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Racconti di DominazioneRacconti Trans

PRIGIONE TRANSEX PARTE 3

By 3 Dicembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando uscii dalla prigione ero senza un soldo e un posto dove andare. Avevo in tasca pochi soldi, un biglietto dell’autobus fino a W. E un indirizzo di un bar di S. datomi da Lea, con un nome al quale rivolgermi. Arrivai a W. A mezzanotte. Dormii nella stazione dei treni, fuori, pioveva. Il mattino dopo usai parte dei soldi per una robusta colazione e mi misi in cammino. Feci l’autostop fino a F. quindi presi la corriera per S. arrivai al bar dell’indirizzo poco prima delle una di notte. Era un posto falsamente chic, gran divani rosa, luci basse, tavolini di pelle. Sporco, squallido. Alla biglietteria chiesi del nome sul foglietto e mi fecero entrare senza problemi. Ma il tipo(o la tipa) non c’era. Aspettai al bar. Gli avventori erano pochi, su una pista da ballo una ragazzina faceva la lap-dance. Male, svogliata, attorno solo due grassoni in giacca e cravatta. A servire ai tavoli vuoti, transex in topless. Annoiate pure loro, senza lavoro.
Rimasi a sonnecchiare al bar fino alle tre. Il barman voleva cacciarmi ma lo pregai di non farlo. ‘La prego, signore, non ho un soldo né un posto dove andare. Mi lascia aspettare Baa(questo era il nome sul foglietto)e le giuro che non darò alcun fastidio…la prego…signore barman, mi aiuti…’
‘Ok….che morti di fame….non mangiarti le noccioline, stronzo..’
non c’era l’ombra di un salatino in giro. Come i clienti del resto. Avevo sonno ed ero stanco.
Alla fine Baa arrivò in una scia di profumo da baldracca forte come un destro al naso. Era un transex bianco alto, con due poppe illegali e spropositate, labbra canonttate, braccia e spalle da lottatore. Due mani guantate- fumava un sigaro da un bocchino gigante ‘ larghe come pale, minigonna su curve, lunghe, bianche gambe, tacchi vertiginosi.
‘Tu saresti l’amichetto di Lea, giusto come sta il mio cuoricino Lea?’
‘…bene..le porta i suoi saluti..’ quella rise e mi sbuffò in faccia il sigaro.
‘che ti serve dolcezza?’
‘Un posto dove dormire, Signora e un lavoro…’
rise. ‘Ahhh…mica sono l’ufficio di collocamento! Dormirai di sopra, vicino alla cucina, c’&egrave una branda,non sporcare e non rompermi i coglioni, ci abito pure io di sopra!’
‘Grazie, Signora..’
rise ancora, tirando dal bocchino con quelle labbra a canotto rosa, occhi ipercolaroti blu,verdi,rossi. ‘Puoi restare 3 settimane, un mese al massimo, poi fuori dalle palle. Quanti soldi hai?’
‘beh…pochi, anzi pochissimi a dire il vero…’
‘Pezzente, ok, mi ripagherai in qualche modo..’
dieci minuti dopo ero con la faccia nel ventre di Baa che mi teneva la testa premuta sul suo cazzo e mi obbligava a spompinarla nel cesso. Succhiai quel cazzo, sfinito, distrutto dal camminare e dal sonno. Mi sforzai di fare un lavoro decente,ma Baa si lamentò più volte, infine arrabbiata mi mollò due schiaffi.’Non vali un cazzo, troia di merda..’ e mi pisciò in faccia.
Passi una nottataccia e mi addormentai solo all’alba. Quando mi risvegliai era l’una. Che cazzo di vita la mia? In mezzo a questi transex, umiliato, deriso, sfruttato. Ma cosa potevo fare? Non avevo soldi, né lavoro. Pensai alla notte prima e al maldestro pompino a Baa che non era neppure venuta…dovevo recuperare. Se lei mi cacciava da casa, dove sarei andato?un ex carcerato non ha molte possibilità. Mi alzai. Per fortuna Baa dormiva sul letto, struccata, russava. Andai in cucina e preparai una bella colazione: uova, succo, caff&egrave, marmellata, pane. Misi tutto su un vassoio e delicatamente svegliai la transex. ‘Oh…ma che ore sono? Tu chi sei?…ah….cos’&egrave?? colazione a letto, mamma mia tesoro…che caro…non facevo colazione a letto dal viaggio di nozze di quello stronzo del mio ex marito..figlio di troia…per fortuna &egrave crepato giovane….ohhh…che meraviglia!’ mi sedetti per terra e la vidi mangiare di gusto, felice e sorridente. Quando ebbe bevuto il caff&egrave e si era distesa sul letto a rutteggiare e scurreggiare di gusto, mi alzai e delicatamente tolsi il lenzuolo. Dormiva nuda. Le toccai le palle del piccolo pene. Le toccai delicatamente, le bacia leggermente, le tenni in bocca. Baa rideva. Godeva di quel dolce massaggio sulle sue piccole palle. Poi bacia la base del cazzo. La baciai con rispetto. Quindi salii alla cappella e la ingoiai, la succhiai e baciai,la succhiai ancora, iniziai a fargli un vero pompino, ingoiando e succhiando. Il cazzo di Baa era piccolo e poco reattivo,così era più accoglierlo tutto e spompinarlo, far correre le labbra sull’asta. A baa piaceva che arrivassi fino in fondo al suo ventre. Rideva, godeva. Abituato ai cazzi giganti di Trinax e Yum quello era uno scherzo. Continuai a sbocchinare Baa succhiando a fondo.
Quella volta venne, un fiotto piccolo, caldo, diretto in bocca, io la fissai e la ingoiai davanti a lei. ‘mi sucdiper ieri sera, Signora…’ lei sorrise. Mi baciò in bocca con quelle labbrone canotto succhiando la sua sborra dalla mia lingua.
Il giorno seguente passò meglio. Baa aveva apprezzato le mie scuse e il mio atteggiamento della mattina e mi lasciò in pace. Mi detto un’occhiata in giro. La casa era piccola ma se Baa viveva sola c’era spazio abbondante per due persone. Il locale di giorno faceva ancora più schifo, sporco e malridotto, i vari ritocchi di vernice non lo salvavano dalla mediocrità. Feci un giro nel quartiere. Chiesi in un bar dove cercavano camerieri, il capo quando vide che ero appena stato rilasciato dalla prigione mi fece accomodare fuori. Chiesi anche all’esercito della salvezza. Nulla. E in un refettorio per poveri. Mi dissero che lavoro non ce ne stava, ma che potevo dormire lì se mi fossi ripresentato alle 21,00. c’era una puzza di povertà e disperazione in quel posto che il carcere mi sembrò un luogo piacevole. Tornai a casa di Baa e le chiesi se potevo lavorare per lei.
‘Ah, troietta….potessi aiutarti lo farei..ma gli affari vanno di merda e ho più debiti di una ditta di videocassette….ti ho detto che puoi restare per qualche settimana, poi levati dal cazzo. Il mattino dopo Baa non era in casa, uscii per cercare lavoro. Un buco nell’acqua. Girai mezza città, nulla. Non si fidavano di me.
Il mattino dopo Baa mi svegliò gettandomi acqua fredda sulla faccia.
‘Sveglia, dolcezza!! – e rise sguaiata, le tette enormi sotto un pigiama da ragazzina, le labbra siliconate che ballavano allegre ‘ preparami una bella colazione come quella della volta scorsa…e poi il tuo servizietto di bocca completerà il mio risveglio! Spicciati!!’ e mi colpì con i piedi al costato facendomi drizzare in piedi.
Preparai colazione e la servii a Baa a letto.
Lei mangiò con gusto e mi sorrise. Quando ebbe finito si accese un sigaro con lungo bocchino e mi chiamò con un dito. Aprì le lenzuola e sotto il cazzetto bianco, piccolo con la cappella rosa era già sveglio. In ginocchio ficcai la mia testa fra le cosce di Baa, presi in bocca il pene e lentamente iniziai a succhiarlo con dolcezza. La spompinai come sentivo le piaceva, includendo nella mia bocca tutto il suo piccolo cazzo, leccando e baciando, giocando e succhiando con lentezza.
Lei mi teneva le testa con la mano, la sentivo godere piano, fumava, spirava, ondeggiava il corpo transex. Io succhiavo e baciavo il suo cazzo, ingoiandolo fino in fondo.
Poi la sentii venire dentro di me.
Tutta dentro la mia bocca.
Mi tenne la testa in basso perché bevessi il suo sperma caldo.
Io leccai e ringraziai. Lei sorrise. Mi baciò in bocca a lungo. Sapeva di donna, di tabacco, di sesso, di lussuria.
Da sotto il guanciale prese una banconota.
‘Prendi puttanella, sono per te…te li sei guadagnanti.’
con una spinta mi mandò via.
Coi soldi andai fuori a comprarmi un paio di mutande e di calzini nuovi e mi bevvi un paio di birre a zonzo per la città. Cercai ancora lavoro ma senza successo. Tornai al locale di Baa con la coda fra le gambe. Così passò anche il resto della settimana,io che cercavo lavoro e che rientravo al locale la sera,sfinito. Deluso,demotivato. Baa era sempre dietro al locale e non la vedevo quasi mai. Un sabato trovai un ingaggio in un pub dove facevano rock dal vivo. Dovevo raccogliere le bottiglie di birra dai tavoli e dai cessi. Mi dettero qualche soldo e mi richiamarono per il sabato dopo. Poi trovai un posto in un officina. Il proprietario era un ex galeotto pure lui e capì che ero un disgraziato. La paga era bassa ma il lavoro poco. Spesso stavamo seduti ad un tavolo a bere caff&egrave nero. Le settimane passarono rapide. ‘Allora, stronzetto hai i soldi per restare? La mia ospitalità sta scadendo..’ mi fece Baa una mattina. ‘ ho solo questi..non ho trovato nessun lavoro decente…mi scusi…’ e le detti i pochi spicci risparmiati. Lei li prese e li nascose fra le tette gonfie. ‘Una miseria…ok…ti concedo ancora qualche giorno…due settimane diciamo…poi..smammare…aria…mica sono la beneficenza io!?’
