Skip to main content
Erotici RaccontiRacconti Erotici Etero

BAD OBSESSION

By 3 Febbraio 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Noi tutti siamo gente onesta.
Siamo persone perbene mischiate nella società dell’apparire, che lascia intravedere valori sinceri e cristallini, solo per screditare coloro che infine provano a raggiungerli. Chi di noi onesti non ha mai provato ad avvicinarsi ad un fine più ampio della semplice ‘cosa’ e a librarsi in un idea ed uno scopo, solo per precipitare con le ali tagliate dai medesimi che ci hanno incoraggiato ad essere noi stessi e non guardare in faccia a nessuno?
E non è il semplice cadere che ci mostra il nostro fallimento, e la nostra melensa convinzione di un aiuto non solo negato, ma rigettato come un conato, no: è il riso meschino di ci colpisce quando non si hanno difese e di chi disprezza lo sforzo compiuto da tutto noi stessi, quando chi ride è proprio uno dei vili fautori della nostra rovina.

Il tempo, come si sa, cambia i fatti e mischia le carte disposte sulla tavola della vita e delle cose. Questa è la storia di chi è caduto gettato a terra da tutti e di chi si è rialzato in piedi da solo.

Non so se voi siete gente che ride o gente che crolla, comunque la storia comincia’

Capitolo I

Si chiama Cristian e va alle scuole superiori. è un ragazzo un po’ introverso, di quelli che piuttosto che stare con compagnie forzate preferisce stare da solo. Non un solitario, non nel vero senso del termine, passa del tempo da solo, e il silenzio non gli pesa, ma non è un eremita.
Ha amici? Si che ne ha, esce con loro, ride con loro, e dice le solite cazzate che dicono i ragazzi.
Non è un bel ragazzo, carino si, ma non regge il confronto con quei fighetti che passeggiano per i corridoi della scuola, con le scarpe lucide e i pantaloni alle ginocchia. Niente orecchini o tatuaggi.
Ad alcune ragazze piace, erano attirate da lui, ma il suo modo di fare un po’ schivo non è un grande aiuto nelle relazioni interpersonali.
Dai compagni non è ben visto: dal carattere gentile, educato, leale a quanto sembra qualcuno è molto attirato, e solo per provocare e ridere alle spalle.
Comunque ha avuto delle ragazze. Certo non delle super-modelle o cose del genere.
La storia durata più a lungo era con una ragazza, carina di viso, anche se un po’ in carne. Era simpatica e gentile e, bisogna ammetterlo, non faceva difficoltà ad aprire la bocca e ciucciare il cazzo.
Ma le cose finiscono.
Finisce la storia, finisce la scuola.
Purtroppo, non avendo una fitta schiera di amici, non aveva grandi conoscenze che potevano allietare le sue serate.
La consolazione era che non avrebbe più dovuto passare varie ore al giorno coi compagni, quegli stessi compagni che umiliano e deridono sia chi è peggiore che chi è migliore, poiché la massa infanga sempre chi non può raggiungere.
Comunque il ragazzo cerca altre relazioni, e si incontra con diverse ragazze, anche se dobbiamo ammettere che non va sempre bene.
Cosa manca in questa vita, a questo punto? Un lavoro.
E lui lo trova.
In un ufficio polveroso, ingombro di carte e scrivanie, c’è solo qualche pianta in agonia a rifinire il panorama.
Così vengono passati giorni tra i fogli e la noia, in quel palazzo un po’ scrostato, martellato dalla pioggia in autunno e riarso dal sole in estate.
Un giorno compare alla porta una ragazza. La nuova stagista.
è davvero carina: capelli neri a caschetto, occhi nocciola e denti avorio. Non è alta, è abbastanza magra, con due piccoli seni che accarezzano la sottile maglietta rosa che porta. Si chiama Sara.
I due passano un po’ di tempo assieme, com’è ovvio visto che sono entrambi nello stesso ufficio e qualche volta vanno a pranzo insieme.
Tuttavia non c’è quella grande affinità, lo si nota: lui cerca di vincere la sua naturale timidezza (e ci riesce pure) ma lei ha un atteggiamento quasi altezzoso.
Superbia. O vanità. Non è mai aperta completamente con lui e accetta la sua compagnia, ma sembra più per non stare da sola, che per un vero interesse.
Finito il periodo lavorativo i due continuano a scriversi, ma, a quanto pare, lei non è più interessata a dividere il proprio tempo.
Non si sentono più per un paio di anni.
In questo periodo matura in lui quell’atteggiamento misogino che è parte integrante di noi. Così, ad una vaga idea di bassa considerazione delle ragazze – a livello intellettivo ed emotivo, non carnale – si instaura gradatamente quel sottile senso di disprezzo per alcune persone del gentil sesso. Disprezzo, sarcasmo e cinismo, poiché ci si accorge, col passare del tempo e dell’età, che i buoni sentimenti sono molto più rari di un bel viso e di una bella figa.
Perché non divertirsi allora alle spalle di quelle stesse persone che ci insultano con silenzio ed evasione?
Perché non poter usare quelle persone da cui si è stati troppe volte usati e scartati?
Perché non ridere, almeno per una volta, noi alle spalle degli altri, che hanno dimostrato sotto il loro cerone ben steso solo falsa modestia circondata da una vanità incontrastata?
Come cambiano le cose: l’onestà diventa cinismo; il rispetto diviene disprezzo; e un semplice numero di telefono scambiato quasi per caso, una semplice arma.
Cristian si sedette sul divano, una sera tardi, col suo pc in grembo.
I grandi piani partono dalle cose semplici.

