Nonostante i miei timori l’estate sembrava scorrere senza complicazioni.
Celeste mi scriveva spesso, mi chiedeva informazioni sull’università ed alcuni consigli per il suo futuro.
Si stava iscrivendo allo stesso corso universitario che avevo frequentato io e, da brava secchiona desiderosa di soddisfare le aspettative di mamma e papà, voleva sapere come poter dare il meglio di sé, quale percorso di studi fosse meglio seguire e quali esami temere maggiormente.
Mi raccontava le sue aspettative e le ansie per il futuro, tesa tra il ruolo di figlia modello e la voglia di godersi la sua giovinezza e più dialogavo con lei più mi accorgevo di quanto fosse divenuta una giovane donna.
Tutta la malizia e la carica sessuale erano sparite, forse era stato solo un episodio dettato dall’alcool, eppure stava crescendo in me un interesse diverso verso di lei, più mentale che prettamente sessuale.
Un giorno mi scrisse chiedendomi alcune informazioni su una fotografia che avevo pubblicato sui social poche ore prima, una serata passata con alcuni amici ed un gioco da tavolo.
Era piacevolmente incuriosita dal gioco, ne aveva sentito parlare da alcuni ex compagni di classe, ma non aveva mai avuto occasione di provarlo perché all’epoca era troppo concentrata sulla carriera scolastica e non sopportava i compagni che ci giocavano.
Colsi la palla al balzo per poter introdurre un’altra persona al mio hobby e la invitai in un club nella nostra città, non c’era nulla di male eppure… Eppure più si avvicinava il momento del nostro incontro, il primo dopo la serata in spiaggia, più sentivo una strana sensazione dentro di me.
Il fatidico giorno si presentò con una maglietta a maniche corte ed un paio di short, sortendo una immediata erezione di apprezzamento da parte del mio cazzo.
Dopo un primo imbarazzo passammo alcune ore a giocare e scherzare tra di noi come se fossimo sempre stati grandi amici, parlando del più e del meno, senza nessun flirt o tensione sessuale.
Vedendo quanto ci fossimo divertiti quel pomeriggio, mentre la accompagnavo verso casa, le proposi di coinvolgere anche il suo ragazzo.
“Ci siamo lasciati…”
“Ah, scusa non lo sapevo!”
“…”
“Come mai? Se posso chiedere.”
“L’ho lasciato io! Gli voglio bene, ma sento di avere bisogno di una persona più matura, più grande e lui è ancora un ragazzino… Nel frattempo però voglio godermi la mia libertà!”
Concluse con un sorrisetto malizioso che fece calare un lungo silenzio fino a che non raggiungemmo casa sua.
Il condominio in cui viveva era in una zona residenziale, a quell’ora non c’era nessuno in giro, i suoi erano di sicuro a lavoro, mi fermai dal portoncino d’ingresso e presi coraggio.
“Sai è stato proprio un bel pomeriggio, ti andrebbe di rivederci? Magari possiamo fare da me, così ti faccio vedere la mia collezione.”
“Sì, mi piacerebbe molto!”
Mi fissò con quei suoi grandi occhioni azzurri prima di abbracciarmi forte, mi colse di sorpresa, ma risposi cingendola per i fianchi, non volevo lasciarla scappare.
Era un po’ più bassa di me, il mio viso si perdeva nei suoi lunghi capelli biondi, forse stavamo solo cercando di riprendere il contatto visivo, ma appena le nostre labbra si sfiorarono ci baciammo.
Non so chi dei due iniziò il bacio, ma non ci importava minimamente, volevamo solo poterci finalmente assaggiare.
La spinsi contro il portoncino in modo da essere il più possibile nascosti e coperti da occhi indiscreti, la mia mano salì lenta ed inesorabile lungo la schiena, percepivo i brividi che le correvano lungo la pelle, passai le dita tra i lisci capelli biondi, la presi saldamente e la tirai staccandola da me.
