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Caffeomanzia

By 5 Agosto 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Aveva sorriso proprio a lui?
Era ormai da un’ora buona che il ragazzo si aggirava per le vie del centro città, sospeso tra l’irritazione di non riuscire ad orientarsi e la piacevole scoperta di angoli e vie spesso ignorate dai turisti. La sua fedele macchina fotografica inghiottiva volentieri tutte quelle forme, quelle accozzaglie di edifici di stili ed epoche così diverse che segnalavano chiaramente il passaggio del tempo, come una stratigrafia (di cui si erano perse chissà quante epoche, nell’eterno rimaneggiamento della Storia).
Certo orientarsi non era semplice, dato che al dedalo di vie si aggiungeva quella lingua così diversa, e la sua guida era per una buona metà composta di traslitterazioni in italiano. L’aveva comprata pensando di fare un affare, e si rendeva conto di aver buttato soldi, visto che così non si capivano i nomi delle strade. Sbuffò, cercando di individuare sulla carta almeno il nome del piccolo, minuscolo bar vicino a cui si trovava. Ecco… Forse… Forse era questo, vagamente il nome poteva… No, un accidente, il nome poteva essere qualsiasi cosa. Si arrese all’idea di fare un controllo con lo smartphone, almeno gli avrebbe dato la posizione. Distrattamente cercò il telefono nello zaino, cercando di non strozzarsi con il cordino della reflex, ottenendo solo di far cadere guida e telefono nello stesso istante.
‘Dai cazzo!’ sbottò lui. La magia di quella città stava decisamente scemando nel suo animo in quel momento, soprattutto intuendo una risatina da qualcuno al tavolo. Alzò lo sguardo seccato pronto a mandare a farsi fottere qualcuno (anche in italiano, avrebbero capito) ma si trattenne di fronte alla proprietaria della risatina e di un sorriso malizioso.

Ad uno dei (due, il bar pareva davvero minuscolo) tavolini sedeva una ragazza con i capelli raccolti in una coda, occhiali da sole dalla montatura spessa e un gran bel personalino, con un quotidiano in mano e un caff&egrave fumante sul tavolo. ‘Serve una mano?’ l’apostrofò lei, con un fortissimo accento, sorprendendolo che conoscesse la sua lingua. ‘No no, grazie… Mi sono solo perso… Un attimo.’
La ragazza piegò il quotidiano allungando una mano dalla pelle candida ‘Perdersi &egrave bello. Ma dammi la cartina, ti faccio vedere dove sei.’ Lui la ringraziò impacciatamente e ordinò un espresso ad un cameriere che parve apparire dal nulla. La ragazza sorrise di nuovo.

‘Cosa c’&egrave?’ domandò lui.
‘Se vuoi un espresso, devi ordinare un ‘espresso piccolo’, usa pure la parola in italiano… Qui non esiste il caff&egrave come da voi’ rispose garbatamente lei, indicando la sua tazza e la caffettiera d’ottone ‘il caff&egrave &egrave quello turco, fatto con l’ibrick -o D’ezva- e l’espresso &egrave… Una merda, almeno secondo gli italiani.’ concluse con un altro sorriso, mentre arrivava una tazzina di caff&egrave fumante ricolma fino all’orlo e dal colorito incerto. Lui ringraziò con un cenno del capo prima di fissarla indeciso sul da farsi. ‘Sembra caff&egrave solubile scialbo’, commentò aprendo una bustina di zucchero e mescolandolo.
Faceva schifo, ma il ragazzo gli fu debitore perché gli permise di approcciare la fanciulla, che con garbo gli indicò la posizione.
‘Alessio’ si ricordò lui, porgendole la mano dopo una buona mezzora di chiacchiere.
‘Viktorie’ rispose lei, levando gli occhiali da sole e sorridendo. ‘rimani molto in città?’ chiese fingendo di di essere più interessata alla sua tazza di caff&egrave che alla risposta.
‘Ancora qualche giorno… Se mi perdo, di più.’ rispose Alessio con un sorriso, guardandola poggiare il piattino sulla tazza e ruotarla qualche volta, prima di capovolgerla e appoggiarla sul tavolo, prima di cominciare ad indicargli qualche posto interessante sulla cartina da visitare prima degli altri.

