Skip to main content
Racconti sull'Autoerotismo

La figlia esibizionista del mio amico

By 2 Aprile 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

Era da poco che mi trovavo a Roma, giusto un paio di settimane, ma appena mi si presentò l’occasione andai a trovare Giacomo, un mio amico più vecchio che viveva lì ormai da diversi anni.
Viveva in un appartamento con la sua figlia diciottenne, che non avevo più visto da quando aveva 8 anni, e sbarcava il lunario facendo lavoretti di grafica di poco conto, nell’attesa di approdare tra le fila di un importante studio fotografico.
In quel periodo il mio amico era molto preso dal lavoro, tanto che fu difficile persino fissare un giorno in cui vederci, ma, finalmente, un lunedì di metà aprile, mi disse di raggiungerlo nel suo appartamentino.
Arrivai per le 4 di pomeriggio e quando lo rividi scattarono subito i classici ‘virili’ saluti maschili, conditi da bonari insulti di ogni tipo, come è normale che sia tra i veri amici che non si vedono da anni.
Parlammo delle tante cose successe dall’ultima volta che ci eravamo fatti una birra a Milano, e potei constatare quanto il mio amico fosse particolarmente teso e stanco per i lavori che stava svolgendo.
Sua figlia comparì al mio lato come una specie di visione.
‘Ciao!’ mi disse sorridendo ‘Ti ricordi ancora di me? Sono Stefania!’.
Il suo viso sembrava quello di una ragazza svedese. Lineamenti fini, occhi azzurri, capelli lunghi e una bocca ben delineata.
Rimasi frastornato per un paio di secondi, imbambolato di fronte a quel viso d’angelo, ma riuscii a riprendermi in tempo utile per evitare di fare la figura del morto di figa che non aveva mai visto una ragazza in vita sua.
‘Ciao, era un sacco che non ti vedevo’ e poi non resistetti alla tentazione di aggiungere la classica frase ‘l’ultima volta eri alta così, mi ricordo ancora che ti tenevo sulle ginocchia”
“Ah ah come così?”
Con mia grande sorpresa, la ragazza mi si sedette davvero sulle gambe. Era davvero un tipino frizzante ed estroverso.
“Dai Stefy non fare la stupida, alzati” gli disse serio il mio amico.
Stefania non si curò delle parole del padre e, anzi, rimase lì ferma guardandomi dritto negli occhi.
“Non ti ricordavo così carino, zio Marco” mi sussurrò, cercando di non farsi sentire.
Io cominciavo a sentirmi un pò imbarazzato. La ragazza, per mia fortuna, non era vestita in modo particolarmente sexy, anzi. Aveva una tuta azzurra, leggermente scollata, che mi permetteva giusto di constatare un seno generoso, comunque coperto.
Era seduta sulla mia sola coscia destra, ma, ad un tratto, mi chiuse la gambe e vi si sedette sopra, vicino alla mia zona intima.
Potevo sentire un sedere decisamente tonico.
“Cosa fai da mangiare stasera papi?”
“Boh non lo so, oggi esco a fare la spesa poi vedo”
Mentre il mio amico, che era girato di schiena, le rispondeva, la maliziosa ragazzina indietreggiò col corpo, arrivando decisamente ad appoggiarsi sopra il mio pacco.
“Ma che fa??” pensai imbarazzato.
Io mi sentivo inerme di fronte a quella situazione inaspettata, l’unica parte del mio corpo che sapeva cosa fare era il mio membro, che si stava già indurendo e spingeva debolemente contro il sedere di Stefy.
Non potevo farci niente, speravo così che la ragazza si alzasse quanto prima, per evitare figure di merda.
Invece, approfittando di non essere vista dal padre, la birichina rincarò la dose. Fingendo irrequietezza si spostava in continuazione, ma quegli ancheggiamenti non facevano altro che farle sentire sempre di più il mio sesso.
Ad un tratto, per mia fortuna, si alzò, mi sorrise maliziosamente e in quattr’otto si rigirò e scomparve dietro la porta della sua cameretta.
Ora’per farvi capire bene com’era la situazione, io mi trovavo su una sedia in soggiorno, Giacomo invece era in piedi appoggiato contro un muro della cucina. Dalla mia posizione potevo vedere chiaramente la porta della stanza di Stefania, mentre il mio amico aveva la vista coperta da un muro portante.
