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Biancaneve Reloaded

By 1 Settembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

C’era una volta, in un paese lontano lontano, un principe azzurro. Ma non si chiamava Azzurro. Si chiamava Light Blue, poiché anche in quel paese lontano lontano, e talmente piccolo che compariva solo sulle cartine più dettagliate, faceva figo l’americanismo.

E ovviamente, crescendo e guardando la tv e i video musicali su youtube, il piccolo principe iniziò a farsi chiamare LB. Da leggersi “El Bi”, chiaramente.

Come in ogni fiaba che si rispetti, LB era sfigatissimo. Cioè, lo so, di solito quelle così sfigate da cadere in coma per cent’anni a causa della stupidissima punta di un fuso sono le principesse, ma io sono per la parità dei sessi quindi nella mia storia lo sfigato è il principe.

Dicevamo… LB era uno sfigato. La sua mamma, come tutte le regine delle fiabe, era morta quando lui era molto piccolo. (Fare la regina delle fiabe è una merda: o ci lasciano le penne giovani, o sono delle gran stronze. Se arrivasse uno e mi dicesse: “Sono il re di un paese lontano lontano, vuoi sposarmi e diventare la mia regina?” gli direi: “Col cazzo!“)

Inoltre, il principe era di salute cagionevolissima, era allergico alle graminacee ed alle mele, soffriva di asma e di emorroidi ed aveva avuto un’acne giovanile tremenda (infatti i paggi del castello lo chiamavano dietro le spalle Brufolo Bill anche ora che era passata).

Ma nonostante ciò era bello, molto bello (a parte tra i 15 e i 19 anni quando la sua faccia sembrava un enorme e lucido insieme di bozzi rossi). Talmente bello che il padre iniziò a sospettare che in realtà non fosse figlio suo.

In effetti non aveva tutti i torti: LB era alto e slanciato, con gli occhi azzurri e gli zigomi marcati e lunghi e folti capelli biondi. Perfino il pallore della sua pelle (ok, a parte nel pieno di brufolandia) lo rendeva bello. Il re invece era basso e tozzo, coi capelli scuri ed ispidi e pure un po’ radi, e la pelle ricoperta di bozzi (bè ecco, quanto a questo nel pieno dell’acne però una certa somiglianza c’era!) ma in fondo che volete? Era un rospo, prima!

Il fatto che il re non fosse sicuro che il suo unico figlio fosse davvero il suo unico figlio aveva avuto due conseguenze: una crescente antipatia ed insofferenza del sovrano nei confronti del ragazzo, che venne relegato nell’ala più lontana buia cupa umida e piena di spifferi e ragnatele del castello, cosa che non giovava certo né alla sua salute né al suo umore, e il desiderio spasmodico di un altro erede, che fosse sicuramente sangue del suo sangue, cioè che somigliasse ad un rospo come lui.

Solo che il re, dato che nella sua posizione poteva permettersi di scegliere, non si era mica sposato una rospetta, cosa che avrebbe facilitato la somiglianza dell’eventuale marmocchio con il simpatico anfibio. Certo che no! La nuova regina era una strafiga spaziale, una ex modella di pochi anni più vecchia di LB.

Gambe chilometriche, cosce tornite, vita affusolata, seno impertinente, viso perfetto, capelli folti e pelle luminosa, la matrigna affollava tutti i sogni bagnati del giovane principe, che relegato nel castello dalla cattiva salute e dalle antipatie paterne non è che avesse mai avuto molto a che fare con belle donne fascinose.

Aveva perso la verginità con una lontana cugina in visita, che per colpa della benedizione malriuscita di una fata madrina maldestra era sempre talmente infoiata che si trombava qualunque cosa respirasse, oltre alla propria immensa collezione di vibratori e dildi (e LB sospettava che si fosse trombata perfino qualcosa che aveva già smesso di respirare, ma non ne aveva le prove…), e che l’aveva talmente prosciugato che quando era ripartita lui aveva dovuto passare due mesi a letto nutrito esclusivamente a zabaione ogni tre ore come i neonati.

