Capitolo 1 – Le cagne
Kristine non era granché impegnata sui social network, ma aveva un account in cui si definiva schiava di Master D. ed una foto che la riprendeva in tutto il suo splendore, una foto che esaltava il suo corpo tutto curve e che l’unica cosa che nascondeva era il volto che guardava dalla parte opposta dell’obiettivo. Un paio di volte al mese, in genere di notte si collegava, le sue chat erano molto laconiche, trovava i suoi interlocutori quasi sempre poco civili e spesso poco interessanti.
Quella notte fu contattata da una trentenne che si definiva cagna di Miss Carla insieme alla zia. La trentenne le raccontò tutto di lei, l’esperienza delle due cagne, zia e nipote che vivevano insieme, non si era sviluppata moltissimo, ma sicuramente era singolare. Le cagne lesbicavano tra loro e ubbidivano a Miss Carla, un’amica, che se le fotteva entrambe con lo strapon, per il resto passavano molto tempo nude in casa ed a quattro zampe, ma non molto di più. La stessa miss si sentiva molto cagna pure lei ed era abbastanza irrisolta tra fantasie di sottomissione e dominazione.
Erano ormai le due quando la cagna le chiese di lei, Kristine era stanca e non sapeva cosa pensare di quelle cagne, ma non se la sentì di negarsi dopo che Nicoletta, così si chiamava quella cagnolina, le aveva raccontato molto di lei e quindi a sua volta riversò sulla cagna alcune delle sue esperienze e si dilungò sul suo Padrone: Master D.
La cagna ne rimase affascinata, di lei, del suo Padrone, di quell’ambiente in cui avvenivano storie molto eccitanti e che anche lei voleva vivere. Volle la mail di Kristine per poterle scrivere, visto che in chat la trovava raramente. Qualche giorno dopo le scrisse. La parte importante della lettera diceva “ne ho parlato con mia zia Anna e con Miss Carla, ci piacerebbe venire a Milano per essere sottomesse ed educate come cagne da Master D. Potremmo partire il prossimo lunedì e fermarci a Milano per tutta la settimana.” La cagnolina allegava un po’ di foto sue, di sua zia e di Miss Carla.
La cagnolina aveva un bel corpo ed un bel viso, un viso ancora più giovanile della sua età, angelico e perverso al tempo stesso. Al Master sarebbe piaciuto prenderla ed usarla, pensò Kristine. Le due cagne più grandi erano due donne mature, piacevoli, con seno abbondante e cosce ben tornite, erano più o meno della stessa età dell’Anna che lei conosceva, ben conservate ed appetitose. Kristine pensava che tutte potessero essere piacevolmente usate, ma non sapeva cosa ne pensasse il Master e se aveva tempo da dedicare a ben tre nuove schiave. Doveva solo parlargliene, quindi la sua risposta fu laconica: “Calma, ne parlerò con Master D., vedremo cosa mi dirà, è un uomo molto impegnato, comunque avrai una risposta entro venerdì, così, eventualmente, avrete tutto il tempo per preparare la trasferta.”
Il Master era effettivamente impegnato, ma aveva voglia anche di distarsi. Inquadrò immediatamente la situazione pensando ad alta voce con Kristine. – Sono tre cagne e come tali vogliono vivere la loro esperienza, probabilmente immaginano di vivere in albergo, giocare con noi qualche ora al giorno a fare le cagne ed alle loro condizioni e poi girare per Milano e spassarsela come se fossero in vacanza. Non sarà così, le sequestro e le faccio vivere da cagne tutta la settimana. Le cagne impegnano un po’, ma non poi tanto. Guardò le foto, comunque non sarò il solo che dovrà badare a loro, ci sono anche i ragazzi, a cui sono sicuro le due tardone piaceranno, poi c’è Francesca. Ultimamente latita molto, dice che è impegnata con il lavoro, ma io so che non è così, la richiamerò all’ordine. Infine ci sono anche Gianni e Sara. Prima di tutto metterò la Miss nelle condizioni di non nuocere, le altre due penso si rassegneranno subito. Certo, Anna dovrà fare gli straordinari per le pulizie e la cucina, ma ce la farà, tu ed Ely l’aiuterete. –
In passato il Master aveva provato a fare di Kristine una serva, ma i risultati erano stati pessimi. L’olandese era incapace di pulire e cucinare, magari riuscivi a farle stirare di malavoglia qualche camicia, potevi punirla quanto volevi, ma non ne ricavavi niente.
