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Erotici Racconti

Chi sono io?

By 12 Ottobre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Chi sono io?

Così con questa frase un mio compagno di scuola, esordiva quando voleva fare l’imitazione di un professore, peraltro imitato malissimo, ma oggi che voglio parlare un po’ di me mi torna in mente quella frase e allora ancora una volta echeggi con voce tronfia quel “Chi sono io?”

 

Ebbene sono una persona normalissima, niente di speciale, una donna con una vita tranquilla, forse a volte troppo, che col tempo è riuscita nell’intento di crearsi intorno un mondo che la fecesse sentire amata; lo so mi state invidiando e vi capisco, ma non crediate, anche io ho un mio demone che mi tarla la mente e la coscienza.

 

E quindi ancora una volta “Chi sono io?” questa volta gridato dallo psicologo che mi sta interrogando nella speranza di farmi parlare, di tirare fuori tutto ciò che di più recondito ho nascosto nel profondo di me stessa.

 

Ma io sono una onesta lavoratrice di quasi trent’uno anni aimè, che sbarca il lunario con due lavori e per rilassarsi a volte scrive novelle a sfondo erotico.

 

Ecco perché l’eros? Forse non ne hai abbastanza nella vita di tutti i giorni? O forse per quanto ne abbia a sufficienza non questa la vita che mi aspetto, forse la mia voglia di trasgredire passa per un mondo che non è la consuetudine a cui sono stata educata, forse e mi difendo ancora prima di scaricarmi, quindi forse perché devo mantenere una facciata perbene, forse.

 

E invece no, ho questa faccia ma non mi piace, mi piace di più quella segreta, come novella Alice anelo di passare attraverso lo specchio della mia follia.

 

E allora scrivo, storie brevi in cui sfogo le mie perversioni, mi travesto da oscena creatura che puttana si da a chi la vuole senza nulla chiedere in cambio se non di essere compresa, oppure scrivo storie più articolate dove costruisco la vita di una donna immaginata, ma comunque sempre me stessa nella mia immaginazione la quale altro non è che l’oscena puttana di prima solo più velata, più nascosta, almeno fino alla rivelazione finale.

 

Forte come un’esplosione questa rivelazione, si sono una puttana ma attenzione, non la classica donna che si da per avere in cambio del denaro, ma una donna che si da per il gusto di farlo, per esplorarsi fino in fondo e capire se può arrivare dove la mente la porta, mettendosi in dubbio continuamente e continuamente fermandosi piena di questi dubbi. Cosa penserà la gente di me?

 

Ecco chi sono alla fine, una donna piena di dubbi sul suo proprio essere, una donna che si sente diversa da ciò che la società le impone e quindi scrive per sfogarsi e nella scrittura esce ciò che veramente è, null’altro che una donna.

 

Lù.

 

Il mio nome è Lucrezia, un nome pomposo lo riconosco ma oramai a quasi 31 anni mi sono abituata a portarlo e a sentire la gente fare commenti più o meno divertenti su questo nome così altisonante. Lo dico anche qui una volta per tutte la signora Borgia non c’entra nulla, semplicemente era il nome di mia nonna paterna, la madre di mio padre, io porto il nome di mia nonna come una gran parte di persone.

Un tempo chattavo e parlo davvero di molto tempo fa, per chi le ha conosciute e se le ricorda chattavo sulle chat di Jumpy con il nickname di lucrezia21, avevo giusto 21 anni e per me la chat era una valvola di sfogo serale, da poco lavoravo come cassiera in un centro commerciale e da troppo poco tempo avevo avute due cocenti delusioni nella mia giovane vita; il ragazzo con cui sognavo di passare ancora molti anni insieme mi aveva lasciata di punto in bianco e il sogno di diventare architetto era morto e sepolto dietro il bancone di un supermercato, periò la sera chiusa nella mia stanzetta mi sfogavo in chat.

Il tempo passava e Lucrezia21 divenne Lucrezia22 da pochi mesi avevo “saltato il fosso” come si dice in certi ambienti, cioè mi ero messa con una donna, per me era una novità e non nego che dietro la decisione di lasciarmi andare c’era l’apatia per il mio futuro e il fatto che le recenti delusioni mi avevano segnato un po’ troppo.

Allora mangiavo e avevo aumentato il mio peso di quasi 40 chilogrammi, ancora oggi ne pago le conseguenze dovendo adottare un regime alimentare che mi ha tolto molte delle golosità che voi umani inghiottite di continuo…

Poi una sera un’amico di chat mi disse di provare con le chat di msn, mi disse che erano più divertenti e c’era la possibilità di farsi un semplice profilo da cui le persone potevano carpire informazioni su chi avevano di fronte, così provai e dovendo inventare una nuova identità provai saffolina dato che lucrezia era inflazionatissimo, così inventai questo nickname un po’ stupido ma che mi porto dietro oramai da dieci anni.

