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Dramma semiserio di un giovane imbranato

By 25 Novembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Novembre 2006

Ho sempre odiato il profumo dei fiori.
A volte tenue, più spesso intensa, quella fragranza dolciastra e ammorbante mi è sempre risultata assolutamente insopportabile.
Non credo vi sia una ragione specifica, e non voglio scomodare la psicologia per scoprire quali carenze affettive alberghino nel mio io, ma quell’odore nauseante e stucchevole, così penetrante e per me terribilmente fastidioso, è sempre stato un qualcosa dal quale ho cercato di tenermi accuratamente lontano.
E, a volerla dire proprio tutta, il profumo dei fiori mi fa venire anche il mal di testa.
Ma oggi, in questo plumbeo, malinconico ed uggioso giorno di fine novembre, mentre all’esterno scende una pioggia sottile e insistente, e l’umidità, subdola e infida, penetra nelle ossa, non posso evitare di respirare questi maledetti effluvi che quasi tutti gli altri trovano gradevoli, ma che per me sono un vero e proprio tormento.

La chiesa è piena per tre quarti.
La bara, di legno chiaro e lucido, è coperta da corone e cuscini di fiori, ed il pope, con la voce amplificata dal microfono, recita l’omelia, tessendo le lodi della persona scomparsa, e ricordando agli astanti come la morte sia un semplice passaggio verso la vita eterna.
E sarà pure vero, non dico di no.
Ma l’idea della morte è pur sempre un pensiero al quale ci si rassegna con molta difficoltà: che poi sia solo una fase di passaggio verso un’altra e migliore vita, e quindi da accettare con gioia e felicità… beh… permettetemi di essere almeno un pò dubbioso al riguardo.
Dubbioso e scettico.
Giusto un pelo, s’intende.
Basta non dirlo al pope, naturalmente.

Mia madre, accanto a me, seduta alla mia destra, di tanto in tanto si soffia il naso in un fazzoletto ricamato, travolta dalla commozione, mentre i miei due fratelli, alla mia sinistra, imbalsamati nei loro vestiti scuri, non vedono l’ora che il tutto finisca.
E li capisco.
Perchè il funerale dello zio Nikolaus, l’uomo che per anni ci ha fatto da padre in tutto e per tutto, è l’ultima cosa al mondo a cui avremmo voluto presenziare.
Una veloce e devastante malattia ha scritto la parola fine alla sua esistenza.
Ma questa è la vita, e la morte è inestricabilmente legata ad essa.
Giusto o sbagliato che sia, così è per tutti, senza distinzioni e senza privilegi.

Con la coda dell’occhio ho spaziato più volte tra i gremiti banchi della chiesa.
Qualche lontano parente, alcuni amici e molte facce sconosciute.
Ma lo zio conosceva tantissime persone, e da tante di queste era benvoluto, e questo suo funerale così affollato ne è la testimonianza.
Ho notato anche molte donne, alcune più giovani, altre di meno, da sole e sparse qua e là, piangere ed asciugarsi gli occhi con candidi e larghi fazzoletti.
Amiche ? Amanti ? Vecchie fiamme dello zio Nikolaus ?
O magari amori di una sola notte ?
Di un mese ? O, perché no, anche di un anno ?
Penso proprio di aver colto nel segno, considerata la fama di impenitente dongiovanni che lo zio Nikolaus si sta portando allegramente anche nella tomba.

La liturgia va avanti, mentre i ricordi si rincorrono e si affollano tumultuosi nella mente, stringendomi il cuore nella loro dolorosa morsa e serrandomi la gola in uno stretto e inestricabile nodo.
Non rammento proprio chi abbia detto che quando qualcuno che ci è caro muore, anche una piccola parte di noi stessi se ne va per sempre; ma mentre mi sento gli occhi pizzicare, so che qualcosa in me è morto insieme allo zio Nikolaus.
Ed un ricordo, fra i tanti, mi strazia l’anima in modo particolare.
Uno di quei ricordi che conserviamo in qualche anfratto del nostro cervello, ma che non tiriamo mai fuori dal cassetto della memoria, fino al giorno in cui, all’improvviso, veniamo travolti da quel fiume in piena di immagini e sensazioni.
E per questo ne restiamo schiantati.

E quel ricordo, che d’un tratto mi devasta, è quello della torrida estate del 2003, di quei lunghi mesi in cui il caldo non sembrava dovesse aver mai fine, di quelle giornate canicolari in cui noi greci abbiamo scoperto l’uso dei condizionatori e del ghiaccio nelle bibite.
E mentre il pope ortodosso continua a celebrare il funerale, il secondo di questa triste ed tediosa mattinata, la mia mente torna a quei giorni, mentre il rimpianto e la nostalgia trasformano quel bruciore improvviso agli occhi in calde lacrime, che scorrono libere sulle mie guance appena rasate.

L’indimenticabile estate del 2003.
E quella sera, al Pireo, con lo zio Nikolaus.
In quella lussuosa casa in Akti Olimpias, il lungomare più esclusivo di quella città che è anche il porto di Atene.
E i fatti che accaddero allora mi tornano in mente così vividamente che è come se leggessi una pagina di quel diario che, però, non ho mai scritto.

Agosto 2003

” Mi raccomando, Dimitri, non farmi fare brutte figure, eh ? “

Così dicendo, e strizzandomi l’occhio con fare d’intesa, lo zio Nikolaus si avvia per l’ampia scalinata che conduce al piano superiore, tenendo sottobraccio una splendida ragazza di circa venticinque anni, forse romena, forse ucraina, sicuramente dell’est europeo, mora e dal fisico statuario e assolutamente prorompente.
In piedi, in questo salotto pieno zeppo di poltrone e divani, bassi tavolini intarsiati e antiche sedie dal dritto e scomodo schienale, rigurgitante di stampe preziose e quadri di valore appesi alle pareti, e di pregiati tappeti persiani a coprire il pavimento in marmo, con un pappagallo, ciarliero e variopinto, legato per la zampina con una sottile catenella al suo trespolo in un angolo vicino alla grande portafinestra, resto imbambolato a guardare il mio parente andar via: e, a metà delle scale, vedo lo zio appoggiare una mano sulle natiche formose della donna che lo accompagna, mormorarle un qualcosa all’orecchio, e quindi sento la sua possente risata che rimbomba fragorosa per ogni dove.

Il pappagallo, evidentemente infastidito dal frastuono, strilla un qualcosa che non riesco a decifrare, ma che, con tutto il cuore, mi auguro sia un pesante e feroce insulto rivolto al mio gaudente congiunto.
Ho una mia teoria, nata da un sospetto che ormai è divenuto una certezza: e cioè che lo zio Nikolaus sarà la mia eterna e imperitura condanna.
Ed il momento che sto ora vivendo è la più chiara conferma di come questa mia teoria corrisponda ad una verità assoluta.
Potrei perdermi per ore nel commiserarmi e nel piangermi addosso, ma tutto ciò non mi salverebbe da quello che purtroppo mi attende.