il mattino dopo,una domenica mi fece chiamare. ‘Vieni stronzetto servizio in camera con tutto completo,intesi?’ disse Baa svegliandomi. ‘Spicciati..’ mi alzai veloce, mi lavai alla meglio e preparai colazione. Andai in camera di Baa e lei era seduta sul letto che parlava con una sua amica. L’amica era una transex nera non molto alta, capelli a caschetto neri, naso piccolo, bocca fatta a bocciolo, cuoricino rosa perfetto e sexy. Indossava solo una vestaglietta trasparente di seta che mostrava le mammelle nero, gonfie, cascanti, un tatoo con aquile e lune sopra. Rise quando mi vide con il vassoio. Era molto porca e carina. Baa ordinò: ‘Posa qui e inginocchiati lì, fermo, attendi il tuo turno!’ feci quando ordinatomi e mi inginocchiai ai piedi del letto. Quelle presero a divorare la colazione, fette biscottate, uova, latte, marmellata, succo. Parlavano e ridevano. Quando ebbero fatto i loro comodi, fumato sigarette e riso come matte Baa mi chiamò: ‘Adesso, ecco il servizio ulteriore della casa..avanti..stronzetto…vieni qua e leccaci i cazzi!!!’ mi ordinò e così feci, mi alzai e poi inginocchiai di nuovo sul letto, afferrando i due cazzi, quello bianco piccolo della padrona di casa e quello nero dell’amica. Bello tosto. Iniziai a leccare e baciare. Passavo da un’uccello all’altro, ,ma ben presto dedicai più attenzioni a quello nero e duro di Cinna, l’amica. Leccavo le palle e le ingoiavo. Baciavo e leccavo l’asta nera…succhiavo la cappella odorosa di cannella transex e succhiavo. Poi leccavo anche Baa, baciandole il culo,ma il cazzo di Cinna mi attirava. Era bello tosto e mi pompava in bocca. A lei piaceva. Si capiva, si vedeva. Si toccava le poppe flaccide e gonfie. Le baciava e le strizzava. Baa le baciò i capezzoli. Io le leccavo il cazzo. Spompinavo quel saporito manzo nero. Succhiavo e leccavo, tornavo alle palle e all’asta, la leccavo. Baa succhiava i capezzoli di Cinna e mi teneva la testa sul cazzo dell’amica. Mi dava ritmo al pompino! Spingeva e leccava Cinna che godeva come una troia. Spompinaii, leccali, succhiai.
AHHHHHHHHHHHHhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh fece Cinna e mi venne in bocca.
‘Ecco i tuoi soldi, troia! Prendili!!’ mi fece Baa sbattendomi delle banconote in faccia. ‘Ti &egrave piaciuta la colazione speciale,Cinna??’
Ohhhhhhhhhhh Sììììììììììììììì fece quella. ‘Il tuo amico qui &egrave un tesoro…ce lo avessi tutti i giorni io….’ e mi mollò un bacio con quella sua bocca da troia succhiacazzi, un bocca di fata, dolce, forte.
‘Mi sa che mi hai dato un’idea…cara…’ fece Baa mentre io andavo via.

[per commenti,critiche,suggerimenti e se pensate che la storia della continuare,scrivete a dorfett@alice.it] Mi risvegliai nel letto dello chalet a causa del suono insistente del telefono. Fuori c’era il sole, chissà quanto avevo dormito. Alla caviglia avevo un affare nero che si illuminava, ben legato. Mi alzai per cercare il telefono. Era in cucina, sul tavolo c’erano cereali, latte e marmallata.
‘Pronto?’
‘FINALMENTE CAZZO, TI SEI SVEGLIATO! SONO VENTI MINUTI CHE CHIAMO!’ era la sceriffa riconobbi la voce e il tono.
‘Scusi…ero molto stanco…dopo quello che mi avete fotto?! Ma perch&egrave? Non doveva aiutarmi?’
‘ZITTO, STRONZO!! ascoltami bene. Vedi quell’affare alla caviglia? &egrave un indicatore di posizione. Se provi a scappare ti localiziamo e ti ribecchiamo subito.’
‘..ma perch&egrave?? che vi ho fatto? Lasciatemi andare, vi prego..’
‘ZITTO. TACI E ASCOLTAMI BENE. Sei nostro prigioniero. Se provi a scappare ti riprendiamo subito. ..
‘..ma io…
‘ZITTo!!! vuoi chiudere quel cesso di bocca?’
mi prese il terrore, quelle erano pazze..
‘Rimarrai nello chalet per tutto l’inverno. Poi vedremo. Devi tenerlo pulito e caldo. Io o le mie amiche verranno qui nei weekend a fare cene e feste, tu sei nostro prigioniero, quando ci siamo noi te ne starai nello stanzino delle torture..
‘Eh?? come?’
‘Taci o quando ti rivedo ti riempio di botte!! Starai lì fino a quando loro non se ne andranno la domenica sera..intesi? Tutto facile stronzetto?’
‘Ma io??…cio&egrave…
‘Cio&egrave un cazzo…così stanno le cose…riga dritto e forse a primavera ti lasceremo andare…fai lo stronzo e prenderai botte e calci e non solo cazzi in culo! Prova a scappare e ti faccio rimpiangere di essere nato e ti farò sbattere in una prigione vera dove sarai ammazzato dopo 3 giorni….ubbidisci a me e alle mie amiche. Poi vedremo di parlare della tua libertà. Ho finito. &egrave tutto..’
riagganciò. La mia vita era di nuovo nelle mani di pazzi sessuali e figli di puttana. Dopo la prigione ero passato in un bordello dove ero ugualmente prigionero e di nuovo qui. Fregato ancora.
Piansi. Poi mi feci una doccia. Lunga. Ero segnati di colpi sulle gambe, sul culo, sulla schiena, il culo sfondato da cazzi posticci. Spanato. Ma niente in confronto ai soprusi e alle violenze di certe notti nella prigione con Yum e il suo cazzo gigantesco, la sua forza, la sua cattiveria nel seviziarmi e colpirmi con la frusta quando era incazzata o annoiata. O le botte e gli sputi di Trinax che mi aveva reso suo schiavo personale nel padiglione T.
feci colazione e mi riposai sul divano. L’ambiente era spartano, ma carino, accogliente. Da mesi vedevo solo sgabuzzini e celle. C’era un grosso camino, una piccola cucina e una camera con bagno. Silenzio e boschi intorno. In fondo era meglio che in una prigione. Certo c’era la sceriffa e quelle puttane infoiate e sadiche, ma non c’erano guardie o transex violenti. Tornai a letto e dormii di nuovo. Quando mi svegliai mangiai di nuovo. La dispensa era piena di cibo in scatola, latte a lunga coservazione, frutta secca, pasta, formaggi. Cavolo, quassù potevo stare tranquillo e nutrirmi. Ok, quelle pazze mi avrebbero reso la vita difficile ma pensavo di potermela cavare abituato al padiglione T. mi rilassai e lessi un libro di avventura.
Il giorno dopo uscii dallo chalette. Mi ero dimenticato del segnalatore e mi avventurai un po’ nel bosco. Pareva che fosse molto esteso e che quassù fossimo molto in alto. Quando vidi la mia caviglia con l’affare che brillava mi venne un colpo e corsi in casa, pensando che la sceriffa mi avrebbe chiamato. Ma non lo fece. Tirai un sospiro di sollievo.
La sceriffa telefonò 2 giorni dopo.
‘TROIA! ASCOLTA. DOMANI SERA SALIAMO CON LE AMICHE PER CONTINUARE LA FESTA!!’ mi sparò a brutto muso ed io capii subito quello che significava per me. Botte, violenze, suprusi, umiliazioni. ‘..ma io…’
‘CHIUDI IL BECCO, TROIA. FACCI TROVARE TUTTO PULITO. IL BAGNO DEVE BRILLARE. SE CI SONO DELLE MACCHIE TI RIEMPIO DI SCHIAFFI….PREPARA IL CAMINO…STA ARRIVANDO L’INVERNO…E POI VATTENE NELLE STANZINO DELLE PUNIZIONI. METTITI IL COLLARE E ASPETTACI. INTESI??’
il tono non ammetteva repliche.
Arrivò il giorno in cui la sceriffa e le amiche sarebbero salite allo chalette. Feci quanto ordianto, pulii da cima a fondo la casa, accesi il fuoco e mi feci trovare incatenato nella stanzetta delle punizioni.
‘BENE…occoti qua..bravo…il nostro prigioniero…’ era la sceriffa con un’amica. ‘Alzati in piedi e avvicinati, stronzetto..’
lo feci. La sceriffa indossava una tuta blu da palestra e tacchi alti, l’amica una rossa robusta col collo lungo rideva di me. ‘Ok, dolcezza…’ e mi mollò due schiaffi fortissimi in faccia. ‘Questi sono perch&egrave mi va di farlo… – nuovo schiaffo forte, in pieno volto ‘ e questo perch&egrave sei uno stronzetto. Adesso ti libero da questa catena e vieni con noi…’ mi liberò, mi presero sotto le ascelle, la sceriffa con la tuta e i tacchi, la rossa che mi trascinava strattonandomi e insultandomi: ‘Avanti troia! Cammina…muoviti stronzo!’ mi trascinarono al centro della stanza. Pendevano due corde robuste e una sorta di sedia in cuoio con strisce piuttosto ampie fissate pure quelle al soffitto mediante corde. ‘Sali sopra!’ ordinò la sceriffa. Tentennai. Deglutii saliva spessa. Che cosa volevamo farmi quelle due?
La rossa mi prese per i capelli e mi scaraventò sulle corde di pelle nera. MUOVITI STRONZO! O VUOI CHE TI RIEMPIA DI SCHIAFFI?? sbraitò la sceriffa e prese a colpirmi. La rossa mi sistemò sulla pelle, prese le mie gambe le sollevò e fissò le caviglie a delle manette. Tirò e fui sbalzato in aria. Le gambe in tirare. La rossa mi rimesi in piedi e la sceriffa mi fissò le braccia. Con delle manette le legò a 2 corde e tirò su. Mi ritrovai bilanciato a mezz’aria. Sotto il pavimento. Le gambe alzate. Le braccia alzate. Immobilizato. Prigioniero. Di nuovo. Loro ridevano e mi sbeffeggiavano: ‘Sarà un bococcino perfetto per il nostro giochetto di stasera!’ fece la rossa. ‘Sì il suo culetto assaggerà il nostro totem, stanotte!!!’ gridò la sceriffa. Capii subito, quella posizione era per sodomizzarmi meglio, per violentarmi. Ero legato al soffitto e offrivo il culo libero a quelle pazze invasate… mi venne da piangere. Quelle ridevano. La rossa controllò che fossi bel lagato, ben comodo, pronto all’uso. ‘Possiamo andare ‘ fece la sceriffa ‘ &egrave tutto pronto per la festa!’ e si allontanrono. Sentii i tacchi della sceriffa percorrere lo stanzino delle torture. Mi serrai la bocca. Avrai passato ore di fuoco. Il mio culo sarebbe stato usato da quelle invasate. I tacchi si fermarono. DIMENTICAVO… disse la asceriffa. Tornò indietro da me. Andò al mio culo, io cercai di tirarmi su per vedere, ma era faticoso e difficile. Armeggiava col mio ano. Infilò uj dito, poi due..tre….prese un plug e me lo sbatt&egrave sul culo. Quindi me lo portò alla bocca. ‘Leccalo più velocemente che puoi…meglio per te…che poi te lo sbatto in culo e ce lo lascio fino a quando non torniamo…’ mi ficcò il plug in bocca ed io, sapendo che cosa sarebbe sucesso da lì a poco, presi a insalivarlo più che potevo. ‘Adesso basta…ecco…così…’ un colpo secco e il plug si infilò su per il mio culo. Sentii quell’oggetto esteaneo dentro di me. Il dolore, il bruciore. Se ne andarono ridendo. Provai a muovermi, ma ero in prigione. Legato al soffitto, mai e gambe, un plug ficcato nel mio culo.

