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Io e lei, mano nella mano. Il palmo sudato, le mie dita che accarezzano la sua pelle liscia. E’ stata l’unica cosa che ci siamo detti. Ne avevamo parlato qualche tempo prima, nei momenti di eccitazione. Era un’idea che covavo da tempo, anzi forse da sempre, fin da quando ho capito in cosa consisteva il sesso. E piano, vincendo l’imbarazzo, le mie stesse resistenze, vincendo la paura del giudizio degli altri, l’ho resa partecipe. Abbattere le barriere, seguire il desiderio. Vederla con un altro uomo; lei, la mia bella, la ragazza di sempre, l’ho presa vergine, non ha mai avuto altre storie, non mi tradirebbe mai, e non potrei concepire un suo tradimento, non sarebbe da lei, da noi. 

Nascosta tra le pieghe della sua eccitazione vedevo crescere la sua curiosità. Chissà come funziona il cervello delle donne. Per me, vederla con un altro uomo è sempre stato vederla prendere un altro cazzo. Con finezza, magari con passione, sicuramente con voluttà, ma comunque l’altro si fermava al cazzo, un cazzo come il mio; magari ad un corpo non sgradevole. Più giovane di me, liscio, con un che di femmineo. Un cazzo turgido, liscio di setosa trasparente eccitazione. E la mia donna, la sua eccitazione, il suo piacere e, sopra tutto, la sua complicità. Questa esperienza dovrà essere un regalo in cambio della verginità che mi ha donato, della sua fedeltà. Sublimare la nostra unione nel concedersi ad un altro? Forse dovrei chiedermi come funziona il cervello di un uomo.

Mentre camminiamo vicini, i nostri corpi giovani accarezzati dalla brezza serale, sento salire la paura degli esami, degli appuntamenti importanti. Ma stavolta nulla dipende da me. La avverto vicina a me, per la prima volta nella nostra vita è la mia mano ad essere nella sua. Il suo corpo si fa strada tra la folla, ragazzi come noi, uomini e donne come noi. Le guardo di profilo: decisa, bellissima; il suo seno, i capezzoli in evidenza, i suoi fianchi che nessuno oltre a me ha mai accarezzato, le sue labbra. Le sue labbra.

E’ stata l’unica cosa che ci siamo detti in quel locale affollato; la sua voce copre per un attimo la musica e mi manda brividi per il corpo, accelerando il battito cardiaco.

“Voglio che ci lasci soli”.

Potevo oppormi. Oppure portarla via, per paura di perderla, perché il pensiero che ti fa eccitare è una cosa e un’altra la realtà, perché volevo vedere, volevo godere di lei, con lei; perché essere in tre è condividere, in due è tradire. Non erano quelli gli accordi. Credevo che lei volesse provare qualcosa di più. Invece, voleva solo provare qualcosa di diverso.

Ma la mia risposta era già decisa. Ho deglutito, biascicando un ‘ok’ quasi impercettibile.

Una condanna, una liberazione? Non lo saprò mai. Si gira verso di me, non è mai stata così bella; il suo corpo pulsante si appoggia le mie labbra, mi bacia, mia guarda. Il mio sguardo esplora i suoi occhi – come posso descrivere quel che è passato in quello sguardo? La sfida e la tristezza e l’eccitazione e l’imbarazzo – i suoi occhi che tra poco cercheranno quel ragazzo che balla in pista, che ha già visto ieri sulla spiaggia; quel ragazzo di cui mi ha parlato, la sera, tra le lenzuola, mentre la penetravo. L’ha scelto per lei, allora: non per noi. Egoista. Troia.

La lascio andare, mi tremano le gambe, mi siedo su un divanetto dove posso tenere d’occhio la pista, ma subito distolgo lo sguardo. Sono un uomo, guardo le altre donne. Immagino la mia lingua sul corpo abbronzato di una ragazza visibilmente annoiata dalla sua compagnia, immagino le sue labbra carnose avvolte intorno al mio cazzo, immagino di scoparla come una bambola gonfiabile. Potrei andarla a conoscere, sarebbe così semplice. Così eccitante. Da così tanto non frequento altre donne. Ma mi parrebbe di fare un torto alla mia ragazza. Avremo occasione in futuro; ora ho già raggiunto il mio scopo ed il mio piacere, non riuscirei ad amplificarlo, anzi solo a diluirlo. Bevo, ascolto la musica, penso al sesso, alla mia prima volta ed alla nostra prima volta; alle avventure, agli amori, le follie, alle centinaia, migliaia di volte in cui ci siamo amati. Lei mi ha sempre invidiato la mia libertà passata. Non è giusto, ma la capisco. Non gliel’ho mai rimproverato. Forse avevamo capito fin da subito che questa sera sarebbe arrivata. Il tempo si dilata e si frantuma; non la cerco più, so che è andata a casa con lui. La nostra casa, il nostro letto, le lenzuola in cui abbiamo fatto l’amore ieri. Li immagino avvinghiati, la mano di lui che la accarezza. Al pensiero che si stanno baciando devo farmi forza per non correre a casa, urlare, fermarli. Forse lo spera. Forse la sua determinazione nasconde la speranza che il suo uomo la fermi, che lei sia solo mia. Ma non la fermerò, e non si fermerà.

