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Racconti Trans

Chagall

By 23 Dicembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Tanto per cambiare, pioveva. Isabella iniziava a detestare quella città. Non c’era giorno che rincasasse senza almeno un calzino bagnato. Quel lunedì in particolare era uscita piuttosto presto (doveva consegnare il secondo capitolo della sua tesi di laurea) e un timido sole l’aveva decisamente ingannata sulle condizioni meteorologiche che avrebbe incontrato durante la giornata. Non aveva l’ombrello, era lontana dal gelido appartamento che condivideva con altre due studentesse (una di filosofia, l’altra di farmacia; Isabella studiava storia dell’arte) e, ciliegina sulla torta, si era appena ricordata che era sciopero dei mezzi pubblici.

“Non ci posso credere…”, disse tra sé e sé sorridendo sarcasticamente.

La situazione pareva in effetti volgere al fantozziano, quando Isabella si ricordò di non essere molto distante dal piccolo museo di San Matteo, e che la mostra di Chagall, per la quale aveva ricevuto dalla professoressa di storia della critica d’arte un biglietto omaggio, doveva essere già iniziata. Senza ulteriori esitazioni imboccò la prima stada sulla destra e proseguì verso l’edificio verde in fondo alla via.

“E poi, ‘la felicità non è felicità senza una capra che suona il violino!'”

“Ahahahahah, ma è Notting Hill!”

I due ragazzi accanto a lei, a giudicare dal tempo che dedicavano a ciascun quadro e dal continuo ridacchiare, non parevano aver molti altri collegamenti col pittore russo ad esclusione della nota battuta pronunciata da Hugh Grant nel film che lo vedeva protagonista insieme a Julia Roberts. In generale, lo sparuto pubblico del martedì pomeriggio non dava l’impressione di apprezzare la mostra quanto Chagall avrebbe meritato. Le deliziose scenette di vita quotidiana nella comunità ebraica del primo novecento non ricevevano neanche la metà dell’interesse prestato a disordinati quadri dallo sfondo blu.

All’improvviso, l’attenzione di Isabella fu catturata da una figura alta e nera che la precedeva di pochi passi. Si avvicinò discreta e cercò di sbirciarle il volto. Un certo non so che l’aveva incuriosita: forse le mani giunte, forse la statura molto elevata della sconosciuta. Si era fermata di fronte ad un piccolo, colorato quadretto che raffigurava un violinista e sembrava che piangesse. Sorpresa per quella reazione insolita, Isabella continuò a fissarla. La ragazza si voltò e sorrise dolcemente.

“Ho la lacrima facile, non posso farci niente” disse quasi giustificandosi.

“Scusami, sono stata molto indiscreta. Ma sono contenta di vedere che c’è qualcun altro che non è venuto solo per aver visto Notting Hill.”

L’altra rise piano, gli occhi ancora umidi, luminosi, incantarono Isabella.

“Isabella, studentessa di arte al secondo anno”, disse tendendole la mano.

“Marta”, rispose la ragazza ricambiandola con una stretta forte e decisa.

Se qualcuno le avesse osservate in quel momento avrebbe giudicato la scena alquanto insolita: entrambe erano more, entrambe vestite di nero, ma non avrebbero potuto essere più diverse: Isabella piccola e infreddolita, con un cappottino molto stretto e le ballerine ai piedi, Marta alta e spigolosa, con un ampio giaccone di foggia maschile e stivali di pelle.

“Senti, io ho finito da un po’ di vedere la mostra e credo che fuori ancora piova, ti va un caffé nel bar del museo?”

Isabella annuì meccanicamente, senza togliere all’altra gli occhi di dosso neanche per un attimo e senza neanche considerare che lei la mostra aveva a malapena iniziato a visitarla. C’era qualcosa che la incuriosiva e la attraeva in quella sconosciuta alta e bruna. Si allontanarono dunque dal suonatore di violino e in silenzio si diressero al piano di sotto.

“Medievale? ma sul serio? Non credevo ci fosse ancora qualcuno che studiasse storia dell’arte medievale!”

“E invece c’è!”

Isabella aveva finalmente ritrovato il colorito, stringeva il caffé d’orzo davanti a sé e non riusciva a capacitarsi del fatto che stesse flirtando con una ragazza.

“E tu di cosa ti occupi? Insomma, cosa studi? Se studi… ecco…”

“Io? Io… scusami un momento.”

Marta si alzò di scatto, come distratta da qualcosa – o qualcuno – e si diresse verso il bagno. Isabella se ne restò seduta con la sensazione di aver detto qualcosa di sbagliato. I minuti passavano e Marta non tornava. Si fece coraggio – un coraggio per lei insolito – e andò verso il bagno.

Seduta nel bagno, il gomito sul ginocchio, il mento nel palmo, non riusciva a spiegarsi perché fosse stata “scaricata” in quel modo. Marta non era in bagno. Doveva essersela svignata, e probabimente la colpa era sua, che l’aveva annoiata a morte. Tirò lo sciacquone, si agganciò i pantaloni e uscì per andare a lavarsi le mani. Dallo specchio del lavandino gli occhi grandi incorniciati da un leggero rigo di kajal di Marta la fissavano. Quest’ultima si voltò di scatto, e impulsivamente la baciò, costringendola ad arretrare nel bagno dal quale era appena uscita. Isabella, al contatto con il corpo caldo di Marta, trasalì: era un uomo, la protuberanza nei pantaloni di  “lei” che le premeva sul basso ventre era assolutamente inequivocabile.

“Come ti chiami?”, le chiese accendendosi di un desiderio tanto forte quanto inatteso.

“Andrea”, rispose lui continuando a baciarla e scostandole i capelli dalla fronte.

In un attimo la sollevò e le gambe di lei gli circondarono il bacino. La spinse contro una parete sganciandosi i pantaloni e  in un attimo il suo membro rosso, dritto e vibrante come un arco di violino andò a strusciare il cavallo dei pantaloni di lei, che era già umido e trepidante. Glieli sfilò e si sedette sulla tazza dopo aver abbassato il coperchio, invitandola ad accomodarsi sulle sue gambe. Isabella gli circondò il collo con le braccia e si abbassò lentamente, impalandosi su di lui centimetro dopo centimetro, assaporandone ognuno come una conquista di piacere e pienezza. Lui gemeva debolmente, guardandola negli occhi, e ogni istante che teneva lo sguardo fisso era un’iniezione di calore dritta al cuore e al punto più interno del corpo di Isabella, dove la punta del suo pene si era nel frattempo fatta strada. Un corpo perfetto di donna le era scivolato dentro e la faceva godere come mai prima di allora. Si sentiva sudata, appagata, fortunata. Quella penetrazione dolce ma totale le stava facendo perdere il controllo, con gli occhi chiusi e un ronzio nelle orecchie sentiva l’orgasmo salire simile a un’onda calda di acqua salata. Un senso di vertigine la pervadeva, il suo respiro era corto e affannoso, le pareva quasi di star per svenire da un momento all’alt…

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