‘Hey, cresciuta bene la figlioletta eh?’ gli faccio.
‘Eh già, infatti devo tenerla sotto controllo. Ah lo sai che ieri” e via a parlarmi dei suoi progetti, della vita lì nella capitale’
Ascoltavo con sincero interesse, quando, ad un tratto, notai che la porta della cameretta della ragazza era un attimino aperta. Evidentemente non l’aveva chiusa bene, fatto sta che uno spiraglio di luce filtrava verso il soggiorno.
Giacomo, intanto, aveva esaurito la sua fetta di aggiornamenti, così cominciai un po’ a parlare io di quello che mi era successo negli ultimi anni.
Tra una frase e l’altra, gettavo ogni tanto l’occhio verso la porta, e, ma forse era solo la mia immaginazione, mi sembrava che si aprisse sempre di più.
In effetti, però, sentivo una certa arietta sulle spalle, che ci fosse un po’ di corrente d’aria in casa?
Le mie supposizioni, evidentemente, si rivelarono esatte, infatti, di lì ad una decina di minuti, quella porta birichina era ormai mezza aperta. Dalla mia postazione, però, non potevo vedere altro che un enorme specchio a parete, sul quale si rifletteva una normale scrivania.
Passarono altri venti minuti, in cui io e il mio amico riesumammo vecchie cazzate di quando mi allenava al minibaskert, e fu nel bel mezzo di un suo racconto che la vidi riflessa nel suo specchio.
Magari si era appena risvegliata da un pisolino.
Si sedette per qualche secondo alla scrivania, e potei vedere che indossava ancora la stessa tuta di prima, solo con una scollatura leggermente più marcata.
La ragazza, poi, continuò a vagare per la camera, e, ad un certo punto, si girò verso lo specchio e incrociammo lo sguardo.
Ero sicuro che avesse visto che in qualche modo la spiavo, così mi aspettavo che chiudesse all’istante la porta.
Invece non fu così. Semplicemente rimase dov’era, come se stesse prendendo una decisione importante…poi prese a sistemare dei vestiti per terra.
Non poteva non essersi accorta di me, rimasi quindi molto stupito.
Ad un certo punto, si alzò in piedi e dalla mia posizione la vedevo di schiena.
Vedevo che muoveva le mani, e quando si girò, con molta naturalezza, notai che aveva slacciato la zip della maglia della tuta. Sotto aveva solo un reggiseno nero.
Mi vergognai un po’ per essere lì a spiare una ragazzina che aveva 10 anni meno di me, ma allo stesso tempo considerai il fatto che era maggiorenne e, di fatto, una piccola donna.
E che forse aveva cominciato a giocare con me.
Da quel momento in poi, dovetti lottare faticosamente per prestare attenzione al mio amico, e contemporaneamente spiare sua figlia.
Mentre Giacomo parlava della sua nuova macchina, gettai una lunga occhiata a Stefany. Non mi rivolgeva mai lo sguardo, ma sapeva che la stavo osservando. E la cosa eccitava sia lei che me.
Dopo un po’ di esitazione, la ragazza, girata di spalle, fece scendere i lembi della maglia, di cui si disfece completamente. Avevo così la vista della sua schiena nuda, solcata solo dal laccio del reggiseno, che la stringeva come fosse legata.
Il particolare cui più feci attenzione era quanto alto fosse l’allaccio dell’indumento intimo. Di solito sintomo di un seno particolarmente generoso.
A quel punto, però, dovetti rigirarmi verso il mio amico, annuendo a qualcosa di cui non ricordavo il contenuto.
Fremevo dalla voglia di guardare la ragazza, di dare un’occhiata a quel seno che mi si stava rivelando, ma fui costretto, da una domanda, ad una lunga risposta che mi costrinse ad osservare Giacomo.
Il Dio dei guardoni, però, mi arrivò in soccorso, infatti il mio amico, nel mezzo di una storiella, si spostò verso il lavandino della cucina con la frase ‘scusami se ti do la schiena, ma devo ancora lavare i piatti’
‘No no, figurati, fai pure!’
In un microsecondo tornai a guardare verso la cameretta, finalmente libero di slogarmi il collo pur di vedere a che punto era arrivato quello striptease casalingo.
La visione che ebbi mi bloccò ipnotizzato per qualche secondo, infatti nello specchio era riflessa Stephany di fronte, in reggiseno e tuta. Stava in piedi a guardare per terra, fingendo di cercare qualcosa.