Mi guardò carica di desiderio con le labbra socchiuse, nella mia mente si formavano tutti i desideri e le fantasie che avevo immaginato sul suo giovane corpo, volevo farla godere, volevo farla esplodere, volevo scoparla, volevo dominarla, volevo farle cose che…
Provò a baciarmi ancora, ma le tirai indietro la testa tenendola per i capelli.
“Baciami…”
“Non posso, mi dispiace…”
La lasciai andare e mi allontanai di qualche passo.
“Scusami, non dovevo farlo.”
Mi disse prima di scappare a casa..
Passarono giorni senza che ci sentissimo.
Desideravo Celeste, volevo scoparla, portarla a letto, ma volevo farlo seguendo la mia natura, libero di essere me stesso e volevo che lei ne fosse consapevole.
I miei desideri sessuali non erano più frenati dal fatto che la vedessi come una bambina, ormai era una donna, una giovane donna, ma avevo bisogno di sapere cosa vedesse lei in me, presi il cellulare e le mandai un messaggio.
“Domani pomeriggio hai impegni?”
“Ciao! Non credevo mi avresti più scritto… Sono a pranzo in spiaggia con i miei, dopo sono libera. Perché?”
“Dopo pranzo fatti una lunga doccia, schiarisciti le idee e vieni da me. Dobbiamo parlare.”
“Ok!”
Le mandai il mio indirizzo ed iniziai a prepararmi per il nostro incontro.
Celeste era puntuale, una brava ragazza ben educata, indossava un paio di sneakers bianche, una minigonna di jeans ed una maglietta nera.
Era visibilmente a disagio non sapendo cosa aspettarsi, ma si nascondeva bene dietro al suo dolce sorriso.
Appena chiusa la porta la presi per i fianchi e, come l’ultimo incontro, la strinsi a me baciandola.
Sentii tutta la tensione cedere mentre ricambiava l’abbraccio ed il bacio, la sentii sciogliersi tra le mie mani, le nostre lingue si rincorrevano con foga, ci sarebbe voluto tutto il pomeriggio per stancarle.
Celeste stava strusciando ritmicamente il bacino contro il mio corpo, mentre le sue mani si stavano facendo strada sotto la mia camicia, aveva fretta la ragazza, prima però dovevamo chiarire, volevo che lei fosse mia, ma alle mie condizioni.
La mia mano si insinuò tra i suoi lunghi capelli biondi, le accarezzai il testolino e strinsi, la tirai poco dolcemente, quanto bastava per far staccare le nostre bocce, per farle germogliare una smorfia di disagio sul viso e per gettarla nell’incomprensione.
“Dobbiamo parlare.”
La mia voce era calma, distaccata, come se non le avessi appena infilato la lingua in gola, mi sedetti sul divano ed aspettai che lei si sedesse titubante vicino a me.
“Celeste, so che sei spaesata, ma voglio che tu sia consapevole di cosa stiamo per fare, prima che tu possa pentirtene. Rispondi sinceramente alle mie domande per cortesia.”
“Ok…”
“Vuoi fare sesso con me?”
“Sinceramente sì, sono anni che voglio farlo.”
“Da quando?”
“Da quando ho iniziato a masturbarmi… Mi toccavo pensando a quanto fossi stato dolce con me, mi facevi sentire sicura e protetta. Poi con gli anni ci siamo allontanati e tutto è sfumato, fino a quella sera, quella cena… Ti ho rivisto, avevo bevuto troppo, ero in crisi nera con il mio ragazzo e… Ho provato a vivere una fantasia, una fantasia che mi sembra ti piaccia!”
“Solo sesso?”
“Credo di si…”
“Per me non è solo sesso.”
“Che cosa intendi?”
“Ho pensato parecchio a te… All’inizio ti vedevo ancora come una bambina, piccola, innocente e fragile. Poi parlando con te ho capito che ormai sei una donna, una giovane donna ed ho iniziato ad accettare anche tutti i pensieri erotici che ho fatto su di te, ma…”
“Ma?”