Il tempo scorre e cerco di distrarmi nel locale affollato; se immagino quello che sta facendo cerco di farlo senza molto impegno, ed una certa serenità si impossessa di me. Ormai è fatta, mi dico; anche se nulla sarà più come prima. Il suo sms mi coglie impreparato, fuori dal tempo come sono:

“Vieni da me amore”

Mi alzo dissimulando calma; ma il cuore esplode di nuovo, lo stomaco è in subbuglio, le gambe insensibili scivolano su quel pavimento insensato.

Entro nella casa in penombra, cerco di cogliere l’odore dell’aria, entro nella camera in cui la trovo distesa sul letto. L’espressione serena, forse imbarazzata. Il suo corpo nudo dalla vita in su, e coperto dal lenzuolo sotto l’ombelico. Le mani appoggiate sulla pancia. Cosa mi sarei aspettato? Non ci sono segni visibili. Non ha il marchio di un altro uomo, è sempre lei, potremmo far finta che non sia successo niente. Ma i suoi occhi sono lucidi e stanchi come sempre dopo l’amore; ah! Può essere amore anche con un altro allora! Siamo riusciti a dimostrarcelo. Mi spoglio, senza grazia alcuna, di fretta, inciampando sui jeans. Scosto il lenzuolo mentre mi sdraio accanto a lei, il primo gesto con cui mi riapproprio di ciò che è mio. Ci guardiamo, ci avviciniamo all’unisono: voglio la sua bocca, i suoi baci. Le sue labbra che pochi minuti fa erano schiacciate sulle sue. L’ha baciato anche mentre lo salutava, dopo l’amore, quando l’eccitazione era già scemata? Sicuramente: l’ha baciato ancora, per passione, per nostalgia. Le avevo chiesto di essere sua. Le schiudo le labbra con la punta della lingua. Timida, ricambia il bacio, ricercando una sintonia che in questi primi minuti sembrava perduta.
“Vuoi sapere?” mi chiede “Certo che lo voglio” “Ci hai visti insieme?” Al mio cenno negativo, inizia a raccontare: “Abbiamo cominciato a guardarci, poi a ballare sempre più vicini…mi eccitava il suo modo di muoversi, sembrava così a suo agio. E’ così giovane! Si è avvicinato, mi ha messo una mano sul fianco, mi accarezzava…vedevo la sua pelle, le sue guance, e le sue labbra…quando è cambiata la musica si è avvicinato ancora…mi sentivo desiderata…mi avevi detto tu di fare così…mi sono lasciata andare…e mi ha baciata”.
Ascolto in trance mentre ripenso al nostro primo bacio. Non ne abbiamo mai parlato, ma non sono tutti uguali i primi baci? Timidi e goffi, in qualche modo asessuati, un muro abbattuto. Una femmina che si rende disponibile; un maschio che la seduce.
“Gli ho fatto capire che stasera mi avrebbe avuta, che lo volevo subito, ha cominciato a puntarmi lì davanti a tutti…davvero non ci hai visti?”
“No,ma è come se ti vedessi adesso, è come se vedessi tutto con i tuoi occhi”
“L’ho portato qui. Abbiamo bevuto qualcosa’, abbiamo chiaccherato, ci guardavamo…ero un po’ nervosa. Poi si è avvicinato, mi ha presa per mano, e mi ha baciata ancora. Baciava proprio bene.”. Devo stare calmo, non urlare, non piangere. Non è amore.
Mi guarda, come a chiedermi il permesso di continuare il racconto. Non mi muovo e lei incalza: “ho cominciato a spogliarlo.”
Vedo la mia donna impegnata a togliere la maglietta ed i pantaloni ad un oggetto del desiderio, eccitata dall’essere predatrice e preda insieme, eccitata dalla novità. Accarezzargli i boxer tesi, poi sollevare l’orlo, far scivolare fuori il cazzo. Un fremito di gelosia mi coglie mentre mi racconta, con lascivia ancora in parte simulata, ciò che già so.
“Gliel’ho tirato fuori dai pantaloni…era caldo, più morbido del tuo ma già grosso, completamente coperto dal prepuzio. Me lo sono portato alle labbra e l’ho messo in bocca…è diventato più duro, ed io con la lingua sono andata a cercargli il buchino, come piace a te, l’ho scappellato con la lingua…era caldo…e più dolce del tuo…sapeva di cazzo…mi sono sentita così…” “Puttana!” quasi urlo mentre immagino il movimento ritmico della sua sua testa sull’inguine del ragazzo, i rumori della succhiata, “continua!”
“Intanto gli accarezzavo le palle, ho cominciato a baciargliele, ma aveva un cazzo troppo bello. Ho continuato a succhiarlo, è diventato durissimo, mi sono fermata per non farlo venire”.
“Mi bagnava la bocca con le gocce della sua erezione, ed io gli accarezzavo i glutei, la pancia. Gemeva mentre lo succhiavo, e si è eccitato ancor più quando ho smesso, ho risalito il suo corpo con piccoli baci, gli ho aperto le labbra con la lingua. E’ proprio un bel ragazzo” aggiunge, col chiaro intento di farmi ingelosire “mi ha detto che ero la ragazza più eccitante con cui era mai stato, di farlo venire. Gli ho detto che avevo altri progetti per lui, ma si è limitato a dirmi: ‘anch’io’. E mi ha abbassata di nuovo, di fronte al suo uccellone.”
“E tu?” le ho chiesto, ben sapendo che quando parte per una direzione, non c’è verso di farla tornare indietro. Le guardavo le labbra, cercavo qualche segno ma no, era il suo sorriso che avevo baciato. La sua lingua che aveva cercato la mia un attimo prima, niente più.
“L’ho spinto sulla nostra poltrona. Mi sono detta, se mi dici sempre che sono una brava puttana quando te lo succhio così, perché non farlo con un altro uomo? Non è quello che volevi?” Mi guarda maliziosa, interrogativa; a che gioco sta giocando? 
“L’ho fatto venire…in bocca. Come mi ha ordinato. Volevo andare in bagno, a sputare come faccio sempre, ma mi ha preso per i capelli e ordinato di bere tutto, senza sprecarne una goccia…”
“Voglio sentirtelo dire.”
“Sì, l’ho mandato giù. Ho bevuto il suo sperma.” “Com’era?” Silenzio. “Raccontami. Dimmi cosa hai provato!” incalzo, urticato dall’urgenza di sentirmi raccontare l’indescrivibile. “Lo sentivo scendere giù per la gola, era…eccitante…mandarlo giù…mi sono sentita una porca…è questo che vuoi sentirti dire? Volevo tutto di lui…mi sono sentita la sua donna…la sua troia!”
Quante volte l’avrei voluto io stesso! Ma non l’ho mai costretta, credevo le facesse schifo. Una punta di dolore si aggiunge ai miei sentimenti.

