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Giada era priva d’interessi, aveva pochi stimoli e si lamentava di continuo del suo stato caratteriale talvolta squilibrato, diventando a tratti persino aggressiva, litigiosa e prevaricatrice dal carattere difficile. Si trattava, invero, di quella sensazione di stanchezza e d’infelicità, connessa al fatto di non aver nulla da fare o alla mancanza di coinvolgimento franco e onesto, verso gli stimoli che sopraggiungevano dall’esterno. Quest’oggi campiamo in una collettività dove annoiarsi e tediarsi dovrebbe essere alquanto strano, dal momento che siamo investiti da una dinamica e da una permanente evoluzione. Una comunità zeppa di impulsi e di motivazioni, ma caso bizzarro, è proprio la noia a prevalere sull’uomo moderno dominandolo. La trasformazione continua, innanzitutto a livello tecnologico, in quanto offre l’opportunità di fruire di prodotti pronti all’uso per sconfiggere la noia. Tali stimoli vengono consumati in breve tempo e, con altrettanta facilità, ci si stanca di ciò che si ha, in quanto si desidera un’ulteriore novità per evitare d’alzarsi dal letto con l’enigma – oggi – non so che cosa fare. Così facendo, infatti, gl’innumerevoli stimoli assumono uno spessore quasi nullo: perché sono mere scappatoie e schietti sotterfugi adatti per colmare soltanto temporaneamente un vuoto interiore. Quest’ultimo si riforma velocemente e torna con maggior vigore. D’altra parte, mi viene da pensare che ai rapidi ritmi moderni, si contrappone proprio la noia, con la sua sensazione di sospensione nel tempo, come se tutto intorno rallentasse.

Giada, in effetti, per uscire dalla noia utilizzò un inedito ma efficace stratagemma, iniziò in realtà a dedicarle la sua attenzione. Appena si rendeva conto che la noia subentrava, pur momentaneamente che in modo prolungato nel tempo, lei cominciava a scrivere su d’un foglio tutto ciò che le risultava barboso, molesto e spiacevole. Giada ipotizzava di scrivere una lettera iniziando a descrivere rappresentando i motivi per i quali s’annoiava. Riempiva piano piano quella pagina, lasciando che le parole fluissero liberamente dalla sua mente al foglio. Quelle frasi sortirono ben presto il loro effetto.

Pure oggi non resisto, devo concedermi la mia placante e temprante dose personale che m’acquieta le viscere, ho la capricciosa e smaniosa fica in fiamme, la smania m’assale, ho bisogno di consolarmi da sola. Suppongo che la stragrande maggioranza delle donne si masturba strofinando il clitoride con il dito, questo lo faccio pure io con passione. Contrariamente, insomma a quanto credono i maschietti più profani e incompetenti, che immaginano la masturbazione femminile come un’auto-penetrazione. Mi piace anche eseguire occasionalmente la penetrazione con le dita, direi una variante della masturbazione classica con le dita strofinate sul clitoride. Questa, infatti, credo che possa servire a dare un brivido in più, in alternanza o in accoppiata con il ditalino tradizionale. Poi, non manca di certo quella senza dita, come faceva un mio ex, che si masturbava senza mani, strofinandosi il cazzo sul letto e ricreando l’atto sessuale. In tal modo lo faccio anch’io, perché stando a pancia in giù mi sfrego il monte di Venere contro una superficie adatta, quindi muovendo il bacino delle volte vengo. Talvolta, altresì, adopero un “vibrino”, un aggeggio differente dai consueti vibratori tradizionali, diverso dai falli artificiali. Ne ho visto uno che sembrava in tutto e per tutto un rossetto, da tenere in borsetta e l’ho acquistato. Per dirla tutta si tratta d’un micro-vibratore clitorideo, non per la penetrazione, ma solamente per stuzzicare il clitoride. E’ piccolo e comodo, utile ed efficace, in quanto passa inosservato in tasca o nelle borsette, poi cosa non da poco è che si può portare dappertutto. Queste stimolazioni sono quelle che riguardano la parte carnale e lussuriosa, quella più diretta e corporea per intenderci.