“Celeste, io ti voglio portare a letto, voglio farti godere, voglio scoparti, ma voglio farlo completamente, senza inibizioni, seguendo la mia natura, ma non so se tu sei disposta a farlo”.
“Stai parlando di bdsm?”
“Come lo sai?”
“Ho fatto un giro sul tuo instagram scoprendo che segui alcune pagine di bondage, non molto discreto da parte tua, pagine che segue anche Amanda, con cui sei stato.”
Amanda era una mia ex, era stata babysitter di Celeste e come età era circa a metà strada tra me e lei.
“Una sera siamo uscite, voleva festeggiare la mia maturità andata bene, lei aveva bevuto un po’ troppo e le ho chiesto di quei profili che segue, poi di te e mi ha raccontato un po’ della vostra intimità… Ho dovuto trovare una scusa per andare in bagno a toccarmi!”
Sorrisi, non mi aspettavo che fosse così facile.
“Vuoi provare?”
“Sì, ma ho un po’ di paura…”
“ Non preoccuparti, è normale quando ci si approccia a nuove esperienze, però prima ti devo raccontare alcune cose.”
Le parlai di quali pratiche avessi in mente, norme di sicurezza, limiti, safeword e lei mi raccontò cosa volesse provare, cosa fosse disposta a fare, quale tipologia di video porno avesse visto e cosa la eccitava.
Non molto romantica come situazione, ma dovendo ridurre in poche decine di minuti conversazioni che in genere richiedevano settimane… Doveva essere completamente consapevole e consenziente di quello che stavamo per vivere.
“Te la senti?”
Le chiesi infine.
“Si!”
Mi rispose senza esitazione, guardandomi con i suoi occhi dolci accesi da una luce di eccitazione pura.
Mi avventai su di lei e la bacia ancora, con la stessa foga di quando l’avevo accolta in casa, avevo sete di lei, ma dovetti staccarmi appena le sue mani iniziarono a farsi troppo intraprendenti sul mio corpo, appena iniziava a credere di avere il controllo.
“Spogliati e rimani in piedi al centro della stanza.”
La osservai togliersi velocemente i pochi abiti estivi che coprivano il suo giovane corpo, completamente nuda si mise ad attendere con un sorrisetto nervoso il prossimo passo.
Mi alzai, mi avvicinai al tavolo del soggiorno, sopra vi era posata una grossa scatola nera di plastica dura, estrassi con cura tutti i sex toys ed i vari giocattoli che conteneva sistemandoli ordinatamente sul piano in legno, presi un tubetto di lubrificante e me lo misi in tasca.
Tornai verso dei girando intorno al suo corpo studiandola attentamente, studiando la mia preda, studiando il pezzo di carne su cui mi sarei presto avventato.
La sua pelle era abbronzata e mostrava il segno evidente e regolare del costume, la parte chiara faceva ben intuire che non fosse avvezza a costumi striminziti, non aveva tatuaggi o piercing, solo i buchi alle orecchie.
Profumava di Badedas alla camomilla, un profumo che ho sempre abbinato all’estate, alla spiaggia, al mare, alle vacanze.
Mi fermai davanti a lei e le misi due dita sulle labbra.
“Succhia.”
Schiuse le labbra e, fissandomi sensualmente, accolse le mie dita dentro di lei simulando un lento pompino.
Era brava, vogliosa e decisamente intenzionata a dimostrare quanto fosse brava a succhiare cazzi, a dimostrare che ormai era una donna bisognosa di un vero uomo.
Le mie mani passarono ai suoi seni, sussultava leggermente, mentre palpeggio le sue giovani tette, una terza direi, soda, con dei piccoli bottoncini che svettavano arroganti e turgidi verso l’alto.
La guardai negli occhi strizzando i capezzoli, godendomi la smorfia di dolore che si disegnava sul volto, pochi secondi e le mie mani continuarono a scendere seguendo i suoi fianchi.