Alessio rimase a sentirla cercando di capire i nomi dei posti e di segnarli sulla cartina, ma era impossibile scrivere correttamente quella maledetta lingua.
‘Ma quante consonanti diverse avete??’ sbottò lui ridendo, quando Viktorie gli fece notare l’ennesimo accento sbagliato. ‘Tante… Si vede che abbiamo una lingua più agile della vostra…’ lo stuzzicò lei, tirando fuori una bella bistecca dalle labbra carnose, prima di prendere la tazzina in mano.
‘Prima vediamo una cosa…’ fece, con aria seria, osservando i segni della bevanda sulla ceramica smaltata. Un uomo, seduto al tavolo accanto, la apostrofò gentilmente, e i due si scambiarono un paio di battute, prima che l’uomo si rivolgesse in inglese ad Alessio con un sorriso.
‘Tutte le volte che viene qui, fa questa cosa, e ci trova qualche profezia… E ci prende spesso! Non so se &egrave una strega, o che altro.’
Viktorie sbuffò continuando a scrutare la tazzina ‘… Probabilmente &egrave il tuo caff&egrave turco che ha dei fondi lunghi come un romanzo, qualcosa dentro ci si trova sempre.’
Alessio sorrise, chiedendo cosa si vedesse nel futuro.
‘Vedo… Ali, una bottiglia… Un’ancora, e una mano.’ rispose Viktorie, concentrata.

‘Il che vuol dire…?’ domandò il ragazzo ‘… Se si può sapere, o funziona come le stelle cadenti?’
Viktorie rise appoggiando la tazzina, rispondendo in inglese così che anche il proprietario sentisse e capisse.
‘ali, il tempo volerà -ed in effetti &egrave quasi ora che me ne vada- l’ancora &egrave un viaggio, o il trovare persone straniere -e sei qui-. La bottiglia sono momenti piacevoli, e la mano sono novità’.
Il signore al tavolo a fianco scoppiò a ridere, domandando se la predizione riguardasse il momento attuale, il futuro e che futuro. ‘Questa volta non ci sono numeri, quindi diciamo… Da adesso in poi!’ rise Viktorie, prendendo la matita del ragazzo in mano ‘… Ti segno qualche posto che vale la pena di vedere, d’accordo?’ Alessio ovviamente non oppose resistenza, concentrandosi a fissare nella mente il viso della ragazza, la sua lingua che spuntava nello sforzo di scrivere in maniera comprensibile la sua lingua, gli occhi chiari così in contrasto con i capelli scuri, e quel collo che scivolava garbatamente in un décolleté generoso.

Viktorie finì di scrivere e si alzò, salutando gentilmente con un paio di baci sulle guance Alessio senza dargli il tempo di chiederle il numero o altro. Non era decisamente un latin lover. Tornò in albergo per lasciare giù lo zaino e la macchina fotografica e per decidere dove andare a cena. Aprì la cartina, scorrendo con lo sguardo i posti che aveva segnato Viktorie.

Un bar ‘ottima birra, cibo pessimo’.
una discoteca segnalata come ‘piena di italiani’.
un ristorante…
‘ore 19.30, tavolo in fondo, vediamo se il caff&egrave ha ragione.’.

Alessio avvertì l’urgenza di uscire per raggiungere il locale (era quasi ora!) farsi una doccia, e tirarsi una sega quasi dolorosa, perché solo a leggere quella scritta e a ripensare a Viktorie, il suo amico nei pantaloni aveva avuto un’erezione subitanea.

Viktorie era splendida, con un vestito a righe bianche e nere che le fasciavano i seni sodi e avvolgevano un paio di fianchi stretti e invitanti, mentre si alzava a baciare Alessio fece bella mostra di un paio di gambe affusolate su dei bei tacchi.
‘Sei carinissima…’ balbettò lui, imbarazzatissimo.
‘Solo? Devo essere un po’ distrutta dal lavoro, di solito sono uno schianto.’ rispose lei, sedendosi con una risata. Era uno schianto, ma non poteva dirglielo. La ragazza gli consigliò un paio di piatti per cena che lui non aveva mai provato, bevvero birra e alla fine, arrivati ad un dolce ai mirtilli lui cominciava a sentirsi leggero, avvolto dalle parole di Viktorie che gli raccontava mille aneddoti e curiosità sulla città.
Non la stava vivendo come meritava, a sentirla dire, ma come poteva farlo con quei pochi giorni di ferie, e poi voleva solo rilassarsi… Nella confidenza dell’alcool, Alessio le raccontò della sua storia finita con una ragazza che l’aveva solo preso in giro per mesi interi, e della sua scelta di andare lì in vacanza da solo per fare una pausa.
‘Ti capisco…’ sussurrò lei, prendendogli una mano ‘… E’ capitato anche a me un paio di volte.’ Alessio sussultò al contatto con quella mano calda, e spontaneamente chiese ‘… E cosa hai fatto per dimenticare?’

