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Racconti 69Trio

Nel rifugio con Cristina

By 19 Gennaio 2010Febbraio 9th, 2020No Comments

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L’essere riuscito a strappare Cristina al suo lavoro per una settimana era già un successo apprezzabile, perch&egrave le vacanze della gente comune coincidono spesso coi periodi di maggiore attività del mondo dello spettacolo, di cui lei faceva parte. Non aveva però ceduto volentieri, più che altro perche non le andava di ammettere che i colleghi se la sarebbero cavata lo stesso senza di lei. Ora però sembrava rasserenata: l’aria frizzante delle Alpi ed il sole di quella fine di primavera avevano compiuto il miracolo.
Era già un po’ che avevo voglia di fare un trekking di qualche giorno in montagna, percorrendo l’Alta Via e dormendo nei rifugi, e finalmente se ne era verificata l’occasione. L’albergo che ci ospitava ci aveva messi in contatto con una coppia di romani che aveva lo stesso desiderio, e che conosceva una guida locale.
I tizi erano sposini recenti e un po’ borghesotti, lui belloccio ed amorfo, lei, morettina con seno esplosivo, vivace ed eccitata come se stesse per iniziare un’epocale spedizione fra i ghiacci, e non una gita in montagna con accompagnatore. Arriva poi anche quest’ultimo, un tipo sui cinquanta, asciutto, brizzolato ed abbronzato, non so dire se simpatico o meno, ma dotato di una calata dialettale veneta che rendeva gradevoli anche le sue frasi più banali.

Ed eccoci dunque in marcia per affrontare la prima vetta. Me la divoravo con gli occhi la mia ragazza, nel vederla sgambettare a cosce nude, con dei calzoncini militari e degli scarponi più grandi di lei, tutta seriosamente impegnata nella salita, ma pronta a sorridere timidamente se si accorgeva che la guardavo. Era davvero un’altra persona, rispetto alla professionista sempre un po’ tesa e scontrosa dei suoi periodi lavorativi.
Ma non ero il solo a divorarla, osservo con qualche fastidio. Non certo l’amorfo, che neanche sembrava apprezzare le poppe ondeggianti della sua euforica sposina. Si trattava ovviamente della guida, che senza parere ogni tanto le perforava i vestiti con gli occhi a fessura. E non lo faceva indiscriminatamente, perch&egrave l’altra ragazza, dotata di un’equivalente appetibilità, veniva invece appena guardata in modo distratto.

Si manifestava così ancora una volta l’arcano del fascino di Cristina. Anche senza volerlo, pur senza dire una parola, o forse proprio per quello, e pur non possedendo un particolare glamour, riusciva ad emettere radiazioni erotiche invisibili ma talmente forti da stregare chiunque. A patto che fosse sufficientemente ricettivo, come appunto doveva essere il nostro accompagnatore. Sposato, noto dall’anello. Come se questo bastasse a far sentire in colpa un uomo solo per contemplare le forme della donna di un altro.
Lo osservo attentamente. Era vestito proprio come ci si immagina debba essere vestita una guida alpina: camicia di flanella scozzese, maglione pesante e calzoni infilati nei calzettoni bianchi di lana. Amichevole, ma con uno sguardo di furbizia montanara che non mi convinceva del tutto.
Cristina non sembrava però condividere le mie riserve mentali, perch&egrave in una sosta per il picnic, mentre io addentavo i panini, l’altra ragazza commentava estasiata il panorama ed il suo merlo borbottava, il nostro cicerone trova il modo di coinvolgerla in una conversazione su temi culturali e ambientali.
Si chiamava Basilio, un nome insolito. In città faceva il tecnico informatico, ma nella bella stagione accompagnava le gite. Forse nella speranza di accompagnarsi alle belle gitanti, penso malignamente. Almeno si fosse limitato a quelle sole…

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Non stava in realtà accadendo nulla di disdicevole. Il buon Basilio, in arte Vassili, dialogava con tutti, ma solo Cristina ribatteva ed approfondiva gli argomenti con quella foga polemica che a volte mostrava sui temi che la appassionavano. Lui, il montanaro, difendeva la costruzione di un’autostrada nella valle, lei, cittadina, era ovviamente paladina dell’ambiente. Io cercavo di mediare fra ecologia e sviluppo, gli altri si limitavano a commenti banali.
Ma solo il mio radar ipersensibile registrava la discussione intavolata da Basilio per quello che realmente era: un abile, dissimulato ed insinuante tentativo di seduzione della bella turista sotto gli occhi del legittimo compagno.

Solo quando l’ascensione riprende trovo il modo di avvicinare Cristina senza orecchie indiscrete.
– Cosa te ne pare della nostra guida?
– Non so. Sembra in gamba.
– Intendo, come uomo…
– Cio&egrave?
Mi irritava quando faceva la santina, divento quindi brusco.
– Insomma, te lo scoperesti?
– Ma che domande…
– Voglio dire… lo trovi attraente?
– Non so…
Figurarsi se rispondeva diversamente. Ma visto che di “sì”, in quella fase, non era in grado di pronunciarne, i suoi “non so” si avvicinavano un po’ troppo ad un’affermazione.
– Non ti &egrave sembrato di dare un po’ troppo spago, all’amico?
Lei alza le spalle, con aria sorpresa e irritata. Ecco, ero riuscito a contrariarla proprio quando la gratificazione per il ruolo sostenuto nella piccola polemica con l’altro l’aveva portata al massimo dell’autocompiacimento. Avrei dovuto saperlo che questo tipo di osservazioni sono controproducenti…
Arriviamo al rifugio poco prima del tramonto, e mi chiedo cosa sarebbe successo se per un qualsiasi inconveniente avessimo smarrito la strada o rallentato l’andatura. Una notte all’addiaccio sarebbe stata fatale, e mi rendo conto di quanto tutti dovevamo alla nostra guida. Fra l’altro per non appesantire gli zaini non avevamo neanche portato i sacchi a pelo, perch&egrave ci era stato assicurato che il rifugio era abbondantemente provvisto di coperte, informazione poi rivelatasi esatta.

Eravamo gli unici occupanti, lo spazio era quindi tutto per noi. Si trattava di un ambiente estremamente semplice: una camera con una stufa, un tavolo e delle panche, ed un’altra dotata di una lunga e alta pedana di legno, una specie di branda collettiva su cui avremmo dovuto dormire affiancati.
Conoscevo quel tipo di sistemazione, in uso anche negli ostelli di montagna, ma il maschio dell’altra coppia, tale Ferdinando detto Nando, storce il naso. Non così sua moglie Simona, sempre galvanizzata dall’avventura.
Dopo una cena più che spartana il nostro accompagnatore si improvvisa anche animatore raccontando qualche aneddoto sulla sua attività. L’ambiente suggestivo e la compagnia ristretta invitavano in effetti ad una rilassante serata accanto al fuoco. Anche questa volta però la conversazione sembrava dedicata alla ragazza che più gli dava ascolto, ancora irritata dalla mia contrarietà e proprio per questo tesa a punirla interessandosi più del dovuto ai racconti dell’amico.Gli altri due si erano invece appartati in un angolo parlottando a bassa voce.
Era un peccato, non perch&egrave temessi le ripicche di Cristina, ma per la scarsa riuscita di una serata che avrebbe potuto essere più divertente. Cerco di intervenire anch’io, proprio per non trasformare il dialogo in un monologo e non dare a Cristina l’impressione di essermi offeso, ma lo smorzarsi del feeling ed il freddo alla fine ci spingono a letto.

Non si sa bene come, ma il nostro Basilio riesce a sistemarsi proprio tra le due ragazze. Non che dubitassi dell’integrità morale della mia, ma per precauzione, prima di dormire, scambio con una scusa il posto con lei. Se il Vassili aveva qualche velleità, eccolo servito.
Non mi ci vuole molto per ammorbidire Cristina dopo il malumore pomeridiano. A letto diventava particolarmente arrendevole, caratteristica sia entusiasmante che preoccupante. Mi giro verso di lei e la abbraccio, giusto per godere del suo calore, che in una notte in montagna diventava ancora più prezioso. Dopo qualche effusione labiale che mi riconcilia col mondo lei si irrigidisce bruscamente.
– Cosa c’&egrave?
– Shh! Non ti voltare…
– Allora dimmi tu.
– Parla piano. C’&egrave qualche movimento…
– Cio&egrave?
– Basilio… con Simona. Ma non si vede bene. – mi sussurra eccitata all’orecchio con una voce che era un sospiro.
Aveva davvero un debole per le trasgressioni, la mia ragazza. Ma mentre le proprie la vedevano quasi apatica, manifestandosi più con i fatti concreti che con l’espressione, quelle altrui la precipitavano in uno stato di animata partecipazione.
– Cosa fanno? – chiedo, non meno interessato a quanto accadeva alle mie spalle.
– Sembra che lui ci stia provando… l’altro invece ronfa di grosso.
– E lei?
– Non si capisce. Non girarti, se no se ne accorgono.
Curioso come dall’antagonismo fosse ora passata alla complicità. Quando c’era in ballo qualcosa di piccante, alla fine eravamo sempre tutti e due dalla stessa parte.

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C’era da aspettarselo, il mio radar non aveva mentito del tutto. Per consolarsi della mancata accessibilità di Cristina, l’impudente capogita aveva abbordato l’altra, ma fremo al pensiero di cosa sarebbe accaduto se non avessi preteso lo scambio di posto. Oppure no, le vellutate attenzioni che le aveva riservato durante la giornata avevano il solo diabolico scopo di stuzzicare la vanità della mogliettina trascurata, che ora vedeva finalmente riconosciute le proprie attrattive.
Era proprio questa la ragione della scelta, penso convincendomene sempre di più. E’ vero che Cristina sprizzava sesso da tutti i pori, ma aveva alle spalle un compagno che la teneva d’occhio, e non un dormiglione che non se ne curava. In ogni caso, corteggiandone una le aveva stimolate entrambe, penso ricordando una vecchia tattica di approccio dell’adolescenza. Quando ci sono due potenziali prede, occorre corteggiare quella a cui si punta meno. O l’una, lusingata dall’insolita attenzione, o l’altra per spirito di rivalsa, teoricamente dovrebbero cadere nella rete. Rarissime volte, tutte e due. Molto più spesso, purtroppo, nessuna…
– Allora, racconta! – soffio nell’orecchio a Cristina roso dalla curiosità.
Aveva ragione lei, non potevo certo girarmi, in quello spazio così ristretto anche un leggero trambusto avrebbe bloccato gli altri due, se avevano qualcosa da nascondere.
– Aspetta…
– Insomma, lei ci sta?
– Non so, hanno le teste vicine…
– Si baciano?
– Forse…
Accidenti. Proprio quando mi trovavo in presenza di una delle rare situazioni scabrose che non riguardavano Cristina, dovevo accontentarmi delle sue descrizioni, necessariamente sintetiche e lacunose.
– E ora? Dai, non farmi morire…
– Le sta toccando le tette!
– E lei non protesta?
– Non sembra…

Ecco, ce l’aveva fatta. Ero quasi contento per lui, tanta era l’antipatia che mi suscitava lo strafottente marito. Ma allo stesso tempo lo invidiavo, pensando a come in quel momento, nascosto dalla coperta, stava affondando le dita in quelle poppe superbe alla faccia del coniuge addormentato e della moglie lontana.
Mi chiedo però se lei aveva ceduto alle pressioni per uno sfizio momentaneo, o per una predisposizione naturale. Era senz’altro un tipo vitale, e non si capiva come mai stava con quel soggetto taciturno e spocchioso. Forse era vera la prima ipotesi. A ben pensarci, durante il giorno non aveva mostrato di voler sedurre chicchessia, pur potendolo fare con i metodi subliminali che hanno le donne. Com’era inevitabile, aveva solamente fatto sballonzolare le sue poderose tette. Simili a quelle di Cristina, peraltro, che però non indossava una camicia scollata come lei ma un casto maglioncino. Se dunque in un’ottica maschile il comportamento del nostro accompagnatore era perlomeno comprensibile, cosa aveva indotto Simona a cedere al suo corteggiamento non richiesto? Lascivia, pigrizia, o una specie di riluttante sottomissione?
Probabilmente una suggestione erotica nata come reazione all’approccio dell’altro. Lui era un fascinoso ed esperto cinquantenne, lei una sposina al massimo venticinquenne. Già il solo essere considerata appetibile da una persona dotata di un certo carisma, mentre il marito neanche la guardava, poteva essere una motivazione sufficiente.
Non doveva però mancare anche un certo grado di soggezione. Respingere le avances di una persona a cui comunque si &egrave affidata la propria sicurezza, e creare uno scandalo svegliando il marito, avrebbe rovinato l’escursione a tutti. Accettare una palpata, anche nel caso di un non convinto gradimento, non faceva in fondo del male a nessuno…

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Mi chiedo quale sarebbe stata in quel frangente la reazione di Cristina, una tigre quando &egrave in piedi, ma una pecorella a letto. Se non una maialina…
Per un attimo la immagino nei panni della scostumata Simona, fremo di eccitazione, e da lì scaturisce la domanda finora ignorata. Come mi sarei comportato io, piuttosto, se qualcuno avesse tentato di mettere di nascosto le mani addosso alla mia donna? Fortunatamente, non ci sarebbe stata possibilità di verificarlo. Basilio si era buttato sull’altra, questa ci stava, ed anche nei pernottamenti successivi lui non aveva più motivo di cercare altre prede.
Per quella gita Cristina era salva. Ed io con lei.

Stavo divagando con la mente, anche a causa dell’intermittenza delle informazioni dal fronte. Insomma, mentre Cristina si riempiva gli occhi con quelle scene lussuriose, a me non restava che immaginarle. Per giunta mettendo lei al posto dell’altra ragazza insidiata…
– Allora, cosa succede? – sbotto poi incapace di trattenermi.
– Shh!!! Ci sono le coperte, non si capisce… sembra però che la stia toccando fra le gambe…
– Minkia. E il marito?
– Dorme.

Incredibile. Frugare la passera di una donna all’insaputa del marito che le dorme a fianco… Non male, il nostro montanaro. Doveva essere una sua tecnica ricorrente. Magari, su dieci tentativi, uno solo andava in porto, ma ne valeva sempre la pena. Immagino poi l’esuberante Simona-Cristina, con la testa rivolta all’indietro, l’aria che le sibilava fra i denti ad ogni inspirazione, e le gambe leggermente divaricate per favorite la visita sotto le mutandine… E, assieme al piacere fisico, quello della trasgressione, lo stimolante timore di un improvviso risveglio del coniuge, il senso di colpa…
Poi, soprattutto, le potenzialità. Davvero sarebbe andata fino in fondo, la romana, se l’altro avesse insistito? Probabilmente sì, penso con un capogiro. Con la mano di un uomo fra le cosce &egrave difficile rifiutare ciò che in fondo si desidera. E solo lei poteva conoscere la pesantezza del sonno del marito. Figurarsi allora quando il marito non c’era…
– Dai, racconta. – ripeto alla mia reticente radiocronista.
– Non so, non si vede più niente…

Era vero, la luna, che aveva finora permesso una debole visibilità, era stata coperta dalle nuvole. Se mai il tradimento in corso avrebbe avuto uno sviluppo arrapante, dovevamo dedurlo solo dai rumori.
Dopo un dieci minuti di ascolto effettuato trattenendo il respiro senza udire nulla di intrigante, dò un ultimo bacio a Cristina e mi rannicchio contro di lei nella nostra posizione preferita, quella del koala. Non dormo subito, lascio vagare la mente in torbide fantasie con le mani sulle sue accoglienti tette immaginando di essere un accompagnatore indiscreto. E, chissà, forse anche Cristina, nel lasciarsele toccare, stava navigando in un oceano di erotismo onirico.

