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Racconti Trans

Ti proteggo io

By 7 Gennaio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Luglio, 10 anni fa

Pamela: – Non immagini cosa m’è successo venerdì sera!
Daniela: – Sì? Bello o brutto?
P.: – Brutto…
D.: – Mi devo preoccupare?
P.: – No, mi ha salvata una tipa…
D.: – Ma cos’è successo? Dove?
P.: – Calma, calma… Ti racconto tutto.

***

Vanna

Vado 3 volte alla settimana in un centro sportivo, più che per tenermi in forma per poter scaricare le tensioni e la stanchezza quotidiani. Così ogni lunedì, mercoledì e venerdì stacco in ufficio e armata di borsone ad hoc mi reco al Fit & Health – così si chiama il centro. Non è una comune palestra, infatti oltre ad un salone con le tipiche attrezzature, ha una piscina e un’ altra sala dove insegnano lo yoga, l’aikido – un’arte marziale per imparare come difendersi – e lo judo. E’ sempre molto frequentata da ragazzi, ragazze e anche qualche signora di mezza età. Di solito passo prima nella palestra a fare tapis rulant, step e talvolta dei piccoli pesi per le braccia, poi faccio una doccia veloce nello spogliatoio femminile, m’infilo il costume e via in piscina per una nuotata tonificante. A quel punto doccia rilassante, mi vesto e torno a casa con i mezzi pubblici.

La titolare del centro si chiama Giovanna – per tutti Vanna – ed è una donna che non passa di certo inosservata! Alta più di 180 cm, fisico scolpito da anni di palestra ed arti marziali ma senza eccessi muscolari, capelli corvini mossi sulle spalle, un viso spigoloso, particolare ma affascinante e una voce calda dal timbro basso.
A questo si aggiungono 2 particolari graditi ai ragazzi: un seno tondo ed immobile a sfidare la gravità ed un sedere praticamente scolpito nel marmo. Una persona davvero affabile senza mai dare troppa confidenza nemmeno alle sue amiche istruttrici di nuoto e yoga; lei invece si occupa delle arti marziali e della palestra.

Da tempo avevo notato che una volta giunta lì un ragazzo prendeva a fissarmi, inizialmente per pochi momenti, ma ultimamente lo faceva con insistenza e cercava sempre di capitarmi d’intorno. Io non badavo a lui, ho sempre ignorato questi atteggiamenti pensando fosse la scelta migliore. Ma evidentemente mi sbagliavo.
Un tardo pomeriggio ha attaccato bottone e visto ho risposto gentilmente s’è sentito abilitato a farlo sempre più spesso. Così è finita che un paio di volte Giulio – così si chiama – mi ha chiesto se ero libera la sera per uscire insieme a bere qualcosa e ho sempre glissato con una buona scusa. E sia chiaro che non ho mai declinato i suoi inviti per il fatto che io sia lesbica ma proprio perché non mi piace il suo modo di fare, i suoi occhi vagamente acquosi e una certa insistenza che sfocia nell’essere quanto meno invadente.
Ma venerdì scorso è accaduto.
Son rimasta più del solito in ufficio, perciò ho fatto le corse per arrivare al Fit & Health, ma ci sono arrivata più di un’ora dopo il mio solito orario.

Ho subito avvicinato Simona – l’istruttrice di nuoto – e le ho chiesto se potevo farmi una nuotata fuori dall’orario concesso al pubblico. Mi ha guardata un attimo poi mi ha risposto:
– Fosse per me ti direi di sì, ma devi chiedere a Vanna… è lei che chiude il Fit alle 21, io stacco alle 20.30… perciò se lei acconsente puoi stare.
Così ho cercato Vanna e un po’ titubante le ho rivolto la stessa domanda; ha sorriso e con la sua solita voce bassa m’ha detto:
– Ma certo, figurati! Tanto resto fino alle 9 e se possiamo fare un favore lo facciamo volentieri.
L’ho ringraziata e, dopo essermi cambiata, son corsa in palestra.

Decido di fare solo una breve corsetta sul tapis rulant e all’improvviso mi si para d’innanzi Giulio, mani sui fianchi, sorridente, pacco in evidenza.
– Ciao! Hai fatto tardi oggi, eh?
Avevo gli auricolari del lettore mp3, ma non l’avevo ancora acceso.
– Cacchio, m’hai spaventata! Sì, per chiudere un lavoro mi sono trattenuta in ufficio…
– Dopo che fai? Piscina come al solito o vai via?
– Non so, tra un po’ chiude e mi sa che vado.
Mi sorride, annuisce e se ne va.
Finisco di correre, mi sciacquo ed entro in piscina mentre quasi tutti escono; incrocio Simona: – Ti ha dato l’ok?
Facco cenno di sì con la testa un po’ col fiato corto, lei mi sorride e mi saluta:
– Benissimo! A lunedì allora, ciao!
Le rispondo e vado a tuffarmi.
Dopo 2 vasche corte noto che la piscina è già vuota, ma so che c’è Vanna e mi tranquillizzo; ne faccio un altro paio ed esco per non approfittarne troppo recandomi subito verso le docce degli spogliatoi femminili.

