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Trio

Maria e Gennaro

By 11 Maggio 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Maria e Gennaro si conoscono da piccolini. Fin da piccolini si vogliono bene. Facevano la prima elementare in quella scuola popolare di Napoli, resa famosa dal film di De Crescenzo, dove si erano dati il primo bacetto. Due bambini che giocavano a fare gli innamorati, che oggi sono un giovane uomo ed una giovane donna.
In fondo ancora non hanno 25 anni, ma, quando sei cresciuto nella strada, a 25 anni sei già uomo o sei già donna.

Maria ha smesso di studiare al primo ragioneria. Lavora in casa ed aiuta la mamma a sbrigare le mille faccende che in una casa piccolissima, ma abitata da 8 persone, non mancano mai. Il nonno paterno e la nonna materna stanno con loro. I ragazzi sono 4 e stanno tutti in una stanza. I maschi sono tre e Maria &egrave spiata da sempre dai fratelli, che hanno seguito tutte le tappe dello sviluppo del suo fantastico seno. In effetti Maria &egrave una quarta naturale, una bellezza mediterranea, morbida nelle forme, ma con lunghe gambe snelle. Tutto il quartiere la desidera, i ragazzi sognano di averla, ma lei &egrave solo di Gennaro, da sempre. Cio&egrave, c’&egrave stato quel periodo di crisi in cui si erano quasi lasciati ed in quel periodo qualche fortunato ha potuto godere delle grazie della bella Maria, ma era gente di fuori, i ragazzi del quartiere sono sempre rimasti a bocca asciutta.

Gennaro &egrave anche lui moro. Un bellissimo ragazzo, un sorriso sfrontato e la battuta sempre pronta, ma timido, timido da morire nei riguardi delle ragazze. E fin da bambino &egrave accecato dalla gelosia verso la sua bella Maria.

In fondo se la cercò lui, in quella estate di tre anni fa. Maria si era attardata dalla zia e lui giù con la solita scenata di gelosia. Forse non avrebbe dovuto chiamarla così. Cavolo, non esiste una sola ragazza che &egrave contenta di sentirsi chiamare zoccola. E’ vero, era molto stanco in quel periodo. Appena diplomato aveva trovato lavoro come meccanico nell’officina dove montano e smontano motorini, pezzi rubati insieme a pezzi originali in un tale guazzabuglio che neanche il finanziere più abile riuscirebbe a capirci un accidente. Ma nessun finanziere sale fin lassù nei quartieri spagnoli. In effetti si fermano parecchi isolati più in basso, dove mani amiche regalano loro qualche stecca di sigarette e talvolta qualcosina di più. Il primo anno di lavoro da meccanico lo aveva frustrato. Gennaro &egrave un ragazzo di intelligenza brillante. I compagni da sempre lo chiamano ‘o professore’. E così aveva deciso di iniziare a tentare i concorsi. Un altro anno da meccanico e la sera a studiare, spesso a casa di Maria, nella stanza dei nonni che tanto fino alle 11 dormivano davanti alla televisione. Ma poi aveva capito che senza la spintarella non avrebbe mai passato nessun concorso. Ed allora la grande decisione. Gennaro ‘o professore’ si iscrisse all’università. A 21 anni compiuti, due anni dopo il diploma. E ancora la sera a studiare. E poi anche la notte a casa. Era molto stanco Gennaro, trascurava la sua Maria.

Maria e Gennaro avevano fatto l’amore la prima volta quando avevano 16 anni tutti e due. Era la prima comunione del fratellino più piccolo di Maria. Tutta la famiglia era fuori per la cerimonia. Maria aveva l’influenza ed era rimasta a letto. Gennaro si intrufolò nel palazzo pensando che nessuno lo avesse visto. Così credeva, almeno, ma quella pettegola della signora Concetta, che di solito era fissa al balcone a spiare la strada e le case di fronte, quella volta era dietro le tendine. Un sesto senso, avrebbe poi detto alla mamma di Maria. Gennaro era entrato nella casa di Maria, ed era entrato in Maria. Certo che la ragazza aveva 39, ma ne valeva la pena. In fondo poi fu una fortuna, perché quando il giorno dopo scoppiò la bufera, Gennaro stava nel suo letto febbricitante e si risparmiò la lezione che il papà di Maria gli avrebbe senz’altro impartito. Non potendo incontrarlo, fu incaricata la mamma di Maria di avvisare dell’accaduto la mamma di Gennaro, che incaricò il papà della punizione. Ma il papà non ebbe il coraggio di dare più di due schiaffoni a quel suo ragazzo nel letto con l’influenza.