5
La mattinata era nebbiosa e ventosa, il panorama brullo e chiazzato di neve, ma l’umore collettivo, per diverse ragioni, pareva alle stelle. Eccetto quello di Nando, che lamentava di non aver chiuso occhio tutta la notte. Figurarsi, se fosse stato così non avrei scommesso sull’incolumità della moglie, che avrebbe rischiato di volare giù dal cocuzzolo.
Chissà se con la complicità delle tenebre e del sonno pesante di noi tutti il nostro alpinista era riuscito a raggiungere la vetta. O meglio, la valle dell’Eden. Probabilmente no, la fedifraga non poteva permettersi di rischiare fino a quel punto. Un bella pastrugnata di passera, una palpata di tette ed una lingua in bocca erano comunque risultati gratificanti, se costituivano la premessa di possibili ulteriori cedimenti…
Era intrigante poter cogliere le occhiate sfuggenti ma significative dei due amanti notturni, conoscere il loro segreto senza poterlo condividere, individuare le risatine, i doppisensi, le cortesie rivelatrici, nella stolida inconsapevolezza dell’altro. Quasi iniziava a farmi pena tanta cecità. Forse non gliene importava davvero niente della consorte, il suo ideale era un letto comodo ed un pasto appetitoso, mica quel tavolaccio ed una cena a base di formaggini. Gli auguravo davvero di non sapere mai come quel tavolaccio era apparso accogliente alla sposina…
Mi incuriosiva poi l’atteggiamento di Cristina verso l’altra ragazza ignorata fino alla sera prima: un’aria di complicità, di solidarietà femminile come per dire, fra noi zoccole ci capiamo…

A quota più bassa ricompare la vegetazione, e spunta anche un raggio di sole. Ci accampiamo sull’erba vicino ad un laghetto per uno spuntino godendoci un panorama di cime ancora innevate, ma non c’era più l’atmosfera di poco prima. I romani si erano appartati e li vedevo discutere animatamente, la guida li guardava con gli occhi stretti, apparentemente impassibile, ma comprensibilmente preoccupato. Vuoi vedere che l’altarino in qualche maniera era saltato fuori?
Anche Cristina guardava la scena con aria indecifrabile. Il temporale era nell’aria, restava solo da attenderne lo scatenamento.

Ad impedirlo arriva un’altra comitiva più numerosa. Saluti e scambio di informazioni. Stavano facendo la via in senso opposto, e sarebbero scesi a valle in giornata. Vedo Ferdinando avvicinarsi e parlare coi nuovi arrivati, poi presentarsi a Basilio con la consorte che evitava di guardarlo.
– Noi preferiamo tornare giù con loro. Ho dormito poco e non mi sento tanto bene.
Chissà se aveva intuito qualcosa o era davvero contrariato per i disagi imprevisti.
– Davvero? Sei sicuro? E’ un peccato.
Il peccato era stato già commesso, ed il rincrescimento era rivolto ovviamente alla moglie. Erano in programma ancora due pernottamenti, accompagnati da prevedibili ulteriori sporcaccionate con la voluttuosa mogliettina, che gli venivano sottratte di colpo solo perch&egrave quell’infingardo non amava le scomodità della vita all’aperto… C’era veramente da innervosirsi, occasioni così non capitano certo tutti i giorni.
Ci salutiamo dandoci la mano, con una formalità del tutto fuori contesto, e con gli occhi che raccontavano ognuno una storia diversa. Quelli di Basilio il rammarico per l’interrompersi del gioco, quelli di Simona il turbamento per una notte che non avrebbe più dimenticato, quelli del marito il sollievo per la fine di una gita inutile e faticosa, quelli miei un confuso presentimento… e quelli di Cristina chissà. Ma l’avrei scoperto abbastanza presto.

6
Eravamo rimasti in tre. Lui, lei e l’altro. Tre. Il numero perfetto. Ma perfetto per che cosa?
Il resto del pomeriggio trascorre in modo taciturno. La modifica del numero dei gitanti aveva in qualche modo incrinato gli equilibri, ed ognuno era immerso nei propri pensieri. Il capogita, il giorno prima loquace, ora parlava solo con me, per mostrarmi ogni tanto il percorso sulla mappa. Probabilmente immaginava che la repentina diserzione degli altri due poteva aver fatto nascere qualche perplessità, ed ora mostrava una correttezza ancor più sospetta. Oppure cercava inconsciamente una solidarietà maschile, dopo la delusione provocatagli dall’altra donna, le cui colpe parevano ricadere anche sull’innocente Cristina ora esclusa dal dialogo. Ne deduco quindi che i due amanti clandestini non avevano consumato, e che la frustrazione per quelle palpate interrotte era ancora viva. Non mi azzardo ad immaginare i pensieri morbosi che doveva suscitargli quello stato d’animo. E neanche riesco a capire se Cristina ne avesse una qualche idea.

Alla sera giungiamo al nuovo rifugio, nascosto da un boschetto di pini. Questo era internamente rivestito di legno, e la stufa era già in funzione. Vi erano infatti altri occupanti, che per qualche momento vivacizzano una serata che altrimenti, viste le premesse, sarebbe stata piuttosto grigia.
Arriva poi il momento di andare a letto, in una situazione analoga alla precedente. Ora però le estremità della pedana erano già occupate da due gruppetti diversi, restava solo uno spazio centrale, sufficiente per almeno sei persone.

Ed &egrave qui che compio un errore fatale. Deposito i nostri zaini accanto al gruppo di sinistra che già dormiva, ma non troppo vicino per non finire loro addosso, lasciando però libero un ampio spazio alla mia destra. Solo quando si avvicina anche Basilio mi rendo conto che, invece di mettersi dalla mia parte come avevo ingenuamente ipotizzato ricordando la posizione della sera prima, si accomoda disinvoltamente a fianco di Cristina.
– Così sei più protetta… – scherza.
Già. Come se i pericoli venissero dagli altri innocui escursionisti, e non dalla serpe in seno…

Mi viene in mente un gioco che facevo spesso da ragazzo, l’Otello, di cui solo ora intravedo un secondo significato. Il bianco ed il nero, e la gelosia. Quando si trovano vicine una pedina nera ed una bianca, chi gioca col nero, in questo caso il maschio, ha il diritto di “mangiare” la pedina bianca a cui si affianca e che rimane imprigionata fra due dell’altro colore. Una metafora inquietante, penso dandomi dello stupido per non aver prevenuto il pericolo. E sì che a quel gioco ero bravino, segno che la pratica non corrisponde sempre alla teoria. E neanche potevo di nuovo far cambiare posto a Cristina, sarebbe stato una clamorosa dimostrazione di sfiducia, soprattutto nei suoi confronti.

Come se non bastasse, la vedo trafficare sotto le coperte, poi estrarne i pantaloni che piega e sistema sotto lo zaino che le faceva da cuscino
– Era proprio necessario? – le chiedo, sperando che l’amico non avesse notato la manovra. Era infatti girato dall’altra parte, e pareva già pisolare.
– Mi davano fastidio. Perch&egrave? Cosa c’&egrave di male?
– Perch&egrave mi sa che stanotte &egrave il tuo turno. – le sussurro sorridendole ma col cuore freddo, quasi per esorcizzare quella possibilità dichiarandola esplicitamente dopo averla ignorata per tutto il giorno.
– Ma figurati. – replica lei nervosamente.
Di certo era in buona fede. Erano davvero due giorni consecutivi che indossava i suoi stretti jeans senza mai toglierli, era comprensibile volersi sottrarre a quel cilicio almeno di notte. Restava una preoccupante sottovalutazione del desiderio che scatenava sugli uomini, come se le attenzioni a cui aveva assistito la notte precedente non potessero riguardare anche lei, ma Cristina era fatta così.

7
Passano alcuni lunghi minuti nel silenzio e nel buio più totale. Abbraccio la mia ragazza, come per difenderla dai pericoli incombenti, ed accarezzo le sue polpose cosciotte ora denudate. Lei poi mi si stende di fianco a pancia in giù, un po’ in diagonale in modo da appoggiare la testa sulla mia spalla e tenermi un braccio sul petto.
Sembrava ormai che tutto il mondo fosse immerso nel sonno. Solo dopo un’eternità Cristina si scuote, poi mi mormora appena tre parole, tre gocce di veleno.
– Avevi ragione tu…

Merda. Cazzo. Ed altre ancor meno riferibili esclamazioni. Lo sapevo lo sapevo lo sapevo. Eppure, non ero riuscito ad impedirlo. Per idiozia, per colpa… e chissà per che altro.
– Cosa &egrave successo? – sussurro allarmato.
– Mi ha sfiorato la spalla… ma forse non volendo… – ridimensiona lei preoccupata dalla mia reazione soffiandomi le parole all’orecchio in modo appena avvertibile.
– Può darsi. Se si ripete dimmelo. Se no, dormi tranquilla.
Non si ripete più. Per almeno dieci minuti. Stavo quasi per addormentarmi, incoraggiato da quel lungo silenzio, quando la sua voce mi sospira all’orecchio altre tre parole.
– Ci sta provando…
Questa volta non esplodo in silenziose imprecazioni, le avevo già consumate tutte poco prima. Mi limito ad informarmi asetticamente, come un medico.
– Cio&egrave? Cosa fa?
– Mi ha toccato la mano… No, ora l’ha tolta.
Restiamo tutti e tre silenziosi nel buio, spiandoci a vicenda come pellerossa sul sentiero di guerra, timorosi di infrangere quel clima di nervosa aspettativa anche con un semplice sussurro.

L’unica cosa che intravedevo era il viso di Cristina, illuminato da un debole riflesso esterno, tutto il resto era immerso nella tenebra più fitta. Conoscendo le sue posture preferite potevo però immaginarla: in quel momento teneva l’altro braccio disteso lungo il corpo, ed un ginocchio leggermente reclinato. Mi metto nei panni dell’invisibile corteggiatore. Cosa era necessario per raggiungere l’obiettivo?
Primo, che la preda fosse sveglia; secondo, che fosse consenziente. Di certo non poteva sperare di sedurre una ragazza addormentata, n&egrave azzardarsi a palparla impunemente.
Non era stato molto compromettente urtarla fingendo un movimento nel sonno. Era il test che verificava la prima condizione: la preda era ancora sveglia, si capiva perch&egrave parlava col compagno, ma non aveva reagito perch&egrave pensava ad un caso. Occorreva dunque un secondo sfioramento, necessariamente un po’ più audace ma chiarificatore. Se lei avesse protestato, o si fosse sottratta, poteva sempre fingere un un sonno inquieto. Se al contrario, pur essendo sveglia, non reagiva, la cosa era decisamente incoraggiante.
– Allora? – chiedo dopo un po’, intravedendo l’espressione attonita di Cristina.
– Mi ha preso la mano… – sussurra in tono imbarazzato ma cospiratorio.
Di certo era la prova definitiva, il test numero tre. Se neanche adesso volta c’erano reazioni, era fatta. Questa volta non era uno sfioramento casuale, ma presupponeva un’intenzione esplicita.

8
Trattengo il respiro attendendo la ribellione di Cristina, che però tardava in modo preoccupante. Cosa doveva pensare a quel punto il buon Basilio di lei? Di sicuro che ci stava, o perlomeno che era talmente paralizzata dalla sorpresa e dalla vergogna da non osare alcuna reazione. E forse era proprio così, ma agli effetti pratici era la stessa cosa, ed ogni secondo che passava senza trovare la forza di reagire accentuava il suo stato di confusione.
Il messaggio che arrivava era comunque chiaro: questo, almeno, lo puoi fare. Il resto, vedremo. La sua lunga esperienza di adescatore di mogliettine gli aveva certo insegnato che quelle che si lasciavano carezzare di nascosto la mano, condizioni permettendo poi concedevano anche altro… Lo dimostrava anche la posizione, a contatto con me solo con la testa, mentre il resto del corpo restava libero e proteso all’esterno, come un molo su cui poteva attraccare qualunque nave di passaggio senza che io in quel buio fitto potessi accorgermene.

E anch’io, fra l’altro, non riuscivo a trovare le parole per intervenire, quasi ipnotizzato da quell’iniziativa invisibile e dall’assurda apatia di Cristina. Ma anche da una specie di fremente aspettativa, come quella di un disastro imminente ma che ci affascina per il suo impatto emotivo e ci toglie la prontezza di spirito per poterlo evitare.
Sì che avevo affrontato trasgressioni ben peggiori, ma sempre nell’ambito di un’intesa più o meno esplicita con l’altro uomo, e non fatte di nascosto. Se la cosa si fosse verificata la notte precedente, probabilmente ci sarebbe stata una protesta, mia o di Cristina, o almeno un colpo di tosse significativo che avrebbe allontanato l’intruso senza fare scandalo. La scena della seduzione di Simona aveva invece lasciato nell’aria un certo pizzicorino scabroso, un profumo di trasgressione, che era sotterraneamente lievitato sia in me che in lei appannando la nostra reattività come un narcotico,

Con queste premesse, il resto era inevitabile. E proprio per questo lo vivo sì con eccitazione, ma senza quel tormento che mi avrebbe indotto a dire basta. Ormai era troppo tardi, a quel punto mi imbarazzava di più l’essere costretto a rivendicare i miei diritti smascherando l’importuno, ma svelando così di essere al corrente della colpevole passività della mia donna, che macerarmi in silenzio fingendomi inconsapevole.
Cristina appariva invece visibilmente contrariata, lo denunciava la sua espressione a bocca socchiusa, ma era come se la sorpresa assorbisse tutta la sua indignazione impedendole ogni altro tipo di reattività. Per paura dello scandalo lasciava insomma che lo scandalo continuasse.
– Cosa fa? – le bisbiglio avido di notizie.
– Si &egrave spostato in basso…
– In basso dove?
Attendo invano la risposta. Che fosse per il disagio, lo sdegno o l’eccitazione, Cristina aveva perso la parola.

9
C’era da aspettarselo. I bisbigli concitati di poco prima, invece di preoccupare l’invasore, gli avevano confermato l’idea che lei volesse distrarmi per nascondere la propria colpevole passività. Un incitamento, dunque, e già lo immagino far scorrere la mano sulla coscia della mia ragazza.
La prima parte nuda del suo corpo, penso con un fremito. E, pur non vedendo nulla se non la sua espressione ancora riluttante, percepisco un suo leggero movimento involontario, come se avesse reclinato maggiormente la gamba per offrire l’intera sua rotondità alla carezza. Manovra confermata da un suo sospiro pieno di eccitata sofferenza.

Andava subito al sodo l’amico. C’era da impazzire nel pensare che una mano estranea e non invitata stava godendosi di nascosto il tepore del culo della ragazza che mi stava abbracciando. Ma mi sembrava di assistere ad un replay, ad un qualcosa di già visto e scontato, e quindi meno sconvolgente. E magari anche lei la viveva come durante la radiocronaca in diretta della sera prima, quando era toccato all’altra ragazza. Guardo i suoi occhioni torbidi, che parevano voler continuare il dialogo raccontandomi senza parlare quanto stava accadendo.
Eppure anche a lei sarebbe bastato spostarsi di poco per mandare a monte le aspettative del palpeggiatore. E invece, ancora una volta nessuna protesta, neanche quando intuisco dai movimenti che l’infame si stava avventurando in quella meravigliosa zona che sta fra la fine del taglio del sedere e l’inizio della peluria anteriore. Protetta almeno dal tessuto delle mutandine, volevo sperare. Ma forse non per molto.

Come contraddittorietà non c’era male. Cristina pareva sotto l’influsso del morso di qualche ragno tropicale, che paralizza la vittima pur mantendola cosciente. Sicuramente non fingeva, era davvero incapace di sottrarsi al fascino perverso di una toccata intima, resa ancora più scabrosa dal fatto che le era stata rubata. Non si poteva dunque dire che l’avesse cercatala, ma neanche che la rifiutasse. Il fatto poi che avesse condiviso con me l’evento, in fondo lo rendeva meno colpevolizzante… Ma poi, cos’altro avrei fatto io stesso, se un’attraente vicina di letto mi avesse palpato di nascosto?
Ricordavo di come una volta mi aveva confessato di aver subito, in un autobus affollato, la pressione anonima di un pene irrigidito, e di aver tardato qualche decina di secondi prima di sottrarvisi, eccitata dalla simmetrica situazione di impunità. Nessuno sapeva, nessuno vedeva, e a nessuno conveniva rivelare quanto stava accadendo, proprio come adesso.

