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Trio

Azzurro, notte d’estate

By 6 Luglio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Andavo sempre in quel bar con il mio ragazzo Luca. E questa volta che, come spesso accade, è in giro per lavoro, per una volta ci sono andata da sola. Non ne ero convinta ma passandoci davanti avevo visto dentro la ragazza del gestore, Cristina, che avevo già visto altre volte e così sono entrata, tanto per bere qualcosa e leggere il giornale. Ci salutammo calorosamente e anche Sandro, il proprietario del bar mi salutò e chiese di Luca. Rimasi lì al tavolino con Cristina a lungo, mentre il suo ragazzo era impegnato a servire i clienti. Parlavamo delle solite cose, della vita in città, di loro due che cercavano una casa, perché abitavano a un’ora di macchina dal bar e avrebbero voluto abitare in centro, in modo da essere più vicini al suo lavoro. Sono una bella coppia Cristina e Sandro. Lei è molto alta (2 centimetri più di lui dice orgogliosamente), sottile, atletica, dai lineamenti gentili, i capelli castani sottili lasciati liberi e ariosi sulla spalle; studia ancora, terzo anno di università e gioca a pallavolo a buon livello. Lui ha un fisico asciutto, fa palestra a casa ma non ha il fisico del body-building, è magro e anche lui castano, con i capelli appena un po’ lunghi e sottili. Il bar si vede che va molto bene, sfoggia una capottabile sportiva e – appunto cerca casa. Due ragazzi fortunati. Eppure, con il passare delle ore e dei bicchieri, 2 spritz aperol, poi un buon prosecco, approfondiamo il discorso e come spesso capita mi dice che dopo tre anni assieme subentra un po’ di routine, la passione non è più la stessa, anche a letto è un po’ sempre uguale. E anch’io non ero al massimo con il morale, con Luca via per lavoro i genitori in vacanza, io sola qua a preparare l’ultimo esame della sessione: l’estate in città come in “Azzurro” di Paolo Conte. Dopo questi discorsi amari lo sguardo di Cristina si è illuminato, come gli occhi di una diavoletta. Quasi parlando tra sé disse “e se stasera lo ubriachiamo e lo facciamo assieme?”. “Prego?!” risposi subito, avevo bevuto un po’ ma non poi tanto. “Sì. Combina tutto, oggi è sabato e quando restano i soliti clienti lui qualche bicchiere se lo fa, tanto domani è chiuso. Poi io gli dico che non può guidare fino a casa, tu hai la casa libera, veniamo da te, vedi che sembra fatto apposta?”. “E da me cosa?” indago. Ma ormai ero complice del piano anche se per imbarazzo non volevo darlo a vedere.
Noi due non bevemmo altro, eravamo già allegre e invece lui verso l’una si fece un paio di cocktail strani con altri due rimasti al banco. Mentre spazzava il locale, coi i due nottambuli ancora lì, sbatteva la scopa contro le sedie e Cristina ne approfittò per dirgli “hai bevuto, eh, adesso come torniamo a casa!”. Toccò a me offrire l’ospitalità “ma sì, io ho la casa libera, fermatevi da me e tornate a casa domani più tranquilli”. Ancora non capivo come Cristina aveva intenzione di fare, una volta arrivati a casa mia, che era a due passi dal bar. Salimmo in silenzio, ma già in ascensore Crì si appoggio a lui e se lo baciò con un bel bacio profondo. Aprii la porta e Crì disse subito “Tutti in camera di Caterina”, trascinando il suo ragazzo per mano. Una volta lì lo buttò sul mio letto e ricominciò a baciarselo, togliendogli la maglietta e mi chiamò “Caterina vieni qua, dormiamo qui tutti e tre stasera, forza spogliati”. Io mi avvicinai ma di spogliarmi non ci pensavo neanche. Lei già armeggiava sui jeans di lui, che non capiva granchè ma quasi per riflesso condizionato toglieva maglietta e reggiseno a lei. Crì gli abbasso i pantaloni e fece uscire il suo pisello, ancora indeciso se alzarsi o no. Lui stava abbandonato sul mio letto, con gli occhi chiusi e le labbra socchiuse e lei gli baciava il sesso e lo prendeva in bocca e solo allora mi feci forza, mi inginocchiai accanto al letto, e poggiai le mie labbra sulle sue. Sentii la sua mano sulla nuca che mi spinse contro la sua bocca e le nostre lingue si incontrarono e intrecciarono. Era molto bello, un viso