Passò forse un’ora, forse due. Cercavo di muovermi ma era inutile, ero fissato a quel cazzo di soffitto. Quelle pazze in casa che si ubriacavano per farmi la festa.
Sarei stato il loro giocattolo.
Ma perché mi andava tutto così male? Perché ero sempre prigioniero di qualcuno? Dello Stato, di Trinax, di Baa, adesso della sceriffa e delle sue amiche assatanate.
Forse persi i sensi, forse mi addormentai.
Fu scosso da urla, la porta spalancata, grida e berci. Donne che gridavano eccitate e isteriche. Fischi, battiti di mani, tacchi sul pavimento.
ECCOLO ECCOLO!!! sentii la sceriffa.
Con la faccia rivolta in basso vidi prima una selva di gambe avanzare. Poi dei corpi seminudi, braccia in alto, seni al vento, facce eccitate e violente. Donne. Tutte donne. Tenevano in alto qualcosa, braccia protese che trasportavano cosa? Non vedevo. Cosa diavolo? La sceriffa mi colpì al culo. ‘Ecco bellezza, adesso inizia la nostra festa. Vero, amiche?’
urla beduine. Donne invasate. Mi scossi, le funi tennero. DOVE CREDI DI ANDARE PUTTANELLA?? ADESSO &egrave IL MOMENTO DELLA FESTA. DEL GRANDE FALLO!!!! ancora urla. Tremavo. La sceriffa mi fece vedere quello che avevano portato. Era un lungo bastone alla cima del quale era fissato un cazzo marrone, con un preservativo messo sopra. ‘nooooooooooo….nooooooo..vi pregooooooooooooooooo’ urlai disperato. La sceriffa rise, le amiche urlarono di gioia. ZITTO STRONZETTO ZITTO ADESSO TE LO FICCHIAMO DENTRO A TURNO E CI FOTTIAMO IL TUO CULO BIANCO CON IL GRANDE FALLO!!! HURRà PER IL GRANDE FALLO!!! IP- IPP- IPP- URRA ‘ HURRA’ HURRA’
quelle urlarono in coro.
VIA QUESTO!! e con uno strappo fortissimo, che mi fece esplodere di dolore mi strappò il plug dal culo.
ANDIAMO RAGAZZE &egrave IL MOMENTO DEL GRANDE FALLO!!!
mi colpì più volte sul culo. Le amiche si fecero strette a me, anche loro fecero volare schiaffi, sputi sul culo, sculacciandomi ovunque, botte sulle gambe, sui piedi, la mia faccia fu ficcata nelle fighe bagnate di quelle troie. Fighe pelose, lardose, unte e fighe depilate completamente, profumate, sputi e schiaffi, leccavo quelle fighe assetate, umori e schiaffi, la mia bocca in mezzo a quelle gambe. Non sapevo quante donne erano, chiudevo gli occhi per farmi forza. Leccavo e ciucciavo, una figa dopo l’altra, senza smettere un attimo. Intanto il mio culo era violato da dita, pugni, sputi e sputi sul mio ano, nel buco, sputi e urla, derisioni, le funi mi tevano fisso nel vuoto, la mia faccia affondava nelle loro fighe.
Poi sentii spingermi dentro quel bastone. Il cazzo entrò tutto facilmente allargato prima dal plug e dalle dita di quelle troie.
Lo sentii spingere dentro. Urlai, loro risero. Gridarono. Il cazzo prese ad entrare a ritmo. La sceriffa si allontanò e con il bastone prese a stantuffarmi con rabbia. Spingeva quel bastone e quello spingeva il fallo nel mio culo. Fui preso a quel modo. Come una bestia fissata al soffitto, una pazza che mi inculava con un bastone.
Lo presi e lo presi.
Mi scopò con forza e rabbia.
Poi passò il grande fallo alle altre e anche loro spinsero il bastone nel mio culo, urlando e eccitandosi a vicenda con grida e incoraggiamenti.
Una dopo l’altra mi scoparono a quel modo. Io prigioniero nel vuoto, un cazzo nel culo e un bastone in mano a delle sadiche. Poi presero a desiderare di nuovo i miei servigi di bocca nelle loro fighe e si misero in fila per farlo. Di nuovo fighe pelose e unte, di nuovo piccole e delicate. Il fallo mi prendeva assestandomi colpi duri. Quelle gridavano e ridevano. Mi scopavano con un bastone, bastarde e mi facevano leccare le loro fighe.
Andarono avanti così per un’ora penso, travolto dal dolore, dalle fighe, dagli sputi,m dalle urla di quelle donne eccitate ed ubriache. Pazze, stronze.
Scoparono il mio culo con bastone.
La sceriffa incitava le altre. Ma quelle non ne avevano bisogno, mi presero così, legato al soffitto. Con un bastone . A turno.
Mi lasciarono sfinito, dolorante, rotto.
Mi slegarono e mi buttarono sul materassino. Non avevo neppure la forza per lamentarmi.
La sceriffa mi fece ingoiare delle pillole e mi addormentai subito.

PER COMMENTI, CRITICHE SUGGERIMENTI: dorfett@alice.it I giorni nello chalet-prigione in alta montagna non erano poi male. Dopo essermi ripreso dall’orgia del fallo col bastone, ebbi un paio di settimane di pausa, perché le invasate lesbiche non si fecero vedere. La sceriffa telefonò qualche volta e mi portò delle provviste, giornali, riviste, libri. Tenevo in ordine la casa, mangiavo bene e molto, mi prendevo cura del mio corpo martoriato da quelle pazze e del mio buco del culo, oramai aperto come un’autostrada fottuta nella notte. Facevo pochi giri di fronte alla casa, avevo timore del segnalatore fissato alla mia caviglia e il bosco mi intimoriva. La notte faceva freddo, ma dormivo davanti al camino. Un giorno si presentò una coppia. Lei alta e bionda, un naso lunghissimo e occhi bianchi e piccoli, l’altra una nera bassotta e cicciotta, tutta curve e faccia a patata. ‘Ci manda la sceriffa, in auto ci sono delle provviste e roba per te, prendila, poi scarica anche la nostra roba, portala in casa e poi torna nel tuo stanzino e non farti vedere!’ mi ordinò la bionda. Feci quanto richiesto. Rimasi due giorni interi nello stanzino da solo. Quando se ne andarono vennero a chiamarmi: ‘Ehi tu!? Puoi tornare in casa, pulisci tutto e rimetti in ordine la camera!’ e se andarono. La nera con la faccia a patata mi fissò dal finestrino del pick-up e rise. Fanculo troietta pensai e tornai dentro. Mangiai quello che le troie avevano lasciato, pollo alle mandorle, spaghetti freddi, torta alle ciliegie e bevvi latte caldo. In giro sedie rovesciate, cuscini, falli finti, gel anali. Quelle due avevano scopato per 2 giorni di fila. Con calma rimisi tutto in ordine e ripresi la mia vita solitaria. Mangiavo, dormivo, mi tenevo in esercizio fuori dalla porta di casa, sulla veranda grigia. Non passava quasi mai nessuno da quelle parti. Solo una vecchia jeep militare con un omone barbuto e giubbotto rosso e un pick-up giallo guidato da una donna. In fondo non stavo male. Certo mi mancava la libertà,ma nessuno mi dava ordini in quei giorni solitario, mangiavo quando volevo, dormivo quando volevo, ecc. una notte di fine novembre nevicò e fuori c’erano 50 cm. Di neve bianca. Le linee telefoniche erano interrotte. Avevo un sacco di cibo e me ne fregai. Rimasi isolato per un paio di giorni poi la sceriffa mi chiamò ‘Ehi stronzetto come va? Paura della tormenta?’ ‘No, signora, tutto ok, grazie.’ ‘Ehi, non sono qui a farti un favore. Allora sabato verranno delle mie amiche. Tu fai trovare la casa in ordine e vatti a mettere nello stanzino quando verranno, ok?’