– continua –

 

Poi sento la mano di Gaia, la ragazza polacca che mio zio ha scelto per me, stringere la mia, intrecciare le sue dita, calde ed asciutte, alle mie, fredde e sudate; la vedo sorridermi e sospingermi delicatamente verso le stesse scale che ha appena finito di salire il mio carnefice.
Ammetto di essere un pò intontito dalla situazione, ma ho ben presente come al piano superiore si trovino le camere da letto di questo elegante bordello di lusso nel quale lo zio ha deciso di trascinarmi.

Vuole che io ” trombi come un coniglio ” (così si esprime lo zio nei momenti di sua massima esaltazione poetica), e che mi decida, finalmente, a far buon uso ” della clava che mi ritrovo tra le zampe ” (sono sempre le sue auliche parole, ovviamente, perché io non mi permetterei mai e poi mai di…).
Pensavo che le sue fossero parole dette così, tanto per dire, l’ennesimo cazzeggio con il nipote più grande.
Battute, pesanti quanto volete, ma sempre e solo battute, gettate lì, tanto per strappare un sorriso all’ascoltatore di turno.
Ma mi sbagliavo.
Oh, come mi sbagliavo.
Perchè dalle parole, lo zio Nikolaus è passato ai fatti.
Ed ora è troppo tardi per tirarsi indietro, per innestare quella retromarcia che, nelle ultime quattro ore, ogni doloroso minuto che inesorabilmente scorreva, io avrei voluto ingranare.

Gaia, sempre sorridendo, e coperta solamente da una corta, leggerissima e trasparente vestaglietta rosa, mi ha già fatto salire i primi tre o quattro gradini che mi condurranno al mio personalissimo patibolo.
Vorrei sprofondare per la vergogna, nascondermi dietro ad uno dei grandi divani del salone, essere inghiottito come una talpa dal terreno che, d’improvviso e miracolosamente, si aprisse accogliente sotto i miei piedi.
Ma gli scalini sono quasi finiti e la tragedia, della quale sono l’unico ed applaudito interprete, sta per avere inizio.
E tutto per colpa di quello sciagurato dello zio Nikolaus.

Ma facciamo un passo indietro, giusto per spiegarvi come sono arrivato a Gaia ed a quello che mi aspetta tra pochissimo.

Quando mio padre morì sul colpo, in un incidente stradale nei pressi di Larissa, io avevo undici anni, ed i miei due fratelli, entrambi più piccoli di me, di anni ne avevano solamente otto e cinque.
Mia madre, una donna semplicemente eccezionale, pur stravolta dal dolore, si rimboccò le maniche e ci aiutò con tanto amore a superare quel periodo, così difficile per tre bambini rimasti orfani del papà.
Ed in questo delicatissimo compito, lei ebbe il fondamentale aiuto e sostegno del fratello di mio padre, lo zio Nikolaus appunto.

Scapolo impenitente e donnaiolo incorreggibile, lo zio prese me ed i miei fratelli sotto la sua ala protettrice, cercando in tutte le maniere di rendere meno gravoso l’arduo compito di mia madre, prodigandosi in ogni modo perché noi bambini trovassimo in lui quel simulacro di figura paterna di cui il destino ci aveva così improvvisamente privato.
In breve tempo divenne, per noi ragazzini, una presenza di vitale importanza, arriverei a dire insostituibile.

Non solo ci portava con sé al cinema o alle giostre, ma ci seguiva negli sport, ci aiutava nei compiti di scuola e, più di una volta, quando mia madre per problemi di lavoro non poteva farlo, andava a parlare con i nostri insegnanti.
E se c’era da sgridarci, lui non si tirava di certo indietro, pur facendo chiaramente trasparire che era un compito di cui, per carattere, avrebbe fatto volentieri a meno.
Ci rimproverava, magari anche con durezza, ma poi correva a comprarci un regalo, per alleggerirsi la coscienza e per tornare in pace con il mondo e con i suoi tre adorati nipoti.
Potete dunque immaginare quanto ci facessero paura, a noi ragazzini, gli strilli e gli ululati dello zio Nikolaus !!

Donnaiolo e gran puttaniere, sempre alla perenne ricerca di qualche gonna sotto la quale infilarsi, devo però riconoscere che lo zio Nikolaus è stato un validissimo sostegno per mia madre in tutti questi anni, e che mai, bisogna dargliene atto, si è permesso di prendersi alcuna libertà con lei (e mia madre, ve lo garantisco, è sempre stata una gran bella donna): si è prodigato sempre ed esclusivamente per esserle d’aiuto, con affetto e senza cercare alcun tornaconto personale che non fosse la nostra sincera ed incondizionata gratitudine.

Tessute le sue indubbie lodi, è però opportuno che vi accenni, anche se di sfuggita, ai suoi numerosi difetti: non per cattiveria, per carità, ma giusto per farvi capire con chi ho a che fare e di come io mi sia ritrovato in questo lussuoso bordello sul lungomare del Pireo.

Le donne sono sempre state l’unica e vera ragione di vita dello zio.
Potrei raccontarvi decine di aneddoti sulle sue avventure (e disavventure…), ma vi basti sapere che ogni volta che noi nipoti uscivamo con lui assistevamo a corteggiamenti estenuanti, a galanti approcci e a continui tentativi di rimorchiare la signorina (o la signora, lo zio non ha mai badato a simili quisquilie) di turno: alle giostre, la mamma più carina era sempre oggetto delle sue cerimoniose attenzioni; al ristorante, le cameriere difficilmente venivano risparmiate dai suoi esagerati e sperticati complimenti; e persino allo stadio (udite udite) le tifose più avvenenti venivano corteggiate con insistenza, e poco importava se al loro fianco vi fosse un marito furibondo o un fidanzato incazzato (la rissa era, ovviamente, sempre dietro l’angolo).

– continua –

Lo zio Nikolaus è sempre stato certamente un bell’uomo, e tutte le sue originalissime tattiche di conquista lo hanno portato ad avere una percentuale di successi decisamente invidiabile.

Ed anche l’amore a pagamento, come testimonia la penosa situazione in cui mi sono venuto a ritrovare adesso, è sempre stato nelle corde dello zio: sguazza come una cernia nel mare, perfettamente a suo agio, tra night, discoteche e bordelli, spendendo e spandendo valanghe di soldi, senza timori e senza rimpianti.
Un vero e proprio gaudente, via.
Non ci sono altri termini per descriverlo.

Di carattere timido ed introverso, io sono esattamente il suo opposto.
Riservato mi definirei, a voler essere proprio pignoli.
Anche se lo zio non è d’accordo, e propende più decisamente per il termine ” imbranato “.
Insomma, riservato o imbranato che io sia, il mio modo di vedere la vita non potrebbe essere più lontano dal suo.
E dal momento che la vita è mia, ho sempre creduto di poterla vivere come meglio mi piaceva.
Fino a stasera.
Perché inizio ad avere qualche dubbio in proposito: credevo di essere libero di trovarmi da solo la mia prima ragazza con la quale fare l’amore, ma lo zio…

Due mesi or sono, al compimento del mio diciottesimo anno d’età, una ragazza fissa non l’avevo ed un rapporto sessuale completo era ancora lungi dal venire.
Ma la cosa, per me, non costituiva un problema.
Sapevo che, prima o poi, avrei incontrato la ragazza giusta, e che tutto sarebbe accaduto in modo tranquillo e naturale, come accade a milioni di persone sulla faccia di questo pianeta.

