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Capitolo 2

Marco porta a casa sua sorella

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– Aspetta! – si lamentò Chiara, seguendo a stento il fratello nel piazzale del bar. – Mi fai male!
Solo in quel momento il furore si dissipò appena, e Marco si rese conto con quanta forza stesse stringendo il braccio della sorella. La lasciò, borbottando qualcosa di astioso che nemmeno lui capì, e infilò rabbiosamente la chiave nella portiera dell’auto. Quando la aprì, vide la ragazza ferma, davanti a quella del passeggero, la giacca ancora riversa su un braccio nonostante il fiato divenisse foschia appena usciva dalle sue labbra, fissando il fratello, con le lacrime agli occhi.
Marco dovette inghiottire la rabbia che stava per spingerlo a gridare. – Sali – si limitò a dire, prima di dare l’esempio.
La macchina, all’interno, era appena tiepida, ma un leggero appannaggio aveva già cominciato ad invadere il parabrezza. Marco girò la chiave nel quadro avviando il motore ed azionando il riscaldamento. Nonostante fosse contrario a passare la mano sul vetro per pulirlo perché il grasso cutaneo avrebbe dato problemi in seguito, creando fastidiosi scherzi di luce quando il sole sarebbe stato basso sull’orizzonte o a causa delle luci delle altre automobili, non attese che l’aria calda asciugasse il parabrezza ma si creò un’area di visione con un paio di passate delle dita. Non aveva alcuna intenzione di rimanere lì un solo istante di troppo.
Si immise nel traffico appena se ne presentò l’occasione, facendo frenare di colpo una Subaru blu con lo spoiler che stava sopraggiungendo e guadagnandosi un colpo di clacson rabbioso. Marco fece finta di nulla, soprattutto consapevole che se avesse reagito lo avrebbe fatto con violenza.
Ma non seppe trattenersi quando Chiara, dopo qualche minuto, con la voce incrinata dalla vergogna, chiese perdono.
– Ma spiegami, – domandò lui, stringendo le dita attorno al volante con una tale violenza da sentire la plastica morbida deformarsi leggermente, – pensi di diventare amica di Cinzia?
Chiara non alzò gli occhi dal tappetino davanti al sedile che occupava, i lunghi capelli biondi che nascondevano parte del suo viso. Non rispose.
– O vi conoscete da più tempo? – continuò lui, questa volta fissandola mentre si fermava al termine di una coda di automobili ferme ad un semaforo rosso.
– Sono un paio di settimane – rispose lei sottovoce. Lui continuò a fissarla, aspettando che continuasse a vuotare il sacco, e lei si sentì obbligata ad aggiungere: – Sono… sono timida. Lo sai benissimo. Io non riesco a farmi amici e a scuola molti mi evitano perché non ho il coraggio di parlare con loro – Si interruppe un momento, come a riordinare le idee e, magari, scoprire lei stessa il vero motivo per cui frequentava quel gruppo di ragazze. – Io… Cinzia… Cinzia non è come me, è… spigliata.
– Cinzia non è spigliata – la corresse Marco, mentre il semaforo passava al verde ed anche il rosso degli stop davanti a loro scompariva, sostituiti da soffi di gas di scarico illuminati dai fari delle auto. – È volgare. E stupida. Sul serio, Chiara, non frequentarla. Posso capire che tu sia attratta da ciò che rappresenta, così diversa da te, ma questo non vuol dire che lei sia migliore di te. Tu sei molto meglio di lei.
Lei non ribatté, continuando a tenere lo sguardo sulle scarpe. Lo sollevò quando si accorse che stavano svoltando per entrare nel parcheggio del loro condominio. Entrarono nel posto auto solitamente usato per la macchina dei genitori, fuori città per un paio di giorni, inviati ad un corso di aggiornamento di qualche linguaggio di programmazione dal nome strano che Marco non riusciva a ricordare.
Marco e Chiara si erano trovati improvvisamente con una momentanea libertà che, almeno la ragazza, agli occhi del fratello, non sapeva gestire al meglio. Di certo, sarebbe stato stupido perdere tempo con un soggetto simile a Cinzia.