Tuttavia la parte del leone, per me ovviamente, per altre donne non saprei dire, perché ognuna di noi è diversa, la fanno i concetti, i pensieri, le considerazioni e le opinioni erotiche. Io ne ho tantissime, dal momento che sono per me una fonte inesauribile, una matrice ricchissima per quanto concerne la forma della masturbazione. Dentro me stessa, infatti, sviluppo, ingrandisco e dopo rifinisco la mia lussuriosa e incontinente eccitazione in maniere differenti. Mancherà forse l’approvazione sociale di cui godono i maschi, poiché l’eccitazione erotica passa attraverso numerosi filtri e censure. Nei maschi, invece, produce il desiderio d’avere un rapporto sessuale, mentre nelle ragazze stimola la seduzione, vale a dire la tendenza conscia o involontaria d’attirare i maschi provocando il loro desiderio. Secondo me, a un maschio basta guardare dei giornaletti pornografici per avviare le proprie fantasie sessuali, mentre a una femmina può bastare attirare uno sguardo per appagare il suo desiderio più o meno consapevole di piacere. Per concludere la differenza fra uomo e una donna, porta il maschio ad avere bisogno d’un vero e proprio supporto tattile e visivo per la masturbazione, anche se a volte pure a lui basta la fantasia, mentre la donna s’appaga anche solo sognando, immaginando.

Oggi è effettivamente una giornata identica alle altre, sputata, tale e quale, come tante d’altra parte. Con diligenza m’appronto per uscire, perché il lavoro d’ufficio m’attende. Ho ancora un’ora di tempo, nel frattempo mi preparo per la doccia, sfilo l’accappatoio ed entro, faccio scorrere l’acqua calda e i vetri della cabina iniziano ad appannarsi con il vapore. Nello specchio osservo la mia figura riflessa, il mio seno e voluminoso e tondeggiante, con dei piccoli capezzoli che sfioro appena diventando subito irti. Adoro squadrarmi il seno, lo esamino soddisfatta e mentre lo cingo vedo il resto del mio corpo. Non sono vistosa né appariscente, ma morbida e sensuale sì, perché in conclusione mi piaccio anche così.

Le mie anche sono corpulente e tondeggianti, procaci affermerei, deformabili d’accarezzare nell’amore, e sotto più giù, un folto cespuglio che termina sul clitoride, mentre il resto è rasato. E’ un passatempo interessante essere essenziale e sguarnita laggiù, un diletto per sentirmi attaccabile e incustodita come una fanciulla, ciò nonostante disinvolta e aperta, come una femmina che dona tutta se stessa al primo sguardo.

Ricordo bene la prima volta che lo feci, il cuore mi batteva fortissimo nel petto e man mano che vedevo la mia femminilità scoperchiata, il mio sguardo nella specchiera s’annebbiava d’un benessere inconsueto ed estraneo, perché percepirsi esposta, spogliata e brulla, è bizzarro, ma al tempo stesso enormemente stuzzicante e ispirante. Mentre m’osservo e rifletto, le mani si muovono lungo il corpo, gli occhi si chiudono e comincia fluire la reminiscenza d’un passato cortometraggio già visto, ma ormai trascurato. L’accappatoio scivola sul pavimento, alle mie spalle sento la porta che s’apre, non mi giro, so chi è, perché nel completo mutismo s’avvicina e spostandomi i capelli dalla schiena inizia a baciarmi sul collo e lungo le spalle, la sua bocca scorre flemmatica e sfumata su tutta la mia schiena, facendomi sussultare e rabbrividire. Mi cinge da dietro e avverto il suo corpo svestito addossarsi al mio, lo sento compatto che pigia contro la mia schiena e una vampa comincia a infagottarmi, salendo dal basso sempre più in alto. Frattanto che continua a sfiorarmi il collo, le sue mani mi toccano davanti e mi fasciano il seno e con i polpastrelli afferra i capezzoli, lo fa con una mossa delicata ed energica al tempo stesso, perché sa che così mi piace, intanto che libidinosamente mi sfugge un gemito che io reprimo tra le labbra socchiuse.

Lui prosegue nella carezza e scende giù lungo l’addome, girovaga sui fianchi riempiendomi di carezze, la sua bocca m’addenta il collo, dopo procedendo si blocca tra le gambe. Io colgo il suo sbalordimento nel sentire per la prima volta quella nudità in me, e con un sospiro più forte degli altri sfiora la pelle delicatamente, quasi nel voler capire che cosa simboleggi quel gesto per me e per lui. Un’euforia inedita e inattesa, i sensi entusiasmati dall’originalità mi fanno ribollire in tutto il corpo, un solo trambusto si propaga nell’aria: è quello del mio cuore che batte nel petto facendo martellare la testa.

Io mi sento inaspettatamente scompaginata e accalorata, mi giro, ci contempliamo dritti negli occhi intervistandoci su cosa esattamente proviamo, tuttavia gli occhi ormai non vedono più, sono abbondantemente offuscati da un’invasata smania, che sembra compilata nei nostri cervelli e che ci comunica solamente una voglia istintiva e antichissima, affermerei primitiva. Ci baciamo appassionatamente, con le lingue che si rintracciano, che si vogliono, perché ogni bacio incendia in me un ardore senza sosta.