Fino a quel momento Gennaro e Maria avevano solo pomiciato. B&egrave, in effetti il sesso orale non era mancato. All’imbrunire andavano col motorino sulle rampe di Pizzofalcone e aspettavano che facesse notte. Nell’ultimo e buio tornante delle rampe non ci sono case e Maria si inginocchiava tra il motorino ed il muro di tufo della rampa, mentre Gennaro prendeva il suo piacere sedendosi di spalle verso la strada. Maria era brava, lo prendeva in bocca dolcemente, lo accarezzava con la lingua prima di iniziare a succhiarlo piano. Gennaro le veniva in bocca con un piccolo gemito che Maria aveva imparato ad amare, anche perché le piaceva il sapore del seme del suo ragazzo e poi sapeva che a quel punto sarebbe venuto anche il suo piacere. Gennaro si ricomponeva velocemente, poi abbracciava la ragazza, le torturava con una mano il seno ed i capezzoli, con l’altra si insinuava nel jeans, trovava la strada verso il sesso della sua Maria e la portava con un dito al piacere.

Un piccolo rituale quasi sempre uguale che però dopo i 16 anni si sarebbe trasformato. Ogni occasione, ogni volta che c’era una casa, un garage, un negozio libero i due fidanzati facevano l’amore con passione. Avevano una serie di posizioni ormai collaudate. Quella da letto, quella da bancone di negozio, quella da scaffale di garage. A letto lo facevano alla missionaria. Quando era vuoto il negozio dove lavorava la sorella di Gennaro, perché i padroni andavano a casa per il pranzo, e quando la sorella non era impegnata lì con uno dei suoi due fidanzati, Maria si appoggiava con i gomiti al bancone, allargava le gambe e Gennaro la prendeva da dietro, scopandola con foga. Nel garage dove teneva la macchina lo zio di Maria, invece, tanta foga non poteva essere usata. Niente, non c’era proprio niente in quel benedetto garage. Neanche una sedia! C’era solo uno scaffale in fondo. Maria ci si appoggiava, quasi appendeva con le mani, ed anche lì interveniva Gennaro da tergo, ma l’entrata di Maria a quel punto era così in alto che Gennaro doveva stare praticamente in punta di piedi. Insomma il garage era il posto peggiore. Una volta avevano provato facendo curvare Maria e facendole poggiare le mani contro il muro, ma la presa non era buona, a terra c’era sempre dell’olio, Maria era scivolata al primo affondo di Gennaro e meno male che le sue grosse tette avevano assorbito l’urto. Un paio di air bag fanno sempre comodo. Ma Maria non aveva gradito la battuta, in fondo l’urto era stato attutito per Gennaro, ma la ragazza si era fatta male e da allora Gennaro aveva dovuto riprendere a scopare in punta di piedi.

Col passare del tempo anche le acrobatiche fantasie di Gennaro e Maria si erano trasformate in un’abitudine. Un’abitudine con qualche variante fantasiosa, ma pur sempre un’abitudine. Ed a Maria quest’abitudine stava proprio stretta. Lei avrebbe voluto qualcosa di più. Sapeva che i fratellini vendevano agli amichetti, in cambio di pochi centesimi, il posto davanti al buco della serratura quando lei si spogliava. In pratica tutto il vicolo conosceva le sue tette e quando lei camminava sotto gli sguardi pieni di ammirazione dei ragazzi, sapeva che loro non dovevano fare un grosso sforzo di immaginazione per indovinare l’esplosiva forma dei suoi seni. Tutto questo la eccitava. E tutto questo ingelosiva Gennaro, che sapeva della storia del buco della serratura, ma ovviamente non sapeva che Maria sapesse.

‘Zoccola, così mi ha chiamata!’ Lo sfogo tra le lacrime alla sua migliore amica aveva avuto una risposta che lei non si aspettava, ma che sperava.

‘E tu fagliela vedere!’

Non era stato proprio giusto, a casa della zia il cellulare non prende e lei si era dovuta trattenere a guardare la roba nel forno mentre la zia andava alla messa! Che ne poteva sapere che quell’idiota nel frattempo si sarebbe messo a fare i film, nella sua testa, di quello che poteva star succedendo.