E forse era proprio così, mi ero da tempo fatto l’idea che in Cristina convivessero due personalità distinte: la ragazza timida, innamorata e fedele, e la dissoluta divoratrice di sessi altrui, e la scena in corso me lo confermava: chi mi parlava all’orecchio era la prima, quella che si lasciava stropicciare la bernarda senza reagire la seconda. Alla prima volevo bene, ma la seconda mi faceva impazzire di desiderio.

10
Ancora un movimento involontario, come per reazione ad un contatto troppo intimo senza peraltro volerlo scoraggiare.
Non si trattava certo di una novità, visto che quell’area era frequentemente visitata da me, e non di rado anche da altri, con la mano, la lingua e l’uccello. Il suo graduale scivolamento dalla contrarietà all’arrendevolezza era determinato proprio dall’anomalia della situazione. Farebbe comodo a tutti una Mano come quella degli Addams, svincolata dal corpo e pronta ad esaudire ogni richiesta. Non c’era nessun Basilio per lei, nell’ombra, ma solo una mano audace, invisibile, e a quel punto neanche troppo sgradita.

Ci siamo. La vedo mordersi le labbra, poi aprire la bocca con espressione allo stesso tempo scandalizzata e divertita, come se non riuscisse a credere a tanta sfacciataggine, quindi affondare il viso nel mio collo. Immagino la mano di quel pervertito insinuarsi fra le carni bagnate e villose del magico pube della mia magica Cri, frugarle spudoratamente sicuro ormai che niente era più vietato, spadroneggiare sul clitoride… e magari, visto che osare non costa nulla e spesso ci si guadagna, infilare oscenamente due dita su per la fessura per godersi l’abisso più intimo e scivoloso… ma ormai Cristina non era più in grado di raccontarmelo, riuscendo solo a produrre ansimazioni soffocate contro la mia spalla. Si scuote solo ad un certo punto per guardarmi come se mi vedesse per la prima volta, o non credesse a quanto le stava capitando. Intuisco un qualche movimento nei bassifondi, poi lei torna a respirarmi addosso. Altri movimenti, quindi sposta la mano verso il basso con un accenno di contorsione.
Conoscevo bene quei gesti. Si era tolta le mutandine.

Lo deduco anche dal senso di colpa con cui lei mi guarda, dicendomi senza dirlo che le mani dell’altro, e forse non solo quelle, ormai spadroneggiavano sul suo corpo. Lei capisce che ho capito, e sprofonda definitivamente nella vergogna. Senza però poter evitare qualche ulteriore movimento. Aveva insomma agito automaticamente, come avrebbe fatto se non ci fossi, e lo scoprirmi lì con lei la sconcerta. Si riscuote, si sottrae al polpo e resta attonita, con la bocca socchiusa, mentre l’altro scompare nel buio. Poi di slancio si inoltra sotto le coperte in cerca del suo boccone preferito, con l’evidente scopo di risarcire me per quanto mi era stato inflitto, e se stessa per quanto aveva rifiutato.
Ci fossero più Cristine al mondo, la gente sarebbe più felice. Nessuno, dopo un trattamento come quello che stavo subendo, avrebbe più voglia di fare guerre. Gliene mancherebbero le forze.

12
Con l’alba del nuovo giorno riprende l’escursione, in vista dell’ultima tappa. Facevo fatica ad assimilare quanto era avvenuto quella notte. Cristina che si lascia profanare dal primo che passa, era davvero troppo. E anche lei, nonostante la mia sospetta neutralità, doveva essersi resa conto dell’enormità di quanto si era lasciata fare e della dubbia reputazione che si era guadagnata sia con me che con l’altro. Eppure, mi pareva quasi inverosimile che quella ragazza mite e infreddolita, che abbraccio sia per scaldarla che per soffocare i miei dubbi, fosse davvero la svergognata troietta che mi si era rivelata poche ora prima.
Mentre io però mi avviavo a digerire la scabrosa operazione notturna, quello che ne aveva goduto i frutti era teso come una corda. Non poteva infatti escludere che la sua vittima avesse un pentimento, un ripensamento, ed accusarlo pubblicamente di averla molestata. O che io alla fine mi fossi accorto di quella palpata proibita. Avrebbe persino rischiato una denuncia, o perlomeno uno scandalo, ma soprattutto la fine della sua carriera di seduttore alpino.
Nonostante la bellezza dei panorami, che con l’abbassarsi della quota si ripopolavano di foreste e vallate in fiore, il clima era dunque ancora più silenzioso del giorno precedente. Sguardi sfuggenti di Cristina verso l’altro, circospetti di questo nei confronti di tutti e due, e di preoccupazione fra me e lei.

Solo alla sera, giunti all’albergo che avrebbe ospitato il nostro ultimo pernottamento, col tranquillizzarsi del reo che pensava di averla ormai schivata il dialogo riprende. Anche grazie al pasto caldo in un vero ristorante, ai diversi bicchieri di birra e di alpestre, con la prospettiva di una sana dormita in un vero letto. Ci scambiamo qualche disimpegnato commento sulla gita, sul posto e sul cibo, come se fossimo davvero tre amici in vacanza, e non Lui, Lei e L’Altro immersi in un clima di gelosie, sospetti e antagonismo, come sarebbe stato logico aspettarsi. Mi colpisce però l’atteggiamento di Cristina, che approfittando dell’atmosfera conviviale ostentava un’insolita loquacità con i suoi interlocutori, quasi volesse ingraziarsi l’approvazione di entrambi per far dimenticare l’affronto subito e le relative colpe.

Finita la cena, Basilio si allontana per una telefonata. Ne approfitto per sondare l’imprevedibile umore della mia ragazza.
– Tutto bene, principessina?
– Sì. – sorride lei incerta allargandomi il cuore.
Era troppo orgogliosa per mostrare pentimenti e rimorsi, ma aveva gradito la comprensione implicita nel mio atteggiamento. Non potevo n&egrave dovevo essere certo io a portare alla luce il suo latente senso di colpa dopo averla in pratica assecondata.
– Allora, com’&egrave andata stanotte? – le chiedo in tono mondano, come per parlare del tempo.
Lei abbassa gli occhi, poi li rialza e mi fissa.
– Avrei dovuto allontanarlo prima… – fa seria seria con aria autocritica. Già. E non avrebbe neanche dovuto sfilarsi le mutande…
– Perch&egrave? Lo sai che mi eccito quando fai la porca.
Era una frase che le dicevo spesso, ma questa volta c’era un qualche sarcasmo, e lei lo coglie.
– Ti sei eccitato anche ieri? – chiede con uno sguardo incredulo.
– Un po’. Ma senti, fino a che punto &egrave arrivato?
– … Me l’ha appoggiato dietro…
– Anche lui era senza mutande?
– Sì… – mi fa quasi sfidandomi, in realtà per nascondere l’ansia. Era la conferma esplicita del suo cedimento, che forse non pensava di dover rivelare così nel dettaglio. Evitando però di raccontare le succose palpate a cui si era prestata.

Mi mordo le labbra. Insomma, se non ci fossi stato io a ricordarle che persino la sua dissolutezza aveva dei limiti, quasi sicuramente si sarebbe offerta alla più indegna delle penetrazioni senza neanche guardare in faccia il proprio occasionale violatore. Ma chissà perch&egrave l’idea, invece di farmi infuriare, mi provoca un nascosto fremito di libidine.
– Lo sai cosa sei, vero?
– Sì…
– Allora dillo.
– Dillo tu…
– Sei proprio una troia. – mormoro affranto ma in qualche modo ammirato.
– Insomma…
– Ti dico di peggio: più sei troia, più mi piaci…
– Dai…
– Lo sai. Peccato che come reporter sei stata un po’ troppo stringata..
– Non so neanche più cosa ho detto…
– Poche cose, ma essenziali. La prossima volta porta un registratore. Dovresti usarlo sempre, quando porcheggi con qualcuno. Potremmo fare un archivio sonoro delle tue imprese…
– Figurati… – replica giocherellando nervosamente col bordo del bicchiere, disorientata dalla noncuranza con cui le ricordavo l’impresa notturna.
– Però sarebbe un’idea, una specie di diario di ricordi… Ma senti…Proprio un bello sporcaccione, il tuo amico, no?
– Già. – fa lei adeguandosi immediatamente al mio sdegno con lo sguardo rabbuiato, come se le fosse stato sottratto qualcosa a sua insaputa riversando così tutte le colpe sull’altro.
– Non si meritava di essere ricompensato in quel modo, per le sue avances.
– Beh…
– Anche tu, però… – continuo in tono critico. Lei tace senza guardarmi, tesa come la pelle di un tamburo.
– Stanotte hai intenzione di fare altre porcate? – chiedo senza polemica, giusto per sdrammatizzare.
– Non so…
– Avrei giurato che rispondevi così.
– Tu cosa preferisci?

13
Già. Cosa preferivo, una dormita tranquilla o una notte di fuoco e di tribolazioni? Di nuovo magari a beneficio di quell’infame profittatore? No di certo. L’espropriazione della mia donna senza neanche la consolazione di potervi morbosamente assistere meritava senz’altro una punizione. O perlomeno una ricompensa, e per un attimo ho la conturbante visione di due corpi nudi e scandalosamente avvinghiati. No, no, per favore, non con quello.
Poi intravedo una soluzione che avrebbe risolto il dilemma, soddisfacendo il mio desiderio di vendetta e i miei pruriti senza compromettere eccessivamente la virtù di Cristina.
– No, stasera devi mandarlo in bianco. Niente sesso.
– D’accordo… – risponde, desiderosa di assecondarmi. Le avessi detto che la preferivo laida e assatanata, mi avrebbe fornito la stessa risposta.
– Ecco. Deve pentirsi di averti messo le mani addosso, quello lì. L’idea &egrave che devi eccitarlo in tutti i modi, ma senza dargliela. Devi farlo morire di frustrazione.
– Mm-mm.
– Ce la farai?
– Non so…
– Perch&egrave?
– Non so.
– Insomma, non sai niente. Dobbiamo stare un’altra notte assieme. Vuoi fargliela passare liscia e farlo dormire tranquillo, dopo che ti ha in pratica quasi violentato?
– No…
– Preferisci allora che ti palpi e magari ti scopi di nascosto?
– No…
– Dimmi cosa farai allora.
– Quello che vuoi.
– Cio&egrave?
– Dimmelo tu.
– Beh, lo scopo &egrave quello di punirlo. Devi stuzzicarlo a morte ma non soddisfarlo. Deve arrivare a implorarti, ha già avuto fin troppo, da te.
– Va bene.
– Un’altra cosa: non devi fargli capire che mi sono accorto di lui. Più pensa che sei zoccola, e più si eccita!
– Okay. – fa alla fine con aria di intesa, come se avesse accettato di andare al cinema, e non di usare le proprie arti oscene per far impazzire dal desiderio un altro uomo.

14
Poi &egrave lei ad allontanarsi un attimo in bagno. Guardo Basilio che invece tornava al tavolo, ed entro subito in tema.
– Ti devo dire una cosa.
– Cio&egrave? – risponde guardingo.
Capisco che sembrava di nuovo temere una mia offensiva, e decido di stupirlo.
– Credo che a Cristina non siano dispiaciute le tue attenzioni, ieri.
– Non capisco. – fa lui con gli occhi ancora più stretti del solito.
– Vassili, siamo tutti e due grandicelli. Non puoi pensare che non mi sia accorto di niente. E’ ovvio che te la sei frugata di nascosto.
Tergiversa un po’, ma gli era difficile negare.
– Non l’ho mica violentata. E’ chiaro che era d’accordo. – replica aggressivamente.
– E infatti non ti sto accusando. Al massimo dovrei prendermela con Cristina.
– Ma… te l’ha raccontato lei?
– No di certo. Si capiva comunque. Ma toglimi una curiosità: ci provi con tutte?

Volge lo sguardo in giro, mi scruta sospettosamente, poi si rilassa con un sorriso beffardo. Tra uomini, si sa, ci si capisce.
– Quando la situazione lo permette…
– E te ne scopi molte?
– Quello &egrave raro, dipende dal sonno del marito.
– E quindi ti limiti a palparle, come Simona.
– Ostrega. Hai l’occhio lungo… Sì, in genere finisce lì. Ma non hai idea di quante mogli ci stanno… Le donne sono un po’ porche… con rispetto parlando.
– E gli uomini?
– Maiali! – sbotta lui ridendo.
– Io preferisco dire che il sesso &egrave una cosa sana e divertente, e piace sia agli uomini che alle donne.
– E’ la stessa cosa, ma più… politicamente corretta, diciamo.
– Diciamo. Ma ti accolli tutto quel rischio solo per una toccatina?
– Mi piace il fascino del proibito, più che il risultato. Se però si lasciano frugare, può esserci un seguito…
– Cio&egrave?
– Magari ci si può dare un appuntamento, in albergo… A volte sono donne sole, con loro &egrave molto più facile.
– Ma ti &egrave sempre andata liscia? Non ti ha mai beccato qualche marito?
– Nei rifugi, al buio, sotto le coperte, non si capisce cosa succede. Se lui si sveglia basta interrompersi. E’ peggio in albergo, lì non c’&egrave scusa. Una volta ho dato appuntamento a una in camera mia, eravamo già nudi, poi il marito si &egrave accorto che non c’era e l’ha cercata, ovviamente da me. Ha quasi sfondato la porta, lei si era nascosta sotto le coperte, ma lui l’ha tirata fuori per i capelli e se l’&egrave portata via nuda com’era. A me non ha fatto niente, non so a lei…

– Ti &egrave andata bene, quella volta.
– Abbastanza. Ma mi dicevi, all’inizio?
– Ecco. Insomma, Cristina si &egrave lasciata andare abbastanza, mi &egrave parso. E allora pensavo… che se stanotte volevi riprovarci… sarebbe interessante vedere cosa succede.
– Dici sul serio?
– Mi piacciono gli esperimenti.
– Ma… scusa, tu cosa ci guadagni? – fa sospettoso.
– Lo spettacolo, ovvio. Mi eccita vederla fare la trucida a mia insaputa.
– Raffinato… Mi sa che tu sei anche più pervertito di me, allora…
– Mi difendo.
– Fischia! Fantastico! Troppo forte, proprio! Ma… non so se lei ci starebbe di nuovo.
– Hai già avuto l’antipasto, no?
– Dici? Chissà il pranzo, allora!
– Però, ufficialmente io non so niente, capisci. Non le piace passare per una che va con tutti…
– Ma… va davvero con tutti?
– In realtà no. Solo con i pochi che le piacciono davvero. Ma non ama che si sappia..
– Capisco. Si fa ma non si dice! – esclama lusingato il mio avversario.
– Infatti. Lei ieri si &egrave interrotta perch&egrave ero sveglio e aveva paura che me ne accorgessi. Ma se stanotte la agganci mentre faccio finta di dormire, ci puoi dare dentro ancora di più.
– Cazzarola. Bella troia, se non ti offendi. Mi fai morire al pensiero.
– Non mi offendo, ma preferisco definirla una ragazza sensuale.
– Scusa la domanda… ma a te sta bene, che lei sia così?
– Qualche stimolo esterno ravviva anche il nostro rapporto.
– Ah, beh, allora stimoliamola! Per stasera, cosa mi consigli?
– Dunque, comincio io riscaldandola. Poi fingo di addormentarmi e mi ritiro in disparte. Da quel momento &egrave tutta tua. Intervieni con qualche carezza per tirarla dalla tua parte, ma di nascosto, solo dopo un po’, così lei si sente sicura e si lascia fare di tutto.
– Benedeto fiol… Ce ne fossero, di mariti come te! Senti, per non sbagliare… ma lei cosa &egrave disposta a fare?
– Beh, te ne accorgerai da solo… Di regola, quando dormo non sento nemmeno le cannonate, e lei lo sa. Se la scaldi al punto giusto, &egrave capace farti impazzire.
– Ostia. Mi spaventi. Ma… se poi arriviamo al dunque?
– A quel punto vorrà dire che te la sei meritata.
– Dici che potrei davvero scoparmela? Non &egrave uno scherzo?
– Beh, ieri cosa le hai fatto?
– Ieri? Le ho messo le mani un po’ dappertutto. – risponde cauto.
– E ti &egrave sembrata riluttante?
– Per niente, a dire il vero.
– E io, ho forse protestato?
– Neanche… e quindi, dici che… Ostrega, non vedo l’ora.
– La vedrai presto. Eccola che torna.

