ci avevano portato non era semplicemente una spiaggia di nudisti; vedevo continui movimenti verso i cespugli e la boscaglia che la delimitavano a monte. Una donna matura si era alzata e, guardandosi attorno, si era infilata in un sentiero; dopo un po’ quattro uomini l’avevano seguita alla spicciolata. Il compagno aveva aspettato vicino all’ombrellone per qualche minuto e poi li aveva raggiunti, il pene già eretto.
Luisa e i suoi amici erano della zona. Evidentemente fin dalla sera precedente si erano messi d’accordo alle mie spalle per venire qui e vedere cosa sarebbe successo. Lei mi raggiunse saltellando come un’adolescente. Era allegra, fresca come un fiore; come se non si fosse fatta aprire da due cazzi enormi davanti a tutti.
‘Caro, abbiamo deciso di spostarci un po’ più avanti verso il promontorio. Ti spiace prendere tu le sacche?’. Mi fece un sorriso innocente.
Non mi venne nemmeno in mente di obiettare che ognuno avrebbe dovuto portare la sua roba. Andai verso gli asciugamani, raccattai tutto e li raggiunsi sul bagnasciuga.
Eravamo nudi e ognuno si portava a spasso quello che aveva. Mi avete capito.
Luisa era in mezzo ai due bull, davanti a me di qualche metro, e li aveva presi per mano. Cominciavo ad incazzarmi. Mi dava più fastidio che essermela vista scopare davanti agli occhi. Stavo quasi per farle un urlo e dirle qualcosa, quando vidi che la troia aveva amabilmente preso in mano i loro cazzi, continuando a passeggiare. Si voltarono tutti e tre verso di me ridendo. La spiaggia ormai era discretamente piena e noi stavamo facendo passerella: la sweet, i bull e il servo cuckold. Il sangue mi martellava la testa ma ormai sapevo cosa non potevo controllare col cervello: il mio ridicolo pendaglio.
Stava drizzandosi e mi rendeva ancora più ridicolo. Era una situazione di pura e semplice umiliazione; l’ennesima dimostrazione di potere di Luisa nei miei confronti. Si fermarono e lì raggiunsi. Mi fissavano ironici e Diego disse: ‘Luca, cazzo, sei incorreggibile! Non ne hai mai abbastanza’; e scoppiò in una risata che contagiò gli altri.
‘Va bene ragazzi ‘ disse Luisa ‘ per oggi basta così. Se gli pompiamo ancora ormoni nelle vene rischio di tornare a casa vedova. Ci fermiamo qui e ci rilassiamo’. Mi diede un bacio e si tuffò in acqua seguita dai due bastardi. Io sistemai gli asciugamani sotto i pini e mi sdraiai esausto. Li guardavo giocare in acqua; probabilmente stavano anche smanacciandola, ma non mi importava. Volevo solo riposarmi e mi addormentai.
Quando mi svegliai il pomeriggio stava finendo. Ero solo. Luisa e gli altri erano spariti e chissà cosa avevano ancora combinato. Mi stavo quasi decidendo ad andare a cercarla quando sbucarono dagli alberi. Lei era splendida, come al solito; il cuore mi diede un tuffo come se non l’avessi vista per delle settimane. La baciai. Sapeva di sesso, aveva la bocca arrossata, ma non mi importava. Ora era con me e mi sfiorava quasi timida.
‘Andiamo a casa ‘ disse chinando gli occhi’ ora sono stanca anch’io’.
Quando arrivammo in città era la fine del pomeriggio. C’era una strana atmosfera tra noi. Non capivo, comunque ci salutammo quasi come vecchi amici. Nell’androne del palazzo Diego ed Alberto baciarono in bocca Luisa; a me una pacca sulla spalla.
Finalmente eravamo soli.
Ci facemmo una lunga doccia, insaponandoci a vicenda e poi, avvolti dagli accappatoi, entrammo in camera.
‘Luca, ti devo una spiegazione ‘ mi disse stendendosi sul letto e appoggiandosi sulla spalliera ‘ vieni qui’.
Mi avvicinai per stendermi accanto a lei ma mi stoppò. Con un gesto risoluto indicò i suoi piedi. Mi accucciai docile, aspettando ansioso le sue parole. Alzò la gamba destra avvicinando il piedino alla mia bocca.
‘Ti &egrave piaciuto oggi?’.
Aveva scostato un lembo dell’accappatoio, facendomi intravedere la sua figa perfettamente depilata. Quella figa che oggi avevo visto aperta e riempita da altri.
‘&egrave stata un’esperienza irreale. Non so come definirla altrimenti. Ho sofferto a vederti così troia eppure sento di amarti più di prima. &egrave pazzesco’.
Intanto stavo baciandole una a una le dita del piede. Le leccavo.
‘Da quando ci conosciamo non ti ho mai tradito. Ci credi? Ma quando abitavo qui ero scatenata.