Così, una sera d’inverno, un noto social-network registrò un nuovo utente, con una foto finta scaricata da internet ed un nome inventato.
I prodigi della tecnologia vogliono che basti solo un nome, magari con la città di residenza ‘ e chi non lo sa? ‘ per trovare la persona che si cerca.
Sara guardava l’obiettivo leggermente voltata di spalle, con un lungo abito da sera nero che le accarezzava il corpo, con uno sguardo così lascivo da far dannare un frate.
Cristian, ora un anonimo personaggio su internet ‘ aveva preso le sue precauzioni ‘ le chiede l’amicizia e le invia un semplice messaggio.
Riguardo un qualche affare da discutere, giusto per solleticare l’attenzione della signorina.
Lei rispose.
Scattò la trappola.
‘ Sai’ così per caso’ ho il tuo numero di cellulare’ sai che si possono fare tanti scherzi vero? ‘
‘ chi sei brutto stronzo? ‘
‘ Solo un amico che sa una cosa di te’ che può fare qualche bello scherzo con quel numero’ ma ci possiamo mettere d’accordo’ ‘
Così procede la discussione via chat, con lui che incalza, sottolineando il suo vantaggio.
Lei fece allora la domanda giusta:
‘ che cazzo vuoi stronzo? ‘
Si, era la domanda giusta. E Cristian pensò di cominciare con un piccolo assaggio, un lieve antipasto servito via rete.
‘ sai’ io questo numero potrei cancellarlo’ in cambio’ tu potresti inviarmi una tua foto’ nuda’ ‘
Anche la ragazza meno furba del mondo avrebbe capito che aria tirava. Un ricatto, lo chiamerebbero alcuni.
Ma non facciamo i pignoli.
Sara resistette, ma già da quelle poche righe si capiva che era in svantaggio, in grosso svantaggio, e scrivere parolacce unite a frasi sgrammaticate non è una grande difesa.
La ragazza era attaccata all’amo, un esca che aveva addentato molto tempo prima, ma che solo allora si dimostrava per quello che era davvero.
E, se tutta la forza di chi tirava la lenza non era a lei ancora chiara, il ragazzo invece la comprendeva appieno.
Ed era deciso ad usarla.
Così man mano che la discussione procedeva, l’esito dello scontro era ormai chiaro ed entrambi.
Lei non poteva fare nulla se non assecondare lui.

