Skip to main content
Racconti Trans

La mia prima notte sulla strada

By 24 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Parte 4

Passò almeno un quarto d’ora prima che venissi di nuovo abbordata, nel frattempo la mia enorme erezione aveva cominciato a tranquillizzarsi, e, sebbene dolente, l’uccello aveva ripreso il suo posto nel piccolo perizoma.
Guardavo le auto sfilare nella notte, colma di desiderio, sentivo, desideravo ardentemente di essere presa da cazzoni enormi ed incuranti dei miei desideri, non volevo altro che essere stuprata pur consenziente, ogni volta che passava un auto ad andatura rallentata, evidentemente per osservarmi meglio, mi trasaliva il cuore, e il mio fratellino, pur mezzo addormentato aveva degli spasmi di lussuria.
In quei lunghi minuti mi chiesi come sarebbe stato il prossimo cliente, c’era un auto con tre persone a bordo che era passata già più di una volta, l’andatura era piuttosto veloce, per cui non avevo focalizzato l’attenzione sui passeggeri. Mi parevano due donne e un uomo, ma non ne ero sicura.
Il tempo scorreva lentamente e la mia voglia inappagata e forse inappagabile di sesso estremo, aveva fatto nuovamente scivolare la mia manina verso l’arnese in stato di riposo.
Il solo sfiorarlo lo aveva immediatamente risvegliato, e stavo quasi per masturbarmi quando, finalmente una piccola utilitaria si affiancò alla mia auto.
Il finestrino si abbassò lentamente mostrandomi il volto di un ragazzo molto giovane, magrolino, con qualche ciuffo di peli sparpagliato sul viso imberbe, che con la voce tesa ed imbarazzata di chi desidera da sempre ma non ha mai avuto il coraggio di agire mi chiese:
-Ciao, quanto vuoi per scoparmi?
La cosa non mi rallegrò, avevo voglia di venire con un grosso arnese ben piantato a fondo nel culo, e l’idea di inondare della mia cremina bollente quel culetto, probabilmente ancora vergine, non mi eccitava, d’altra parte la voglia di sborrare era ormai insopportabile, e non sapevo per quanto tempo ancora avrei atteso un trapano all’altezza dei miei desideri, così sparai alto, in modo che, se non altro, se era veramente deciso, almeno ci avrei guadagnato,
-100 euro per te amore, ho un bel cazzo!
Mi facevano impazzire le trans che mi dicevano così, &egrave vero che lo dicono un po’ tutte e poi magari ti ritrovi davanti un vermiciattolo inutile persino da succhiare, ma la cosa mi faceva lo stesso andare il sangue alla testa, e nel mio cazo era anche vero.
Il ragazzino, per nulla intimorito dalla mia richiesta, parcheggiò l’auto e salì sulla mia.
Appena seduto al mio fianco, accesi il motore e gli chiesi i soldi, Marco, così disse di chiamarsi, mi porse due banconote da 50 euro che riposi nel reggiseno, e, mentre mi avviavo, allungò una mano verso il mio basso ventre, accarezzandomi l’uccello.
Dall’espressione che fece, credo che sia rimasto sorpreso dalla prontezza della reazione del mio arnese, ci fermammo in un angolo abbastanza riparato, e lì, vista la timidezza del mio compagno, tirai fuori il mio bel cazzone in tiro, e, afferratolo per la nuca, lo spinsi decisa sull’oggetto del suo piacere.
Marco cercò di reagire al mio invito, ma senza troppa convinzione, e in un attimo si trovò una buona metà della mia asta che frugava nella cavità orale.
IL desiderio del ragazzo era evidente, dopo un primo istante di sconcerto, cominciò a pompare goduriosamente, nel frattempo si menava un pistolino quasi implume, emettendo rauchi versi di libidine.
Non era certamente un esperto, non muoveva la lingua e non riusciva a prenderlo tutto in bocca, così per aiutarlo, cominciai a spingergli la testa sul mio bastone, tanto che dopo qualche minuto dovette interrompersi per non vomitare, la vista del mio attrezzo collegato alle sue labbra rosee e umide da uno spesso cordolo di saliva mi eccitò oltremodo.