Ho fatto ogni tipo di esperienza sessuale e mi &egrave piaciuto, te lo confesso. Adoravo essere al centro dell’attenzione; sentire il desiderio di me crescere nei maschi, nelle femmine ‘ sono stata scopata da due tre quattro cazzi alla volta. Lo sperma, Luca, cos’&egrave se non una comunione pagana? Una fusione con chi ti ha tanto desiderata. Io sono stata coperta di sperma e ne ho gustato ogni goccia’.
Intanto aveva aperto sempre di più le gambe. Si mostrava a me completamente, sfacciatamente. Era questa l’origine del mondo?
Mi chinai con un sospiro. La guardavo ipnotizzato, a pochi centimetri. Sapeva di fiori. Non mi fermò e così iniziai a leccarle la parte interna della coscia, l’inguine. Mi avvicinavo sempre di più al suo grilletto. Volevo eccitarla anch’io, cazzo!
‘Sei una troia; una troia da film, ma sei la mia padrona. Non posso fare a meno di te, della tua figa e del tuo cervello. Puoi fare tutto quello che vuoi’.
Avevo avvolto il clito tra le labbra. Lo stavo succhiando freneticamente, alternando con veloci colpi di lingua. Sentivo che le stava piacendo; ansimava sempre più velocemente. Ormai ero immerso in lei con la faccia, leccando e strusciando come un pazzo, le immagini di quel giorno che mi scorrevano in testa come un film.
All’improvviso si scostò e mi rimise il piede in faccia. Mi guardò con un sorriso indecifrabile e disse:
‘Luca, ho 32 anni. Ci conosciamo da 6 anni e sono 4 anni che proviamo a fare un figlio; anche la vacanza qui l’abbiamo programmata in questo periodo per questo, lo sai. Sai anche il risultato del tuo spermiogramma, però. Guardiamo in faccia la realtà: tu ben difficilmente potrai avere figli e io non voglio ricorrere all’inseminazione artificiale. Hai qualche idea per caso?’.
Mi guardava con quegli occhi dagli incredibili riflessi dorati, come quelli di un felino; il sorriso di prima si era tramutato nella piccola smorfia che avevo imparato a temere: si stava mordicchiando il labbro inferiore.
Fu come una botta in testa.
Ora capivo. Era tutto programmato fin da casa. Aveva ricontattato i due stalloni da monta quando eravamo ancora a Milano. Aveva letto le mie inclinazioni da cornuto meglio di quanto avessi fatto io. Probabilmente anche le rivelazioni dei bagni erano state fatte apposta; mi avevano visto entrare e mi avevano seguito per mettermi a conoscenza del passato di Luisa e vedere gli sviluppi della situazione
Tutto il resto era stato una conseguenza.
Il piano era riuscito alla perfezione.
Le scostai il piede e mi rituffai sulla sua figa umida: ‘Si, ce l’ho un’idea. Ti farò venire nell’utero da Alberto e Diego. Troia Troia TROIAAA e mi godrò ogni singolo istante della vostra scopata!’.
Ormai ero nel delirio puro, ero invasato. Volevo sentirla godere più della mia vita e finalmente mi esplose in bocca. Era nettare degli dei per me. Continuavo a leccarla frenetico. Doveva urlarmi Basta! E mi schizzò un’altra volta, abbandonandosi sul cuscino.
Rimasi tra le sue cosce in attesa di riprendere le forze e, infine, mi alzai dal letto come ubriaco. Mi avvicinai e la baciai dolcemente sulle labbra. Mi guardò con lo sguardo velato e mi disse: ‘Ti amo’.

Decisi in un istante di non dirle che avevo capito. Non ne avevo le prove materiali e comunque non ci avrebbe portato da nessuna parte. Cosa cambiava? Ero un’altra persona ormai o semplicemente avevo raggiunto un diverso stato di coscienza. Si dice così? Non lo so; forse era solo conoscenza di me stesso.
Sapevo, in cuor mio, che non sarei mai stato il padre biologico di mio figlio, ma da lì ad accettare, in due giorni, che un altro mi ingravidasse la moglie, beh, questo era un salto psicologico troppo grande. Era evidente che tutto questo era già in me e Luisa, la Porca, me l’aveva semplicemente tirato fuori.
Ci addormentammo profondamente, esausti per la moltitudine di sensazioni provate.
Quando ci risvegliammo fummo d’accordo che dovevamo passare la serata noi soli e Luisa telefonò ai ‘donatori volontari di sperma’. La fece breve e disse loro di passare l’indomani per cena; aveva novità e voleva che ci vedessimo a casa nostra.
Decidemmo di andare a mangiare un boccone nel ristorantino che avevamo adocchiato all’angolo del palazzo.
Avevamo un mucchio di cose di cui parlare.
Una però me la volevo tenere per me.