pulito, gentile e la bocca sapeva della menta dell’ultimo moijto. Crì aveva finito si spogliarsi e si allungò accanto al suo ragazzo. Era molto magra, ma sana, muscolosa, piena di vitalità, mentre lui era ubriaco e io terrorizzata. Allora si dedicò lei a me, mi aprì la camicetta, mi tolse il reggiseno e scoprì il mio piccolo seno, di cui un po’ mi vergognavo. Mi baciò, anche lei con la lingua, mi aprì i pantaloni come aveva fatto con lui e mi fece cenno di scendere con lei vicino al sesso di Sandro, che intanto dava timidi cenni di reazione. Lo leccammo insieme, come fosse un gelato, lasciando che le nostre lingue si toccassero. Era lungo e sottile come lui, che intanto, con gli occhi chiusi si godeva quei momenti e ci carezzava i capelli a tutte due. Mi lasciò sola a succhiare quel gustoso gelato, mentre lei si accoccolò alla base del letto e mi abbassò le mutandine e prese a leccarmi tra le gambe. Il pene di Sandro tutto nella mia bocca e quella lingua birichina tra le cosce mi facevano sentire una porcellina come mai prima. Dopo qualche minuto Crì mi spinse su, dicendomi “vai, guarda che questo è ubriaco, devi fare tutto tu”. Mi stesi sopra a Sandro, sentivo il mio viso tutto rosso che mi pulsava dalla vergogna ma anche tra le gambe sentivo lo stesso pulsare e desideravo tanto fare l’amore con lui. Era più alto di me e io gli arrivavo tra il petto e le spalle, lui mi abbracciava (a dir la verità una mano era proprio sul mio sedere) ma non faceva altro. Per fortuna Crì si stese accanto a noi e questa volta senza dire niente mi alzò il bacino, prese il suo pene e lo mise in posizione. Io dovevo solo piano piano abbassarmi e come lo facevo lui mi entrava dentro, una sensazione meravigliosa, perché io ero già bagnata e non mi faceva male. Solo quando fu un po’ dentro mi mise anche l’altra mano sul sedere e cominciò a muoversi dentro di me, prima piano poi sempre più forte e allora un po’ di male me lo faceva, ma il piacere era tanto di più. Non pensavo più a nulla, nell’estasi di sentire la sua asta che si spingeva finchè poteva, in fondo in fondo, e le sue mani mi impedivano di scappare, di togliermi e mi spingevano forte verso di lui. Non mi baciava, forse i capelli ma io non me ne accorgevo neanche, avevo il viso poggiato sul suo petto e tutto era concentrato lì, su quell’asta che sbatteva dentro di me. Avevo perso la nozione del tempo, perché ebbi un lampo di lucidità quando mi vidi Crì con 3 tazze di caffè. Quindi nel frattempo doveva aver trovato la cucina, la caffettiera, il caffè e adesso mi chiedeva “con cosa lo correggiamo”. Ma figurati se ero in grado di risponderle. Tornò con una bottiglia di grappa di mio papà, che io non sapevo neanche dove fosse stata messa, e sentii quell’odore forte e acre. Me la vidi davanti, bella, nuda, davanti agli occhi proprio i riccioli che coprivano la sua fessura. Poi sparì e torno con i cubetti del ghiaccio e uno me lo sentii correre lungo tutta la schiena e poi infilarsi tra le chiappe. Saltai su ridendo e ripresi coscienza di dov’ero e cosa stava succedendo (e che lui era senza preservativo, anche questo). Altri cubetti finirono nelle tazze, con il caffè nero e la grappa, credo in parti uguali. Finalmente toccò a Crì stendersi sul letto e anche Sandro, come me, sembrava riemergere adesso da una nuvola di nebbia. Ma l’effetto combinato di grappa e caffè ci spinse di nuovo in quella nuvola di confusione e ci restituì energia. Mi accoccolai tra le gambe di Crì, per baciarle le labbra della fessura, pensando di ricambiarle il favore. Ma mentre lo facevo non mi resi conto che il mio piccolo sedere era rivolto in alto e Sandro mi prese ancora, da dietro. Faceva correre la sua asta lungo tutta la mia vagina, da cima a fondo e poi di nuovo in cima e a fondo, e con lo stesso ritmo la mia lingua passava tra le gambe di Cristina, che con i gomiti sul letto stava sollevata per vedere bene la scena e sorrideva. Era contenta della riuscita del suo piano anche se finora il suo ragazzo si era sfogato solo su di me. Crì giocava ancora con i cubetti, se li passava sui capezzoli, poi sulla pancia e in mezzo alle gambe, dove