‘Sì, signora..’
arrivarono verso le cinque, in mezzo alla neve. Erano in 4, due biondazze ossigenate, una nera giunonica e un’asiatica minuta. Vennero nello stanzino. ‘E tu devi essere il guardiano?’ ‘Più che un guardiano mi pare un cagnolino indifeso…’ fece una accarezzandomi il mento come se fossi una bestiola. ‘Come ogni buon cane deve stare alla catena….vieni qua…il collare…’ e mi fissò alla stufa, legato col collare. ‘Guardate…non occorre…lo giuro…non mi muoverò da qui…non mi vedrete nemmeno…’ ‘Zitto!! i cani non parlano!’ e mi mollò due calci forti, la nera mi prese perni capelli e mi tirò su di scatto facendomi urlare di dolore. ‘Tu puoi solo abbaiare, stronzo!! in ginocchio, a4 zampe e abbaia..!!’ ordinò e mi mollò a terra con robbia. Una delle bionde mi strappò la tuta di dosso. ‘Ecco il culo di questo cagnolino…’ ‘noooo…’ feci. ZITTO ABBAIA ordinò la nera e mi colpii ancora. Abbaiai e abbaiai come richiesto, quelle ridevano e mi molestavano, la piccola asiatica si divertiva a passare le sue lunghissime unghie sulla m ia schiena facendomi urlare. Mi portarono a guinzaglio dopo avermi liberato. Camminai a 4 zampe e abbaiai. Loro ridevano. ‘E’ un bel regalo, non trovate? Ed &egrave tutto nostro, questa sera, la sceriffa ci ha fatto una bella sorpresa!’ ‘Sììììììììì………..dai…………vieni qua cagnolino…’ e mi tiravano e portavano intorno, colpendomi al culo, alla testa. Era eccitate e perverse. La nera fece: ‘Mettiamoli una coda…!!’ e prese una piuma da un cappellino dell’asiatica. Me la ficcò nel culo e mi fece abbaiare e girare intorno, mentre mi teneva al guinzaglio suscitando l’ilarità sfrenata di quelle pazze stronze. ‘Andiamo in casa!! avanti…su!’ e eccitate mi trascinarono fuori. Ero nudo e fuori c’era al neve. ‘I cani non indossano il cappotto!!’ fece una delle bionde abbottonandosi il piumino e trascinandomi fuori, al freddo, coi piedi nudi sulla neve ghiacciata. Per fortuna la corsa fu breve e in casa, col camino acceso, faceva un gran caldo. Le donne si svestirono, continuarono a giocare con me, picchiandomi, trascinandomi per la casa, sul parquet, in cucina, colpendomi, calpestandomi graffiandomi(l’asiatica era abile in quella pratica con le sue lunghe unghie azzurre),la nera era energica e violenta. Preparano la cena, ballavano e bevevano vino. Io per terra dovevo abbaiare e leccare i loro stivaletti bagnati di neve. Mi dettero una ciotola per bere acqua mentre loro mangiavano pollo e bevano come pazze. La nera mi legò alla maniglia di una sporta della cucina. Quando mi muovevo sbattevo aprendolo uno dei ricoveri delle provviste. ‘Perché non gli ficchiamo qualcosa in culo?’ ‘Noooooooooo…vi pregooooooooooooooooo..nooo’ ma quelle videro la cosa come divertente e una bionda prese una banana gialla lunga, per fortuna ci mise sopra un preservativo e a freddo me la infilò su per il retto. ‘Ehiii come c’&egrave entrata subito……..questa puttana &egrave rotta più di una troia di strada…come fai ad avere il culo così rotto puttanella?’ mi domandò la bionda spingendo la banana dentro il mio culo. ‘Volete veramente saperlo?’ chiesi balbettando per il dolore la fatica, l’umiliazione. ‘Sììììììì’ fu il coro di quelle pazze. Così chiesi un poco di acqua e raccontai tutto. Della prigione, del padiglione T., del fatto che ero stato schiavo di Trinax e tutto quello che avevo subito. Poi raccontai loro di come ero uscito, di Baa che mi aveva venduto a un bordello nel deserto dove mi aveva trovato la sceriffa. Quando ebbi finito quelle mi guardavo basite. Avevano riso ubriache ai miei racconti delle violenze subite da Trinax, dell’anello al naso simbolo degli schiavi del padiglione T e tutto il resto. ‘Cazzo che storia! Sei sopravvissuto a tutto ciò?’ chiese stupida una bionda. ‘…sì’ la nera mi slegò, mi tolse la banana dal culo e mi dette una coperta e delle scarponi per tornare nella mia stanzetta. Sfinito mi coricai, sentii che la festa nello chalet riprendeva, ma senza di me, per fortuna.

Quando se ne andarono ripresi possesso della casa. Le giornate passavano noiose ma tranquille, mangiavo, leggevo, dormivo al riparo. Fuori era tutto coperto di neve. Capitava che non uscissi fuori anche per 3- 4 giorni di seguito.
La sceriffa telefonava ogni tanto, sentiva come andavano le cose. Un paio di volte vennero delle amiche, ma non le incrociai neppure. Quando lasciavano lo chalet tutto coperto di bottiglie mozziconi, vestiti, sporcizia varia, passavo tutto il giorno a pulire.
In fondo, quando non avevo a che fare con donne infoiate e sadiche non era male. La noia era molta,ma era un sacco di tempo che non stavo in un posto potendo fare quello che mi pareva: cagare, mangiare, dormire quando avevo voglia e senza dover rispettare ordini, gerarchie, vessazioni, violenze vigliacche. Le vettovaglie arrivavano puntuali, il fuoco nello chalet era sempre acceso, mattina e notte(ogni tanto dovevo spaccare la legna nel capanno, ma era rilassante e piacevole sudare nel freddo dell’aria aperta, fra la neve), mangiavo bene e ero riposato.
La sceriffa mi telefonò una sera:
‘Domani verrà su una mia amica particolare, Yanna, ti piacerà vedrai.. – e rise di gusto ‘ &egrave una bella transex. Sarà con un suo amico, una persona di una certa importanza, voglio che ti comporti bene, non fare domande, non parlare con loro se non te lo ordinano loro stessi, ubbidisci e fai come ti dicono, ok?’ ‘Sì, signora. Non la deluderò.’ dissi. ‘Vorrei ben vedere o vengo lassù e ti rompo il culo a calci!!’
il giorno dopo feci trovare la casa linda come uno specchio, tutto in ordine. Mi ritirai nel mio stanza-prigione e attesi l’arrivo dell’auto di Yanna. Verso le nove si sera un grosso Suv Toyota arrivò allo chalet. Ne uscirono una transex nera, alta quasi due metri, parrucca bionda lunga in testa, una pelliccetta gialla, gonna verde, lunghi stivali bianchi vertiginosi, un volto serio e imbronciato e un signore dall’aria distinta, di almeno trenta centimetri più basso di lei, con un cappotto elegante fino ai piedi. Entrarono in casa e vidi solo accendersi le luci.
Avevo generi di conforto anche nello sgabuzzino e me stetti tranquillo. Verso l’una mi addormentai. Fui svegliato da passi e luci accese. Yanna e l’uomo vennero verso di me ridendo. Pensai che sarebbero iniziati i guai per me. Mi alzai. ‘Eccolo qua! ‘ fece lei. Indossava pantaloni di pelle aderenti, gli stivali lunghi di prima e una canottiera che mostrava la perfezione delle sue tette granitiche di colore rosa. La parrucca bionda ancora in testa. In volto aveva un’espressione corrucciata e severa, le labbra rosa, gli occhi truccati pesantemente, un lungo naso rifatto male. Era alta e massiccia. Atletica e dura, soda nei muscoli nelle gambe lunghissime. Lui era un uomo di una cinquantina di anni, indossava giacca e cravatta, piccoli baffi neri, volto curato e di quelli che ti facevano capire subito che erano ricchi sfondati. In confronto a Yanna scompariva nel suo fisico minuto. Aveva molte rughe sulla fronte, sul collo, attorno alla bocca. Occhi neri. ‘..sarebbe questo? Il ‘carcerato’ di cui parlavi prima?, beh…non mi pare una buona idea mia cara…’ ‘Sì…dai…ascolta…’ e raccontò per sommi capi la mia storia, il carcere, ecc. mi prese per i capelli e mi tirò a sé, sbattei contro le sue grosse tette granitiche e sentii il suo profumo di transex selvaggia, nera, femminile e puttana. ‘Dai…portiamocelo con noi…deve obbedire ad ogni nostro ordirne..vero?’ e mi colpì con uno schiaffo sonoro in faccia. Sì bisbigliai e mi presi un altro schiaffo gratuito. ‘Portiamolo con noi, facciamo una cosa a 3, ci facciamo eccitare da questo verme e poi scopiamo tutta la notte io e te..che ne dici?’ chiese al vecchio, nervosa e delusa. Quello la fissò poi fissò me. NO disse e fece per andarsene. Yanna lo fermò: ‘Se te ne vai ora…non ci vedremo mai più…lo giuro…’ lui la guardò. Doveva alzare la testa per vedere quel volto di nera transex truccato e altezzoso. Scosse la testa. ‘Fai come credi, mia cara…’ e se ne andò. Io ero in silenzio da una parte, vicino a lei, ma lontano kilometri da quella scena. Non volevo altri guai. Lei afferrò uno dei libri che erano per terra e lo tirò all’uomo che si allontava. Lo mancò, cacciò un urlo e sbatte forte i piedi. Io mi accucciai come a scomparire. La porta si aprì e si chiuse velocemente. Yanna digrignava i denti e fissava il vuoto davanti a sé. Io raggomitolato per terra la sbirciavo di nascosto. Poi udimmo nel silenzio un auto che si metteva in moto e poi delle gomme che premevano sulla neve fresca. Poi silenzio. Lei rimase ferma. Quindi pianse. Si voltò e mi vide. Pensai che se la sarebbe fatta su di me per quell’abbandono, ma invece non mi degnò di un cenno. Si ricompose e andò via.
Pensai di essere stato fortunato quella volta. Meglio così e mi rimisi a dormire.
L’indomani mi svegliai convinto che la transex se ne fosse andata. Ma quando entrai in casa la vidi che dormiva sul divano. Non si era neppure spogliata, i lunghi stivali ancora ai piedi, la pelliccetta addosso, solo la parrucca bionda era caduta per terra. I capelli erano corti e colorati di viola scuro. Dormiva russando rumorosamente con una bottiglia di whisky in mano. Pensai di andarmene in fretta e tornare nel ripostiglio.
Ma non lo feci. Non so perché ma mi avvicinai a lei e la guardai. Poi delicatamente le tolsi gli stivali facendo bene attenzione a non svegliarla. Le misi una coperta sulle gambe e tolsi la bottiglia dalle mani. Grugnì. Mi spaventai e per poco non caddi all’indietro. Non volevo certo farla incazzare. Mi sincerai che dormisse. Le misi un paio di cuscini sotto la testa e riattizzai il fuoco. Andai in cucina e mi preparai una tazza di caff&egrave e poi una seconda.
Dopo un paio d’ore Yanna si svegliò.
Si tolse le coperte e si stirò. Guardò in giro. ‘Buongiorno!’ le dissi dalla cucina.
Lei mi squadrò, come cercando di ricordare, poi sbottò con una voce bassa e impastata di sonno e alcool: ‘Caff&egrave? Ne voglio subito un litro!’ ‘In arrivo…’
le portai una tazza calda di caff&egrave e orzo e le chiesi come andava. Grugnì di nuovo. Le labbra prive di rossetto erano gonfie, gli occhi bistrati e assonnati. ‘Non sono affari tuoi..!’ ‘Mi scusi, Signora…non accadrà più…vuole che le prepari una colazione?’
lei si guardò intorno. ‘Mi hai portato tu le coperte e ee gli stivali?’ ‘Sì, signora, stava dormendo ho pensato he volesse riposare meglio…’ ‘Grazie. Ehmm….tu sei il prigioniero della sceriffa, giusto?’ ‘Sì’
‘…beh…ok…vada per la colazione, ma prima fammi ancora del caff&egrave.’
mi misi al lavoro. Memore dei tempi di Baa feci una colazione sostanziosa. Uova bacon, marmellata, yogurt e una tazza di caff&egrave.