Come dicono i liguri: ero per caso un aspirante buliccio? Mi era piaciuto vedere Luisa aperta in ogni buco perché avrei voluto essere al suo posto? Dopotutto avevo assaporato lo sperma dei due bastardi e la cosa non mi aveva fatto schifo.
Non lo credevo e non lo credo. Non avevo mai avuto fantasie omosessuali. Avevo, questo sì, un senso di inferiorità nei confronti di un certo tipo di maschi. Li ammiravo. Ammiravo il loro corpo in senso estetico, il loro modo di fare con le donne. Avrei voluto essere come loro fisicamente. Avrei voluto avere la loro durata, le loro dimensioni. Non ero insomma un omosessuale per interposta persona, ero piuttosto uno scopatore ‘come Dio comanda’ per interposta persona. Quando l’avevo vista riempita dai quei cazzi così diversi dal mio, ero stato io che la scopavo e la facevo godere attraverso di loro.
Quanto poi al piacere di essere umiliato, forse era una sorta di punizione legata proprio al mio senso di inferiorità. Ci sarebbe voluto qualche anno di analisi per appurarlo e non mi interessava.
Nel frattempo eravamo arrivati al ristorante. Ci fecero accomodare in un tavolo da dove potevamo vedere tutta la sala e anche il bancone del bar.
Luisa era splendida: semplice e sexy come al solito. Una minigonna jeans, una maglietta aderente che metteva in risalto il seno e lasciava scoperta un po’ di pancia; il sandalo col tacco che slanciava il culetto e i polpacci in un modo che trovavo ogni volta irresistibile. La pelle era arrossata da quella intensa giornata di sole. L’avevo guardata da dietro mentre passavamo nella sala e avevo visto le solite occhiate: il maschio della coppia cercava di radiografare senza che la compagna se ne accorgesse e la donna, con quella particolare capacità che ha di valutare in un millisecondo dalla cellulite all’abbinamento colori, non era da meno.
Arrivò la giovane cameriera, la stessa che ci aveva accolto all’ingresso; ordinammo qualcosa di leggero e iniziammo a parlare mentre mangiavamo.
‘Non ti nascondo che ho paura ‘ le dissi ‘ sono successe troppe cose e troppo velocemente.
Ho scoperto aspetti della mia personalità sepolti sotto secoli di convenzioni. Ora però lo posso dire. Mi sta piacendo ogni singolo istante di questa vacanza, anche quello che mi strizza lo stomaco fino a farmi male e devo dirti grazie’.
Mi sorrise e fece per parlare ma la bloccai con un gesto.
‘C’&egrave però una cosa che mi turba. Possiamo essere sicuri di quei due? Come sanità intendo. Passata la pazzia, qualche dubbio m’&egrave venuto; non corriamo troppi rischi?’.
Mi guardò seria: ‘Su questo puoi stare tranquillo; Ti sono fedele da quando ci siamo messi insieme ed &egrave vero che i miei amici sono degli scopatori seriali, ma proprio per questo stanno attenti, figurati che fanno analisi abbastanza frequenti proprio per controllarsi e usano sempre il condom nei loro incontri. Loro stessi, quando non sentivi, m’hanno chiesto come dovevano comportarsi. Ho raccontato in breve nostra storia e hanno capito che ero ‘sicura’. Certo il rischio esiste sempre, ma &egrave calcolato.
La mia Troia Bugiarda. Se la conoscevo bene si era fatta mandare le analisi prima di partire, ma non mi importava.
‘E quando saremo tornati a casa? Come sarà la nostra vita, ci hai pensato?
‘Non ho intenzione di cambiare la mia vita ‘ disse – voglio un figlio. Lo voglio alla mia maniera, questo l’hai capito bene. Non voglio altri stravolgimenti. Quella fase della mia vita l’ho chiusa.
Certo il Sesso, quello selvaggio quello animale, mi mancava e mi mancherà, però ormai l’abbiamo stabilito, ci saranno sempre le vacanze, no?’.
Mi guardò con quello sguardo da ingenua troietta che sapeva fare così bene, e continuò: ‘Ho intenzione di scatenarmi in questi giorni. Vuoi sentire la lista, caro?’.
Ma non si era già scatenata abbastanza?
‘Prima di tutto domani sera incontreremo a casa Diego e Alberto. Penso che ti piacerà. ‘ mi fece l’occhiolino ‘ poi voglio assolutamente riprovare una cosa a quattro, ma tu non sei previsto. Te ne starai a casa, buono buono, a giocare col tuo pisellino e ci sentiremo al telefono’.
Stavo partendo un’altra volta. Ero come quegli alcolizzati cui basta una goccia di whisky per essere ubriachi. Mi stava solo parlando ed ero già in tiro come un sedicenne.
‘Terzo: questa sera vorrei mangiare un bel dessert. Con un sorriso ironico si girò a guardare la cameriera.
‘Non ti sei accorto di niente?’.
Non sapevo dove voleva parare.
