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Racconti Erotici Lesbo

Sottomisura

By 9 Luglio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Giungo in Piazza della Pilotta verso tarda mattina. Le vie adiacenti il Teatro Regio sono affollate di persone. Uomini e donne stanno assiepati attorno le bancarelle dove sono esposti in maniera disordinata indumenti, calzature e articoli casalinghi di ogni genere.

Le donne saltano da un banco all’altro, movendosi come cavallette, alla ricerca di un capo di abbigliamento griffato di fine serie, pronte a contendersi l’oggetto dei loro desideri con spintoni e male parole.

Andare in giro nei mercatini facendo shopping a basso costo &egrave una pratica cui non so sottrarmi. Alcuni sociologi hanno paragonato l’esercizio di questo passatempo alla stessa stregua di certe droghe che creano dipendenza.

Ma ormai &egrave’ un fenomeno generalizzato che coinvolge un gran numero di donne e uomini che come me usano acquistare oggetti per il solo gusto di consumare, senza averne un reale bisogno.

A fatica, facendomi largo fra la folla, riesco ad avvicinarmi ai bancali che espongono abiti e tessuti per l’estate. Una gonnellina pareo in lycra di colore bianco attira la mia attenzione. Costa solo 6,50 Euro. La prendo e pago senza mercanteggiare sul prezzo. Ritiro la merce e infilo l’involucro nella sacca che porto tracolla. Poco più in là, nella zona del mercato riservata agli ambulanti che espongono scarpe, trovo degli zoccoli di legno di colori assortiti con sottili fascette multicolori. Ne prendo un paio: costano solo 8,00 Euro.

Fare shopping &egrave divertente. A volte perfino eccitante. Muoversi fra le persone, sentire i loro odori, entrare a stretto contatto con i corpi, contendersi e passarsi gli oggetti fra le mani non mi produce solo agitazione, ma un grande turbamento. Nel caos che regna intorno ai banchi c’&egrave sempre qualcuno che ne approfitta per allungare una mano e toccarmi il culo. Dopotutto &egrave sempre meglio subire questo genere di attenzioni piuttosto che essere derubata del portafoglio da uno dei numerosi borseggiatori di professione che infestano i mercatini.

Ormai ho fatto l’abitudine ai palpeggiamenti, reagisco all’offensiva di chi insiste nel toccarmi il culo solo nel caso in cui la palpata si fa troppo insistente superando i limiti della decenza. Il più delle volte, girandomi, trovo alle mie spalle solo donne e ciò non mi dispiace: sono portata a credere che il mio culetto deve essere particolarmente appetibile a molte di loro.

Essere palpata sulle chiappe &egrave quanto di meglio può capitarmi quando mi muovo fra la folla che sta assiepata attorno ai banchi. Ogni volta che sono oggetto di questo tipo di attenzioni provo una certa soddisfazione, cosciente come sono di avere regalato attimi d’intenso piacere a chi ha compiuto il gesto.

Il tipo di palpeggiamento che prediligo &egrave quello con la mano morta, &egrave un tipo di palpata docile, gentile, sensuale. Detesto invece chi volgarmente mi pizzica il culo o tenta d’inserirmi un dito tra le natiche.

Girovagando da una bancarella all’altra, in meno di mezz’ora, ho acquistato un gran numero di cose: due t-shirt, un abito a mezza manica in piquet elasticizzato, da indossare quando andrò in spiaggia, un copricostume, un telo mare verde con stampe a zebra, un bikini a righe colori arancio/viola e una borsa mare di plastica trasparente rigida. Infine ho comperato un regalo per Cristina: &egrave con lei che ho appuntamento in Piazza Garibaldi.

Ripongo gli oggetti che ho acquistato nelle borse ai lati del portapacchi della bicicletta, dopodiché lascio la zona del mercato. Sospingo il velocipede e a piedi mi avvio verso Piazza della Pace.

Sotto l’ampio porticato del Palazzo della Pilotta un gruppo di donne moldave e bielorusse stanno sedute sulle panche di granito d’intorno al bacino d’acqua che l’architetto Piano ha inserito nell’arredo urbano di Piazzale della Pace quando ne ha curato il rifacimento. Le donne parlano fra loro, in maniera composta, sottovoce. Molte di loro espletano il lavoro di assistenti domiciliari prendendosi cura di anziani soli. Pagate in nero dai famigliari di quest’ultimi che altrimenti dovrebbero sborsare cifre iperboliche per ricoverarli nelle case di riposo. Non c’&egrave nessun uomo a tenere loro compagnia: i mariti sono rimasti a casa ad accudire i figli. Sfilo dinanzi a loro e penso che sono donne coraggiose.

