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Racconti Cuckold

Basta!

By 15 Febbraio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Basta! Non ce la facevo più! Un vero ‘anno horribilis’ mi aveva stroncato, aveva scosso le mie certezze nel più profondo di me e, ciliegina sulla torta!, anche un ‘filotto’ di sfighe assortite mi aveva lasciato basito, quasi stupito di essere, nonostante tutto, sopravvissuto.
Mi veniva in mente la prima frase di un romanzo di Emmanuelle Arsan, autrice della saga di Emmanuelle tanto cara a quelli della mia generazione, che diceva ‘Ormai anche la masturbazione, in città, mi faceva tossire”
Ecco: mi sentivo proprio così: con un disagio diffuso, crescente, una totale insofferenza e voglia di cambiare: cambiare ritmi, facce, riti, luoghi’ aria, in una parola.
L’anno era appena cominciato ed il mio fisico anelava al caldo ed al sole di cui, nell’ultima estate, non aveva potuto godere per un coacervo di casini e complicazioni; per cui mi infilai in un’agenzia di viaggi e diedi all’impiegata due parametri: una sola settimana (i miei impegni non mi permettevano una ‘fuga’ più lunga) e CALDO!
Una rapida ricerca nei fax, dopo qualche domanda mirata a capire meglio i miei gusti, le fecero trovare un luogo che non avevo mai sentito: un ‘villaggio’ a Marsa Alam.
‘E dove diavolo &egrave?’
‘E’ sulla costa continentale dell’Egitto, sul Mar Rosso’
Prese una carta geografica e mi indicò un certo punto.
Per me, mare+Egitto era Sharm o luoghi lì intorno e non avevo mai neanche pensato che potessero esistere luoghi al fuori del Sinai; anzi, non mi ero mai proprio posto il problema e basta’
Feci una riflessione sui rischi di terrorismo, ma giunsi alla conclusione che &egrave molto più ‘vistoso’ un attentato fatto a Sharm od in un’altra famosa località, piuttosto che in un luogo semisconosciuto.
Il pacchetto di volo A/R, soggiorno di sette notti ‘all inclusive’ (tre pasti al giorno, più spuntini e bevande analcoliche a volontà) era offerto ad un cifra ‘complice anche la bassissima stagione!- decisamente molto interessante, per cui accettai.
Il sabato fissato per la partenza, sarei partito alla volta di Malpensa per imbarcarmi sul volo che, dopo quattro ore, mi avrebbe scaricato sulle rive del Mar Rosso, ma nell’attesa attinsi alle mie ultime riserve di energia nervosa, tanto da dubitare di arrivare vivo alla data della partenza.
Il crollo della mia autostima, poi, aveva sgombrato la mia mente da ogni fantasia di conquista femminile e, per godermi una settimana di ricarica e rigenerazione, saccheggiai gli scaffali della mia libreria di fiducia, immaginandomi a rosolare tranquillamente al sole in compagnia di buone letture, tra una nuotata e l’altra.
Erano previste diverse escursioni; alcune che comportavano anche oltre le quindici ore di pullman -decisamente molto al di là della mia sopportazione e parecchio al di fuori del mio concetto di relax e divertimento!-, altre che invece mi intrigavano, come due escursioni nel deserto: una a dorso di cammello ed un’altra in sella a dei quad, quelle buffe moto a quattro ruote.
Dicevo, quindi, che partii il sabato per andare a Malpensa e, a pochi chilometri dall’arrivo, mi fermai a fare il pieno alla mia auto (o meglio, un’auto che ho provvisoriamente, in attesa che la mia venga riparato per un grosso guasto), alla colonnina del self-service.
Scesi, mi stiracchiai, aprii il tappo, presi la pompa e cominciai a premere la leva della pistola che però, stranamente, non ‘affondava’ dentro il bocchettone, ma restava appena appoggiata.
Smisi il rifornimento e riflettei sulla stranezza di quel bocchettone’ poi capii: stavo facendo rifornimento DIESEL in un’auto a BENZINA!
Mezzo litro diesel su quaranta di benzina non sono un dramma, ma mi avvilii ancora di più: ero decisamente scoppiato!
Arrivato al parcheggio fuori dall’aeroporto, decisi di ridurre il volume dei miei bagagli lasciando in auto il giaccone (tanto la navetta del parcheggio mi avrebbe portato al terminal!), salii sul pulmino del parcheggio ed, in dieci minuti, mi trovai ad attendere nell’area gruppi la consegna del biglietto aereo per poi poter fare il check-in.
Distrattamente, misi le mani nelle tasche della felpa che indossavo ed ebbi un sussulto: non avevo sentito il rassicurante ingombro della mia macchina fotografica digitale, mia abituale compagna.
Mi rasserenai, ricordando che non l’avevo nella felpa in quanto era nel giaccone che’. Occazzo!!!! Era restato in macchina!!
Così, appioppai la mia valigia ad una famigliola in paziente attesa accanto a me, presi un taxi, tornai al parcheggio e recuperai l’apparecchio, ovviamente bestemmiando tutto il tempo.
Alla fine, quando dio volle, ci imbarcammo e, dopo quattro ore, raggiungemmo il Marsa Alam International Airport.
Da lì, un’ora di pullman e raggiungemmo, alla fine il resort.
Il tempo di una rapida doccia i camera e poi a cena, prima di andare nel teatro per avere tutta una serie di utili informazioni, anche se la cosa mi pesò non poco.
Il giorno dopo, finalmente, cominciai la vacanza come-dico-io: allungato su un ‘lettino’ in spiaggia, con il sole, un buon libro e nessuno tra i piedi, scacciando -anche se con educazione- quei poveri cristi degli animatori che cercavano di coinvolgermi in attività varie.
Dopo tre giorni, mi ero ricaricato un pochino ed avevo anche fatto la cammellata nel deserto, cominciando quindi a familiarizzare ‘il minimo indispensabile!- con altri ospiti.
Continuavo a non voler nessuno tra i piedi, ma ovviamente notai la famigliola coi due maschietti piccoli, il vecchio che-sapeva-tutto-lui, la signora-così-chic e via elencando, divertendomi quanto mi diverto, di solito, a osservare gli altri.
Il quarto giorno, la motorata; dopo un viaggio di quaranta minuti, siamo scesi dal pullman ed abbiamo raggiunto lo schieramento dei ‘nostri’ quad: dodici rossi per due persone e 2 verdi per me ed un altro, da soli.
Indossate sciarpe e occhiali ed allacciati i caschi, abbiamo avuto dieci minuti per familiarizzarci con quei ‘cosi’ e poi, formato il convoglio, siamo partiti.
Dopo un chilometro o due, mi sentivo abbastanza padrone del mezzo, perciò cominciai a rilassarmi ed a divertirmi davvero.
Facemmo alcune soste in punti particolari e durante una di queste avvenne una cosa che diede inizio alla parte davvero divertente della vacanza.
Ci eravamo fermati in un uadi (letto prosciugato di un antico corso d’acqua), ai piedi di un’alta duna di sabbia finissima ‘come lo zucchero!-, incuneata tra due blocchi di roccia, e quasi tutti decidemmo di scalarla per la quindicina di metri della sua altezza.
Arrivati in cima, godemmo del panorama, molti di noi scattarono foto e poi ricominciarono a scendere.
Decisi di aspettare che scendessero quasi tutti, per fare una panoramica dei quad e della gente accanto e perciò, scattata la mia foto, scesi con attenzione nella sabbia cedevole.
Arrivato in fondo, mi fermai per valutare un’altra inquadratura e mi sentii spingere via un piede, cadendo a sedere sulla sabbia.
Sorpreso, vagamente spaventato ed un briciolo irritato mi girai con un feroce ‘Eccheccazzo!’, scoprendo che una donna scivolandomi addosso, mi aveva fatto perdere l’equilibrio.
Lei mi guardò con espressione contrita e colpevole, mentre il marito si profuse in scuse, chiedendomi di perdonarli, perché aveva ‘lei- perso l’equilibrio.
Non mi sembrava una cosa così grave, in fondo, per cui sorrisi alla coppia, dicendo che ero stato brusco solo per la sorpresa.
Poi rimontammo in sella e ripartimmo ma, mentre andavamo, un angolo della mia mente rifletteva sul banale episodio.
Richiamai alla mente il loro aspetto: intorno ai cinquanta, lui alto e con la barba corta, brizzolata come i capelli, fisico ipotonico da travet, molliccio: lei piccolina, con un bel sedere ed un discreto seno ‘ricordavo di averli visti in spiaggia- ed un’aria da peperina’
Mi aveva colpito l’espressione colpevole, quasi succube di lei e il profondersi in scuse perfino eccessive di lui per un banale… errore, in fondo, fatto da lei.
Un tarlo mi si insinuò nella mente e mi trovai a sorridere’