‘La cameriera. Avrà vent’anni, forse anche meno. Guarda che fiore’.
In effetti era l’immagine della freschezza. Alta forse uno e settanta, lineamenti delicati, lunghi capelli scuri e pelle chiarissima.
Lavorava e forse non poteva andare alla spiaggia come avrebbe voluto abitando al mare. L’abbigliamento da lavoro la ingoffava un po’ ma si intuiva che aveva un bel fisico.
‘&egrave da quando ci siamo seduti che mi fissa, pensando che non la veda. Fai finta di niente e guarda anche tu’.
Fece cadere apposta la forchetta che piombò per terra con un rumore che rimbombò per tutta la sala. Scostò la sedia e si chinò aprendo leggermente le gambe e accavallandole subito dopo.
La ragazza vide la scena ed ebbe come un sussulto. Era vero. Aveva fissato le cosce di Luisa e mi sembrava anche di scorgere un velo di rossore sulle sue guance. Forse temeva che ce ne fossimo accorti. Dopo un attimo di titubanza si precipitò al tavolino di servizio e si avvicinò per porgerle una forchetta pulita.
‘Mi dia pure la posata caduta, signora’. Le sorrise, timida. Luisa gliela porse e vidi che nel farlo le sfiorò la mano.
‘Visto che sei qui ordineremmo il dolce: Panna cotta e tortino caldo al cioccolato; e un’informazione, se possibile’.
La guardavo mentre parlava. Potevo capire il turbamento della giovane.
‘Oggi mi sono presa una bella scottata e purtroppo non ho niente da darmi sulla pelle. Distese la gamba e la fece vedere alla ragazza.
‘Sapresti indicarmi una farmacia nelle vicinanze?’.
‘Oh, mi spiace signora. &egrave veramente rossa ‘ e intanto fissava la coscia ‘ purtroppo &egrave parecchio distante da qui e poi a quest’ora penso che sia chiusa’.
‘Grazie comunque cara’. Disse Luisa sorridendole di nuovo.
La giovane andò in cucina per aggiornare la comanda e tornò in sala. La tenevo d’occhio e la vedevo pensierosa. Stava cascando come una pera. Andò a prendere i dolci e si riavvicinò al nostro tavolo.
‘Signora, mi dispiace vederla così arrossata. Ne so qualcosa; ho la pelle chiara e ogni volta che vado alla spiaggia mi brucio. A casa ho diversi tipi di crema. Abito qui vicino e sono quasi a fine turno. Se volete posso prestarvene una’.
Vidi lo sguardo di Luisa luccicare.
‘Grazie amore, sei gentilissima. Veniamo volentieri. Non penso che riuscirei a dormire in queste condizioni’.
‘Bene! Allora mi ci vorranno una ventina di minuti ancora. Ci vediamo qui fuori’ e se ne andò sorridendo, come se avesse preso un bel voto a scuola.
Luisa mi guardò negli occhi, soddisfatta: ‘Si prospetta una serata interessante’.
Ero affascinato dalla sua tecnica. Non avevo mai avuto quella naturalezza nell’approccio; mancavo di sicurezza. Immaginavo potesse piacere anche alle donne, ma non avevo mai pensato che avesse tendenze lesbo. Ero curioso di scoprire come avrebbe gestito la mia presenza.
Elena, così si chiamava, arrivò come stabilito e ci guidò verso casa sua, parlando con Luisa per tutto il tragitto. Ci spiegò che veniva dall’interno della provincia per lavorare nella stagione estiva e aveva affittato un piccolo monolocale al quarto piano di un palazzo a 500 metri di distanza. Lavorava tante ore per raggranellare più soldi possibile e non aveva molto tempo per lo svago.
Arrivammo davanti al suo portone. Era imbarazzata.
‘Allora salgo un attimo in casa e vi prendo la crema’.
Sapevo cosa avrebbe replicato Luisa: ‘Cara, non ci pensare nemmeno. Ci mancherebbe che, a fine turno, ti costringessimo anche a farti quattro piani di scale per farci una cortesia. Se non ti spiace saliamo noi 5 minuti, anzi potrei quasi quasi metterla a casa tua la crema; così non dovremmo nemmeno portartela via’.
Bene, brava, 10+.
Elena arrossì e chinò gli occhi. ‘Va benissimo per me. Solo, scusatemi per il disordine, ho sempre tanto da fare.’
Aprì il portone e ci fece entrare per primi. Io poi lasciai passare Elena, che così si ritrovo a salire le scale del palazzo, abbastanza strette e ripide, subito dopo Luisa.
Era uno spettacolo! Fra sandali, scalini e ancheggiare era riuscita a far salire con naturalezza la minigonna. Ogni tanto la tirava giù ma in cinque secondi era risalita. Si vedeva benissimo che non indossava mutandine.