Dopo di questa estenuante esperienza aveva avuto solo una breve relazione con una cameriera (molto meno famelica della cugina) che era stata allontanata non appena il re si era accorto della cosa, e poi c’erano state solo pippe, astinenza e ancora pippe. E meno male che perfino nei paesi lontani lontani arrivavano i porno…

Ma da quando suo padre aveva sposato la fascinosa Grimilde, che incurante del clima non proprio clemente del paese lontano lontano e degli ormoni di tutti gli abitanti maschi – e anche di qualche femmina – del castello, umani e non, girava per il maniero in abiti succinti e semitrasparenti, la connessione internet del castello era andata praticamente in pensione: il principe non faceva che masturbarsi pensando a lei.

Ma le sue occhiate furtive non passarono inosservate alla scaltra matrigna: non esattamente soddisfatta dal marito, che ormai aveva la sua età e dopo aver passato parecchi anni nello stagno sotto forma di rospo soffriva di cervicale e di artrite, la bellissima donna si era messa alla ricerca di un giocattolino discreto con cui passare qualche momento interessante quando il re era impegnato altrove.

E perché non tenere tutto in famiglia, dato che il giovane LB era un gran bel ragazzo?

Una sera che il re era in visita al regno vicino, dal padre di Raperonzolo (che LB non ricordava con piacere: ancora mezzo ubriaco per la festa dei diciott’anni, era partito con un amico per la sua torre e aveva tentato di arrampicarsi lungo la treccia, ma la ragazza non aveva usato lo shampoo e il balsamo miracolosi della pubblicità ma quelli di una sottomarca del supermercato e i capelli sfibrati si erano rotti facendolo cadere rovinosamente sull’unico rovo nel raggio di due chilometri), la matrigna si era fatta un lungo bagno profumato, si era messa un babydoll molto sexy e trasparente con niente sotto ed aveva convocato l’ignaro figliastro con una scusa.

Il poveretto venne interrotto dal servitore mandato a chiamarlo nel bel mezzo di una sega furiosa in cui si immaginava di spingersi in mezzo ai magnifici seni di Grimilde mentre lei chinava la testa e gli leccava la cappella gonfia ad ogni colpo, quindi quando arrivò agli appartamenti della matrigna, nonostante il chilometrico viaggio dall’ala lontanissima del castello dove il re l’aveva relegato, era ancora in uno stato di eccitazione tale che il rigonfiamento nei suoi pantaloni l’avrebbe visto perfino la nonna di Cappuccetto Rosso.

La trovò acciambellata sul letto, col seno e le lunghe gambe che facevano capolino dall’indumento più impalpabile che avesse mai visto, e deglutì: avrebbe sicuramente fatto l’alba a suon di pippe.

Ma si sbagliava.

La regina gli fece cenno di avvicinarsi e si alzò srotolandosi con un movimento sinuoso. Lo fronteggiò, a meno di un passo di distanza.

“Mio caro figliastro” gli disse carezzandogli la mascella con un dito, con fare impertinente “quante seghe ti sei fatto pensando a me?”

LB sbiancò e poi arrossì. Pensava di essere stato così discreto… aveva sempre cercato di non sbavare in sua presenza e aveva gettato coscienziosamente tutti i fazzolettini di carta sporchi di sperma nel water, com’era possibile che qualcuno se ne fosse accorto?

Con un sorriso sardonico, la matrigna proseguì: “Dato che il tuo amico qua sotto è molto indisciplinato, e tuo padre non si cura molto della tua educazione, spetta a me insegnargli come ci si comporta!”

Il principe si cagò letteralmente sotto. Grimilde aveva fama di essere perfida, gli era giunta voce che lanciasse telefonini ed altri oggetti contundenti addosso alle cameriere se solo sbagliavano a pettinarle una ciocca di capelli, chissà cosa avrebbe fatto a lui…

Paralizzato, non reagì quando la donna gli sbottonò il corsetto e la camicia sottostante, facendoli scivolare giù dalle spalle e cadere a terra. A petto nudo l’erezione che spingeva i pantaloni, che nonostante la fifa non aveva accennato a diminuire, spiccava ancora di più.