Mancano pochi minuti a mezzogiorno quando giungo in Piazza Garibaldi.

Cristina, vedendomi arrivare, abbandona la poltroncina in vimini dove sta comodamente seduta e mi viene incontro. Ci scambiamo un duplice bacio sulle guance, alla maniera francese e prendiamo posto al tavolo della caffetteria, poi ordiniamo un aperitivo. Al riparo dal sole, sotto un enorme ombrellone di colore beige, a poca distanza dal monumento a Garibaldi che troneggia in mezzo la Piazza, ci gustiamo il passeggio della gente che transita dinanzi a noi.

– Come va? – domanda.

– Bene. e tu?

– Anch’io

– Luca?

– Il solito. E’ via, a Budapest. Torna martedì o mercoledì, spero.

Vorrei dirle qualcosa a proposito di Luca, ma esito e cambio argomento. Pur lavorando entrambe come infermiere nello stesso ospedale, ci frequentiamo da poco tempo, più precisamente da quando &egrave stata trasferita nel reparto di medicina dove presto servizio da quattro anni.

– Ti ho preso un regalo – dico – E’ solo un pensiero, ma spero che ti piaccia lo stesso. L’ho scorto in un bancale del mercato, così l’ho comperato.

– Beh! Mi hai messo addosso una certa curiosità. Posso sapere almeno cos’&egrave?

– Prova a indovinarlo.

– Dai, Erika non fare la sciocchina. Dimmelo. non tenermi sulle braci.

E’ magnifica Cristina quando sorride. Le sporgenze carnose delle sue labbra si schiudono e accenna a mordersi il labbro inferiore.

E’ impaziente di sapere cosa le ho comperato. Batte nervosamente le dita sul bracciolo della poltroncina nell’attesa che le consegni il regalo.

Indossa una camicetta bianca, ampiamente scollata, e un paio di jeans che per la delicatezza della fattura e i modi eleganti della sua persona le donano un aspetto raffinato e nel contempo sbarazzino. I capelli castano scuri, raccolti dietro la nuca, a coda di cavallo, la fanno apparire più giovane di quanto non &egrave, mentre invece ha la mia stessa età: trentadue anni.

– Potrebbe essere un copricostume, una t-shirt o un maglietta a vogatore di quelle a spalla stretta. Tu cosa pensi che sia? – le suggerisco.

– Dai, non farmi stare male… dimmelo.

Cristina afferra il bicchiere e sorseggia la bevanda analcolica. Seguo il movimento delle sue labbra che si dilatano al passaggio del liquido. Sono presa da un desiderio inconsulto d’infilarle la punta della mia lingua nella sua bocca, ma &egrave solo una voglia matta: una allucinazione.

– Va beh, dai… Ora te lo vado a prendere. L’ho nel cestello della bici.

Mi allontano e torno poco dopo tenendo stretto nella mano il regalo.

– Tieni &egrave qui dentro – dico, porgendole l’involucro.

– Che faccio. L’apro ora? – sussurra, stringendo fra le dita il regalo.

– Beh, se ti va che gli altri lo vedano.

– Ah! E’ così dunque. C’&egrave dentro qualcosa di misterioso di cui debba vergognarmi?

– Ma no, che dici mai.

– Beh! Allora lo apro…

Cristina estrae dal sacchetto l’involucro in plastica che contiene un bikini in tinta unita con reggiseno a forma di triangolo.

– Accidenti! E’ un bellissimo coordinato bianco! Giusto quello di cui avevo bisogno.

– Dici?

– Sì, davvero!

– Ne sono felice. E’ una piccola cosa, lo so. Su una pelle olivastra come la tua il bianco &egrave il colore che più fa risaltare l’abbronzatura e la bellezza delle tue forme.

Cristina afferra il reggiseno, ne valuta la consistenza e le dimensioni e fa lo stesso con lo slip.

– Ma che misure hai preso?