Scesero dall’auto e attraversarono il parcheggio immerso nella semioscurità senza scambiarsi una parola, il vento che non accennava a diminuire di intensità, sollevando la polvere che si era depositata nel tempo nelle fughe dei masselli che componevano la pavimentazione del piazzale. Marco aprì la porta con le chiavi e trovarono le scale quasi tiepide mentre salivano al loro appartamento.
Chiara appoggiò la giacca su una sedia in salotto, andando poi in cucina, dove Marco la sentì aprire il frigorifero. – Ti preparo qualcosa da mangiare? – gli chiese, probabilmente credendo che questo potesse rabbonire il fratello. Non era una grande cuoca, ma doveva immaginare che, dopo una giornata passata a cucinare per centinaia di sconosciuti, Marco avrebbe fatto volentieri a meno di passare la serata davanti ad un fornello anche a casa.
– No, – rispose lui, togliendosi a sua volta il giaccone e gettandolo sul suo letto. – Sono troppo nervoso per mangiare.
Un attimo dopo, annunciata dal suono degli stivaletti che rintoccavano sul pavimento sempre più forte, la sorella apparve sulla porta della camera del ragazzo. Il suo volto, che era sempre stato privo di trucco, leggermente allungato e che terminava con un mento a punta, rendendolo davvero, almeno agli occhi di Marco, a forma di cuore, esprimeva un profondo rammarico. Gli occhi azzurri erano velati da un’ombra di tristezza e la bocca piccola ma dalle labbra rosa che facevano sognare segretamente molti ragazzi era appena incurvata verso il basso.
Impiegò qualche istante prima di parlare, come se avesse dovuto raccogliere il coraggio per discutere di nuovo con suo fratello di quell’argomento. Abbassò il capo, i capelli biondi come i raggi del sole che cadevano dalle spalle. – Senti, Marco… mi dispiace per prima. Sono…
Marco, per quanto potesse credere di non essere manipolabile dalle altre persone, non aveva comunque modo di resistere all’espressione di dolore della sorella. Non lo ammetteva, soprattutto davanti a lei, perché già la trovava un po’ troppo espansiva nei suoi confronti, atteggiamento che sembrava non mostrare mai nei confronti degli altri, ma voleva un gran bene a Chiara. Il ruolo di fratello maggiore si esplicava anche, secondo lui, nel proteggerla da pessime esperienze, cattive amicizie e idee anche peggiori.
Fece comunque finta di rimanere un po’ risentito, più che altro per non dare troppa soddisfazione a Chiara nel caso il suo dolore non fosse stato esattamente sincero, sebbene lo dubitasse. Si sedette sul letto e batté un paio di volte la mano accanto a lui per indicarle di accomodarsi anche lei.
Un, appena percettibile, movimento degli angoli delle labbra della ragazza indicò un leggero miglioramento del suo umore. Tenendo le mani giunte tra le gambe chiuse, leggermente piegate verso il fratello, prese posto al suo fianco, fissandolo con i suoi graziosi occhi azzurri.
Lui sospirò, continuando la sua commedia di offeso. – Chiara, non ce l’ho con te. O, più precisamente, sono dispiaciuto che frequenti una persona come Cinzia – Intercettò lo sguardo della sorella, che continuava ad essere fisso su di lui, attenta ad ogni sua parola. – Intendo dire: tu sei una brava ragazza, sei all’ultimo anno del liceo artistico, non hai strane idee per la testa. Ti stai costruendo un futuro, ed è una cosa che ammiro.
– Non capisci… – rispose lei. – Io sono timida, e faccio fatica a conoscere nuova gente. Cinzia invece è più… più sicura di sé, non si fa problemi a parlare con tutti… Ha…
– Un tempo lei era come te – la fermò Marco, temendo che la sorella tirasse fuori argomentazioni come, ad esempio, il fatto che lei avesse solo una semplice pagina Facebook in cui caricava i suoi lavori grafici fatti a mano o digitali mentre Cinzia poteva vantare un seguitissimo profilo instagram con migliaia di iscritti in cui compariva sempre e solo lei, con quanta più pelle esposta nei limiti imposti dal social network. Problema che, a quanto pareva, veniva aggirato senza troppi problemi con un profilo su Onlyfans, la cui totale assenza di censura si sposava perfettamente con quello che sembrava un bisogno sfrenato di esibizionismo della ex compagna di classe di Marco.