Ma allo zio Nikolaus questo mio modo (a suo dire rinunciatario) di intendere l’amore ed il sesso non poteva di certo andar bene, e fu per questa ragione che volle regalarmi, a tutti i costi e senza sentire ragioni, quella che lui ha sempre chiamato ” la svezzata “.

E questo pomeriggio, solo poche ore fa, si è presentato a casa da mia madre, mi ha messo un braccio attorno alle spalle e mi ha detto: ” Dimitri, basta con le cazzate e con le pippe. Stasera diventerai un uomo a tutti gli effetti ! “.
Gli occhi dello zio brillavano luciferini nella penombra della cucina.
Mia madre ha notato subito il mio sguardo atterrito, a dir poco preoccupato, ma, come tutti noi, non ha avuto il coraggio di contrastare lo zio Nikolaus, perché lui, qualunque cosa faccia per noi, la fa solo ed esclusivamente per il nostro bene (o almeno questa è la granitica convinzione dell’esimio nostro congiunto).

Ed è così che mi ha trascinato letteralmente via, in autostrada fino al Pireo,    in un viaggio di quasi quattro ore, per giungere a questo elegante villino in Akti Olimpias, il lungomare più esclusivo e signorile della città.
E la mia tragedia ha avuto così inizio.

Mentre l’auto dello zio Nikolaus divorava i chilometri, io mi sentivo tremendamente in colpa con mia madre.
Nei suoi occhi avevo letto la disapprovazione per quello che lo zio mi stava trascinando a fare, e forse lei si sarebbe aspettata che io rifiutassi, che, per la prima volta in vita mia, trovassi il coraggio di dire di no ai progetti dell’invadente parente.
Ma quel coraggio non l’avevo trovato e, mentre il paesaggio scorreva monotono oltre i finestrini, tra case coloniche, campi coltivati, svincoli e gallerie, sentivo in cuor mio di averla delusa, di averla in qualche modo tradita.
E questa sensazione di tradimento mi faceva star male, battere il cuore per la pena, rimescolare dolorosamente ogni più intima e profonda fibra del mio “io”.

Quando siamo arrivati, scendendo dall’auto e lasciando il fresco del condizionatore, il caldo di questa feroce e bollente estate del 2003 mi ha aggredito, togliendomi il respiro, già di per sé reso difficile dall’angoscia del pensiero di mia madre.
Non c’è cosa più brutta del sentirsi dei traditori.
E della propria madre, per di più.

Inutile che vi dica che, al suo ingresso in questa casa del piacere carnale, lo zio Nikolaus è stato accolto come fosse il principe regnante: è mancata solo la banda di paese con le majorette (anche se queste ultime c’erano eccome, vestite in modo un tantino discinto in verità, senza la blusa con i bottoni dorati ed il cappello con il pennacchio, ma c’erano, altro che…).
La padrona di casa, la tenutaria del bordello, una donna non più giovane ma ancora estremamente piacente, e che il mio caro zietto mi ha confidato in gran segreto di ” aver arato e rivoltato più volte ” (è veramente pittoresco lo zio Nikolaus nelle sue espressioni, decisamente folcloristico) lo ha abbracciato e baciato sulle guance, strusciandosi a lui con fare provocante e civettuolo, mentre, con uno sguardo che non mi è piaciuto proprio per nulla, mi ha radiografato come nemmeno in ospedale riuscirono a fare, quando, dodicenne, mi fratturai un braccio cadendo da un albero nei giardinetti dietro casa.

Passata l’apoteosi dello zio con la tardona ancora in discreta forma, otto o nove ragazze, tutte scarsamente vestite, una più bella dell’altra, lo hanno circondato, baciandolo ed abbracciandolo, carezzandolo e vezzeggiandolo: e lui, con il suo vocione, che faceva loro i complimenti, chiamandole tutte per nome, ad ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, di come lo zio sia un assiduo frequentatore di queste stanze peccaminose.

Ho notato subito, però, e senza alcuna difficoltà, quale sia la sua ragazza preferita: una mora, dal fisico dirompente, e di cui vi accennavo prima, si è messa subito al suo fianco, quasi a rivendicare un suo diritto di possesso sul mio congiunto, strofinandosi a lui come una gatta in calore in una notte di luna piena, e senza mostrare alcun ritegno o vergogna.

Lo zio, nella sua riconosciuta ed universale magnanimità, mi ha presentato alle ragazze, infierendo senza pietà alcuna sul sottoscritto: ha detto loro che aveva portato suo nipote Dimitri, il più grande dei suoi tre nipoti, e che io ero ancora ” vergine come una monaca di clausura alla quale abbiano messo anche una cintura di castità”, e che ” una di loro avrebbe avuto l’onere e l’onore di introdurmi al mondo del sesso e dei piaceri della carne “.

Gridolini di eccitazione si sono alzati improvvisi dalle ragazze, evidentemente stimolate dall’avere carta bianca con il citrullo di turno, che poi, nel caso particolare, sarei indiscutibilmente io, mi pare ovvio.
Anche la tardona, prima di rendersi conto che lei era fuori gioco, ha avuto un fremito: ho visto la sua lingua guizzare rapida ad umettarsi le labbra, ed una mano, dalle dita cariche di anelli, posarsi per un attimo su un seno, quasi a voler controllare che la costosa opera del chirurgo non la tradisse proprio in quel momento.
Per l’imbarazzo di quei minuti, ho rischiato di svenire almeno un paio di volte.
E non c’è nulla da ridere, credetemi sulla parola.

– continua –

Mi sono dunque ritrovato gli occhi di tutte quelle ragazze puntati addosso (e vi sembrerà incredibile, ma anche il pappagallo mi ha lungamente scrutato, con due occhietti maligni e strafottenti), facendo si che il mio impaccio lievitasse in modo esponenziale, e obbligandomi di certo ad assumere un’espressione che poteva oscillare tra il comico ed il grottesco.

E mentre io mi sento morire per la vergogna, lo zio palpa senza problemi, quasi con noncuranza, una delle tette della mora, come a volerne saggiare la consistenza e a verificare che, dall’ultima volta, non vi sia stato qualche cedimento tanto sospetto quanto improvviso.

Rosso come un peperone di agosto, ho atteso che il mio amaro destino giungesse a compimento, maledicendo tutto e tutti.

Ho visto lo zio valutare le ragazze per qualche secondo, e poi mormorare alcune parole all’orecchio di una di esse, una biondina esile e flessuosa, decisamente carina; e poi l’ho sentito pronunciare quelle famose parole, il mio epitaffio inciso a caratteri cubitali sulla lapide di quella notte: ” Mi raccomando, Dimitri. non farmi fare brutte figure, eh ? “.
Il dado era definitivamente tratto.
Senza appello.
Non potevo più sfuggire al mio destino.