L’ultima sosta, prima di tornare al pullman, fu presso dei nomadi, dove prima assistemmo alla preparazione del pane arabo su una pietra e poi il lavoro di filatura e tessitura nel quale erano intente le due figlie nubili.
Alla fine, entrammo in una tenda e ci sedemmo tutti in giro, su bassi cuscini, dove ci venne servito un bicchiere di dissetante té alla menta, carico e bollente.
Mentre gli altri si attardavano a valutare l’acquisto di tappeti e monili prodotti dalla piccola tribù, fui tra i primi a sedermi e vidi, a poco a poco, occuparsi tutti i posti.
Alla mia sinistra, ad una quarantina di centimetri, venne a sedersi una tipa ossigenata e starnazzante, accompagnata dal marito con la tipica espressione della vittima di tale esuberanza verbale; a destra, invece, venne alla fine a sedersi la famosa coppia.
Lui si sedette per primo e mi resi distrattamente conto, con la coda dell’occhio, che si era seduto ‘comodo’, rispetto alla persona alla sua destra, tanto che la moglie si sedette nello stretto spazio tra me e lui, praticamente a contatto con la mia coscia.
Mi guardò con un’aria imbarazzata, feci balenare un rapido sorriso e mi spostai di una ventina di centimetri, per non lasciarla pressata tra me ed il marito.
Lei mi ringraziò con uno sguardo timido e si scostò un pochino da lui, restandomi sempre molto vicina ed incrociando le caviglie.
Uhmm… Possibile?
Incuriosito, allargai un pochino le ginocchia, fino a venire a lieve contatto con la sua gamba: nessuna reazione.
Allora mossi come casualmente la gamba e lei non si sottrasse allo sfioramento.
Volsi lo sguardo verso di lei e vidi che mi guardava con uno sguardo… modesto, quasi vergognoso… succube, ecco!
Osai: la mia mano le strinse brevemente il ginocchio e le feci un sorriso sicuro, da ‘macho’.
Mi rispose con un sorriso timido.
Distogliendo lo sguardo, incrociai quello del marito, che era di accettazione ed approvazione.
Possibile mai…?
Ero perplesso, ma la mia vacanza rigeneratrice si apriva, forse, a prospettive decisamente divertenti.
Decisi di ignorarli ma, muovendo la testa ogni tanto, percepivo con la coda dell’occhio i loro sguardi vagamente ovini su di me.
Fuori restai con un’espressione impassibile, la mia tipica faccia-da-poker, ma dentro di me stavo sorridendo, immaginando gli sviluppi e le mosse del gioco.
Alla fine, tornammo al pullman e decisi di ignorarliper tutto il viaggio.
Tornammo al resort che erano passate le otto da un po’: appena il tempo di andare in camera, farsi una doccia per levarsi di dosso la polvere e sbrigarsi a raggiungere il ristorante e cenare, prima che chiudesse.
Per cui, salutai con un rapido cenno della mano alcuni miei compagni nell’avventura e, li ad una ventina di minuti, entrai nella sala da pranzo.
Cominciai subito a girare tra i vari tavoli del buffet, facendomi un’idea di cosa mangiare ed alla fine scelsi una porzione di ravioli di magro, come primo.
Posai su un tavolo vicino al tavolo della pasta il mio piatto ed andai a prendermi da bere.
Tornato che fui, ebbi la sorpresa (?) di trovare la coppia seduta al mio tavolo.
‘Disturbiamo?’ mi chiese lei, sempre con quello sguardo modesto.
‘Ma no, figuratevi… ah, io sono Giorgio, piacere!’
‘Io sono Loretta e lui &egrave mio marito, Gino; piacere mio’
Cenammo, scambiandoci le solite banalità e intanto io li osservavo; lui indossava un paio di pantaloni sportivi con una polo e, sulle spalle, un golfino -la sera faceva freschetto!-mentre Lorella indossava una minigonna di tessuto mimetico (parecchio mini, ad onor del vero; considerando però che aveva gambe piacevoli da guardare, la cosa non mi disturbava per nulla… anzi!) ed una spessa maglia attillata e con scollo a V, con sopra un giubbotto senza maniche.
Commentammo l’escursione, chiacchierando anche di banalità; veni a sapere che abitavano in Friuli e che erano una commessa ed un impiegato comunale ed avevano due figli, lasciati ai nonni.
Parlando, tra una forchettata e l’altra, li studiavo; mi incuriosivano ed intrigavano i loro sguardi: modesto, quasi umile, quello di lei ed assolutamente servizievole lui tanto che, quando posai il bicchiere vuoto, lo prese con occhi imploranti ed, ad un mio breve, stupito cenno del capo, si alzò per andare a riempirlo al dispenser refrigerato.
Approfittai dei pochi istanti per sondare Lorella: ‘Ti trovo sexy… ma mi sembri… troppo attaccata a Gino, ecco!’
Lei sembro inorridire! “”No, no, ti giuro: mi concede la massima libertà, lui!!! Non &egrave per nulla impiccione o geloso, anzi…’
‘Anzi?’ chiesi, in tono inquisitorio.
Lei arrossì, di colpo e farfugliò una risposta: ‘Ma no, nulla… Gino &egrave un mite, ecco!… Lui non vuole mai avere problemi, con le persone…’
Lupus in fabula, il marito arrivò col mio bicchiere colmo di acqua frizzante (gli alcolici come il vino o la birra erano a pagamento, a differenza delle bevande non alcoliche, calde o fredde: ottimo sistema, in un paese mussulmano, per limitare lo squallido spettacolo degli ubriachi) ed in tono servizievole mi disse: ‘Ci ho messo anche una fettina di limone, ma se non ti va, te ne vado a prendere un altro bicchiere, senza’
Lo ringraziai con una certa sostenuta freddezza, lontana dalla mia abituale affabilità, ma ero in vena di fare… esperimenti.
Lui, difatti, scodinzolò tutto contento per la mia degnazione e si sedette con uno sguardo come se mi chiedesse permesso.
Avevo cominciato la cena un pochino prima di loro e, pessima abitudine!, ho sempre mangiato rapidamente, tanto che finii di sbafare i quattro ‘assaggini’ presi dal tavolo del dessert, mentre loro affondavano per la prima volta il cucchiaino nei loro.
Normalmente, avrei educatamente atteso che finissero di cenare, conversando piacevolmente, ma come ho detto, una certa idea si era insinuata nella mia mente; per questo, esclamai: ‘Adesso ho proprio voglia di un bel caffé…’ Loro si bloccarono, con le posate a mezz’aria, guardandomi con sguardo colpevole.
I dolci preparati al villaggio erano molto buoni e le quantità che avevano messo nei loro piatti, facevano capire quanto i due gradissero le produzioni del pasticcere, ma io decisi di essere carogna: ‘Dai, accompagnatemi giù al bar, a prendere il caffé, forza!’
Gettarono un breve sguardo di rimpianto alle porzioni di dolce, ma si alzarono subito e mi seguirono ubbidienti fuori dalla sala, fino al bar accanto alla piscina.
Prendemmo il caffé e poi alzai lo sguardo al cielo: ‘Che bel cielo stellato… l’ideale per una passeggiata romantica, no?’
Annuirono, con un timido sorriso speranzoso; ma avevo preso la mia decisione: ‘Lorella, dai: accompagnami!’
‘Io?’ cinguettò con un sorriso.
‘Sì, io e te, da soli… Gigi potrà benissimo aspettarci in camera vostra, guardando la tv…’
O la va, o la spacca…
‘Sì, certo… come preferisci!’ Bingo! Andata!
Così presi Lorella sotto braccio ed andammo verso la spiaggia, mentre Gino, con aria mesta, si dirigeva verso i bungalow.
Arrivati in spiaggia, ci sedemmo su un lettino e ci godemmo lo spettacolo dello spicchietto di luna che sorgeva oltre la laguna.
Mentre guardavamo, le misi una mano appena sopra al ginocchio, con fare deciso e le divaricai leggermente le cosce; lei lasciò fare.
Risalii fino all’intimo e scattai in piedi, contrariato: ‘Non ci siamo, Lorella: se vuoi le mie attenzioni, devi prima di tutto essere come ti voglio io: sempre senza intimo!’
Lei, con espressione contrita, mise le mani sotto la gonna ed, armeggiando un poco, si levò il perizoma.
‘Brava! -dissi, restando in piedi davanti a lei- Meriti un premio!’ Mi abbassai la zip del pantaloni sportivi e lei allungò la mano per estrarmi il cazzo, ancora mezzo mollo, poi allungò il collo e cominciò a succhiarmelo.
Si impegnava la piccolina, tanto che le sue leccate a lingua larga intorno alla base della cappella, che teneva pudicamente scappucciata con due dita, migliorarono rapidamente la mia erezione; quando fui completamente eretto, aprì bene la bocca e se lo fece arrivare fino in gola, aspirandolo e leccandolo al contempo con la linguetta guizzante.
Con gesti pigri, indifferenti, infilai la mano nella scollatura della maglia, afferrai il centro del reggiseno e detti uno strappo violento, facendola precipitare contro il mio pube e stracciandole l’indumento.
Lei si ritrasse, quasi soffocata dal cazzo che le era arrivato fino in gola, ma io la obbligai nuovamente a succhiarlo, spingendole la nuca con la mano.
Con l’altra, feci uscire i suoi seni flaccidi dalla scollatura e poi strinsi dolorosamente i capezzoli, facendola contorcere dal male.
Decisi che non avevo più voglia di farmi sbocchinare da lei, perciò le sfilai l’uccello dalla bocca e la feci alzare, tenendola per i capelli.
Come fu in piedi, allungai la mano ed andai a spingerle un dito nella fica, trovandola -come avevo supposto- bagnatissima.
‘Voglio sbatterti!’ Le dissi.
Lei annuì, con lo sguardo contento da cucciolo adorante e fece per spogliarsi, ma io la bloccai con un gesto: ‘Fa freschetto, qui… Rivestiti, che andiamo in camera… camera vostra, intendo’
Mi guardò, perplessa: ‘E Gino…?’
‘Gino si renderà utile in qualche modo e, alla peggio, guarderà e imparerà qualcosa!’
Lei annuì, perplessa e mi condusse alla loro camera.
La chiave era nella porta, perciò entrammo e trovammo Gino seduto sul letto ad una piazza e mezzo verso la portafinestra, che si guardava il TG alla tv satellitare.
Sobbalzò, vedendoci entrare e ci guardò con sguardo colpevole.
‘Comodo, Gino, non ti disturbiamo… Lorella ha voglia di farsi montare da me, ma ci arrangiamo sull’altro letto, tranquillo!’
Mi guardò con aria sollevata.
‘Però… -mi guardò con aria preoccupata- … dovresti proprio escludere l’audio: mi disturba…’
Si precipitò a premere il tasto ‘Mute’ sul telecomando ed io mi girai verso Lorella, guardandola con espressione irritata; lei mi guardò confusa, poi cominciò a spogliarsi: prima si levò il giubbotto, poi afferrò il bordo della maglia… ‘No, aspetta: levati prima la gonna!’
Obbedì e potei vederle le gambe, i fianchi con un pochino di cellulite, il ciuffetto pubico e, quando la feci piroettare su di sé, il culo.
Le feci segno di continuare e si tolse la maglia ed l reggiseno stracciato, restando infine nuda.
I seni le pendevano un po’, il culo ed i fianchi erano assaliti dalla cellulite ma, all’uso, era abbastanza appetitosa.
Mi gettai sul letto e le imposi di spogliarmi.
Mentre procedeva, incrociai lo sguardo famelico di Gino e pensai rapidamente ad un qualcosa anche per lui: ‘Mi da fastidio essere guardato da uno vestito: alzati da quel cazzo di letto, spogliati completamente e poi accucciati buonobuono sul tavolo… e se provi a toccarti, ti taglio le mani!’
Impaurito, eseguì senza dire una parola e, alla fine, mi feci portare la nerchia al massimo splendore dalla sapiente bocca di Lorella.
Pronto che fui, le dissi di venirmi sopra ed impalarsi, lentamente.
Obbedì ed io mi sentii sprofondare nella sua fica fradicia, mentre il misero cazzetto di Gino ondeggiava in preda ad un tentativo di erezione…

FINE PRIMA PARTE

Come sempre, graditi commenti e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it Lorella si muoveva con sapienza e la sua fica bollente massaggiava sapientemente il mio cazzo, mentre me ne stavo sdraiato sul letto e osservavo le sue tette ballonzolare assecondando la danza dei suoi fianchi sul mio pube.
Il mio istinto mi aveva, ancora una volta, pilotato verso una vera porca da letto; l’idea, poi, di sottometterla davanti ed insieme al marito era decisamente intrigante…
Gettai un’occhiata verso Gino, a proposito: era sempre lì, accoccolato sulla scrivania, nudo, a guardarci sbavante e col cazzetto dritto; glie lo valutai in poco più di quindici centimetri: madre natura, con me, era stata decisamente più generosa, dandomi una dotazione di dimensioni… interessanti, pur senza fornirmi di un uccello dalla taglia eccessiva che, all’atto pratico, potrebbe spaventare donne normali.
Ero soddisfatto di come Lorella trattasse il mio cazzo con la bocca ed anche il suo modo di usare i muscoli vaginali erano efficaci, per donare piacere ad un uomo ma… e il culo?
Decisi magnanimamente di lasciarla raggiungere il piacere al quale era ormai prossima e poi…
‘Tirati su, troia, che voglio incularti alla pecorina!’
Lei, tutta affannata e coperta da un velo di sudore, annuì sorridendo, si sfilò e si inginocchiò sul letto, ubbidiente.
Le andai dietro e, senza altra lubrificazione che i suoi umori vaginali, la inforcai, con un unico movimento fluido, né troppo rapido, né troppo veloce.
Disse solo ‘Oh!’, quando sentì i miei grossi coglioni sbatterle sulla fica, poi l’afferrai per i fianchi e la pompai, cambiando in continuazione velocità, direzione e profondità, in modo da rimestarla tutta, come fosse un paiolo di polenta…
Sentii dopo un po’ l’onda del piacere salirmi dentro e decisi di farla esplodere insieme a me: perciò intrufolai una mano aggirando la coscia a cercarle il clitoride mentre, rimbalzando con le mie cosce contro le sue, l’altra mano le titillava un capezzolo.
Fu così ci trovammo a gemere insieme, mentre il mio sperma le dilagava nell’intestino.
Mi scostai dopo aver ripreso fiato ‘ i cinquant’anni pesano…- ed il cazzo, ormai mollo, le scivolò fuori.
Lei si girò e mi fece un sorriso felice; decisi di gratificarla con un caldo sorriso ed un tenero bacio sulla guancia.
Poi andai in bagno a sciacquarmi.
Finito che ebbi, anche lei si rinfrescò e quando uscì stavo finendo di vestirmi.
Gettai uno sguardo ironico a Gino, sempre appollaiato sulla scrivania: ‘Gran porca, Lorella! E’ davvero brava, a letto e vedo… -dissi, indicandogli il cazzetto ancora irrigidito- … che anche tu ti sei divertito!’
Mi girai verso di lei, mi abbassai per baciarla in bocca, stringendola un pochino a me e con un ‘Ok, ci vediamo domani!’, li salutai e tornai nella mia camera.
Mi misi a letto, presi il libro per leggere qualche pagina, in attesa di essere travolto dal sonno, ma mi trovai a sorridere: la coppietta era interessante e una qualche vaga idea cominciava a farsi strada, dentro di me, per i giorni a seguire…