Aveva un bel fisico, fianchi molto pronunciati, una leggera morbidezza che la rendeva reale, autentica, lunghe gambe ed un culo a mandolino che implorava di essere sculacciato.
La mia destra si insinuò tra le sue cosce, massaggiavo il sesso completamente depilato e già fradicio.
Celeste sii piegò leggermente verso di me mentre entravo dentro di lei con due dita, ansimava rumorosamente, finalmente le sue fantasie prendevano corpo.
Continuai ancora per una dozzina di secondi, gustandomi i gemiti che sfuggivano dalla sua bocca prima di staccarmi per andare ad ispezionare il suo sedere.
“Non muoverti.”
Il primo colpo la colse di sorpresa, vacillò, ma non si mosse dalla sua posizione.
La mia mano si stampava ritmica sulla sua candida pelle, lasciando il segno rosso delle cinque dita sul suo culo illibato, la colpivo a palmo aperto prima la natica destra e poi la sinistra, dal basso verso l’altro, mentre la stanza si riempiva di quel suono sordo della carne contro la carne.
Una decina di colpi per saggiare il suo culo, per vedere come avrebbe reagito, nulla di troppo forte, solo una sculacciata paterna per scaldarsi.
La sua pelle liscia e bianca sulle natiche divenne presto arrossata, sua madre disapprovava i costumi troppo provocatori o vederla girare svestita per casa quindi non avrebbe avuto grandi problemi a nascondere eventuali segni dei nostri giochi.
Estrassi il tubetto di lubrificante e con due dita iniziai a massaggiarle delicatamente lo sfintere, ebbe un sussulto sentendo il contatto con il gel freddo.
“Ti piace?”
“Sì, ma non ho mai fatto…”
Mi avvicinai per sussurarle all’orecchio.
“Allora sei davvero una ragazza casta e pura… Il tuo culetto è ancora vergine?”
Iniziai a baciare e leccare il suo collo liscio, mentre le mie dita sentivano il suo culetto rilassarsi.
“Sì, ho sempre avuto paura che facesse troppo male, ma tu puoi farlo. Sono tua e lo sono completamente…”
La feci girare, mi sorrideva eccitata.
Adornai il suo collo con il collare che era sul tavolo, era di cuoio nero, con una decorazione metallica sul davanti per poterci attaccare un guinzaglio.
“Questo è un collare da gioco, non sancisce la tua appartenenza a me, non dimostra che sei la mia schiava. Scopriremo solo a fine giornata se vorrai e potrai ricoprire questo ruolo. Oggi non sono il tuo Padrone e non dovrai chiamarmi così, oggi è una prova, una prova per entrambi… Adesso ti voglio in ginocchio!”
Scese senza fiatare, ma percepivo la sua eccitazione mista ad ansia, stavamo per aprire una porta della sua sessualità che non avrebbe più potuto richiudere.
Mi avvicinai a lei, il suo volto era di nuovo a pochi centimetri del mio pacco, come quella sera di inizio estate, sentivo il suo caldo respiro farsi pesante contro la stoffa dei miei pantaloni, liberai il mio cazzo facendolo sbattere contro la sua faccia.
“Usa la tua bocca, fammi vedere quanto ti piace”
Le sue mani si avventarono alla base del pene per poterlo guidare dentro la sua dolce ed accogliente boccuccia, teneva gli occhi chiusi godendosi ogni centimetro della mia carne che scivolava sulla sua lingua.
“Fermati!”
Spalancò gli occhi fissandomi spaventata mentre la tiravo per i capelli allontanandola dal mio cazzo.
“Non ti ho detto che potevi usare anche le mani.”
“Scusami…”
Lo sputo che colpì la sua faccia accentuò lo stupore sul suo dolce volto.
“Imparerai ad ascoltare gli ordini e lo imparerai sulla tua pelle… Metti a quattro zampe.”
Mi ricomposi e la osservai mentre il mio sputo colava lentamente dal suo viso fino a depositarsi sul pavimento, presi un lungo frustino ed un guinzaglio e lo attaccai al suo collare.