Il Master prese atto che alla sua bella schiava poteva chiedere tutto, tranne quello. Era aristocratica, una geisha, si prendeva cura del suo corpo, se le andava anche dei suoi affari, ma non delle sue cose. Però in quella circostanza doveva almeno fare la spesa, preparare qualche caffè, stirare e beh, non si poteva chiederle altro, sarebbe stato inutile. Per il resto Anna ed Ely dovevano arrangiarsi. Ely avrebbe pensato alla cucina, era diventata brava e Anna a tutto il resto, cagne e pulizie. Sì, poteva funzionare.
Il tamarro con il suo SUV accompagnò Kristine all’aeroporto a prendere le tre cagne. Marco si era calato nella parte dell’autista e non proferì parola, aiutò a caricare tutti i bagagli, tanti, sulla macchina e lasciò a Kristine i convenevoli. Il giorno prima il Mister li aveva convocati, lui, il suo amico Carlo, Francesca, Anna ed ovviamente Kristine, per spiegare loro cosa dovevano fare, ed ora lui si atteneva al piano. Però osservava, aveva davanti una trentenne bruna, ma dalla pelle chiara, alta circa centosettanta centimetri, fatta bene, due belle tette ed un viso dolce, ma trasgressivo, una vera puttanella. Sembrava però che a tutte e tre i cazzi non piacessero tanto, si sentivano lesbiche e con quella fantasia delle cagne.
Poi c’erano due tardone succulente, molto diverse da Anna, queste erano procaci ed entrambe con due grandi tette, cosce tornite e molte forme. Molto appetitose in quei vestiti strizzati che si erano messe per fare colpo. Due provincialotte da sbattere ben bene. Una castana, Carla, e l’altra mora, Anna. Non molto alte, ma si erano attrezzate con tacchi discreti di circa otto centimetri. Vestivano sportive, da viaggio, una con una camicetta stretta, Carla, ed una gonna al ginocchio, l’altra con pantaloni bianchi attillati che la disegnavano perfettamente, quasi come se fosse nuda, Anna, pure questa si chiamava Anna.
Anna era più morbida di Carla, ma nell’insieme le due tardone erano molto simili. Si erano agghindate, tutte e tre, soprattutto le più grandi, per fare colpo. Il tamarro se le figurava già mentre lo infilava tra quelle mammelle e lo vedeva sbucare da sopra a portata della loro bocca. Poteva andare e venire con il suo randello tra quelle magnifiche tette e fotterle anche in bocca. Il suo amico Carlo e, per quello anche la stragrande maggioranza degli uomini, potevano fare o l’uno o l’altro, ma non tutte le due cose insieme.
Le schiave erano leggermente in apprensione, ma anche speranzose su una bella avventura. Al loro paesello erano irreprensibili, ma a Milano si sarebbero scatenate. Il Master, riferendo quello che aveva saputo da Kristine, gli aveva detto che erano anni che non assaggiavano un cazzo, in tutto quel tempo avevano giocato tra loro e fatto un grande uso dello strapon, qui avrebbero assaggiato cazzi veri, anche se loro neanche lo sapevano. Kristine aveva detto che immaginavano giochi da concordare di volta in volta e che quindi niente era sicuro, tranne il fatto che avrebbero fatto le cagne. Completamente ingenue.
Kristine, seduta davanti, esibiva tutto il suo fascino e parlava con loro sedute dietro, le rassicurava mentre attraversavano Milano. Il tamarro seduto al volante sbirciava nello specchietto retrovisore, Anna, quella seduta nel mezzo, aveva un gran bel mammellume, era la più timida e secondo lui la più calda. Carla cercava di apparire sicura, ma non lo era per niente. La più consapevole che andava a vivere qualcosa di molto diverso era Nicoletta, ma neanche lei immaginava quanto, neanche lontanamente.
Il SUV entrò direttamente nel garage, da lì si poteva salire di sopra, oppure accedere al dungeon che stava nel seminterrato come il garage. Le tre cagne erano impressionate, una grande villa, in una zona di Milano molto ricca. Francesca era lì ad aspettarli. Kristine fece strada verso la scala che portava di sopra. – Lasciate perdere i bagagli, li prenderà qualcuno dopo. – Francesca fece un cenno di saluto, era vestita di nero, con un body e dei pantaloni molto attillati, oltre che a degli stivaletti con un tacco impressionante. Appariva autorevole e bella, disse a Carla – seguimi, il Master ti vuole parlare prima di conoscere le altre. – Aprì una porticina e la fece passare nel dungeon, Il tamarro le andò dietro mentre le altre salivano tranquille per le scale insieme a Kristine.