Ma i ragazzi del quartiere non se ne videro bene di quella situazione. Tutti seppero all’istante perché l’amica parlò in gran segreto con le sue amiche, facendo giurar loro di non dire niente a nessuno. Maria ormai non poteva uscire di casa senza che le venissero rivolti complimenti espliciti. Gennaro era al parossismo della gelosia. Ogni uscita era una scenata. E Maria era una brava ragazza, non avrebbe mai fatto, in quel vicolo,davanti agli occhi di Gennaro, quello di cui pure lui ingiustamente l’accusava. Non avrebbe mai potuto davanti a quegli occhioni marroni che lei amava

Marroni erano anche gli occhi di Luca, un uomo molto più grande di lei. Aveva già 31 anni e viveva da solo nella mansarda su via Toledo. Non in un vicolo, ma proprio sulla via principale. Lavorava in banca e Maria l’aveva conosciuto perché era il figlio della signora dove la mamma andava a ‘fare i servizi’. Una volta la signora aveva chiesto alla mamma di portare una raccomandata urgente al figlio. La mamma di Maria non poteva ed era andata Maria. Mentre la mano di Luca si infilava tra due bottoni di una camicetta sempre troppo stretta, a cercare dei capezzoli che non volevano altro che essere strizzati da quelle dita curate, i suoi occhi scuri erano negli occhi di Maria. E Maria seppe che quel pomeriggio sarebbe stata veramente zoccola. Lo sapeva mentre sapientemente introduceva nelle sue labbra rosse il cazzo durissimo di Luca. Lo sapeva mentre sul comodo letto di Luca teneva le gambe alzate, aiutandosi con le mani dietro le ginocchia, per sentirlo dove il cazzo di Gennaro non era mai arrivato.

Le misure di Luca erano ben diverse da quelle di Gennaro, che somigliavano invece a quelle del miglior amico del bancario trentunenne. Non fu una sorpresa per Maria trovarselo di fronte quando era andata a trovare Luca. Lui gliel’aveva detto quasi scherzando. ‘Ti venderò come una puttana’. Lei gli aveva detto che lui non ne avrebbe mai avuto il coraggio, mentre per lei non sarebbe stato certo un problema andare con un altro, visto che già faceva le corna al suo fidanzato. Ed in effetti non fu un problema per lei. Certo, un bel vizioso quell’amico. Le prese quell’ultima verginità, mentre lei era carponi sul letto ed aspettava di essere penetrata nel modo animalesco che più preferiva. Lui l’aveva schiacciata con le spalle sul letto, in modo da immobilizzarla ed aveva spinto contro il buco sbagliato. Non le era piaciuto, le aveva fatto male, avrebbe gridato, ma Luca era comparso all’improvviso davanti a lei. Chissà dove si era nascosto, ma era lì pronto, con il suo palo di carne altrettanto pronto a tappare una giovane bocca, che invece voleva gridare il suo dolore. Ma la bocca iniziò a succhiare con voracità e la ragazza non pensò più al dolore.

Gennaro vedeva che in quel periodo Maria non dava proprio retta ai ragazzi del quartiere, ma era ancora roso dalla gelosia per quella volta che quella disgraziata diceva di essere andata dalla zia, mentre un suo amico si era vantato di essersela fatta sul ‘sellino’ della vespa, su alle rampe di Pizzofalcone. Allora le parlò e le disse che in effetti sarebbe stato meglio se si fossero lasciati per un po’. Potevano sentirsi, ma non vedersi e capire cosa provavano l’uno per l’altra.

Maria sapeva che Gennaro era sicuro della sua fedeltà. Si sentiva un po’ sporca, ma anche molto eccitata dalla strana situazione che si era venuta a creare. Un pomeriggio era nella mansarda sulla via Toledo, quando il cellulare suonò. Le telefonate di Gennaro in quel periodo erano piuttosto rare e lei non se l’aspettava. Luca fu un signore, perché le tolse il palo di carne dalla bocca per pemetterle di rispondere. Non altrettanto signore fu il suo amico, che non intendeva smettere di cercare il suo piacere nella via più stretta di Maria.

‘Gennaro, ho mal di pancia, devo correre al bagno’

‘Dai, Maria, parliamo un po!’

‘No, Gennaro, mi sento come se avessi una cosa enorme nella pancia che si muove’

Ed in effetti si muoveva!

‘ahia, fa male!’