‘….uhmm…buona..’ fece lei con il vassoio sulle ginocchia. ‘Senti…raccontami un po’ te…di questa storia…eri in prigione…?’ da qualche tempo ero costretto a raccontare la mia povera vicenda a tutti. Ormai la ripetevo a memoria, ma tutti si impressionavano ugualmente. Il padiglione T. gli schiavi e le guardie corrotte, il direttore amante di Trinax, le angherie, le violenze subite, il fatto che la mia padrona mi avesse incastrato con la complicità di Jon, il cazzo di Yum e poi la libertà….l’incontro con Baa, il progetto della colazione-pompino che non aveva dato i suoi frutti al bordello, la conoscenza di la sceriffa e adesso qui…
lei ascoltò tutto mangiando e bevendo caff&egrave.
Sorrise.
Mi squadrò.
‘Alzati…voltati….mostrami il culo….’ feci quanto richiesto e poi tornai a sedermi.
‘Colazione- pompino? Era una buona idea invece….quasi quasi la voglia pure io. La colazione l’ho fatta… – e si strusciò le mutande dove un grosso rigonfiamento si mostrava ‘ perché non farmi fare anche un pompino? Tanto…siamo noi….tu non puoi dirmi di no…a quanto…ho capito ‘ e si fece scivolare fuori la punta di un cazzo nero. La cappella era rossa e piccola, ma la lunghezza ancora nascosta dalle mutandine era evidentemente consistente ‘ perché non provare?…avanti vieni qui…- e il cazzo uscì tutto, lungo, ma non poi così grosso ‘ apri quella boccuccia da troia bianca e fammi un bel servizietto….- e si alzò in piedi, si tolse le mutandine e quello che vidi fu incredibile ‘ succhiamelo…!!’ ordinò a me che stavo a bocca aperta.
Le palle di Yanna erano mostruose. Non avevo mai visto in vita mia una roba del genere. Un grosso sacco nero lucido e massiccio cadeva giù dalla base del cazzo. Dei testicoli giganteschi. ‘…ma..’
‘Non ne avevi mai visti di simili vero?’
‘….no…mai…signora…e in questi ultimi anni non ho visto che cazzi….’
quelle palle erano enormi, un sacchetto pieno e grandioso.
‘E mi piace che mi vengano leccate con cura, a lungo…come farai tu adesso…vero? Avanti lecca..leccami le palle….su…leccamele bene…’
cacciai fuori al lingua e presi a leccare. Quelle palle!! cazzo che roba…mai vista una cosa simile…erano enormi, leccai accuratamente tutto, tutta quella pelle nera, ingoiai le palle giganti, lisce e profumate, ciucci-ai mentre Yanna apprezzava quelle cure. Succhiai e baciai, leccai e succhiai. Ogni centimetro di quello scroto enorme venne lisciato e baciato dalla mia bocca.
Lei godeva lenta. Distesa sul divano si godeva quel massaggio di bocca alle sue palle da uno schiavo in ginocchio. Mi sentivo di nuovo nel padiglione T. quando succhiavo il cazzo di Trinax o di Yum o di qualche altra transex nera che aveva diritto di stupro su di me. Leccai e la feci godere, gemeva piano. Quando la mia saliva aveva leccato tutte quelle palle enormi passai al suo cazzo dritto. In erezione era grosso in realtà, cio&egrave non paragonabile a certi calibri della prigione, ma un gran cazzo nero. Succhiai la cappella e la ingoiai, la ciucci-ai e baciai, quindi presi a spompinarlo con gusto. Mi piaceva quel cazzo, dopo avere goduto di quelle palle. Yanna godeva del mio pompino. Era ingrifata, tornai alle palle gigantesche e le succhiai di nuovo e baciai, lei godeva, le piaceva quella mia attenzione per il suo scroto. Baciai a lungo i testicoli neri, grossi. Yanna mi riportò la bocca sul suo cazzo per finire. Spompinai forte, succhiando e risucchiando, come piaceva a Yum o a Trinax. Lei venne forte nella mia bocca,svuotando quelle meravigliose palle nere della sua sborra calda bianca.

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La fissai. Aveva occhi sgranati dal piacere, il volto teso e contratto in uno spasmo di goduria. Le labbra nere gonfie, il collo massiccio e slanciato al tempo stesso. Il petto gonfio accoglieva l’orgasmo liberatorio procurato dalla mia bocca, il corpo lungo e nero rilassato sul divano. Lei mi vide e sorrise. Le mostrai la mia bocca piena del suo seme caldo, quindi attesi. Lei si abbassò su di me che stavo in ginocchio e mi portò una mano al mento, quindi con uno scatto lo spinse su e mi ordinò senza parlare, solo col gesto, di inghiottire tutto.
Lo feci.
Era una sborra calda, densa, forte.
‘Adesso vattene, torna nella tua stanza-prigione e aspetta i miei ordini…’
mi alzai lentamente, mi ripulii e tornai nella stanza-prigione.
Accesi la stufa, presi una rivista e mi misi sul materasso.

Mi addormentai e quando fui sveglio guardai verso lo chalet. Le luci erano accese. Yanna era ancora in casa. Pensai che era meglio lasciarla stare. Avevo scorte di cibo e acqua e così buttai giù qualcosa, della frutta e del pane in cassetta. Verso le sei del pomeriggio. Fuori era buio pesto e solo le luci dello chalet, sentii una porta che si apriva e vidi dalla finestrella Yanna venire verso di me. Indossava solo la pelliccetta e gli stivaletti, sotto era nuda e si abbottonò bene per il freddo. Corse dentro. ‘Ehi, tu…veinei dentro…preparami una cena e poi sentiremo cosa fare con la sceriffa. Qualcuno dovrà venire a prendermi…ho appena parlato con J. Quello stronzo figliodiputtana….e …insomma….non sono affari che ti riguardano…’ ‘Vero, signora…vengo subito…cosa preferisce carne o pasta?’
tornammo dentro, al caldo, lei si tolse la pelliccia ed infatti era nuda, stivali a parte e si mise al camino. ‘Fammi della pasta e stappa una bottiglia di vino rosso. Muoviti.!’ presi del barolo e ne servii un bicchiere a Yanna. ‘Lascia la bottiglia e vai in cucina!’ la sua voce era calda e bassa, dura e spiccia, sputava parole strette. Si mise una camicia da donna e si sedette alla tv. Preparai degli spaghetti al pomodoro e aglio e origano. Le piacquero molto, spazzolò il piatto e bevve tutta la bottiglia di barolo. Rideva e parlava di J. E di che razza di bastardo fosse. J. Era un ricchissimo avvocato di QM. E possedeva mezza città. Si frequentavano da 2 anni. j. Le aveva giurato che avrebbe lasciato la moglie per Yanna. Ma un giorno lo aveva visto in compagnia di una 20 enne bionda. L’aveva affrontato e lui aveva confessato di avere ben 2 amanti, quella ragazza e un uomo, oltre a lei, Yanna. Yanna aveva voluto una incontro risolutore, lì in montagna lontano da tutti. Ma J,. aveva preferito andarsene da codardo.
‘E tu? Che cazzo fai tutto il giorno qui da solo?’
‘…beh…leggo…pulisco casa….faccio delle flessioni in veranda, guardo la tv…dormo….non sto male…cio&egrave &egrave sempre una prigione…ma prima era quella vera….sbarre…violenze…paura…’
‘E quale diritto ha la sceriffa di tenerti quassù.’
‘Mi ha riscattato dal bordello…sono di sua proprietà…’ ammise e le mostrai il congegno alla caviglia. Yanna mi afferrò la gamba e la tirò a sé. Aveva un forza incredibile. Guardò il congegno. Sorrise. Ma questo non &egrave un segnalatore, &egrave una scatoletta con una luce verde…scommetti che se lo spengo non succede niente…?’
‘NOO…la sceriffa…ha detto… ma lei aveva premuto un tasto e aprì i lacci che lo legavano alla mia caviglia. Lo gettò per terra e rise: ‘Vuoi vedere che la sceriffa non chiama?’
passarono minuti di terrore, lei rideva divertita, si passava la lingua sulle labbra grosse, era ubriaca. Se la sceriffa avesse telefonato? Yanna si portò una mano al pacco sotto le mutandine. Io guardavo intimorito, tremavo all’idea che la sceriffa vedesse che il marchingegno che prima stava alla mia caviglia adesso era per terra. Yanna prese a toccarsi l’uccello. Le sue lunghe mani giocavano con la base del cazzo, sotto la quale troneggiava l’enorme sacco delle palle. La guardavo. I minuti passarono, nessuna telefonata. In effetti la sceriffa poteva benissimo essere a lavoro o a sbattersi qualche amichetta lesbo delle sue. Le palle di Yanna erano enormi, non potevo non ammirarle, erano uno scherzo della natura. Giganti. Forse la sceriffa avrebbe visto l’assenza di segnale domani. Yanna le avrebbe spiegato o io avrei giurato di non essermi mosso. E chi me lo faceva fare? Fuori c’era la neve alta, -10′ e non avevo nessun mezzo. Sotto i mie occhi il cazzo di Yanna era diventato barzotto, la cappella rosa svettava. Lei rideva ubriaca. Con un gesto della mano mi ordinò di iniziare a leccarlo. Io mi buttai sulla cappella rosa, la succhiai con colma, aspirando e leccando, la baciai lentamente, poi mi abbassai fino alle palle, volevo baciare quella sacca nera e gigantesca, lei apprezzò e si fece succhiare e baciare a lungo, io accoglievo nella bocca, cucciavo, Yanna rideva. Andai avanti a leccare e succhiare per un po’, con lei che si divertiva e mi dava della troietta succhiapalle. Tornai al cazzo oramai eretto. Leccai bene l’asta e ripresi a succhiare la cappella. Yanna godeva. Leccai e spompinaii a lungo. Succhiavo la cappella rosa e baciavo l’asta nera. ‘Bene cosììì…prendilo…troia….cosììì’ leccai e spompinaii, quindi tornai alle palle. ‘Sìììììì….troietta succhiacazzi, baciale….succhiapalle….ohhhhh che succhiapalle che sei…ohhhhhh cosìììììììììì…sììììììììììì’
mangiai quelle palle enormi, le coprii di saliva, le baciavo e succhiavo. ‘Cosììììììì….ohhhhhh dai………troietta…………prigioniero…..avanti……succhiapalle………sììììììììì’
leccai ancora e succhiai, quindi Yanna mi afferrò la testa e mi spinse con forza sul suo cazzo, infilandomelo in bocca con decisione. ‘Troiaaaaaaa….ti vengo dentro….succhiapalleeeeeeeeee…….’ e mi scaricò in gola una quantità di sperma caldo, infinito.