Distesi i sedili, gli feci abbassare pantaloni e boxer all’altezza della coscia e cominciai a leccargli l’angusto orifizio, massaggiandogli l’uccello che nel frattempo aveva assunto una consistenza più dignitosa, arrivando a raggiungere i 15-16 cm di lunghezza.
Gli umettai il buchetto meticolosamente, godendo del piacere che mi dava sentire quel bigolo che cresceva, seppure di poco, e lentamente cominciai con due dita a divaricare quel canale, sicuramente inesplorato.
Il ragazzo gemeva e tremava, probabilmente la cosa gli piaceva, ma doveva fare i conti con secoli di educazione bigotta e moralista, che gli avevano inculcato un tremendo senso di colpa per tutto ciò che non era, ai suoi occhi, ‘normale’.
Ma il desiderio, l’istinto avevano vinto, ed ora giaceva prono nella mia auto, con le natiche spalancate ed il piccolo orifizio nascosto tra le pliche dello sfintere, che pulsando, sembrava urlare FOTTIMI!FOTTIMI!
Non mi feci pregare, mi inginocchiai alle sue spalle, e dopo aver indossato il preservativo, puntai la cappella verso la Rosellina, gli raccomandai di respirare profondo e di spingere come se dovesse defecare, e spinsi’vigorosamente!
Marco dapprima urlò, poi chiuse gli occhi e morse la tappezzeria dell’auto per il dolore, ma non cedette, ci aveva pensato a lungo, quel passo era necessario per sentirsi realizzato sessualmente, così accettò il dolore senza strepiti, sebbene alcune lacrime avevano solcato le vellutate guance da ragazzino.
Spingevo lentamente per dargli la possibilità di abituarsi al carico in entrata, ad ogni spinta il giovane corpo sussultava, scosso da un tremore più di dolore che di piacere, ma dopo qualche minuto mi accorsi che Marco cominciava ad inarcare la schiena per permettere al mio uccellane di scendere sempre più in profondità.
Aveva cominciato a godere, e in breve si era letteralmente scatenato.
Con le mani si divaricava le chiappe per accogliere il cazzo nelle sue più intime profondità, nel frattempo mi implorava di chiavarlo a fondo e di trattarlo come una lurida troia, mi intenerii, mi ricordava me stessa alle prime esperienze.
Mentre lo cavalcavo, notai che si masturbava molto lentamente, per non venire troppo presto e dare il giusto valore ai soldi spesi.
Ma io ero ormai sull’orlo dell’orgasmo, quel magnifico culo strettissimo mi stava per fare esplodere!
Così cominciai a pompare come una forsennata strappando al proprietario di quel magnifico antro intensi gemiti di goduria:
-mmm’siii dai fottimi, sfondami il culo, dai di più, spingi troia, troia aaa, inculami, di più, di piùùù’
quegli incitamenti bestiali mi fecero perdere il lume della ragione, ad un passo da una delle sborrate più intense ed abbondanti della mia vita, sfilai il cazzo ormai paonazzo dello sfintere di Marco, mi strappai letteralmente di dosso il preservativo, lo afferrai con veemenza per i capelli spingendogli il viso imberbe sul mio uccello maestosamente eretto, e gli spinsi in gola il cazzo con l’intento di farcirgliela di tutta la gustosa sborra in via di espulsione.
Il ragazzo provò blandamente a ribellarsi, ma il desiderio era troppo forte, così, mentre con una mano gli tenevo ferme le sue per non farlo sborrare (avevo dei programmi al proposito’), cominciò avidamente a succhiare, ansimando come una scrofa che grufola nel porcile, e dopo un paio di colpi ben assestati venni in quella bocca timida ed accogliente con un fiotto di sperma bollente che da solo gli riempì la cavità fino alle tonsille.
Lo costrinsi ad ingoiare tutta il mio seme fino all’ultima goccia e a ripulirmi per bene l’uccello che stentava a tornare alle dimensioni di riposo, e quando fui soddisfatta, mi precipitai con la mia lingua vorace sul suo bel cazzetto in tiro, gli piantai due dita nel buco del culo ormai ben allargato e cominciai un lungo accurato pompino per rendergi il favore e gustare il nettare che tanto mi eccitava.
Non ci volle molto, appena qualche sapiente pompata alternata a colpetti di lingua sull’asta turgida e mi ritrovai la bocca inondata di quel succo profumato che bevvi tutto facendo attenzione a non sprecarne neanche una goccia!