“Inizia a girare.”
Iniziai a farla girare intorno a me, come se stessi girando un cavallo alla corda, con il frustino le feci capire che doveva disegnare un cerchio sul pavimento a circa un metro, un metro e mezzo di distanza da me che ne ero il centro.
Con secchi schiocchi sul culo le davo il ritmo e la facevo muovere secondo il mio volere nel mio grande soggiorno, la feci girare per cinque volte prima di farle cambiare verso per poter compiere altrettanti giri.
Quando la feci fermare aveva le ginocchia arrossate ed il sedere striato, il suo volto dolce non tradiva dolore o disagio, ma solo una forte determinazione a non deludermi.
Posai il frustino, le tolsi il guinzaglio e mi abbassai per controllare la sua fica, due dita entrarono senza problemi, era completamente fradicia, la masturbai delicatamente.
“Che cosa ti piace di tutto questo Celeste?”
“Mi piace sentirmi completamente nelle tue mani, trattata come una cagna… Mi piace provare dolore mentre sono eccitata, non so descriverlo, ma è come se ci fossero dei fuochi d’artificio nella mia testa… Eppure è tutto così limpido, chiaro, bellissimo e doloroso al tempo stesso. Vampate di vergogna e piacere percorrono tutta la mia pelle e la mia patatina pulsa, mi sembra stia urlando… Sento l’orgasmo che si avvicina prepotentemente ed ho paura che possa rivoltarmi come un calzino, ho paura che tutto questo possa finire…”
“Potrai venire, ma non adesso. Dopo il primo orgasmo né arriverà un’altro e poi un’altro ancora, senza sosta o sollievo fino a quando non sarò sazio di averti usata.”
Era calda, sentivo i suoi muscoli contrarsi intorno alle mie dita, ma non volevo lasciarle questo regalo.
Dal suo sesso le dita arrivarono fino alla sua bocca, una piccola resistenza prima che si convincesse a schiudere le labbra e ad assaggiare i suoi stessi umori, non credo l’avesse mai fatto prima, ma sembrò gradirlo molto.
Presi dal tavolo un paio di pinze per capezzoli ed uno spanker, era una lunga e spessa striscia di cuoio nero ripiegata su se stessa un paio di volte con un’impugnatura ergonomica ed una serie di borchie quadrate argentate sulla parte predisposta a colpire il corpo.
Strinsi i capezzoli nella morsa delle pinze, il freddo metallo era attutito da una guarnizione di plastica nera, non erano pensate per stringere molto, ma per sostenere due campanellini con alcuni piccoli pesi.
“Allarga un po’ le gambe e conta i colpi.”
La colpii forte e con gusto facendola sobbalzare vigorosamente, gemette per il dolore sottolineato dal tintinnio dei campanellini e dallo schiocco secco sulla pelle.
“Uno!”
Non si fece intimorire e rispose tempestivamente, forse per timore di una punizione.
Continuai a colpirla, alternando tra le natiche, prima una e poi l’altra, colpi dal basso verso l’alto.
Le borchie in plastica dura non erano appuntite, anzi erano molto smussate, ma sapevano donare un dolore sordo e fulmineo, il suo culo era di un rosso acceso non omogeneo, ma dannatamente eccitante.
“Venti…”
La sua voce tradiva la sua fatica, era vicina al limite, stavo mettendo alla prova la sua resistenza, ma era quello che desideravamo entrambi.
Era appoggiata sui gomiti, con il volto che rasentava il pavimento, aveva tirato le ginocchia verso il petto ed allargato le gambe cercando di trovare una posizione che potesse assorbire meglio i colpi, assicurandosi però che i campanelli avessero lo spazio per muoversi e suonare, non voleva togliermi il piacere di quel suono o non voleva contrariarmi.
In quella posizione il suo culo puntava verso l’alto invitante e lussurioso, ma non si era accorta di avermi dato pieno accesso al suo sesso.