Ero sotto la doccia già da un po’ persa nei miei pensieri ed all’improvviso sento alle mie spalle: – Ciao! Ancora qui?
Mi scappa un grido soffocato, con le mani d’istinto mi copro tra le gambe e i seni, poi sbotto:
– Ma sei pazzo!?
– Perché?
Metto a fuoco la situazione, era lui con solo un asciugamano in vita:
– Aspetta… cosa ci fai qui!?
– Ho fatto tardi anch’io. Ho sentito rumore d’acqua provenire da qui e pensavo qualcuna avesse dimenticato un rubinetto aperto…
Sorrideva fissandomi e non negli occhi.
– Be’… sono io invece! E piantala di fissare! Torna di là e cerca di esser più discreto!
Niente, se ne stava lì e sorrideva. Si guarda intorno e mi fa:
– Dai, siamo soli, quando ci ricapita?
– Che cazzo dici!?’
Fa cadere l’asciugamano per terra, resto a bocca aperta pensando a quel che vuol fare, resto paralizzata dalla paura mentre si avvicina.
– Cosa vuoi!? Piantala di fare il coglione! – dico a voce bassissima, la gola quasi chiusa.
– Dai, hai capito… lo so che muori dalla voglia anche tu… L’ho capito da come mi guardi.
Fa un passo verso di me, io indietreggio fino a cozzare le mattonelle. A quel punto dietro di lui spunta una mano per aria, si abbatte di taglio sul suo collo e lui stramazza per terra. Svenuto.
Si affaccia un viso: Vanna.
– Tutto a posto?
Io flebile:
– Sì… grazie…
Tremo violentemente e non per il freddo.
Lei si carica letteralmente il tipo su una spalla e mi fa seria:
– è da un po’ che lo tenevo d’occhio… Ho ricevuto varie lamentele. Vestiti e seguimi, tesoro.
Ancora tremante m’infilo l’accappatoio e la seguo a passo incerto, lei nota le mie difficoltà sino a rallentare ed aspettarmi. Mi osserva di profilo poi guarda il ragazzo appeso alla sua spalla:
– Scommetti che non lo rifarà più?
Mi strizza l’occhio. Mi blocco, provo a sorridere, ma proprio non mi riesce. Continuo a seguirla e raggiungiamo il suo ufficio, apre una porta interna e scopro così lo spogliatoio che ha in comune con le 2 istruttrici. La seguo sino alla zona docce. Mi appoggio con una spalla al muro più vicino e resto ad osservarla un po’ inebetita mentre di peso scarica il tipo dentro una delle docce lì presenti. Gli tasta il collo, sorride, va nel suo ufficio e torna con varie cose tra le mani che non riesco a distinguere.

A quel punto apre l’acqua e lo sciacqua dalla testa ai piedi con un getto tiepido, poi afferra un barattolo di doccia schiuma e ne versa un po’ su un guanto da doccia che si è infilata. Comincia ad insaponarlo in silenzio, io ammutolita non riesco a realizzare ciò che sta accadendo. Lui mugugna, lei preme le dita sulla carotide per qualche attimo e lui crolla di nuovo a terra. Lo insapona minuziosamente, troppo minuziosamente, poi si sposta, prende le cose con la quale era tornata lì poco prima e mi spiazza.
Gli mette una fascia elastica stretta ed incrociata intorni ai polsi, poi gli benda gli occhi.
Di seguito afferra una fascia di stoffa elastica robusta e lunga e la passa sotto la fascia tra i polsi a formare una sorta di gancio. Si ferma, lo guarda e bofonchia:
– Ci siamo quasi…

Mi sorprende ancora cominciando a spogliarsi. Fa scivolare le spalline della maglietta aderente, poi con un gesto rapido la fa volare alle sue spalle, con pollice e indice destri sgancia il reggiseno e gli fa raggiungere la maglietta da qualche parte alle sue spalle. Infila i pollici nei fianchi e con un gesto sensuale e improvviso fa scendere i panta-jazz attillatissimi fino ai piedi e con un numero da equilibrista se li porta dal piede destro alla mano e poi via da qualche parte! Resta lì in piedi in perizoma blu. Molti avrebbero pagato per vederla così di spalle. Si gira un po’ col viso, mi guarda titubante, sorride quasi imbarazzata e poi – giù! – il perizoma è per terra.