Mi svegliai alle nove e, dopo un quarto d’ora, entrai nella sala da pranzo per farmi una robusta e tranquilla colazione.
Ormai cominciavamo a conoscerci di vista un po’ tutti e, seguendo il trend lanciato dagli animatori, era un continuo scambio di ‘Buongiorno!’
Al di là della leggera noia di salutare praticamente una volta al minuto, mi divertiva vedere quanto certa gente, dall’aria decisamente scorbutica, fosse trascinata in questo vortice di saluti: gente che probabilmente a casa non salutava un cristiano manco a morire…
Riflettei brevemente che il mio umore stava migliorando… Merito della vacanza od anche di aver beccato i due? Boh!
Andai in spiaggia e l’inserviente egiziano mi sistemò il lettino col cuscino ed il telo di spugna, poi mi sistemò il paravento (vento freddino, sulla pelle nuda, in piedi: ma allungati li dietro, invece, ci si rosolava come papi…) mi portò un tavolino col portacenere pieno di sabbia (Tutto il villaggio era pieno di cestini e portacenere: ogni tanto facevano il giro, levavano i mozziconi e così anche il più maiale si sarebbe vergognato di buttare una cicca in terra…) e mi augurò buona giornata.
Passai un’oretta tranquilla a leggere od a guardare ammirato le evoluzione dei kite surfers, gente che faceva surf nella tranquilla laguna, trainata da una specie di paracadute.
Dopo un’oretta vidi avvicinarsi un’animatrice, mentre dal bar lì vicino cominciava la musica; da lontano le feci un sorriso e segno che no, che non volevo unirmi alle attività: ero lì per QUIETARE!
Lei capì l’antifona, rispose al sorriso e veleggiò verso altra gente.
Stavo leggendo una parte abbastanza complessa, quando sentii un ‘Ciao Giorgio, buongiorno!’ con la voce cinguettante di Lorella.
Alzai gli occhi e li vidi ad un paio di metri da me; decisi che, visto che apprezzavano i modi ruvidi… ‘Buongiorno a voi! Sto leggendo una cosa un po’ complicata -dissi, mostrando la copertina del libro storico- Ci vediamo a pranzo, alle 13 in punto, va bene?’
Riabbassai subito lo sguardo, cercando il segno e disinteressandomi visibilmente di loro, che subito si dichiararono d’accordo e se ne andarono da un’altra parte.
Stavo considerando l’eventualità di fare due passi nell’acqua bassa della laguna, poco prima di mezzogiorno, quando si avvicinò un inserviente egiziano vestito della tuta d’ordinanza.
In un italiano accettabile, mi chiese se volevo sottopormi ad un massaggio.
Riflettei rapidamente e mi informai: i massaggi li faceva nel suo ‘atelier’, nel blocco dove sono tutti i vari negozietti del resort.
Mentre mi informavo sulle tariffe e le prestazioni, lo studiavo: alto, piuttosto scuro di carnagione, bel fisico, sguardo orgoglioso (non come buona parte del personale lì, pagato tra l’altro due soldi!), sicuro di sé e della propria abilità.
Ero tentato per via un certo piccolo, costante, noioso indolenzimento alla schiena, ma poi mi venne l’idea!
Prenotai per le 15 pensando che avremmo goduto di un paio d’ore tranquille, visto che grazie all’ora ‘legale’ usata nel villaggio, anche a gennaio si riusciva a stare in spiaggia fino a poco oltre le 17 e gli ospiti presenti in quel turno erano proprio pochi.
Mamoud, il massaggiatore se ne andò un po’ perplesso, ma avevo fatto i miei ragionamenti e quindi io sorridevo, divertito.
Alle 13, ci trovammo in sala da pranzo; mangiammo, chiacchierammo un poco e poi, ai dessert, buttai lì: ‘Oggi pomeriggio, Gino, ti do mezza giornata di libertà: Lorella alle 15 viene con me, in un posto.
Lui era spiazzato, probabilmente per nulla felice del mio imperio, ma si guardò bene dal protestare.
Lorella, invece, mi guardava con gli occhioni sgranati, pieni di curiosità e aspettativa.
Dopo il caff&egrave preso sul bordo della piscina, li congedai, precisando a lei che ci saremmo visti alla reception e che doveva indossare solo una minigonna, una maglietta i sandaletti e null’altro sotto.
Poi, regalmente, tornai alle mie letture sul lettino, in spiaggia.
Alle tre, incontrai Lorella.
Le sorrisi, con aria complice e a braccetto andammo nella palazzina dei negozietti.
Bussammo all’atelier dei massaggi e subito Mamoud ci accolse, sorridente: finalmente aveva capito perché avessi prenotato per due persone!
Chiesi un massaggio solo alla schiena per me ed uno completo per Lorella e lui, allora andò a chiamare il suo collega.
Dopo pochi minuti, tornò con Ahmed, un sudanese molto più scuro e ben piantato di lui, alto almeno dieci centimetri più di me -che pure sono poco meno di uno e novanta!- e che aveva uno splendido sorriso strafottente.
Ci dissero di levarci gli abiti -indossavo solo una polo ed un paio di short, sopra al mio Speedo da nuoto- e di allungarci sui lettini, divisi da una tenda.
Con un’occhiata feroce, feci capire a Lorella di fare quanto richiesto, poi feci un sorriso complice ai massaggiatori ed infine andai nella mia metà dell’atelier, mi levai i due indumenti e mi stesi a pancia sotto.
Subito le mani di Mamoud cominciarono a sciogliermi i muscoli, a muovermi le vertebre una per una, deliziosamente!, mentre immaginavo Lorella nuda sotto le mani del sudanese.
Sentivo il tipico ciaccolio delle loro dita sulle nostre pelli cosparse di olio profumato e, dopo un pochino, sentii che i due si scambiavano qualche frase, ovviamente in arabo, e facevano qualche risatina.
Evidentemente, lo scenario che avevo immaginato si stava realizzando… Sorrisi.
Nel frattempo, i massaggiatori, parlavano e ridacchiavano tra loro sempre più spesso, come se avessero preso maggiore sicurezza.
Sentii le mani di Mamoud che, dopo avermi massaggiato all’altezza delle reni, cominciavano a massaggiarmi i glutei e, devo dire, la mia condizione era a quel punto di assoluto benessere, beatamente ad occhi chiusi.
Sentendo le sue dita che sfioravano il bordo del costume ‘e pensando divertito che Ahmed non aveva lo stesso impiccio sulle natiche di Lorella- mi inarcai ed abbassai lo slip da bagno fin sotto le natiche.
Le sapienti mani dell’egiziano mi massaggiavano i glutei, ora, ed erano arrivate alla sommità delle cosce; sentii le sue dita andavano verso l’interno e, senza neanche pensarci, allargai le gambe fino a far penzolare i piedi ai lati dello stretto lettino: mmmhhh… che piacere!! Lo sentivo che massaggiava la parte interna delle cosce e poi, forse per sbaglio, mi ha sfiorato il buco…
Mi ha fatto aprire ancora di più le gambe e poi &egrave tornato a massaggiarmi le natiche, da fuori a dentro; anzi, per farlo ancora meglio mi ha versato ancora un po’ di olio profumato proprio nel solco e poi…. mmmmhhhh! Anche il buchetto, mi ha massaggiato… Ero perplesso (prima volta che mi sottoponevo ad una seduta di massaggi!), ma era così piacevole…
Le sue dita danzavano sulle mie natiche e sulle mie cosce e poi, mi massaggiavano lì e… ohhh, ma cosa fa?Mi sentii scivolare dentro un dito, un attimo.. poi due… e l’altra mano mi accarezzava i coglioni… e le due dita, adesso, mi masturbavano il culo e, lo ammetto, mi stavo eccitando.
Ho capito che il massaggio sarebbe stato anche… per così dire, prostatico: non sarebbe stata la prima volta, che qualcuno mi penetrava e quindi ero solo curioso di sapere come la cosa sarebbe andata avanti.
Le dita nel culo diventarono tre e sempre oliate: ormai mi ero inarcato all’indietro, oscenamente offerto a quelle dita che mi procuravano piacere e che, dopo un poco, diventarono quattro… Oddioooohhhh….
Le mani del massaggiatore mi fecero capire che dovevo andare indietro, fino ad appoggiare i piedi in terra e con la pancia sul lettino;con un gesto, feci cadere fino ai piedi il costume e lo sfilai da una gamba, pronto -ormai- ad essere inculato.
Sentii le mani dell’egiziano sulle spalle e un qualcosa di grosso che spingeva ed entrava lentamente dentro di me; nonostante la dimensione ragguardevole, il dolore era pochissimo e dopo un po’ sentii il suo ispido pube contro le mie chiappe, colmato del suo cazzone.
Allungai una mano e, sotto le mie palle, lo toccai e lo strinsi tra le dita per valutarne la dimensione: accidenti! Come una bottiglietta di birra! E mi stava fottendo nel culo, lentamente, ma aumentando ad ogni affondo la velocità, riempiendomi proprio tutto: dio, che piacere! Avevo il cazzo mezzo duro, ma mi smanettavo convinto, per godere.
Un ‘Mppphhhfff’ mi fece ricordare dell’esistenza di Lorella e proprio in quel momento cadde la tenda: Lorella era seduta sul lettino, con la mano del sudanese piantata nella fica mentre lei, con un certo sforzo, cercava di prendergli più cazzo possibile in bocca.
Anche lei mi vide e le sue sopracciglia schizzarono in alto per lo stupore.
‘Allora, italiani: contenti del massaggio generale? Ormai, qui, vi conosciamo bene e sappiamo capire al primo sguardo che tipo di massaggio volete…’
Ahmed fece una risata sguaiata e continuò: ‘Anni trascorsi nel vostro paese ci hanno insegnato molto sulla vostra vita, sulla vostra maniera di comportarvi e su cosa vi piace… Come questo, sbaglio?’ Entrambi annuimmo.
Mamoud mi interrogò, fermandosi un attimo: ‘Come definite la tua donna in Italia? Troia?’
‘Non &egrave la mia donna, comunque sì: troia va più che bene!’ Vidi Lorella serrare le cosce sulla mano di Ahmed, colpita da una staffilata di eccitazione.
‘E tu invece, culattone, vero?’ L’offesa, mentre mi stava inculando alla grande, mi eccitò ancora di più ‘Sì, culattone o culorotto sono corretti’
‘Ahmed: vuoi fottere la fica di troia o il culo di culattone? E’ bravo, sai?’
Lui fece una risata grassa: ‘Adesso che lo hai preparato, preferisco culorotto: tu prepara un po’ la fica di troia’
Mamoud mi premette la mano aperta tra le scapole: ‘Tu fermo, non ti muovere!’
Poi si sfilò dal mio culo ed andò da Lorella
Ahmed venne verso di me e vidi il più grosso cazzo che abbia mai incontrato in vita mia: sembrava una lattina di birra da mezzolitro!! Capivo perché Lorella facesse così fatica, a prenderlo in bocca!
Feci per alzarmi e scappare, ma la manona del sudanese mi inchiodò al lettino: ‘Fermo! Ti perdi la parte più bella!’ disse, appoggiandomelo e cominciando subito a spingere lentamente.
MI sentivo aprire, allargare, forzare, sentii anche un po’ male, un po’ tanto; pensai che non sarebbe mai entrato, che mi avrebbe lacerato, spaccato in due come un quarto di manzo e che… OHHHHHhhhhhhhhh!!!!!!!!
Bruciava, avevo sentito la fiammata tipica dell’inculata a freddo, ma adesso era tutto dentro di me e danzava e mi riempiva e scorreva dentro, fuori, dentro-fuori, dentrofuori, dentrofuoridentrofuori… diocchebbellohhhhhh!!!!!!!!
Il sudanese mi fece alzare e, tenendomi infilzato al suo cazzone, mi portò fino al lettino di Lorella che, intanto veniva scopata alla pecorina da Mamoud.
‘succhiaglielo!’, le impose e lei cominciò a spompinarmi, mentre lui mi teneva in piedi e mi fotteva nel culo.
A poco a poco, il cazzo mi diventò duro, durissimo e poi fu come essere in un galleria e sentire il treno del piacere che arriva, sferragliante, violento, velocissimo e poi ti travolge, ti disintegra, ti porta via e ti fa volare e ti fa sentire brividi di freddo….
Quando riacquistai il controllo di me, ero sul ‘mio’ lettino, gettato come una marionetta, mentre Lorella, trapanata in fica da Ahmed e in culo da Mamoud, gemeva, uggiolava, cercava di muoversi tra quei due colossi e godeva come una fontana….
Un ruggito degno della savana, salutò l’esplosione di piacere dei due africani, a pochi istanti l’uno dall’altro, che riempirono i due orifizi di Lorella di un fiume di sborra densa.
Ci abbracciammo, riprendendo fiato, sotto lo sguardo divertito dei due.
Ci misero a disposizione il piccolo lavabo per per pulirci -io mi toccai il culo e lo sentii spaventosamente e deliziosamente aperto e morbido- e sciacquarci il viso.
Alla fine, stavamo per uscire, ma Mamoud ci bloccò: ‘Scusate… ma sarebbero trentacinque euro per il massaggio totale e quindici per la sola schiena…’
Lo guardammo: era serissimo!
Presi il portafogli e gli diedi una banconota da cinquanta: ‘Il resto, mancia!’