Per un istante la sua mente vacillò e si ritrovò ad immaginare anche la sua sorellina che, sotto l’influsso di Cinzia, apriva un sito dove vendere le sue foto nuda, e non sempre da sola. Poteva vedere uno scatto di lei sdraiata su un divano bianco, coperta solo dai suoi capelli d’oro, mentre le labbra erano appena socchiuse e gli occhi azzurri guardavano confusi la fotocamera come a dire: “sono una brava ragazza, non so come sia finita in questa situazione”, con una mano che, completamente incongrua rispetto allo sguardo, stringeva voluttuosa uno dei piccoli seni e, visibile solo di schiena, un uomo le teneva le gambe aperte ed il suo grosso cazzo scompariva tra le labbra bagnate e arrossate della passera di….
Marco scosse la testa, inorridito dal pensiero di immaginare sua sorella nuda, di quella bambina di cinque anni che passava i pomeriggi in silenzio, seduta accanto a lui, a contemplarlo mentre faceva i compiti, o a correre da lui tutte le sere per abbracciarlo e augurargli la “dolce nanna” prima di andare nel suo lettino. La guardò mentre, quasi tre lustri dopo, lo osservava, attendendo che suo fratello gli svelasse chissà quale segreto che lei non aveva ancora scoperto, incredulo che quella bambina fosse divenuta una giovane donna dal corpo affascinante e la mente scattante, ma boicottata da una profonda timidezza che anche lui, da piccolo, aveva sperimentato e che, in qualche modo, aveva superato, per lo meno, quasi completamente.
Fingendo di non aver mai avuto quei pensieri, continuò: – Dicevo: lei un tempo era timida come te, forse anche di più. Quando andavamo alle elementari aveva persino vergogna a rispondere alle domande dell’insegnante. Poi, però, come puoi vedere, è cambiata completamente. Ora è volgare, maleducata, strafottente. Ti sembra forse un miglioramento?
Le sopracciglia di Chiara si sollevarono in un moto di incertezza. Probabilmente, pensò il fratello, si stava domandando come potesse non essere comunque un progresso passare dall’isolarsi dal resto dei bambini della propria classe delle elementari al mostrarsi nuda e in atteggiamenti che spaziavano dal provocante al pornografico su Internet e campare con questo.
– Come posso spiegartelo, Chiara? – domandò lui, più a sé stesso che a sua sorella, aprendo le mani verso l’alto come a sottolineare la sua limitatezza intellettuale nell’argomento. In realtà un’idea se l’era fatta benissimo negli anni, e la riteneva anche molto plausibile: Cinzia non era affatto cambiata, per lo meno non nel suo intimo. Semplicemente, la sua vera anima schiva e intimorita dal mondo intero aveva indossato un giubbotto antiproiettili fatto di insolenza ed esibizionismo invece che di kevlar, e portava avanti un regno fatto di foto pornografiche e sesso privo di vere emozioni perché la gente la ammirasse e la desiderasse, sebbene tali sentimenti fossero rivolti solo alla maschera che celava la sua vera persona, che restava ancora più oppressa dalla solitudine e dal senso di inadeguatezza. Un comportamento che, poi, aveva avuto conseguenze che Chiara sembrava non considerare o di cui non era a conoscenza: Cinzia aveva abbandonato la sua famiglia dopo che avevano scoperto che, in parole povere, si prostituiva e sua sorella Barbara, di qualche anno più vecchia e che la natura, al posto di un bel paio di tette, l’aveva dotata di un cervello molto sviluppato, diventando ingegnere di qualche tipo, disgustata, aveva chiuso ogni contatto con lei.
Ma come poteva spiegare tutto ciò alla sorella? Gli avrebbe creduto, o, piuttosto, avrebbe pensato che fosse solo un discorso per farla desistere dal frequentare Cinzia? – Non stare con lei, – si risolse a dirle infine, – è una pessima persona, e cercherà di ergersi sopra di voi non mostrandosi migliore rispetto a te e a quelle altre fesse che la seguono, ma distruggendo la vostra autostima.
Lei rimase per qualche istante in silenzio, assimilando ciò che Marco le aveva spiegato. Poi, si appoggiò con la testa sulla spalla sinistra di lui, chiudendo gli occhi. – Grazie, fratellone. Sei sempre così buono con me – sussurrò, e una mano, calda per essere stata tra le sue cosce fino a quel momento, si appoggiò su quella di Marco.