E faceva male. Quell’animale non perdeva mai l’occasione di umiliarla, ma Maria non sapeva farne a meno. Negli anni a venire avrebbe ricordato sempre quella telefonata, con una punta di trionfo e di eccitazione insieme. Gennaro avrebbe imparato a non insultarla più. Ogni litigio lei avrebbe ricordato sempre quel suo piccolo momento di privato trionfo.
Gennaro si scusò per avere insistito e la telefonata finì lì. Davanti al viso delizioso della giovane ragazza il membro di un uomo prese il posto del telefono cellulare ed il gioco dei tre amanti ricominciò.

(continua)
Era stata dura ma ce l’aveva fatta. Gennaro era riuscito a prendersi quella benedetta laurea breve in economia, che gli avrebbe schiuso nuove prospettive. Si sentiva padrone del mondo e giustamente!
A neanche 24 anni e facendo un duro lavoro di meccanico durante il giorno, era riuscito a fare tutti gli esami e in quella mattina di fine giugno era diventato finalmente dottore. Per tutti però sarebbe stato sempre ‘o professore’. Da sempre, infatti, era ‘lo scienziato’ del vicolo, lassù nei quartieri spagnoli, in quelle strade strette dove c’&egrave tanta cultura quanto sole, ad illuminare le case e la gente.

Avevano deciso di regalarsi questo week end ad Ischia. Gennaro e Maria, loro due soli, più innamorati che mai. Le nuvolaglie della crisi di qualche anno prima erano state spazzate via della potenza del loro amore.

Tutto era successo così, per combinazione. Maria era andata dai suoi due amici per la solita serata a base di sesso e trasgressione, in quell’attico luminoso sulla via Toledo. E quella sera il bancario per la prima volta le si era rivelato come nient’altro che un piccolo figlio di papà. Un piccolo grande bastardo, altro che grande uomo! Lei aveva messo il suo vestito rosso a fiori, quello della festa, che era stato della mamma e che la nonna con mani esperte aveva ristretto per i fianchi acerbi della ragazza, ricavando così anche un po’ di stoffa per allargare invece il vestitino in petto. Si sentiva molto bella e quando Luca l’aveva presa in giro per il vestito si era sentita sprofondare. ‘Mettiti piegata sul tavolo, visto che hai la tovaglia di natale addosso’. Aveva creduto che scherzasse, aveva sperato che al gioco seguisse un minimo di corteggiamento, qualche complimento per il suo completino, ma aveva sentito solo un paio di mani forti che le spingevano il busto contro il tavolo della cucina. Il suo sesso era stato ignorato da Luca, in vena di imitare il suo amico vizioso. Dall’altro lato del tavolo, col sincronismo perfetto che contraddistingueva le azioni dei due giovani bastardi, altre mani maschili avevano preso il posto di quelle di Luca a tenerla sbattuta giù sulla panca di legno. Luca aveva aperto la credenza e ne aveva tirato fuori l’oliera. Mentre sulle guance di Maria iniziavano a scorrere le prime lacrime, tra le sue natiche scendeva un rivolo di olio direttamente dall’oliera. ‘Sulla tavola di natale condiamo un po’ l’insalata di rinforzo’ era stata la battuta di Luca che, poi, aveva unto ben bene il suo grosso pene, masturbandosi in questo modo fino a raggiungere una buona erezione. Quindi l’aveva poggiato sul buchino della ragazza ed aveva spinto. Si era mosso come un ossesso dentro di lei, senza alcuna considerazione per l’essere umano che aveva davanti. Le lacrime di Maria ormai le avevano disfatto il trucco, trasformandole il viso in una maschera grottesca, che divenne ancora più grottesca quando ad esse si mescolò il seme dell’amico vizioso che per una volta aveva preferito servirsi della bocca della ragazza.

Maria era rientrata di nascosto in casa. Il vestito era tutto macchiato d’olio, ma era soprattutto lei a sentirsi sporca. Si fece una lunga doccia, finch&egrave l’acqua non divenne fredda. Non sapeva cosa fare del vestito. Non si sarebbe mai smacchiato e poi, come spiegare quelle macchie? Ne fece un pacchetto. Lo conservò con cura e alla nonna disse che non avrebbe più messo l’abito rosso perché voleva tenerlo per sempre come ricordo della festa di promessa di matrimonio della sua amica, dove aveva trascorso una serata indimenticabile. Ed infatti Maria non avrebbe mai dimenticato quella sera, quella sera in cui una ragazza piangente non sapeva che, però, le sarebbe successa anche una cosa bella, la più bella della sua vita.