FINE SECONDA PARTE

ome sempre, graditissimi commenti e suggerimenti a zorrgattoge@yahoo.it Usciti dall’atelier di massaggio, ci sbirciammo con uno sguardo vagamente impacciato; poi, scoprendoci entrambi così goffi e imbarazzati, scoppiammo a ridere in un’ampia e liberatoria risata.
Era forte, la piccolina!
La presi a braccetto e, continuando a ridacchiare, andammo al bar della piscina a prenderci una tazza di t&egrave.
Poi ci andammo a sedere ad uno dei tavolini di vimini, da una parte, accostati ad uno degli immancabili paraventi.
La guardai e le sorrisi, con simpatia: ‘Allora, commenti?’
Lei sorrise, divertita: ‘Beh, che dire? E’ stato un po’ inconsueto, un po’… eccessivo ma… piacevole, dai!
Solo… beh, come dire…. Non vorrei che ti offendessi, ecco…’
La rassicurai con un sorriso ed un indolente gesto della mano.
Lei sorrise ancora, si piegò verso di me ed abbassò la voce: ‘Sì, insomma… pensavo, quando siamo entrati lì, che mi sarebbe successo un qualcosa del genere…. -le si illuminarono gli occhi- anche se non così TANTO!’
Fece una pausa, sorridendo a tutta bocca; poi si riavvicinò e proseguì: ‘Dicevo: sì, mi aspettavo qualcosa del genere, ma…. beh… Te lo posso dire?… Sì, insomma… ecco: non mi sarei mai aspettata che tu avessi avessi organizzato la cosa… che ti ha riguardato, ecco!’
Stavo per replicare, ma capii che non aveva finito.
‘Sì, insomma… non dico che vederti così non sia stato eccitante, per me, ma non mi sarei mai aspettata che un bull avesse la… sicurezza di farsi vedere dalla sweet anche in QUEI frangenti, ecco!’
MI guardò con gli occhi allegri, trasmettendomi simpatia ed allegria.
Riordinai le idee e poi risposi: ‘SE devo essere sincero, QUEI momenti sono stati una sorpresa anche per me! In realtà con Mamoud non avevo programmato nulla: avevo solo organizzato le cose perché le cose potessero andare avanti, cominciando e proseguendo da sole; Non mi aspettavo che Mamoud ed il suo collega fossero così… scafati: pensavo di godermi anche il suo, o il loro!, imbarazzo alle prese con una che si lasciava fare davanti a me e invece… -le sorrisi- … invece me l’hanno letteralmente messo… nello streppo!’
Ridemmo assieme. ‘Mi ha davvero… messo in mezzo: mi godevo, rilassatissimo!, il massaggio e lui mi ha… manipolato, letteralmente!’ Le sorrisi ‘Me lo ha messo pochi istanti prima che cadesse il tendaggio… Ovviamente avevo capito poco prima che lo avrebbe fatto e la cosa, a quel punto, mi incuriosiva ed intrigava, tanto che mi ero quasi dimenticato della tua presenza sull’altro lettino’
‘Sì, ma… -si guardò attorno, con aria sospettosa- … Uhmm… Non sarebbe meglio continuare a parlare il spiaggia… o in camera?’ Disse alludendo, con un cenno della testa, agli ospiti che poco a poco stavano occupando i tavolini attorno a noi. Alzai gli occhi, mi guardai in giro ed annuii, alzandomi e porgendole -galantemente- la mano per aiutarla ad alzarsi.
Stava rinfrescando, per cui ci incamminammo verso la loro camera affiancati: avevo deciso che non era giusto il dare occasione a qualche villeggiante annoiato di spettegolare su loro due e me, per cui non le cinsi le spalle o la vita col braccio, non le tenni la mano e neanche le porsi il braccio.
Mentre camminavamo, tornò a commentare: ‘Comunque, anche se ero molto eccitata, ho fatto fatica a prendere il… coso di Ahmed nella topina e invece… sì, insomma.. tu te lo sei preso DIETRO, come niente fosse!!!’
‘Come niente fosse? -le feci un sorriso stupito- ma se mi ha aperto in due?
E comunque, quando tu te lo sei preso davanti, avevi Mamoud dietro…
Comunque, avrai capito che non era la prima volta, che mi capitava una cosa del genere… A Gino &egrave mai capitato?’ Chiesi maliziosamente.
Mentre arrivavamo davanti al loro bungalow, sorrise: ‘Sì, anche a Gino &egrave successo: ma solo dopo che un bull lo ha preteso. Ma credo che sarebbe svenuto, se avesse preso quello di Ahmed!’ Rise, divertita all’idea.
Da una taschina della gonna estrasse la chiave ed entrammo in camera, dove Gino guardava la tv.
‘Amore, sai dove mi ha portato Giorgio?’
Gino si girò, incuriosito, verso di noi.
‘Mi ha portato a farmi massaggiare tutta… dentro e fuori!’ E rise, strizzandogli l’occhio.
Gino sorrise educatamente: ‘E lui guardava?’
Lei fece una risata divertita: ‘No, si &egrave fatto massaggiare anche lui… anche se non aveva previsto che lo massaggiassero anche nel culo!’
L’uomo alzò le sopracciglia, con divertito stupore e perplessità.
‘Guarda!’ disse Lorella, inginocchiandosi sul letto ed alzando fino in vita la gonna.
Gino si avvicinò ed ispezionò con le dita i buchi ancora dilatati della moglie: ‘Accidenti, che voragini!’
‘Si, ma guarda il culo di Giorgio: si &egrave preso un cazzo che io ho fatto fatica a prendere in fica…’
L’espressione cortesemente interrogativa dell’uomo, mi convinse: lasciai cadere short e costume e mi inginocchiai alla pecorina di fianco a Lorella.
Lui si avvicinò, timidamente e sentii il suo alito sui peluzzi del culo; allora mi allargai le chiappe con le mani e gli dissi: ‘Ispezionalo pure, come hai fatto con la tua candida mogliettina…’
Sentii i suoi leggerissimi polpastrelli posarsi come farfalle sulle mie natiche e poi scivolare fino alla mia rosellina dilatata: ‘Accidenti…’
Ora un suo dito mi penetrava, poi due, poi tre, mentre il mio cazzo tornava in tiro.
Lorella ci guardava, tutta contenta: ‘Hai visto che lavoro, amore mio?’
‘Altroché…’ disse lui, con tono tra l’ammirato ed il sognante.
Mi stavo lasciando troppo andare, come bull e decisi di riprendere la barra del timone: ‘E’ un po’ indolenzito, ma penso che se tu me lo leccassi un pochino, starei meglio…’
Lui forse non aspettava altro, perché quasi subito sentii le le sue labbra e la sua lingua all’opera, deliziosamente.
Lorella si era messa sotto di me, a formare un sessantanove, e si era impadronita del mio cazzo, che leccava e succhiava ed io mi godevo le attenzioni… stereofoniche dei due, con le loro dita, labbra e lingue che mi vellicavano delicatamente il cazzo, lo scroto ed il culo, mentre affondavo la faccia nella voragine della donna per leccarla il più possibile in profondità; quando avevo la lingua indolenzita dall’allungamento, la sfilavo dalla sua vagina e le percorrevo il viale trionfale fino al clitoride, dove impazzavo con dolce furia.
Alzai le gambe di lei e le misi le mie braccia dietro le ginocchia, per poterla leccare comodamente dal clito fino al culo, stupendamente dilatatissimo anche lui.
Mi parve di sentire il cambio di trattamento che le bocche facevano sul mio cazzo duro ed immaginai che anche Gino si fosse dedicato a spompinarmi.
Però, non mi sembrava acconcio al mio essere bull l’essere visto dal cuck col culo sfondato…
‘Gino: inginocchiati sul letto, che ti faccio capire meglio cos’&egrave successo…’
Lui obbedì ed io, con ancora la nerchia insalivata dal lungo pompino, glie lo appoggiai al culo e, allargandogli il sedere con le mani, cominciai a farmi lentamente strada in lui…
Mi mossi lentamente, con una spinta costante e continua: lo vidi sussultare, cercando di sfuggire alla mia intrusione, ma lo afferrai per i fianchi e spinsi, spinsi, fino a che non mi sentii dentro di lui: finalmente, anche lui era col culo invaso.
Non mi eccita per nulla inculare gli uomini (adoro invece farlo alle donne!), per cui, diedi qualche quieto affondo, tanto per ristabile le gerarchie e poi mi sfilai dal suo sfintere, affondando nella fica della moglie, fino a riempirla dei miei -pochi, ormai- schizzi esausti.
Mi lasciai cadere sul letto e gli imposi di leccarla, per evitarle la noia di dover andare fino in bagno a pulirsi e lui eseguì di buon grado.
Poi restammo lì, stesi (io e Lorella sullo stesso letto, lui sull’altro) chiacchierando e giocherellando pigramente col corpo d lei.
Verso sera, andai nella mia camera a farmi una doccia e cambiarmi, imitato da loro, per poi vederci a cena.

