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Racconti Trans

OMBRA FUGGENTE

By 14 Settembre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

La vita ha modi curiosi di presentarti il conto. Il mio destino era scritto tra le braccia di una bellissima mora, ma quella sera ancora non potevo saperlo. Quella sera la mia vita era ancora una sequenza di normali amenità, un groviglio di convenzioni scritte in un linguaggio a me fino a quel punto caro, ma che ben presto avrei gettato al vento. Avevo litigato con Maria quella sera, come tante altre volte, non più di tante altre volte, ma qualcosa si era rotto, un dolce fiele già colava ed io ne ero ancora allo scuro. Erano le quattro e mezza di notte, passeggiavo senza meta, in compagnia dei miei stanchi pensieri quando la notai, un’ombra, un dolce fantasma che fluttuando tagliava la strada spingendosi in direzione opposta alla mia. Quasi senza ragionare cominciai a seguirla, senza rendermene realmente conto. Ero come rapito, stregato senza scampo da quella eterea figura. Si accorse presto di me, ma non restò per nulla turbata, anzi, di ebbi d’un tratto l’impressione che mi investisse con uno sguardo ad un tempo divertito quanto carico di caldo desiderio. Vinto dai sensi mi spinsi come non avevo mai fatto in vita mia.
– Mi scusi’
– Mi lasci in pace (sorridendo)’
– Non ho potuto fare a meno di notarla, da sola, a quest’ora’
– Si fanno incontri piacevoli a quest’ora, non lo sa?
La voce era calda, profonda, miele e peperoncino, avevo imboccato una strada senza ritorno, questo l’avevo capito, ma ormai nulla avrebbe più fermato quel treno lanciato verso l’abisso.
Mentre scambiavamo quelle poche battute ci eravamo spinti nel portone di casa sua, la spinsi contro un muro, la fissai, il suo sguardo reggeva il mio, il suo alito fruttato inebriava i miei sensi, la sua lingua scivolò nella mia bocca invadendomi con la sua calda saliva. Mi esplorò assaggiandomi, mi avvinse a lei tanto che potei sentire i suoi seni premere su di me anche al di sotto del cappotto. Con una mano prese ad esplorare la lampo dei miei pantaloni, senza aprirla saggiò le dimensioni del mio piacere attraverso la stoffa. Cercai anch’io di valicare la tenue difesa della sua corta gonna ma me lo impedì
– non qui, saliamo in casa, voglio regalarti quello che non hai mai avuto’
– va bene’
Fu tutto quello che riuscii a balbettare, il mio sesso, che quasi esplodeva nelle mutande, dominava ogni mia azione.
La casa era calda, accogliente, una gradevole essenza si liberava nell’aria da un diffusore di incensi.
– Spogliati e siediti su quel divano’
Non me lo feci ripetere due volte, ormai avrei dato la vita per poter inondare quel dolce angelo del mio seme. Mi sedetti sul divano con il cazzo così duro che non potevo smettere di masturbarmi. Lei arrivò presto, indossava ancora le mutandine, mentre i seni erano liberi di danzare per me, due vette imperiose su cui svettavano due capezzoli scuri, grossi, turgidi. Non ero stato mai così eccitato in vita mia. Si accovacciò davanti a me, prese ad accarezzarmi le palle con una mano menter con movimenti lenti della lingua mi faceva ingrossare la cappella come non avevo mai visto. Cercai di controllarmi, non volevo venire subiti, ma quando cominciò a spompinarmi ingoiando il mio sesso con quelle grosse labbra carnose persi completamente la testa, le inondai la gola e la faccia del mio caldo fiotto. Mi baciò, per condividere il mio sapore di maschio.
– adesso tocca a me’
Fu allora che la vita bussò, che il destino diede una virata verso un lido che non avrei mai pensato di dover conoscere.
Tirandosi giù le mutandine portò alla luce uno splendido enorme fallo. La cosa strana fu che, invece di fuggire a quella vista fui immediatamente vinto dal desiderio di prenderlo in bocca, di sentirlo pulsare tra le mie labbra.
Presi a spompinarla con voluttà, lei cominciò a gemere sempre più forte, ma quando sentì che stava per venire mi fermò,
– vuoi essere mio fino in fondo?
Le sorrisi dolcemente, ormai avevo passato la linea, non potevo più tornare indietro, né lo volevo’
Ricominciò a spompinarmi, e mentre il mio cazzo si gonfiava cominciò a massaggiarmi il buchetto. La naturale resistenza dello sfintere cominciò presto a cedere, con naturalezza lei fece scivolare dentro prima una, poi due, tre dita, non resistetti, venni ancora inondando il suo seno maestoso. Ormai ero pronto, il giochino delle dita mi aveva messo dentro un’incredibile voglia di essere posseduto. Senza che lei me lo chiedesse mi voltai e mi inarcai tanto da offrirle la vista del mio culetto. La sentii entrare dentro di me lentamente. Dapprima fu un dolore incredibile, lancinante, ben presto però il dolore lasciò spazio ad un piacere che prese ad invadere ogni cellula del mio corpo. Cominciammo a muoverci sempre più velocemente, finché mi sentii cavalcare selvaggiamente, presi a masturbarmi al ritmo delle vergate che mi imprimeva la mia padrona. Al culmine del delirio la sentii cedere e invadere la mia intimità con il suo caldo seme. Non resistetti e venni per la terza volta. Mi rigirò, prese a pulirmi il cazzo con la lingua e con la stessa a lenire il bruciore del mio culetto. Quel caldo tepore mi raggiunse le viscere, come un bambino nelle mani della sua balia mi orinai addosso senza rendermene conto. Con la sua dolce bocca bevve avida la mia pioggia dorata, dopodiché ci addormentammo vinti da quella violenta esplosione di piacere.
Al mattino mi alzai e mi diressi verso la porta, mi girai e la guardai. Si era svegliata anche lei, mi sorrideva con dolcezza, sapeva che sarei tornato, la mia vita era cambiata, quel fantasma mi aveva rapito e mi aveva regalato quello che fino a quel giorno avevo tenuto nascosto a tutti, persino a me stesso

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