La regina gli morse il collo, poi il capezzolo. LB sussultò. Le lunghe unghie laccate della donna gli tracciarono arabeschi rossi sulla pelle del petto, liscia e tesa sopra dei bei muscoletti (il principe aveva recentemente ordinato AB Rocket da aggiungere agli altri strumenti della sua palestra e gli pareva che la situazione dei suoi addominali fosse migliorata) scendendo verso i bottoni dei calzoni.

Li fece saltare uno dopo l’altro e calò i calzoni insieme ai boxer, trovandosi davanti il membro più teso e gonfio che avesse mai visto. Pareva sul punto di esplodere.

La punta di un artiglio percorse tutta la lunghezza della verga fino in punta, dove raccolse la grossa goccia di liquido preseminale che si era formata al suo tocco.

Il principe deglutì, trattenendo un gemito per non peggiorare la sua situazione.

“Ecco la prova dei tuoi misfatti!” Esclamò la matrigna. “Ora devo per forza punirti…”

Lo spinse verso il letto, facendovelo cadere sopra. Legate alle quattro colonne del baldacchino c’erano quattro manette. Rapida Grimilde fissò i polsi e le caviglie del giovane che quasi spariva nel materasso di piume. Solo il fallo eretto svettava.

La regina gli si mise a cavalcioni, ponendosi con le labbra della vulva completamente depilata ad un soffio dalla punta fremente. Il ragazzo non resistette più e gemette, cercando di sollevare il bacino ed affondare in lei.

La matrigna gli bloccò le anche, allontanandosi leggermente. “Decido io quando. Questa sarà la tua punizione!”

E lo tormentò a lungo, sfiorandogli il membro con le labbra bagnate, e il ventre e il petto e la bocca facendogli annusare il suo odore senza però permettergli di leccarla.

LB era in procinto di scoppiare quando finalmente Grimilde si lasciò cadere sull’asta congestionata, impalandosi fino all’elsa con un gutturale gemito di godimento. Oscillò dolcemente il bacino avanti e indietro per godersi la sensazione di pienezza e soddisfazione che venire penetrata le dava.

E poi lo cavalcò senza requie per ore.

Fronte a fronte, sollevandosi con vigore sulle cosce fino a venire e oltre, finché lui le riversò nella vagina il primo fiume di sperma bollente.

Poi, dato che l’erezione non accennava a calare, ruotò fino a dargli la schiena, e aggrappata alle sue ginocchia partì per un nuovo round. Di nuovo l’orgasmo la colse, e di nuovo lui la seguì dappresso. Ma ancora il membro restava marmoreo dentro di lei.

Allora si girò di nuovo, e rimase ferma mentre lui, da sotto, sollevava il bacino affondandole dentro. Gridarono insieme, stavolta, mischiando i fluidi orgasmici.

E finalmente il fallo iperattivo si rimpicciolì, scivolando fuori di lei.

“Ecco fatto! Finalmente è stato domato!” Esclamò la regina.

Prima di aprire le manette, gli fece giurare silenzio, e gli disse che la sua punizione non era finita: gli avrebbe comunicato lei quando e dove ricevere la seconda razione.

Nel frattempo, gli era vietato masturbarsi.

Intontito, LB percorse la strada fino alla sua stanza su una nuvoletta dorata. Non masturbarsi? Sarebbe andato in giro con le ortiche nelle mutande per un’altra serata come quella!

Non dovette attendere molto: la regina soddisfatta dalle prestazioni del figliastro, lo convocò di nuovo dopo pochi giorni, approfittando di una battuta di caccia che tenne impegnato il marito tutto il giorno.

Ma l’occasione fa l’uomo ladro e presto le convocazioni arrivarono anche mentre il re era al castello, impegnato in riunioni col ciambellano, udienze e allenamenti col maestro di scherma. Rospo sì ma non scemo, il sovrano infine mangiò la foglia.

Deciso a far fuori il figlio, corse all’armeria a prendere l’ascia più affilata, ma il capo stalliere, che aveva LB in simpatia, riuscì ad avvertirlo per tempo.