Gennaro le aveva periodicamente telefonato, ma non si era mai fatto vedere negli ultimi mesi. Certo, era stato presente. A volta aveva chiamato in momenti decisamente poco opportuni, ma l’aveva chiamata anche quando lei aveva avuto l’influenza. Quando stava male le aveva fatto compagnia al telefono tutte le sere e Maria sapeva che quell’ora di studio persa lui, dopo, l’avrebbe recuperata, andando a dormire ad un orario ancora più spaventoso di quello, già spaventoso, in cui solitamente crollava. Poi, dopo ogni esame, le aveva telefonato ed aveva così diviso con lei la sua gioia.

Il ragazzo aveva una voce stupenda, quando cantava era uno spettacolo. Maria sentì la voce salire dalla angusta via in cui viveva, che in quell’occasione funse da cassa armonica, amplificando le note della canzone d’amore, e quasi svenne. Si sentiva in colpa, ma in un attimo dalla tristezza più profonda passò alla gioia più grande. Era quasi Natale, pieno inverno, ma la ragazza corse giù a piedi nudi e con la camicia da notte per i cinque piani di scale e, mentre le ultime parole della canzone uscivano dalla bocca di Gennaro, lei gli si gettò al collo piangendo.

Lui le chiese perdono per averla fatta soffrire con la sua stupida gelosia. Quel pomeriggio l’idiota del suo amico aveva confessato di aver detto una palla per vantarsi della conquista con gli amici. Non aveva avuto il coraggio di farlo in tutti quei mesi perché aveva visto il casino che aveva combinato. La confessione non gli evitò la gragnuola di colpi al viso che il mite Gennaro gli scaricò addosso in pochi istanti, prima di essere fermato dai presenti. Da quel giorno Maria fu la più fedele delle fidanzate e riprese le sue scomode acrobazie amorose con il meccanico-studente, forse meno dotato dei rampolli di buona famiglia che aveva intimamente conosciuto, ma senz’altro più dolce e di buona compagnia.

Mentre preparava la sua borsa per il week end la ragazza intravide sotto le magliette il pacchetto con dentro il vestito rosso e provò la solita strana sensazione. Cio&egrave non era una sensazione sola, era un coktail di sensazioni! Odio per i due bastardi, eccitazione al ricordo del sesso proibito, dolcezza al pensiero della serenata di Gennaro, amore per il suo Gennaro e ‘. forse una puntina di nostalgia per un letto comodo ed un membro fuori dalle dimensioni. Sorrise di se stessa e si chiamò ‘zoccola’ zitta zitta, in modo che nessuno sentisse. D’altra parte per la prima volta si sarebbero regalati un letto comodo anche lei e Gennaro, cio&egrave la prima volta per Gennaro. E si chiamò ‘zoccola’ di nuovo, questa volta un po’ meno a bassa voce, tanto che il fratello chiese: ‘zoccola chi?’ e rise. Ormai tutti i fratelli pensavano che Maria fosse un po’ matta. Forse il freddo di quella epica sera di qualche anno prima, che era rimasta negli annali del vicolo, oltre a portarle una bronchite che era durata tre settimane, le aveva danneggiato qualcosa nel cervello!

Faceva un caldo bestiale al molo Beverello. L’aliscafo con l’aria condizionata partì in perfetto orario, portando con sé i signori ben vestiti della buona borghesia napoletana. Il vaporetto era stracarico e faceva un caldo boia. Le mani intrecciate dei due innamorati erano tutte sudate.

‘Maria ma tu lo sai che questa Sant’Angelo di Ischia dicono che &egrave più bella di Capri?’

‘Gennaro, ma tu allora mi stai portando nel posto più bello del mondo!’. E, all’aria perplessa del giovane la ragazza rispose: ‘Gennà, ma se tutti lo sanno che Capri &egrave il posto più bello del mondo e sta’ Sant’Angelo &egrave più bella ancora ‘.. allora &egrave il posto più bello del mondo!’

I suoi occhi neri brillavano. Forse non di intelligenza, ma di bellezza e di passione senz’altro, per cui Gennaro la guardò con dolcezza e, nella calura, le strinse la mano sudaticcia.

Il pulmino per Sant’Angelo era stato un vero supplizio. C’erano non meno di cinquanta gradi lì dentro e si stava strettissimi. Quell’omone grasso dietro Maria sicuramente ne stava approfittando per strusciarsi addosso alla ragazza. Gennaro non ebbe dubbi sul fatto, mentre gridava contro l’uomo e cercava di picchiarlo, ma non poteva perché era immobilizzato dalla ressa. Fortunatamente a metà percorso il ciccione scese dal mezzo di trasporto, sennò chissà cosa sarebbe successo.