La ragazza non sapeva più dove girare lo sguardo. Forse aveva capito tutto ma non ne poteva essere sicura e poi c’ero io a ingarbugliare la situazione. Intuivo, comunque, che la stava fissando.
Arrivammo al pianerottolo e ci fece entrare in casa, ancora scusandosi per il disordine e cercando di levare degli indumenti dal letto e dalla poltrona di fronte; poi andò in bagno a recuperare la crema.
Luisa mi guardava. Le fremevano le narici. Sapevo che era già eccitata dalla caccia.
Quando la ragazza tornò si era anche cambiata. Aveva indossato un vestitino leggero, a fiori, allacciato sul davanti.
‘Ecco qui. &egrave una crema lenitiva al mentolo, dovrebbe darle una sensazione di refrigerio’
‘Grazie Elena, sei un tesoro. Smettiamola con il Lei. Vuoi? ‘ disse la gatta ‘ vorrei un’ultima cortesia, se non ti spiace. Me la metteresti tu la crema? Trovo che le donne siano molto più delicate dei maschietti in queste cose’.
‘Va bene’, mormorò Elena, esitante guardando per un secondo dalla mia parte.
‘Tu siediti lì e stai buono, ok?’. Mi ordinò Luisa.
Avevo pronunciato, forse, tre parole in quindici minuti. Mi sentivo come uno che fissa le evoluzioni dei pesci tropicali in un acquario: intento a guardare la bellezza delle forme e dei colori e senza nessuna possibilità di interagire. Mi accomodai sulla poltrona.
‘Ci mettiamo sul letto?’ Elena stese in fretta un asciugamano da spiaggia sul letto matrimoniale. Luisa in due movimenti si levò maglietta e mini. Era rimasta perfettamente nuda ad una velocità tale che vidi la ragazza come sussultare. Poi si stese sul letto, il culetto all’aria, non un segno di costume sulla pelle: ‘Cominciamo?’, e le sorrise.
La ragazza prese il tubetto e sparse un’abbondante dose di crema sulla schiena di Luisa.
Cambiavano gli attori ma era decisamente un déjà-vu, uno splendido déjà-vu: Luisa e la crema, Luisa orizzontale, Luisa che stordisce.
Cominciò a spalmarle il balsamo sulle spalle, il punto forse più arrossato. La faceva penetrare profondamente, con un massaggio insistito e delicato allo stesso tempo e poi scese, seguendo lo stesso schema, sulla parte bassa della schiena. Passò poi alle gambe, prima i polpacci e poi la parte alta. Luisa le divaricò leggermente per facilitarle il compito. Ora era passata all’interno coscia e con movimenti lunghi passava dalle ginocchia fin quasi a lambire le grandi labbra, ormai ben visibili e luccicanti.
La serata era fresca, una leggera brezza entrava dalla finestra, ma la ragazza era decisamente accaldata, la sua carnagione molto chiara metteva ancora più in risalto il suo rossore. Il vestitino le si era come incollato alla pelle mettendo in risalto le forme quasi adolescenziali. Era eccitata, ma non voleva ancora osare, indecisa. Si rialzò, assorta, come per prendere fiato. Luisa si girò un attimo sul fianco e con la sua solita sfacciataggine le disse: ‘Tesoro, pensi che il sole lì non l’abbia preso?’.
Elena abbassò un attimo la testa e i capelli le scoprirono la nuca. Mi eccitava guardarla e allo stesso tempo mi faceva tenerezza.
‘Luisa ‘ disse con un filo di voce ‘ io non l’ho mai fatto con una donna. Non so cosa mi sia successo questa sera al ristorante e anche qui. Ho paura’.
Luisa sospirò, si mise a sedere sul bordo del letto e le disse: ‘Alla crema penseremo dopo, vieni qui, piccola’. L’attirò a sé, fra le sue gambe leggermente divaricate, prendendole le mani e la fece chinare sulle ginocchia, le teste quasi alla stessa altezza. La baciò sulle labbra, dolcemente: ‘Non devi avere paura. Devi andare dietro alle emozioni e lasciarti trasportare. Se ti ho colpito, questa sera, non c’&egrave niente di male. Tu hai colpito me; e io una cosa che mi colpisce la voglio’. Intanto le stava slacciando lentamente il vestitino finché non le cadde ai piedi. Sotto era senza reggiseno, le tettine con i capezzoli chiari all’insù, un paio di mutandine di cotone bianche. Era semplicemente deliziosa.
Luisa cominciò a baciarle piano i capezzoli e l’attaccatura del seno, con movimenti concentrici, mentre intanto faceva cadere gli slip ai suoi piedi. Vedevo che la ragazza aveva chiuso gli occhi e sospirava piano. Stava navigando tra le sensazioni; stava mollando i freni. Si baciarono di nuovo, questa volta più intensamente; le lingue che si intrecciavano lente. All’improvviso Luisa la sbilanciò verso il letto e le si chinò sopra, baciandole l’ombelico e scendendo piano fino all’inguine. Era lei che comandava il gioco, come era logico. Scese sempre più in basso ed esitò di fronte alla patatina della ragazza. Era un fiore, un frutto, qualcosa di dolce da mordere. Sembrava che stesse maneggiando una bambolina di porcellana, ma infine si decise e con un sospiro di soddisfazione immerse il viso nella fighetta di Elena. Era strano vederla così calma a questo punto. Era eccitata ma anche delicata, così diversa dalla furia che avevo visto all’opera oggi.