I miei sensi erano stati svegliati dal torpore, grazie al fortunato incontro, per cui mi sedetti ad un tavolo dando le spalle alla parete vetrata, in modo da poter tener d’occhio tutta la sala da pranzo, pur continuando a conversare amabilmente con loro.
Il mio rispetto per la loro privacy, subiva gravi affronti dall’atteggiamento servile di Gino, nei miei confronti, ma decisi che se andava bene a lui/loro, non vedevo perché dovevo pormi io il problema.
Reastrellando la sala col mio sguardo c(l)inico, ad un certo punto la mia attenzione cadde su una donna, non giovane, snella, bionda e con un’espressione altera.
Intuii, nel suo sguardo severo, un certo autoritarismo e, mi sembrò, anche una certa propensione nei confronti delle donne.
Archiviai in un angolo della mente le informazioni e finimmo di cenare, andammo a prendere il caff&egrave e poi decisi di ritirarmi in camera, a riposare dopo quella intensa e stancante giornata, lasciandoli liberi di organizzarsi la serata come volevano, probabilmente assistendo ad uno spettacolo nel piccolo teatro del villaggio.

La mattina, ci incontrammo a colazione, quasi al limite dell’ora di servizio.
Dopo, decidemmo di andare in spiaggia e mi seguirono nel mio angolino riparato, il più lontano possibile da eventuali seccature.
Mentre raggiungevamo i lettini, vidi la bionda della sera prima: era sdraiata supina su un lettino, con gli occhi coperti da quei piccoli occhialini opachi da fan dell’abbronzatura, in monokini (seno guardabilissimo, per una over cinquanta!), con gambe e braccia allargate, tipica postura autoptica da fanatico dell’abbronzatura.
Accanto a lei, un’altra donna, forse ancora più anziana, più bassa e rotonda e con un seno -nudo, anche lei!- pieno, decisamente… suggestivo.
Accanto alla seconda, un tizio, probabilmente suo marito, che sembrava decisamente ‘a traino’ delle due, il classico anzianotto, grassotto, col riporto.
Non sentii le parole tra le due donne, ma il ritmo ed il tono della conversazione fece suonare un campanellino, nella mia mente e, sorridendo tra me, cominciai ad abbozzare un piano.
Arrivati ai lettini, sistemai il mio in modo da poterle tenere d’occhio e dopo un po’, ebbi la netta impressione che il mio istinto avesse colpito ancora.
Il mio piano si era, a grandi linee, delineato e perciò spiegai a Lorella cosa volevo che lei facesse, quando gli avessi dato il via.
Lei si schernì, disse che non ne era capace, che non se la sentiva ed arrivai a minacciarla, per assicurarmi che avrebbe seguito il mio progetto.
Dopo un’oretta, finalmente vidi il marito della rotondetta alzarsi, prendere le sue carabattole e lasciare le due donne sui lettini, diretto probabilmente alla piscina ombreggiata da alte palme.
Dissi a Gino di rendersi invisibile, feci alzare Lorella in topless per andare verso di loro ed io la seguii a cinque passi di distanza.
Arrivata all’altezza della bionda, come da mie precise istruzioni, fece finta di inciampare e cadde sulla gamba di lei.
Subito si mise inginocchiata sulla sabbia e cominciò a piagnucolare che era stata sbadata, di perdonarla, che non lo aveva fatto apposta, che non voleva disturbarle e, per dare maggior risalto alla sua parte di dolente, comincio a baciare il piede della bionda, osservata con stupito piacere dalle due donne.
Nel frattempo arrivai io: ‘Sei davvero una stupida troia, Lorella, a disturbare la gente perbene; meriteresti di essere punita duramente, per la tua sbadataggine. Adesso andremo dietro quella duna (che formava il confine meridionale della spiaggia del resort col… resto del mondo) ti punirò in maniera molto umiliante, se la signora si accontenterà di questo… risarcimento. ‘
Vidi gli occhi della bionda brillare di interessata malizia e continuai, sempre a voce abbastanza alta da poter essere udita chiaramente solo dal nostro quartetto.
‘Sempre che la signora non voglia essere lei stessa a punirti!’ Vidi balenare un sorriso crudele sulle sue labbra, mentre Lorella continuava a piagnucolare.
Notai che anche la bruna rotondetta era intrigata, dalla faccenda, quando mi chiese: ‘Ma perch&egrave proprio là dietro?’
‘Perché, signora, quello &egrave un posto perfetto per punire duramente una stupida troia come Lorella, potendola umiliare senza che nessuno veda’
Guardai la bionda: ‘signora, ha delle preferenze, sulla punizione di questa stupida?
O, forse, vorrebbe anche assistere? O, anche, comminarle lei stessa la punizione che ritiene più giusta?’
Vidi un sorriso emergere lentamente sulle sue labbra anche se, quando se ne rese conto, lo dissimulò con un’espressione da sfinge.
Insistetti: ‘Signora, se vuole… -omisi d chiarire quale opzione- … può venire con me e questa stupida sgualdrina… e magari, può venire con la sua amica… Almeno potrete vedere quanto severamente potrei punirla… sempre che non vogliate farlo voi stesse…’ Sorrisi.
Loro fecero due algidi sorrisi di degnazione, poi scambiarono un rapidissimo sguardo e si alzarono insieme, venendo verso di noi.
Così, ci incamminando tutti e quattro ed improvvisamente venni assalito dal panico: fin lì tutto bene… ma arrivati dietro la duna… cosa caspita avrei potuto fare, di umiliante e punitivo, a Lorella?
Sì, ero contento che reazione delle due fosse quella che avevo immaginato, ma man mano che il crinale della duna si avvicinava… beh, mi sentivo come se avessi un calzoncino di lana, con il filo impigliato che si sfilava, passo dopo passo, fino a rimanere nudo…
Arrivati sul crinale, mi fermai e si fermarono quindi anche gli altri; i miei occhi, disperati, percorsero l’avvallamento in fondo tra quella duna e la successiva quando… quando vidi una buca; registrai in fondo al cervello l’informazione e continuai a… Fermi tutti!!!
Riguardai la buca… cominciai a sorridere… mi venne in mente un giornaletto porno danese, che avevo comprato verso i vent’anni e che aveva fatto volare a lungo la mia… fantasia (stavo per scrivere: mano!)
Una ragazza che veniva assalita da tre tizi, che la seppellivano in una buca nella sabbia (come quella!), con solo la testa fuori e poi la obbligavano a spompinarli…
La buca, a occhio, aveva la dimensione giusta per ospitare Lorella, se si fosse inginocchiata sul fondo… Ero salvo!
Feci togliere lo slippino nero alla mia sweet (manovra seguita con malcelato interesse dalle due) e la feci inginocchiare nella buca; li accanto c’era un pezzo di tavola con avvolto intorno un pezzetto di cavo elettrico, col quale decisi di legare i polsi della penitente dietro la schiena, prima di seppellirla fino al collo usando la tavola a mo’ di pala.
Le due donne stavano ad un metro da me e parlottavano, mentre io spalavo energicamente la sabbia finissima.
Alla fine, la donna si trovò seppellita fino al collo ed io decisi, tocco di classe!, di bendarla usando il suo costumino.
Mi volsi verso le donne e sorrisi: ‘Visto che ha usato la bocca, per cominciare a scusarsi, mi ha fatto capire che sarà proprio con quella, che sconterà le sue colpe…
Volete che proceda io, o preferite procedere voi, a punirla?’
La bruna mi guardò, incuriosita, ma con un’ombra di divertita consapevolezza nello sguardo: ‘E come conteresti di punirla, adesso che &egrave messa così?’
Feci un incerto sorriso: ‘Beh… pensavo di obbligarla ad una seduta di sesso orale… Se volete, lo praticherà a me, altrimenti, se lo preferite… vi assicuro che la sua bocca &egrave molto abile…’
Vidi che i capezzoli delle due si stavano inturgidendo.
‘Ovviamente, se decidete di punirla voi, io me ne andrò e vi lascerò sole, per non disturbarvi…’
La bionda, mi fece cenno di aspettare e si allontanò con l’amica a parlottare.
Poi si riavvicinarono e parlò: ‘Tu servirai qui per liberarla, quando avremo finito…
Avrai capito che vogliamo punirla noi, ma abbiamo trovato una soluzione: tu starai a parlare con una di noi, mentre dietro di te la puniremo noi, a turno… Ok?’
Annuii compito, anche se dentro di me esultavo: le avevo stanate!
Così andammo, prima con Giovanna -la bruna- e poi con Paola -la bionda- quasi in cima alla duna, in maniera da poter avvistare chi, eventualmente, si fosse avventurato da quella parte.
Con la coda dell’occhio, vidi Paola che si levava lo slippino e che si accucciava davanti alla faccia di Lorella; poi Giovanna mi distrasse a parlare e vidi che si godeva la vista del supplizio da sopra la mia spalla.
Dopo un certo tempo, le due donne si diedero il cambio e potei notare la pelle fremente della bionda imperlata di sudore, dopo che, evidentemente, Lorella era stata brava a subire il proprio supplizio.
Un’occhiata furtiva alle mie spalle, mi permise di cogliere la bruna girata verso di noi, con un folto triangolo di pelo: evidentemente stava obbligando la mia sweet a leccarle anche il culo.
Dopo un certo periodo, anche la seconda donna ci raggiunse, anche lei affannata, mentre si risistemava lo slippino del costume.
Mi guardò ed annuì: ‘Avevi ragione, &egrave abile e volenterosa, con la bocca, la tua troietta…’
Mi sorrisero e si incamminarono verso i loro lontani lettini; io tornai da Lorella e notai che aveva i capelli ed il viso bagnato, come bagnata era anche al sabbia attorno al suo collo: evidentemente, le due donne avevo sottoposto la loro prigioniera anche alla ‘doccia dorata’, come del resto mi confermò anche lei.
Come diceva Oscar Wilde ‘so resistere a tutto, meno che alle tentazioni’, per cui, incurante del rischio che capitasse qualcuno, abbassai lo slip e obbligai la mia vittima a soddisfare oralmente anche me.

FINE TERZA PARTE
Come sempre, graditi commenti e suggerimenti a zorrogattoge@yahoo.it Infilai il mio cazzo, reso durissimo dalla situazione, nella bocca bollente di Lorella, eccitato dal vederle ancora i capelli, il viso ed il collo bagnati dell’orina delle due donna.
Le misi una mano sulla nuca e con quella le diedi il ritmo e la profondità delle succhiate.
Lei cercava di sfilarsi dalla bocca il mio arnese, provando a dire qualcosa, ma ovviamente glie lo impedivo, affascinato dal perverso gioco che era riemerso dalla mia memoria.
Dopo un minuto o due, si rassegnò alla mia intrusione ed allora usò tutta la sua abilità di pompinara per farmi raggiungere alla svelta il piacere e poter, così, farsi liberare.
Mi godevo le sue leccate e succhiate ed anche il sole che mi baciava il viso ed il petto: per una ‘lucertola’ come me, la piacevole sensazione di calore sulla pelle aumentava ancor di più il piacere che mi stava donando la donna.
Mi sentii aspirato, risucchiato dentro la sua bocca e l’onda di piena del mio sperma, venne aspirata dalle sue abili manovre dalle profondità dei miei coglioni fino alla sua glottide.
In un lampo, decisi che non avevo alcuna voglia di pisciarle in faccia, come avevano fatto le due, ma purtuttavia non potevo mancare di omaggiare la sua troiaggine, per cui, sfilai il cazzo dalla sua bocca, lasciandola stupita e subito le coprii il volto con diversi schizzi di sborra.
Presi fiato per una trentina di secondi, mentre lei si ripuliva le labbra e la punta del naso dai miei schizzi, facendo uscire il più possibile la lingua.
La trovai teneramente buffa, perciò mi inginocchiai per baciarla e, subito dopo, comincia a farla riemergere dalla sua prigione di sabbia.
Uscì dal buco completamente infarinata di sabbia, mi gettò un sorriso malizioso e poi si infilò il costumino, per poter andare sulla spiaggia e ripulirsi nell’acqua, pur fredda, della laguna.
Dopo il primo brivido, proseguì per una ventina di metri, fino a trovare un punto dove l’acqua le arrivasse al pube: una flessione delle ginocchia ed uno ‘spolveramento’ subacqueo le permisero di ripulirsi al meglio della sabbia che aveva le aderito alla pelle.
Poi si sciacquò il viso e subito uscì, deliziosamente sorridente anche se con la pelle d’oca per il vento freddo, come una bimba che avesse fatto una monelleria.
Le sorrisi e tornammo ai lettini, dove era eroicamente restato ad attenderci il paziente Gino.
Lorella, appena arrivata, lo baciò e gli disse che voleva andare in camera per farsi una doccia; per cui mi lasciarono, mentre Lorella cominciava a raccontargli gli eventi, dopo esserci dati appuntamento a pranzo.