Finita la rampa di scale in marmo, coperta da una guida rossa, Gaia mi conduce sulla sinistra, verso la porta aperta di una delle numerose camere.
Lo zio Nikolaus si è già dileguato in una delle altre stanze con la sua mora amazzone, tutta curve, forme e burrosità assortite.
Non è tipo da perder tempo, lui.

( Mai perso un attimo, io, quando annuso profumo di… )
( Zio… un pò di contegno, ti prego… )
( Contegno ? Ma dico… siamo in chiesa, per caso ? Magari   ad un funerale ? … ti ho portato in un casino… in una casa piena di sventole seminude… pronte a soddisfare ogni tuo  più recondito desiderio… e tu… tu mi parli di contegno ? Oh… povero me… )

La voce stentorea dello zio Nikolaus mi rimbomba nella testa, quasi avessimo un contatto telepatico, mentre varco esitante la soglia della stanza, nella quale io dovrei perdere la mia verginità fisica e mentale con questa ragazza che lui mi sta pagando.
Non credo si tratti di telepatia, però.
Proprio per nulla.
Vista la situazione in cui mi ritrovo, non mi meraviglio d’iniziare a soffrire di potenti allucinazioni.

( Allucinazioni… telepatia… inconscio… cazzo ti frega ? Non  attardarti con simili idiozie… devi fare ben altro… inebriati del profumo di fi… )
( Zio !!! )
( Ecchecazzo … guarda che la parola fica non ti morde, sai ? E non finirai all’inferno, con un diavolo che attenta alle tue chiappette rinsecchite con un forcone appuntito, solo per averla pronunciata !! Fica… fica… senti che suono melodioso… mmmhhh… )

Sento le gambe tremarmi come se avessi corso a perdifiato per una decina di chilometri.
Mi guardo attorno, e vedo Gaia chiudere delicatamente la porta, escludendo in modo definitivo il mondo esterno dalla mia vita.

La grande stanza è arredata con sfarzo e senza badare a spese.
Un grande letto a baldacchino, in legno scuro, fa bella mostra di sé sulla destra, impreziosito da un contorno di comodini, sedie e mobili antichi che sembrano essere appena usciti dalla bottega di un antiquario: alle pareti stampe degli anni trenta, e che mostrano scorci e panorami dell’Atene di allora.
Un grande specchio, di fronte al letto, sembra raddoppiare le dimensioni della camera.
Per un attimo mi viene la speranza che quel salame imbambolato e tremebondo, che lo specchio mi mostra, possa non essere io: è solo un istante però, perchè quella figura pietosa ed affranta è indiscutibilmente il sottoscritto.
In questo momento potrei anche strozzarlo, lo zio Nikolaus.
E anche con estrema soddisfazione.

( Bravo… bene… io ti offro il piacere, l’estasi, il nirvana… e tu… ingrato… irriconoscente che non sei altro… )

La grande finestra di fronte alla porta è chiusa, e nascosta da pesanti tendaggi in broccato, mentre il pavimento è per intero ricoperto da altri tappeti persiani di indubbio valore.
E’ una stanza estremamente accogliente, anche se dall’aspetto un tantino troppo antico, in cui aleggia un’atmosfera di tempi irrimediabilmente passati: ed io potrei comunque apprezzarla in tutto il suo splendore se non mi ritrovassi in questo stato di parossistica agitazione per quanto dovrà inevitabilmente accadere.

( Abbiamo finito di fare l’arredatore ? L’architetto degli interni ? No… perchè vedi, mio caro nipote… se proprio insisti… magari ti fanno visitare pure le soffitte… e le cantine… e la madia della nonna in cucina ?… non te la vorrai mica perdere, no ? )

L’aria è resa piacevolmente fresca dal condizionatore, ed il caldo di questa infuocata estate greca è solo un ricordo, e non è di certo la causa di queste mie fastidiose e continue allucinazioni.

Gaia mi viene vicina, e la sua bellezza, ora che la osservo con maggiore attenzione, mi appare in tutta la sua giovanile freschezza.
Avrà al massimo due o tre anni più di me, un viso delicato e dalla pelle liscia e perfetta, occhi azzurri come il mare, e le punte dei biondi e lisci capelli che arrivano a sfiorarle appena le spalle: in altre circostanze me ne innamorerei all’istante, con buona pace dello zio Nikolaus e delle sue teorie materialiste sul sesso.

( Innamorarsi ? Di una puttana ? Ma dico… il cervello ti è finito per caso in una scarpa ? Innamorarsi, ma figurati… )
( Piantala, zio… come vedi di problemi ne ho già una valanga…  grazie a te e alle tue idee… e senza che tu ci metta ancora del tuo… )
( Va bene, va bene… cercherò di contenermi… ma non prometto nulla… )

Ho la conferma che queste deliranti allucinazioni mi terranno compagnia a lungo.
Ci mancava solo questa a rendere la situazione ancora più umiliante.

– continua –

Gaia mi sorride e, sempre tenendomi per mano, mi conduce verso il letto.
Sarà l’agitazione, sarà l’ansia che mi divora, ma solo in quel momento mi accorgo che io e lei non abbiamo ancora scambiato una sola parola.
E parlare è sicuramente l’unico mezzo che mi rimane per cercare di rinviare quello che ha tutta l’aria di sembrare inevitabile: forse potrei ancora convincerla a raccontare una bugia allo zio, a dirgli che me la sono cavata egregiamente, e ad evitarmi quella che mi appare come un’insopportabile umiliazione.
Perché, anche se i soldi li mette lo zio, io la mia prima ragazza me la sarei voluta conquistare, fare l’amore con lei in uno scambio di sentimenti veri e puliti, e mai avevo pensato di comprare un corpo femminile per dare sfogo alla mia libidine.
Ho sempre creduto che pagare per fare del sesso sia un commercio di uno squallore unico e disperato.

( Ma piantala… che mi sono mangiato interi capitali con zoccole e mignotte… e mai, dico mai, ho rimpianto una sola dracma di quei soldi spesi… stai bestemmiando, caro il mio sdolcinato nipote… fatti una bella scopata, rilassati, e poi la penserai diversamente… garantito… )
( Zio… con tutto il rispetto, ma… a volte… nemmeno un animale… )
( Gli animali non vanno a puttane solo perchè non hanno i soldi… se li avessero, fotterebbero dalla mattina alla sera… ma tu guarda in che cazzate si perde… datti da fare… zompale addosso… )

Ma ormai è troppo tardi per tirarsi indietro.
Gaia si siede sul letto, si scosta i capelli dalla fronte, mi guarda e mormora: ” Spogliati, dai. “
Rimango imbambolato, perfettamente immobile, come se lei avesse parlato, anziché in un greco perfetto, in una lingua sconosciuta e di cui io non avessi capito neppure una parola.
Lei si rialza e, sorridendo del mio stato catatonico, mi aiuta a togliermi la leggera giacca di lino che indosso, appoggiandola poi ordinatamente su una sedia: quindi, con le sue agili mani, dalle dita snelle e con le unghie corte e senza smalto, inizia a sbottonarmi la camicia.