L’ultimo colpo la colse completamente impreparata, sobbalzo violentemente cercando di capire cosa fosse successo e di metabolizzare il dolore che dalla sua fica fradicia correva lungo la colonna vertebrale per trapanarle il cervello.
Si accasciò di lato in posizione fetale con gli occhi lucidi, stringendo la sua patatina martoriata con le mani, le sue labbra si mossero lievi per far uscire un flebile sospiro.
“…Ventuno…”
Ci fissammo per alcuni secondi mentre cercava di riprendere a respirare normalmente, i suoi occhi non erano pieni di rabbia o di smarrimento, mi guardava decisa per capire se fosse stata sufficientemente resistente, se avesse superato la prova.
Mi chinai per accarezzare dolcemente i suoi lunghi capelli biondi.
“Sei stata molto brava, adesso riprendi fiato, non abbiamo ancora finito.”
Le tolsi le mollette e posai lo spanker sul tavolo, mi svestii completamente e mi sedetti sul divano, con una mano puntai il cazzo verso la sua direzione.
“Usa la tua bocca.”
Gattonò sensuale verso di me e senza usare le mani fece sparire il mio pene tra le sue labbra, lentamente, centimetro dopo centimetro.
Avevo sentito dire che il suo ex si vantava di quanto fosse brava a fare i pompini, mi fece molto piacere scoprire che non si vantava invano!
Iniziò a muoversi ritmicamente, scorrendo lungo tutta l’asta.
Era come se si stesse facendo scopare la bocca, rivoli di saliva colavano dalla sua bocca mentre succhiava avidamente, con la lingua accompagnava il movimento avvolgendo il mio cazzo ormai fin troppo eccitato da tutta la giornata.
Ogni tanto si fermava con solo la cappella in bocca, si posizionava in modo da potermi guardare negli occhi ed inizia a giocare con la lingua sul frenulo e su tutta la punta del pene, era dannatamente brava.
“Cazzo, dietro la facciata da brava bambina nascondi proprio un animo da cagna! Non manca molto, adesso puoi usare anche le mani… Puoi scegliere se ingoiare, se farti venire sul viso o sul corpo, ma se oggi ingoi dovrai farlo ogni volta che te lo chiedo.”
Non staccò le sue labbra dal mio cazzo neanche per un secondo, fece un cenno di assenso con il capo e, senza usare le mani, continuò a risucchiarmi l’uccello aumentando il ritmo delle pompate.
In meno di trenta secondi sentii l’orgasmo montare, una scarica di calore partì dai miei testicoli ed eruppe dalla cappella inondando la bocca di celeste di densa sborra, un’ondata di piacere mi travolse mentre inarcavo il corpo e sospiravo godendomi una sensazione che avevo sognato per molto tempo.
Celeste sentendo il mio cazzo pulsare tra le labbra si fermò a mezz’asta, strinse la bocca e con la lingua stimolò la punta del pene, accolse ogni lungo fiotto di caldo seme ingoiando velocemente.
Con delicatezza finì il meraviglioso pompino per poi guardarmi negli occhi.
“Mi piace il tuo sapore… Sono stata brava?”
“Si, lo sei stata, adesso voglio vederti godere.”
Il più grande sorriso che avessi mai visto le si stampò in viso, era semplicemente entusiasta di essersi comportata bene, di essere stata all’altezza, delicatamente la presi per mano e la portai in camera.
Il letto era già pronto per noi, solo un lenzuolo bianco e quattro corde che partivano dai quattro angoli della struttura, sul comodino erano già pronti preservativi, lubrificante, un paio di corde ed altri giocattoli che ci sarebbero serviti molto presto.
“Sapevi già che avrei accettato?”
“Volevo solo che tutto fosse pronto per potermi godere appieno ogni momento con te.”
“E se ti avessi detto che volevo solo fare sesso?”
“Ti avrei detto di no, ti avrei detto che ti volevo senza filtri o freni, volevo giocare con il tuo corpo e la tua mente completamente, non ti avrei voluta in altri modi.”