Alla fine ci baciammo appassionatamente con le lingue ancora profumate dei nostri sapidi umori e lo riaccompagnai alla macchina, dove, ad attenderci c’era l’auto che avevo intravisto gironzolare più volte prima di quella fantastica cavalcata.

Parte 5

Marco, teso per qull’imprevista violazione della sua privacy e ancora rubizzo per la trascinante avventura appena vissuta, svicolò dall’auto rapidamente, salì sulla sua e si allontanò in tutta fretta, mentre io, mi disposi con le gambe affusolate aperte fuori dall’abitacolo, mostrando apertamente le mie ‘doti’, cercando di apparire altera e distante agli occhi degli occupanti dell’auto misteriosa.
Appena Marco si fu allontanato, questi discesero dall’auto, appena focalizzai la mia attenzione sui tre passeggeri, mi resi conto di essere vicina alla realizzazione del mio sogno nascosto di sesso e violenza, ma la cosa, anziché eccitarmi mi spaventò a morte.
L’auto era guidata da un uomo dall’aspetto molto rozzo, sui 45 anni, non molto alto, ma di corporatura molto robusta, tarchiato e con un collo taurino.
Indossava un maglione a collo alto nero, un giubbotto di pelle nera, jeans molto attillati e stivali texani, in sua compagnia c’erano due belle trans, che se avessi avuto più lungimiranza, avrei ricordato essere tra quelle che mi avevano squadrato con sguardo non proprio amichevole quando ero giunto in quel posto di incontri sessuali.
La bionda aveva apparentemente una trentina d’anni, alta con i tacchi almeno 1,85 con i tacchi degli stivali alla coscia di velluto di nero, calze a rete a maglia molto larga con un piacevole effetto sadomaso, gonnellino di velluto nero con l’orlo che sapientemente mostrava e non mostrava la giarrettiera delle eccitanti autoreggenti, un body scollatissimo dal quale prorompeva una quarta abbondante e soda, un viso duro ma elegante con zigomi alti, labbra carnose ed occhi di un intenso azzurro (presumibilmente dovuti a lentine colorate, vista la carnagione molto scura) incorniciati da lunghi capelli dorati mossi.
Se anche l’attrezzatura fosse stata all’altezza di quel che si vedeva all’esterno, sarebbe stata una scopata da mille e una notte!
La seconda, seppur meno appariscente, era forse ancor più bella, con i suoi capelli ramati ondulati che scendevano morbidi sulle spalle, il viso estremamente femminile ornato da un morbido rubino al posto della bocca, il seno, evidenziato dallo scollo nel succinto abitino di latex viola elettrico, piccolo ma ben fatto e svettante e le lunghe gambe nude e, apparentemente perfettamente prive di qualsivoglia peluria, cesellate in punta da un paio di deliziosi sandali da schiava, i cui lacci le avvolgevano i polpacci come serpenti nell’atto di ghermire la preda, dai tacchi talmente vertiginosi da chiedersi come facesse ad arrampicarcisi sopra.
Inutile dire che, pur conscia del fatto che lo scopo della visita fosse tutt’altro che amichevole, ebbi un’erezione improvvisa quanto prepotente, che mi fece sgusciare l’uccello dalla sua tana per mostrare ai miei tre ospiti il glande ancora umido e violaceo.
I tre risero di quell’apparizione per qualche istante, ma non feci in tempo a sciogliere la tensione che l’uomo, senza profferire parola, mi si avvicinò rapidamente, mi carpì un braccio e me lo torse dietro la schiena, strappandomi un gemito di dolore e costringendomi a seguirlo vicino all’auto, una volta giunti, la rossa salì sul sedile dietro, poi toccò a me seguita dalla bionda, le due mi tenevano fra loro, come prigioniera (e forse lo ero!), la rossa prese ad accarezzarmi l’uccello, mentre l’uomo saliva al posto di guida ed avviava l’auto per una destinazione sconosciuta.
– Beh come vanno gli affari? Mi pare che sei molto gettonata stasera! Oh, a proposito scusami, mi presento, io sono Franco e loro sono Alessandra (la bionda) e Chanel (la rossa) ragazze salutate la nostra amica’
– Sally, io sono Sally
– Salutate Sally
– Ciao Sally, hai un bell’uccello lo sai? Disse la rossa continuando ad accarezzarmi l’asta, mentre l’altra sfoderava un bastone che, ancorché a riposo, incuteva timore e rispetto per le dimensioni inusitate.
