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Trio

Anche la figlia

By 7 Settembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono un avvocato di 55 anni e single impenitente, credo che non mi sposerò mai. Ho però una relazione che dura da quasi 20 anni con una donna sposata; lei si chiama Marisa e oggi ha 53 anni. Il nostro rapporto è talmente intenso e profondo, sia sul piano affettivo che sul piano sessuale, che posso considerarla moglie a tutti gli effetti. Lei, difatti, mi dice sempre che ha due mariti; ed io aggiungo che quello ufficiale, anche se è un mio vecchio amico, è un grande cornuto. Qualche volta, quando la doppia vita le diventa insopportabile, ha fatto un timido accenno all’idea di mandare tutto all’aria e scappar via con me. Ma la mia allergia al matrimonio e il pensiero del possibile trauma di sua figlia Monica le hanno sempre fatto evaporare quell’idea.
Marisa è una donna splendida: alta, un seno prominente, capelli biondo naturale, gambe slanciate e nervose, una corporatura piena e attraente. Lei fa l’amore con una naturalezza inimmaginabile, non c’è parte del corpo che non le venga naturale concedere. Prenderlo nella fica o nel culo ha la stessa naturalità per lei; in bocca fa delle pompe indescrivibili; i primi tempi, dopo il pompino sputava lo sperma, ora invece lo ingoia con grande naturalezza. Privilegio che, naturalmente, il marito vero si può scordare!
Facciamo l’amore ogni volta che possiamo, dove ci è possibile e con molta intensità. Per non ricadere nella routine, alimentiamo la nostra passione con le fantasie più perverse e ricerchiamo sempre le situazioni più intriganti ed eccitanti. Frequento la sua famiglia appunto da una ventina di anni fa, in quanto amico e collega del marito Franco, che non ha mai sospettato nulla di me e della moglie. E non mi sono fatto mai scappare l’occasione di un piacere particolare: quello di pomiciare con Marisa mentre il marito è in un’altra stanza, oppure di farmi fare un pompino veloce quando magari lui scende in cantina. E trovo particolarmente intrigante vedere poi il cornuto che torna in casa e non può neppure lontanamente immaginare che nel frattempo ho riempito la moglie del mio sperma.
Per la verità, nell’immaginare di sperimentare nuovi piaceri, abbiamo ipotizzato di coinvolgere nei nostri giochi altre persone, persino il marito, ipotesi che però abbiamo sempre accantonato: Franco è un meridionale troppo legato alla mentalità tradizionale. Eppure, di recente Marisa mi ha riferito che anche Franco ha cominciato a cercare varianti alla rituale scopata settimanale e che, sotto sua sollecitazione, ha accettato di fantasticare pensando alla moglie montata da terzi, non escluso me, un ‘amico discreto’, come lui mi definisce.
Frequentando quella casa da tempo, ho visto crescere Monica e sono stata per lei come uno zio sempre presente e premuroso, pronto a giocare, a portarla a prendere il gelato, a darle qualche aiuto nel fare i compiti, e così via. Le sono stato sinceramente affezionato come si può esserlo con una figlia. Un rapporto privo di ogni sentimento men che innocente, almeno fino a qualche tempo fa, quando quasi improvvisamente mi sono reso conto che, a 18 anni, non era più una fanciulla e per di più evidenziava una impressionante somiglianza con la madre: al netto delle misure ovviamente più ridotte, stesse gambe, stesso seno, stesso culetto tondo e impertinente, stesso sorriso.
Da quel momento, senza che avessi coscientemente maturato l’idea, mi è salita l’ossessione di possederla, di farla mia, non tanto per gustare la freschezza di una fica giovanissima, quanto per la sensazione di tornare indietro nel tempo e sverginare la mia Marisa sul limitare dell’adolescenza. L’ho conosciuta che era già sposata con Franco, e questo è sempre stato un mio cruccio. Ora il corpo fiorente di Monica mi dava l’immagine di Marisa giovanissima, e desideravo possedere Monica per avere, a distanza, Marisa.
