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Erotici Racconti

Candida creatura

By 22 Giugno 2016Gennaio 30th, 2023No Comments

Io l’avevo scrutata in brevissimo tempo, già dal giorno stesso in cui ero giunta in albergo verso l’ora di pranzo, mentre serviva i clienti ai tavoli con i suoi splendidi glutei sporgenti, che le facevano tirare i bottoni del camice nero e che erano evidenziati dalla cintura di quella candida pettorina ricamata e legata in vita. Io osservavo attentamente quei seni che apparivano come due coni protesi nell’aria, la sera poi quando venne a servirmi al tavolo, riuscii perfino a individuare il vertice appuntito che perforava la veste non abbastanza spessa. Il mio sguardo vagava senza tregua e senza sosta lungo il suo corpo, quando con il mestolo raschiava il fondo della zuppiera o quando affettava il formaggio, facendo sobbalzare con armonia i seni, intanto che lei si rivolgeva a me io rialzavo all’istante il mio viso dal suo, per non imbarazzarla e per non metterla a disagio, in tal modo cominciai subito a interrogarla per conoscere e per sapere tutto di lei.

‘Mi chiamo Cecilia. Sono qui per la stagione e ho ventiquattro anni. Sì, ci sono stata a Lucca, trovo che sia una suggestiva città, per il momento non sono fidanzata’ – manifestò lei, io di rimando esprimendole il mio stupore ribattei incuriosita:

‘Come mai? Eppure sei talmente adorabile’.

I miei complimenti la fecero manifestamente arrossire, finché una sera a cena, pigliai il coraggio a due mani e fingendo un fastidioso e seccante mal di schiena, le chiesi se fosse potuta venire in camera mia dopo il lavoro, per aiutarmi a fare il bagno, naturalmente dietro un bel compenso. Lei dopo qualche esitazione accettò con piacere, anche se devo riconoscere che fu assai problematico per me portare a termine la cena: la mano tremolante per l’emozione, infatti, m’impediva di portare alcunché alla bocca, per non parlare poi del vino che regolarmente rovesciavo sulla tovaglia.

Dopo mi precipitai in camera e indossai tutta la biancheria più procace e provocante che avevo messo in valigia, le calze con la giarrettiera, il reggiseno a balconcino e le culottes nere per poi rimettermi i vestiti che avevo prima. Quando furono le nove e trenta, aprii il rubinetto della vasca, giacché mancavano quindici minuti per l’ora dell’incontro, finché qualcuno bussò alla porta facendomi sussultare.

In quell’occasione chiusi il rubinetto e andai ad aprire: sì, era lei, era tutto vero, il sogno cominciava a diventare realtà. La feci accomodare e dopo qualche istante le chiesi d’aiutarmi per svestirmi nel tempo in cui mi spalmavo la pomata sul viso, per un attimo lei tentennò, poi cominciò a eseguire quanto richiesto, però si fermò quando arrivò vicino all’intimo. Io le dissi di continuare, giacché non avevo ancora terminato il mio lavoro e lei proseguì. Mentre mi sfilava le calze, passando dolcemente le sue mani sulle mie cosce in un’amorevole moina, io captavo innumerevoli brividi slanciarsi lungo la schiena, così pure quando sganciò sfilandomi il reggiseno con estrema delicatezza e quando dopo essermi alzata, mi levò le culottes. A quel punto mi pulii le mani dalla crema con uno straccio proponendole di farmi compagnia nella vasca. Quel fuori programma la lasciò stupita senza parole. La timidezza colorò le sue guance, tuttavia quando cominciai a sbottonare il primo bottone della sua veste, non trovai in lei alcuna resistenza, così continuai lentamente con tanta tenerezza in un silenzio rotto solamente dal frusciare dei vestiti sulla sua pelle dopo ogni indumento rimosso.

Lei non deluse né sconfortò le mie febbrili e irrequiete attese: le curve conservarono la perfezione geometrica che avevano da vestita, il pube uniforme e folto, perla nera che risaltava ancor di più essendo circondata per l’appunto dalla sua pelle lattiginosa risparmiata in quella zona dai raggi solari. Per ultimo le sganciai la molletta a forma di margherita che le teneva sopra i lunghi riccioli neri, poiché le caddero impudentemente sul seno, quindi, dopo averla ammirata a lungo facendola girare più volte, l’agguantai per mano e c’incamminammo verso il bagno.

A ogni passo, il mio sguardo incrociava il suo per poi scendere sul suo corpo e alla fine risalire ancora verso il suo viso, che s’apriva mostrandosi in un sorriso casto, composto e verecondo: sì, era tutto vero, fino a due ore prima fantasticavo soltanto, adesso lei era qui, completamente nuda vicino a me, tutta per me.

Credo e sostengo in conclusione senza dubbio che, furono sette i passi che compimmo fino alla vasca da bagno, i sette passi più armoniosi, belli e più incantevoli della mia vita, in quella fuggevole ma intensa villeggiatura.

{Idraulico anno 1999} 

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