[‘]

Viktorie non era andata troppo per il sottile. L’aveva trascinato fuori dal locale pagando con impazienza e intimandogli di stare zitto fino a casa, che fortunatamente era praticamente alla fine della via. E appena arrivati nell’appartamento l’aveva baciato con foga sussurrandogli ‘… Ho scopato, scopato come una troia, prendendomi la rivincita su tutte le partite di calcio che ho dovuto vedere, le serate noiose con amici idioti, i pranzi con parenti per cui non ero mai abbastanza per i loro bimbi pisellini d’oro.’
Lui rimase ammutolito da quella risposta, e dalle mani di Viktorie che stringevano dolcemente il suo sesso sopra i jeans, con decisione e desiderio, prima di lasciarlo e invitarlo a seguirla in camera da letto.
‘Prendo la pillola. Hai malattie?’ chiese, sciogliendosi i capelli scuri e lasciando cadere la borsa nel corridoio. ‘N… No, dono anche il sangue, sono sotto controllo…’ balbettò lui seguendola e levandosi le scarpe.
‘Benissimo.’ due scarpe con il tacco rimbalzarono sul pavimento mentre entrava in camera e si sedeva sul bordo del letto, richiamandolo con un dito.
Lui le si fece vicino e lei lo abbrancò per la cintura, slacciandola e sbottonando i pantaloni a velocità record. ‘Ma che bel cazzo!’ esclamò divertita, afferrandolo con una mano. Non era qualcosa di dimensioni incredibili, ma aveva un diametro decisamente interessante. ‘… Un bel tronchetto per Vik!’ sussurrò a denti stretti, sul viso di Ale, prima di inginocchiarsi e cominciare a inghiottirlo lentamente ed inesorabilmente. Lo faceva morire, era finito nel giro di un quarto d’ora da una cena ad una fellatio con i fiocchi, con una semisconosciuta che lo faceva impazzire.
‘Ti ho detto che abbiamo una lingua più agile della vostra… Su… Non trattenerti…’ sussurrava lei, passando le labbra sull’asta pulsante, prima di baciarlo ‘… Spogliati, fai ciò che vuoi…’ continuava, con voce suadente. Lui si tolse la camicia facendo mostra di un fisico apprezzabile, che lei commentò positivamente.
‘Faccio nuoto…’ rispose lui, con un sorriso. ‘Benissimo…’ disse lei di rimando, scivolando via dal sesso turgido e aprendo le gambe in mezzo al letto ‘allora immergiti.’ concluse, scostando un perizoma di pizzo nero sotto il vestito e mostrando un sesso rosa e desideroso di attenzioni.
Lui rimase combattuto per un istante prima di fiondarsi con la bocca su quella carnosa e vogliosa parte di Viktorie, così lei lanciò l’ultima esca, rialzandosi e sfilandosi il vestito. Rimaneva solo un intimo nero, un’ultima inutile copertura di un fisico da schianto. Viktorie lo abbrancò per le spalle, tirandone il viso sui seni implorando di essere baciata, leccata e toccata. ‘Con piacere…’ sussurrò lui baciandola, soffocato da una lingua calda e spessa che avvolgeva la sua, stringendo e succhiando affamata. Le sue dita armeggiarono goffamente sui gancetti del reggiseno, riuscendo finalmente a liberare del tutto due morbide, calde, invitatissime colline, che si affrettò a degustare tra i sospiri della mora, che ancheggiando lo aiutava a calare il perizoma, fradicio. Voleva fare le cose con calma, la desiderava tantissimo ma voleva gustarsi ogni momento di quell’incontro così coinvolgente… Ma quando la punta del suo sesso sfiorò quello di Viktorie, facendoli sospirare, non riuscì a trattenersi.

Si ricordò di tutto il sesso promesso e negato, dei mal di testa che misteriosamente spuntavano appena dopo l’orgasmo che le donava, di tutte le pensierose masturbazioni sotto la doccia che gli toccavano per colpa di quella stronza. ‘… La mia ex a questo punto avrebbe detto ‘ho mal di testa’…’ sorrise lui, malinconico, sulle labbra di Viktorie. “… E io mi sarei dovuto fare una doccia fredda.”
‘… Invece io ti offro un bel bagno caldo…’ rispose lei, muovendo il bacino e carezzando con il suo sesso quello del ragazzo. La sottile strisciolina di pelo corto e rado solleticò il frenulo prima di un lieve tocco con il suo sesso caldo e lubrificato. Non era possibile trattenersi oltre, non con quella sensazione di bagnato desiderio sulla punta dell’asta. Subitaneamente le saltò addosso, impiantandosi dentro con un colpo secco che fu come affondare un coltello ustionante nel burro.
‘Sì’!’ mugolò lei nella sua lingua, alzando una gamba e portandola sulla sua schiena, stringendosi atleticamente alla sua vittima, incitandolo a pompare duro, senza freni. Ale non era il tipo da lasciarsi andare così facilmente, e diede un paio di colpi poco convinti anche a causa della posizione, prima che lei lo prendesse per la nuca e gli dicesse a denti stretti che lo voleva, così, senza pensieri, lo voleva dentro, lo voleva dietro, voleva che raffreddasse la sua fica bollente con secchiate di sperma, che la sbattesse come una troia dove volesse.