Mi mostrava tutta la morbidosità della sua terza abbondante, trattenuta a stento dalla biancheria.
Non si fece scrupolo a piegarsi sulle ginocchia, in modo da farmi assaporare la vista del suo seno che ciondolava verso il basso, pronto ad esplodere oltre la stoffa di pizzo da un momento all’altro.
Lo ammetto, a quel punto fui costretto ad accavallare le gambe, mentre un flusso di sangue sempre più consistente invadeva le parti basse del mio corpo.
La osservai mentre si rialzava in piedi ed ebbi un sussulto quando afferrò l’elastico dei pantaloni della tuta. Stavolta non si fece attendere troppo, e, sempre con una naturalezza estremamente maliziosa, se li abbassò fino alle caviglie, per poi toglierli.
Era davvero una troietta esibizionista, la figlia del mio amico’
Indossava delle mutandine nere, molto basse in vita. Ora che la osservavo con più attenzione, notai quanto avesse un fisico tonico, con gli addominali leggermente visibili, caratterizzato da un vitino stretto stretto.
A quel punto facevo fatica a seguire i discorsi di Giacomo. Ormai il mio cervello aveva in mente solo lei e le sue generose curve.
Camminò avanti e indietro per la stanza, mostrandomi quanto le mutandine fossero basse, e quanto si modellassero perfettamente sul suo sedere. Giocherellava in maniera birichina con l’elastico delle mutandine, abbassandolo e rialzandolo in continuazione.
Alla fine, lo lasciò abbassato fin poco sopra il pube, la puttanella.
Guardavo ogni centimetro di quel delizioso corpo, incastravo gli occhi nell’insenatura delle tette, ardente dal desiderio di poterci soffocare dentro, e nel solco tra le natiche, col desiderio di sfilare del tutto quel tanga.
Col mio amico che mi parlava, e a cui dovevo necessariamente prestare attenzione ogni tanto, si trattava comunque di una magnifica tortura, che volevo durasse all’infinito.
Di sicuro, quella sera, avrei avuto materiale abbondante per rilassarmi in doccia.
La situazione, però, si fece ingestibile di lì a poco, tanto che presto avrei avuto bisogno di ben altro che accavallare le gambe per coprire l’eccitazione.
Stephany, infatti, dopo aver tentennato a lungo con l’allacciatura del reggiseno, si girò di schiena e se lo slacciò.
La ragazza, nonostante la giovane età, ci sapeva fare, ed era una gran porca, dato che mi voleva cucinare per bene. Non se lo sfilò subito, bensì si limitò a sfilare le spallucce e a tenere, grazie ad una maliziosa manina, le coppe dell’intimo a contatto coi bellissimi seni.
Impazzivo dalla voglia di vederle i capezzoli, di vedere le tette finalmente libere da ogni costrizione.
Ma ovviamente lei non lo fece.
Per l’ennesima volta mi diede le spalle. I suoi capelli biondi, ora, erano l’unico colore sovrapposto a quello della scura abbronzatura della schiena. Come sospettavo, solo a quel punto la ragazza si sbarazzò definitivamente del reggiseno, lanciandolo con poca attenzione lontano da lei.
A quel punto sarei stato disposto a pagarla pur di farla girare.
Si spostava, ma non si girava mai del tutto. Mi lasciava vedere i lati delle tette, che saltavano ad ogni più piccolo movimento.
Prese una magliettina bianca e se la appoggiò sopra i seni, poi si rigirò dalla mia parte.
Era un canottiera finissima, sulla quale vedevo impuntati i due capezzoli, evidentemente duri dall’eccitazione.
Stephany, a quel punto, fece qualcosa che mi mandò letteralmente il cervello in pappa.
Molto lentamente, e sempre coprendo i seni con quella stoffa leggera, cominciò con le due mani a massaggiarsi le mammelle, come se si stesse spalmando una qualche crema abbronzante.
Quel movimento divenne sempre più perverso, aumentando di velocità ed intensità. Le sue mani stringevano con forza quelle bellissime tette, facendole muovere in tutte le direzioni possibili.
Su, giù, destra, sinistra, una contro l’altra’
La maglietta, intanto, si spiegazzava sempre di più, tanto da lasciare finalmente liberi alla mia vista, prima un capezzolo, poi l’altro. Erano due stupendi puntini di carne, due ciliegine scure.