Il Padrone era comodo seduto su una poltrona, Carla salutò, non sapeva come comportarsi, ma prima che potesse solo riflettere ai suoi lati si materializzarono Francesca e Marco, che le bloccarono le braccia.
– Spogliatela – comandò il Padrone, poi rivolgendosi alla schiava – non dire niente, ora ti spiego cosa succederà. – Carla non reagì, pensava ancora al gioco, certo quella parte non era concordata, ma ci stava. Il Master attese che la schiava fosse denudata, messa a quattro zampe e bloccata in quelle condizioni. Carla a quel punto cercò di svincolarsi e protestare, ma il suo fu un tentativo debole e poco convinto, pensava ancora al gioco anche se ora non era del tutto convinta che di un gioco si trattasse, ma non voleva apparire provinciale ed alla fine abbozzò. Quando fu a quattro zampe, una leggera, ma resistente catena con quattro braccia e quattro braccialetti terminali, le fu sistemata ai polsi e sopra le ginocchia. La catena si stendeva sotto il generoso seno della cagna e le impediva di mettersi ritta, poteva stare solo a quattro zampe, sdraiarsi, senza potersi distendere completamente o sollevarsi sulle ginocchia, ma solo parzialmente.
– Ora sei una cagna che vivrà a quattro zampe – le comunicò il Padrone. Carla fece per protestare veementemente, non era d’accordo ed ora era molto arrabbiata, ma prima ancora che una sillaba fosse uscita dalla sua bocca, il tamarro le piazzò una ball gag in bocca. Una di quelle con il buco, un O ring.
– Le cagne non parlano – comunicò ancora il Padrone affibbiandole una indolente frustata sulla schiena, non si era preso neanche il disturbo di mettersi in piedi. Rapidamente Francesca e Marco si affaccendarono attorno alla cagna e le misero ai piedi dei calzini di cuoio senza dita, resistenti, ma leggeri, dei guanti alle mani, anche questi senza dita, che fecero passare sotto i braccialetti ed arrivavano a metà braccio, delle ginocchiere alle ginocchia, queste abbastanza robuste. Ogni tentativo di Carla di ribellarsi o semplicemente di non collaborare fu punito. Sia Francesca che Marco usarono anch’essi il frustino, la cagnetta prese diverse scudisciate sul culo e sulle cosce, sia da parte di Marco che da parte di Francesca.
Il Master le mise un grosso collare ed un guinzaglio, tirò e la cagna ormai messa nelle condizioni di non potersi ribellare strisciò sulle ginocchia verso di lui. Lui le diede un buffetto. – Apprezzerai le mie coccole – le disse, Carla stava quasi per piangere, si trattenne per orgoglio, ma si rese conto che in pochi minuti l’avevano già trasformata e ne avevano preso possesso. Vide che non poteva fare nulla, solo subire. Era nuda ed impotente, anche se schiumava rabbia. Capì che, se volevano, se la potevano fottere lì come si trovava e persino penetrarla in bocca, la ball gag le impediva di parlare, ma aveva un buco. Non era finita, un corpetto, anch’esso di cuoio le fu passato di sotto, lasciando le mammelle libere e penzolanti nel vuoto, e poi Francesca glielo allacciò stretto stretto sulla schiena lasciandola senza fiato. Infine il Padrone le mise tra le labbra un piccolo dildo che terminava con una coda di crine.
– Leccalo cagna – le ordinò facendoglielo penetrare in bocca, – conviene che sia bello viscido perché questa è la tua coda e tra un attimo te lo metterò in culo. – Carla strabuzzò gli occhi e lo accolse, non sapeva neanche come leccarlo, ma il Padrone lo faceva andare avanti ed indietro e lei senza fare niente lo salivava comunque. Poi glielo levò dalla bocca e le andò di dietro. Lei se lo sentì sull’ingresso e serrò le chiappe, era più forte di lei, ma una possente manata sul culo la convinse a distendersi ed il piccolo dildo lentamente penetrò. Stavolta, umiliata e sottomessa, non poté fare a meno di versare qualche calda lacrima. Eppure quando il Padrone le diede una toccatina alla fica fremette. Non erano passati neanche venti minuti da quando era entrata nel dungeon e non era più nelle condizioni di nuocere o disturbare. Il Padrone chiamò al telefono Kristine. – Fai scendere le altre due. –
Sotto le accompagnò Carlo, Kristine si dileguò, non voleva apparire come traditrice, ma le ho davvero tradite? pensò Kristine, forse già tra qualche ora saranno lì che si diranno: esperienza difficile, ma bella ed indimenticabile. Indimenticabile lo sarebbe stata di sicuro.