Aprì piano le grandi labbra, scoprendo il clitoride. Leccava tutto intorno e poi lo baciava. Soffiava sul grilletto e poi lo baciava; infine lo prese in bocca, sembrava volerlo mangiare. Andò avanti per diversi minuti, alternando velocità e pause. Voleva portare Elena sull’orlo dell’orgasmo. Intanto lei aveva alzato le gambe per facilitarle il compito, mugolava sempre più intensamente, mormorando frasi che non capivo. Era partita. Quando Luisa cominciò a giocare con le dita, entrando in lei con l’indice e sfiorando il buchetto con il medio, bastarono pochi istanti. La vidi trattenere il respiro, spalancare la bocca in un gridolino silenzioso e finalmente esplodere nella bocca di Luisa. Dopo un minuto le disse: ‘Ehi piccola ‘ le sussurrò ‘ a quanto pare ne avevi proprio voglia, no?’. Intanto continuava a leccarle piano il clito, provocandole gli ultimi brividi di piacere di quel primo orgasmo lesbo.
‘Grazie grazie grazie, &egrave stato bellissimo ‘. Ora tocca a me’, e fece come per avvicinarsi al ventre di Luisa, ma lei la bloccò.
‘Oggi comando io. Prima di tutto avevamo un lavoro in sospeso, no?’. Indicò la crema mettendosi a quattro zampe sul letto. ‘Forza finisci quello che hai iniziato e non toccarmi la patatina’.
La giovane le si avvicinò da dietro, la crema già in mano. Certo, la prospettiva per lei ora era completamente diversa. Aveva davanti agli occhi il culetto inarcato di mia moglie, la vulva aperta, luccicante di umori; l’odore di sesso si era diffuso nella stanza. Sapeva cosa sarebbe successo, ma non il come.
Iniziò a passarle il balsamo sulle natiche con movimenti concentrici, sempre più profondi, allargandole fino a metterle in evidenza il buchetto. Lo sfiorava avida e poi scendeva sull’inguine. Intuivo il piacere di Luisa ma era stranamente silenziosa, quasi passiva; ad un occhio estraneo sarebbe parsa quasi fredda. Si girò sulla schiena e l’altra continuò sui seni, sulle cosce. La zoccola le aveva spalancate in modo osceno, la figa in evidenza, ipnotizzante ma ancora le ripeté freddamente: ‘Non toccare’. La ragazza si dava un gran daffare, cercava di rendere sensuale il massaggio e di provocare una reazione in Luisa; aveva la fronte imperlata di sudore, ansimava. Era evidente che era lei che stava perdendo il controllo. Ogni volta che accarezzava l’inguine di mia moglie sembrava voler precipitare dentro la sua figa.
Finalmente Luisa la prese per i capelli e le spinse la faccia a un palmo di distanza.
‘Dillo! Chiedimelo per favore’.
‘Luisa voglio ‘ fammi ‘ ti prego, voglio sentirla’.
‘Tira fuori la lingua, troietta’.
Elena chiuse gli occhi e obbedì e l’altra, sempre tenendola per i capelli, cominciò a strusciarsela contro. Era una marionetta nelle sue mani ed ora era infoiata anche lei. Aveva la voce roca, lo sguardo velato di quando stava partendo di brutto; i movimenti si facevano frenetici. Con una mossa quasi da lotta la stese di schiena sul letto, le montò sopra la faccia e prese a strusciarsi. ‘Guardami negli occhi’. Le stava letteralmente scopando la bocca con veloci movimenti del bacino e intanto la sditalinava furiosamente. Pochi secondi ed arrivò: con un rantolo soffocato le venne in bocca, a fiotti.
Libera da quell’assalto, Elena continuò a leccare, piano. Stava godendosi ogni singola goccia. ‘Mmm Luisa, &egrave stato ‘pazzesco’.
La mia Dea Zoccola si chinò verso le sue labbra e si baciarono, dolci. Poi le si stese accanto e si abbracciarono, l’una accanto all’altra. Mi guardò con un’aria soddisfatta, da vincitrice.
‘Ti &egrave piaciuto lo spettacolo, maritino?’. Sei stato fortunato, non so se te ne rendi conto. Una scena come questa farebbe la felicità di milioni di maschietti arrapati. Ora però vai. Voglio dormire con lei. La strada per l’appartamento la sai. Ci vedremo domani mattina’.