Mancava poco a mezzogiorno, quando vidi Mamoud che girava tra i lettini, proponendo i suoi servigi come massaggiatore.
Vedendomi, mi sorrise e si avvicinò: ‘Buongiorno! Allora, volete un’altra seduta di massaggio?’ disse ridendo e strizzandomi l’occhio.
Risposi ridendo: ‘No, grazie, Mamoud: siete molto bravi, tu e Ahmed, sciogliete meravigliosamente bene tutti i muscoli, ma poi uno si trova pieno di strani dolorini…’
Rise di gusto e poi, visto che avevo tranquillamente posato il libro sul tavolino, capì che ero disposto a fare conversazione per cui si sedette sull’altro lettino: evidentemente voleva prendersi qualche minuto di pausa e quindi, cominciammo a chiacchierare sui massaggi, su quanto spesso intuisse la voglia di… extra dei clienti. E poi dove vivesse, che vita facesse eccetera…

Stavo, dopo un bel po’, entrando nel ristorante, quando un animatore, col quale avevo brevemente chiacchierato nei giorni precedente, mi vide, mi sorrise, mi fermò e mi propose, per quel pomeriggio, un’uscita in barca sulla barriera corallina.
Riflettei che, in effetti, sarebbe stato sciocco essere arrivato fin lì e non vederla neanche, per cui accettai quasi subito.
Avrei -&egrave vero!- potuto trovare qualcosa di divertente da fare con Lorella e Gino, per quel pomeriggio, ma in fondo il mio viaggio non era nato come finalizzato al sesso e tanto valeva che li usassi solo per i momenti… di noia.
Quindi, a pranzo comunicai il mio programma alla coppia e, subito dopo mangiato, mi organizzai per l’uscita.
Potrei scrivere ore, sulle meraviglie che, appena sotto il pelo dell’acqua, ho potuto vedere pinneggiando in superficie con maschera e snorkel; benedissi la mia previdenza di aver acquistato al duty-free due macchine fotografiche usa-e-getta, grazie alle quali potei scattare accettabili foto per ricordare quelle emozioni.
Il gruppo era di una decina di persone, tutti amici tra loro e capii che ero stato invitato solo per occupare un posto vuoto, ma me ne fregai: non ero andato fin laggiù per godere necessariamente della compagnia di altre persone.
Comunque, l’escursione fece volare via il pomeriggio. Tanto che tornammo durante il lungo crepuscolo.
Andai in camera, feci una lunga doccia e telefonai alla coppia, accordandoci per vederci a cena.
Cenammo, raccontai con un certo entusiasmo la mia escursione e dopo aver preso il caff&egrave, decidemmo di andare a vedere uno spettacolo organizzato dagli animatori, nel teatro.
Arrivammo una quindicina di minuti prima dell’inizio e ci sedemmo sulla gradinata, a mezza altezza.
Mentre ci guardavamo intorno, vidi le due donne del mattino, sole, sedute più in là, nella fila dietro di noi; le salutai e loro risposero, invitandoci con un cenno a raggiungerle.
Così noi tre ci spostammo e, arrivato accanto a loro, dissi tendendo la mano: ‘Stamattina temo di non essermi presentato: Sono Giorgio, piacere!’
Loro risposero di chiamarsi Margherita (la bionda) e Patrizia e di essere torinesi.
A mia volta, presentai Lorella, che abbassò pudicamente lo sguardo, e…: ‘Gino, che sarebbe il marito!’
Loro ridacchiarono per la presentazione e Gino assunse l’espressione adeguata ad un vero cuckold, tanto che -per un breve istante- fui tentato di congratularmi con lui.
Imposero a Lorella di sedersi in mezzo a loro e Margherita, iniziando a parlare di banalità con me, mi fece capire che voleva avermi seduto accanto.
Gino, invece, restò come dimenticato a un metro da me.
Lì a poco si abbassarono le luci e gli animatori, condotti dall’animatore-coreografo (un ballerino davvero molto bravo) fecero una serie di balletti che si rifacevano a celebri musical: uno spettacolo davvero gradevole, con molti, curatissimi costumi.
Quasi subito subii la malia dello spettacolo, ma un attimo di distrazione mi permise di notare le mani di Lorella infilate tra le cosce delle due torinesi che, abbandonate all’indietro, si godevano la stimolazione fatta alle loro fiche dalle dita della mia preda.
Apprezzavo la loro sottile perversione di farsi masturbare lì nel teatro, seduti su una gradinata di cemento, col brivido di essere visti da altri, anche se in realtà la luce concentrata solo sulla scena e la distanza coi relativamente pochi spettatori, rendeva la situazione meno rischiosa di quanto potesse, a tutta prima, sembrare.
Nel momento apicale, le due donne si scambiarono, al di sopra di Lorella, un lungo e sensuale bacio.
Poi si disinteressarono di Lorella e si gustarono tranquillamente il resto dello spettacolo.
Come gli animatori, alla fine, vennero a riscuotere i sacrosanti applausi, ci alzammo e, mentre uscivamo, Lorella mi disse che loro due sarebbero andati subito a dormire, perché l’indomani avevano una gita in pullman fino ad Aswan e sarebbero partiti alle cinque del mattino.
Dieci ore di viaggio in pullman non mi stimolavano per nulla, come ho già detto, perciò li salutai e gli augurai, senza il minimo rimpianto, una buona escursione.
Passai la giornata successiva tranquillamente in spiaggia -finalmente SOLO!- a leggere, abbronzarmi e bagnarmi, ogni tanto.
Tornando dal pranzo, notai le torinesi che mi salutarono, da distante; risposi al loro saluto, ma non le raggiunsi perché sospettavo che volessero coinvolgermi in qualcosa, magari anche stimolante!, ma francamente la giornata mi aveva illanguidito e preferivo recuperare energie, piuttosto che consumarne.
Forse si offesero ma, francamente, me ne fregai.
Quando l’aria si rinfrescò al punto di rendere non più piacevole la permanenza in spiaggia, mi rivestii e andai al bar della piscina, a prendere un bel té caldo: mi tentava il mangiucchiare qualcosina, tra le varie cose appetitose a disposizione, ma uno dei motivi della mia crisi era la lettura del quadrante della bilancia per cui, visto che ai pasti già mangiavo sostanziosamente…
Mi trovai accanto, per un minuto, Mamoud che si lamentò del fatto che pochissimi ospiti fossero interessati a farsi massaggiare… anche per il massaggio normale e che, quindi, ii suo reddito ne soffrisse.
Lo consolai con qualche banalità e poi parlottammo di altro per un paio di minuti.
Poi tornai in camera, mi feci una piacevole doccia e mi rilassai sul letto, leggendo fino all’ora di cena.
Mi ero seduto a tavola da pochi minuti, quando vidi entrare Lorella e Gino; si servirono della loro cena e poi vennero a sedersi con me; mi raccontarono brevemente della loro gita -cosa che per la quale dimostrai, comunque, non eccessivo interesse- e poi decidemmo, per il dopo cena, di fare una passeggiata (ultima possibilità, visto che l’indomani sera avremmo avuto il volo di ritorno a casa) uscendo dall’area del resort passando dalla spiaggia e poi, attraverso le dune, arrivare fin oltre la strada che correva a sette-ottocento metri dall’arenile.
Quindi, dopo il caff&egrave, tornammo nelle nostre stanze per indossare sneackers al posto dei sandaletti di lei e desert-boots per me, oltre ad un giubbotto contro il vento decisamente freddino e, ispirazione dell’ultimo minuto, una piccola torcia elettrica.
Dopo dopo le nove, ci incamminammo: prima verso la fila dei lettini, poi verso sud -a nord il nostro villaggio confinava (alla Schengen: senza alcun confine visibile!) con l’altro- ed infine, ad oltre un centinaio di metri dalle ultime strutture, girando verso ovest, allontanandoci dalla laguna.
Nonostante il quarto di luna, fu provvidenziale aver preso la pila: zone di sabbia cedevolissima si alternavano a zone pietrose o rocciose ed evitammo, quindi, di mettere i piedi in fallo.
Mentre procedevamo, chiacchierando, rialzai la mini di Lorella fino intorno alla vita e le toccai la fica ed il culo nudi, nell’apparente indifferenza di Gino.
Vedemmo passare un veicolo, sulla strada, quando ancora eravamo ad un centinaio di metri e, quando la raggiungemmo -dopo aver reso di nuovo presentabile la donna- notammo le luci di un villaggio, a monte della strada, distante meno di mezzo chilometro.
Suggerii di spingerci fin là e loro si dichiararono d’accordo.
Il villaggio era di recente costruzione, di casette da un piano tutte uguali, in muratura, costruite con un certo gusto estetico: si capiva chiaramente che era frutto della stesso progettista che aveva realizzato i due villaggi.
Più da vicino, notai che in realtà si trattava di due villaggi, separati di una cinquantina di metri: come mi aveva spiegato Mamoud, uno era formato dagli alloggi del personale per i due resort, mentre il più lontano era la sistemazione essenziale per gli amanti delle immersioni, che preferivano spendere i loro soldi nelle immersioni, piuttosto che nei servizi dei villaggi.
Difatti, ad un paio di centinaia di metri, luccicava il mare in una profonda insenatura, con le sagome alcune barche ormeggiate.
Raggiungemmo le prime case ed occhieggiai l’ora: ero in orario sulla mia tabella di marcia.
‘Buonasera!’ Il saluto risuonò nitido nel silenzio, facendoci sobbalzare.
Mamoud venne verso di noi ed il suo ampio sorriso brillava alla luna, nel suo volto scuro.
Ricambiammo il saluto e lui, bruscamente, ci ordinò di seguirlo.
Superammo il villaggio dotato di una piccola moschea e raggiungemmo le casette dei divers.
L’egiziano si muoveva con sicurezza e raggiunse un certo bungalow, da dove proveniva musica e risate: bussò brevemente la porta e subito venimmo invitati ad entrare.
Nella saletta comune c’erano una mezza dozzina di europei tra i venticinque ed i quarant’anni: un paio di colossali scandinavi, biondissimi e con la pelle arrossata e poi tre tedeschi tatuati e coi capelli rasati, un romano indolente ed un inglese sguaiato, in coppia con un nero -originario della Giamaica- che parlava con un pesantissimo accento cockney: in seguito, venni a sapere che entrambi erano tassisti londinesi.
Dopo le presentazioni, ci offrirono delle birre -che apprezzammo tutti- mentre ci fecero sedere, lasciando solo Lorella in piedi.
Mamoud mi guardò, con un sorrisino di scherno: ‘Sai… questi signori vengono qui per fare immersioni e si divertono molto… Peccato che dopo un po’ sentano la mancanza di una donna… non possono frequentare le donne del resort perch&egrave hanno una diversa sistemazione, loro… così mi sono permesso di proporgli la tua troia… Ti spiace?’
Lo guardai, con una luce divertita in fondo agli occhi e gli risposi con lo stesso inglese col quale lui aveva parlato, nonostante l’espressione perplessa della coppia, che evidentemente non era padrona della lingua: ‘Io non ho nessun problema, ma in realtà, la troia non &egrave la ‘mia’ donna: io ne sono solo il bull: Gino, invece &egrave il marito cuckold e quindi, per correttezza, la risposta spetta a lui.’
Indubbiamente il nostro scambio di battute divertì i presenti, che rumoreggiarono con chiassosa allegria, mentre l’egiziano ripeteva in italiano la proposta a Gino; lui sembrò riflettere un attimo e poi: ‘Beh, &egrave vero: io sono il marito, ma ho la massima fiducia in Giorgio, per cui quello che dice lui, a me.. a noi va bene.’
Lorella annuì, approvando, mentre gli occhi le luccicavano di libidine.
Feci un regale cenno di degnazione ed i due tedeschi risero forte, per primi, e chiesero uno strip-tease.
La donna mi guardò con un’aria un attimo smarrita (quanta insicurezza sul proprio aspetto, porta il procedere degli anni!) ed ad un mio piccolo cenno rassicurante, cominciò a spogliarsi ballicchiando e più o meno a tempo con la musica.
Levò il giubbotto, le scarpe, sbottonò la giacchina di lana, poi slacciò la gonna e -forse per errore- la lasciò cadere; il vederla senza intimo, scatenò un ululato di approvazione da parte della tribù dei subacquei.
Uno degli scandinavi, si alzò, la strinse in un abbraccio da orso, sollevandola da terra e le spinse con forza la lingua in bocca; altri ululati di approvazione, mentre altri uomini si alzarono e si appressarono ai due, cominciando a toccare Lorella dappertutto, lasciando cadere sul pavimento gli short e levandosi camicie o magliette.
Mamoud consigliò a me e Gino di denudarci e metterci nel mucchio, ma io considerai la situazione troppo affollata e rinunciai, sedendomi su una poltrona di vimini, ad osservare: sapevo di poter godere del corpo di Lorella come e quando avrei voluto, senza dovermi ammucchiare con quella umanità arrapata.
Gino, invece, si denudò e si accostò all’uragano di uomini che aveva come epicentro sua moglie, toccandosi tristemente il piccolo cazzo.
Lorella venne portata di peso in una camera, posata su un letto e poi, subito, si trovò un cazzo che le entrava in bocca, mentre mani sconosciute le frugavano i seni, il sedere, le gambe, la fica ed il culo.
Mi alzai e mi spostai, restando in piedi contro lo stipite della porta, guardando pigramente gli eventi.
Lorella si trovò in breve con cazzi ovunque, spessissimo contemporaneamente nella fica e nel culo, mentre altri cazzi le venivano spinti fino in gola o semplicemente -a due a due- solo le cappelle e parti delle aste.
Anche Mamoud osservava, divertito e scoppiò in una risata stupita quando il romano, sfilandosi momentaneamente dal culo della donna, glie lo ha messo per sbaglio in fica, già occupata dal consistente cazzo di un tedesco: lei sembrò quasi non accusare e continuò a dedicarsi con entusiasmo al piacere del gruppo.
Dopo qualche minuto, Lorella era sdraiata con la schiena sul petto del giamaicano, ospitando nel culo il suo ragguardevole attrezzo e il suo concittadino le sfilò il cazzo lungo e sottile dalla fica per pressarlo contro quello nero e penetrarla anche lui, in doppio, nel culo.
Stavolta Lorella lanciò un grido e provò a divincolarsi, nonostante lo sperma che già le avevano scaricato in fica e culo la lubrificasse notevolmente, ma la stretta del nero le impedì di liberarsi del doppio abuso.
Mentre gli uomini, una volta che scaricavano i coglioni, riprendevano fiato, Lorella continuava ad essere penetrata in ogni anfratto del suo corpo e la sborra che gli era stata versata dentro, veniva ‘montata’ come la chiara d’uovo, formando una schiumetta bianca che le incorniciava i buchetti.
Alla fine, quando l’ultimo uomo si dichiarò soddisfatto lei, sfinita, si lasciò cadere supina sul letto, a gambe aperte.
Decisi che Gino, nonostante si fosse masturbato per tutto il tempo e si fosse venuto in mano due o tre volte, non era stato abbastanza coinvolto: ‘Gino, certo che tua moglie mica può tornare così sporca al villaggio! -Lui, perplessò, annuì- Ecco: e allora, dagli una bella pulita: comincia a leccarle via la sborra dei nostri amici dal viso, il collo ed i seni, per farti la bocca, ma poi non dimenticarti anche il culo ed la fica… Inizia!’
Mi guardò, interdetto, ma il mio sguardo deciso lo convinse a fare quanto avevo detto.
Dopo una ventina di minuti, controllai accuratamente la donna e mi dichiarai accettabilmente soddisfatto di come il marito l’aveva pulita.
Così i coniugi si rivestirono, mentre Mamoud si giro verso i divers: ‘Bene, signori: direi che per completare il nostro accordo, manca ancora una cosa…’ disse, ridendo.
Gli uomini anche risero forte e misero mano al portafogli, consegnando all’egiziano cinquanta euro a testa, meno i due britannici che, lasciando quaranta sterline a testa, pagarono ben più dei compagni, anche se non sembravano particolarmente scontenti.
Lorella e Gino rimasero stupiti ed un po’ offesi del fatto che il loro gioco venisse monetizzato, ma rimandarono i commenti a dopo, quando saremmo stati soli, lì a cinque minuti.
Camminavamo verso il villaggio degli egiziani, quando Gino, timidamente, sollevò la questione: ‘Sì… però… insomma: io e Lorella siamo un po’ offesi, ecco…’
Sollevai un sopracciglio, con fare interrogativo.
‘Sì, insomma… essere trattata come… come una-di-quelle… Cio&egrave: il gioco ci va bene, ma per soldi, dai…’
‘Una-di-quelle? -chiesi- cosa intendi dire?’
Lui si impappinò un poco, poi radunò il coraggio e controbatt&egrave: ‘Si, insomma… come una… una puttana, ecco!’
Lo guardai con un sorriso acido, particolarmente da carogna: ‘Ma Lorella E’ una puttana: e allora &egrave cosa buona e giusta che le sue prestazioni siano state monetizzate! Io, in quanto bull, avevo deciso così e non c’&egrave null’altro da dire!’
Gino sgranò gli occhi, scioccato dal mio commento ed anche Lorella mi guardava con gli occhioni sgranati, incredula.
L’uomo si schiarì la gola e poi, rassegnato, affrontò un altro aspetto della faccenda: ‘Beh, comunque, in tutto, Lorella stasera quanto ha guadagnato?’
Feci un sorriso crudele: ‘Lei nulla! Ciò che Mamoud ha raccolto &egrave solo per il suo disturbo di aver trovato dei maschi arrapati per farvi sollazzare!’