Si svuotò con rabbia dentro la mia bocca.
Mi sbatt&egrave il cazzo sulle labbra e sulla bocca.
SUCCHIAPALLE!!!!!!!!!!!!!!!
mi afferrò i capelli e mi spinse indietro.
INGOIA TUTTO……COSìììììì……….PRENDI…….PRIGIONIERO DELLLA SCERIFFA……..TROIA………….SUCCHIAPALLE!!!!!!!’
e finì per farmi bere tutto.
Alta in mezzo alla stanza Yanna mi troneggiava, mi spinse a terra. ‘Pulisci tutto e preparami un bagno. Poi vattene, troia!’ e mi congedò.

Tornai nello sgabuzzino- prigione e mi misi a letto.
Il giorno dopo Yanna non c’era più. L’avrei mai rivista? Pensai al suo sacco di palle nere gigantesco. La sceriffa telefonò solo nel pomeriggio. Il segnalatore era sempre staccato. La sceriffa non disse nulla riguardo a quella cosa e io pensai che Yanna avesse avuto ragione. La sceriffa e le sue compari non mi controllavano affatto ero libero di andarmene. Libertà pensai. Era affascinante, erano anni che non ero più libero: prima in prigione, poi nel bordello, ora qui. Ma dove sarei andato? Non avevo un posto, soldi, nulla. Nello chalet-prigione avevo tutto, pasti buoni e nutrienti, caldo, riposo, certo dovevo subire le angherie di quelle pazze e dei loro amici e amiche,ma mi ci stavo abituando, meglio che nel padiglione T. sarei rimasto, avrei fatto finta di niente. Indossai il segnalatore alla caviglia, ma lo lasciai spento.
La mattina dopo uscii fuori e mi incamminai lungo un sentiero ai bordi della strada. Tanti alberi, neve, ghiaccio. Era una bellissima mattinata tersa, il sole brillava, l’aria era fredda, ma sopportabile. Camminai a lungo, inerpicandomi fino a un piccolo rifugio, vuoto. Mi sedetti a riprendere fiato. E solo allora mi accorsi che mi trovavo in alto ma che sotto si vedeva la valle e la città. Era un panorama fantastico con quel sole e lo sguardo che abbracciava l’infinito sotto. Mi sentii bene e quasi felice. Rimasi a fissare quella meraviglia fino a che non mi fecero male gli occhi.
Tornai a casa e mangiai zuppa di cipolle e farro caldo.
La sceriffa si fece vedere per portarmi le provviste. Non si accorse del segnalatore spento. Non mi controllavano, era certo. ‘Troetta, vedo che fili dritta, brava…a fine inverno parleremo della tua situazione…per ora vai bene…dolcezza…continua così…anche Yanna mi ha parlato bene di te…ha gradito quella tua specialità: colazione-pompino…..bene….dovrei riprovarla anche io….una di queste sera torno a trovarti e ce la spassiamo…noi…due…vero…passerina?’ mi afferrò la bocca e mi tirò la faccia. Mi dette un bacio e poi mi sputò in faccia. ‘Ah…troietta….ok….questo &egrave per te….ci sentiamo…dolcezza…’ e mi strizzò l’occhio mollandomi una pacca sul sedere.
Per settimane non si vide nessuno.
Quindi un sabato la sceriffa mi chiamò. ‘Stanno salendo due miei amici: Tabata e Erik, obbedisci ai loro ordini come sai fare tu dolcezza e tutto filerà liscio.’ ‘Ok, signora.’ Così me ne andai nello sgabuzzino prigione e mi misi a letto. Alcune ore dopo la mia attenzione fu attratta da dei fari che fendevano la notte scura e fredda del vialetto dello chalet. Una jeep nera si fermò. Scesero Tabata e Erik e entrarono in casa. Mi vennero a chiamare qualche ora dopo. Erik era un ragazzo sulla trentina di bell’aspetto. Moro, riccioluto piuttosto alto, spalle larghe e un sorriso simpatico in faccia. ‘Ciao, come va?’ mi chiese. Tabata era una donna grassa, ben vestita e truccata,ma appariva senza dubbio per quello che era, una donna massiccia, con un fisico deformato dalla carne che traboccava ovunque. ‘Bene, grazie. Avete bisogno di qualcosa? Come posso aiutarvi?’ risero entrambi, erano già un po’ brilli. Tabata era una bionda dai capelli biondi lisci, il viso era anche bello, cio&egrave occhi piccoli e naso alla francese,non dimostrava più di 35 anni, ma poi il resto era un trionfo esagerato di carne, doveva pesare più di cento kili. ‘Mi ha detto la sceriffa che sei al nostro servizio…’ chiese lei ridendo. ‘Sì, signora, potete fare di me quello che volete…’ risposi servizievole. ‘..ohh….senti..qua..Erik…’ ‘Ehi, sembra forte!’ ‘Possiamo chiederti tutto?’ ‘Sì, signora…’ ‘Bene..uno spasso…’ fece lui. ‘Ci divertiremo allora…per prima cosa…prendi questa!’ e mi dette una pasticca azzurra, di un paio di cm. ‘A cosa serve, se posso chiedere?’ ‘Oh, vedrai…’ ‘Sì, vedrai amico e non ti preoccupare…serve solo a tenertelo dritto per questa notte!’ disse Erik. ‘..ah…io..’ ‘Non preoccuparti…prendila..avanti, tranquillo amico…’ misi la pasticca in bocca. ‘Avanti!’ ordinò lei. Buttai giù. ‘Bene…ora noi rientriamo..tu ci seguirai…fatti una doccia e raggiungici in camera!’
obbedii e andai in casa dopo di loro. Mi feci una bella doccia e bevvi del succo di frutta. Avevano cenato, vidi resti nel lavabo e sul tavolo. Andai in camera da letto. Tabata stava spompinando Erik che era disteso sulle lenzuola viola. Aveva un bel fisico. Tabata nuda era una massa di carne. Le gambe piene di giri di grasso, due tozze onde di pelle che cercavano di tenere su un corpo grasso, debordante. Le mammelle erano enormi e la testa piccola e bionda di lei sparivano fra tutta quella carme. Però ci dava giù di bocca a farlo tirare al compagno. ‘Vieni avanti…su..qui sul letto amico…- fece Erik mentre Tabata continuava a spompinarlo- bacia la mia amica..sù…così…bacia la sua figa…vai amico…così…baciala…’ mi disse. Ed io leccai quella figa di Tabata, labbra rosse e piene in quella massa di carne. Una figa vissuta, ma profumata di donna e depilata. Ne bacia a lungo i contorni e le labbra. Lei godeva, ci fava sotto di bocca sul quel cazzo e intanto godeva come una matta ai miei baci, ai miei colpi di lingua. Era del tempo che non baciavo una figa. Che non succhiavo un corpo di femmina. Era piacevole. Mi accorsi a breve che avevo un’erezione di marmo, forse merito della pasticca, ma anche del sapore di figa. Leccai Tabata e poi mi misi sopra di lei. Quel grasso era molto, la carne troppa, ma il mio cazzo era duro e lo sbattei sul culo di lei. Intanto il pompino era venuto alla fine. Erik pompò nella bocca di Tabata e la riempì. Lei bevve tutto mentre io le sbattevo il cazzo sul culo. METTIME DENTRO!! ORAAAAAAAAAAAAAAAAA METTIMELO DENTRO!! SUBITO!!! gridò ed io non me lo feci ripetere due volte. Ficcai il mio cazzo in quella enorme figa e iniziai a chiavarla. Cavalcai alla grande. Ci davo dentro sentendomi una roccia. Chiavai e spinsi dentro il mio cazzo di ferro. Tabita godeva come una cagna. La sua bocca espelleva goduria e lussuria. Erik era in piedi che mi incitava a spingere a fottere quella troia della sua amica. Per la prima volta da quando ero lì nello chalet-prigione, non ero io la troia ma bensì un altra. Scopai a lungo, mi sentivo una furia. Il mio cazzo a contatto con una figa era impazzito di gioa e ci dava sotto da vero stallone. Feci venire lei più volte. Intanto Erik era tornato in forma e sbatteva il suo uccello sulle ciocce della bagascia in calore. Quella godeva come una pazza. Erik la sbatt&egrave sul letto. ‘Aspetta amico..adesso ce la facciamo alla grande questa baldracca arrapata…vedrai..’ e la sistemò bene. Lei di fianco sul letto in mezzo a noi. Lui si mise dietro e gli ficcò il cazzo a freddo nel culo, facendola gridare di dolore. Quindi io le rificcai il cazzo dentro e ci mettemmo a scoparla entrambi lui che spingeva nel culo, io che la ficcavo in figa, Tabata che godeva come una pazza. Andammo avanti per un sacco di tempo sbattendoci quella troietta grassa. Ce la ripassammo a turno, con Erik che mi incoraggiava e lei che godeva come una troia impazzita. Le venimmo assieme sulle zinne giganti e ci addormentammo assieme nel letto.