Mentre notavo che ci incamminavamo verso Ostia, Franco continuò:
– Sei stata un po’ indelicata, piccola Sally a venire a lavorare qui vicino alle mie amiche senza prima chiedere il permesso, ti ci vuole un po’di educazione e noi ora ti daremo una piccola lezione di savoir vivre!
A quelle parole ebbi un brivido di paura, amplificato dalla ruvida strizzata di coglioni che mi diede Alessandra, mentre l’amica continuava a masturbarmi, cercai di mostrarmi calma ed abituata a trovarmi in simili frangenti, ma in realtà ero combattuta da un misto di terrore ed eccitazione, così simile alle mie fantasie più nascoste.
Dopo un viaggio di circa mezz’ora, giungemmo ad una piccola costruzione dispersa nella pineta, sembrava una di quelle casupole che usano i pescatori per ripararsi dalla pioggia, Franco spense l’auto e ci disse di scendere, ci avviammo caracollando sui nostri altissimi tacchi sulla sabbia ed entrammo nella lurida casupola.
Il pavimento era lercio e ingombro di giornaletti porno, fogli strappati e insozzati di secrezioni miste, preservativi usati e anche qualche siringa, uno dei lati era occupato da un materasso a due piazze, indicibilmente sporco e rovinato e sistemato alla meglio su di una rete di fortuna ma, più tardi scoprii, sorprendentemente robusta.
Franco disse alle due comari di tenermi d’occhio mentre andava a prendere una coperta nel plaid.
Rimaste sole chiesi:
-Cosa volete farmi, e perché?
-Hai sbagliato a venire nella zona di Franco ed ora ti meriti una lezione, in modo che la prossima volta ti ricordi di chiedere il permesso, e poi ci hai anche rovinato quei pochi affari che ultimamente rimediamo, per cui ora fa la brava e forse te ne esci tutta intera e magari ti diverti pure!
Mentre pronunciava quelle parole, Alessandra si scopriva il rigoglioso seno e si toccava l’uccello, che, evidentemente da un po’ a riposo, si ringalluzziva a vista d’occhio assumendo delle proporzioni preoccupanti anche per il mio ano vissuto.
-Ti piace? E non sai quello di Franco, magari non sarà lunghissimo, ma ti squarterà vedrai!
In quanto a squartarmi, mi sembrava più che sufficiente quello di Alessandra e la stessa Chanel aveva tirato fuori un superbo cannellone che in altra occasione mi sarei precipitata a succhiare.
Ma in quel frangente la paura mi paralizzava, e non riuscivo a fare altro che fissare quel serpente lucido e duro, innervato dalle vene che pompavano a tutta forza e sormontato da una cappella larga e violacea che avrei tanto desiderato nel mio buchetto voglioso.
Ale non mi fece attendere, si mise davanti a me, mi spinse a sedere sul letto e mi infilò la sua superba asta in bocca, facevo fatica ad accoglierla del tutto viste le spropositate dimensioni, ma per non contrariarla mi ci misi d’impegno e riuscii quasi a lambire i globi pelosi alla base di quel magnifico attrezzo.
Ale non contenta, spingeva con forza, tenendomi il viso stretto in una morsa, nel frattempo Chanel si masturbava lussuriosamente, mentre si avvicinava con quella favolosa bocca di rosa al mio cazzo ormai nuovamente al pieno della forma.
Mentre lo imboccava delicatamente, sopraggiunse Franco che, eccitato e un po’ indispettito dal fatto che le due troie avessero cominciato senza di lui gettò sul letto la coperta, sbottonò la patta e liberò una mostruosità che non credo riuscirò mai a dimenticare.
In pratica il suo pene era una rappresentazione in scala del suo corpo, non lunghissimo, non più di 18 cm, ma nodoso come un arbusto e di uno spessore di almeno 7 cm, con un glande rigonfio e minaccioso e due enormi coglioni che promettevano sborra a profusione.