Il ragazzo sentì il cuore balzargli nel petto a quel contatto così intimo. Inorridì silenziosamente nel sentire il cazzo risvegliarsi, come a ricordarsi che quella accanto era sì sua sorella, ma anche uno splendido esponente del sesso femminile. – Non preoccuparti – rispose lui, con un filo di fiato, cercando di ingoiare l’agitazione e l’eccitazione ma, da come era cambiata la sua voce, sembrava gli fossero andati di traverso.
Lei rimase qualche secondo così, poi baciò la mascella del fratello e si alzò silenziosamente, accompagnata solo dal frusciare degli abiti e dal ticchettare dei tacchi degli stivaletti, fino alla porta, dove il fratello la richiamò.
– Un’ultima cosa, Chiara.
Lei si voltò, di certo aspettandosi un altro pezzo di ramanzina. Invece la sorpresa si dipinse sul suo splendido viso alla domanda di Marco.
– Cos’è questa storia che dovresti… – iniziò lui, fermandosi per la follia dell’idea lanciata da Cinzia.
Lei parve attendere che lui completasse la domanda, osservandolo come se non capisse di cosa stesse parlando, poi, vedendolo tentennare, completò la sua frase: – …che dovrei bere la tua… – si fermò anche lei, scegliendo un termine più indicato per il seme di suo fratello. – …il tuo sperma?
Solo una parte più inconscia della mente del ragazzo si rese conto che sua sorella non mostrava nessun segno fisico di disagio nel parlare del liquido seminale di Marco. Non ritenne comunque necessario informare il resto della cognizione di quel particolare che poteva essere solo un’impressione errata.
– Già – la voce di Marco, invece, mostrava una certa ritrosia a nascondere il proprio imbarazzo.
Lei tornò a fissarlo. – Io, Cecilia e Arianna siamo tutte e tre molto timide, – spiegò, – e Cinzia dice che il modo migliore per… uhm, “guarire” dalla nostra condizione e diventare come lei è sedurre il nostro fratello e, in pratica, succhiarglielo e berci la sua s… il suo seme.
Marco sollevò le sopracciglia incredulo davanti ad un’idea tanto idiota.
Lei forse fraintese l’espressione, ma usò una voce che doveva indicare uno scherzo quando gli chiese: – Perché, sei interessato?
Questa volta fu il disgusto ad emergere dal viso del fratello. – Dai, che schifo! Non essere sciocca.
La ragazza si sbrigò ad aggiungere, come a cambiare argomento, con un sorriso che, anche a Marco, non sembrò troppo sincero: – Un peccato, anche perché solo io e Arianna abbiamo un fratello. Cecilia invece è figlia unica.
Il pensiero improvviso di Cecilia, con il suo viso carino reso ancora più attraente dalla costante espressione di timidezza che la turbava, con i suoi capelli castani e gli occhi scuri, un bel corpo magro e dalle forme gentili sempre seppellito sotto abiti troppo grandi, fece scomparire ogni acredine verso la battuta della sorella. Anzi, iniziò a pensare che non gli sarebbe affatto dispiaciuto avere Cecilia nel suo letto, scaldare la sua anima e preparare il suo corpo con lunghi massaggi, focosi baci e dolci carezze, fino a farle passare completamente il suo terrore verso il mondo, prima ancora che compisse quanto richiesto da Cinzia e il suo seme scendesse lungo la gola della ragazza. Poi sarebbe stato felice di restituire il piacere, gustandosi il sapore segreto della sua femminilità, magari con sottofondo i gemiti di Cecilia mentre due dita accarezzavano l’interno del suo utero e altre due le facevano scoprire quale fosse il vero scopo del suo clitoride.
– Cecilia potremmo adottarla – disse ad alta voce, sorridendo e apprezzando davvero, questa volta, la sana erezione che stava riempiendo i suoi boxer. – Va bene anche un fratello di un’altra famiglia?
– Marco! Sei uno stronzo! – risuonò dalla cucina la voce di Chiara, e questa volta il ragazzo non ebbe difficoltà a riconoscere che non c’era la minima traccia di divertimento nella voce della sorella.

Continua…

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