Il mattino mi risvegliai nel letto assieme a loro. Aprii un occhio e poi l’altro. Mi sentivo bene e riposato. Erik era abbracciato al corpo gigantesco di Tabata, un ammasso di carne bianca e debordante. Il viso felice di lei riposava tranquillo. Pensai di preparare la colazione, ma volevo godermi il tepore del mattino. Fuori c’era il sole. I due dormivano ed io guardai i due corpi nudi. Lui muscoloso, lei fiacca, grassa, dosi di carne in eccesso ovunque. Mi eccitai. Non so perché. Forse perché mi sentivo bene, forse per via della pastiglia della sera prima, o del sesso, sta di fatto che mi ritrovai con il cazzo duro. Allora mi appoggiai al culone di Tabata. Lo baciai leggero e presi a masturbarmi. L’odore della sua pelle femminile mi eccitava. Arrapato mi toccavo piano. Il loro respiro era uno stimolo al pari del profumo di donna di Tabata. Il cazzo era duro. Baciavo quel culo e mi segavo. Tabata si svegliò. Non me accorsi subito preso dalla masturbazione. Mi sentivo eccitato e felice. Tabata allora mi chiamò piano: ‘Ehi..psss…pss….che fai? Perché non me lo metti dentro codesto bel cazzo?’ arrossii, ma ero in tiro. Mi alzai e uscii dal letto. Lei si girò verso di me. Una balena di grasso dalla faccia allegra. Sollevai le sue gambe giganti e tirai quel corpo a me. La fissai negli occhi e per la prima volta da mesi e mesi mi sentivo io dalla parte di quello che fotteva. Bello! Ficcai il mi cazzo durissimo nella figa di Tabata ed iniziai a chiavarla spingendo con rabbia. La cavalcai con le gambe che sbattevano sul mio corpo. Facevano un rumore gonfio. Spom spom spommm. Trombavo Tabata che godeva puttanella. Il mio cazzo andava dentro fuori la sua figa bagnatissima. Scopai e scopai. Dentro fuori. Spom spom spom. Tabata godeva. Io godevo nel fotterla a quel modo. Con la coda dell’occhi notai che Erik si era svegliato e ci guardava chiavare. Non era la sua donna, lo si capiva era un gigolò di quelli top e era felice che il lavoro sporco lo facesse qualcun’altro. Lui si riposava. Io chiavavo. Scopavo Tabata sul letto. Spom spom spom. Gran colpi assestati. Dentro fuori. Pom pom pommmm venni dentro di lei.
I giorni seguenti non furono male. Mangiavo, dormivo, facevo lunghe passeggiate fra i boschi, per strada, la temperatura si alzava e la strada era piena di acqua, neve sporca che si scioglieva. Con la sceriffa andava bene, non diceva niente. Una sera vennero due ragazze del branco, ne riconobbi una, ma rimasero in casa per tutto il tempo.
Non ero libero.
Ma stavo tranquillo e riposato.
Un mattino una jeep rosa irruppe nel vialetto. Stavo leggendo in salotto. Scese Yanna e una sua amica trans. Yanna indossava un piumino bianco e lunghi stivali bianchi. L’amica un’elegante pelliccetta leopardata, gonna leopardata e scarpe coi tacchi. Piombarono in casa:
‘Ehi, stronzetto! Vieni qua! Voglio presentarti a una mia cara amica’ urlò Yanna e scattai in piedi e feci: ‘Salve, Signora…come sta?’
‘Zitto, stronzetto. Vieni qua. Lei &egrave Miss Pot…’
‘Piacere, Signora’ feci inchinandomi.
‘Che ne pensi?’
Miss Pot mi squadrò.
Era una trans sulla cinquantina, il viso dagli zigomi rifatti di botox erano lucidi e leggermente colorati di rosso, gli occhi tirati quasi orientali erano scuri, truccati con classe, tutta la figura ispirava una certa ricercatezza, classe, puttanone di alto bordo. La pelle era mulatta, le braccia lunghe ma esili, bracciali d’oro e una borsa di alta fashion francese. Le labbra erano gonfie e rosse. ‘Voltati..’ disse con voce calda, ferma, profonda. ‘Hai sentito? Coglione? Voltati!’ ordinò Yanna.
Mi voltai.
‘Gracilino, ma non poi così pessimo per essere un bianco….dici che reggerà?’
‘Oh, per questo ti ho voluto portare qui, mia cara. Per giudicarlo. Chi meglio di te?’
‘Spogliati!’ disse Miss con la sua voce calda e bassa.
Mi spogliai veloce. Jeans a terra. Camicia e felpa.
‘Togliti le mutande e mettiti a 90 gradi..’ ordinò.
‘Com..
yanna mi afferrò la testa e mi piegò: HAI SENTITO MISS POT!!!!!!!!!!!! A 90 GRADI STRONZO! SUBITO!!
mi piegai e come volevano esposi il mio culo.
‘Culo, bianco, pare stretto…ma mi dici che ha beccato solo cazzi neri in questi ultimi anni…’
‘Puoi scommetterci, mia cara, ne ha visti di cazzi questo fottuto culo bianco qui…ahim&egrave..’
‘Apriti il culo, troia!’ ordinò Miss con la sua voce ferma che non ammetteva repliche. Fui obbligato ad aprirmi il culo e mostrare quanto fosse spanato. Cazzi neri, falli di gomma, nerchie giganti ci erano passate bene, ero aperto come una strada, la dietro.
‘Bene, culo recettivo vedo. Forse può funzionare…ci penserò…dovremo provarlo….’
‘Come vuoi, mia cara…chiamo la banda?’
‘Ok. Proviamo…perché no…?’
‘…che volete..’
ZITTO STRONZO. STAI ZITTO O TI ROMPO LA FACCIA. Urlò Yanna e mi mollò due calci al culo facendomi volare a terra. Quindi mi calpestò facendomi gridare di dolore e piangere. Con i suoi stivali mi salì sul culo e saltò. Ztum. Che colpo. Porca troia…saltò di nuovo e mi piegò a terra. Quindi salì sulla schiena e camminò con tutto il suo peso da enorme transex nera e coi suoi stivali. Urlai di dolore lancinante. Dolore. Lei camminò. ‘ferma!basta ora!non vogliamo certo sciuparlo…’ fece Miss e lei scese.
‘Ci faremo sentire..’ disse Yanna scendendo dalla mi schiena mentre eio piangevo dal dolore. Se ne andarono con la jeep rosa e io rimasi a piangere con la schiena segnata dagli stivali di Yanna.
Per due giorni rimasi in casa a riprendermi dal dolore. Yanna era proprio forte e grossa. I segni sulla schiena erano forti. Rimediai della pomata per cadute spingendomi da Sarah la vicina che viveva molti chilometri a valle. Falli non fu male, ma ero dolorante. Come avrei fatto a risalire. Per fortuna Sarah si mostrò comprensibile. Mi curò con la pomata e mi dette un passaggio fino a casa. ‘Ah, abiti a casa della sceriffa McGueww? La conosco. Andavamo a scuola assieme.’ ‘E’ una poliziotta?’chiesi ingenuo.
‘Sì, e tu come la conosci?’ ‘Oh, sono il suo broker di borsa.’ lei sembrò non crederci. ‘OK, amico..ciao..’ ‘Grazie,s ei stata molto gentile…non dirlo alla sceriffa. Può rimanere un segreto fra noi? Ti prego…’ ‘..eh..sì..dai…in fondo capita a tutti di farsi camminare sulla schiena da un cinghiale…’ ‘Grazie..sei gentile…grazie..’

la sceriffa non chiamò.
Tornai alla vita normale nello chalet-prigione.
Vennero delle amiche della sceriffa. Mangiarono in casa e poi, a sera, ubriache, vennero a molestarmi.
‘In piedi..bellezza…facci vedere il tuo culetto bianco..avanti..’
‘Su, stronzetto…in piedi, mettiti con la faccia al muro..così ‘ e mi spinsero contro il muro – ..spalle su..così…gambe divaricate..avanti…’
la bionda grassoccia era già stata qui, l’altra una tipa pellerossa con una lunga treccia dietro e seno piccolo, ma alta forse no.
‘Spoglialo Jaa…avanti…che mostri il culo…così…come la volta scorsa, ti ricordi stronzetto? Ti ho impalato con il Grande Fallo!!!’
fanculo stronza, pensai.
Ma non abusarono di me. Si divertirono a schiaffeggiarmi a sputarmi in faccia, a sculacciarmi, a ficcarmi un dito nel culo, ma poi si annoiarono e andarono via.
Il giorno seguente mi chiamarono in casa verso le tre del pomeriggio. Erano in camera, nude sul letto.
‘Ehi,tu, sgorbio! Vogliamo che ci filmi mentre facciamo sesso! Quella &egrave la camera,la sai usare?’ mi chiese una, arrogante e distante.
‘Ecco…credo di sì…’
‘E’ facile stronzo ‘ fece l’altra ‘ devi solo premere quel pulsante e lasciarlo acceso e poi riprenderci! Hai capito, scemo?’
‘..ehmm..sì…credo di sì…’
‘Guarda di non fare casini! E soprattutto, brutto stronzo, non ti arrapare per quanto vedi! Preoccupati di filmare e basta, intesi, coglione?’
balbettai un sì, annuendo.
‘Se ti becchiamo a eccitarti di riempiamo di cinghiate sul culo da qui a stasera! Capito, stronzetto?’
‘..sì..non preoccupatevi…non lo farò…’
quelle era incazzate nere all’idea che mi divertissi pure io. Accesi la videocamera e ripresi. Iniziarono a baciarsi, toccarsi le braccia il corpo. Lunghi baci, delicati, ma forti al contempo. Bocche di donne che si cercavano animate, vogliose. Braccia attorno alle spalle, a sfiorare gomiti e gambe. Baci e baci, amorosi baci e voglia di donna di sesso. Io riprendevo attento a non muovermi troppo. Passarono a leccarsi i seni a succhiare i capezzoli, bocche che adesso cercavano le mammelle, baci e leccate voluttuose. Io riprendevo. Quindi una fece stendere l’altra e la succhio nella figa, lavorava lenta, attenta, brava, esperta, sicura, arrapata. L’amica godeva, lei spingeva la lingua inn quelle figa, io riprendevo. Passarono ad un 69 irruento, selvaggio, orgiastico. Io mi feci avanti con la camera seguivo le loro lingue i loro corpi, le zinne, le fiche, le lingue, le braccia, le mani attente, rapide e dolci, come solo due donne sanno essere. Godevano e si godevano davano piacere e lo ricevano. Io filmavo. Presero due falli e giocarono con essi. Guardandosi, toccandosi baciandosi. Le lingue vibrvano e i cazzi finti scopavano le fighe. Io filmavo. Loro si divertivano, giocavano, allegre, felici, lesbiche. Io filmavo muovendomi piano, non mi guardavano, non mi cagavano, io non ero eccitato, troppo preso a riprenderle. Meglio così, pensavo, volevo evitare le cinghiate. Buttarono uno dei falli e giocarono con uno solo. Si misero con le gambe incrociate una di frorne all’altra e poi il cazzo nel mezzo. Se lo divisero da amanti generose e si dettero piacere estremo con quel cazzo che passava di fica n fica di fica in fica.