In un attimo fu alle mie spalle, e, mentre Ale continuava a sfottermi ferocemente la bocca, lasciandomi a malapena il tempo di respirare, e Chanel si dedicava al mio uccello sempre eretto, Franco spostò il perizoma dal solco tra le natiche e , con un vigoroso colpo di reni affondò nell’orifizio per l’intera lunghezza dell’asta, dilaniandomi le carni e costringendomi per la prima volta da anni, ad urlare al vento tutta l’atroce sofferenza che quell’ariete mi infliggeva.
Tutt’altro che intimidito dalle mie urla e dalle mie invocazioni di umana pietà, l’energumeno cominciò a spingere senza posa, dandomi la sensazione di essere lacerata fin nelle mie più profonde intimità, nel frattempo Ale mi schiaffeggiava col suo grosso bastone, ridendo sguaiatamente alle mie implorazioni, Chanel da parte sua inveiva contro di me, stringendomi le palle con forza e causandomi ancor più dolore di quanto non ne avvertissi già.
-Prendilo tutto troia, ti piace farti sbattere vero? Secondo me non basta un asino per tapparti per bene quella cloaca senza fondo che hai al posto del buco del culo!
Ti piace vero, Franco questa lurida cagna sta godendo, spingi di più, faglielo sentire fino all’intestino, sfondala, sfondala!!!
A dire il vero non era come avevo sempre immaginato, la paura mi aveva seccato del tutto il canale rettale, ed ogni affondo sembrava che mi strappasse la carne dallo sfintere a brandelli.
Non riuscivo a dilatarmi e il sadico movimento di Franco mi stava letteralmente massacrando, anche l’uccelo si era scosciato, e nel frattempo loe due arpie avevano preso a picchiarmi con foga, schiaffi sulle chiappe spalancate, colpi del vigoroso maglio di Alessandra sul viso, strizzate di palle e dell’uccello da Chanel, la mia fantasia si era tramutata in un incubo e quel che era peggio non ne vedevo ancora la fine.
Cercavo di non pensare, ormai avevo esaurito il fiato e calde lacrime mi solcavano le guance, il cazzo di Franco continuava il suo sfrenato andirivieni nel mio culo ormai fondatissimo, cercai di chiudere gli occhi e di estraniarmi dalla situazione.
In questo mi vennero in aiuto le due troie che cominciarono a baciarsi e a masturbarsi fra di loro, la vista dei due grossi membri maneggiati da siffatte creature mi regalò un momento di lucida eccitazione che si risolse nella secrezione di lubrificante anale sufficiente a rendere più agevole il passaggio del convoglio in corsa di Franco.
In un attimo la mia percezione mutò dal dolore all’intenso godimento, il cazzone prese a scivolarmi più morbido all’interno e trovai il coraggio persino di inarcare la schiena per meglio farlo penetrare.
A quella vista le due trans, già eccitate per conto loro cominciarono a gemere per conto loro, Chanel mi schiaffò il suo nodoso membro tra le labbra e per tutta risposta cominciai a pompare con rinnovata energia, gustandomi l’acre profumo della sua peluria, misto al sapido aroma della sua portentosa cappella, Alessandra le scivolò dietro e le piazzò il suo grosso batacchio fra le chiappe costringendola ad un mugolio di sorpresa mista a piacere.
Finalmente la mia fantasia più ardentemente desiderata si tramutava in realtà, ero una zoccola sfondata in mano a tre seviziatori violenti e superdotati che mi facevano sentire tutta la forza dei loro arnesi negli anfratti più nascosti del mio corpo voglioso.
La mia libido era scatenata e si mostrava attraverso voluttuose colate di sperma misto a precum che fuoriuscivamo dal forellino in cima alla mia verga eretta mentre Franco si avventava sulla mia carne soda, deciso a non farmi sedere per una settimana o anche di più e Chanel, in preda all’intenso godimento recatole dalla sodomizzazione da parte di Alessandra, smaniava e si agitava, passandomi il suo vigoroso cazzo ora in bocca fino alle tonsille, ora sul viso spalmandomi sulla pelle il vischioso frutto del suo godimento.
Più mi dimenavo in preda ad una forsennata lussuria, più i tre si accanivano sulle mie carni, pizzicandole, torturandole con le mani decise, provocandomi ancor più piacere, ulteriormente amplificato dalle invettive e le volgarità scaricatemi addosso.