Io’stavo letteralmente esplodendo dalla mia posizione. Il mio amico era sempre intento a scrostare padelle, per fortuna, ma se si fosse girato di scatto mi avrebbe visto paonazzo con un’evidente bozza in mezzo alle gambe.
Stephany, nel frattempo, non nascondeva di certo la sua eccitazione, aprendo e chiudendo la bocca, ad occhi chiusi.
Fu a quel punto che, con mia sorpresa, guardò intensamente verso di me. E fu allora che mi bagnai decisamente i boxer. Continuava a fissarmi, e io, senza neanche pensare al pericolo che correvo, mi misi una mano sul pacco, sopra i jeans, e cominciai ad accarezzarmelo, sempre stando attento che il mio amico non mi sgamasse.
Lei, a quel punto, avendo visto che stavo dietro al suo gioco, decise di arrivare fino in fondo.
Spostò la canottiera bianca a coprire il pube, lasciando finalmente completamente libere alla mia vista le sue procaci mammelle.
Poi, sempre in piedi, con la mano libera si sfilò molto lentamente le mutandine. Rimase con la sola maglietta bianca a coprirle la parte più intima del suo corpo.
Era nuda, eccetto il fazzolettino di stoffa proprio sopra il triangolino dell’amore.
Lì, quasi venni. Mi bastò sfiorare il mio membro per sentire chiaramente una colata di liquido lungo la mia coscia. Cercai però di trattenermi, che figuraccia avrei fatto col mio amico altrimenti?
Evidentemente la ragazza voleva farmi davvero orgasmare. Portò la mano libera sotto il piccolo indumento bianco, tenuto molto lascivamente dall’altra mano, e cominciò a masturbarsi.
Vedevo le sue dita che si muovevano veloci sotto la stoffa, mentre imprecavo perché non mi permetteva di avanzare con lo sguardo sulla sua passera. D’un tratto si sedette e, con le gambe oscenamente aperte, aumentò la velocità delle dita.
Anche io, a quel punto, me lo massaggiavo senza pudore, fregandomene del mio amico.
Lei era lì, seduta sul bordo della sedia, col seno che oscillava dal piacere su e giù coperto a sprazzi dai lunghi capelli biondi, le gambe divaricate con le cosce e i polpacci in tensione continua, i piedi sulle punte’e quella maledetta canottierina che copriva proprio il punto più bello.
‘Che stronza che sei ragazzina!’ pensai.
Ad un certo punto, il movimento della mano coperta nella passera divenne frenetico, selvaggio, incontenibile, mentre con l’altra si massaggiava talmente forte i seni da farsi male.
La bocca che si apriva e chiudeva, continuamente bagnata da una lingua rossissima, mentre, se aguzzavo bene l’udito, potevo sentire chiaramente dei timidi gemiti di piacere, poco oltre i rumori provocati dai piatti sciacquati e risciacquati da Giacomo.
Era sul punto di inondare di umori la sedia. Così come io i jeans.
Fu a quel punto che Giacomo mi disse ‘Oh, finalmente ho finito! Ora possiamo uscire a fare un giro!’
Velocemente mi ricomposi, spostai la maglietta sul pacco e finsi di guardare il cellulare per non permettere che mi vedesse dritto negli occhi.
‘Puttana troia, Giacomo. Non potevi star li ancora un attimo!!!’ pensai.
Il mio amico si girò verso di me, poi avanzò oltre dicendo ‘vado un attimo in camera a cambiarmi’.
Festeggiai, potevo avere ancora qualche minuto di ‘solitudine’.
Quando mi rigirai, però, non era più sulla sedia. Forse era appena venuta ed era andata in bagno a lavarsi.
Poco dopo, la vidi tornare con un asciugamano in vita. Aveva ancora il seno scoperto. Aprì un’antina dello specchio (che scoprii essere la copertura per un armadio), quel tanto che bastava per farmi vedere il suo letto.
Vi si diresse, si sdraiò di lato dandomi la schiena. E solo a quel punto si levò l’asciugamano, rimanendo completamente nuda.
Le osservai, ipnotizzato, il rotondo sedere che si affossava nelle soffici lenzuola.
Smaniavo perché la troietta si girasse e premiasse la mia attenzione facendomi vedere la sua passerina.
‘Andiamo? Dai che facciam tardi’
Ma non lo fece.
‘Si’.andiamo va che è meglio’.’

Leave a Reply