– La terza di reggiseno e la taglia quarantadue per gli slip. Sono andata un po’ a naso.

– Per essere una terza mi sembra piccola.non credo proprio che contengano i miei seni, per me &egrave una seconda.

– Ma no, dai. Fai vedere.

Agguanto i capi di biancheria e li valuto.

– Ti sbagli, guarda c’&egrave scritto nell’etichetta. E proprio una terza!

– Ti sbagli. Scusa se insisto, ma il reggiseno &egrave di una misura più piccola.

Lo saprò bene, non credi?

– Beh, per giudicarlo dovrei vedertelo addosso.

– Lo indosserò appena sarò a casa, poi te lo farò sapere.

– Beh, potresti indossarli ora, così se non &egrave della tua misura posso andare a cambiarlo subito.

– Sì, ma come faccio?

– Vieni dai, andiamo in bagno e te lo provi lì. Ti accompagno… se vuoi.

– Dici?

– Sì, dai. Andiamo, segui me.

Ci conosciamo da poco tempo eppure mi sento dannatamente attratta dal suo corpo. Anche ora che a passi lenti la precedo verso la caffetteria, pur se turbata dall’inconsueta intimità, cerco di reprimere la forte attrazione che provo verso lei.

Il percorso che conduce hai bagni lo conosco bene. Varco la porta dell’antibagno e lei mi segue appresso. Ci ritroviamo in uno spazio esiguo. Una specchiera a muro e due lavandini sono alla nostra destra, mentre nella parete opposta trovano posto le porte dei due gabinetti.

– Vai dentro. Ti aspetto qui mentre provi il costume – dico.

– Ma no, dai entriamo tutte e due insieme. Mi dai un consiglio, ti spiace?

– Ma veramente…

Cosa altro potrei risponderle? Che non vedo l’ora di essere chiusa in quello spazio ristretto insieme a lei e godere della sua intimità?

– Su dai non fare storie, seguimi.

Con un certo impaccio entro anch’io nel bagno. Lo spazio &egrave piuttosto esiguo, ma sufficiente da permetterci di muoverci con una certa disinvoltura.

– Ti spiace tenere il bikini mentre mi spoglio?

– No, fai pure.

Mi consegna il costume e appoggia la borsetta di pelle all’attaccapanni, poi si libera dei jeans.

– Provi anche gli slip?

– Sì certo, intanto che ci sono provo anche quelli.

Una volta sfilati i pantaloni si libera della camicetta. L’intimo di pizzo bianco che indossa &egrave carino davvero, il reggiseno a balconcino le sostiene i seni spingendoli verso l’alto.

– Ti spiace sganciarmi il reggiseno?

Prima che possa risponderle si &egrave girata con la schiena nella mia direzione, in attesa che la liberi l’indumento.

Stacco il gancio e lascio che il reggiseno scivoli in avanti. Cristina lo toglie e lo appende alla gruccia infissa nel muro nel muro, poi si gira verso di me.

Il sorriso malizioso che traspare dalle sue labbra &egrave incantevole come lo sono i suoi seni. Osservo le forme tonde e resto stupita nel constatare che i capezzoli sufficientemente prominenti sono inturgidi.

– Beh! Sei sorpresa?

– Cosa? – rispondo, stupita.

– Allora pensi ancora che la misura sia giusta?

– Beh, no… forse hai ragione tu, ma… –

Contrariamente alle mie mammelle, che col passare degli anni accennano sempre più a diventare pendule, le sue sono tonde e sufficientemente ritte.

Le porgo la parte superiore del costume e lei lo indossa.

– Beh, che ne dici ti sembra una terza, questa?

I lembi a forma di triangolo coprono a stento le forme dei seni, segno evidente che abbisogna di una taglia in più.

– In effetti, ti sta un poco stretto, lo ammetto.

Sfila le mutandine di pizzo e indossa quelle del bikini. Chino il capo e constato di persona che ha la passerina ben curata con uno striminzito ciuffo di peli neri nella parte superiore.

– Ti sta veramente bene – dico, col poco fiato che riesco a buttare fuori, tanto sono eccitata.

– Ti piaccio così?

– Beh, sì… Certo che sì.

– Senti come il tessuto stringe i seni. Ho ragione quando affermo che il reggiseno &egrave di una misura in meno rispetto a quella che dovrei indossare?