Fu Carla che vide le altre due cagne, ancora vestite. Perché loro due la videro, ma non la riconobbero strizzata come era in quel corpetto, con il mascara che le era sceso sulle guance, gli occhi sbarrati ed il viso deformato dalla balla gag.
Quando Nicoletta la riconobbe gridò – Carla… cosa ti è successo! – Fece per muoversi, ma Carlo la trattenne, Anna invece si portò le mani al viso ed iniziò a singhiozzare. – Buongiorno cagne – le salutò il Padrone ridendo, – vi spogliate da sole oppure vi dobbiamo aiutare? –
Le cagne non ebbero reazione, allora Carlo e Marco si occuparono di Nicoletta e Francesca di Anna. Nicoletta lottò, ma era ancora scioccata, mentre Anna rassegnata si lasciò fare. Le spogliarono ed in meno di dieci minuti le ridussero tutte e due nello stesso stato di Carla. Quando furono tutte e tre ai suoi piedi, più o meno composte, il Padrone parlò loro.
– Ok, vi siete agitate e arrabbiate, ma ora state tranquille, tanto non potete modificare la vostra situazione. Volevate fare le cagne e vivrete una settimana da cagne, Starete sempre a quattro zampe, non potrete parlare, mangerete dalla ciotola e farete i vostri bisogni come delle cagne. Il vostro addestramento inizia subito. Francesca si prenderà cura della cagnolina, così il Master indicò Nicoletta. Marco e Carlo della cagna, ovvero Anna. Ed io della cagnetta, Carla. Ma seguirò tutte. Ogni cagna ha la sua celletta, ce ne sono giusto tre. –
Le cagne impaurite e tremanti lo guardavano dal basso verso l’alto. Erano alla sua mercé.
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Capitolo 2 – Le cagne vengono domate
Il Master condusse la cagnetta, così aveva soprannominato la sua cagna, alla sua celletta, una stanzetta di due metri per tre con una piccola brandina, uguale alle altre due. Le levò il guinzaglio e la chiuse dentro. La cagna lo guardò smarrita, impaurita e rassegnata, ma allo stesso tempo rabbiosa e minacciosa, mentre la porta si chiudeva ed il chiavistello veniva bloccato dall’esterno. La cagnetta si ritrovò sola schiumante di rabbia strattonò la catena, ma non riuscì a sollevarsi, quando capì che rischiava solo di farsi male ringhiò contro la porta e poi si sdraiò su un fianco.
Francesca aveva preso la sua cagnolina e tirandola per il guinzaglio l’aveva condotta su per le scale a quattro zampe verso la sua stanza, voleva giocare con lei, ma non nel dungeon e voleva giocarci da sola, senza subire i consigli del Master.
Il Master rimase nel dungeon con Marco e Carlo. – Bene ragazzi, – disse – questa è la vostra cagna disse indicando Anna che non osava fiatare. Anna sentì la sua amica Carla ringhiare e poi nulla più. Saggiamente pensò che doveva subire, non poteva fare niente per opporsi a quel crudele destino. – Mi sembra che sia la più docile ed anche la più appetitosa. – Continuava il Master senza curarsi dei turbamenti della cagna. – Sono sicuro che se la saprete trattare bene si affezionerà a voi e vi darà grandi soddisfazioni. Però ricordatevi, è una cagna e come tale voglio che la trattiate. Chiaro? –
– Sì Mister – risposero all’unisono entrambi.
– Ed allora vediamo come l’addestrate. –
La cagna li guardava mansueta ed impaurita, ma si chiedeva perché aveva dato retta a quella scapestrata di sua nipote che li aveva condotti in quella torbida situazione, gravida, immaginava, di brutte conseguenze. Altro che le belle esperienze e le piacevoli sensazioni che immaginava la nipote. Lì le avevano sequestrate e si accingevano ad usarle come più gli aggradava. Questi erano i suoi pensieri, anche se non sapeva bene cosa aspettarsi. Non le sembrava gente gratuitamente violenta, però era gente decisa ad ottenere quello che voleva. L’unica cosa che capiva era che l’avevano fregata e che ora lei, sua nipote e la sua amica, erano nelle loro mani, sperava che non le facessero del male. Fare la cagna, stare a quattro zampe ed ubbidire agli ordini del Padrone in fondo le piaceva, ma quella ball gag in bocca no. La ball gag la faceva sbavare continuamente imbarazzandola e rendendola ridicola, non la voleva. Però doveva ammettere che il look che le avevano cucito addosso, ball gag a parte, era eccitante, non si poteva vedere, ma si immaginava. A quattro zampe, strizzata in quel bustino, con il culo e le tette gonfie ed esposte che venivano fuori magnificamente doveva essere meravigliosa. E poi si poteva muovere con quelle ginocchiere, quei guanti e quei pedalini molto agevolmente. Temeva che la fottessero, era anni che non prendeva più un cazzo vero, ma fino a quel momento non le era mancato. Timorosa e rassegnata aspettava di vedere cosa sarebbe successo. I due ragazzi non si muovevano, aspettavano l’imbeccata del Master.
