Mancava poco.
Probabilmente era questione di altri due tiri di sigaretta e sarebbe entrato, avrei sentito la maniglia scendere, la porta aprirsi e poi richiudersi alle sue spalle.
I muscoli tesi, rigidi, immobili in maniera innaturale. Dentro. Quello che c’era dentro non si può spiegare. Temevo la tenuta del cuore.
Era giusto essere lì? In quel momento? In quel luogo? A quelle condizioni, le sue condizioni?
Probabilmente no.
Eppure… io non ci vedevo nulla di sbagliato. A parte dettagli assolutamente trascurabili come il non conoscere il suono della sua voce, ne tanto meno, avere un’immagine più o meno riconoscibile di come fosse fisicamente, il suo odore…mi piacerà il suo odore?
Cazzo.
Ero lì per come mi faceva l’amore con le parole. Ero lì per i pensieri che mi scatenava, per i desideri dirompenti che mi faceva nascere e la necessità di soddisfarli che faceva crescere. Ero lì perché era nicotina, non avrei mai saputo quanto sarebbe stato alto il prezzo da pagare, finché non sarebbe uscito da quella stanza. Ma prima sarebbe dovuto entrare.
Le istruzioni erano state chiare:
“Devi essere all’Hotel XXXX ore 10.00, io arriverò alle 11.00, così puoi prepararti. C’è una porta finestra che si affaccia su un terrazzo. La poltrona mettila lì di fronte. Assicurati di essere di spalle alla porta. Spogliati, nuda. Raccogli i capelli con uno spillone, niente elastico. Indossa solo quello che c’è nel sacchetto sul letto. Solo quello. Non togliere gli anelli che porti di solito. Aspettami.”
Appena entrata nella camera, il pacchettino sul letto fu il centro della mia attenzione. Chiusa la porta alle spalle non mi restava che scoprire cosa nascondesse. Onestamente senza avere la minima idea di quello che poteva contenere, mi aveva abituata a preparami alle cose più impensabili. Quel giorno non era proprio adatto a cose impensabili cavolo.
Apro il sacchetto, senza guardare infilo dentro una mano.
Seta.
Sorrido, aveva capito. Non sarei stata forte abbastanza per affrontare ulteriori livelli di tensione con richieste quantomeno poco convenzionali, non quel giorno.
Bianca, bianchissima seta. Un vestaglia delicatissima, quasi innocente e casta. Un biglietto che diceva:
“…seta pura mostra donna impura…”
Dio come adori i contrasti. Come adori, l’estremo ed il suo opposto. Il tutto ed il niente. Il fuoco e l’acqua.
Poggio la vestaglia sul letto. Mi spoglio lì davanti. Con esagerata lentezza, quasi a sentirmi osservata. Diamine, non poteva vedermi potevo anche essere più scomposta, meno contratta, meno concentrata. Invece no, lui non poteva vedermi mai, ma io facevo sempre quello che mi chiedeva e come me lo chiedeva. Sapevo che avrebbe apprezzato sapendo che mi fossi spogliata con totale devozione, con attenzione ed estrema cura. Probabilmente era una liturgia, una celebrazione mia personale, un’allucinazione, una pazzia.
I vestiti a terra, io nuda, la vestaglia sul letto.
Non restava che indossarla. Come se fosse stata la prova finale, l’ultimo sacrificio prima della vetta, l’ultimo atto, prima di appartenergli totalmente.
Lo volevo?lo volevo davvero?
Non so se lo volevo, ma di certo non volevo andare via. Abbasso i pensieri di un paio di ottave, giusto per non sentirli così nitidi.
Indosso la vestaglia e chiudo gli occhi. Immaginavo di sentirla bruciare addosso. E così è stato, l’idea che l’abbia acquistata pensando a me, che l’abbia scelta, riflettendoci, immaginandomi con quella seta addosso… mi stavo eccitando, ero bagnata già per lui. Per quella seta, che lui aveva scelto e toccato per me e io avevo toccato e indossato per lui.
Mai stati così vicini.
Una punta d’orgoglio passando davanti allo specchio – “ha scelto bene, sia la vestaglia… sia me.”
Mi siedo sulla poltrona di spalle alla porta.
Manca poco.
Il silenzio era profondo. No, forse…si sentiva anche il cuore.
Eccoli. Passi sul corridoio. Ben distanziati, sicuri, non rallentano si fermano direttamente davanti alla porta.
Eccolo. Quello che qualcuno ha chiamato “Punto di non ritorno”.
La maniglia scatta. Il mio cuore si ferma.
La porta scatta di nuovo. Lui è dentro la stanza, dietro di me, con me.
Silenzio ancora silenzio. Qualche passo, sento il rumore dei suoi vestiti.
E’ una tortura ineguagliabile. Cosa vede di me da lì…probabilmente solo le spalle, i capelli raccolti forse le caviglie e i piedi. Inizio a sentire freddo, per oscuri motivi. La pelle decorata da brividi che non accennano a diminuire, i capezzoli premono sulla seta, quasi a bucarla. Il respiro aumenta.
So che sta sentendo, i miei polmoni cercare di coordinarsi senza alcun risultato.
Cazzo. L’impulso di girarmi diviene quasi impossibile da trattenere quando sento la sua voce.
– “Chiudi gli occhi”
Una scossa dai piedi fino alla nuca. Una voce profonda, vibrante, indiscutibilmente eccitata, ma delicata e generosa. Voglio sentirla ancora.