Il principe, appena rientrato nei suoi appartamenti dopo essere stato spremuto ben bene dalla matrigna, si gettò addosso il suo mantello più pesante, infilò in tasca il cellulare, mise gli stivali e corse fuori dalla porticina sul retro, quella che dava sul Bosco Oscuro.

Ovviamente il Bosco Oscuro non era affatto un luogo ameno e luminoso. Raramente le persone chiamano Bosco Oscuro un posto pieno di giovani betulle, fiori colorati e ridenti torrenti.

Infatti quello era un bosco di scurissime conifere che sibilavano nel vento, dove risuonavano fruscii sospetti di animali sconosciuti sugli aghi secchi a terra.

Col sole al tramonto si vedeva pocuncazzo. Imprecando come uno scaricatore di porto contro la sfiga che non ne voleva sapere di abbandonarlo nemmeno adesso che gli era passata l’acne, il principe si diede ripetutamente del coglione per non aver perso qualche secondo a prendere una torcia elettrica. E del cibo. E un coltello. E una coperta. E il suo lettore mp3 per non sentire quei maledetti fruscii. No, cos’aveva preso? Quel cazzo di telefonino che non gli serviva a nulla perché tutti i suoi contatti vivevano al castello o erano parenti o figli di amici del re, quindi non poteva chiamare nessuno! Si rassegnò ad usarlo per farsi un po’ di luce.

Un’imprecazione via l’altra LB camminò e camminò e camminò per tutta la notte, schiantandosi di tanto in tanto contro il tronco rugoso e resinoso di un albero perché la batteria del cellulare non aveva retto molto, e alla fine era talmente stanco che trascinava i piedi sognando una Redbull.

Caracollò in una radura ed era quasi deciso a fermarsi sotto l’ennesimo pino a riposare quando alla luce di una minuscola falce di luna semicoperta da una nuvola (ovvio, per la legge di Murphy e per le leggi non scritte ma rigorosissime delle fiabe, che tendono sempre a provocare le sfighe più feroci ed improbabili ai poveri protagonisti, non poteva mica essere una serena notte di luna piena) gli sembrò di intravedere, dall’altra parte dello spiazzo, una costruzione.

Si avvicinò con cautela e vide che era una piccola casetta con una porta e delle finestre minuscole.

Il principe si grattò la testa nel constatare le dimensioni dell’edificio. Va bene la moda minimalista, si disse, ma questi architetti stanno esagerando!

Però era talmente stanco che decise di provare a bussare. Magari gli avrebbero dato qualcosa da mangiare e un posto dove dormire qualche ora.

Non ottenne risposta, ma girando la maniglia si accorse che la porta era aperta. Decise di correre il rischio ed entrare.

E pestò una capocciata sonora sul bassissimo architrave.

Ancora intontito dalla botta si ritrovò in un piccolo ingresso, con un attaccapanni con sette piccoli pioli e un’ottavo più alto e grosso. Più avanti c’era un salotto con cucina a vista. Al tavolo c’erano otto sedie: una normale e sette piccoline poste su dei rialzi; davanti alla tv a 80 pollici (va bene essere piccoli ma alcune cose vanno fatte in grande!) c’erano un piccolo divano ad angolo a sette posti e una poltrona di dimensioni normali.

Sul salotto si aprivano due porte: una portava in una stanza con, guardacaso, sette minuscoli letti e sette piccoli armadi più un letto normale e un armadio più grosso. L’altra si apriva su un piccolo antibagno che dava su un bagno. LB si aspettava di trovare otto cessi di cui uno più grande e sette piccole docce più una normale, invece c’era il numero di sanitari presenti in qualsiasi bagno normale, solo che erano di dimensioni ridotte a parte la vasca da bagno. Brevemente il principe si chiese come facessero quando a più di una persona – ed essendo in otto non era un evento improbabile – scappava la cacca. Soprattutto se fuori pioveva.

Finita la sua esplorazione tornò nella stanza principale, si avviò al frigo e prese un po’ di latte e del formaggio. Nella credenza trovò del pane e si mise a mangiare seduto alla sedia più grande, sbafandosi anche tutta la Nutella.