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Cristina stava infatti tornando nella sala. Intuiva che ci eravamo parlati, sfoggiava infatti quel sorriso che spacciava per disinvolto, ma la faceva sembrare ancora più imbranata. Quando si avvicina appoggia tuttavia le mani sulle spalle di entrambi con aria un po’ mignottesca.
– Che ne dite, andiamo su?
Stava partendo un po’ troppo in quarta rischiando di tradirmi, ma il buon Basilio non se ne dispiaceva certo. Fa un sorriso a quaranta denti e si alza quasi incespicando per l’eccitazione.

Ora che avevamo un po’ parlato e avevo colto anche il suo lato umano, oltre che quello sporcaccione, non riuscivo a criminalizzarlo più di tanto per le molestie notturne a Cristina, peraltro accettate e alla fine gradite. Forse aveva una moglie poco interessante, e quelle toccate clandestine gli rappresentavano un antidoto al passare inesorabile del tempo. Entro pochi anni di sposine che si lasciavano palpare nei rifugi di montagna, per lui ne sarebbero rimaste molto poche. Non potevo però lasciare impunito quell’agguato notturno, col quale mi aveva in pratica svillaneggiato spassandosela sotto il mio naso. Ma perch&egrave gli avevo fatto sapere che ero al corrente delle scivolate di Cristina? Beh, lei non ci avrebbe rimesso niente, ed io avrei recuperato un minimo di dignità. Meglio passare per maniaco che per babbeo… E poi, alimentare la sua aspettativa per poi offrirgli il velenoso regalo che lo attendeva, saziava a sufficienza il mio bisogno di rappresaglia, se Cristina manteneva le promesse. E lei le manteneva sempre.
A volte, anzi, le superava.

***

In camera c’erano un letto matrimoniale ed un altro ad una piazza e mezza. Dal momento che tutti sapevano cosa si preparava, anche se non se ne parlava, io e l’amico accostiamo i due letti. Si crea così una spaziosa piattaforma che ricordava il tavolaccio dei rifugi, ma decisamente più intimo e accogliente.
– Così siamo più comodi. – affermo per giustificare lo sposamento. Più comodi per cosa non viene detto, ma era nell’aria.
Fosse avvenuta a freddo, qualla manovra sarebbe parsa troppo esplicita, ma con l’abitudine cameratesca che si era creata, la sistemazione era poi molto diversa da quella delle sere prima.
Appunto, penso con un brivido

Cristina ancora una volta era in mezzo, ma ora per una tacita scelta condivisa. La camera era riscaldata ma non ancora caldissima, per cui ci rintaniamo tutti sotto le coperte. Ovviamente non avevamo portato pigiami, per cui lei resta in maglione, mentre la parte inferiore era difesa solo da un paio di mutandine di cotone. Abbigliamento peraltro simile a quello dei due maschi.

Non mi andava di spegnere la luce, questa volta non volevo perdermi alcun dettaglio. Volto quindi il piccolo abat-jour verso il muro, in modo da attenuare il suo già debole chiarore. Per qualche minuto ci godiamo l’intimità della cameretta di legno e del suo accogliente arredamento rustico, nonch&egrave il piacere di un materasso morbido. Al contrario delle altre volte non si sviluppa alcun dialogo, se non qualche frase generica. L’aspettativa aveva ammutolito tutti e tre, e la tensione erotica si tagliava col coltello.
Quando mi accorgo che Basilio era immobile inizio le ostilità, semplicemente carezzando il seno di Cristina, che giaceva al mio fianco a pancia in su. Non indossava reggipetto, come sempre di notte, ma la sensualità del contatto era schermata da uno spesso strato di lana. Il messaggio arriva comunque, perch&egrave subito dopo avermi guardato con occhi assassini, lei scivola sotto le coperte a caccia di cibo, come un predatore degli abissi.

16
Che bello avere una ragazza dai riflessi così sensibili, che in risposta ad un semplice sfioramento si mostra subito disponibile a carezzarti l’uccello, ad liberarlo dagli indumenti e ad assaggiartelo come se fosse un prelibato cannolo alla crema. E tutto questo a prescindere completamente dalla situazione: una volta l’aveva fatto in autobus, mentre sedevamo negli ultimi sedili. Spesso lo faceva in auto, anche mentre guidavo in autostrada, incurante dei camionisti che ci strombazzavano. Di certo non si preoccupava molto della presenza di eventuali spettatori addormentati o meno, come in quel caso. In più, quella volta a farla fremere c’era la prospettiva di una trasgressione concordata con finale a sorpresa… Era insomma come gettare della benzina su di un fuoco già acceso, non c’era che da aspettare il divampare delle fiamme. Guardo il buon Vassili, che dall’altro letto mi fa un cenno di solidarietà, come per dire “caspita, che donna!”. E questo pur non potendo osservare direttamente la scena per lo schermo delle coperte. Ancora non sapeva cosa lo stava aspettando.
Per alimentare l’incendio accarezzo la testa di Cristina, che stava effettuando i risciacqui preliminari, e la libero dalla coperta. Iniziava a far caldo, in tutti i sensi. Pur immaginando di trovarsi esposta agli sguardi cupidi dell’amico lei non fa una piega. Anzi, inizia a succhiarsi il salsicciotto altalenando con la testa, ponendovi anche un po’ più di enfasi del necessario.
La punizione aveva inizio, e l’obiettivo era dichiarato: eccitare il reo fino a provocargli una frustrazione insostenibile, poi mandarlo in bianco.

Cristina in quel periodo portava i capelli corti, non c’era quindi nulla che impedisse la vista della sua protervia orale. A maggior beneficio dell’osservatore si era comunque disposta di lato, in modo da non dargli la schiena pur fingendo di ignorarlo. Lo spettatore era anch’esso uno spettacolo, per l’evidente entusiasmo con cui si mangiava con gli occhi la vista delle succhiate. Nonostante l’esperienza nella seduzione di mogliettine impudiche, non gli era certamente mai capitato di assistere dal vivo ad una prestazione del genere effettuata su di un altro. Per non parlare dell’aspettativa con cui viveva la situazione: prima o dopo sarebbe certo toccato anche a lui, considerata la disinvoltura della ragazza, il significativo precedente e le mie esplicite promesse.

I pompini di Cristina hanno un unico difetto: si desidererebbe poter restare fra le sua labbra all’infinito, ma l’indecente maestria con cui aziona la lingua &egrave tale da provocare l’orgasmo sempre un po’ troppo presto. La fase finale era tuttavia un’apoteosi di lussuria. D’altra parte, fra tutte le attività, erotiche o meno, in cui si impegnava Cristina, la fellatio era decisamente quella in cui raggiungeva l’apice. Intuendo l’arrivo dell’inondazione accelera il ritmo, aumenta l’ampiezza dell’escursione ed intensifica il lavoro, visibile anche dall’esterno per via degli urti della lingua sulle guance contratte dal risucchio. Poi, nel momento critico, accompagna l’arrivo dei getti liquidi con lente ondulazioni che corrispondevano ad altrettante sorsate. Giù, subito in gola, senza neanche assaggiare. Non c’era da dubitare che il pene del nostro guardone fosse ormai in condizioni di doloroso irrigidimento. Ma non era che l’inizio.
Cristina torna in superficie al mio fianco, ma qualcosa la blocca. Basilio aveva allungato un braccio e le stava accarezzando la spalla.

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Un po’ troppo presto rispetto a quanto concordato, ma &egrave evidente che da Cristina facevo fatica a separarmi. Come doveva essere difficile per l’amico trattenersi ancora dopo ciò che aveva visto. Guardo il fremente Basilio e gli faccio un cenno. Ormai &egrave tua, fanne quello che vuoi. A quel punto fingo una stanchezza irresistibile per lasciare che Cristina agisse piena libertà “a mia insaputa”, e chiudo del tutto la luce scomparendo dalla scena.

Certo, &egrave sempre un po’ angoscioso scoprire che la tua donna si lascia pastrugnare un po’ troppo facilmente anche da altri. Non lo stava ovviamente facendo di nascosto, ma l’idea che le piacesse fingersi una moglie dissoluta mi lasciava inquieto.
Incoraggiata dalla mia sofferta benedizione la svergognata esce in mare aperto. Così come la sera prima era un molo su cui chiunque poteva attraccare, ora era una nave che usciva dal porto, per una navigazione che si annunciava tempestosa. Nel buio a cui avevo ormai abituato la vista, ma che ora autorizzava ad osare, lui scende con la mano lungo il braccio, e alla fine intreccia le dita con quelle di lei.
Mi esaltava averlo indotto a credere che Cristina gli si stava offrendo clandestinamente, era il piccante condimento di un approccio iniziato in modo sordido, e che ora riprendeva con uno sviluppo altrettanto scabroso, ma che perlomeno non mi vedeva cone vittima inconsapevole.

Dopo quell’intreccio di dita, comunque, non potevo certo stupirmi se lui le si avvicina voglioso tentando di baciarla. Cristina però si nega voltando la testa, e l’altro deve accontantarsi di annusare l’odore del suo collo. Brava. Stava rispettando i patti. Stimolarlo, ma non accontentarlo. E poi, un bacio era un regalo troppo generoso per un molestatore notturno…
In quel momento era coricata a pancia in su, ma con la testa rivolta in alto. Lenzuola e coperte erano ormai scivolate via, e il corpo flessuoso emanava tutta la sua appetibilità, per nulla attenuata dalla presenza del maglione. Anzi, il contrasto fra quell’indumento pesante e la leggerezza delle mutandine, da cui spuntavano le gloriose cosciotte nude, non faceva che suggerire un unico prepotente desiderio, quello di veder risplendere nella penombra la sua invitante nudità.

Ammonito però dal diniego del bacio, Basilio questa volta si mostra cauto. D’altra parte, una ragazza che si esibisce in mutande su di un letto senza voler accennare a ricoprirsi non era certo un disincentivo, se vi si aggiunge l’alibi offerto a tutti e tre dall’oscurità. Le si accosta ancora e le appoggia una mano sullo stomaco. Poteva sembrare una mossa azzardata, ma l’equidistanza dagli altri punti critici e lo spessore del maglione lo rendevano un gesto al momento innocuo. Lei infatti lo accetta apaticamente, con gli occhi socchiusi, un braccio chiuso a pugno sul petto quasi a proteggerlo, ma le gambe abbandonate, esposte e come rassegnate. Lui esita, ma non c’era più da attendere. Sposta la mano e lentamente si insinua sotto il maglione, a contatto con la nuda pelle. Percepisco un fremito di lei, ed un attimo di timore in lui. Poi la visita riprende, fino a quando non individuo il rilievo della mano su di un seno, anch’esso già nudo.
Lei reagisce socchiudendo anche la bocca, mentre gli occhi guardavano il soffitto senza vederlo.

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Pur con tutta la cura con cui avevo programmato la mia vendetta, mi accorgo improvvisamente di aver trascurato un dettaglio fondamentale. Fino a che punto Cristina avrebbe dovuto spingersi nel provocare l’amico per poi negarsi? E fino a che punto ero disposto a vederla soccombere senza fremere di indignazione? Certo, una palpata di tette non era poi la fine del mondo, ma dopo?
Per evitare di impazzire ingoio l’affronto e mi impongo di rimanere uno spettatore esterno.
Sì, capivo lo stato d’animo del mio rivale, perch&egrave la febbre di vederla nuda e lasciva contagiava anche me, ed era proprio in quei preliminari che Cristina si mostrava più arrapante. Era il momento del salto nel vuoto, quando aveva non aveva ancora deciso se concedersi o meno, e le si leggevano in viso il turbamento e le esitazioni, il coinvolgimento e i dubbi, la passione ed il timore.

Il palpeggiatore, visibilmente sovreccitato, prosegue il suo sporco lavoro spadroneggiando sotto il maglione, conscio di vivere il momento più alto della sua carriera di conquistatore: violare l’intimità di una moglie davanti al marito.
Vedo i seni di Cristina ondeggiare sotto l’attacco, che accettava senza però favorirlo. Era comunque una passività incoraggiante, e l’impunito tenta di spostare in un solo colpo maglione e sottostante canottiera verso l’alto. Scopre così il ventre tenero e il gioiello dell’ombelico, incerto fra il desiderio di avventarsi sul territorio conquistato o proseguire per conquistarne altro. Prevale la seconda scelta, ed era comprensibile: prima che subentrasse qualche rifiuto o ripensamento, meglio mettere a nudo quanta più carne possibile: una ragazza spogliata &egrave sicuramente più vulnerabile e malleabile di una ancora vestita.
E così, faticosamente, senza alcuna collaborazione da parte dell’interessata, il maglione scivola verso la testa, compaiono i seni e le ascelle depilate, poi viene tirato per le maniche svelando del tutto gli splendori finora nascosti che rilucevano persino in quel debole chiarore notturno.

Dopo solo un attimo di ottenebrata ammirazione il nostro casanova fa per accostare il viso al petto di Cristina, quando questa vi incrocia sopra le braccia con lo sguardo smarrito, anche lei incerta sul livello di guardia consentito. Era il secondo rifiuto, un fatto davvero inedito, che rivelava l’attuazione del programma concordato facendomi sospirare di sollievo.
Ma intuivo che c’era qualcos’altro. Forse il ricordo di com’era stata usata la notte prima, rinfrescato dai nuovi approcci del ganimede, l’aveva davvero portata in uno stato emotivo poco propenso alle affettuosità.
Non per questo lui si scoraggia, doveva essere abituato ai cambiamenti di umore delle sue vittime. Approfittando del fatto che lei non poteva bloccarlo perch&egrave impegnata a difendere il torace, le prodiga un bacetto sulla collina del ventre, sotto l’ombelico.

Zona di allarme rosso, colore che probabilmente inizia a diffondersi sulle guance di quella che avevo dipinto come un’amante dissoluta, e che ora pareva un pulcino. Ma &egrave difficile lasciarsi baciare a dieci centimetri dalla parte più ambita, e poi contrastare altre velleità erotiche. Ritenendosi ormai autorizzato, il diabolico tentatore scende al di sopra del punto X, si abbassa sulla mutandina rigonfia di peluria, e vi appoggia un altro bacio.
Davvero una mossa azzardata, considerato l’elusivo stato d’animo della beneficiaria, ma l’aroma che emanava quel triangolo bianco avrebbe stregato chiunque, uomo, donna, animale o robot. La persistente apatia di Cristina induce quindi l’amico a cercare di scoprire anche quel tesoro, ma di nuovo lei ha un gesto di dissociazione. Prima che lui potesse toccarla si volta a pancia in giù e gira la testa dalla mia parte. Intravedo il suo sguardo incerto, e mi si stringe il cuore.

Chissà, forse il gioco l’aveva contrariata, e non le andava di fungere da trastullo per soddisfare le differenti paturnie di due maschi. E onestamente, ne avrebbe avuto ben motivo.

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Cristina pareva in crisi. La colpevole arrendevolezza con cui si era concessa la sera prima doveva averla turbata e fatta riflettere. Su di s&egrave, ma forse anche su di me. Soprattutto ora che si riproponeva una situazione simile, non più spontanea ma preordinata a freddo, senza però che fosse chiaro fin dove poteva spingersi senza tradire le mie aspettative.
Mi chiedo come l’avrei presa se il mio attuale invito a negarsi ad un altro fosse diventata una costante. Una Cristina virtuosa toglieva di mordente al nostro rapporto, ma l’avrebbe ricondotto su binari forse convenzionali, ma più sicuri. Era tuttavia difficile immaginare una svolta così radicale, ma se le trasgressioni, invece di costituire la regola, fossero diventate una rara e saporita eccezione, forse ne avremmo guadagnato entrambi.