E’ stato in quel periodo che la mia personalità deviata venne fuori, piano piano iniziai a scoprire una nuova persona, pian piano veniva fuori saffolina e moriva Lucrezia, almeno nelle mie serate in chat.

Man mano diventavo sempre più brava, inventavo storie sempre più verosimili e mi inserii in un gruppo di persone con cui chattavo e si instaurava un rapporto rovente fatto di sessioni di chat con altissima carica erotica.

Una volta ero una bagascia di strada tra le più feroci e oscene, altre volte su messenger in cinque di più allora non si poteva, facevamo sessioni di sano turpiloquio, altre volte ero una schiava, insomma in ogni caso io cercavo sempre di stare al centro delle storie che ci si inventava via via. Tutto questo era la mia valvola di sfogo.

Oggi scrivo, non rinnego quel periodo anzi lo rivivo qui, ammetto che mi masturbo con piacere a leggere le vostre storie e a volte anche mentre invento le mie, diciamo che è un metodo di concentrazione, in realtà altre persone probabilmente nel mio caso avrebbero deviato la loro insicurezza su altre strade non necessariamente peggiori di quella intrapresa da me, dico solo che questa mia malattia mi piace al punto che non ne posso più fare a meno.

Non sto inneggiando a internet, tutte le cose vanno prese per quel che sono, un coltello non fa di una persona un assassino, magari un cuoco o un macellaio e così non tutti coloro che sono qui sono Internet addiction disorder se non sapete di cosa parlo cercatelo su google e capirete. Sto solo dicendo che amo il mio mister Hide e che senza oramai non riuscire a viverci e tutto sommato nemmeno voi senza le mie storie. Almeno così mi permetto di pensare.

Tranquilli la chiudo qui per ora, a presto probabilmente un’altra storia di Lucrezia e Claudia le due troiette porcelline.

Ah dimenticavo, Claudia nome per necessità di fantasia, è una persona incontrata sulle chat di msn, una delle poche di quel periodo che ancora frequento; lei è come la descrivo nella storia, simpatica, solare ma anche molto autoritaria, se la incontrate però state attenti è molto ma molto porca, ma capace di farvi sudare sette camicie.

Mancavano pochi giorni alla festa del primo Maggio di sette anni fa, il solito collega anfitrione ci invita ad una scampagnata nei prati di Fagagna, un paese vicino Udine dove in una zona attrezzata per scampagnate si è soliti andare ad accendere il fuoco per la brace e stare in compagnia con amici.

Non è che mi andasse molto andare quell’anno ma visto che seppur non ufficialmente ero la scopamica di tal collega, mi è toccato andare nonostante non mi sentissi per nulla di compagnia.

Insieme a noi c’erano i soliti che non vorresti mai vedere in una compagnia di persone scompagnate, i quadri dirigenziali che per un giorno dimentacavo, loro, di essere i nostri capi ma che in realtà ci facevano sentire tanti Ugo Fantozzi, quelli che non capivano che le differenze sociali esistono anche fuori dall’ambiente lavorativo e quelli che come me non si sentivano affatto in palla.

Quell’anno fu invitata anche la ragazza nuova che veniva da Firenze, lei poverina si sentiva ancora più spaesata di me, guardava tutto come fuori da una finestra, due mesi che era a Udine, stipendio basso, conti da pagare e nessuno che si conosce in modo particolare, insomma sei titubante tra lo startene per i fatti propri e il volere un po’ di compagnia intorno, ma questo me lo raccontò dopo.

Due ore dopo che eravamo tutti lì, c’era chi accendeva la brace, chi giocava a pallone e chi faceva scherzi idioti a noi ragazze per lo più, noi si era in quattro, loro in dieci, insomma un bel gruppo di sfigatelli.

Così mi ritrovai a parlare con la nuova venuta che scoprii si chiamava Giovanna; faceva un turno diverso dal mio e non ci eravamo mai viste se non per un “ciao ciao” buttato lì.

Mi incuriosiva il suo modo di parlare, sentire del toscano in quella compagnia era divertente, era una nota di colore e in più mi incuriosiva perché si vedeva che era diversa, non legava ma perché considerava quella massa di persone che faceva di tutto per starle attorno un pianeta distante anni luce.

Lei studi classici, loro per lo più ragionieria o scuola media, non che la scuola conti tanto ma faceva la sua differenza, loro dimentichi di tutto, lei non dimenticava mai di essere una segretaria d’ultimo ordine e lavoratrice.

Alla fine ci ritrovammo a parlare sole io e lei, parlavamo di tutto, del lavoro, inevitabile, ma anche della vita, degli studi fatti, delle speranze deluse, dei nostri genitori, insomma di cose anche personali che di solito con un’estranea non parli mai e che anche agli amici racconti solo quando sei davvero in confidenza.

Piano, piano mi accorsi che con lei ci stavo bene, eravamo simili sia sul piano culturale che degli interessi, le chiesi se era fidanzata e mi rispose che no non aveva nessuno in questo momento, poi mi chiese se con Mauro ci stavo insieme e io le dissi che no, era solo uno con cui andavo a letto. Fece una faccia strana poi si chiuse in un silenzio.

