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Racconti Trans

La trasformazione di Sara

By 6 Febbraio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Sara era una di quelle ragazze che di certo non facevano girare la testa ai ragazzi. Seppur bionda, aveva un corpo tarchiato e basso, poco seno e abbondante, forse troppo, sedere. Il viso, solcato dall’acne post-giovanile, non invitava certo a prodigarsi di baci o carezze. Era però una brava studentessa, destinata ad una sicura carriera forense. Dopo il conseguimento del diploma,ottenuto con il massimo dei voti, aveva scelto di studiare Legge, un po’ perché realmente interessata, un po’ per continuare la tradizione familiare: il nonno era stato un importante avvocato, il padre aveva deciso di seguirne le orme con risultati alterni. Era però certa che, dopo la laurea, le attendesse un posto di prestigio nello studio legale che portava il suo cognome. Era invece poco interessata alle vicende materne: la madre era infatti proprietaria di uno negozio d’antiquariato, ma l’interesse per l’arte antica era in Sara pressochè nullo.

Le lunghe giornate, e nottate, di studio erano però un pretesto per non pensare alla sua vita sentimentale e sessuale: al compimento dei 20 anni non aveva ancora mai baciato un ragazzo, figurarsi averci fatto l’amore! Le uniche esperienze con il piacere le aveva fatte utilizzando il vibratore della mamma furtivamente scoperto un giorno in cui era da sola in casa. Da quel dì, con circospezione, lo utilizzava appena possibile per calmare i suoi naturali impulsi di giovane donna; ogni volta che raggiungeva l’orgasmo seguiva però una comprensibile depressione. Temeva infatti che questo aggeggio, di dimensioni comunque rispettabili, fosse l’unico corpo estraneo che potesse entrare nella sua figa.

Sebbene non avesse un grande successo sociale, poteva comunque contare su un gruppo di amiche molto simpatiche e disponibili, che facevano ben poco pesare il suo aspetto non particolarmente accattivante. Il gruppo di ragazze passava spesso assieme i weekend: tra viaggi, shopping e serate nei locali del centro Sara riusciva comunque a trovare un po’ di serenità assieme alle sue amiche del cuore. Di queste, aveva legato particolarmente con una bella ragazza mora di nome Valentina: poiché “gli opposti si attraggono”, Valentina era totalmente la nemesi di Sara. Studentessa a tempo perso di scienze della comunicazione, era più interessata all’universo maschile che ai libri di studio. Con le sue amiche non faceva segreto di nessuna delle sue avventure sessuali, alcune delle quali sembravano uscite da un film a luci rosse. La naturalezza con cui raccontava queste avventure, e le conferme che arrivavano dai soliti “bene informati”, non dava nessun dubbio in merito: Valentina era veramente capace di oltrepassare il limite, e lo faceva anche consapevolmente. Seppur fosse la sua migliore amica, Sara provava un sentimento di amore-odio verso Valentina: amore per il sostegno che aveva sempre avuto, specie nei sempre più frequenti momenti di crisi di Sara; odio per la sua naturalezza nel comportarsi con i ragazzi in modo così disinibito. Forse, ma non lo voleva ammettere a se stessa, era solamente grande invidia per le sue numerose esperienze.

Una calda sera di maggio, entrando in casa, trovò il salotto colmo di gente: la madre, nota antiquaria, stava mostrando a colleghi e amici un’opera in legno da poco personalmente acquistata. Era una statuetta africana, finemente lavorata, alta una cinquantina di centimetri. Il manufatto, a prima vista, sembrava una normale statuetta della fertilità come ne esistevano a bizzeffe, con il solito uomo raffigurato in notevole erezione. Tuttavia, rispetto alle solite differiva in alcuni piccoli particolari: l’uomo sembrava avesse i capelli lunghi e una specie di seno, quasi come l’autore sconosciuto volesse unire le caratteristiche tipiche maschili e femminli assieme. Sara non capiva tutto l’entusiamo per quella strampalata opera, anche se sperava in cuor suo di poter incontrare un uomo con quella dotazione che la facesse diventare donna. Sentiva dai discorsi degli esperti amici della madre che questo pezzo di legno intarsiato raffigurasse un raro portafortuna capace di soddisfare ogni desiderio del proprietario, ma secondo Sara l’unico fortunato in quel contesto era stato il venditore che era riuscito a farsi strapagare una bizzarra statuetta.