Troppo stanco anche solo per pensare di riordinare fece pipì faticando a centrare la tazza, molto più piccola di quelle cui era abituato, e poi con gli occhi che già si chiudevano si tolse stivali e mantello e si infilò nel letto più grande, cadendo in un pesante sonno senza sogni.

Verso sera i Sette Nani (non ditemi che non avevate capito che la casa era la loro) tornarono dall’ennesima faticosissima giornata in minera, iniziata prima dell’alba ovvero tipo dieci minuti prima che LB piombasse nella loro radura. Tra l’altro erano scazzatissimi perchè quella svampita di Biancaneve era andata a trovare Riccioli d’Oro ormai da un mese e non aveva ancora fatto ritorno, costringendoli a lavare, stirare, cucinare eccetera da soli, come facevano prima di salvarla dalla droga e prenderla in casa con loro.

Eh sì perché Biancaneve mica si chiamava così per via della carnagione. Macchè, in realtà si chiamava Giovanna. Solo che il soprannome gliel’avevano dato anni prima i Carabinieri del regno quando era ricercata per traffico di cocaina. Ora era pulita ma preferiva farsi chiamare così per non essere confusa con le altre migliaia di Giovanne che c’erano al mondo.

Così quando Brontolo arrivò alla porta e disse “La porta è aperta” a Mammolo che era dietro di lui e disse “La porta è aperta” ad Eolo che era dietro di lui e disse “La porta è aperta” a Pisolo che era dietro di lui e disse “La porta è aperta” a Gongolo che era dietro di lui e disse “La porta è aperta” a Dotto che era dietro di lui e disse “La porta è aperta” a Cucciolo che era rimasto un po’ indietro, nessuno di loro ne fu particolarmente felice.

Quando poi Brontolo arrivò in salotto si guardò intorno e disse “Qualcuno ha mangiato e ha anche finito la Nutella” a Mammolo che era dietro di lui e disse “Qualcuno ha mangiato e ha anche finito la Nutella” ad Eolo che era dietro di lui e disse “Qualcuno ha mangiato e ha anche finito la Nutella” a Pisolo che era dietro di lui e disse “Qualcuno ha mangiato e ha anche finito la Nutella” a Gongolo che era dietro di lui e disse “Qualcuno ha mangiato e ha anche finito la Nutella” a Dotto che era dietro di lui e disse “Qualcuno ha mangiato e ha anche finito la Nutella” a Cucciolo che si era menato via a piegare il mantello, sette paia di balle iniziarono a girare vorticosamente.

Proseguendo nell’esplorazione Brontolo andò in bagno, si guardò intorno e disse “Qualcuno ha pisciato fuori dal vaso” a Mammolo che era dietro di lui e disse “Qualcuno ha pisciato fuori dal vaso” ad Eolo che era dietro di lui e disse “Qualcuno ha pisciato fuori dal vaso” a Pisolo che era dietro di lui e disse “Qualcuno ha pisciato fuori dal vaso” a Gongolo che era dietro di lui e disse “Qualcuno ha pisciato fuori dal vaso” a Dotto che era dietro di lui e disse “Qualcuno ha pisciato fuori dal vaso” a Cucciolo che era ancora in salotto perché il bagno e l’antibagno erano già pieni, ormai erano tutti incazzati neri.

Brontolo allora scansando tutti i fratelli si precipitò nell’unica stanza rimasta, quella da letto. “Qualcuno sta dormendo nel letto di Biancaneve” disse a Mammolo che era dietro di lui e disse “Qualcuno sta dormendo nel letto di Biancaneve”…bè sì insomma avete capito.

I nani iniziarono a parlottare tutti contemporaneamente. “Chi è sto stronzo?” “Lo ammazzo, s’è mangiato tutta la Nutella!” “Io odio gli intrusi!” (sì lo so questo era Puffo Brontolone ma fa lo stesso, tanto è anche lui basso ed ingrugnito). Ma LB era caduto in un sonno talmente profondo ed esausto che nemmeno li sentì, anzi si mise anche a russare piuttosto violentemente, il che scatenò una nuova serie di mugugni e minacce.