Mi avvicino e le carezzo i capelli. Lei mi guarda con quegli occhioni in cui ci si poteva smarrire, come se mi stesse rivolgendo una richiesta di aiuto.
– Che c’&egrave, bimba? – le mormoro all’orecchio abbracciandola. L’amico si era nel frattempo prudentemente ritirato nell’ombra.
Lei alza una spalla, senza rispondere.
– Guarda, se non te la senti lascia perdere. Ti rivesti, ci facciamo una bella dormita, e va bene così.
Scuote la testa con aria caparbia.
– Dai, mica ce l’ha ordinato il dottore. Aspetta che ti ricopro. – dico prendendo il lembo della coperta.
– No! – sussurra lei in tono astioso fermandomi la mano.

Niente da fare, era piombata in uno di quegli stati psicologici in cui qualunque cosa avessi fatto l’avrei sbagliata. Il malumore per aver constatato la propria fragilità emotiva non fa che accentuarla, scaricando a torto o a ragione tutte le colpe su di me. Ed il risultato era tale che, per ripicca, si incaponiva a voler fare il contrario di quanto ora le suggerivo, e che lei stessa avrebbe voluto. Insomma, quando la desideravo tentatrice e vendicatrice si sottraeva, ora che la consigliavo di lasciar perdere sembrava voler ostinatamente continuare.
– Beh, fai quello che vuoi. Nessuno ti obbliga, in un senso o nell’altro. – concludo rassegnato. Ma, come prevedibile, anche quell’ultima frase conciliante la irrita, per cui gira furiosamente il viso dall’altra parte. E andava ancora bene che non mi ero guadagnato qualche epiteto, come succedeva nei nostri screzi più accesi. Per quel che appariva dall’esterno, ero emerso dal dormiveglia, le avevo mormorato qualche frase affettuosa, ed ero riprecipitato nel sonno.

Torno alla base mogio mogio. Basilio aveva assistito alla scena preoccupato, ma quando vede la vittima ancora potenzialmente disponibile riprende le ostilità da dove si era interrotto con la determinazione di un caterpillar.

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Cristina aveva ragione. Il colpevole di quanto era accaduto la sera prima ero io, non lui. Quello non aveva fatto che provarci, il che equivale in sostanza a chiedere permesso. Il problema etico &egrave di chi lo concede, e soprattutto di chi lo agevola grazie ad un comportamento ambiguo. Ed era ovviamente di questo che Cristina si era resa conto, e adesso mi rimproverava. Nubi fosche, all’orizzonte, penso caricandomi di un’aspettativa poco ottimistica.

Ed ecco che la mano di Basilio si staglia come in un negativo fotografico sulla mutandina della sua preda, l’unica cosa pura e candida in quella stanza. Lei teneva la gambe rigide e affiancate, segno della tensione con cui viveva il contatto. Anche il normalmente morbido sederotto che ora si offriva alla carezza pareva diventato di granito per via della contrazione muscolare. La scena aveva un qualcosa di malsano e di patetico: lei che si offriva risolutamente ma controvoglia, lui che si traeva giovamento dalle nostre contraddizioni, io che mi laceravo fra la preoccupazione e la morbosità. Il tutto simboleggiato da quella mano estranea sulle mutande della mia ragazza.
All’inizio della gita la loro proprietaria non aveva immaginato che sarebbero state oggetto di visite intime, e così invece dei soliti slippini fatti più per eccitare che per coprire, si era portata dietro quelle larghe mutande di cotone a righine, antiestetiche ma comode, e soprattutto calde. E non escludevo che anche quella forzata esibizione di biancheria un po’ antiquata costituisse per lei un motivo in più di disagio, magari da eliminare al più presto.
Eppure, faceva tenerezza vedere Cristina tutta immusonita come una bambina offesa, e allo stesso tempo così permissiva da lasciarsi palpare il culo rivestito dalle sue mutandone da vecchia zia.

Presa confidenza con quel contatto, sempre con la cautela di chi teme un nuovo rifiuto, Basilio esplora incantato entrambe le rotondità, osando persino sfiorare la zona dove il tessuto si incavava maggiormente.
Certo, l’aveva già fatto la notte prima, ma ora era ufficiale, non si trattava di un toccamento proibito, qui c’era l’autorizzazione esplicita, anche se separata, di entrambi i partner, non c’era più tempo da perdere in preliminari.

E così, la mano scivola sotto l’elastico, si gode la freschezza e la compattezza di quella chiappe da primo premio, poi forza per trascinare con s&egrave l’indumento. Non pareva un’impresa facile, perch&egrave la passività di Cristina, pur non impedendo nulla, nulla favoriva. Lui non si dà comunque per vinto, e riesce a portare allo scoperto gran parte del sedere.
E’ uno shock anche per me, veder apparire quel biancore che sfidava il buio e l’invitante taglio che preludeva a scabrose intimità. L’altro prosegue ansiosamente il tentativo senza molto successo, ed &egrave solo in quel momento che Cristina rompe l’inerzia. Col viso rabbuiato e con aria spazientiva si piega su se stessa, elimina l’ultimo straccetto di cotone che salvava il pudore, e lo getta rabbiosamente in un angolo.
“Se proprio vuoi che mi spogli, eccomi!”, leggevo nel suo atteggiamento tempestoso. Come se concedere quello spettacolo a qualcuno fosse un dispetto, e non un regalo.

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Già il fatto che avesse accettato di mostrarsi nuda infischiandosene di un mio nuovo eventuale “risveglio” era stato per l’amico una sferzata di lussuria, ma il nervosismo da cui era stata accompagnata quell’improvvisa esibizione pareva sconcertarlo.
Mi arrischio a sfiorare nel buio la mano di Cristina per recuperare il terreno perduto, ma lei si sottrae. Era quello che ci mancava per scatenare il suo virulento spirito di contraddizione. Invece di rifugiarsi in s&egrave stessa o di adeguarsi svogliatamente, passa all’offensiva.
Guarda con aria belluina entrambi i suoi carcerieri, poi si accovaccia in modo da tirare giù nervosamente le mutande dell’altro, con un certo rischio per il loro contenuto. Si accosta quindi allo sparviero che ne emerge, e lo contempla come se non ne fosse del tutto soddisfatta. Lo afferra quindi con aria assorta, e pian piano fa ondeggiare la mano su e giù guardandolo stranita. Ed era infatti insolito che si trovasse a vedere per la prima volta uno strumento che già si era indecentemente strofinato su di lei.

Ai miei occhi, pur con l’impatto emotivo che ne conseguiva, il gesto pareva quasi rassicurante. Cristina si era sì ribellata, ma alla fine tornava alla normalità, alla tradizione… Solo che questa volta non c’era complicità nei miei confronti, ma un larvato desiderio di vendetta. Tolleravo che a volte eccedesse, ma sempre nell’ambito di un gioco condiviso. Era però straziante pensare che ora stava facendolo non per compiacermi, ma per ferirmi.
Immaginavo con quale tensione l’amico stesse vivendo quei momenti, e come il bisogno di eiaculare stesse montando per farsi sempre più incombente. Non erano poi così da disprezzare, le antiquate tecniche manuali.

L’attività pipparola che aveva contraddistinto la sua adolescenza era ormai stata abbandonata da tempo, superata dai più efficaci interventi di lingua. C’era quindi quasi un’aria retrò in quell’operazione, un nostalgico ritorno agli inizi.
Ed in realtà, non tutte le manipolazioni che stava effettuando erano riuscite, qualche volta l’inclinazione era eccessiva o la stretta troppo forte, ed il povero Basilio sussultava per il dolore senza peraltro voler rinunciare alla prestazione.
Dopo qualche saliscendi tuttavia Cristina innesca il ritmo giusto: l’istinto e le vecchie abitudini avevano ritrovato la strada.

Per uno di quei misteri dell’emotività umana, ora quel lavoro di mano mi appariva più indecoroso di un convenzionale pompino. Forse perch&egrave lo associavo ad un periodo in cui la sessualità era vista come una cosa sporca, e la masturbazione era l’unica attività erotica accessibile ad un ragazzino. Peggio ancora a quei tempi immaginare una donna che masturba un uomo, sconcezze attribuibili solo ad una prostituta.
E era infatti proprio ciò che mi sembrava Cristina in quel momento, col suo giocattolo di carne che le guizzava in mano: una puttanella ombrosa, ma piacente e disinvolta, attiva e spregiudicata.
Col risultato che più mentalmente la denigravo, più mi faceva tenerezza e più le ero vicino. Aveva infatti un suo lato patetico, quell’eroismo masturbatorio, come se volesse dimostrare al mondo che lei &egrave una che non scherza, non si tira indietro. Una dimostrazione di debolezza, in fondo, non di arroganza.

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Il movimento nel frattempo si era fatto sempre più veloce, coinvolgendo l’intera metà superiore del corpo della manipolatrice. Oscillava freneticamente la mano, ondeggiava il braccio, si agitavano i capelli, vibrava persino il seno, esposto finalmente in tutta la sua rigogliosa e rilassata magnificenza. E fremeva il corpo del beneficiato, tanto da far temere una prossima eruzione.
Anche lei si rende conto del pericolo, ed interrompe bruscamente la manovra creando una probabile infarto al malcapitato che già sperava di concludere. L’intraprendenza di Cristina però non si ferma: i due maschi che l’avevano umiliata andavano puniti, e non poteva permettere che la tensione erotica calasse di livello. Abbandona quindi il pisellone fremente al suo destino e si affianca al suo proprietario. A giudicare dall’espressione si poteva pensare che stava per sputargli in faccia, ed anche Basilio ha un attimo di apprensione.
La degenerata stava invece per sottoporgli un’altra perla della sua collezione. Scivola indecorosamente sul corpo dell’uomo, ma rifiuta il bacio che lui si sarebbe aspettato. Si sposta però verso l’alto e gli mette a portata di bocca le tette inquiete, permettendogli allo stesso tempo di affondare meglio le mani nel sedere socchiuso. Ora pareva cavalcarlo con le gambe disposte sui due lati del torace e le cosce ben divaricate, e affondava la testa nel cuscino lasciandosi liberamente succhiare e palpare. In che condizioni si trovasse il membro ora puntato verso l’obiettivo, senza tuttavia poterlo raggiungere, era appena immaginabile.
Se quella era una punizione, chissà cosa mi sarebbe toccato di vedere se si fosse trattato di un premio…

Il seno della mia amata era talmente spettacoloso che passava in secondo piano il fatto che ne godesse un altro. D’altra parte, gli spettacoli di norma non prevedono l’intervento attivo del pubblico. Lascio quindi i protagonisti al loro ruolo. A lei quello di strofinargli bellamente le poppe sul viso e divaricare il sedere, a lui quello di rincorrere i capezzoli rigidi per infradiciarli con succhiate da sogno e bagnare a sua volta le dita nel peloso avvallamento anteriore senza suscitare proteste.
Certo, negargli la bocca per offrirgli la figa, era un altro bel paradosso, ma le strade della lussuria sono a volte tortuose. Da morire dalla morbosità, ma ormai ero già morto, era il mio fantasma a godersi la scena. Ed infatti come un fantasma venivo ormai considerato. Tutto elettrizzato dall’insperata libertà che gli veniva concessa, il vigoroso cinquantenne ormai spadroneggiava con carezze sempre più insinuanti nel golfo delle meraviglie, arrivando ad osare l’inserimento di due dita nella cavità, in cui poi spariscono per intero creandomi un attimo di sincope.

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L’iniziativa dell’amico sembra però infastidire Cristina, forse per una spinta eccessiva, magari un’unghiata involontaria nella parte più sensibile ed intima del suo corpo. La vedo quindi sottrarsi con un’ombra di sorriso formale, come per scusarsi di una scortesia.
Certo, fra persone educate… Mi perdoni, devo chiederle di togliermi le dita dalla figa, sono un po’ delicata… Ma si figuri, anzi, mi scusi se ne ho usate due, sa, l’ardore giovanile…
Poi il malumore sembra accentuarsi, fino a farla tornare alla ribellione iniziale. Riacquistando per un attimo la lucidità, forse nel visualizzare come poteva apparire dall’esterno la sua disolutezza, Cristina si risolleva, guarda il corpo dell’altro quasi con ribrezzo, quindi si raggomitola come un riccio rendendosi inaccessibile.

Non mi sarei davvero stupito se dopo quella doccia fredda il povero Basilio avesse dovuto ricorrere ad una terapia psicanalitica di compensazione. E’ come se, dopo una lunga traversata del deserto, ad un assetato venisse presentata una caraffa gigante di birra fresca, per poi gettarla a terra appena fa per accostarvi le labbra.
Lo vedo fremere per la tensione e la contrarietà, forse temendo la fine della storia. Certo, si era guadagnato una bella ciucciata di tette, un ruvido smanettamento ed altre efferatezze, compensate però da una serie di voltafaccia senza mai poter concludere… Ormai però era in ballo, e con una ragazza nuda al fianco, anche se ombrosa ed incostante, non si può certo rinunciare al premio finale.
Lo sento sospirare, poi tornare ad avvicinarla.
– Cristina, dai, non fare così… – le mormora in tono paziente.

Era la prima volta che il molestatore notturno la chiamava per nome, ed io stesso usavo vezzeggiativi o diminutivi.
Ed ecco avvenire un nuovo miracolo. Sedotta da quell’atteggiamento quasi paterno, dopo tante indicibili volgarità commesse e ricevute, si gira verso l’amico come se lo vedesse per la prima volta. Subito lui ne approfitta per carezzarle dolcemente e silenziosamente il viso, poi le spalle ed i fianchi, fino a quando lei scioglie la propria rigidità difensiva lasciandosi abbracciare morbidamente.
Trattengo il respiro per l’emozione. Neanche questo nuovo sviluppo prometteva bene, nei miei riguardi. Pazienza la vendetta che pareva ormai sfumata, ma qui si prospettava un vero tradimento Assisto preoccupato al manifestarsi di quella sua inedita mansuetudine, venata da un inquietante trasporto affettivo che aveva ormai contagiato entrambi gli amanti. Al punto di arrivare a baciarsi con un’intensità che sarebbe stata commovente, se non avesse visto nella mia compagna uno dei protagonisti.
No, il bacio no, scopatela pure, ma non quel bacio intollerabile…

Non si trattava più della ragazza insidiata che cedeva al suo violatore, n&egrave di un’oscena dea della vendetta che lo puniva per il suo misfatto. Ora parevano due innamorati dopo il colpo di fulmine, e già si disponevano a trasformarsi in amanti teneri e appassionati.
Il bacio continuava infatti al di là del tollerabile, i due si erano avvicinati e stavano intrecciando braccia e gambe, mentre carezze reciproche, e non più turpi palpate, stavano percorrendo ogni zona lecita e illecita di entrambi i corpi come se si stessero scoprendo in quel momento.
Come ulteriore stilettata ai fianchi, negli affannati momenti di pausa di quei baci sempre più passionali i due avevano iniziato a bisbigliarsi frasette affettuose, proprio come due adolescenti emozionati per la nuova cotta. Lacerante poi lo spettacolo dell’intrecciarsi sempre più intimo di quei corpi nudi, col seno di lei che si schiacciava sul torace di lui, e dell’infittirsi dei sussurri amorosi, non sapevo se di soddisfazione o di incitamento.
Ecco, proprio lo scenario che avevo voluto evitare, si dipanava impietosamente davanti ai miei occhi.

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Se in quelle frasi all’orecchio vi era stato un incitamento, l’amico doveva essere davvero convincente. Vedo Cristina sciogliersi dall’abbraccio, poi sdraiarsi sulla schiena nella posa più lasciva che le avessi mai visto assumere. Apre le cosce e solleva le gambe tenendosele per le ginocchia, con i piedi che dondolavano sollevati da terra. Pur con la scarsa visibilità di quella cameretta di legno appena rischiarata dalla luce esterna, su quel copriletto innocente orlato di merletti, vedo comparire lo sconvolgente spettacolo dell’intera zona che andava dall’osso sacro all’ombelico di Cristina, squadernata in modo da non celare nessun dettaglio e nessun dubbio sulle sue intenzioni.
Fisso stravolto il buchetto posteriore e le sue tenere grinzoline, la leggera peluria che lo circondava e si infittiva verso l’alto, fino a diventare una rigogliosa foresta in cui chiunque avrebbe voluto vivere e morire. Se per caso ci fosse stato ancora una minima perplessità, per favorire l’ingresso Cristina separa con le dita le grandi labbra impiastricciate liberando l’intera losanga di carne rossastra e l’affascinante voragine di cui si intravedeva l’ingresso.

