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Trio

LA GOLA DI VINTGAR

By 27 Agosto 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

LA GOLA DI VINTGAR

Il caldo di agosto non arriva quasi in questa gola scavata dal fiume Radovna in qualche decina di migliaia di anni.
Il verde della vegetazione è profondo, cupo e l’acqua del fiume si alterna in rapide e cascate di spuma bianca di meringa e piscine blu e smeraldo dove nuotano le trote.
Sembra l’effetto di un gigantesco taglio a getto d’acqua che ha lentamente ed inesorabilmente scavato una valle che gli uomini hanno attraversato, per la prima volta, solo centoventi anni fa.
Gola non rende l’idea, molto meglio il termine che usano gli spagnoli: quebrada , rotta…
Roccia rotta e stretta, affogata nel verde di foglie, raffrescata dalle spume dell’acqua sbattuta.
Sto pensando a tutto questo quando mi si avvicinano due ragazze, circa sui 30 anni, mi chiedono in inglese di scattargli una foto, capisco che sono italiane: una mora, alta circa uno e settanta, curve giuste, direi da terza abbondante, vestita interamente di bianco, pantaloni lunghi e maglietta stretta, i neri capelli raccolti a coda, ai piedi un paio di ballerine d’oro; l’altra biondina, più esile e meno formosa, maglietta bianca e bermuda beige, scarpe vagamente sportive, anche per lei i capelli raccolti a coda.
‘ OK, non c’è problema’
‘ Ah, sei italiano’
La mora mi porge la macchina fotografica, una usa e getta a pellicola.
Si stringono con la cascata alle spalle, sedici metri di spuma bianca che precipitano in un tonfano verde intenso, mi sorridono, scatto.
‘grazie’
‘prego, non c’è di che’
Le saluto e faccio per riprendere il mio viaggio, ma fatti pochi passi sento:
‘ Queste scarpe mi hanno massacrato i piedi, facciamo cambio’
Mi giro, vedo la mora che si sta sfilando le ballerine e la biondina, con gli occhi bassi, che si slaccia le sue scarpette sportive.
Torno sui miei passi.
‘Ho sentito che hai un problema,forse posso aiutarti’
Sorrido.
Le due ragazze si guardano l’un l’altra, la mora si guarda intorno, ma ci siamo solo noi in questo punto della valle.
Mi presento, scopro che la mora si chiama Lucia e la biondina Roberta.
‘puoi aiutarmi per cosa?’
‘per i piedi, posso aiutarti per il tuo problema ai piedi: quelle scarpe non sono adatte a questo terreno. A dire il vero non lo sono nemmeno le sue’ e indico le scarpe pseudo sportive in nabuk di Roberta.
‘posso risolvere il problema, ma mi serve che la tua amica mi dia una mano’
Si riguardano, mi squadrano per lunghi secondi; decidono poi di fidarsi.
‘OK, Roby, ti va?’
Roby accenna un si che prendo come un via libera.
Mi inginocchio ai piedi di Lucia, le sfilo definitivamente le ballerine, prendo in mano il suo piede sinistro e comincio ad accarezzarlo.
‘fai quello che faccio io’ dico a Roberta.
Roberta si inginocchia come me e prende il piede destro dell’amica, mi guarda a cercare approvazione, poi comincia ad accarezzarlo.
Lucia, seduta sulla pietra ci guarda con un’espressione strana ma lieve, di chi sta provando sollievo oltre che curiosità.
Roberta non osa alzare gli occhi, si limita a carezzare.
Vedo che deglutisce sempre più spesso, così decido di rischiare.
Sfioro la punta del piede di Lucia con le labbra: Roberta mi guarda schoccata, negli occhi della sua amica vedo puro stupore, ma non mi ferma.
‘continua a fare ciò che faccio io’
Roby mi guarda, poi cerca gli occhi di Lucia:
‘ si, fai come dice lui, dai!’
Si porta la punta del piede alle labbra semiaperte, lo sguardo basso, il respiro che sento più pesante.
Io dischiudo le labbra e comincio ad avvolgere le dita, comincio a leccare fra un dito e l’altro, a succhiare.
Roberta ha un attimo di esitazione di troppo e Lucia le spinge il piede in bocca.
‘Che bello! è piacevolissimo!, continuate!, dai !’
Io non la guardo nemmeno, continuo a leccare minuziosamente, poi passo a leccare la pianta del piede, le caviglie, il collo.
Poi mi lascio rificcare in bocca le dita.
Roberta fa un po’ di resistenza:
‘ma… Lucia, io…’
Lucia le ficca brutalmente in bocca le dita e pronuncia le parole magiche:
‘zitta e succhia schiavetta!’
Sono sempre più eccitato, ma anche le due ragazze lo sono, vedo Roberta con la mano sinistra fra le gambe stringerle ritmicamente e Lucia che con una mano in tasca si dà da fare.
Ormai ho lavato quel piede millimetro per millimetro, sarà un quarto d’ora che lecco e succhio quando sento prima il grugnito di Lucia, poi intravvedo Roberta sussultare in silenzio.
Mi rialzo, Roberta resta in ginocchio.
‘allora, passato il problema ai piedi?’
La ragazza mora mi sorride con due bellissimi occhi di castagna scuri.
‘si, sei stato bravissimo, non me lo aveva fatto nessuno prima’
‘ devi ringraziare anche la tua amica’
‘Già…’
Un tono pieno di sospesi…
‘ma vedo che adesso ce l’hai tu un problema’
Mi indica i jeans dove si nota un evidente rigonfiamento proprio lì.
‘ eh, già… mi capita quando faccio di questi favori’
‘Beh, per questo, invece, ti posso aiutare io: Roby, tiraglielo fuori’
Roberta è stupita, evidentemente, ed imbarazzata, ma esegue l’ordine dell’amica, mi abbassa la cerniera e mi tira fuori il bigolo già durissimo.
Lucia la guarda con una strana luce negli occhi e Roberta si lancia sul mio uccello e se lo fagocita in bocca.
Non speravo in tanta grazia, la fanciulla è anche bravina a spompinare: si dà da fare per qualche minuto.
‘no, non così, ho un’ altra idea, lascialo’
Roberta si stacca dal mio cazzo ormai turgidissimo e sento quel disagio tipico di quando ti fermano un orgasmo imminente.
Lucia legge il disappunto nei miei occhi:
‘tranquillo, lascia fare a me’
Mi prende l’uccello coi piedi e inizia a masturbarlo lentamente.
Il piacere riprende, dolce, lento, intenso…
In poco tempo vengo copiosamente sui piedi di Lucia: lei fa in modo di non disperdere la sborra, di non perderla dai piedi.
Mi risistemo, poi mi inginocchio nuovamente e comincio a ripulire i piedi della ragazza.
‘no!’ Mi ferma sottraendosi alla mia lingua.
‘deve farlo lei’
Indica Roberta che, stavolta, non batte ciglio e riprende dove ho interrotto io, ripulendo dallo sperma accuratamente i piedi dell’amica… e sussultando in silenzio un’altra volta.
‘grazie ragazze, ora devo proprio andare: credo che tu abbia trovato una brava schiavetta:vi divertirete insieme’
‘Si, è stato merito tuo, non credevo di avere questa indole, e nemmeno credevo che Roberta fosse così brava come schiavetta, ti è piaciuto cara?’
Roberta ha gli occhi bassi , è ancora in ginocchio, anche lei scalza, e mormora un si sommesso.