Aveva ragione lei, ero stato fortunato. Me ne rendevo conto anche mentre stavo guardando e infatti non avevo voluto rovinare la performance. Per me era arte in movimento e, anche se ne avevo una voglia tremenda, non mi ero nemmeno slacciato i pantaloni per masturbami, me ne rendevo conto solo ora e mi era piaciuto così.
Baciai Luisa, diedi una carezza a Elena e le lasciai sole. Quella sera ero un intruso e domani ci aspettava una giornata intensa.
Non fu una notte tranquilla. Come poteva esserlo?
Lasciamo da parte che mia moglie stesse dormendo con una donna e io fossi solo. Quello era il meno. Non riuscivo a pensare al rapporto tra Elena e Luisa come un tradimento, un ‘paio di corna’ ma messe con una donna. Non vorrei esagerare, ma per me era qualcosa che coinvolgeva più l’estetica che la sessualità. Cosa c’&egrave di più bello di due giovani corpi femminili che si intrecciano? Era stato bellissimo per me assistere al loro incontro ed era stato anche estremamente eccitante, ma l’adrenalina che ancora mi circolava nelle vene al solo pensiero di Luisa che si faceva scopare dai suoi due amici, a come avevo scoperto il suo passato, alle implicazioni sul nostro futuro, era l’indizio che il mio coinvolgimento mentale, in questo caso, era ad un livello superiore; nettamente.
Mi dovetti masturbare furiosamente almeno due volte quella notte perché continuavo a pensare ai cazzi che l’avevano aperta davanti a me e, soprattutto, ai suoi insulti.
Cazzo! La cosa forse più arrapante erano gli insulti. Non capivo.
MI svegliai con un gran mal di testa e una morsa allo stomaco che non provavo dai tempi degli esami all’università con metà della preparazione richiesta.
Erano le nove. Mandai un messaggio WhatsApp a Luisa per sapere come andava e mi rispose dopo mezz’ora. Decidemmo di trovarci in un bar vicino casa per fare colazione. Avrebbe sicuramente avuto novità interessanti per me.
Arrivò che ero già seduto. Vedevo gli sguardi che la seguivano. Mi sembrava di non vederla da un secolo.
Ci baciammo.
‘Allora, com’&egrave andata la nottata ‘ le sorrisi ‘ fatto faville?’.
‘La ragazza promette bene, le ho aperto un mondo. Non sono riuscita quasi a dormire. Ho dovuto farle di tutto per darle una calmata e ha voluto sapere ogni cosa di noi. Vuole a tutti i costi esserci questa sera. Vuole vedere cosa combineremo. Le sembra assurdo ma ne &egrave attratta.
‘Per me non ci sono problemi- le risposi ‘ il problema &egrave se sarò capace di sopportare il resto’.
‘Ho pensato anche a questo ‘ mi fissava decisa ‘ ti ho detto che, finita questa parentesi, saremmo tornati alla nostra vita normale. Non ne sono più così sicura. Sei un masochista mentale; l’avevo intuito anche prima, ma quello che ho scoperto di te, e anche di me stessa, mi intriga. Non voglio neanche che si sfasci tutto, però. Stiamo esplorando. Devo, dobbiamo, sapere quali sono i nostri limiti’.
Limiti! Farsi ingravidare la moglie davanti ai propri occhi ero convinto che fosse un bel limite. Cosa cazzo aveva per la testa?
‘Lo vedi il tavolino con quei tre muratori?’.
Erano tre giovani, vestiti da lavoro, il più grande avrà forse avuto venticinque anni, capelli scuri, occhi chiari, fisico massiccio. Stava guardandoci, stava guardando lei ovviamente; e lei era vestita come la sera prima: maglietta attillata, minigonna jeans, senza reggiseno, senza mutandine.
Ora lo stava fissando anche lei. Si girò di trenta gradi verso di lui e scavallò le gambe, poi le riaccavallò. Gliel’aveva fatta vedere.
Cristo! Di giorno e in mezzo ad un bar! Avevo lo stomaco in gola.
Continuarono a guardarsi sfacciatamente per un po’. Il ragazzo stava mormorando qualcosa agli amici e ora ci stavano fissando tutti. Alla fine Luisa gli fece un cenno con la testa, prese qualcosa dalla borsetta e si avviò verso i bagni dicendo: ‘Tu aspetta qui, cornuto, ok?’.
Entrò. Il ragazzo mi stava fissando, forse aveva ancora qualche dubbio. Distolsi lo sguardo e lo interpretò come un via libera. Si decise ed entrò anche lui.
Avevo il cuore a cento e il cazzo in tiro. Ero bloccato. La Troia era riuscita, anche questa volta, a sorprendermi e mi ero trovato a non poter controllare le mie reazioni.
Furono dieci minuti tremendi.
Gli amici del tipo se la stavano ridendo platealmente di me. Una donna aveva tentato di entrare nella toilette, trovando chiusa la porta e aspettava fuori, impaziente. Mi sentivo come in caduta libera.