Quando arrivarono, però, lo spettacolo che si offrì ai loro occhi era fantastico. In una giornata luminosa, azzurra e tersa, l’isolotto di Sant’Angelo era davvero il posto più bello del mondo!

Il portiere della pensione (chiamarla albergo, come pure insisteva il ragazzo, proprio non si può!) non riusciva a togliere gli occhi dalla scollatura nella canottiera di Maria, sporto in avanti attraverso il bancone. Dovette pensarci Gennaro a sollevarlo fisicamente dalla scomoda posizione. Forse lo sollevò un po’ troppo. In effetti il poverino, tenuto sollevato contro il muro dal ragazzo per il collo della maglia, scalciava disperato e temeva ormai il peggio, quando Maria sussurrò qualcosa nell’orecchio di Gennaro, che mollò la presa per iniziare ad inseguire la ragazza su per le scale sudicie della pensione a basso costo.

La stanza n. 14 l’avevano prenotata da tempo, ancora prima di laurearsi il giovane aveva in mente di farsi quel regalo. Gli avevano garantito che era panoramica, mentre ovviamente dava su una vanella tra due stabili quasi attaccati tra loro. Ma i ragazzi non la aprirono neanche quella finestra che avrebbe consentito loro di realizzare di essere stati truffati. In un attimo furono sul lettone, in un attimo furono nudi, sudati ed abbracciati.

Gennaro quella notte detta il meglio di sé. Riuscì a fare anche la terza, cosa prima mai successa. Maria gli promise che dopo le nozze avrebbe avuto anche il buchino proibito. Poi, quando lui glielo chiese, la ragazza disse che non immaginava che per una donna fosse possibile fare sesso per tre volte di seguito. Mentre il ragazzo dormiva sereno ed appagato lei ricordò che quella volta a farsela per quattro volte di fila erano stati in due, poi come al solito mormorò ‘zoccola’, abbracciò dalle spalle il suo Gennaro e non ci pensò più.

Si svegliarono tutti sudati, ma ancora abbracciati. Aprirono per la prima volta la finestra sul ‘panorama’ ed un po’ si incazzarono per la fregatura. Gennaro voleva picchiare il padrone dell’ ‘hotel’ ma Maria con un pompino favoloso gli fece pensare ad altro.

Sulla spiaggia Maria chiese al suo ragazzo se l’avrebbe eccitato se lei si fosse messa in topless. Lui rispose di sì e lei incautamente tolse il reggiseno. Lo dovette rimettere di corsa dopo pochi minuti, per cercare di separare Gennaro dal malcapitato vicino di ombrellone, cui il neolaureato stava avvinghiato, riempiendolo di cazzotti nei reni. Arrivarono i carabinieri e portarono via i due litiganti. Il vicino di ombrellone era il vicesindaco del comune, per cui fu immediatamente rilasciato. Il maresciallo spiegò a Maria che avrebbe tenuto Gennaro al fresco fino a sera e l’avrebbe rilasciato in tempo per consentire loro di prendere l’ultimo vaporetto. Il ragazzo, &egrave vero che era giovane e focoso, ma meritava una bella lezione. Fortunatamente il vicesindaco accettò di non sporgere denuncia ed anzi offrì una bibita fresca ad una Maria ormai disidratata dalla calura. La riaccompagnò in spiaggia e si sedette però ad un paio di ombrelloni di distanza. Ogni tanto gettava lo sguardo verso la giovane prosperosa, il cui reggiseno del bikini sarebbe senz’altro scoppiato, se la prudente ragazza non l’avesse slacciato in tempo. La ragazza era eccitata all’idea di essere guardata, ormai non tanto più di sfuggita, dal maturo vicesindaco. Una persona così importante! ‘Zoccola’ mormorò nuovamente zitta zitta e nessuno la sentì.

La moglie del vicesindaco lo chiamò per il pranzo quando l’uomo aveva ormai deciso di approcciare la giovane, che intanto si era addormentata al sole nella vana attesa dell’abbordaggio. Quando Maria si risvegliò era quasi ora di andare a prendere Gennaro alla stazione dei carabinieri. Una corsa in albergo a prendere le cose e fare una rapida doccia e questa volta il portiere pot&egrave dilungare lo sguardo sulla rotonda scollatura della ragazza che saldava il conto.