Istintivamente ci abbracciamo unendoci in un lungo e passionale bacio.
Eravamo completamente nudi, pelle contro pelle, le nostre lingue si rincorrevano scrivendo con la saliva quanto avevamo desiderato quei momenti, scrivevano promesse di piacere che avrebbero segnato le nostre vite.
Fu lei la prima a staccarsi, mi sorrideva desiderosa di continuare questa nuova scoperta.
La legai a stella sul letto, non poteva liberarsi, ma aveva abbastanza gioco da potersi stirare e contorcersi senza farsi male, tappai la sua bocca con una ball gag e le ricordai come segnalare dei problemi senza usare la voce.
Presi dal comodino la magic wand, un ovetto vibrante ed una corda.
Prima che se ne rendesse conto si ritrovò l’ovetto dentro alla patatina e la grande testa della wand che premeva sul clotoride e su tutta la parte esterna del suo sesso, con la corda avevo fissato la wand al suo bacino ed ad una coscia affinchè non si spostasse per quanto lei potesse muoversi.
“Per oggi dovrai resistere solo mezz’ora, ma con il giusto addestramento…”
Accesi la wand alla massima vibrazione mentre Celeste iniziava a respirare forte socchiudendo in estasi gli occhi.
“Alexa, imposta timer 30 minuti!”
Aspettai qualche secondo e con il telecomando wireless accesi anche l’ovetto, la vibrazione interna la fece sobbalzare verso l’alto, un lungo sospiro sfuggì a stento dalla sua bocca imbavagliata.
Aveva la fronte imperlata di sudore, tese gli arti e arricciò le dita smaltate di rosso dei suoi piedini, stava venendo, finalmente stava godendo, si accasciò poco dopo guardandomi intensamente mentre i vibratori non accennavano a smettere.
Mi fissava, incredula, stupita probabilmente dall’intensità dell’orgasmo e dalla sensazioni della stimolazione continua, le risposi con un sorriso.
“Mezz’ora passa in fretta quando ti diverti…”
La accarezzavo dolcemente, ogni tanto le strizzavo con forza un capezzolo o cambiavo l’intensità delle vibrazioni, volevo godermi ogni minima sensazione che sconquassasse il suo giovane corpo.
La vedevo fremere, ansimare e tendersi travolta da un orgasmo dopo l’altro, ben presto entrambi perdemmo il conto dei picchi di piacere, per me quel lasso di tempo stava passando molto velocemente.
Quando il timer iniziò a squillare Celeste spalancò gli occhi fissandomi insistentemente pregandomi di slegarla, era stanca e provata.
“Allora, come stai?”
Dissi iniziando a liberarla dalla sua tortura.
“Sinceramente sono distrutta, ma è stato bellissimo! Non credevo di poter provare emozioni così intense, stupende e contrastanti.”
“Adesso riposati, te lo sei meritato…”
Mi sdraiai con lei sul letto, l’abbracciai da dietro e ci addormentammo quasi subito.
Il suo cellulare iniziò a squillare, Celeste balzò in piedi e corse a rispondere.
“Ciao, mamma! Si tranquilla, mi fermo a cena fuori con Lucia… Si, si, non torno troppo tardi, come al solito… Ciao, ciao, ti voglio bene!”
Tornò raggiante, ancora completamente nuda infilandosi di nuovo tra le mie braccia riprendendo la posizione del cucchiaio.
“Scusa, non ti avevo avvisato. Ho detto a mia madre che mi fermavo a cena da un’amica, lei sa che mi vedo con uno ed è pronta a coprirmi.”
“Le hai detto di me?”
“No, le ho solo detto che vedevo uno e… non ha fatto domande! Con tutte le volte che ho dovuto coprirla io!”
“Sapevi già che saremmo finiti a letto?”
“No, lo speravo però! Volevo solo essere pronta per godermi quanto più tempo possibile con te…”
La baciai e portai la sua mano sulla mia erezione.
“Possiamo ordinare una pizza o posso cucinarti qualcosa, ma prima devo prendermi il tuo culo.”