Alla fine Dotto impose il silenzio. “Ragazzi, questa è una meravigliosa opportunità! Non capite? Chiunque esso sia, può fare il lavoro di Biancaneve fintanto che lei è via!”

Seguì un coro di approvazione, particolarmente sentita da parte di Gongolo. I suoi fratelli potevano anche essere dei mezzi asessuati, ma lui aveva delle esigenze che Biancaneve si era sempre rifiutata di soddisfare nonostante le avesse mostrato di essere più dotato di uomini ben più alti di lui! Ed era stanco di ammazzarsi di seghe sbignandola mentre faceva il bagno. Magari questo qui si sarebbe lasciato sodomizzare, o almeno gli avrebbe fatto un pompino… era anche carino!

Decisero di svegliarlo.

Circondato dalle burbere facce barbute, non fu un bel risveglio per il povero LB, che quasi si prese un colpo. Anche perché i nani erano affezionatissimi ai loro picconi e li portavano sempre in camera da letto, quindi in quel momento erano anche armati.

Si tranquillizzò quando capì che non volevano fargli del male (oddio, uno lo guardava con un’aria strana…) ma andò nel panico quando gli spiegarono cosa doveva fare in cambio della loro ospitalità. Non sapeva nemmeno cosa fosse un ferro da stiro…

Però si mise d’impegno, e dopo pochi giorni Cucciolo, che gli era stato assegnato come balia nonostante le insistenze di Gongolo per avere quel compito, poté tornare a lavorare alla miniera senza il timore che LB desse fuoco alla casa.

Certo, non era un gran cuoco ma andava migliorando: pian piano fu possibile distinguere tra la pasta, la minestra, l’arrosto e la frittata.

Ormai era con loro da quasi un mese, e la sua unica preoccupazione era difendersi dalle avaces di Gongolo – al principe non erano mai piaciuti gli uomini, ma anche se fosse stato il contrario non avrebbe certo donato la propria verginità anale a qualcuno che aveva un pene più grosso di quello di Rocco Siffredi – quando un tardo pomeriggio qualcuno bussò alla porta.

LB andò ad aprire e si trovò davanti una simpatica vecchina.

O meglio, la persona che aveva davanti sembrava tutto fuorché una simpatica vecchina, anzi si vedeva lontano un chilometro che era il re travestito, ma nel fare le pulizie il giovane aveva casualmente trovato la riserva segreta di Biancaneve (che non era esattamente pulita come credevano i nani) e in quel momento non era del tutto in grado di intendere e volere.

Come aveva fatto il re a trovarlo? Semplice! Aveva un fantastico e modernissimo pc integrato in un monitor touch screen e appeso nel suo appartamento a mò di specchio, col quale aveva tracciato la posizione del gps del cellulare di LB che il ragazzo aveva stupidamente caricato due giorni prima per restare in contatto coi nani quando erano in miniera.

Quindi si era travestito ed era venuto a cercarlo, per eliminarlo in modo subdolo.

Il principe, fumatissimo, non lo riconobbe e accettò volentieri di comprare una delle torte che la dolce vecchina vendeva e il cui ricavato sarebbe andato all’orfanotrofio del regno.

Ma non resistette ad assaggiarla prima che arrivassero i nani. Salutata la donnina si tagliò una bella fetta e se la mangiò in un sol boccone.

Peccato che era una torta di mele.

Quando i nani tornarono, non molto tempo dopo, lo trovarono in coma sul pavimento.

Non sapendo cosa fare, gli costruirono un polmone d’acciaio, solo che loro lo fecero in cristallo perché era molto più fashion. Ma temevano che non si sarebbe più svegliato.

Tutti intorno alla teca trasparente e piena di tubi, cavi, flebo, cateteri e perfino un peluche, piansero lacrime amare per quel giovane cui ormai si erano tutti affezionati, e perché ora toccava ancora loro pulire la casa e fare il bucato. Gongolo pianse perché non era riuscito nemmeno a farsi leccare un po’.

Commossa dal piagnisteo, la fata madrina di turno apparve con uno schiocco sopra la bara.