io la leccavo. Se li metteva proprio dentro e rideva dei brividi che le procurava il freddo tra le labbra calde della vagina. Finalmente Sandro mi lasciò, mi mise da parte e si stese su Cristina, affondando con forza dentro di lei: le sollevava le lunghe gambe sottili e inarcato indietro spingeva con tutta la forza dentro di lei, che gemeva e ansimava, con gli occhi stretti e il viso un po’ stravolto dallo sforzo, forse dal dolore. Io ero incastrata tra loro due e il muro, dov’era accostato il letto, mi facevo piccola piccola, ma stavo bene, ero completamente rilassata, nonostante il materasso che saltava su e giù facendomi dondolare. Dopo un bel po’, forse stanco, Sandro si stese sopra la sua Cristina, senza uscire da lei, la baciò e girando la testa trovò anche la mia bocca. Scopava lei e baciava me. Anche una mano si avventurò di nuovo su di me, sul mio sedere e con il dito medio mi carezzava da dietro la fessura, mentre piano continuava ad affondare tra le gambe di Cristina. D’un tratto saltò su, si mise in ginocchio sopra di noi e continuava a menarselo da solo, sopra ai nostri visi. Poi me lo ficcò in bocca, tutto sporco degli umori di tutte e due, sudato com’era, e venne nella mia bocca, riempiendomela. Non sapevo che fare e deglutii, poi mi baciarono sia lei sia lui e mi fecero bere ancora dalla bottiglia. Anche lei poi volle prenderlo in bocca, ma ormai si era afflosciato. Continuammo a baciarci e a toccarci, lui ci stuzzicava il seno e tra le gambe, con le sue dita lunghe. Si alzò e andò a lavarselo e quando fu di ritorno era di nuovo arzillo, di nuovo Crì glielo prese in bocca, di nuovo ci stendemmo tutte e due sul letto e lui, tenendosi sulle braccia, faceva finta di fare le flessioni. Lo appoggiava sulla vagina ora più accogliente di Crì e contava “uno, due, tre” fino a dieci, poi si sollevava sulle braccia forti, si metteva sopra a me e “uno, due, tre” altri dieci colpi dentro di me. Ogni volta faceva quasi per uscire e poi ripiombava dentro, fino in fondo in fondo, per dieci volte. Fece così un paio di giri e poi Crì ordinò “giriamoci, cambiamo esercizio”. Tutte e due a quattro zampe sulle lenzuola umide di sudore e lui continuava con il gioco dei dieci colpi a testa. “Vince chi mi fa venire”, diceva ridendo e contando. Alla fine ci fece girare e adesso ce lo metteva in bocca, sempre dieci succhiotti per una e dieci per l’altra e ad ogni giro lo sentivo più grosso e pulsante. “Questa volta tocca a me, però” protestava Cristina. Sandro si scherniva “non decido io, dovete vedervela con lui”. Lei si dava davvero da fare, gli carezzava i testicoli e se lo spingeva fin dove riusciva dentro la bocca. Io invece lasciavo che fosse lui a muoverlo nella mia bocca, mentre mi spingeva con la mani sulla nuca. Muovevo solo la lingua attorno all’asta che mi sembrava volesse entrare fino in gola, con quella punta calda e fremente. Dopo l’ennesimo “uno, due, tre” lo sentii rallentare e di nuovo mi riempì la bocca del suo liquido caldo. Quando se ne accorse Crì se lo tirò a sé e cercò di leccarsi gli ultimi schizzi, ma anche questa volta venne nella mia bocca e di nuovo non sapevo cosa fare. “Non deglutire” mi sussurrò Crì, con il suo coso ancora in bocca e lasciato il pene di Sandro mi ficcò tutta la lingua in bocca, come per dividerci quel succo salaticcio, misto a saliva, che a me faceva schifo. Ora eravamo tutti stanchi, Sandro era contro il muro, girato verso di noi; io in mezzo e Cristina sull’altro lato del letto, io e lei abbracciate, tutti e tre stretti nel mio letto. E così ci svegliammo la mattina dopo, noi due ancora abbracciate e Sandro dietro di me. Quando mi svegliai loro due dormivano alla grande e non volevo svegliarli, così rimasi lì ferma, abbracciata a Cristina e dietro di me sentivo il respiro di lui tra i miei capelli e più sotto sentivo il suo pene che, forse sognando della sera passata, si poggiava contro il mio sedere e sembrava non dormire. Avrei voluto trovare il coraggio di prenderlo con due dita e mettermelo dentro ancora una volta, ma purtroppo non lo feci.

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