Allungai il braccio per prendere preservativi e lubrificante.
“Mmm… Nessuno dei miei ex ha mai cucinato per me…”
Iniziai a lubrificare il buchino con un dito.
“Allora devo assolutamente rimediare!”
Il suo sfintere presto si rilassò lasciandomi entrare.
“Che cosa mi prepari?”
Il secondo dito entrò dentro di lei.
“Non ho molto in casa, ma pensavo ad una pasta con gamberetti, pomodorini e zucchine, magari una frittata?”
Ci voleva più gel lubrificante.
“Ah… Perché non entrambi? Ho fame…”
“Allora entrambi sia, ho anche una bottiglia di prosecco da assaggiare.”
Infilai anche il terzo dito.
“Il prosecco è perfetto! Fai piano… Non mi fai male, anzi è stranamente piacevole, solo che è un po’ strana come sensazione! Quante dita…?”
Lubrificai ulteriormente mentre ormai scorrevo dentro di lei agevolmente.
“Tre.”
“Cazzo! Non credevo di riuscirci…”
Giocai ancora con le dita poi, quando mi sembrò pronta uscì, mi misi un preservativo, un po’ di gel e appoggiai la cappella al suo sfintere facendo una leggera pressione.
“Te la senti?”
“Sì… Ti prego, fallo.”
Iniziai a spingere lentamente con il bacino, superando con un suo sospiro la prima resistenza.
Il suo buchetto cedette e mi lasciò passare, ero dentro, avanzavo un millimetro alla volta fermandomi per darle il tempo di adattarsi.
“…Sono tua…”
Un’ultima spinta ed entrai completamente dentro di lei.
“Come stai?”
“Mi sento piena, è una sensazione nuova, strana, bella, ma credo sia per il fatto che sia tu a farlo… Posso toccarmi?”
“Puoi farlo, puoi venire ancora.”
“Grazie!”
Eravamo ancora nella posizione del cucchiaio, presi a montarla spingendomi quanto più possibile dentro di lei, guadagnando pian pianino velocità.
Girò la testa per potermi guardare, il suo viso era arrossato, ansimava, ma le piaceva, mi guardava con passione, con desiderio.
“Voglio essere la tua schiava, voglio che questo pomeriggio si ripeta, ne voglio ancora!”
Aumentai il ritmo eccitato dalle sue parole, stavo per venire, ma lei mi stupì ancora e venne urlando contro il cuscino.
L’ennesimo orgasmo della giornata, spinse il bacino verso di me per poter avere quanto più cazzo dentro di lei, tutti i suoi muscoli interni si contraevano velocemente in risposta all’ondata di piacere che pervadeva tutto il suo corpo.
Sentivo il suo sfintere strozzare il mio pene e non riuscivo più a resistere, sborrai dentro di lei, sborrai in quella sottile pellicola che divideva i nostri corpi, ma non le nostre anime.
Passammo il resto della serata completamente nudi a ridere e scherzare, senza fare nessun accenno sessuale, semplicemente parlavamo del più e del meno.
Cucinai per lei, nessun ex l’aveva mai fatto, le tolsi anche quella verginità.
La serata però arrivò ad una conclusione, non poteva deludere la mamma, non poteva tornare a casa troppo tardi.
“Lo vuoi davvero?”
Le chiesi mentre finalmente si rivestiva.
“Che cosa?”
“Essere la mia schiava.”
Silenzio.
“Sì, lo voglio. Lo voglio da molto tempo e…”
Non le lasciai finire la frase interrompendola con un lungo bacio passionale.
“Mi basta questo… Vai a casa, domani inizia il tuo percorso.”
Molto interessante, è realtà o finzione?
Dove è ambientato?
Il racconto nasce dall’unione di alcune esperienze sessuali e relazionali che ho vissuto.
Celeste esiste, ma non è quello il suo vero nome.
La storia è ambientata nella mia città, una cittadina sulla costa, ma non ha importanza sapere quale.