Si dettero piacere per quasi un’ora. Le donne dovevano proprio godersela fra loro. A ogni donna consiglierei un amore lesbico, quelle due erano maestre. Vennero più volte assieme da sole, sfinite si rillassarono. ‘Sei stato bravo, stronzetto, dia qua…fai vedere…eh..bene…sì benino..dai..vero,cara?’ e si baciarono vogliose e rabbiose.
ADESSO LEVATI DAI COGLIONI, BASTARDO, TORNA NELLA TUA FOGNA DI CELLA. VIAAA!!!
me ne andai.
Sollevato.
Il giorno dopo erano andate via. Ripresi possesso della casa, pioveva forte, mangiai un panino al formaggio e capperi e mi misi a rimettere a posto in casa. In bagno trovai una cassetta. PER TE STRONZO, BELLA REGIA. C’era scritto. Era il filmino delle due lesbiche. Lo guardai la sera, bevendo birra, mentre fuori continuava a piovere. Avevo fatto un bel lavoro e quelle due scopavano alla grande . Mi feci una sega e andai a letto.
I giorni seguenti furono tranquilli. Uscivo, passeggiavo. C’era il sole e la primavera era arrivata.
Un mattino sentii una jeep entrare nel vialetto. Era quella rosa di Yanna e l’amica, la signora transex Miss Put. Yanna vestiva degli stivaletti militari, un piumino bianco e pantaloni militari verdi e neri. Miss Put era invece in gonna, paltò leopardato e tacchi. Si catapultarono dentro. Yanna mi chiamò: STRONZETTO, VIENI QUA, IMMEDIATAMENTE!! ordinò. Mi precipitai trafelato. ADESSO VIENI CON NOI! Urlò Yanna. ‘Dove?’ domandai. ZITTO, STRONZO! NON DEVI PARLARE!! disse ad alta voce, decisa nella stanza, con fare duro. Miss Put era invece in silenzio, con le gote gonfie di botox, gli occhi truccati e allungati, così stretti, la bocca canottata dipinta di rosa. Era volgare ed elegante in quel completo leopardato. ‘…ma…’ feci e Yanna mi mollò uno schiaffo. DEVI STARE ZITTO, CAPITO?
Annuii. Passarono lunghi secondi di silenzio. Miss Put si guardò intorno, stropicciò la gonna leopardata e si sedette. ‘Allora? Cosa aspettiamo?’ disse infine squadrando me e Yanna. Quella sbuffò. Era alta sopra di me, mascolina transex con due bocce di carne sotto il piumino. Era nervosa. Mi fece paura. Tremai. Cazzo volevano queste? Non avevo mai pace…ora che qui stavo bene, dove mi vogliono portare queste pazze? no. Non voglio venire. ‘…ma la sceriffa? Che dirà?’ mi beccai uno schiaffo forte senza finire la frase, Yanna era arrabbiata. ZITTO!! DEVICHIUDERE QUELLA BOCCA DEL CAZZOOOOOO gridò. Miss la fece ragionare. ‘non urlare, cara, non occorre…’ disse con una voce roca ma tesa, calda. ‘perché non fai quello che siamo venuti a fare?’ disse infine, guardando me e poi lei. ‘Ok.. EHI TU VIENI QUA. IN GINOCCHIO!! mi fece mettere in ginocchio davanti a lei, mi dominava imperiosa. Le sue labbra dure e gonfie, pitturate di rosso ciliegia mi facevano paura. Cosa avrebbero detto? Ma Yanna non disse niente. Mi colpì in faccia e mi ordinò: APRI LA BOCCA STRONZO. Quindi andò alla borsa di Pot e prese del cotone, ci versò sopra del liquido. ‘nooo….mi vogliono addormentare per portarmi via con loro…non voglio…’ provai ad alzarmi, ma Yanna mi fu addosso, mi buttò a terra, mi salì sul torace, prese il cotone e me lo fece annusare, quindi me lo ficcò in bocca ed io persi i sensi.
*********
Mi risvegliai in un bagagliaio di una grossa macchina. Faceva un caldo boia, mi mancava il respiro lì dentro. Yanna mi urlò: siamo arrivati, stronzo, esci di lì, cammina..’ e mi afferrò per la schiena, avevo le mani legate dietro, e mi tirò fuori dal bagagliaio. La luce era accecante, il caldo pesante. Yanna era in canottiera, le grossa braccia nere scoperte. Le zinne massicce, lo sguardo incazzato. MUOVITI MI Ordinò, DATTI UNA MOSSA, STRONZO…
attorno c’era solo una strada piana all’infinito e sterpaglia. Dove eravamo c’era un cancello azzurro alto, dietro si intravedeva il tetto di un abitazione. Bassa. Il sole era caldissimo, Yanna mi fissava. Prese una borsa e mi spinse avanti. Un lungo e pesante cancello si aprì automaticamente. Entrammo. Un grande spazio vuoto. Due edifici, uno poco più alto dell’altro. Cubi rettangolari di lamiere scure. ‘Cammina, siamo arrivati, stronzo..’ Yanna mi fece strada verso il cubo più alto. Entrammo in container arredato, letti, divani, cucina. ‘Adesso ti slego..se provi a fare il furbo ti riempio di botte,intesi?’ e per farmi capire mi tirò due scapaccioni e mi strattonò per slegarmi. Le braccia mi facevano male, ero stordito e dolorante per il massacrante viaggio che avevo fatto, dormendo per il cloroformio in un automobile. Mi sedetti, sfinito e disperato. Di nuovo in una prigione. L’ennesima. Non avevo pace. Che cazzo volevano da me, ancora?
‘Ti abbiamo portato qui perché abbiamo bisogno di uno che ci sorvegli gli studios qui a fianco. Miss Pot e io gestiamo un sito porno con video hard. Li giriamo qui accanto. Mi segui, stronzetto?’ annuii. ‘Veniamo a filmare una volta al mese, per 4-5 giorni di norma, ci serve uno che metta in ordine le cose, attrezzature, cavi, ecc, preparare i pranzi per gli attori e cameraman, insomma faccende che ti spiegheremo di volta in volta…intesi?’ ‘…sì..ed io..’ ‘Zitto, vacca! Tu eseguirai gli ordini e basta. In silenzio. Abiterai qui e se provi a scappare ti riprendo e ti rompo il culo a calci! Ok??!!! ‘ annuii ancora. ‘Questo &egrave un vero segnalatore, non come quello falso di sceriffa!’ e mi legò alla caviglia un affare di plastica. Quindi mi mostrò un GPS che segnava la mia presenza. ‘Se lo togli o scappi comunque lo sapremo..quindi attento…- e mi mollò uno schiaffo in pieno volto, con le sue manone nere, le unghie lunghe ricurve, finte, rosa e bianche, pensai al suo scroto enorme a quelle palle racchiuse in un sacco di pelle nera e potente ‘ ti rimbecchiamo subito..e poi qui &egrave solo deserto per miglia. Accanto c’&egrave una discarica di ferro, un jankyard gestito da una mia cugina, non provarci nemmeno..- altro schiaffo forte ‘ Miss Pot verrà a domani con un tipo dell’agenzia a spiegarti il lavoro. Giriamo fra 3 giorni…cerca di essere pronto per quel momento. Nel frigo e nella dispensa troverai tutto quello che occorre. Ci vediamo ‘ altro schiaffo ‘ hai capito tutto o ti devo riempire la faccia di schiaffi?’ annuii ancora. Pensavo che ero di nuovo prigioniero di qualcuno, che ero in una prigione diversa, ma il padiglione T. non era poi così lontano. Guardai Yanna. Mi veniva da piangere. Ero finito ancora nella merda. Dovevo cavarmela in qualche modo. Annuii triste. Fissavo il pacco di Yanna per non incontrare il suo sguardo. Ero in balia di questa transex e di altre pazze. Ero ancora fottuto. Mi venne da ridere. ‘Che cazzo ridi, scemo, no hai capito che sei nostro prigioniero?’ e giù schiaffi, forti con quelle manone nere. Perché combatterla? Pensai. ‘…scusi, padrona…mi perdoni…la prego..non volevo passare per indisponente..la smetta la prego..farò quello che volete…non si preoccupi..obbedirò come sempre..lo giuro..la smetta di picchiarmi…farò tutto. Farò tutto!’ lei rise e mi fissò rilassata. ‘Bene, stronzetto…così si parla..’ ‘Lo giuro, non farò scherzi, non voglio creare problemi..’ ‘Così, ti voglio, culo bianco…’ ‘Filerà tutto liscio…imparerò quello che va fatto…sarà bravo…’ ‘Bene, stronzetto…ecco cosa vogliamo…’ fissai il suo pacco. Non volevo problemi, ancora..ero rassegnato. ‘…scusi signora…prima che vada…vuole che le faccia un pompino per rilassarla prima del viaggio? Così che ..insomma…’ lei rise forte, scuotendo il corpo nero, sexy, femminile e trans ex assieme. ‘oh…senti..qua..che proposta..? perché no? Hai ragione ho due ore di auto da farmi e sono stanca e sfavata…perché no? Un pompino da un cazzone bianco..mi farà solo bene…prendi qua…puttanella..’ e si tirò giù la gonna di jeans e senza mutandine mi mostrò il cazzo nero, grosso, me lo ficcò in bocca e mi afferrò la testa. Mi scaraventò a terra, prese a ficcarmi la faccia contro il suo plesso. Ingoiai quel cazzone nero, gigante, fino in gola. Soffocai e tossii, ma quando mi ripresi Yanna mi afferrò per le orecchie e si scopò la mia bocca. Stantuffò forte il suo membro eretto dentro la mia bocca. Selvaggia si chiavò la mia gola, spingendo quel siluro nero dentro, dentro, fino in fondo. Mi scuoteva e spingeva contro di lei. Cattiva, violenta, padrona, donna, spingeva il suo cazzo nella mia gola. Sentivo l’enorme scroto sbattermi sul petto, le palle giganti balzare sulla mia pelle nuda, bianca, quel sacco di pelle invece nera, donna e transex. Scopò selvaggia la mia bocca e dopo un po’ venne. Un lungo fiotto bianco, caldo, schiumoso, denso. Sborra che mi riempì la bocca e mi sommerse fino in fondo.
Si staccò da me. Mi gettò a terra. Si rimise la gonna. ‘Ciao, coglione…mi piace la tua bocca…non sei male per essere un bianco rottoinculo, figliodiputtana, ci vediamo fra 3 giorni…’
chiuse la porta e rimasi solo.

(per commenti, suggerimenti di trama, critiche: dorfett@alice.it

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