‘ noi stiamo a Kranjska Gora all’ Hotel Patrix, e tu? Magari ci potremmo rivedere, dammi il tuo numero’
‘no, non servirebbe, io non sto a Kranjska Gora’
‘ e dove stai?’
Con un gesto vago e ampio indico il Triglav: ottocento chilometri quadrati di rocce lunari e foreste praticamente vergini, fra le più selvagge d’Europa.
‘là…’
Lucia mi fissa..
‘capisco… allora penso che ci salutiamo qui’
‘già. Mettiti tu le scarpe di Roberta e falla camminare scalza fino alla fine della valle, ma la prossima volta usa delle calzature adatte’
Ci salutiamo.
Le vedo camminare verso l’imboccatura della valle, Lucia davanti con le scarpe sportive, Roberta qualche passo indietro, scalza e con le ballerine dell’amica in mano, ogni tanto le annusa.

Lucia si volta un attimo, mi fa un cenno con la mano, le sorrido … la statua era già nel marmo ‘ diceva Michelangelo- io ho solo tolto quello che era di troppo.
Nasvidenje, belle signore.
Bevo un sorso d’acqua, mi riposiziono lo zaino sulle spalle e indosso gli occhiali da sole; mi riallaccio il coltello alla cintola; accarezzo distratto la barba di tre giorni.
Arse dal sole; mi avvio sulle pendici del monte Hom.

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