Con Marisa parliamo di tutto e senza infingimenti. L’ultima volta che scopavamo le ho confidato quel mio pensiero. Inizialmente la cosa l’ha lasciata molto turbata, per un momento ha temuto di veder spuntare in me una silente tendenza alla pedofilia, ma presto ha capito che la figlia era solo uno schermo e che l’oggetto del mio desiderio restava lei. Per alleggerire il fuoco di quella mia passione improvvisa, Marisa me la descriveva nell’intimità, e addirittura mi consentiva di giocare allo scambio delle parti facendomi liberamente evocare il nome di Monica, mentre scopavo lei.
Ma non le nascondevo la mia angoscia di sapere che Monica cominciava a frequentare i ragazzi, che da un momento all’altro sarebbe potuta essere sverginata da qualcuno e che avrei perso per sempre il piacere di deflorarla io. Ne parlavo come fosse mio diritto, e Marisa comprensiva mi sorrideva un po’ commossa di quel sentimento, un po’ preoccupata del mio stato d’animo. Pur volendomi compiacere, non riusciva a immaginare come.
Allora, con il pretesto di aiutarla per gli esami di maturità, mi sono reso disponibile a fare ripetizioni a Monica. E Marisa l’ha autorizzata a venire da me per studiare, raccomandandomi tuttavia la massima delicatezza e prudenza. Con i mesi sono riuscito a guadagnarmi un po’ della sua fiducia e della sua confidenza, anche sulle questioni più intime. Un pomeriggio mi ha confessato che da un po’ di tempo sentiva il bisogno di sfogarsi con la masturbazione e che aveva provato un vero turbamento quando un suo amico aveva cominciato a toccarla nelle parti proibite e le aveva messo in mano il suo membro arrizzato.
Quella confessione mi aveva aperto una ferita e, con il cuore in gola, l’ho stimolata a raccontarmi di più. Monica mi ha detto, con gli occhi bassi, che lui aveva tentato un paio di volte di andare oltre, che l’aveva un po’ forzata introducendo il pene fra le sue cosce e spingendo verso la fica. Un episodio che l’aveva disturbata, perché senza nessun preliminare dolce, nessuna tenerezza.
A quel punto ne avevo approfittato per spiegarle come doveva essere la prima volta: l’amore è importante, ma farlo tecnicamente bene era indispensabile per non portarsi dietro sensazioni sgradevoli, che sarebbero potute diventare anche traumatiche. Ho visto che Monica trovava molto confortanti quelle parole.
Naturalmente informavo puntualmente Marisa, la quale viveva il tutto con una attenzione speciale: aveva egualmente a cuore me e sua figlia ed era un po’ in apprensione per la delicatezza di quella situazione.
La svolta della vicenda venne con la primavera. Una sera di aprile, mentre Franco era fuori per un importante affare professionale, sono passato da Marisa per cenare con lei, ma l’ho trovato meno allegra del solito: Monica aveva la febbre e stava male, lei era dispiaciuta di non poter intrattenersi con me come al solito, doveva assistere la ragazza e dormire con lei. Mi aveva preparato in cucina qualcosina, ma si scusò e salì in camera dalla figlia.
Ho consumato la cenetta in malinconica solitudine, ma, prima di andarmene, sono salito in punta di piedi nella zona notte per verificare che non ci fossero problemi particolari e per augurare la buonanotte alle ‘mie’ donne. Marisa e Monica erano coricate, ambedue addormentate, Monica aveva la vestaglia sollevata quasi fino all’inguine. Per la prima volta vedevo bene le cosce e un po’ di peluria della fica della ragazza: uno spettacolo che mi bloccò il respiro per qualche attimo, ma che ebbe l’effetto di farmi imbizzarrire il cazzo, già inquieto perché rimasto all’asciutto.