Ad un account di posta elettronica, creato con dati finti, venne inviata una mail: niente testo ed oggetto, solo una fotografia come allegato.
Cristian guardò la mail appena ricevuta. Le mani gli tremavano, era nervosissimo. Con il cuore che gli batteva forte nelle orecchie ed il fiato corto, premette sul touchpad per visualizzare l’immagine.
Era la foto più bella che avesse mai visto: Sara guardava l’obiettivo che la stava per ritrarre, completamente nuda.
Era, si presume, nella sua camera. Il volto era severo, ma si distingueva nettamente la bellezza in quello sguardo, che, per quanto potesse essere austero, lasciava comunque filtrare, come fa una tenda mal tirata, la lussuria in attesa di essere liberata, la voglia di quel fisico di essere posseduto da chi, con decisione, sarebbe penetrato all’interno, a violare quello spazio che è l’unico degno di conquista, e di essere usato per l’unico piacere che è inseguito da tutti, ma ottenuto da alcuni soltanto.
Gli occhi nocciola erano fissi davanti a se, col bel viso dolce e pulito incorniciato dai capelli corvini, appena mossi come da una lieve brezza, che le ricadevano appena sulle spalle, delicati come un sussurro.
I seni, squisitamente proporzionati, si mostravano come obelischi pronti ad essere adorati, di dimensioni perfette, con la rosea aureola che, come petalo di fiore, coronava piccoli capezzoli, fatti apposta per essere sfiorati da dita leggere, e da labbra delicate, a portare dolci sospiri nel vento.
L’ombelico stava sospeso al centro di un ventre perfetto, come un sole nell’universo, e, al di sotto, contornata da una lieve peluria castana, fine e delicata, come l’erba dell’Eden, stava il frutto proibito, di cui si distinguevano, appena accennate, labbra dolci come miele, a chiudere lievemente l’ingresso per un mondo vietato, dove chiunque potrebbe sentirsi un Dio, e dove la felicità è servita in una portata di sospiri e carezze e gemiti lacrime d’oro.
Con le pupille dilatate ed un lieve tremore a svelare l’emozione vibrante nascosta nella carne, Cristian guardava quella splendida figura, quell’angelo corvino, ritratto di un enorme bellezza.
Allora, fluido come il pensiero, silenzioso come un testimone, nasce quel tenero movimento, naturale ad ogni persona, richiamo del piacere sopito.
In singoli gesti, uniti dal selvaggio appetito, i muscoli assecondano la lussuria crescente, sempre più incontenibile, sempre più apparente. Il bisogno del sesso cercato, vibrante nel sesso sollecitato così dolcemente, con un facile gesto, dimostra tutta la sua grandezza svettando alla ricerca di un selvaggio appetito.
E continua il movimento, sempre più rapido, più veloce, più intenso, col respiro veloce, leggeri sussurri, fino all’apoteosi del piacere carnale, nel seme liberato, nel l’appetito, solo momentaneamente placato.
Allora il cuore rallenta i battiti, e il controllo ritorna piano piano, a soffocare il piacere conquistato.

Cristian sapeva che poteva spingersi ancora oltre. Poteva conquistare altro che uno scatto, lo aveva intuito, premendo sui giusti tasti, lasciando intravedere una via di libertà dall’umiliazione che la ragazza sfiora, e sa di sfiorare.