‘Che avventura’, disse Gennaro mentre i due ragazzi guardavano la luna abbracciati sul ponte di poppa dell’ultimo vaporetto per Napoli.

Maria rientrò furtiva in casa, per non farsi vedere da quella stronza della signora Concetta, la pettegola di fronte. Poi dovette sciacquare il suo costume due taglie più piccolo del dovuto, in effetti l’unico indumento che aveva avuto modo di sporcare in quel fine settimana rocambolesco. Le mutandine del bikini erano umide ed al tatto si capiva che non era acqua di mare. Maria le stava per stendere così ad asciugare, incurante del fatto che il sale potesse stingere il tessuto. La ragazza se ne era accorta mentre era già al balcone, sfregando il piccolo slip tra le dita della mano e fu un tutt’uno guardare il balcone di fronte e vedere la signora Concetta in postazione. Ma quella volta la dirimpettaia sorrise complice. Nella luna piena i suoi denti bianchissimi si erano schiusi in un sorriso di simpatia e complicità della donna più anziana verso la ragazza.

(continua)
E’ passato meno di un anno dal famoso week end di Ischia. Nella stanza accanto a quella dove Gennaro si riposa steso affianco alla bella Maria si sente il pianto di un bambino. ‘Gennà, vai tu, che io sto stanca’. Gennaro si alza e va nella stanzetta contigua. ‘Bisogna cambiarlo’. La sua affermazione non trova alcun eco e il giovane, stancamente, inizia le operazioni di rito.

E’ stanco il nostro giovane uomo, ma tutto sommato soddisfatto. Appena qualche anno prima non avrebbe scommesso una monetina da 10 centesimi sul fatto che sarebbe arrivato ad avere una casa tutta sua, un lavoro, un figlio e soprattutto di potere stare tutte le notti con la bella Maria in un comodo letto. B&egrave, forse sotto questo punto di vista le sue aspettative erano un po’ diverse.

In fondo era stato contento quando, dopo un paio di settimane dal week end ad Ischia, la ragazza aveva iniziato a provare delle nausee. Poi il test aveva detto loro quello che già sapevano. Le nozze erano state preparate in tutta fretta ed in fretta il tam tam del vicolo aveva trovato un posto a Gennaro, un vero posto da impiegato. Si apriva una nuova società di consulenze, che cercava un collaboratore. Gennaro si era presentato al neoimprenditore nel suo abito buono ed aveva fatto un’ottima impressione. Assunto su due piedi ed avrebbe iniziato l’indomani.

La prima notte di nozze Gennaro aveva sperato nella promessa di Maria. Quel buchino proibito ‘.. Ma Maria si era indignata quando lui le aveva ricordato la parola di un mese prima o poco più. Lei lo aveva detto in un momento di eccitazione. Che si credeva lui ‘. Lei era una persona seria e poi ormai era una donna sposata e poi aspettava anche un bambino.

E poi, e poi ‘ a Gennaro questi poi puzzavano di fregatura. Ma come, prima non si poteva perché non era sposata e dopo non si poteva perché era sposata? Sono quei misteri delle donne che non &egrave che si possano spiegare. Ma se ne era fatta una ragione perché in fondo era meglio che la madre di suo figlio fosse una persona seria, una che questo genere di cose non le fa.

Maria aveva sempre detto al ragazzo che una volta sposati avrebbero fatto l’amore tutti i giorni. Dormendo insieme chi poteva mai impedirglielo? Indubbiamente i fatti dimostravano, a quel punto, che alla giovane donna nessuno lo impediva. Ma a Gennaro c’era una persona che non gli consentiva di pensare al sesso tutti i giorni e quella persona ovviamente era Maria.

Comunque fino al quinto mese una volta la settimana era sempre successo. Poi era successo il quinto mese e poi ‘.. le persone serie ‘.si sa che sanno anche astenersi da certe cose!

Il ragazzo si era tuffato a capofitto nel lavoro. Il capo era giovane e simpatico. Sulle prime gli era sembrato un imprenditore che si era fatto da sé, poi, però, si era rivelato il classico figlio di papà. Molto alla mano, comunque, gli raccontava di tutte le sue avventure, dei suoi viaggi, ma soprattutto delle sue donne.