Resto a bocca aperta, non per la sua nudità integrale, ma per ciò che noto. Un pene. Sì, un pene nascosto tra le sue gambe! Le allarga, si china un po’ e con un sospiro di liberazione tira via un pezzo di garza adesiva tra le gambe. Così ciò che nascondeva sparisce dalla mia visuale, lei guarda per terra, sposta gli occhi sul ragazzo e quasi prendendo coraggio dice fra sé e sé:
– Bene! A noi 2…
In quell’istante capisco cosa sta per fare!
– Vanna, senti… non…
– No! O paga oggi o domani lo rifa ad un’altra!
– Ma…
– Lo so, lo so… ma se lo merita. Tu guardami o altrimenti non ci riesco…
Annuisco silenziosa non proprio sicura di cosa voglia dire la sua ultima frase.
Lei si china, raccoglie una pallina rossa con delle cinghiette e la piazza nella bocca del tipo fissandola per bene. Poi prende il pezzo di stoffa più lungo, lo alza sino al “telefono” della
doccia e comincia a sollevare Giulio da terra come se maneggiasse una carrucola. Pochi attimi e il ragazzo pende appeso alla stoffa, lei si sposta leggermente e noto il suo pene semieretto, enorme. Con un movimento veloce libera la cappella, si sposta in avanti e lasciando andare la banda elastica fa calare lentamente il ragazzo sul suo pene.

Il peso la aiuta, dopo vari secondi di resistenza il sapone fa il suo lavoro, lo sfintere cede, le sfugge un sospiro e quando il glande ormai viola sparisce il ragazzo geme, sbatte varie volte le ciglia vedendo solo piastrelle color acquamarina, cerca di guardarsi intorno chiaramente intontito. Lei si gira e mi fa segno con le labbra di non fiatare. Il ragazzo dopo qualche istante si rende conto di cosa succede, scalcia ma la posizione non lo agevola, lei lascia un po’ andare la stoffa e lui le scivola contro urlando la sua protesta. Lei lo fissa con sguardo di pietra, lui scalcia di più e non fa altro che favorire la penetrazione. Mi accorgo all’improvviso che anche lui è eccitato e quando lei lascia andare ancora il peso metà pene ormai è dentro, lui s’irrigidisce e viene selvaggiamente contro la parete.
Lei si gira, alza gli occhi al cielo come a dirmi:
– Hai capito che resistenza il macho?
Non lo molla, lo fa scendere ancora un pochino sull’asta ormai rigida e gonfia, comincia a spingere verso su con la punta dei piedi ritmicamente. Spinge e si rilassa, spinge e si rilassa… sembrava nel mezzo di un qualsiasi esercizio da palestra, lui oramai gemeva costantemente, ancora in erezione.

All’improvviso lei cambia ritmo, si capisce che vuol chiudere i conti. Ha i muscoli delle gambe tesi, contratti durante la spinta verso l’alto mentre le braccia e le spalle restano sempre tese. Aumenta la velocità, lui s’irrigidisce nuovamente e subisce il secondo orgasmo restando in tensione per molti secondi, a quel punto lei lascia andare costantemente la stoffa…
Il suo pene è sparito completamente, si gira a guardarmi con gli occhi luccicanti, li sposta verso la schiena del ragazzo, si morde il labbro inferiore e capisco dalle contrazioni dei suoi muscoli che sta venendo: potente e silenziosa dentro di lui.

Non ricordo quanto è durato il suo orgasmo, ma ricordo che lui era nuovamente svenuto, accasciato e sospeso contro il muro della doccia.
Lei sbuffa, sfila il pene ancora eretto e libera Giulio dalle fasce ai polsi. Mi guarda e mi dice:
– Tesoro, vai nello spogliatoio maschile e prendi la sua roba che lo rivestiamo prima che si riprenda.
Pochi minuti e sono di nuovo lì, lo vestiamo, lei decisa, io in trance. Fruga ta le sue cose, trova le chiavi della macchina e mi dice:
– Vestiti, prendi il suo borsone e seguimi…
Usciamo all’aperto poco dopo, lei schiaccia il pulsante della chiave e scopriamo la sua macchina. Mi dà le sue chiavi, infilo il borsone nel cofano e lei lo mette al volante liberandolo dala benda sugli occhi e dalla pallina rossa tra le labbra, poi inserisce le chiavi nel cruscotto.
Lascia un bigliettino sul cruscotto con un messaggio:
“Non farti più vedere qui o bene che ti va finisci in tribunale.”
Torniamo dentro e guardandomi mi dice:
– Stai meglio?
Io faccio cenno di sì. Lei:
– Ricordalo sempre: qua ti proteggo io.
Sorrido timidamente.
– Fammi lavare e poi ti accompagno a casa in macchina, oggi hai fatto tardi…
Mi sorride con complicità e torna nel suo spogliatoio.

Venti minuti dopo eravamo nella sua auto, il silenzio era imbarazzante.
Ad un certo punto abbozza una frase:
– Senti…
Io la interrompo e le dico tutto d’un fiato:
– Non ho visto nulla, per me sei Vanna e resti Vanna. Grazie per essere intervenuta, resterà un nostro segreto.
Le sorrido. Lei guida pensierosa, poi mi dice:
– Sai, dovresti venire alle lezioni di aikido invece di fare step, mi farebbe piacere…
Mentre scendo dall’auto la saluto:
– Ciao Vanna, ci vediamo lunedì.
Per un attimo mi blocco con lo sportello aperto, poi guardo dentro e le dico:
– Ah, cambio programma: inseriscimi nel corso di aikido..

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