Sul medesimo divano, una notte diversa, il ragazzo è in attesa: controlla la chat, sa che troverà la ragazza, e tirerà la lenza.
Difatti, dopo non molto tempo, il simbolo verde, sinonimo della connessione, appare di fianco all’icona della fanciulla.
Riparte l’attacco.
‘ che cazzo vuoi ancora, non sei contento? ‘
‘ oh, ma certo che lo sono, eri stupenda ‘.
‘ e allora?’
‘ allora, un ultima cosa, prima che io scompaia ‘ .
‘ che cazzo vuoi? ‘
‘ sai’ magari’ potremmo vederci una di queste sere”
Solo una, Cristian lo sapeva, solo una volta avrebbe potuto vederla. E stava cercando di giocare al meglio le sue carte. Infatti, come arma poteva disporre, a questo punto, sia del numero della ragazza, sia di un immagine assai compromettente. Era la sua occasione.
‘ no, vaffanculo maniaco di merda’.
Beh, che dire, il ragazzo se l’aspettava. Era ora di giocare più forte.
‘sai’ qualcuno deve avermi mandato una tua foto’ e sai una cosa? Sei nuda. Chissà se il mandassi questa foto un po’ in giro su internet’ e magari farla trovare ai tuoi genitori’ come sarebbero contenti’ sei molto fotogenica davvero!’
Il colpo aveva sortito l’effetto desiderato. Era disposta all’incontro.
Era una sera d’inverno.
Il tiepido sole era prontamente scomparso oltre i palazzi grigi per lasciare posto alla notte, anche se il cielo non era ancora nero, ma risplendeva di quel debole chiarore che al tramonto persiste. Le strade erano quasi deserte, e solo rare persone passavano frettolose per quella parte di città, a gettare fugaci ombre, mentre i tristi lampioni osservavano silenziosi col loro occhio itterico.
Cristian aspettava in un vicolo, appoggiato contro il muro. Indossava un giubbotto nero, un cappello calato sugli occhi ed aveva una sciarpa che gli nascondeva gran parte del viso.
Sentiva le gambe tremare lievemente, tutto il proprio corpo vibrare di eccitazione ed ansia. Il cuore batteva come un martello sulla mente, percuotendola coi suoi veloci rintocchi.
Respira’ respira’
Poi, all’ingresso del vicolo, comparve l’esile figura che avanzava. La riconobbe all’istante. Avanzava a passo deciso, per nulla spaventato. I suoi fianchi ondeggiavano dolcemente, come una dolce marea, mentre i suoi capelli le ricadevano, come petali, sul cappotto bianco.
Cristian si staccò dal muro per farsi notare, dopo essersi accertato che nessuno seguisse la ragazza.
Lei gli andò incontro.
‘eccomi’.
‘piacere di vederti. Sei davvero molto carina’.
‘quindi?’
Aveva ragione, non dovevano tirarla troppo per le lunghe.
‘in foto eri davvero molto carina. E questa sarà l’ultima volta che ci vedremo o che parleremo assieme. Quindi’ rendiamola speciale’.
‘cosa vuoi fare?’
‘vieni con me’.
La prese dolcemente per un braccio. Lei non oppose nessuna resistenza e non fece nessuno sforzo per sottrarsi a quel contatto.
La strada era stata scelta con cura. A pochi passi da lì, infatti, c’era una piazzetta insignificante, con una piccola chiesa deserta e quasi dimenticata.
Si avvicinarono a quel palazzo. La porta di legno, banalmente scolpita, si aprì e loro procedettero all’interno. I loro passi rimbombavano tra le colonne, come un peccato che si sta per compiere.
Una debole luce illuminava tutto il complesso, mentre in quella penombra avanzavano tra le navate. Quasi arrivati al centro della navata principale lui svoltò a sinistra, sempre conducendo la ragazza con sé.
Mentre avanzavano verso il transetto, fece scendere la sua mano sul fianco di lei: riusciva a sentirne il calore attraverso i vestiti, lungo i fianchi, poi più giù, a posarla dolcemente sul sedere. Era perfetto, caldo e sodo, con una rotondità fatta apposta per essere sfiorata, e due glutei accarezzati lievemente sulle cuciture dei pantaloni attillati.
Si trovarono davanti ad un confessionale, uno di quegli orrori di legno in cui ipocriti credenti si confessano ai preti, che di nascosto ridono dei loro peccati, godendo di quelli che commetteranno di lì a poco loro stessi.
‘entra qui dentro’.
‘che cazzo dobbiamo fare?’
‘ora lo vedrai’.
Ed entrarono.
Era molto stretto l’interno, ma, per Cristian, quella vicinanza era inebriante. Lei gli era molto vicina, a contatto, sentiva il suo profumo, il suo calore, la sua femminilità permeare tutto l’ambiente con la sua voluttà. In quel luogo, in quel silenzio, il cuore batteva rapido come non mai, a tempo col desiderio che premeva per essere realizzato.
Le accarezzò il viso, con le dita a sfiorarle le guance di seta. Poi più giù.
Le aprì il giubbotto, e con una mano le percorse il petto, sfiorandole i seni. Prima li accarezzò dolcemente, cullandoli tra le sue mani, poi con maggiore decisione.
La fece voltare.
Era dietro di lei. I capelli di Sara gli ondeggiavano davanti al viso. Aveva le mani premute sui suoi fianchi. I bacini erano a contatto.
Le fece abbassare i pantaloni, e lui fece altrettanto.
Il calore già cominciava ad insinuarsi nei corpi. Le mani percorrevano il ventre, caldo come un sogno, poi a scendere sul sedere, dolcemente, a sfiorarle le cosce.
Lui si fece più vicino.
La sua eccitazione era al culmine, la sua voglia di piacere svettava eretta verso la giovane donna che le si stava concedendo. A poco spazio da quell’ingresso che è il Piacere e la voluttà, e un sogno compiuto. Non sentiva più il cuore né i pensieri. Confuse idee si affollavano nella mente ormai ingestibile, mentre il pene delicatamente affondava dentro lei. Istante dopo istante, sempre più a fondo, contro di lei, dentro di lei, si insinuava, si faceva spazio, dolcemente ma con decisione, nello spazio proibito, fino al paradiso.
Lo stesso movimento ripetuto, ancora e ancora e ancora. Immersi in quel calore, quando i gemiti e i sussurri si susseguono, sempre più veloci, più rapidi, più intensi.
E ancora lui affonda dentro di lei tutto se stesso. E ancora lei si prepara per concedere una nuova immersione. Poi, al culmine di ogni piacere, al limite di ogni voluttà, alle porte del paradiso, Cristian libera il suo seme, nell’Eden proibito, sgorgando come i flutti di un mare in burrasca.
E, mentre le eco del loro piacere ancora gremivano le navate, e mentre i sospiri dei loro peccati ancora volteggiavano tra le colonne, i due si fermarono, esausti.

Leave a Reply