Il terrore mi assale ancora più violento di prima.
Oltre alla paura di non essere all’altezza della situazione, l’imbarazzo di farmi vedere nudo da una donna mi blocca ancora di più: e poi inizio a chiedermi se mi sono lavato a dovere, e che ho certamente sudato una volta uscito di casa, o ancora se mi sono tagliato le unghie dei piedi…

( E il naso ? Hai controllato il naso ? No, perché… da qui… mi pare… sì… mi pare proprio che tu abbia una caccola gigante che… )

Nervosamente mi controllo che quel diavolo di mio zio, con quella sua maledetta voce che mi scuote il cervello, non mi stia dicendo, per caso, la verità.
Mi ero pure portato una borsetta (non ridete, vi prego) con lo spazzolino, il dentifricio e il deodorante: solo ora mi accorgo, però, di averla persa, di averla dimenticata, nell’agitazione, nella macchina dello zio.
Terrore.
Disagio.
Panico.
Confusione mentale.
Vorrei fuggire da quella stanza, da quel letto che mi appare come l’orlo di un precipizio.
Ma vorrei anche restare.
Perché Gaia mi piace.
Mi piace veramente molto.
Perchè è bellissima.

( E meno male… perché iniziavo a preoccuparmi… sai… con tutto quello che si sente dire… brrrrr… un nipote finocchio ?… brrr… no, eh ? )

Le allucinazioni non demordono.
Anzi.
La mia condizione mentale si va aggravando di minuto in minuto.

Mentre il cervello mi ribolle di pensieri, mentre il cuore mi batte a mille, la ragazza mi ha già sfilato la camicia, e le sue mani mi stanno slacciando la cintura dei pantaloni.
Se non la fermo ora, non la fermo mai più.
Ci casco di testa, in quel precipizio che mi si apre davanti.

Con un sommo ed eroico atto di coraggio, prendo le sue mani tra le mie, e lei mi guarda negli occhi, forse stupita da questo tanto improvviso quanto inatteso gesto.
Ci fissiamo per alcuni lunghi secondi.
Quanto è bella !
Mi perdo nei suoi occhi meravigliosi e nei tratti di quel viso così perfetto e delicato.
E mi rendo conto, finalmente, di aver deciso, ormai, di bere l’amaro calice fino in fondo.

Armeggio in modo ridicolo ed impacciato con la cinta, la ragione che mi urla di richiuderla, il desiderio che, suadente, mi sussurra di completare l’opera iniziata da Gaia.
Le mie mani vanno per conto loro: mi ritrovo con i pantaloni a mezza coscia, e la mia espressione stupita deve essere veramente comica, perché Gaia scoppia a ridere, e la sua risata risuona musicale e dolcissima nelle mie orecchie rese paonazze dalla vergogna.

( Neanche tu le avessi raccontato una barzelletta… senti un pò come si sganascia la puttanella… datti da fare, coglione di un nipote… )
( Puttanella ?… Zio… ti proibisco di trattare Gaia in questo modo… è una ragazza dolce… e… e… )
( Oh, Santo Cielo… va bene… va bene… che mammoletta di nipote che mi ritrovo… va bene… dopo comprale pure un tubo di Baci Perugina, eh ?… sai… i cioccolatini italiani, così vi leggete i bigliettini… tra cuoricini che vi danzano intorno… e Cupido che scocca le sue frecce… ma che ti dice quella capoccia ?… Santa Madre di Dio… )

In modo assolutamente frenetico, scalcio via i mocassini, mi tolgo i pantaloni e mi sfilo i calzini, restando in mutande di fronte a lei che, trattenendo a stento ora il ridere, mi osserva con quella che mi pare essere una punta di compiacimento (e perdonatemelo questo pizzico di vanità in queste ore per me così maledettamente difficili).
Possibile che io, un inetto totale e senza alcuna esperienza nel campo femminile, solo con le mutande indosso (saranno pulite ? Ma proprio pulite pulite ? O, magari…) possa anche lontanamente esserle di qualche gradimento, piacerle addirittura ?
Io ?
Proprio io ?
E ora ?
Cosa dovrei fare ?
Cosa farebbe quel mascalzone dello zio Nikolaus ?

( Me la tromberei…  t-r-o-m-b-e-r-e-i… e senza farmi tante seghe mentali… ecco che cosa farebbe il tuo arzillo zietto… )

Cioè. il mio istinto qualche suggerimento me lo sta pure inviando.
Gaia mi piace… cavoli, se mi piace… ma temo di fare qualcosa di sbagliato… in qualche modo di deluderla…

( Dimitri!… Cazzo, è solo una puttana… non fare il coglione… zompale addosso… trapanala una volta per tutte… )
( Zitto zio… ti prego… lasciami in pace… non è proprio questo il momento per… )

… di deluderla, di farle definitivamente capire quanto io sia imbranato:

( Ma tu sei imbranato, Dimitri… un perfetto coglione… impugna la mazza e randellala a dovere… )
( Cazzo, zio… non sono mica una bestia… )

insomma, mi sono spogliato e, come un idiota, la guardo e non mi muovo, restando impalato di fronte a lei.

– continua –

( Coglione… e cretino… ma non ti preoccupare, nipote mio…  segui i miei consigli e farò di te un vero assatanato di sesso… )

La voce dello zio mi risuona insistente nella testa, distraendomi da Gaia che, però, ha deciso di prendere alla fine lei l’iniziativa, evidentemente stanca del mio stato così simile a quello di un vegetale.
Con delicatezza mi spinge sul letto, facendomi sdraiare e, subito dopo, sfilandomi abilmente le mutande.
Una vampata di vergogna mi esplode in corpo, facendomi pentire per l’ennesima volta di essermi ritrovato in quella maledetta situazione.
Accidenti allo zio Nikolaus e alle sue idee del cavolo !
Il sesso lo avrei potuto scoprire anche a modo mio, no ?

( Magari a quarant’anni, eh ?… e magari con una zitella acida, stronza e raggrinzita, eh ?… ma per favore… guarda che fiore di ragazza ti ha trovato lo zio… e smettila di piangerti addosso come uno sfigato da quattro soldi… )

Nudo come un verme, vedo Gaia liberarsi della vestaglietta e lasciarla cadere ai suoi piedi: lo splendore del suo corpo mi fa, per un attimo, dimenticare tutto.
Pelle meravigliosa, seni pieni e sodi, cosce e gambe affusolate.
Ed il suo profumo, intenso ma delicato, che mi inebria i sensi.
E quando si volta, per appoggiare l’indumento che si è tolta alla stessa sedia sulla quale sono ammucchiati i miei vestiti, le sue natiche calamitano il mio sguardo, lasciandomi letteralmente senza fiato.
Avverto un delizioso fremito di desiderio all’inguine e vedo il mio pene ergersi lentamente, come fosse ancora indeciso se la situazione si sia finalmente sbloccata.