– Prima di tutto – disse il Master rivolgendosi ai due giovani e poi guardando la cagna – bisogna spiegare alla nostra bestiola come deve comportarsi. Mi sembra docile ed obbediente. – Tirò il guinzaglio e la cagna si mosse verso di lui che l’accarezzo sulla guancia e le fece il suo discorsetto.
– Sei una cagna e le cagne non parlano – le disse, – però hai tanti modi per farti capire – aggiunse mentre la cagna lo guardava in apprensione, – puoi abbaiare, guaire, gemere, uggiolare, scodinzolare, ritrarti, tirare il guinzaglio… puoi anche annuire o scuotere il capo per dire no. Chiaro? – La cagna non fece nessun segno e lui la prese per il mento e la guardò negli occhi ripetendo – Chiaro? – Stavolta la cagna annuì.
– Bene cagna – sorrise il Padrone accarezzandola sulle tette, – iniziamo a capirci. – che ne dici se ti levo la ball gag? – La cagna annuì e le tette ondeggiarono meravigliosamente. I ragazzi sorrisero ed il Padrone l’accarezzò ancora sull’abbondante seno amorevolmente. La cagna aveva i capezzoli chiari che rizzarono subito. Il Padrone li strizzò e disse ai ragazzi che la cagna era molto sensibile e che se la sapevano prendere avrebbe dato loro molte soddisfazioni. Poi si rivolse di nuovo alla cagna – Però devi promettere che se ti levo la ball gag, mai, per nessun motivo parlerai. Altrimenti te la rimetto e non te la levo più. –
La cagna annuì vigorosamente e scodinzolò. La cagna meditava su tutto quello che le sarebbe successo e non era felice, ma ora aveva l’urgenza di farsi levare quella fastidiosa ball gag. – Bene – disse il Padrone levandogliela, La cagna uggiolò, perse bava dalla bocca che finì a terra e sul seno, arrossì imbarazzata, ma si strusciò felice sulle gambe del Padrone. Il tamarro non resistette e le passò una mano sulla fica. La cagna era bagnata, ma ebbe una reazione immediata, sì scrollò, muovendo le chiappe, la mano del giovane e si rifugiò tra le gambe del Padrone che sorrise. – Prudenza Marco, prudenza, non bisogna avere fretta, se la sai prendere farà tutto quello che vorrai, ma bisogna avere pazienza. Ora prendimi un panno che la ripuliamo. – La cagna scodinzolò felice ed ottenne dal Padrone un’altra carezza. Quella cagna era già domata ed avviata verso la strada giusta, non avrebbe dato problemi. – Non tutte le cagne sono uguali – continuò la sua lezione il Padrone, – questa è docile e allora basta prenderla con le buone, ma altre possono essere bizzose, ribelli… vedremo. –
Carlo l’accarezzò sulla schiena e la cagna si irrigidì, ma non si ritrasse, lui continuò scendendo anche sulle natiche, ma non sui genitali e la cagna si tranquillizzò e si lasciò fare. Carlo prese il panno e la ripulì dalla bava che le era colata sul mento, le sfiorò i capezzoli e l’accarezzò sul seno. La cagna gli leccò la mano riconoscente. Il Padrone disse – l’hai conquistata, è tua. Falle fare un giretto, poi prendi la scodella riempila d’acqua e falla bere. – Carlo eseguì e Marco gli disse – bravo amico, ma non la vorrai tutta per te?
– Prudenza e pazienza – rise Carlo, scimmiottando il Master che rise pure lui.
Il Master si raccomandò di nuovo, disse loro che c’era tempo, che con quella cagna non bisognava avere fretta e che continuassero ad addestrarla, coccolarla, ma niente sesso. Se volevano fottere di sopra c’era Anna. Se dovevano andare via la potevano rinchiudere nella sua celletta. Poi salì da Francesca.