Graditi commenti a zorrogattoge@yahoo.it Passati i primi istanti, accettarono il mercimonio unicamente per quello che davvero era stato, per me: un gioco squisitamente erotico e null’altro.
Tanto che, quando Mamoud si propose di… salutare Lorella, allungandosi tra le dune, nessuno sollevò obiezioni, nonostante i buchetti di lei fossero gonfi ed arrossati e lei, almeno all’inizio, si lamentasse un pochino.
Mamoud era carico dallo spettacolo a cui aveva assistito e quindi in pochi minuti scaricò una copiosa sborrata nel culo di lei, dopo di che, ci salutammo
camminando nel deserto per tornare al villaggio, sentii sciaguattare ad ogni passo di lei, tanto che ci fermammo e verificai: lo sperma di Mamoud, non trattenuto dallo sfintere allentato e dolente di Lorella, le fuoriusciva e le colava lungo le cosce.
Sia io che Gino trovammo la cosa tremendamente erotica, nonostante le sue deboli proteste.
Alla fine, un po’ ansanti, tornammo al villaggio, ormai silenzioso e ci ritirammo nelle nostre camere per la notte.
Mentre li lasciavo, riflettei che un ‘buon’ bull avrebbe preteso di dormire insieme a lei, magari facendo dormire Gino in bagno, ma francamente la cosa che più desideravo era una sana dormita, in pace ed in piena privacy, senza sfacchinate scoperecce appena svegli o prima di dormire…