Dopo un attimo di comprensibile paralisi, anche i movimenti di Basilio diventano concitati come in un film muto. Dall’euforia iniziale era passato alla delusione, alla speranza, all’incredulità, e infine ad una sconvolgente certezza, il tutto in poche decine di minuti. Era comprensibile che ora volesse riscuotere il premio prima di un nuovo cambiamento di idee. Si erge rivelando un fisico asciutto e muscoloso, e si presenta col pene irrigidito all’imboccatura.
Avrei voluto avere a disposizione una fotocamera per immortalare quell’ulteriore pornografica icona della protervia di Cristina, che da recalcitrante era divenuta compiacente. Un pene lungo ed acuminato, come una grossa matita temperata, ed una figa villosa e pronta all’uso, ecco l’immagine riassuntiva di quell’avventura alpina. Era la forma ideale per eccitare una ragazza: prima la sensazione di uno stimolo non troppo invasivo provocato dalla punta sottile, poi l’allargamento graduale, che la induceva a desiderare una penetrazione sempre più profonda.
Con un’accoglienza del genere, non ci vuole molto al galvanizzato alpinista per diventare speleologo. Gli basta una leggera pressione per venire risucchiato all’interno con una specie di soffocato gorgoglio, come se vi stesse affogando.
Da quel momento in poi, tutto fila liscio come un ingranaggio ben oliato. Cristina appoggia le gambe alla spalla del compagno, gliele stringe attorno al collo per unirlo meglio a s&egrave, spinge le cosce in avanti, ed i due corpi diventano un unico grottesco insieme di membra che si agitavano e sussultavano nel coito più selvaggio e passionale della storia recente.
A questo punto che Cristina ormai non si curasse più di me era uno stimolo in più: agli occhi di Basilio l’aver scatenato la libidine di quella moglie al punto da indurla a lasciarsi invadere la figa di fronte al marito era davvero un risultato impagabile.

E così, in qualche modo, pur con una donna inizialmente riluttante, ce l’aveva fatta, penso contemplando quell’ansimante groviglio con la testa ormai svuotata di emozioni. Al contrario della notte precedente, ormai l’amico non aveva più alcun dubbio che lei stesse deliberatamente porcheggiando anche per ripicca nei miei confronti. Una novità assoluta, e quindi un ulteriore motivo di compiacimento.
Era quella la mia sconfitta, ed il vero tradimento di Cristina. Non la sua svergognata offerta del proprio corpo alle voglie di un altro, ma la rottura di un accordo che ci aveva finora sempre visti dalla stessa parte anche nelle peggiori trasgressioni.

E’ proprio vero che a provarci non si sbaglia mai. Alla peggio, si rimedia un rifiuto, ma se va bene…

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Travolto da quel distillato di lussuria che &egrave il corpo in cui si era immerso, e sfibrato dalla lunga aspettativa, il copulatore arriva all’orgasmo in pochi minuti. Lo vedo inferire gli ultimi colpi con aria quasi disperata e agonizzante, mentre lei fremeva stringendolo a s&egrave con braccia e gambe. Esaurito il suo compito Basilio crolla di lato, svelando al pubblico la vista di una vagina ancora pulsante e imbrattata. Individuo il suo sguardo ora rivolto a me, e non si capiva se fosse di scusa, di sfida, di compatimento o di apprezzamento. Poi si alza e si reca al bagno, forse per lo stimolo finora ignorato della birra consumata a tavola, ma probabilmente anche per tirare un attimo il fiato dopo quella tempesta di emozioni.
Anche per Cristina la copula doveva essere stata appagante, ma forse non del tutto liberatoria. Lo testimoniava l’inquietudine con cui continuava a cambiare posizione senza riuscire a rilassarsi, ancora percorsa da fremiti di piacere.

Non era così che doveva andare. Avevo inizialmente accettato di vederla alla prese con l’individuo che si era insinuato come un serpente nella nostra alcova, un po’ per autopunirmi di averlo permesso, ma soprattutto per imporgli quella raffinata forma di vendetta, ora abortita.
Poi rifletto. Anche se non vi fosse stata la rappresaglia nei miei confronti, dovevo considerare che Cristina era fatta di carne. Si era impegnata allo stremo nella fase dello stuzzicamento eccitandosi al parossismo anche lei, e se non avesse concluso come natura comanda le sarebbe rimasta addosso un’incresciosa frustrazione, ben superiore a quella che la stava ancora agitando. In altre parole, le avevo affidato un compito superiore alle sue forze, come se avessi acceso i motori della sua Formula Uno per poi chiederle di frenare ad un metro dal traguardo.

Provo ad avvicinarla per sondarne l’umore. Non pareva più contrariata, sembrava invece preoccupata. Stava iniziando ad accorgersi confusamente di aver mancato alla parola, e a temerne le conseguenze. Approfitto del varco per investirla a bassa voce con la mia recriminazione, forse un po’ tardiva.
– Cri. Ma ti sei resa conto di come ti sei comportata?
– Beh…
– Beh cosa? Avevamo deciso assieme una certa linea, e alla prima moina hai allargato le gambe, per giunta davanti al mio naso. Insomma, invece di denunciarlo per molestie, gli hai di nuovo servito la figa su di un piatto d’argento. Capisci o no che ti sei dimostrata una troia inaffidabile?
– Lo pensi anche tu? – mormora lei con apprensione dopo un attimo di silenzio, girandosi in modo da coprire parzialmente le vergogne prima liberamente esibite.
– Beh, lui si &egrave di certo convinto che sei una troia, io che sei inaffidabile. Che eri troia lo sapevo già.
Tace a lungo contrita, nell’ennesimo cambiamento di umore della serata. Poi trova il coraggio di riprendere la parola.
– E ora, cosa facciamo?

26
L’uso del plurale era perlomeno rassicurante.
– A questo punto, cos’altro vuoi fare…
– Non so. Potremmo ricominciare da capo. Come avevamo stabilito prima…
– Bella roba. E poi alla fine gliela dai di nuovo…
– No, questa volta no…
– Sì, figurati… E comunque &egrave inutile, la frittata &egrave fatta, e le uova non tornano intere. Quello lì ormai ti ha scopata, e non se lo meritava, lo capisci o no?
– Sì…
– Però…
– Però? – chiede lei, ansiosa di redimersi.
L’idea che mi aveva folgorato era ancora più perversa della prima, penso quasi trattenendo il respiro, ma era l’unica possibile.
– Allora facciamo così. A questo punto non si può tornare indietro, E quindi andiamo avanti.
– Come?
– Visto che quando sei in calore non riesci a trattenerti, tanto vale andare fino in fondo. Devi sfinirlo.
– Cio&egrave?
– Devi essere oscena, porca, devi stroncarlo, sfiancarlo. A questo punto &egrave l’unica rappresaglia possibile…
– Non so…
– Sì che lo sai. Devi nausearlo di sesso, disgustarlo, schifarlo… Deve arrivare a implorarti di smetterla, ma tu devi continuare, senza pietà. Per te stavolta dovrebbe essere anche più facile, ti basta seguire l’istinto.
La guardo con la testa in fiamme per quella prospettiva, ma lei pareva stranita.
– Non so… – ripete incerta.
– Questa volta ce la devi fare. Ne va della tua credibilità. Ce la fai?
– Sì. Ce la faccio.
Mi avvicino al suo orecchio, e le sussurro il mio verdetto finale.
– Sei incredibile.
– Sì? – risponde arrossendo.
– Sì. Però devi massacrarlo.
Niente sorrisi, questa volta. Solo l’aria assorta di chi va in battaglia.

27
L’amico, inconsapevole di quanto tramavamo alle sue spalle, era ancora nella toilette da cui giungevano scrosci vari. Cristina mi guarda con aria criminale. Poi si alza di scatto e sparisce in bagno anche lei. Stava già passando all’offensiva, e mi si stringe il cuore.
La nuova strategia mi sarebbe costata molto di più di quella precedente, ma non c’era scelta.
La porta era rimasta socchiusa, ma dal mio punto di vista non si scorgeva nulla. Si era però creata una fessura dal lato cardini, e mi ci avvicino in punta di piedi fremendo per ciò che temevo di vedere.
E ne avevo ben ragione. Lui stava in piedi di spalle davanti al water, mentre lei si era seduta sul bidet che lo affiancava, del tutto indifferente all’imbarazzo dell’altro. Poi, senza dargli il tempo di dire o fare qualcosa, gli afferra il pisellone umido e se lo infila risolutamente in bocca per succhiarselo di gusto.

Non l’aveva mai fatta neanche con me, una sporcaccionata del genere in un momento così intimo. E in fondo era rassicurante che preferisse mantenere nei miei riguardi una reputazione non troppo sconcia. Poteva essere il frutto di un impulso momentaneo, ma non era escluso che fosse avvenuto anche con altri. La disinvolta avidità con cui stava ciucciando quegli umori salini non pareva improvvisata. E che non fosse uno spettacolo edificante doveva pensarlo anche lei, visto che lo stava facendo un po’ di nascosto. Pur mantenendo i patti, questa volta…

Non avevo mai visto nulla di più indecente dello sguardo che Cristina rivolge all’amante nell’estrarre l’oggetto per detergerlo con la lingua. Le avevo chiesto di nausearlo, ma ora rischiavo di essere io la vittima della mia zelante allieva. Altro che vendetta, questa era pura lussuria, genuina depravazione. Non sapevo se sarei mai più riuscito a baciarla, dopo quella scena.
Poi lo prende per le braccia inducendolo ad abbassarsi in ginocchio davanti a lei. Gli sussurra una sola parola.
– Guardami…
La vedo quindi sistemarsi meglio sul bidet, allargare le gambe e separare con le dita la cortina di peli che nascondeva la fessura centrale. Compare il suo roseo fiore carnoso, in tutti i suoi sconvolgenti dettagli, poi la schiena dell’uomo mi nasconde la vista.
Immagino comunque lo stravolgimento del povero alpinista, sicuramente nuovo a quello spettacolo che pur senza vedere riuscivo ad indovinare. Ancora peggio quando lei gli pone una mano sulla testa e se lo avvicina inesorabilmente. Cos’altro doveva fare il malcapitato?
Lo vedo riluttante, ma lei era inflessibile.
Basilio affonda la bocca fra quei peli gocciolanti, mentre Cristina lo guarda severa ma comprensiva.

Come punizione, per quel che mi riguardava, era già abbastanza. Ma era solo l’inizio.

28
Gli sciagurati tornano in camera entrambi ad occhi bassi, ed anch’io avrei faticato a sostenere un loro sguardo. Fortunatamente la penombra attenuava l’impatto delle sconcezze avvenute. I due si riabbracciano come se nulla avesse interrotto il loro feeling precedente, e Cristina torna a baciare lascivamente l’altro sulla bocca provocandomi nuove fitte. Anche se lui, pur accettando quella lingua capace di tutto, non ne pareva più granch&egrave entusiasta.
Come consolazione, pensavo che questa volta non lo faceva per punirmi, ma per assecondarmi. Non riuscivo comunque a scorgere una grossa differenza fra gli effetti pratici delle due intenzioni…

La vedo così girarsi per scavalcare il corpo di lui in senso contrario mantenendosi eretta. In altre parole, gli si siede sopra appoggiandogli letteralmente il culo nudo sul viso, come se questo fosse la sella su cui effettuare la cavalcata, che di fatto prende subito il via.
Non era più rabbuiata ed assorta, l’amazzone, nel premere la passera ancora fradicia contro il naso del fortunato, quasi volesse sollecitare un’impossibile penetrazione. Sembrava piuttosto in preda ad un rapimento celestiale, con gli occhi chiusi, la testa rivolta in alto e le tette ondeggianti, in un’immagine di laida fierezza che aggiungo all’album virtuale di ricordi di quella vacanza.

Che dire di lui, ormai oltre il delirio senza sapere che Cristina aveva appena iniziato il suo vasto repertorio, e di nuovo visibilmente sul punto di eiaculare per la nuova ondata di libidine che l’aveva investito. Non avrei saputo dire se il piacere fosse davvero superiore al tormento per le scariche di adrenalina che gli destabilizzavano la mente. Si limitava a sporgere la lingua senza muoversi, era lei ad offrirgli alla bocca l’intera valle strusciandovisi con un’esaltante rotazione del bacino. Dall’Ano al Clitoride, con visita alle stalattiti della Grotta del Peccato… non male come programma turistico, penso per sdrammatizzare, immaginando comitive di gitanti che si beavano dei glutei di Cristina, facendo la fila per l’accesso…

Non c’&egrave cielo stellato n&egrave valle alpina che possano eguagliare la vista di quel culo aperto e incombente, un bocciolo di rosa selvatica contornato da due sottili righe erbose, che a volte si abbassava fino a soffocare il poveretto con la pressione di due colline di panna che gli racchiudevano il viso, portandogli le labbra a diretto contatto con il centro del mondo.
A Cristina non accadeva certo tutti i giorni di concedersi in quel modo, ma quando si risolveva a farlo, il suo corpo non aveva più tabù, a prescindere dalla maggiore o minore confidenza stabilita col soggetto. Tutta, pronta a tutto, e di tutti, poteva essere il suo spregiudicato slogan. Tutti quelli che ce la facevano, ovviamente, e per fortuna non erano poi moltissimi. Certo che sedersi a culo nudo sulla faccia di un uomo &egrave una raffinatezza dannunziana che raramente viene esibita da una mogliettina davanti al marito…
Penso a cosa provava l’amico quanto lei, ruotando i fianchi, gli scorticava la lingua col passaggio della ruvida peluria pubica. Per lenire il bruciore bastava affondare di poco, per godersi invece la scivolosa carezza delle mucose vaginali. E poi, l’ultima succhiata del nervoso bottoncino di carne, di cui lei poteva regolare l’intensità soffermandosi più o meno in quel punto…

29
Ed infatti la vedo fremere, mordersi le labbra, e spingersi vibrante contro la lingua che la stava titillando, in un orgasmo che la fa mugolare senza ritegno. Poi cade in avanti facendo esalare un sospiro, anche di sollievo, all’altro. Sinuosa, sensuale e arrapante come solo lei sapeva essere, Cristina scivola poi con la bocca lungo il ventre su cui era appoggiata fino ad arrivare alla radura da cui sorgeva un tronco imponente.

Solo per un attimo incrocio i suoi occhi, ma lei pareva ormai guardare un estraneo la cui presenza era ininfluente. Poi immerge la bocca nello spazio fra i testicoli e la coscia dell’amico, come chiamata ad un impegno superiore. Lui si gira di fianco per lasciarle maggiore spazio di manovra, ed ecco che i due si trovano aggrovigliati in una delle posizioni classiche dell’amore, quella del segno dei Pesci, con la bocca dell’uno sulla coda dell’altro. Non quindi un semplice sessantanove, in cui l’abboccamento &egrave coi genitali, ma la sua versione più evoluta, quella che porta il viso dei protagonisti ad immergersi fra le natiche del partner proprio sotto all’osso sacro.
Difficile negare che lo spettacolo apparisse osceno, ma non per questo potevo nascondere un’erezione martellante, ancora più dolorosa perch&egrave neanche per me era al momento prevista alcuna possibilità di sfogo.
Mi godo dunque, per così dire, il grufolare suino dei due svergognati, e in particolare quello di Cristina, in preda ad un’attivismo contenuto ma inesorabile, come se si fosse proposta di esplorare con la lingua ogni millimetro quadrato della caverna anale del maturo escursionista.