‘Perdersi &egrave bello, ti ho detto oggi. Sono qui, perditi in me, sfogati, abbandonati… Sei da solo in vacanza nel letto della miglior troia della città, se non ti consumi il cazzo stanotte lo rimpiangerai a vita!’ lo incitò lei, con il suo accento duro che rendeva le parole così diversamente musicali, e fu troppo.
Le si sfilò via solo per buttarla sul letto, lei scoppiò in una risata soddisfatta prima che la prendesse per i fianchi e cominciasse a pomparle dentro, distraendosi solo ad osservare i seni di marmo che sussultavano impazziti sotto i suoi colpi, mentre lei lo incitava a spaccarla in due, a sfinirla.
‘Questo &egrave tutto quello che sai fare?’ lo apostrofava lei con cattiveria, tra un bacio e l’altro ‘a scuola ho scopato compagni di classe più focosi di te! Quindici anni fa!’ diceva a denti stretti, tenendogli il mento tra le dita. ‘sei una troia!’ le rispose lui, facendola sospirare. ‘Sì, così, sfogati!’ lo incitava ancora, dopo qualche minuto di sospiri e ansimi di desiderio ‘Fottimi da dietro!!’ implorò Vik, e lui non si fece ripetere la richiesta perché tenerle il culo fermo mentre la si penetrava era una sensazione magnifica, di potere e controllo assoluto.
Non gli stava importando di meno di chi fosse quella ragazza, riusciva solo a concepire il suo corpo fondersi nel suo senza soluzione di continuità, un ripetuto, ansante, animalesco penetrarle nelle carni umide. Viktorie ansimava e mugolava, chiudendo gli occhi quando una fitta di piacere le risaliva il corpo, o guardandolo da sopra la spalla per incitarlo a continuare così.
Alessio stava durando non poco, considerando la foga con cui prendeva Viktorie, e arrivò alla conclusione che il non pensare a niente se non al piacere era esattamente quello che lo aiutava.
Niente menate da fidanzata vendicativa, niente storie su cosa si potesse o non potesse fare, tutte quelle paranoie che sopportava prima per un sentimento e poi per abitudine.
Viktorie era una panacea, un balsamo lenitivo inaspettato, arrivato per puro caso e così l’avrebbe goduta, libero di poter fare tutto, per una volta, e libero di imporsi di non pensare.

Scosse la testa per mandar via ogni pensiero, anche quelli piacevoli, e si concentrò solo sui miagolii della ragazza, e su quel culo magnifico a cui appoggiò un dito, giocherellando con una rosellina stretta che inaspettatamente acconsentì con felicità alle sue carezze.
“Oh questo mi fa impazzire…” sorrise la mora mordendosi un labbro, e cercando di aprire un cassetto accanto al letto. Gli porse un tubetto di lubrificante.
‘Mmmh… Usalo… A litri, e poi scopami il culo con quel cazzo spesso che hai!’ ordinò, e lui eseguì. Usò lubrificante a quintali per stimolarle lo stretto ano, spalmandolo sul suo sesso e scivolando ancora nel sesso di Viktorie in attesa che i muscoli della ragazza acconsentissero ad una penetrazione. Le sue dita carezzavano la rosellina che prima accolse un dito, poi due, poi tre. Viktorie nel frattempo teneva ben stretto dentro di sé quell’asta spessa e pulsante, concedendogli una lieve tregua solo perché ogni suo movimento, con le dita dentro, rischiava di divenire doloroso.
Quando sembrò il momento, Ale sfilò il cazzo e lo appoggiò sulla rosa scura di Viktorie, nella quale delicatamente penetrò, ringraziando il lubrificante.
‘Sei vergine?’ chiese appena appoggiata la punta, e la ragazza scoppiò a ridere come una pazza, toccandosi la clitoride gonfia e muovendo il bacino. ‘E’ stretto ma ti assicuro che ne hanno goduto in molti!’ rispose lei. ‘di ogni forma e dimensione, quindi dacci dentro!’.