La mattina, mi sveglia appena in tempo per farmi la barba a tutta velocità e fiondarmi al ristorante, prima che scadesse il tempo di apertura per la colazione.
Passai il tempo di mangiare qualcosa e bere il mio té salutando il mondo o ‘alla voce’ (come si dice in Marina), oppure con cortesi cenni di mano e sorrisi.
Vidi Lorella ed il marito e, in verità, non me ne dolsi.
Poi, andai a godermi l’ultimo giorno di sole africano e mi incaponii per rosolarmi al meglio, nell’angolo più sperso della spiaggia del resort: all’ora di pranzo, invece di andare al ristorante, mangiai un panino al bar e tornai subito in spiaggia, a leggere e fare qualche bracciata nella laguna.
Avevo quasi finito il mio libro -il secondo, da quando ero partito- quando una bava d’aria gelida mi distolse dalla lettura: un’occhiata all’orologio mi informò che erano da poco passate le cinque ed il sole, basso sull’orizzonte, mi fece dichiarare, a mezza voce: ‘Ok: fine vacanza!’
Mi rivestii, raccolsi le mie carabattole, gettai un’ultima occhiata alla spiaggia e mi incamminai; presi l’ultimo caff&egrave e poi andai in camera, per farmi una doccia, vestirmi per il viaggio e chiudere i bagagli.
Ripassai mentalmente la tabella-di-marcia per quella sera: lasciare la valigia fuori dalla camera entro le 19, camera libera entro le 19,30, partenza del pullman per l’aeroporto dalla reception alle 20,30 e trasferimento all’aeroporto con il volo schedulato per le 23,10.
Mi perplimeva il fatto che per arrivare all’aeroporto ci vuole un’ora e il check-in fa fatto due ore prima del decollo: i tempi non tornavano… finch&egrave non mi ricordai che il villaggio usava una sua ora-legale: in realtà, il pullman sarebbe partito alle 19,30 egiziane e quindi i tempi erano logici.
Lasciai fuori la mia valigia rigida ed andai a cena giusto all’apertura del ristorante, in modo da poter essere puntuale alla reception.
Mentre cenavo, mi divertiva capire chi, dall’abbronzatura, fosse sul piede di partenza e chi, invece, fosse arrivato al villaggio quello stesso pomeriggio dal gennaio italiano.
Lorella e Gino vennero a sedersi con me e mi chiesero come avessi trascorso l’ultima giornata egiziana: sintetizzai le già scarne informazioni ed alla fine chiesi, cortesemente, come l’avessero trascorso loro.
Gino, con aria mogia, mi disse dopo essere stato in spiaggia al mattino, era restato chiuso in camera tutto il pomeriggio, davanti alla tv.
Guardai Lorella, che invece si aprì in un ampio sorriso: ‘Beh… a pranzo abbiamo incontrato Patrizia e Margherita, che sembravano molto contente di vedermi…
Mi hanno detto di stare con loro (non chiesto o pregato: quasi ordinato!) e quindi ho lasciato Gino e le ho accompagnate in spiaggia, dove ho dovuto spalmarle l’olio solare ed essere pronta per andarle a prendere da bere al bar.
Verso le quattroemmezzo, hanno deciso di ritirarsi ed ho dovuto raccogliere e portare in camera tutta la loro roba.
Appena posato il tutto sul tavolo, mi hanno ordinato di fare la doccia con loro, per lavarle ed ho, ovviamente!, obbedito.
Ci siamo spogliate e siamo entrate nel vano-doccia ed ho dovuto insaponarle e spugnarle delicatamente, mentre loro si baciavano, si toccavano o mi insultavano.
Finita la doccia, ho dovuto tamponarle con gli asciugatoi, senza strofinarle!, ed asciugarle i capelli, sempre con l’asciugamano.
Poi mi hanno ordinato di stendermi sul fondo del vano doccia, mi son venute sopra, mettendo i piedi di qua e di là, si sono mezze accosciate e poi… si sono alleggerite la vescica, insieme: Patty sul viso -e ne aveva un fiume!- e Marghe invece spruzzandomi dal seno alle cosce.
Come Patty ha finito, si &egrave accosciata sul mio viso e mi ha ordinato di asciugarla e pulirla… cosa che ho fatto, ovviamente.
Come &egrave venuta, si &egrave rialzata ed ha lasciato il posto all’amica…’
Ero stimolato ed incuriosito: ‘E poi?’
Lei fece il faccino triste: ‘mi hanno ordinato d preparare le valigie, le loro!
Me le hanno fatte e disfare quattro volte… stava venendo tardi, per fare le nostre, mia e di Gino!
Poi Patty ha riso ed ha detto: ‘Ma che sciocca! Noi non dobbiamo partire!! Stiamo qui ancora una settimana!!!
Dai, stupida troietta: rimetti tutto a posto, per bene!’
Avrei pianto dalla rabbia! Così, di furia -anche se mi dicevano di farlo con calma, sennò me lo facevano rifare!-, ho rimesso tutta la loro roba nell’armadio, tutta per bene e poi sono corsa in camera, a fare i nostri bagagli’
Risi divertito, immaginando la sequenza degli eventi: la ‘mia’ Lorellina si dimostrava davvero insuperabile!
Verso le otto e un quarto, andammo alla reception e salimmo sul pullman.
Mentre viaggiavamo verso l’aeroporto, l’accompagnatore ci ricordò che la legge egiziana &egrave implacabile con chi cerca di esportare pezzi di corallo, di barriera, conchiglie o sabbia -oggetti che, a detta di lui, non sfuggono ai portali a raggi X per i bagagli!- punendo l’incauto turista con multe dai seicento ai seimila euro.
Un mormorio diffuso accompagnò questa informazione e difatti, quando arrivammo davanti all’aeroporto, molti si precipitarono ad aprire i bagagli ed a estrarre pacchetti e ‘ricordi’ naturali, tanto da riempire rapidamente un grosso contenitore gettacarte.
Ripuliti i bagagli dai rischi di pesanti sanzioni, ci accodammo pazientemente per il controllo dei documenti e dei bagagli ed il metal detector per entrare nell’aeroporto: mentre l’addetto a radiografare i bagagli aveva un’espressione annoiata, il poliziotto al metal detector faceva spesso tornare indietro le persone, che a poco a poco si liberavano anche dei più piccoli oggetti metallici; diverso trattamento per le signore che indossavano stivali, costrette a levarseli per farli radiografare assieme ai bagagli.
Comunque, alla fine riuscii ad entrare (dopo esser dovuto tornare indietro al metal detector per la fibbia della cintura e l’orologio!) e mi accostai al banco del check-in, trovandomi improvvisamente accanto Gino e Lorella; mi proposero di prendere sedili vicini ed accettai.
Quando venne il mio turno, chiesi espressamente un posto nella fila 12 dell’Airbus 320 col quale saremmo tornati, sapendo che le file 12 e 13 sono incomprensibilmente poco amate, a causa della presenza delle uscite d’emergenza.
L’addetto egiziano mi guardò con un sorriso ironico e mi chiese: ‘Perch&egrave, proprio la fila dodici?’
‘Perch&egrave -spiegai pazientemente- la fila 12 &egrave più larga ed io… -feci un passo perch&egrave potesse vedermi meglio- …con la mia taglia, preferirei volare comodo!’
Lui rise, mi fece l’occhiolino e mi assegnò il posto 12A, accanto al finestrino.
Dietro di me, Lorella gli fece presente che avevamo fatto amicizia, per cui ebbero il 12B e 12C.
Completato il check-in, compilai il modulo per lasciare l’Egitto -accalcandomi su un bancone alla ricerca di una penna- e infine, dopo l’annullo del visto d’ingresso, affrontai un metal detector ancora più feroce di quello all’entrata: stavolta lo superai, essendomi levato TUTTI gli oggetti metallici, nonostante avessi il dubbio che la zip dei jeans avrebbero fatto squillare l’allarme.
Poi, ci accampammo nella sala d’attesa, in paziente attesa che le lancette strisciassero sui quadranti fino all’ora del nostro imbarco, chiacchericchiando, curiosando nei negozietti duty free, bevendo un birretta e, fondamentalmente, annoiandoci.
Finalmente giunse la nostra ora ed il gate venne aperto: salimmo sul pullman aeroprtuale che ci scaricò davanti alle scalette.
Dopo cinque minuti, eravamo seduti ai nostri posti e, lì a poco, l’Airbus rollò fino a capopista caracollando; poi sembrò concentrarsi, come un atleta ai tacchi di partenza, sentii i motori aumentare i giri, mentre la fusoliera oscillava sulle sospensioni e poi… via!!!
MI trovai con la nota spinta dello schienale contro la schiena, fin quando il grosso aereo fece la rotazione, staccando il ruotino di prua dalla pista e poi, dopo qualche centinaio di metri, anche i grossi carrelli si staccarono dalla pista e dopo poco avvertii il leggero tonfo dei portelli che si richiudevano, coprendoli.
Dopo una ventina di minuti, mi resi conto che eravamo in volo livellato, appena prima che il comandante ci desse il benvenuto a bordo, ci informasse che avremo volato a trentasettemila piedi (divisi per tre e capii che si trattava di quasi dodicimila metri) alla velocità di ottocento chilometri all’ora, con una temperatura esterna di sessanta gradi sotto zero e che saremmo atterrati a Malpensa intorno alle tre del mattino, ora italiana.
Subito dopo, il personale di bordo passò distribuendo bevande e biscotti secchi e poi le luci della cabina si attenuarono, mentre gli schermi LCD si abbassavano per mostrare un film; non ero interessato, per cui non presi neanche le cuffie per sentire il sonoro.
Gino, avendo visto che gli altri tre sedili accanto a noi erano vuoti, si era trasferito lì, alzando i braccioli e stendendosi a dormire e io, alzandomi per prendere il libro dal bagaglio a mano, vidi che le file davanti e dietro a noi erano vuote e, verso prua, avevo l’impressione che tutti avessero approfittato dei molti posti liberi, per affrontare il più comodamente possibile il noioso volo notturno.
Vidi, nei ‘galley’ di prua e di coda, le hostess sedute in posizione molto rilassate, a chiacchierare: con l’aereo pieno a metà di gente assopita, in effetti, il loro lavoro era ridotto solo a gettare pigre occhiate per vedere se qualcuno avesse, caso mai, bisogno di loro.
Guardai Lorella, mezza assopita di fianco a me e poi guardai, fuori dal finestrino, il mare di nuvole illuminato dalla luna; un’espressione inglese cominciò a ronzarmi nella testa, come una mosca sul vetro in un pomeriggio piovoso: thirty thousands … trenta mila.
Perché pensavo a quella distanza? Frugai nella memoria e infine mi venne in mente: thirty thousands high! Trentamila (piedi in) alto! Cio&egrave, un’altezza di diecimila metri… Il club dei diecimila metri (di quota) raccoglie tutte le persone che possono vantarsi di aver fatto sesso in alta quota e… beh, guardando Lorella, pensai che l’occasione era favorevole.
La risvegliai con un bacio sulla tempia e lei aprì gli occhi, guardandomi con un sorriso complice.
Mi porse le labbra da baciare ed io le infilai sensualmente la lingua in bocca, facendole però scivolare la mano sotto la gonna midi di flanella.
Feci risalire le dita lungo il nylon della calza, fino alla giarrettiera di pizzo elasticizzato e poi su, sulla pelle tiepida della coscia , fino al suo pube bollente.
Lei schiuse le gambe, e la mia mano si impadronì della sua fichetta nuda, già bagnata di eccitazione.
Giocherellai pigramente con le labbrine, poi le schiusi con due dita e feci correre un polpastrello tra di loro, andando lentamente dal buchetto al bottoncino, poi tornai indietro e proseguii fino al buchetto, che trovai rilassato e palpitante.
Lei mi mise la mano sulla patta ed abbassò la zip, armeggiando coi miei boxer per tirar fuori il mio cazzo semiduro.
Proprio in quell’istante, Gino si svegliò e con una rapida occhiata verso di noi, comprese subito gli eventi, sorridendo di compiacimento.
A cenni, lo pregai di stare attento che nessuno si avvicinasse e lui annuì, mettendosi a sedere nel posto verso il corridoio.
Nel frattempo Lorella si era abbassata ed aveva cominciato a leccarmelo, portandolo rapidamente al massimo dell’erezione.
Quando la consistenza fu di suo gradimento, lo fece sparire in bocca, spingendoselo fino alla glottide ed aspirandolo e massaggiandolo con la sua guizzante linguetta, mentre con due dita lo stringeva alla radice e col pollice mi sfiorava lievemente lo scroto.
La fica era guazza, col le labbrine aperte, come il becco di un uccellino che implori il cibo dai genitori: decisi di soddisfarle gli appetiti e la tirai, facendomela infine sedere sul pube.
Feci ricadere la sua ampia e lunga gonna fino oltre le mie ginocchia e la allineai alla mia cappella congestionata.
Con una mano sotto la gonna, se lo appoggiò sulla fica e poi, con un quasi impercettibile ‘Ohhh….’, ci si impalò lentamente.
Le misi le mani sui fianchi e la tenni, mentre inarcandomi mi spingevo ritmicamente dentro di lei.
La mia mente, malandrina, mi riportò alla memoria una scena simile del film Emmanuelle ed il mio piacere aumentò.
Sentivo il cazzo massaggiato e come masticato dai muscoli vaginali di Lorella e stavo con i sensi all’erta, stimolato dalla paura che qualcuno ci notasse.
Tanto che venni sorpreso dall’onda di piacere che, dai coglioni, risaliva violentemente su per il cazzo, molto in anticipo sui tempi a me abituali.
Anche lei sentì il mio uccello irrigidirsi ancora e vibrarle dentro la fica ed anche lei sentì arrivare il treno del piacere: si lasciò sfuggire un piccolo gemito e ridussi i rischi che svegliasse qualcuno afferrandola per la nuca e spingendole la lingua in bocca, proprio mentre i nostri corpi, alla stesso tempo, vibravano per l’orgasmo raggiunto.
Le lanciai lunghi schizzi dentro la fica, contro il collo dell’utero e lei, felice, si rilassò, mi abbracciò e mi baciò con gioia.
Poi, sempre facendo piano piano, si alzò e raggiunse la coda per rinfrescarsi nella toilette.
Presi fiato un momento, poi anch’io andai a poppa e mi chiusi nell’altro camerino, per fare una rapida abluzione e, già che c’ero, per alleggerire la vescica.
Tornando a metà fusoliera, ai nostri posti, notai la gente ammassata -sei per fila- a dormire seduta: sembravano l’equipaggio in ibernazione di un’astronave in un film di fantascienza.
Mentalmente, li ringraziai tutti di essersi ammassati lì in coda ed aver, così, lasciato tanto comodo spazio a noi, viaggiatori porcelli nonché -da poco!- neo iscritti al ‘Thirty-thousands-high Club.

FINE DELLA VACANZA

commenti graditissimi a zorrogatto@email.it

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