Venne la notte, e distesa nel letto Sara come al solito non riusciva a dormire. Aveva voglia di un uomo, e vista l’impossibilità di poter accedere al vibratore della madre era costretta ad usare la familiare mano destra. Appena si sentì bagnare, smise immediatamente di toccarsi. Voleva di più, la mano non le bastava. Si alzò e andò verso il salotto. La luce della luna mostrava la sagoma della strana statuetta africana posta sul tavolo. Sara, come rapita, la prese e cominciò a passarsela su tutto il suo corpo. Il contatto con il legno era particolarmente piacevole, e il respiro di Sara cominciò a farsi affannoso. Chiuse gli occhi e si lasciò andare completamente. Nell’eccitazione si ritrovò con il fallo di legno a ridosso della sua figa, e cominciò a spingerlo dentro con movimenti sempre più decisi. Non poteva credere di essersi ritrovata a introdurre un pezzo di legno, ma la passione ebbe il sopravvento. I capezzoli erano oramai durissimi, sotto era bagnata oltremisura. Con il bacino Sara compiva movimenti decisi, voleva raggiungere l’orgasmo ad ogni costo con quell’ominide legnoso. Giunta all’apice del piacere, strinse i suoi fianchi per sentire maggiormente quello strano fallo di legno dentro di sé. Ma al momento dell’orgasmo, sentì un dolore fortissimo dentro la sua figa, tanto che gettò sul pavimento la preziosa statuetta. Non aveva mai provato un dolore simile; dolore che, ritornando a letto, non sembrava darle pace. Riuscì a distendersi, ma con molta difficoltà: la fitta, lentamente svanita, lasciò spazio ad una sensazione di calore, nausea e vomito. Sembrava avesse una febbre molto alta, era sudata e le girava la testa. Restò nel letto come drogata per qualche ora, intontita e incapace di alzarsi a prendere una semplice aspirina. Respirava a fatica, nella sua mente temette di essere addirittura gravemente malata. Finalmente, con fatica, si addormentò.

Il risveglio fu lento e faticoso. L’orologio segnava le ore 10, oramai troppo tardi per seguire la lezione di Diritto Internazionale in programma quella mattinata. Era da sola a casa, i suoi genitori erano già andati a lavorare da un bel pezzo. Meglio così, penso tra se e se, almeno posso prendermela comoda. Alzandosi lentamente, ripensò a cosa era accaduto la notte scorsa, ma tutto sembrava come irreale. Non si sentiva più febbricitante, anche se rimaneva comunque un po’ intontita. Una bella doccia poteva essere un rimedio azzeccato; si alzò e andò verso il bagno.  Il salone, molto elegantemente arredato, era illuminato dalla luce del mattino, e Sara passò senza troppi pensieri davanti all’enorme specchio posto a lato della porta. Vide con la coda dell’occhio un profilo sconosciuto:  vide un nugolo capelli mori anziché i suoi biondi e una stazza ben più filiforme rispetto alla sua solita figura tarchiata, tanto che pensava di non essere sola in casa. Si girò, non vide nessuna presenza ulteriore in casa. Tornò davanti allo specchio ed ebbe come un mancamento.

Davanti a sé vide una donna totalmente diversa rispetto alla vecchia Sara. Lunghi capelli castani si stagliavano su un viso incredibilmente sensuale, con delle labbra carnose da far impallidire una top model. Si vedeva molto più alta; ad occhio arrivava al metro e ottanta. Il pigiama conteneva a stento le sue forme: se lo tolse, e vide riflesso un seno prosperoso, messo ancora più in risalto dalla pancia piatta e tonica. Era allibita, ma anche entusiasta: davanti a sé vedeva una ragazza fatale, che avrebbe superato di gran lunga molte pin-up che vedeva nei giornali scandalistici. Si diede numerosi pizzicotti per assicurarsi che non fosse un sogno, e in effetti non lo era. Era allo stesso tempo incredula e gioiosa, sembrava essere diventata una vera e propria donna da sogno. Ripensò alla notte precedente, forse la statuetta era realmente un portafortuna magico capace di realizzare ogni sogno. Eppure, le sorprese non erano finite. Entrata in bagno, quasi gridando per la gioia di questo miracolo, si tolse i pantaloni del pigiama ancora incredula per ciò che era avvenuto. Sotto i pantaloni però, anziché una deliziosa fighetta, svettava un membro enorme, sia per lunghezza che per larghezza. Era diventata una donna strabiliante ma provvista di un pene di dimensioni  notevolissime. Ripensò per un attimo alla statutetta, ai suoi capelli lunghi, al suo seno ma anche alla sua enorme asta. Aveva preso le sembianze della statuetta, in tutto e per tutto. Si sentì mancare, e svenne a terra.

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