( Sfodera i tuoi attributi, figliolo, che il momento di diventare uomini per davvero è arrivato… )

La ragazza sale sul letto, nuda e bellissima, e si siede sulle mie gambe.
Mi sorride in continuazione, ed io mi perderei in quel sorriso per l’intera serata, se solo la sua mano destra non si chiudesse a pugno sul mio pisello, e iniziasse ad andare molto lentamente in su ed in giù.
E se adesso non mi si addrizza ?
Se resta così, come color che son sospesi ?

( Meno stronzate, Dimitri… sfodera la mazza e colpisci duro… )
( Zio, insomma… non vedi che io già sono nel pallone più totale ? )

Fortunatamente, le mie paure si dileguano come la nebbia del primo mattino al sorgere del sole.
Le sue dita, fresche, abili, suadenti e così terribilmente erotiche, mi aiutano a raggiungere una splendida erezione, e la cappella, viola per la tensione che mi divora, spunta dalla mano di Gaia, sempre chiusa a pugno sul mio pene.
La ragazza mi masturba con dolcezza, i suoi occhi fissi nei miei, e chissà perché…

( Perché di puttane tu non capisci un cazzo, ecco perché… )

… arrivo quasi a convincermi di piacerle, e che lei sia contenta di stringermi l’uccello tra le mani.

( Sì… come no… peccato che ne tenga tra le mani quattro o cinque al giorno… e bada bene, citrullone… quattro o cinque come minimo… e, a volte, anche due insieme… )
( No… Gaia no… non è possibile che… )
( Ma certo… la tua Gaia passa le giornate a raccontare la fiaba di Cappuccetto Rosso… che carina… peccato che alla fine arriva il lupo cattivo… che se la ingroppa !! )
( Zio !! Sei un cinico… un insensibile… un… )
( … realista. Sono solo realista, disincantato e concreto… )

Mi sento molto più rilassato di prima, ed un senso di beatitudine mi pervade meravigliosamente: è la prima volta che, nella mia vita, la mano di una donna scorre libera sul mio cazzo.
E l’unica nota stonata di questi attimi è la maledetta voce dello zio Nikolaus, una voce che mi continua a risuonare fastidiosamente nella testa, quasi a volermi rovinare quegli istanti.

( Dovresti ringraziarmi, altro che storie… se non fosse stato per me, il tuo inetto pisello avrebbe continuato a fare collezione di ragnatele… )

La mano di Gaia mi regala un piacere sconosciuto, e la vista del suo corpo nudo mi eccita terribilmente: sento che sto per venire, e mi abbandono completamente alle sue carezze.

( No… dico… non ti accontenterai di una squallida pippa,  eh ?… datti da fare, cazzo, che se no le sbrodoli tra le dita proprio come l’ultimo dei pivelli… )

Ma quel momento di sogno che sto vivendo dura troppo poco.
Improvvisamente la mano della ragazza si blocca: torno di colpo alla realtà, e lei mi indica con un dito verso il ripiano di uno dei due comodini, dicendomi: ” E’ il momento che tu lo infili “.

Volto la testa, seguendo la direzione da lei indicatami, e lo vedo: accanto alla lampada accesa c’è un preservativo, sigillato nella sua confezione giallina.
Il panico torna ad assalirmi perché…

( E’ solo un preservativo… non ti ha chiesto di maneggiare una bomba a mano, no ? Parliamo di plastica, Dimitri, non di esplosivo… )

… io, un profilattico, non me lo sono mai messo, ed ho la granitica certezza che la figuraccia ora sia veramente appostata dietro l’angolo.
Mentre lei mi osserva paziente, sempre con quel sorriso divertito che le distende le morbide labbra e le rende radioso lo splendido viso, allungo timidamente una mano, e afferro quella che, sono convinto, si trasformerà in una colossale ed epica tragedia.
Il solo tentativo di aprire quella maledetta confezione mi porta via quasi un minuto…

( E va bene… lo ammetto… è colpa mia, lo so… dovevo allenarti a maneggiare un profilattico… darti ripetizioni su come di faccia ad aprire l’involucro di protezione… ma non posso mica pensare a tutto, però, porca vacca… )

… ma, alla fine, non so nemmeno io come, mi ritrovo in mano quella scivolosa ed arrotolata pellicola di plastica trasparente.

– continua –

( Facci un palloncino, dai… coraggio, Dimitri… soffiaci dentro… tanto, peggio di così… )

Le carezze di Gaia sono ora solo un vago ricordo, travolto come mi ritrovo dall’impresa di armeggiare con quell’oggetto fino ad ora sconosciuto. E le conseguenze non tardano a mostrarsi con estrema e drammatica chiarezza: il pisello si è arrotolato su se stesso, si è rattrappito, riducendosi ad un avvilente mucchietto di pelle, come se anche lui volesse fuggire da questa situazione così imbarazzante.
E su quella misera escrescenza non ci potrei srotolare assolutamente nulla, nemmeno la mia sconquassata dignità maschile.

( Un residuo… un ricordo… tracce… ne sono rimaste solo delle tracce…. roba da pazzi… un pò di amor proprio, che diamine… )

Resto con il preservativo tra le dita, vergognoso anche soltanto di guardarla negli occhi, e timoroso di leggere nel suo sguardo solo disprezzo, se non compassione.

( Cazzo, Dimitri… io già sono alla seconda…. datti una mossa, forza… )

E’ meglio rinunciare, alzarsi da questo letto e rivestirsi, aprire la porta della camera, scendere le scale ed aspettare lo zio nel salotto, e magari fare quattro chiacchiere con il pappagallo: basta, devo porre fine a questo torm…

( Pusillanime… vigliacco… traditore… cacasotto… )

… ento.
La mano di Gaia, morbida e premurosa, si impossessa nuovamente del mio pene e, con consumata maestria, mi restituisce in pochi istanti (un miracolo, non può essere che un miracolo !) tutta la mia vigoria.

( Cazzo… l’avessi io un’erezione così… beata gioventù… )
( Invidioso, zietto caro ? )

E con il turgore torna improvvisa, quasi irrefrenabile, la voglia di schizzarle tra le dita.
Ma lei mi previene di nuovo: con la mano libera afferra il profilattico e, con un’unica e veloce mossa, me lo srotola completamente sul cazzo svettante.

( Mmmmhhh… niente male, la ragazza… )
( Pensa alla tua, zio… che chissà che fatica dovrà fare, la poveretta, per tirartelo su… non sei più un giovanotto… )
( Alt… fermo… pretendo rispetto… ho una strepitosa carriera alle spalle, io… )
( Già… alle spalle, appunto… )

La soddisfazione di essere riuscito ad avere l’ultima parola con quella allucinazione che mi scuote il cervello, che mi s’insinua di continuo nella testa, mi aiuta a superare quell’ennesimo momento di difficoltà.
Guardo Gaia, e la vista del suo corpo mi fa esplodere dentro una nuova carica di intenso desiderio.
E’ una strana sensazione quella che provo: la sua mano scivola sulla sottile plastica, il contatto con la mia pelle non c’è più, ma io l’avverto ugualmente, anche se in modo diverso rispetto a prima.
E l’anello di plastica più spessa che mi stringe la base del pisello mi fa immediatamente intuire che duro è, e che duro rimarrà per molto tempo.
Ma non ho tempo di attardarmi in riflessioni tecnico-scientifiche sul preservativo:

( Trombala, cazzo… si può sapere cosa diavolo stai aspettando, coglione… )

Gaia si piega su di me e se lo infila in bocca, facendo scivolare le labbra sulla plastica sottile, leccandomelo per tutta la lunghezza, gli occhi fissi nei miei, sicuramente curiosa di scrutare le mie reazioni.