La sua amante era distesa sulla schiena sul letto, sopra di lei Ely infilzata dallo strap on. Un piede di Francesca dondolava nel vuoto fuori dal letto, la cagnolina lo stava leccando. Anzi, in quel momento, la lingua della cagnolina, che con sforzo veniva fuori dalla ball gag, era catturata dall’alluce e dall’illice della Mistress. La quale noncurante dello sforzo della cagnolina stringeva e tirava verso l’alto aumentando la pena della schiava nello starle dietro. La cagnolina aveva due bei segni di scudiscio sul culo. Il Padrone sapeva che Francesca non era paziente e sicuramente al primo errore aveva frustato duramente la cagna, che però ora sembrava quieta e collaborativa. – Ti prego Padrone fottimi – esordì Francesca appena lo vide entrare.
– Ok, – rispose il Master, – ma levati quell’arnese, se vuoi che mi sdrai accanto a te. – Mentre Francesca si liberava dello strap on il Master diede un’occhiata alla cagnolina. Doveva aver passato giorni migliori, era abbastanza stravolta, ovviamente la sua amante le aveva dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che era una Mistress e le doveva obbedienza. Ely, non avendo ricevuto disposizioni, si sdraiò sul letto accanto alla Mistress. La cagnolina non poteva fare niente per la bava che le veniva giù dalla bocca ed ormai non se ne curava più, osservava rassegnata. La sua Padrona non si curava di lei, la usava, e la trattava come una vera cagna, ed a dire la verità anche il suo Padrone. Scopavano davanti a lei come se lei non esistesse. Ma prima di farsi infilzare la Mistress ebbe un ripensamento.
– Ely, voglio che goda anche tu mentre il Padrone mi fotte. – Ely la guardò interrogativa – vuole che mi masturbi signora? –
– Ma no sciocchina – la riprese la Mistress, – ti faccio leccare dalla cagnolina. – Quindi rivolgendosi alla cagnolina – salta su bella, vieni sul lettone della tua Padrona, per te è un onore che ti concederò qualche volta, ma non osare farlo senza che te lo ordini – poi aggiunse sorridendo, – meno male che il tuo pelo è ben rasato, altrimenti chi sa quanti peli avresti lasciato. – La cagnolina la guardò ancora più sorpresa di Ely. Francesca la guardò irritata e minacciosa, poi battendo con il palmo sul bordo del letto – su salta, salta, vieni! –
La cagnolina non aveva più nessuna intenzione di contrariarla e realizzò che con quella padrona bisognava essere svelte ad ubbidire. Mise le zampe davanti sul bordo, si diede uno slancio, e con un balzo montò sul letto. Il Padrone pensò che la cagna non ce l’avrebbe fatta, ma questa era giovane, agile e ben fatta. Le diede una pacca sulle natiche e la cagnolina avanzò tra le cosce di Ely che si era già messa in posizione. Su quella cagnolina Ely aveva sentimenti contrastanti, per ora era una cagnolina, ma era anche una donna desiderabile, la sua Padrona iniziava ad avere troppi intrallazzi ed insieme avevano qualche segreto di troppo, ma poi si tranquillizzò, lei era una schiava d’alta classe e quella era solo una cagnolina, non doveva impensierirsi per lei.
Chiuse gli occhi e si godette la leccata della cagnolina, che nonostante l’o ring, come lo chiamava il Master, leccava divinamente, su quello era sicuramente esperta.
Il Padrone, ignaro di quei pensieri, penetrava invece dentro la sua accogliente amante, come un coltello nel burro. – Sììì Padrone, fottimi, sono tua, per sempre. – Ed il Padrone l’accontentò.
Un’ora prima Francesca con la cagnolina al guinzaglio aveva risalito le scale, arrivati ai gradini la cagnolina si era impuntata, ritrosa a salire le scale a quattro zampe, Francesca impaziente, sempre, la scudisciò senza pietà. La cagnolina guaì, ma inizio a salire incespicando fino a quando non seppe trovare il giusto passo. Era abbastanza sconcia, per montare sui gradini doveva allargare le gambe, ma nessuno la guardava, la stessa padrona era davanti a lei e la tirava per il guinzaglio.