Certo, sarebbe stato preferibile che le esibizioni fossero avvenute nell’ambito dell’intesa iniziale, con la staffilata del rifiuto finale. Avevo inoltre il sospetto che l’impermeabilità di Cristina rispetto al mondo esterno fosse accentuata ad arte proprio per sentirsi libera di esagerare senza timori e pudori. Che altro potevo pensare assistendo al puntiglio quasi scientifico con cui la sfacciata teneva separate a forza le chiappe del compagno con le dita per potervi sprofondare meglio e cospargere il luogo di saliva…
Mi posso figurare lo sconcerto non più tanto fortunato ospite del nostro letto. Solleva la testa, fa per scuotersi, forse più per l’imbarazzo che per il fastidio. Poi ancora una volta non ha il coraggio di sottrarsi al tormento. Se l’avesse contrastata, dove l’avrebbe mai trovata un’altra ragazza così prodiga di irripetibili voluttà?
Anche quella sofferenza ha poi termine. Era stata solo un’incursione dimostrativa, tanto per non dimenticare nessuna pagina del campionario di sconcezze che stava sfogliando.

Dopo gli antipasti, toccava ora al piatto forte. Cristina torna a dedicarsi allo strumento finora solo maltrattato tornando ad impugnarlo coscenziosamente, adattandovi la mano come se stesse plasmando un cilindro di plastilina.

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Non avevo mai considerato come anche le sue mani assumessero a volte un’attrattiva erotica insuperabile. Piccole, proporzionate, delicate, con dita gentili e sottili, tanto più eccitanti nella loro indecenza quando non si peritavano di compiere le più indegne manipolazioni senza curare di imbrattarsi, o effettuare carezze intime altrettanto ignobili.
Le basta quel minimo palpeggiamento per verificare le condizioni dell’oggetto. Era comunque sufficiente guardarlo per capire che era pronto per un nuovo viaggio: grosso, rigido e fremente, giganteggiava nella mano infantile di Cristina come quello di un cavallo.
Non per questo lei se ne lascia intimidire. Lo inclina verso il viso e appoggia le labbra alla grossa cappella violacea, che subito scivola all’interno dilatandole in modo anomalo.

Era proprio vero che quella porca &egrave capace di tutto, pensa Basilio trovandosi di colpo con l’uccello inserito in quella bocca di cui aveva già sperimentato la lingua, balzando dal piacere al delirio nello spazio di pochi minuti. L’intuizione era semplice: se la mogliettina non si era vergognata di farsi scopare, di sbattergli il culo in faccia e di succhiargli il pistolone, niente vietava di poterle scaricare il proprio orgasmo in bocca..

Cristina intanto proseguiva l’escursione, passando le labbra dall’alto verso il basso su tutto il fusto di quel pene equino lasciando appena spuntare la lingua per tracciare una riga di saliva. Giunta in fondo raccoglie i testicoli con entrambe le mani e vi affonda il viso ruotandovelo contro. Poi se li lappa con la lingua questa volta oscenamente protesa, in modo da bagnarli in ogni anfratto grinzoso. Persino i più efferati filmini porno mi parevano innocenti ed ingenui, di fronte a quelle laide leccate. E poi, qui si trattava di realtà, mica di finzione.

Certo, a pensarci era sconvolgente constatare con quanta passione la mia ragazza era capace di succhiare le palle grige e pelose di un uomo appena conosciuto, per non parlare del resto. Ma Cristina in quei momenti non era più la “mia” ragazza. Apparteneva solo a se stessa, ed era anzi una benedizione, sia pur sofferta, poter assistere alle sue imprese, invece di doverle solo immaginare tormentandomi in separata sede.
A questo punto la principessina riprende in bocca il salsiccione ed effettua due o tre oscillazioni per insalivarlo bene, arrivando a schiacciare il naso contro la peluria superiore. Considerate le dimensioni dell’oggetto, non era difficile dedurne che nello stesso momento l’estremità le si stava insinuando direttamente in gola…

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Il seguito faceva parte di un film già visto, ma sempre avvincente. Su e giù, succhiate e sprofondamenti, risucchi scioccanti e turpi leccate, ma alla fine si ha una variante. Arrivata all’estremità superiore della corsa, Cristina arretra fino a provocare l’espulsione completa dell’uccello restando lascivamente a bocca aperta, per poi ripiombare fino ad accoglierlo in gola come per rinnovare ogni volta lo spettacolo della sua protervia.
Il gioco era rischioso, ma Cristina non era una dilettante. Quando intuisce il pericolo di imbrattare le coltri si abbassa e chiude le labbra a cerchio sulla punta paonazza, sincronizzando le ondulazioni di bocca con quelle di mano in un coordinamente esemplare. Uno scabroso mix di sega e pompino, per chiarire il concetto.

Le pompe di Cristina non erano neanche una raffinata forma d’arte. Erano l’Arte stessa, pura e ineguagliabile, esteticamente perfetta ed emotivamente coinvolgente, come dovrebbe essere appunto ogni espressione artistica. Ancor più in questa nuova interpretazione, in cui si fondeva l’antica esperienza manuale con la più nuova e magistrale abilità di usare labbra e lingua col nobile scopo di portare un uomo alla follia.
Era sempre una meraviglia vedere le sue labbruzze a forma di cuore, leziose come quelle di una vecchia bambola di porcellana, allargarsi nell’introduzione del pene, assottigliarsi nella spinta in dentro, poi rimodellarsi nell’estrazione. Ed &egrave forse per questo che non riuscivo ad essere severo con una ragazza capace di diffondere nell’aria quelle brucianti radiazioni erotiche.

Arriva poi il momento più truce, quello in cui il sesso di un uomo inietta nella bocca di una donna tutta la ribollente ondata di fluidi accumulati nei preliminari. Momento di sofferenza, ma che non mi sarei perso per nulla al mondo. Per meglio esibirsi lei si allontana di nuovo un attimo a bocca aperta, a dimostrare che non c’era trucco n&egrave inganno, lasciandomi assistere a quell’orrido tiro al bersaglio, in cui gli schizzi bianchi vanno fortunatamente (?) tutti a segno. L’amico le stava davvero sborrando in bocca, mica noccioline.
Esaurita la dimostrazione poi, ad occhi chiusi ed ora più composta, con l’uccello dell’altro completamente inserito, si lascia riempire il palato da una successione interminabile di scariche, china come per una particolarissima rianimazione bocca a bocca. Bocca a bocchino, anzi.

Ma non era ovviamente finita lì.

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Certo che no. Fatto il pieno la vedo stringere le labbra, poi dirigersi verso l’amico. Gli si accosta quindi con fredda determinazione ed inizia a baciarlo scientificamente.

Baciarsi &egrave in fondo la prima attività che in genere avviene fra due amanti, e di certo la meno torbida, ma Cristina la stava volutamente trasformando in qualcosa di sconcio. Figurarsi come se la passava Basilio nell’accorgersi delle intenzioni di quell’assatanata. All’inizio si era probabilmente aspettato, come lo autorizzavano a fare le promesse e i precedenti, una scopata con quella sposina compiacente, magari un po’ di nascosto, sottotono, per non destare troppo scandalo… Dubitavo che avesse solo osato sperare in qualcosa di più audace, come un contatto orale. Ora invece eccolo lì, alle prese con quella sanguisuga che gli si era attaccata all’uccello, ed in pochi minuti glielo aveva svuotato…
E neanche le poteva sfuggire, Cristina gli era seduta sul torace ed incombeva su di lui come una Nemesi, impensabile ribellarsi. Si lascia avvicinare, e ancora prima di poter aprire la bocca lei vi si avventa sopra senza lasciargli scampo. Segue quindi una serie di sciacqui e di risucchi da far torcere le budella, mentre lei ruotava la testa sul perno delle due lingue che si intersecavano.

Inorridito com’ero mi rendo pur conto che si trattava di un altro passo della punizione in corso. Non tutti amano conoscere il sapore del proprio peccato.
Quando il poveretto riesce a riprendere respiro, colgo nel suo sguardo qualcosa che poteva somigliare all’inizio di una preoccupazione. Per svilupparla ci sarebbe però stato bisogno di una mente lucida, cosa al momento impossibile. Sfido chiunque a produrre un barlume di pensiero razionale quando si ha addosso una ragazza nuda, appetitosa, calda e scalpitante come era Cristina in quel momento. Aveva infatti avviato una nuova operazione, agitandosi sul corpo sottostante con un moto rotatorio e strofinandogli addosso il seno, come per fargliene constatare la compattezza, sul viso, sulle spalle, sul torace, sul ventre e sui genitali, per poi ospitare il membro afflosciato nel golfo delle mammelle. Una specie di body massage, che non trascurava neanche una ritmica e svergognata pressione della foresta pubica su qualsiasi parte del corpo dell’altro a cui si trovasse appoggiata…
Si trattava con ogni evidenza di un tentativo di rianimazione, quasi subito coronato da successo. L’uccello del reprobo torna a dardeggiare con insolenza, ma non per questo la manovra si interrompe. Anzi. Lo vedo comparire e scomparire risucchiato dall’insenatura, con lei che teneva le mani a coppa per meglio comprimerlo nella stretta. Come se non bastasse, quando la spinta era troppo energica, lei lo accoglieva con una slinguata sulla punta, e nelle oscillazioni più lunghe, anche con una visitina fra le labbra, ma veloce, che non si confondessero le acque. Un pompino &egrave una cosa, e una spagnola un’altra…
E pur con tutto quel turpe attivismo, non riuscivo a trovarla volgare. La salvava la fierezza che ora mostrava, come se l’impegno che stava profondendo in vista dell’obbiettivo finale nobilitasse i mezzi impiegati per raggiungerlo. Doveva poi riscattarsi ai miei occhi dalla colpevole scivolata di prima, e non potevo negare che lo stesse facendo alla grande.

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A quel punto era normale aspettarsi un nuovo orgasmo, e non dubitavo che lei l’avrebbe accolto lasciandosi allegramente devastare il seno. Ma &egrave lui che inaspettatamente si svincola da quella morbida ma inesorabile stretta con aria affannata, quasi temesse quella conclusione.
E forse era proprio così. Non tutti possono vantare il lussurioso caleidoscopio di situazioni che Cristina mi aveva regalato in anni di convivenza, e l’eventualità di dover eiaculare sul seno, sul collo, o peggio ancora sul viso della moglie di un altro, lui presente, non rientrava certo nel campo di esperienze che il montanaro vantava con le gitanti finora abbordate: qualche palpata, ogni tanto una scopata furtiva e poco più. E neanche la moglie lo lasciava sbizzarrirsi troppo, a giudicare dalla fregola con cui cercava altre donne. Di cristine al mondo non ce ne sono molte, purtroppo.

Ma c’era anche un comprensibile desiderio di riprendere l’iniziativa. Si disimpegna del tutto dal corpo della piovra, che resta a pancia in giù sul lenzuolo pur continuando ad agitarsi oscenamente come per inerzia, e resta a contemplarla come ipnotizzato da tanta lussuria.
Cristina era dotata di un connaturato istinto mignottesco che le suggeriva quando era meglio giocare all’attacco o in difesa. In quel momento capiva che il compagno aveva bisogno di riappropriarsi della sua vecchia identità di violatore notturno a caccia di vittime inermi, e si dispone a lasciarsi trastullare, accentuando la libidine dell’altro proprio nel mostrarsi finalmente domata e illimitatamente consenziente. Si trattava insomma di un’inconscia strategia militare: lasciar entrare il nemico nella fortezza, per poi circondarlo e sfiancarlo impietosamente.

Al momento però non sembrava che l’assediante si fosse accorto del pericolo. Anzi, averne di donne esuberanti, ma anche capaci di offrirsi con quel languore che invitava ad ogni sconcezza. E non si trattava neanche di quella passività smorta e acritica di altre donne, che toglieva persino gusto al possesso. Questo era il riposo della tigre, un corpo abbandonato ma percorso da fremiti, vivo, palpitante, e quindi ancor più stimolante. Un sogno, poter affondare le mani su quelle carni nude senza più timori, godere delle loro rotondità e inoltrarsi liberamente nelle pieghe più riposte suscitando solo fremiti di lussuria.
La sensazione di possesso completo gli dà alla testa. Le si stende a fianco e la abbraccia appassionatamente, ottenendo come risposta una contorsione che la porta ad avvinghiarsi a lui con gambe e braccia e a premergli addosso il poderoso seno. Una vera macchina del sesso, bastava premere i pulsanti adatti, e subito lei reagiva d’impulso. Ma non una macchina inanimata, a giudicare dall’espressione di cieca morbosità che le leggeva in viso.
Prova ancora a baciarla dimenticando i disagi precedenti, e viene immediatamente invaso da una lingua sconcia ed esigente. Meglio approfittarne, pensa di certo l’amico sempre più coinvolto nella rete. Le palpa pesantemente il sedere, poi infila la mano nel taglio più profondo, attirato da una nuova idea. Strofina le dita sulla parte più umida e scivolosa, poi punta un dito al centro della cavità anale. Se quella Cristina &egrave capace di tutto, come io stesso gli avevo assicurato e come stava verificando di persona, non rifiuterà certo questo…
Spinge cautamente, per prova, ma ciò che ne ottiene &egrave solo di sentirsi risucchiare la lingua nel palato di lei in un’oscena simulazione di pompino. Non c’era più alcun dubbio: non solo si lasciava fare di tutto, ma pareva addirittura incitarlo…
Basilio spinge il dito nell’alveo umido, e la penetrazione avviene con la massima naturalezza fino alle nocche della mano, facendo fremere in un sol colpo sia lui che me. Un dito in culo! E sotto gli occhi del marito!! Una vera adorabile troia, senza dubbio.

Troia sì, ma con un’idea ben precisa sulla parità dei sessi, come ha modo di verificare poco dopo a sue spese.

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Non pareve dispiacerle quella visita così intima, accolta persino con svergognate contorsioni. Se la sente palpitare addosso, infilzata da quel dito nervoso, e più spingeva più lei gli si stringeva contro avviluppandolo con le cosce. La sente poi carezzargli la schiena, quindi scendere in modo preoccupante…

Cristina mi dava le spalle, per cui, mentre potevo, per così dire, godermi lo spettacolo della sua deflorazione anale, mi sfuggiva quanto accadeva sull’altro versante. Percepisco però ad un certo punto un soprassalto di Basilio, seguito dal bloccarsi del suo immondo lavoro. Capisco solo un po’ dopo il motivo di quell’irrigidimento. La dolce, timida e casalinga Cristina, in omaggio alle più classiche regole del galateo, stava restituendo la visita spingendo il dito medio nell’antro più tenebroso del partner, fino ad introdurvelo completamente.
Quel che &egrave fatto &egrave reso, penso sadicamente, ma anche con qualche masochismo, nell’assistere a quella doppia sodomia digitale. Superata la paralisi il violatore violato riprende il suo scempio accanendosi con rinnovato vigore fra le natiche di Cristina in un forsennato su e giù, forse per superare l’affronto rincarando la dose. Senza pensare che questo avrebbe provocato un’immediata controreazione. E non era nemmeno una vendetta, ma il riflesso dell’eccitazione fisica e psicologica di Cristina nell’insolito ruolo di profanatrice. Con la differenza che lei di visite intime di quel tipo ne aveva ormai ricevute parecchie, e da organi ben più consistenti e invasivi di quel sottile dito medio, mentre il tapino non era sicuramente abituato a subire quell’onta, e alla sorpresa univa un palese disagio.

Al peggio non c’&egrave mai fine, e se l’amico pensava di aver toccato il fondo si sbagliava clamorosamente. Dopo un’energica e reciproca raffica di oltraggiose intrusioni, da una parte gradite e dall’altra subite, i due si arrestano come sfiancati. Cristina allora sfila con aria torbida la mano del debosciato dalla morsa e la porta all’altezza del viso. Poi, lasciando sconvolti gli spettatori, si infila quel dito in bocca e lo succhia di gusto.
Certo, sarebbe stato peggio se l’avesse fatto con la propria mano, e non escludevo neanche quella tragica ipotesi, ma quel che segue era più coerente con l’ottica della punizione. Estrae infatti anche lei il dito dai recessi, e con uno sguardo che non ammetteva rifiuti lo porge alla bocca di Basilio. Questo, disperato, non ha scelta, e deve accettare quella nuova penetrazione, non so con quanto piacere.
Cristina, sei terrible, penso disgustato e ammirato allo stesso tempo.