( Si chiama pompa… o pompino… o, se preferisci, bocchino… e smettila con tutte queste chiacchiere… )
( E sarei io quello che chiacchiera ? Io ? Ma senti un pò chi parla… )

Non ho più alcuna voglia di andare via, di fuggire da quella stanza, di scappare da quel letto.
Proprio nessuna.
Anzi, vorrei che la sua bocca non mi lasciasse più.
Esitante, le infilo le dita tra i morbidi capelli biondi e seguo il lento movimento della sua testa.

( Seguire il movimento ?? Guidarla… devi g-u-i-d-a-r-l-a… povero me, cosa mi tocca sentire… )

Socchiudo gli occhi e mi abbandono a lei, ad un passo dall’esplodere tutta la mia giovanile vigoria sessuale: e, tra un sospiro e l’altro, inizio a benedire l’iniziativa presa dallo zio, il suo regalo speciale per la mia maggiore età.

( Piantala con le stronzate… goditi questa ragazza… e non rompere più le palle al tuo benefattore… )

Quella bocca fatata mi lascia.
Sento la ragazza muoversi su di me.
Apro le palpebre e vedo Gaia salire più in su, scivolare sulle mie cosce e posizionarsi a gambe aperte sul mio pisello: mentre con una mano lo guida, con le dita dell’altra si divarica le labbra del suo sesso, per poi discendere con la fica su di me.
In un attimo sono in lei, completamente dentro il suo corpo, caldo e palpitante.
Ed è in questo preciso momento che la mia mente si azzera di ogni pensiero, di ogni preoccupazione e timore, e, forse, è in questo istante che divento finalmente un uomo.
Sono in lei, e sono in paradiso.

( Ta-daaa… benvenuto… benvenuto tra quelli che scopano… squillino le trombe… vengano sciolte le campane… mio nipote fotteeeeeeee… )

Gaia si solleva e ridiscende, scopandomi con una dolcezza straordinaria.
Quello che credevo non fosse possibile accade in modo del tutto naturale.
Le metto le mani sui fianchi ed inizio a dettarle io il ritmo della penetrazione, con sempre maggior sicurezza e senza più alcuna titubanza.

( Udite… udite gente…. rullino i tamburi… Dimitri sta trombando… mio nipote scopa… sì… sì… scopa come un mandrillo… )

Vedo Gaia, splendida nella sua nudità, impalarsi sul mio pisello: i suoi seni si muovono così eroticamente da incatenare il mio sguardo, ed il calore e la morbidezza delle sue pareti interne, anche se sicuramente attutiti dal preservativo, mi coccolano e mi accarezzano meravigliosamente.
Non penso più all’imbarazzo ed alla vergogna provati fino a poco tempo prima: solo la consapevolezza di star facendo l’amore con lei mi riempie di felicità, trasportandomi verso quel paradiso dei sensi che solo il sesso riesce a farci intravedere.

– continua

( Intravedere un cazzo ! Ogni scopata è una beatitudine, altro che… il sesso ” E’ ” il paradiso, mio blasfemo nipote… )

Non ho alcuna esperienza in fatto di prostitute…

( Errore. Tu non hai alcuna esperienza in fatto di donne, non di puttane solamente… hai una laurea sicuramente in pippologia applicata…. ma, la fica, fino ad ora, nemmeno con il binocolo l’avevi vista… per fortuna che ci sono io… )

… ma i sospiri ed i gemiti di Gaia mi fanno credere, o forse solamente illudere, che…

( Lascia le illusioni a quelli della mia età… alla tua si vive di certezze, mio caro nipote ora trombante… )

… che anche lei stia godendo, e che, almeno una volta, si sia lasciata andare, cercando anche il proprio piacere e non solo quello del cliente di turno.

( Non lo saprai mai, Dimitri… le donne sanno fingere molto bene… )

Ed il piacere finalmente arriva, impetuoso e dirompente, intenso e fantastico come nemmeno avrei potuto immaginare nella più erotica delle mie fantasie: vengo come non mi è mai capitato in vita mia, accarezzandole in punta di dita le morbide cosce ed i tonici seni dai capezzoli duri ed eretti.

Sento il calore dello sperma, trattenuto dal profilattico, e vorrei continuare a restare in lei, ad aspettare di essere nuovamente pronto per riprendere a fare l’amore, non una, ma due, tre, quattro volte, in quella notte che ora vorrei fosse infinita.
Ma lentamente Gaia si sfila dal mio pene, si sdraia accanto a me ed accosta le labbra alla mia bocca, in un bacio lieve e fuggevole: poi si alza e si dirige verso il bagno che, solo ora me ne accorgo, è comunicante con la stanza.

Il pisello gradatamente si affloscia, ed io, con movimenti ora nuovamente impacciati, mi sfilo il preservativo, lo sperma racchiuso nella punta.

( Serbatoio, si chiama… s-e-r-b-a-t-o-i-o… cerchiamo di essere precisi… )

Mi alzo dal letto e attendo che Gaia finisca di lavarsi in bagno: poi andrò anche io a ripulirmi.
Non so se l’esame l’ho superato, ma…

( Certo non a pieni voti, nipote… ma… insomma… diciamo che è stato un buon inizio… )

… ma mi sento diverso rispetto a quando sono entrato in questo bordello: è come se fossi cresciuto in questo poco tempo, ed ora, tutte le difficoltà che mi si presentavano nel relazionarmi con le ragazze sembrano essersi come volatilizzate.
Quello che è accaduto su questo letto non è stata soltanto la mia prima volta, ma il passo decisivo per prendere coscienza, in maniera definitiva, di essere diventato un uomo a tutti gli effetti.

Gaia rientra in camera e la sua nudità mi appare ancora più eccitante di prima.
Ora saprei esattamente come comportarmi con lei, e mi sento più che pronto a prendere io l’iniziativa.
Peccato che non ci sia più tempo per stare con lei.
La vedo infilarsi nuovamente la discinta vestaglietta, pettinarsi i capelli e, temo, cancellare dalla sua mente quanto accaduto tra noi.

( Quando, per fare l’amore, si paga, questo è il momento meno piacevole, mio caro nipote. Si torna con i piedi per terra, e la poesia non ha più spazio… ti ci abituerai… anche io, le prime volte, mi innamoravo sempre della puttana di turno… è normale. credimi… )

La voce dello zio è ora più flebile, come se venisse da molto lontano: le allucinazioni mi stanno abbandonando, forse perché non ne ho più bisogno.
Mentre mi rivesto guardo Gaia, la sua bellezza, il suo corpo in vendita per chi lo voglia comprare per pochi minuti di piacere.
Con una punta di tristezza capisco quanto le parole dello zio siano vere.