In silenzio e senza staccare le nostre bocche, entriamo nella doccia e sotto il getto dell’acqua calda iniziamo il balletto dei sensi. Le sue mani percorrono il mio corpo, si fermano sui miei seni e la bocca bacia i capezzoli duri e desiderosi d’attenzioni, non sazi del tutto. Io gli blocco le mani, perché lui indugi ancora là, mi piace, mentre i sospiri vengono smorzati dallo sgocciolamento dell’acqua che scorre. La bocca non si ferma, prosegue nel suo cammino, come seguendo un fiume caldo che scorre verso il basso e trova un’insenatura cedevole e passionale di piacere, nella quale immergere la lingua. Non esistono recinzioni né sbarramenti fra le sue labbra e le mie. Io m’accosto contro il muro e sollevo una gamba sulla sua spalla per dargli modo d’agevolarlo, un fuoco m’usurpa e avverto le sue dita che cercano, bagnandosi in ultimo del mio intimo piacere. La sua lingua gioca con il clitoride teso e smanioso, le mie mani affondano nei suoi capelli per fermarlo mentre io gli annuncio:

Aspetta, è bellissimo, però non desidero che finisca adesso. Voglio attendere ancora. Non voglio che il mio piacere esploda così”. 

Allora lui si stacca da me e ci baciamo ancora tenendoci il viso con le mani come se non volessimo sfuggirci, come se il dolce sentirsi uno dentro l’altro delle nostre lingue non dovesse mai finire. Volevo essere io a baciarlo, era bellissimo, un corpo perfetto e snello, guardarlo così carnoso e fremente solamente per me, mi faceva sentire bellissima e desiderata, così per ricambiare quel desiderio inizio a baciarlo. Lo agguanto fra le mani e lo accarezzo piano aprendolo lentamente e mi riempio la bocca di lui che si sente sbatacchiato come da un’onda, dopo m’accarezza le spalle, la lingua procede indolente su e giù per tutta la sua estensione, pigliandolo tutto fino a farlo arrivare in fondo.

Io bramo che senta il mio desiderio e la mia passione per lui, che diventa più grosso a ogni tocco della mia lingua sulla punta, però lui mi blocca, E’ tempo di sentirci uniti e chiudiamo il rubinetto dell’acqua, m’accosto al muro per sostenermi, mentre lui m’accerchia le natiche con le mani, sollevo una gamba e lo lascio entrare adagio, finché non lo sento introdursi completamente in me. La danza dei nostri corpi, dapprincipio rilassata diventa in seguito vorticosa, io comincio a muovermi più speditamente, lo avverto costantemente ingrossarsi, mentre le gambe tremano per il piacere e per la posizione.

I suoi gemiti mi sbaragliano, il suo respiro mi sradica, io inizio a strillare e a ripetere frasi oscene e scurrili: dai spingi, sfondami, fammelo sentire, sì, così, ancora, ti voglio, non fermarti, ecco, vengo, sì, mentre il mio addome si sconquassa turbandosi in quel poderoso e travolgente orgasmo, poiché sento un torrente impetuoso irrompermi dentro, accompagnato da uno strillo di soddisfazione e di letizia, che mi rimbomberà nel cervello per giorni.

Dopo sdruccioliamo sul fondo traballanti e frementi ancora appiccicati l’uno all’altro, ci baciamo godendoci ancora gli ultimi focosi spasmi del vicendevole lussurioso appagamento, ricominciando a respirare adagio e spalancando la porta della doccia per far entrare aria fresca sui nostri corpi bollenti. Ci squadriamo negli occhi e principiamo e ridere e a baciarci gioiosi ed esultanti come due frugoletti, mentre la risonanza delle risate s’affievolisce pigramente come portate via dal vento.

In quell’istante riapro gli occhi e mi ritrovo sul fondo della doccia da sola. Il cortometraggio è scomparso, è sfumato, mentre le mie mani ancora percepiscono il netto contrarsi dell’addome di quel veemente, ma scosso e travagliato orgasmo solitario. Mentre il mio cuore riprende a rabbonirsi, alcune lacrime scivolano giù mescolandosi all’acqua della doccia, che era rimasta aperta e a questo punto diventata naturalmente fredda.

Una deliziosa e incantevole reminiscenza del nostro focoso e impareggiabile amore, unicamente un’amabile e un’affranta cicatrice che riemerge, accompagnandomi per il resto della giornata. Dove sei caro amore mio?

Subito dopo mi drizzo e m’insapono rapidamente, ho tergiversato attardandomi e frenandomi fin troppo con i pensieri, stamattina il lavoro m’attende, accidenti, pure oggi farò tardi senz’altro.

Una giornata come le mie consuete d’altronde, precisa, sputata, somigliante in tutto, tale e quale come molte altre.

{Idraulico anno 1999}

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