Entrando in camera trovò Ely alla scrivania che stava lavorando al computer. – Guarda Ely, – disse Francesca, – abbiamo una cagnolina, una bella cagnolina. – Francesca la tirò verso la sua schiava, ma ancora una volta la cagnolina si impuntò ed ancora una volta Francesca la frustò. Ely si accovacciò accanto alla cagnolina e la coccolò, sapeva che doveva calmare entrambe, cagnolina e Padrona e sapeva che ci poteva riuscire. Bastava fare come Kristine, il suo modello, paziente e forte, sicura e sottomessa. Inutile discutere e provare a far ragionare la cagnolina impaurita e la Padrona impaziente o esasperata. Accarezzò la cagnolina, la vezzeggiò, le rivolse parole di incoraggiamento – sei bella, tanto bella, vedrai che in questi giorni ci divertiremo, ci farai compagnia. – Poi si rivolse alla sua Padrona – Sei molto dominante oggi, posso farti un massaggio. – Ely usava indifferentemente il lei o il tu con la sua Padrona, ma era sempre rispettosa. – Si Ely, aiutami a rilassarmi- rispose lei, poi voglio vedere questa cagnolina strisciare ai miei piedi. – E’ già sua – affermò Ely, – non vede l’ora di compiacerla. – Ely accarezzò ancora la cagnolina che scodinzolò.
Il Master prese la cagnolina e la riportò giù. Al contrario della sua schiava amante era paziente, non la strattonò, lasciò che la cagnolina capisse come era meglio scendere per le scale, anzi apprezzò quel lubrico movimento di natiche e cosce che mettevano in evidenza fica e culo e le levò il guinzaglio per farla scendere davanti a lui. Arrivati al piano terra l’accarezzò su tutto il corpo e non poté fare a meno di toccarla in mezzo alle gambe. Poteva farsela subito, la cagnolina era pronta, ma decise di aspettare e seguire i piani. Aveva deciso che ogni cagna sarebbe stata presa da due Padroni. Prima la cagna, da lui e Carlo, poi la cagnolina, da lui e da Francesca ed infine la cagnetta, da lui e Marco. E tutte sarebbero state prese alla presenza delle altre cagne e di tutti gli altri. Quando arrivò giù i due ragazzi stavano giocando con la cagna, le tiravano una pallina di gomma e la cagna correva a prenderla. Correre per la cagna era una parola impegnativa, ma diciamo che accelerava il suo lento incedere per far contenti i ragazzi dondolando mammelle e natiche lubricamente. I ragazzi la ricompensavano con tante carezze e coccole. Quando furono giù il Padrone prese la pallina e la tirò, la cagnolina corse a prenderla con due balzi. Lei nella sua tenuta si muoveva agile e veloce. La cagnolina riportò la pallina e lui l’accarezzò mettendogli un dito tra le labbra, la cagnolina l’accolse e lo leccò felice. Lui disse anche a lei. – Ora ti levo l’O ring, ma non devi mai assolutamente parlare. – La cagnolina scodinzolò felice. Glielo levò, la cagnolina perse bava dalla bocca, che gocciolò per terra. Era imbarazzata, ma il Padrone l’accarezzò dicendole – niente, niente, tranquilla. – Allora lei scodinzolò e si strusciò contenta tra le gambe del Padrone. Lui la pulì, era una brava cagnolina, prima con Ely aveva fatto di tutto per farla godere e c’era riuscita. Alla cagnolina Ely piaceva e giocava volentieri con lei, ma aveva capito benissimo che la dominante era Francesca. La cagnolina la temeva, ma ne era attratta irresistibilmente, più la Padrona la dominava e più la cagnolina ne era attratta. Anche questa era ben avviata verso il suo naturale degrado, non c’era stato bisogno di molto, erano già ben predisposte.
Al centro della stanza c’era una grande ciotola dove le cagne bevvero, poi le portarono alle latrine.
Si trattava di un bagno turco. Le cagne si immobilizzarono, avevano vergogna di farla davanti ai tre maschi che le guardavano dall’alto. Era rosse in viso e non avevano nessuna intenzione di sottoporsi all’umiliazione. Il Master si chinò sulla cagna e le fece un discorsetto. – Una cagna la fa dovunque, ma per ora starai in casa e quindi la devi fare qui, possiamo aspettare tutto il giorno, prima o dopo la farai, ma io non ho tutto questo tempo. Quindi metti le zampe lì, allarga le gambe e piscia. – La cagna ottusamente lo guardava, ma non si muoveva, l’altra osservava bovina. Il Master diede due schiaffoni alla cagna e gli occhi della bestia si riempirono di lacrime. Ma questa volta la cagna si convinse, mise le zampe posteriori sui poggiapiedi, allargò le cosce, si concentrò e dopo qualche istante un bel fiotto colò tra le gambe della schiava. Il master la tirò fuori da dove si trovava e la ripulì con della carta igienica. La schiava tremava e si lasciò fare. Poi fu il turno della cagnolina, la lezione era servita e non ci fu bisogno di punizioni. Infine le chiusero in cella. – Riposate – disse il Padrone, – più tardi una serva scenderà a darvi da mangiare. –
Nel pomeriggio il Padrone scese da solo nel dungeon per controllare la cagnetta, ormai erano diverse ore che era stata messa in castigo. Non ne era sicuro, ma doveva essere più malleabile. Vedremo si disse.