Siamo tornati nel salone ed aspetto che lo zio Nikolaus, sazio della mora con la quale si è accompagnato, torni e mi riporti a casa.
Di ragazze, nel salone, ve ne sono, ora, solo tre, e Gaia si è unita a loro, lasciandomi solitario su questa poltroncina, ma con la voglia di tenerla nuovamente tra le braccia.
Sento l’amaro in bocca al pensiero che tra un’ora, o magari anche di meno, lei risalirà le scale tenendo per mano un altro uomo.
Adesso ho voglia proprio di andar via.

” Allora, Dimitri. siamo diventati uomini, stasera, eh ? “

Lo zio Nikolaus è ancora discretamente rosso in viso, e la mora con la quale si è divertito ha il trucco decisamente sfatto: non si sono di certo risparmiati.

Mentre lo zio rinnova il rito degli abbracci e dei saluti, io guardo un’ultima volta Gaia: ci sorridiamo e, ancora per un istante, mi voglio illudere che io, per lei, sia stato qualcosa di più di un semplice cliente, un qualcuno un pochino speciale.
Il capo inclinato da un lato, il pappagallo mi osserva con curiosità: chissà, forse intuisce che, per me, è accaduto un qualcosa di molto importante.
O, forse, guarda tutti nello stesso modo.
D’altronde è solo un pappagallo.

Con lo zio usciamo che è notte fonda e saliamo in auto per tornare a casa.
All’esterno, il caldo notturno è una cappa umida e opprimente.
Dicono che erano cento anni che non faceva così caldo.
Sarà.
Certo è che fa un caldo bestiale.

” La prossima volta ti porto a Patrasso. C’è un night dove… “
” Non penso che ci verrò, zio. “
” Perché mai, Dimitri ? Non dirmi che stasera non ti è piaciuto… la ragazza con la quale sei stato era molto carina… “

La voce dello zio assomiglia in modo preoccupante a quella che mi è rimbombata nella testa per tutta la serata. che mi ha deriso e preso in giro, ma che mi ha aiutato, e non poco, a superare la timidezza e l’imbarazzo.
Vorrei ringraziarlo per quella allucinazione, ma lui non capirebbe.

” No. no, zio… tranquillo… Gaia è stata perfetta. “
” E allora ? Qual’è il problema ? “

L’auto corre veloce per il raccordo praticamente deserto.
Fra pochi minuti saremo al casello autostradale; poi tre ore, e finalmente a casa.

” Il problema è che io voglio innamorarmi di una ragazza che sia tutta mia, che mi ami e che faccia l’amore con me non per soldi… e… sì… se tornassi da Gaia, me ne innamorerei certamente, anche se lei è solo una… “
” Calma, Dimitri. Calma. Innamorarsi di una ragazza come Gaia è assurdo, e tu lo sai. La vita ti porterà ad incontrare molte donne: di alcune ti innamorerai, di altre no.
Ma arriverà il giorno che incontrerai quella giusta, e tutto sarà meraviglioso.
A me non è capitato; a tuo padre invece sì, e con tua madre è stato veramente felice, fino a quando il destino non gli ha presentato il conto.
Questa sera ho voluto che tu prendessi coscienza, una volta per tutte, che la vergogne e la timidezza sono cattive consigliere, e che la vita va vissuta senza crearsi stupide ed inutili difficoltà.
Sei un uomo, ed hai la vita davanti a te. “

Rimuginai a lungo su quanto mi aveva detto.

” Grazie zio. Non solo per questa sera, ma per tutto quello che hai fatto per noi. Senza di te, sarebbe stata dura. Molto, molto dura, credimi. “

Siamo sotto casa, e ho già visto la luce della cucina ancora accesa.
Sono quasi le tre del mattino e mia madre mi sta aspettando, come sempre quando faccio tardi.
Forse si è addormentata su una sedia.

” Buonanotte, zio Nikolaus. E grazie. “
” Ciao, Dimitri. Buonanotte a te. E salutami tua madre. “

Con le chiavi di casa in mano, mi avvio verso il portone.

” Dimitri… “

Mi volto e vedo il viso dello zio che mi sorride.

” Volevo solo dirti che. a Patrasso… beh… ci andrò da solo… o magari aspetterò che crescano i tuoi fratelli… “

Continua a sorridere.
Mi sbaglierò, ma i suoi occhi mi sembrano lucidi.
Sarà la stanchezza per aver guidato così a lungo.

Guardo l’auto allontanarsi, i fanalini rossi rimpicciolire fino a sparire dietro la prima curva.

Non mi ero mai accorto, fino a stasera, di quanto lo zio assomigli a mio padre: stessi occhi, identico colore dei capelli, altezza e peso molto simili.
E ho visto, in quegli occhi lucidi, tutto l’affetto e l’amore con cui mi guardava mio padre.

Grazie, zio Nikolaus.
Con tutto il mio cuore di giovane e confuso uomo.

 

Novembre 2006

La pioggia cade sottile, insistente, ed avvolge il grande cimitero in una nebbiolina surreale.
L’umidità penetra nelle ossa, e sono alcuni minuti che rabbrividisco sempre più frequentemente.

Sotto l’ombrello, accanto a mia madre, guardo la bara dello zio Nikolaus scendere nella fossa, in quella che sarà la sua ultima dimora.
I miei occhi vanno alla tomba lì vicino, quella nella quale mio padre riposa da più di dieci anni.
Ora i due fratelli sono di nuovo insieme.
Ancora pochi istanti, e tutto sarà finito, e le due tombe saranno sommerse dai fiori.

Sento mia madre dirmi che è ora di andare.
Siamo rimasti solo lei ed io e, qualche metro più in là, i miei due fratelli, immobili sotto il loro ombrello.

Ha ragione mia madre.
Ora è veramente tutto finito.

Ciao, papà.
E ciao, zio Nikolaus.
Riposate in pace…

( Ecchecazzo !! Cos’è quest’aria da funerale ? Sono morto, va bene… ma non mi sembra proprio il caso di fare tutta questa tragedia… )
( Ha ragione mio fratello, Dimitri, figlio mio… e poi, scusa, almeno ora non vi tormenterà più con le sue iniziative strampalate… )
( Ehi…ehi…ehi… adesso non esageriamo… bel ringraziamento… ho fatto dei tuoi figli degli uomini… guardali… )
( Questo è vero, te lo concedo… e sono molto orgoglioso di loro… ma i metodi che hai usato… )
 ( Zio… papà… )

Stringo a me mia madre, e lei mi guarda sorpresa per quel sorriso che mi aleggia sul viso.
Anche se le spiegassi, non potrebbe capire.
L’ennesima allucinazione ?
No.
Questa volta è molto di più.

E mentre usciamo dal cimitero, all’orizzonte, le nuvole si tingono di rosa, segno che la pioggia, tra poco, sarà finita.

FINE

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