Lui non riuscì a pensare altro che quello fosse uno spirito benevolo mandato dal cielo -un po’ diverso da come se lo immaginerebbe chiunque!- venuto per dare una momentanea pace alla sua esistenza. Uno spirito con un culo da morirci dietro e morirci dentro, da possedere senza pietà.
Viktorie gemeva in maniera così eccitante che lui non riuscì a non premerla sul materasso, con una mano sulle scapole e l’altra su una chiappa. Voleva entrarle dentro, fino alla fine, voleva allungarsi dentro quei muscoli caldi e stretti e possederla, così forse non sarebbe fuggita via. La mora si lasciò andare a un “uao!” di entusiasmo e di felicità ai primi colpi, lieta di aver finalmente lasciato andare le redini a quel ragazzo.
Fu coinvolgente, focoso e magnifico, ma lui non resistette ancora molto sottoposto alla pressione dei muscoli di Viktorie, che letteralmente stringevano il cazzo in una presa dolce, vogliosa, e convincente. D’altro canto aveva cominciato a spingerle dentro con foga fin dall’inizio, una cavalcata simile dopo così tanta astinenza non poteva…

‘Oh! Devo…’ ‘vienimi dentro!!’ urlò lei, e subitaneamente Alessio raggiunse l’orgasmo scaricandosi nel retto con un getto potente, o forse più di uno, sentendosi per un attimo sfinito e lasciando con un rantolo un poco la presa sul culo. Ma il culo di Viktorie cominciò una danza forsennata, lei inarcò la schiena impalandosi da sola approfittando del lubrificante per tormentare quel sesso con movimenti e strette della rosellina, e in un attimo tutto tornò duro ed eccitato come un secondo prima.
‘non mi era mai capitato!’ disse lui, con un affondo quasi di prova. ‘ovvio, non hai mai scopato una come me!’ cantilenò Viktorie. ‘corri in bagno, lavati e continua con la signorina qui!’ ordinò lei, fissandolo da sopra la spalla. Lo voleva dentro, dentro di sé.
Quel rapido giro in bagno per ripulirsi fu una pausa dannata e benedetta. Lo costringeva ad allontanarsi da lei, ma gli lasciò anche il tempo di riprendersi, e quando saltò nel letto e affondò in Viktorie guardandola in quegli occhi chiari, fu ancora meglio di prima. Era bella, era bello guardarla, era bello decifrare i suoi sospiri alla ricerca di come gli procurasse più piacere a sé e a lei. La penetrava con ritmo crescente, stava andando tutto divinamente bene, e quello splendore cominciava a mugolare a denti stretti parole incomprensibili.

“Cosa… Nnh… Stai dicendo… Ouff…” ansimò lui, e per risposta lei lo baciò e cominciò a cantilenargli “Fottimi. Fottimi. Fottimi fottimi fottimi. Fottimifottimifottimifottimi” in un crescendo di velocità che lo eccitava, il flusso delle sue parole non aveva più senso, aggiustò il suo corpo un secondo urlandole di alzare le gambe e cominciò a fiottarsi dentro di lei con ferocia, una ferocia puntata solo allo svuotarsi di ogni voglia, avrebbe immerso il suo cazzo in quel corpo bollente tutto il tempo possibile, quel corpo che sussultava sotto i colpi che battevano proprio dove Viktorie sentiva più piacere, e lei urlava quel godere a voce alta, non erano più parole, solo miagolii di una donna che impazziva sotto di lui.

Di questo aveva bisogno lui, di queste sensazioni, almeno ogni tanto, e quella stronza gliele negava perché timorosa di provarle? Di lasciarsi andare? Chi se ne importava, ora era con Viktorie, era in Viktorie, e quell’orgasmo che arrivava dalle sue palle l’avrebbe scaricato assieme a molti altri, chi se ne importava di tutto. Rantolò un “vengo!” più per abitudine che per altro, facendo urlare di rimando la donna quando sentì il suo seme emergere dalla verga dell’uomo e inondarle il corpo. Lui crollò stremato, maledicendo la sua carne che non riusciva a reggere il suo desiderio, ma anche Viktorie aveva bisogno di una tregua, scossa dall’orgasmo potente che le faceva ancora mancare qualche respiro.
Lei sospirò, sorridendo, sentendolo addormentarsi. L’avrebbe lasciato riposare per un po’, d’altro canto la notte era ancora lunga…

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