“Che succede piccoli miei?”

“LB ha mangiato la torta di mele!” Disse Dotto “Ma lui è allergico alle mele!” Aggiunse Cucciolo “E allora è andato in coma!” Esclamò Mammolo “E noi gli abbiamo fatto questo polmone di cristallo!” Affermò Eolo “Ma non sappiamo se sopravviverà!” Sbadigliò Pisolo “Nè come fare per svegliarlo!” Borbottò Brontolo. E non me l’ha nemmeno succhiato pensò Gongolo, ma non lo disse ad alta voce.

“Non preoccupatevi, tesorini, c’è qui la fata madrina! Non posso risvegliarlo io stessa, ma farò un incantesimo in modo che ci possa riuscire uno di voi che gli voglia particolarmente bene.”

Svolazzò un po’ intorno alla teca canticchiando in una lingua bizzarra, e alla fine ci fu un’esplosione di luce ed intorno al corpo apparve una specie di spettacolare aurora boreale.

“Ecco qua! Ora piccoli cari basta che gli baciate a turno il naso trasmettendo pensieri di affetto nei suoi confronti e vedrete che uno di voi lo sveglierà! Ora io vado, qualcun altro ha bisogno di me!”

E scomparve in una nuvola di fumo azzurro.

Peccato però che la fata madrina di turno quella sera fosse la stessa pasticciona che aveva combinato quel casino alla cugina di LB, rendendola una ninfomane al quadrato.

Poteva il suo incantesimo di salvataggio riuscire perfettamente? Certo che no!

Baciarono tutti il naso di LB inviandogli pensieri di affetto. Niente.

Lo ribaciarono. Niente.

Fecero un altro giro: ancora niente.

Lo morsero, strinsero tra le dita, punzecchiarono, sfregarono, inviandogli pensieri di amore, di odio, di fastidio, pornografici e religiosi. Niente da fare.

Alla fine incazzati neri andarono a dormire.

Il giorno dopo, come se niente fosse, Biancaneve rientrò dal suo viaggio. Era partita da casa di Riccioli d’Oro mezza ubriaca della sua birra al miele, ma ormai era rinsavita quasi del tutto. Il suo stupore fu quindi grande nel vedere i nani che, anziché essere in miniera come sempre a quell’ora, se ne stavano in mezzo alla radura, in cerchio intorno ad uno strano aggeggio di cristallo pieno di tubi dentro cui splendeva una luce colorata.

Ma che cavolo stava succedendo? Possibile che non potesse lasciare da soli i nani per un paio di mesi senza che combinassero qualche casino?

Si avvicinò e vide che nella teca, avvolto dalla luce, c’era un ragazzo. Il più bel ragazzo che avesse mai visto. Certo, aveva il naso un po’ gonfio e arrossato e pieno di quelli che sembravano segni di morsi, ma a parte questo era bellissimo.

E poi Biancaneve in quel momento aveva un piccolo problema.

Quella stronza di Riccioli non aveva avuto problemi a dividere con lei la casa, il cibo, l’alcool e anche la marijuana che coltivava nella serra sul retro, tutto tranne una cosa: i suoi orsi mannari.

Le due creature erano orsi per 21 delle 24 ore del giorno. Ma tra le 13 e le 16 si trasformavano in due giovani bellissimi, dalla carnagione scura e il fisico perfetto. E tutti i giorni Riccioli si chiudeva con loro in camera per tutte e tre le ore.

Il primo giorno incuriosita Biancaneve si era inginocchiata davanti alla porta e aveva sbirciato dalla serratura. Aveva visto Riccioli letteralmente tra due fuochi, che si godeva le notevoli grazie dei due orsacchiotti.

La fanciulla aveva sollevato la gonna iniziando a masturbarsi senza ritegno.

Il giorno dopo aveva insistito con Riccioli per partecipare alla festa, ma l’amica non aveva voluto sentire ragioni. Così per due mesi Biancaneve aveva passato la prima parte del pomeriggio inginocchiata davanti alla porta della camera di Riccioli, la gonna sollevata e le mani decisamente impegnate.