Caspita e quante erano state. Gennaro si sentiva un po’ sminuito, con la sua vita condita da un’unica donna. Era da non credersi la storia dell’impiegata che doveva necessariamente fargli un pompino al giorno, sempre alla stessa ora, rigorosamente sotto il tavolo. Donna sposata, tipo distinto, con gli occhialoni grandi. Gennaro glielo diceva sempre al capo che non gli credeva, ma dovette ricredersi quando il giovane imprenditore lo autorizzò ad affacciarsi alla sua porta senza bussare alle 16 in punto. Lei era lì, sotto il tavolo. Impugnava il cazzo del titolare con devozione e delicatezza e con grande dolcezza lo faceva scorrere tra le sue labbra. Il giovane impiegato rimase allibito sulla porta, incapace di muoversi. E non si mosse. La donna continuò l’operazione con delicatezza. Solo alla fine il capo le fece capire che doveva incrementare il ritmo e le spinse significativamente la testa più giù. Bastò quell’unica spinta perché l’impiegata cambiasse radicalmente tecnica. Ora faceva sparire l’asta, di notevolissime dimensioni, quasi interamente in fondo alla sua gola. E lo faceva con un ritmo incredibile. Alla fine l’uomo venne, ma non una goccia uscì fuori dalle labbra dell’esperta dipendente, che si alzò e vide che Gennaro la osservava. Non ci fu tempo di dire una sola parola perché, altrettanto puntuale come l’uomo che pretendeva il suo piacere, un altro uomo alle 16:15 telefonava tutti i giorni.

‘Giuliana, tuo marito al telefono’.

‘Caro, come stai?’ E poi le altre tipiche cose che si dicono al telefono tra coniugi nelle brevi e rituali telefonate quotidiane.

In un attimo Gennaro passò dall’eccitazione che la scena gli aveva procurato allo schifo più profondo per quella donna traditrice e ringraziò il cielo di avere trovato una ragazza seria.

Quella sera al solito era rimasto in ufficio, solo insieme al capo. Erano i momenti in cui il rampollo della Napoli bene si lanciava nei racconti più sfrenati. Passando di orgia in orgia si fecero le otto di sera, mentre Gennaro raccoglieva ed ordinava le pratiche sul tavolo del capo. Bussa il citofono ed arriva l’amico dell’imprenditore. Veniva quasi tutti i giorni.

‘U&egrave, Luca come stai? Sai chi ho visto oggi?’

‘No’

‘Quella del vestito a fiori, la ricordi?’

‘Ah, la tovaglia di Natale?’ e risero entrambe.

‘La più grande di tutte le zoccole che abbiamo mai frequentato’ spiegò l’amico a Gennaro.

‘Si faceva inculare quasi tutti i giorni, diceva che aveva litigato col fidanzato. Poi un giorno la prendemmo in giro per un vestito ridicolo che aveva, un vestito rosso a fiori che sembrava una tovaglia di Natale’

‘Chissà se se l’&egrave presa per questo o perché glielo abbiamo macchiato con l’olio usato per incularla’

‘Ma com’&egrave ora? Com’&egrave diventata?’

‘Sempre bona &egrave. Stava con un carrozzino con un bambino ai giardinetti di palazzo reale. Le tette sono diventate enormi con l’allattamento. Ti ricordi come gliele torturavamo?’

Le otto e mezza &egrave l’ora della telefonata di Gennaro. ‘Maria vengo subito’ ‘. E la storia finì lì.

Solita serata. Cena. Dopocena davanti alla TV con condimento di allattamento e telefonata della suocera. Mentre, interminabilmente, la giovane racconta il nulla alla mamma, Gennaro da dietro infila una mano nella abbondantissima scollatura della moglie.

‘Gennà, che fai! Lo sai che da quando allatto sono sensibile! Non mi piace, non voglio e basta e poi lo abbiamo già fatto l’altroieri!’

Poi Maria va a stendersi, quando il bambino piange.

‘Ma perché dopo una cert’ora tocca sempre a me cambiarlo?’

‘Gennà tu mica lo allatti, qualcosa dovrai pur fare, no?’

‘Maria sono finiti i pannolini, dov’&egrave l’altro pacco?’

‘Apri l’armadio Gennà’

Chissà perché, facendo il cambio di stagione quella mattina, la mamma aveva trasferito, dal livello superiore del guardaroba, anche quel pacchetto che la ragazza aveva conservato con cura tanti anni prima, con dentro un vestito rosso a fiori, indelebilmente macchiato d’olio. E Gennaro apre il pacchetto convinto di trovarci dei pannolini. Invece ‘.. invece trova un pensiero nuovo:

‘alla faccia della persona seria!’

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