Mi prende la mano e l’infila sotto la stoffa del costume a contatto di un capezzolo. Percepisco l’inturgidimento del profilo di carne e sento il mio cuore batte celermente a un ritmo di pulsazioni per me inconsueto.

– Che te ne pare?

– Dico che… hai due seni magnifici – pronuncio la frase come se volessi liberarmi di un grosso peso.

– Ti piacciono?

– Sì, certo, e tu sei bellissima.

Non attendo la sua risposta, mi faccio audace e avvicino le mie labbra alle sue. Le sfioro delicatamente, senza premere su di esse. Lei non si ritrae, lascia che la baci senza ricambiare il mio gesto. Il suo atteggiamento &egrave passivo, ho l’impressione di avere commesso una gaffe e di avere rovinato col mio gesto la nostra amicizia. Sollevo le mani attorno il suo viso e premo le labbra sulle sue. Le sento aprirsi e contraccambiare i miei baci.

Sospingo Cristina contro la parete e proseguiamo a scambiarci dei baci.

Lei, che soltanto pochi istanti prima era ritrosa e pareva non lasciarsi andare, m’infila decisa le dita fra i capelli attirandomi con forza a sé.

Le sue labbra hanno il sapore del miele e la morbidezza di un corso d’acqua.

Baciare una donna &egrave assai più gradevole di quanto lo sia con un uomo. I baci hanno un gusto particolare che li rende più eccitanti. Penetro nella cavità della sua bocca con la lingua e frugo dentro di lei. Alle mie sollecitazioni la sento fremere di piacere. Continuo a penetrarla senza interrompere la mia azione, lei mi imita e fa lo stesso. Le lingue s’intrecciano l’una sull’altra provocando ad entrambi intensi attimi di piacere.

Ho la fica fradicia di umori che sento colarmi fra le cosce. Proseguo nella mia azione incollando le labbra sul suo collo riempiendola di succhiotti.

Lei cerca di divincolarsi, ma tengo pressata la sua schiena contro la parete.

Afferro la punta di uno dei suoi capezzoli e lo spremo, delicatamente, senza farle troppo male. I seni che poc’anzi avevo intravisto floridi, nel momento in cui si era liberata del reggiseno, li ho finalmente nelle mie mani: sono sodi, più dei miei. Chino il capo e trascino le labbra sopra di loro.

Infilo la mano sotto l’elastico delle sue mutandine e con le dita raggiungo la sua passerina. Ha un sussulto di piacere quando la penetro con un dito.

La fica &egrave inzuppata di umore come la mia. Infilo la lingua nella sua bocca e contemporaneamente inizio a masturbarla con il dito che tengo dentro la fessura. Il suo respiro si fa affannoso, ansima di piacere lasciandosi sfuggire qualche breve monosillabo dalle labbra.

Tengo la mano appoggiata sul suo monte di venere e con le dita strofino la sporgenza carnosa del clitoride. E’ turgido e generoso di lunghezza. Lo immaginavo così e non ne resto delusa.

Senza remora alcuna ci abbandoniamo a soddisfare i piaceri della nostra carne. Godo… Cazzo se godo! Cristina &egrave in mio possesso. Sento che in questo

momento potrei farle fare tutto ciò che voglio e lei mi ubbidirebbe. Le mordo il collo dietro la nuca e sento le sue gambe flettersi. S’inarca all’indietro con la schiena e pronuncia le prime parole da quando abbiamo iniziato a fare l’amore.

– Mi fai morire.basta ti prego, smettila – sussurra, mentre imperterrita proseguo a morderle il collo.

– Ti prego.ti prego.

La supplica mi eccita ancora di più. Tocco l’estremità del clitoride e agito il minuscolo cappuccio che lo avvolge, proseguo nella mia opera nonostante la mia amica tenti ripetutamente di allontanare la mia mano dalla sua tana.

– No… no… lasciami. Ti prego.

Cristina mugola di piacere e il suo corpo &egrave percorso da un’infinità di brividi: sento che il suo orgasmo &egrave imminente.

– Godo!… Godoo!… Godooo!

Urla ad alta voce accasciandosi col culo sul pavimento del bagno.

Se il racconto e di tuo gusto e vuoi scrivere qualcosa con me scrivimi a libero74_n@hotmail.com

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