Esaurita quella torbida fase, Cristina pare momentaneamente placata, e si stende novamente a pancia in giù come una tranquilla bagnante sulla spiaggia di Rimini. Ma &egrave proprio questa disarmante parvenza di normalità a scatenare il reprobo. Smanioso di una rivalsa dopo l’umiliazione subita, le si getta addosso, strofinandole l’uccello di nuovo eretto dove capitava, e riempiendo di avide succhiate il collo e le spalle. Lei accoglie l’assalto con la stessa elastica reattività di un canotto di gomma. Ondeggia sotto il peso, si contorce sinuosamente, si lascia comprimere, fino a far aderire perfettamente i due corpi accogliendo le sporgenze dell’altro fra le proprie rientranze.
Non si trattava però di una penetrazione. L’amico si stava semplicemente godendo il sublime piacere di appoggiare la propria rigidità nel luogo più accogliente di quella stanza, ossia fra i cedevoli cuscini di carne del posteriore di Cristina.
Era un martirio, ma allo stesso tempo una scarica di eccitazione, osservare come lei reagiva a qual nuovo contatto, agitandosi impudicamente e spingendosi all’indietro. Faticavo anche a tradurre in parole quell’operazione: Cristina non solo stava accogliendo fra le chiappe il cazzo di un altro, ma stava oscenamente incitandolo ad osare di più.
Dubitavo che il nostro amico avesse davvero realizzato ciò che Cristina intendeva offrirgli. N&egrave con la moglie n&egrave con le gitanti più disponibili doveva essere mai arrivato a tanto, e nelle contorsioni di Cristina leggeva solo il desiderio di una nuova penetrazione vaginale, questa volta effettuata da tergo. Non capisce neanche quando lei afferra di prepotenza il membro e se lo avvicina al punto desiderato, pensando ad un errore di mira dovuto alla posizione. Quando lei alla fine &egrave costretta a dichiararsi esplicitamente, lui si arresta incredulo, così come a me si arresta il respiro.
– Mettimelo in culo… – geme lei con voce appena udibile.

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Che deve fare un gentiluomo, di fronte alla garbata richiesta di una donzella? Accontentarla, ovviamente. Anche se con tutti i dubbi e l’imbarazzo della situazione. Prima si volta verso di me, ma con gli occhi bassi, come per cercare conforto. Poi, visto il mio silenzio, guarda ancora le chiappe bianche che gli si premevano contro, forse sperando ancora in un equivoco. Alla fine, dissolto ogni dubbio, sparita ogni remora, gli resta solo il desiderio belluino di realizzare l’impresa, e al diavolo il resto.

Non era normale per Cristina esprimersi in modo così volgare, perlomeno in mia presenza. Capisco dunque che voleva apparire ancora più sfacciata di quanto fosse, proprio per segnalare all’amico che nulla era più proibito, e che ad ogni porcata ne poteva seguire un’altra ancora più efferata. Con l’evidente scopo di portarlo gradualmemte alla follia, penso immaginando lo stato d’animo del poveretto. Altro che mogliettina timida, quella che si faceva pastrugnare di nascosto come la prima sera. Questa &egrave una vera troiona da bordello, una vacca da monta, la regina delle baldracche… E allora,che male c’&egrave ad accontentarla?
Stravolto come dopo una corsa, il basito Basilio si accinge a quella che pensava essere la profanazione suprema, l’apice dela sua carriera di adescatore clandestino di mogli insodisfatte: l’ingresso trionfale nel culo di quella che si stava insperatamente rivelando coma la sua vittima più vogliosa e volonterosa. Impugna la verga con espressione demoniaca, la spinge contro le frementi rotondità che parevano volerla risucchiare nei loro abissi, e spinge.

Quando si incontrano due desideri così prepotenti le difficoltà si superano. E che Cristina ambisse davvero a farsi dilatare gli intestini da quel membro robusto non c’era alcun dubbio. Non stava più giocando a mostrarsi trucida per attizzare l’amico, l’antipasto le aveva davvero solleticato l’appetito…
Dopo la neutralità mostrata nei miei primi tentativi, accettati più per un bisogno di completezza e di emancipazione che per vero piacere, negli ultimi tempi aveva davvero maturato un acceso gusto del proibito che l’aveva portata ad offrire il posteriore con sempre maggiore frequenza. Prima a me, timidamente o goffamente, poi ad amanti occasionali, che ora si trovavano a godere dell’intero repertorio sessuale di Cristina di cui mi veniva così sottratta l’esclusiva. Mi restava quella del suo affetto e delle sue emozioni, ma dovevo prendere atto che il suo corpo era ormai accessibile in tutti gli orifizi più segreti a chiunque ne facesse richiesta. Con l’unico freno del suo carattere scontroso, che intimidiva fortemente i possibili candidati.

A quel punto dovevo assolutamente riprendere contatto con la mia amata. La mia simulata estraneità non aveva più senso, anzi rischiava di farmi emarginare del tutto. Mi avvicino mentre l’amico si affaccendava da dietro sovrastandola, e lei si volta sorpresa, come se avesse dimenticato la mia presenza. Poi, nel buio, mi sorride debolmente, come in preda ad una qualche sofferenza.
– Ciao sporcacciona… – le sussurro ignorando le turpitudini che stava subendo.
Non risponde, ma mi porge la mano. Un successo, in quelle condizioni.
– Tutto bene?
– Mmm…
Un normalissimo scambio di battute fra fidanzati, non fosse stato per la presenza di un estraneo che tentava di sodomizzarla col suo pieno consenso.
Poi, imprevedibilmente, lei torna a parlarmi all’orecchio con voce surriscaldata. Anche questa volta, tre parole di fuoco.
– E’ entrato dentro…
– Dentro dentro? – chiedo allibito di fronte ad una così disarmante limpidezza.
– Sì… – ruggisce lei per quanto glielo permettevano le ansimazioni.
La lascio contorcersi per qualche minuto, poi mi arriva l’eco del primo colpo. Quindi il secondo, e via via una successione di colpi silenziosi ma vibranti, come inferti sottotono. Di certo l’altro non si era fatto mettere in soggezione dal mio arrivo.

Nonostante i miei incitamenti a delinquere non mi ero in realtà aspettato che lei giungesse a tanto. Ma c’&egrave sempre qualcosa da imparare.

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Nessun dubbio, l’amico si era ormai introdotto nel sedere della mia donna, mentre lei intrecciava le dita con le mie. Il tutto per una sfida, una rappresaglia, con quell’unico contatto fra i due corpi costituito dall’inserimento in un retto pulsante. Lui si manteneva infatti sollevato sulle braccia, come se non volesse interferire con la mia vicinanza. Una specie di masturbazione eseguita sul corpo della ragazza che gli dava le spalle, più che una copula. Dal momento che lei ci stava, il resto non contava.

Ci si può abituare davvero a tutto. Non ci avevo messo più di cinque minuti ad ingoiare quella che in altri momenti mi sarebbe parsa un’enormità. Cristina che dà via il culo al primo venuto, senza neanche un corteggiamento, un preliminare, un’intesa… Così come aveva fatto la sera prima, si era lasciata lietamente occupare i luoghi sacri. Eppure eccomi lì, a godermi lo spettacolo del suo viso devastato dal piacere con la distaccata partecipazione di uno zoologo che assiste ad un accoppiamento fra due animali.
La conclusione non poteva tardare, e si capisce. Il desiderio di osare l’inosabile e l’imprevista disponibilità di Cristina, le cui morbide natiche ammortizzavano i colpi, portano il violatore all’orgasmo in pochi minuti.
Anche in questo caso intuisco l’evento dal viso di Cristina, che soffoca i gemiti contro il mio petto. Faticavo a credere che in quel momento il suo intestino veniva irrorato dallo sperma della nostra fascinosa guida alpina.
– Massimo… Vengo… – &egrave l’ultima struggente informazione che mi soffia all’orecchio, a coronamento del suo sintetico bollettino informativo. Come qualcuno potesse giungere all’orgasmo per via anale era per me ancora un mistero, ma con Cristina tutto era possibile.
Poi, per diversi minuti, regna il silenzio.

– Cri… com’&egrave andata? – le sussurro quando la respirazione le torna normale. Il violatore era nel frattempo svanito nelle tenebre. Colpire e sparire, era il suo motto.
– Bene…
C’era tutto un mondo in quel “bene”. Lo stupore per quanto le era accaduto, il senso di colpa per averlo accettato, l’eccitazione per il piacere comunque provato, e il calore per ritrovarmi ancora lì, al suo fianco, complice e vittima della sua arrendevolezza. Vicinanza che sembra infonderle nuova energia. Mentre l’altro cercava di riprendere fiato, lei, dopo un turpe sguardo di intesa nei miei confronti, lo aggredisce nuovamente iniziando dal floscio pisellone che risucchia nuovamente fra le fauci.
Roba da brividi, più di quando quel pene era rigido ed intatto. La vedo risciacquarselo ben bene, incavando e rigonfiando le guance e risucchiando ogni bava di liquido. Ma chissà perch&egrave, nel vederla così oscena, e allo stesso tempo saperla onesta perch&egrave non mi stava nascondendo nulla, mi prendeva alla schiena un perverso brivido di orgoglio, come se assistessi ad una sua spericolata e difficile prova di abilità, e potessi dire ad un invisibile pubblico: “fatemi i complimenti, quella &egrave la mia donna”.
Tremendo poi vedere quelle labbra forgiate a stappalavandino applicarsi sugli irsuti pendagli del suo compagno di letto ed aspirarli in bocca fino a quasi divorarseli. Pareva una ninfomane in astinenza da mesi, tanta era la foga con cui si avventava sul quel corpo maschile capitatole fra le mani. Già l’aveva massaggiato e tormentato col seno, ora toccava alla bocca. Pur non nascondendo la nota preferenza per le parti meno nobili, la sciagurata percorre con le labbra a ventosa ogni centimetro dell’epidermide di Basilio, strappandogli nuovi brividi di piacere.
Non era poi una gran punizione, penso stralunato fissando le scie di saliva della MIA Cristina che luccicavano nel buio. Ma tanta prodigalità aveva uno scopo: provocare un nuovo irrigidimento del membro già duramente provato, per poi sottoporlo ad ulteriori indecenze. La vedo infatti frugare nei bassifondi, quindi, soddisfatta dall’esame, disporsi a cavallo dell’altro portando il basso ventre in esatta corrispondenza con l’obiettivo.
Le basta sfiorarlo due o tre volte col bordo delle labbra pubiche per favorire l’allineamento richiesto. La vedo ruotare leggermente il bacino, quindi adagiarsi lasciando indovinare il compiersi della penetrazione, mentre lei volgeva la testa all’indietro in un gesto rivelatore.

Assisto all’inizio della cavalcata effettuata dalla mia amazzone con la consueta energia. Sapevo che l’intenso traffico subito dalla sua cavità uterina l’aveva abituata ad ogni eccesso, ma non pareva che i genitali dell’amico fossero egualmente insensibili all’anomalo strapazzo. Lo vedo agitarsi e mordersi le labbra, senza tuttavia potere o volere sottrarsi a quell’agrodolce supplizio.
Non riesco però a godermene la conclusione. L’orgasmo questa volta richiedeva un impegno più lungo, ma il sonno accumulato ed il ripetitivo zum zum a cui assistevo mi portano ad addormentarmi proprio mentre la mia impudica amante stava dando il meglio di s&egrave con un altro. Incredibile a dirsi, ma neanche troppo inspiegabile. Mi ero riconciliato con Cristina, la tensione si era sciolta, la vendetta era in corso, potevo anche permettermi un po’ di riposo mentre lei lavorava per la ditta…

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Mi sveglio tuttavia due o tre volte nel corso della notte, in concomitanza con qualche nuova iniziativa dell’instancabile Cristina. Con gli occhi velati dal sonno la vedevo continuare a contorcersi e ad offrirsi in tutti i modi possibili, per poi riaddormentarmi soddisfatto.
Nell’ultimo risveglio la colgo chinata sul ventre dell’altro in un’ennesima succhiata di palle, pratica di cui ultimamente pareva aver riscoperto l’attrattiva. Quando però si riavvicina alla sommità per accoglierla in bocca, sento finalmente le parole a lungo desiderate.
– Basta, ti prego…

Niente da fare. Implacabile come la Dea della Vendetta, Cristina si infila in gola quel sesso martoriato col lodevole intento di estrarne le ultime gocce di linfa vitale.
Brava Cristina, continua pure… ma scusami se non partecipo neanche come osservatore, ho davvero troppo sonno.

***

Il mattino dopo, la faccia del povero Basilio era l’immagine della devastazione più completa: assieme alle residue tracce di sofferta lussuria, si notava l’espressione spaurita di chi era sopravvissuto ad un cataclisma senza ancora aver capito bene come. Pareva quasi aver assaggiato un’anteprima dell’Inferno, come una specie di Dante accompagnato da un’oscena Beatrice. C’era da giurare che in futuro ci avrebbe pensato dieci volte prima di allungare le mani su mogliettine procaci…
Neanche lei era certo in buono stato, con delle occhiaie viola e le labbra tumefatte dall’eccessivo lavorìo, ma il suo primo sguardo era eroico e compiaciuto, come per cercare il mio apprezzamento per la missione compiuta. OK, le segnalo con le dita, ottenendo in cambio un confortante sorriso. Mi era stata sottratta, ma ora era di nuovo con me, redenta e pulita.

L’ultima discesa a valle &egrave breve e silenziosa. La gita si concludeva nello stesso albergo da cui eravamo partiti, e in cui il buon Basilio ha la sorpresa, chissà quanto gradita, di incontrare moglie e figlio che lo attendevano. Lei era un tipo magrolino, piuttosto comune, con un viso da topo e degli occhi malinconici che facevano tenerezza. La vedo scrutare assorta il viso del marito, poi spostare gli occhi su Cristina, che la ignorava imbarazzata.
Arriva poi il momento di pagare la nostra guida, e per discrezione mi apparto a tu per tu con lui in un salottino della hall. Quando però estraggo il vile denaro, Basilio fa il superiore.
– Senti, con quello che &egrave successo non posso accettare…
– Cio&egrave?
– Beh, capisci… dopo una notte con la tua donna…
Lo guardo con curiosità. Evidentemente, invece di tranquillizzarlo, la mia neutralità l’aveva preoccupato, facendogli sospettare possibili rappresaglie. Non si peritava di visitare di nascosto i letti altrui, ma quando veniva scoperto cercava di tacitare il marito offeso per via economica, per giunta mascherata da un atteggiamento signorile. Era davvero troppo.
– Cristina non era in vendita, tu si’. Anzi, ti lascio un piccolo extra per averla soddisfatta adeguatamente…
Era ovviamente un affronto e lui esita, combattuto fra dignità e avidità, poi cede e prende il denaro.
– Comunque, – prosegue l’infame – detto fra uomini, complimenti. Una donna insuperabile. Se però fossi in te, sinceramente mi preoccuperei. Che fosse un po’ troia, me l’avevi detto, ma quella &egrave una vera vacca. Senza offesa, eh… – fa con un’ombra di maligno compatimento.
– Fortunatamente non sei in me e io non sono in te. Per quel che mi riguarda, &egrave la ragazza migliore del mondo. Vedi, la differenza &egrave che io stanotte dormirò tranquillo come un papa fra le braccia della mia troia, mentre tu dovrai vedertela con la tua signora. Non ti sei accorto che ha capito la vera ragione della tua passione alpinistica?
– Come fai a dirlo? – mi risponde sbiancando.
– Le donne te lo leggono in faccia, se hai qualcosa da nascondere. E poi, vuoi che non le sia giunta qualche voce? Come mai il marito della Simona ha interrotto la gita? Magari si &egrave accorto di tutto e si &egrave lamentato con l’albergo… Per esempio, &egrave normale che lei venga a prenderti alla fine delle escursioni?
– No… – risponde turbato lanciando uno sguardo alla moglie che poco lontano scambiava qualche commento generico con Cristina, senza però perderlo d’occhio.
– Beh, comunque, grazie di “tutto”. – replica con un’ultima stoccata allusiva per nascondere la preoccupazione.
– Grazie a te, e buona fortuna. Ne avrai molto bisogno. – rispondo, mentre Cristina mi si avvicinava sorridendo, timida e innocente come un passerotto.

FINE

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