Mi sono avvicinato al letto e, con un bacio leggero, ho svegliato Marisa che ha avuto un piccolo moto di spavento soprattutto per la ragazza, la quale però continuava a dormire di sonno profondo. Arrapato com’ero non sono riuscito a fare a meno di allungare una mano verso la sua fica, cominciando ad agitare dentro le mie dita, e a tirar fuori il mio uccello e metterglielo in mano. Inizialmente lei non voleva abbandonarsi, scongiurandomi sottovoce di scendere in soggiorno. Ma era proprio la presenza di Monica che mi eccitava molto e per nulla al mondo avrei rinunciato a quel piacere di far l’amore con la madre a pochi centimetri da lei.
Dopo le ritrosie iniziali la porca di Marisa si era lasciata andare e, aperte le cosce, si stava facendo montare con la solita passione, pur senza perdere d’occhio i movimenti della figlia che dormiva a fianco. Una scopata splendida, torbidamente arricchita dalla contiguità fisica del corpo dormiente di Monica, che abbiamo concluso in un orgasmo lungo e intenso.
Marisa, come sempre, è crollata subito in un torpore profondo; io, mi sono sollevato dal corpo accogliente della mia donna e mi sono riversato con molta attenzione di lato adagiandomi, con grande disinvoltura ma con un lucidissimo calcolo, fra lei e la figlia.
Dopo la montata poderosa Marisa dormiva profondamente, a me la vicinanza del corpo caldo di Monica, con quella vestaglietta alzata sino alla fica, mi eccitava da morire facendomi drizzare di nuovo il cazzo. Così, senza far movimenti bruschi, mi giravo verso Monica che dormiva, aderendo al suo culo con il mio cazzo durissimo. Nel sonno la ragazza si rilassava e si apriva al contatto.
Era una follia quella che mi guidava, il cuore mi batteva all’impazzata, ma l’eccitazione era più forte della paura del repentino risveglio di Marisa o di Monica. Ora aderivo sempre di più alle natiche della ragazza e adagio strisciavo il glande tra le sue cosce, puntando alternativamente il buchetto del culo e le labbra della fica. Nel sonno lei cominciava a rispondere impercettibilmente ai miei movimenti, e ne approfittavo per avanzare, centimetro dopo centimetro, nelle sue fessure.
La voglia di possederla, di sverginarla, era tantissima, ma il rischio di provocarle un risveglio traumatico mi frenava. Il contatto del prepuzio gonfio e grosso con l’incavo dell’ano e con l’imboccatura tonda della figa di Monica era irresistibile, anche perché col passare dei minuti i suoi buchi sembravano allargarsi per facilitare la mia penetrazione.
Ho sofferto le pene di Tantalo a tenere a freno il cazzo imbizzarrito e la voglia di prendermi la verginità della figlia della mia donna, senza il consenso né dell’una né dell’altra. Volevo godere e finire comunque. Ho continuato a muovermi adagio ma regolarmente, facendo la spola tra i due buchi. Poi non ce l’ho fatta più a trattenermi e sono esploso in una eiaculazione lunga, caldissima e copiosa che le ha inondato l’ano e l’imboccatura della fica, scorrendo posteriormente lungo le cosce.
Avrei voluto urlare di gioia. Non l’avevo sverginata, ma in qualche modo l’avevo battezzata con il mio seme. Ho sfilato il cazzo con la stessa attenzione e pazienza con cui l’avevo introdotto, mi sono rilassato supino per qualche minuto, poi ho ripulito col lenzuolo le fessure di Monica, soprattutto quel rivolo di sperma che le era colato tra le cosce, e, creando il minimo sommovimento, ho scavalcato il corpo di Marisa, sono uscito dal letto e sono andato via.
Da quel giorno non ho più ripreso l’argomento con Marisa, la quale se ne è meravigliata. Le ho detto che l’infatuazione per Monica mi era passata, che lei per me inglobava tutto l’universo femminile, anche la figlia. Per il momento avevo realizzato il mio sogno e mi bastava. In realtà non avevo affatto messo da parte l’idea di sperimentare, prima o poi, quel doppio triangolo di cui avevamo spesso fantasticato con Marisa: io, Marisa e Monica, e, perché no?, io Marisa ed il marito cornuto!


roki_rae@hotmail.it

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