Il master entrò nella celletta e vide che la cagna era disfatta, a terra c’erano due ciotole che lei non aveva praticamente toccato, una di cibo ed una di acqua.
– Se non bevi ti frusto subito – esordì. La cagna non si mosse dalla brandina ed il Master la scudisciò sulle cosce, sulle chiappe e sul seno con forza. La cagna sobbalzò sotto i colpi, cercò di difendersi, ma per il Master era facile tirare la catena per scoprirla dove voleva colpire e colpire. Gli ultimi due colpi glieli affibbiò sulla fica senza pietà. La cagna guaì. Allora il Master tirò il guinzaglio e la costrinse a scendere dalla brandina, le spinse la nuca verso la ciotola e la cagna bevve. La fece bere fino a esaurire tutta l’acqua che c’era. Poi la portò alle latrine, un po’ tirò, un po’ la condusse. Anche questa come le altre si vergognò. – Sei una cagna – gridò il Master, – le cagne pisciano dovunque. Falla! – Il Master alzò lo scudiscio e la cagna si affrettò. – Se non vuoi mangiare, fatti tuoi – le disse il Master, – se non vuoi camminare lo stesso, ma se non bevi due litri di acqua al giorno ti faccio a strisce – la minacciò il Master. La cagnetta era avvilita, non aveva più nessuna privacy, anche i suoi bisogni avvenivano con spettatori, non aveva più nessuna possibilità di decidere, doveva fare quello che le veniva ordinato o subire la frusta e probabilmente anche altro di più doloroso. Ma non era ancora predisposta a rassegnarsi.
Il Master provò a farla camminare, ma lei si rifiutò, allora lui la lasciò sdraiare a terra e andò a prendere le altre due cagne. Nel seminterrato circa cinquanta metri quadri erano usati per lavanderia, garage e cantina, ma un centinaio di metri costituivano il dungeon, quindi uno spazio enorme per qualsiasi attività. Il Master prese in guinzagli delle due cagne e le fece camminare. La cagnetta, con suo dispiacere vide che le cagne non solo ubbidivano al Padrone, ma erano felici di quello che faceva loro fare, delle sue carezze e delle sue lusinghe. Lui le lasciò libere e la cagna iniziò a leccare la cagnolina. Stava per farlo anche sulla fica, la cagnolina aveva prontamente allargato le cosce. Ma una scudisciata colpì la cagna sulle natiche che si fermò e perplessa si girò verso il Padrone. – No, – disse il Padrone, leccala dove vuoi, ma non lì. – non potete godere quando piace a voi, ma quando lo vogliono i Padroni. Chiaro? – La cagna annuì e riprese a leccare sul collo, sulle chiappe, sulle cosce e sul seno. La cagnolina gradiva, ma avrebbe voluto godere. La cagnolina ricambiò mentre la cagnetta osservava inviperita. Lui provò a far andare la cagnetta verso le altre due cagne. Ci riuscì e le due cagne la leccarono affettuosamente sul viso, sulle spalle, sulle natiche e sulle cosce. Non la toccarono sulla vulva, avevano capito che era proibito. La cagnetta apprezzò l’affetto delle due cagne, ma non si lasciava andare, era combattuta tra cedere e resistere. L’orgoglio la convinse a resistere. Si scrollò di dosso le due cagne, girò loro le spalle e si diresse verso la sua celletta. La porta era rimasta aperta e lei s’infilo dentro. Bevve ancora, capiva che doveva farlo, mangiucchiò qualcosa, non le piaceva molto e si sdraiò sulla sua brandina.
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Buongiorno. Ottimo inizio del tuo racconto. Aspetto di leggere il tuo prossimo racconto in qui tu e il tuo amico…
Ciao purtroppo non sono brava nello scritto, Se vuoi scrivermi in privato . delo.susanna@gmail.com
Per un bohemienne come me, che ama l’abbandono completo al piacere e alle trasgressioni senza limiti, questa è forse la…
Ho temuto che non continuassi… sarebbe stato un vero peccato, il racconto è davvero interessante
Grazie, ne sono lusingato. E' da poco che lo faccio, ma lo trovo divertente. Tu scrivi, ho provato a cercare…