All’improvviso riapparve Lei e subito dopo il ragazzo: si stava tirando su la cerniera dei pantaloni. Luisa si mise al mio fianco, si chinò e mi baciò. Sapeva di sesso, ovvio. Aprì la mano e posò sul tavolino un preservativo pieno di sperma.
Mi sentivo come un attore su un palcoscenico. Il pubblico seguiva ogni mia mossa, ero nudo, esposto, umiliato davanti a tutti. Eccitato. Come un automa coprii con la mano quel regalo osceno.
‘Andiamo a casa’, mormorai mentre mi alzai dalla sedia. Mi mossi verso la cassa, ma il ragazzo con gli occhi chiari mi precedette e urlò al barista: ‘Luigi, cappuccino e cornetti ai signori li offro io’.
Uscimmo tra gli sghignazzi. Non ne potevo più.
Non riuscivo a parlare. Quello che era successo andava oltre il sopportabile. Mi piacerebbe potervi dire che avrei voluto di più e ancora. Che avrei voluto essere sputtanato sul luogo di lavoro, con gli amici, con tutto il mondo. Non era così. Non lo era in quel momento. Ero stato messo alla berlina non in una spiaggia per nudisti e scambisti, ma in luogo pubblico ed era duro da sopportare.
Ci chiudemmo la porta alle spalle e sospirai. Avevo un turbinio di cose da urlare fuori: porca troia, stava tutto correndo così dannatamente veloce. Ero attratto ma anche destabilizzato dal bombardamento di sensazioni che mi erano piovute addosso nel giro di due giorni.
Lei mi stava precedendo verso la camera da letto, e intanto vidi che si tirava giù la zip laterale della mini. In un attimo fu nuda davanti a me. Si mise a sedere con la schiena poggiata sulla spalliera e aprì le gambe: ‘Volevi dirmi qualche cosa?’. Mi guardava, impassibile, come forse una matrona romana avrebbe potuto guardare un suo schiavo; ed era quello mi sentivo in quel momento. Ero schiavo di quel corpo, di quei seni perfetti, di quella figa pulsante; e della sua testa.
Strisciai verso di lei e immersi la testa tra le sue cosce. Cominciai a leccarla piano. Sentivo il sapore del lattice e mi piaceva perché ne sapevo il motivo. La mangiavo piano, con metodo, ma non reagiva. All’improvviso prese il cellulare e fece partire una chiamata. ‘Ciao Diego, amore. Tutto bene? Senti ti volevo confermare per questa sera, siamo d’accordo? Venite da noi per le nove. Mangiamo un boccone qui.’
Si mise a ridere e mi guardò. ‘Si &egrave qui con me. Cosa vuoi che faccia. Lecca. Non vedo l’ora che arriviate. Ne ho bisogno. Un bacio’. Si salutarono.
L’aveva fatto solo per me. Non aveva nessun bisogno di fare quella telefonata in quel momento. Voleva che in ogni secondo fossi consapevole della mia condizione e si stava eccitando per questo. Si alzò e mi venne sopra. ‘Tira fuori la lingua’. Cominciò a strusciare la sua figa bagnata sulla mia faccia, mi stava scopando a suo modo, esattamente come le avevo visto fare a Elena. Con una mano si teneva in equilibrio e con l’altra mi stava toccando.
‘Ho deciso. ‘ disse ‘ mi piace tutto questo. Non voglio rinunciarci quando saremmo a casa. Questa &egrave la mia vera natura e non posso reprimerla. Sei d’accordo?’. Riuscii a mugolare: ‘Tutto quello che vuoi’
‘Voglio poter scopare il tuo capo, se mi verrà la voglia. I tuoi amici. Tuo fratello. Il Papa.
E tu starai zitto e buono giusto? Perché sei mio, sei a mia disposizione, posso fare di te tutto quello che voglio’. Si stava strusciando tanto forte che non riuscivo a replicare. Sentivo le contrazioni arrivare. Avrei voluto durare di più, e invece riuscii solo a dirle: ‘Sei tu la Padrona’, e iniziai a sborrarle in mano tutto quello che avevo. Quello fu il clic anche per lei: ‘Sei un maiale! Un cornuto! E io sono la tua troia’. Pochi colpi di lingua e mi riempì la bocca dei suoi umori. Ansimante, leccò una parte del mio sperma dalla mano, la pulì sulla mia faccia e poi si chinò baciarmi.
‘Che coppia che siamo!’. Mi sorrise. ‘&egrave proprio vero: Dio li fa e poi ‘. ‘.
Aveva ragione, eravamo diventati un perfetto gioco ad incastro. La mia perversione era anche la sua, ma ribaltata. Non era una semplice troia alla ricerca di cazzo. Lei godeva anche per me. La sua eccitazione derivava anche dalla mia umiliazione.
Potevo essere felice?

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