Mi allontanai per mangiare qualche cosa che era pronto, risi con gli altri, bevvi del vino, poi vidi che Giovanna se ne stava ancora tra le sue, mi chiesero tutti se c’era qualche cosa che non andava e io dissi loro che no, era tutto normale.

Presi qualche cosa da mangiare e bere e mi avvicinai a lei, vuoi mangiare? Sei vegetariana per caso? Perché qui c’è solo costa e salsicce a quanto pare.

No. non lo eri, anzi mi sorridesti e ti mettesti a mangiare di lena, ricordo che ti chiesi se per caso non mangiasti da giorni visto il piglio che ci mettevi a staccare pezzi di carne, tu ridesti buttando la testa all’indietro e no, mangiavi regolarmente ma la carne alla brace era il tuo piatto preferito. Bene, perché qui in Friuli è un piatto molto comune, specie d’estate.

Parlammo ancora di tante cose, ci veniva naturale farlo, gli altri ci avevano isolate, non comunicavamo, o meglio noi comunicavamo una lingua loro un’altra quindi i punti di contatto non erano ne il pallone ne le chiacchiere sul calcio.

Alle quattro del pomeriggio iniziarono ad andare via, piano piano alla chetichella pulirono e se ne andarono, io non pensai molto alla cosa perché ero arrivata con la mia vecchia Panda quindi mi sentivo autonoma ma chiesi a Giovanna se doveva andare via con qualcuno, mi chiese se potevo accompagnarla io che a lei non andava di vedere nessuno.

Risposi di sì ovviamente, aiutai a caricare il barbeque sul retro della mia Panda, visto che era di mio padre e guai a tornarglielo sporco o peggio non tornarglielo affatto e poi tornai da Giovanna.

Salimmo in auto e ci avviammo, scoprii che abitava in una casa in affitto dalle mie parti, strano non averla incontrata prima, parlammo ancora poi tu mi chiedesti se mi andava di salire su, dove mi avresti offerto da bere e un bagno visto che tutte e due ne avevamo un certo bisogno.

La casa era molto carina, mansardata con una bella terrazza abitabile che guardava verso sud cioè verso il sole e il caldo, bevvi dell’acqua e seduta sul divano accanto a te ci guardavamo negli occhi, senza più parlare, avevamo davvero finito gli argomenti e io stavo per salutarti per andare a casa mia quando tu mi dicesti: sai Lucrezia che tu mi piaci, non sei come gli altri che conosciamo, sei molto diversa.

Io non sapevo che cosa replicare, era carino a dirsi e a sentirsi dire ma mi aveva spiazzata, non ero arrivata fino a quel punto a nessuna conclusione, non avevo fatto caso che mi aveva invitata casa sua, sì insomma eravamo due donne, non ci facevo caso, non pensavo alla malizia del gesto; avevo avuta una relazione anni prima con un’ex compagna di scuola ma non ci pensavo più e in queste cose ero come ingenua, non ci pensavo proprio.

Poi tu come a leggermi nel pensiero mi chiedesti se ero contraria ad una relazione tra donne, capii come un fulmine a ciel sereno capii tutto, capii quella strana empatia improvvisa tra noi due, capii perché mi avevi fatta salire in casa tua e ti dissi che sì non ero affatto contraria e che anzi avevo già avuta una relazione omosessuale.

Il silenzio scese su quei pensieri non ci furono altre parole, tu allungasti una mano ad accarezzarmi timidamente il viso, io la presi e la baciai.

Ci abbracciamo e ci baciammo in un modo sempre meno timido, toccavo il tuo corpo, mi sembravano mille anni da quando avevo toccata un’altra donna, era una bella sensazione  ma non era solo quello, sentivo che tu mi piacevi, con te ci stavo bene ed era bello scoprirlo dopo solo poche ore che ci conoscevamo.

Neanche a dirlo passai la notte da lei, fu sesso certo ma anche dolcezza e amore; la mattina dopo andai al lavoro con un’aria diversa, ero innamorata e si vedeva, non so se qualcuno se ne accorse a parte Mauro che però non mi disse più nulla, non mi fece nemmeno più proposte, poi la fortuna volle che io partii per le ferie in Sicilia così al mio ritorno tutti si erano dimenticati di quei primi giorni di Maggio e Mauro si era licenziato e io vissi la mia vita normale.

Ad oggi sono più di sette anni che stiamo insieme, ne abbiamo passate tante io e Giovanna, storie belle e storie brutte, storie di coppia insomma, quella casa oramai è la nostra casa, la stiamo comprando con un mutuo e ogni volta che qualcuno dei nostri amici più stretti lo scopre ci guarda come due pazze, in realtà ho scoperto che lesbiche che stanno insieme tanto tempo sono rare, così almeno mi hanno detto, ma a noi non importa, non ce ne frega proprio nulla delle statistiche.

Ti amo Giovanna e questo mi basta.

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