Chiudo gli occhi.
Ora lo sento avvicinarsi, mi irrigidisco. Brividi ancora e ancora. E’ esattamente dietro di me.
Ancora quella voce.
-” continua a tenere gli occhi chiusi”
– “ora voglio guardarti per bene, tieni gli occhi chiusi e lasciati guardare”
Lo sento camminare, superarmi dal lato destro, rallentare e fermarsi davanti a me. Ho l’assoluta certezza che i capezzoli stiano dando spettacolo.
Silenzio assoluto.
L’unico rumore che sento è inconfondibile. Deglutisce.
Esulto dentro e sorrido.
Lui riprende a camminare.
Ancora occhi chiusi. Lui che sta terminando il secondo giro, la sensazione è di essere in mare aperto, notte fonda, cielo e mare fusi in un unico drappo. Qualcosa di pericolo è nell’acqua, c’è, è lì, lo percepisci ma non sai dove di preciso ne con quali intenzioni.
Sentivo l’aria muoversi.
Come uno schiaffo in pieno volto, il suo profumo.
Inspiro tutta l’aria di cui sono capace.
Entra nelle narici, spalanca i polmoni e si insinua nel cervello, come fiutare il proprio predatore, solo che lui non si sta nascondendo e io non voglio scappare. Le intenzioni sono palesi.
Cos’era quell’odore, prima dell’acqua di colonia, prima del fumo, arrivava la sua pelle. Probabilmente era quello l’unico odore che mi interessava.
Cazzate. Mi interessava il mio odore mischiato al suo. Punto.
-“Vuoi aprire gli occhi vero?”
-“………si…”
-“…Non ancora.”
Mi scappa un sospiro, lo sento sorridere.
Riprende a muoversi e il suo odore mi sbatte di nuovo in faccia.
I pensieri perdono un po in qualità… non distinguo più gli odori, sento solo odore di maschio.
…nulla. Non sento più nulla.
Mi rimane il suo odore nelle narici. Dov’è ora ?!
Sento della musica, probabilmente ha acceso la tv.
Non vuole farmi capire dov’è. Con la musica non sento i suoi movimenti, non sento niente, sono niente.
Ora l’eccitazione e la paura si mescolano. L’adrenalina non mi fa tenere su ancora bene quella maschera di sicurezza. La poltrona inizia a pungere. Mi muovo, nervosa.
Lui era li…ma dove maledizione!
La mia tensione era elettricità che tagliava l’aria.
Basta! Decisa ad aprire gli occhi, tutta la mia convinzione si sgretola miseramente al tocco della sua mano sui miei capelli.
Brividi.
Brividi fortissimi.
Lo sento armeggiare con lo spillone e con gesto dolce, libera i capelli sulle spalle.
Il polmoni tornano a fare quello per cui sono stati creati.
RESPIRARE. Non devo dimenticarmi di RESPIRARE.
Sfiora i capelli in tutta la lunghezza,li sistema quasi con cura attorno al mio viso.
Sento i polpastrelli sulle spalle. La mia pelle sembra bruciare sotto quelle dita. Sto soffrendo.
Ho voglia di piangere cazzo!
– Hai una pelle molto bella.
– …ti ringrazio…io…
-Tu…?
-Io vorrei aprire gli occhi, non riesco più, veramente sta diventando diff…uhm!
Il suo pollice preme sulle mie labbra.
– Shhhh…manca poco!
Il pollice con mio dispiacere si allontana dalle labbra…provo a inseguirlo per qualche centimetro,
ma non vorrei sembrare così disperata e incapace di controllarmi…mollo la rincorsa del pollice.
Mi poggio frustrata sullo schienale. Lui ride.
Io passo la lingua sulle labbra per cogliere anche il minimo sapore di lui. Lui non ride più.
Solo uno spostamento d’aria e si impossessa della mia bocca. Il cuore salta i battiti, le sue mani mi cercano, mi prendono, afferrano tutto quello che riescono a prendere. Disordinate, scoordinate e esigenti.
Mi tira in piedi e si mette alle mi spalle. Apro gli occhi, lo voglio guardare. Ho bisogno dei suoi di occhi. Mi solleva e mi sposta davanti allo specchio e nel riflesso lo incontro.
Capelli castani scuri con qualche filo bianco qua e là. Più alto di me, occhi scurissimi, ciglia folte e lunghe lo facevano quasi sembrare truccato perfettamente. Le spalle larghe sproporzionate rispetto al resto, probabilmente qui c’è uno sportivo maestro dell’acqua.
– “Ti sta bene.”
Mi guarda attraverso lo specchio.
– “Mi stai bene anche tu addosso..”
Sorrido attraverso il riflesso.
Sorridi anche tu. E in quel momento vedo la magia. Lo sguardo che si assottiglia, la piega delle labbra che punta verso l’alto e scopre due file di denti perfette. Quelle piccole rughe agli angoli degli occhi.
Non so come ti immaginavo. Ma so che non potevi essere che così.
Mi giro verso di te, ti voglio guardare da vicino, per davvero.
Davvero ben scritto, complimenti. Aspetto le prossime parti della storia.
Racconto molto intrigante, sono curioso di leggere i prossimi capitoli
STUPENDO RACCONTO COINVOLGENTE ED ECCITANTE...... Davvero complimenti aspetto il seguito....
Bene, non vedo l'ora.
Grazie presto seguiranno altri capitoli