Franco, ormai consapevole di essere passato ad una fase fin troppo piacevole per quello che avrebbe dovuto essere l’oggetto della sua vendetta, tirò a sé Alessandra, la fece mettere a cavalcioni sul mio culo in bellavista, e le intimò di penetrarmi insieme a lui, fu così che, per la prima volta in vita mia, ebbi due cazzi nel culo, Ale puntò l’orifizio già piuttosto ripieno e spinse con forza, riuscendo a far penetrare la cappella, dopodiché prese a spingere con forza per entrare completamente.
Io incurante del trattamento che fino a poco prima avrei temuto riveritamente, mi dedicai alla pompa che stavo eseguendo libidinosamente sull’asta di Chanel, ma quando Ale prese a spingere ritmicamente chiusi gli occhi e mi persi nell’inebriante piacere di sentirmi completamente farcita.
Chanel non apprezzò e a forza di vigorosu schiaffoni mi costrinse a riprendere in bocca la sua bella cerchia, ormai a un passo dall’orgasmo, e continuammo così per una manciata di minuti, con me beata fra due cazzi al culo e uno in bocca.
Finalmente mi resi conto che la resistenza dei tre andava affievolendosi, la prima a cedere fu la deliziosa Chanel, che mi riversò sul palato, sulla lingua e dovunque sul viso una densa schiuma perlacea, che avidamente bevvi per quel che potei, dopodiché sentii i due grossi calibri sfilare dal loro fodero di carne e fui rialzata per accogliere in bocca il seme degli altri due seviziatori.
In quella occasione ho potuto finalmente cogliere il vero significato delle parole ‘lago di sborra’, i due mi riempirono il volto e la bocca di tanta di quella crema da riempirci una cisterna, i getti bollenti di Franco venivano sparati talmente forti che l’impatto con la mia pelle era addirittura doloroso, i due poi, tutt’altro che condiscendenti, continuavano a picchiarmi e ad inveire contro di me mentre mi sborravano addosso, mentre Chanel mi teneva le mani ferme per impedirmi di trarre piacere da quella che doveva essere la mia giusta punizione, e nel frattempo indirizzava con forza la mia testa per accogliere gli schizzi dei grossi cazzoni puntati al mio volto, e per farmi ingurgitare nuovamente quelle poderose mazze per ripulirmi per bene.
Alla fine crollai esausta ma con il membro ancora dritto e duro, ad un passo dall’estasi, i tre puntarono nuovamente i9 membri verso di me e cominciarono allegramente a pisciarmi addosso, riempiendomi di calda urina e costringendomi ad ingoiarla, e quella fu la goccia che fece trabboccare il vaso, anche senza toccarmi ebbi un orgasmo dilaniante, versando abbondanti spruzzi di crema e gemendo ad ogni tremito che preannunciava una nuova eiaculazione, il cervello andò in corto circuito, penso di aver passato almeno cinque interi, lunghissimi minuti in preda ad un orgasmo squassante, schizzando zampilli di sugo dovunque in quella fetida stanza, per poi cadere in una sorta di coma dal quale mi risvegliai solo un paio d’ore dopo.
Come ulteriore misura punitiva mi avevano lasciato lì, in quel luogo dimenticato da Dio, senza alcuna possibilità di fare ritorno alla mia auto.
Mi alzai ancora molto dolorante e cercai di riassettarmi un po’, il culo bruciava di dolore, come in preda ad una febbre malarica, avevo la mandibola slogata e macchie di sperma e piscio dappertutto, la bocca era ancora intrisa di quel sapore acre di cui ero tanto avida.
Uscii nella notte gelida, tolsi i tacchi per camminare più spedita e mi diressi verso delle luci che in lontananza potevano essere quelle di una strada, determinata a tornare magari con l’autostop.
Mentre mi incamminavo cercavo di ricostruire gli avvenimenti e mi resi conto che quella notte avevo goduto come mai prima di allora, certo, poteva andare a finire male, ma cos’&egrave la vita senza un po’ di rischio, capii così che quella era stata solo l’iniziazione e che altre notti sarebbero seguite a quella, lo volevo, volevo affogare in un mare di cazzi e di sperma, era solo quella la mia ragione di vita, sapevo che il giorno dopo, ripulita e restaurata, sarei tornata in quella strada in attesa di farmi sfondare ancora, solo una cosa sarebbe cambiata però: prima avrei chiesto il permesso a Franco!

Leave a Reply