Ed era ripartita verso casa gonfia di desiderio insoddisfatto, tanto che stava considerando di accontentare quel rompicoglioni di Gongolo. Anche se prima avrebbe dovuto costringerlo a lavarsi…

La presenza di quel bel giovane proprio lì, nella radura, aveva quindi rintuzzato le sue voglie ed ora la ragazza aveva la mente piena di scene di sesso e le mutandine che si andavano inzuppando.

Prima però era il caso di capire cosa fosse successo.

Le spiegarono che il giovane ora viveva con loro e che aveva mangiato una torta di mele, cui era allergico. Che l’avevano stabilizzato nel polmone artificiale e che la fata madrina aveva fatto un incantesimo ma che non aveva funzionato.

Biancaneve, che nonostante i molti neuroni bruciati dalla cocaina e dall’eroina era comunque una donna scaltra e intelligente, si mise ad esaminare l’aura che rivestiva il giovane. E poi chiese ai nani di descriverle la fata madrina.

Sentita la descrizione si mise le mani nei capelli: aveva capito di chi si trattasse!

Era la stessa scema che per aiutare Giovannino a sfuggire al Gigante del Fagiolo invece che fornirgli un nuovo fagiolo gli aveva aumentato a dismisura le dimensioni del pene ed ora il poveretto era bloccato a letto perché non riusciva nemmeno a camminare.

La stessa imbranata che per aiutare Cenerentola anziché incantare la scarpetta di cristallo affinchè calzasse solo sul piede della legittima proprietaria aveva incantato il fallo del principe che per trovare la donna dei suoi sogni s’era dovuto trombare mezzo regno. Il problema ovviamente insorse nove mesi dopo quando centinaia di donne si erano presentate al castello corredate di pargolo…

Meditandoci un po’ Biancaneve si rese conto che tutte le storie che aveva sentito riguardo questa madrina avevano qualcosa in comune!

“Presto, togliete del tutto il coperchio, so come svegliarlo!” Esclamò.

I nani si affrettarono ad eseguire e la fanciulla balzò nella teca, accoccolandosi trale gambe del principe. Gli abbassò i calzoni e i boxer e scoprì il membro a riposo.

Inviandogli i pensieri più pornografici che le venivano in mente, Biancaneve si chinò e prese in bocca il pene soffice.

Le palpebre di LB fluttuarono delicatamente: la ragazza era sulla strada giusta!

Insistette, avvolgendo con la lingua la verga che pian piano iniziò ad indurirsi e crescere. Entro breve stava succhiando la cappella ormai rigonfia e le mani del principe ancora mezzo addormentato le spingevano la testa per affondare ancora più profondamente nella sua gola.

“Vai Biancaneve, continua così! Si sta svegliando!” Applaudirono i nani, tutti tranne Gongolo che era verde di rabbia e gelosia.

Ma la dolce fanciulla, dopo due mesi di masturbazione furibonda davanti alle evoluzioni sessuali di Riccioli d’Oro e dei suoi due ganzi, non si accontentò di succhiare. Si sollevò le gonne e si mise a cavalcioni del giovane, penetrandosi di schianto con enorme soddisfazione. Seguì un “Oooh!” da parte dei nani, , che non avevano mai visto in diretta un rapporto sessuale, tutti tranne Gongolo che livido di rabbia se ne entrò in casa sbattendo la porta.

Il principe si svegliò di botto, pensando di essere morto ed in paradiso: non poteva essere altrimenti, dato che era soffocato con la reazione allergica e adesso stava benissimo e aveva una bellissima ragazza dai lunghi capelli neri che lo montava con gusto.

Stringendole i fianchi tra le mani prese a sollevare il bacino per affondare meglio, suscitando una serie di piccoli gemiti che culminarono in un orgasmo esplosivo. Dopo poco anche il principe venne in mezzo all’ovazione dei sei nani rimasti.

I due giovani saltarono fuori dalla teca e corsero nel bosco a cercarsi un angolo tranquillo per un secondo round.

E vissero tutti felici e contenti. Bè, tutti tranne Gongolo…

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