Non parla più; mi guarda, con uno strano sorriso. Un sorriso che mi fa capire che il racconto non è finito lì. Guardo la donna che è stata la troia di un altro uomo, la pelle abbronzata, le mani sottili appoggiate sul lenzuolo, i capelli che scendono sulle spalle, il ventre piatto. Scendo lungo il suo collo, bacio il seno sodo, la sua pancia, sino alla la fica sormontata dai riccioli neri. Avvicino la mia bocca a lei, alla sua femminilità che ha regalato ad un altro; si ritrae, per vergogna? Crede che non voglia, ha paura che sia umiliante?

I miei gesti sono guidati da tutte le volte che ho immaginato questa scena: mentre le afferro le natiche, con un dito le stuzzico l’ano, e con la bocca affondo in lei, nei suoi umori, negli odori del piacere di lei, e del piacere dell’uomo che avevamo scelto per noi. Lecco le grandi labbra, entro con la lingua, bagno il clitoride durissimo. La sua fica è morbida, dolce, viscida più della mia lingua che la esplora; e lei reagisce con piccoli gemiti ad ogni mio movimento. Non ha paura di farsi trovare piena, né ha paura di ammettere che si è fatta riempire da un altro uomo. Era questo che voleva, averlo tutto, farsi possedere anche per me. Affondo il lei, interamente immerso nella libidine del momento, mi gira la testa mentre ascolto i gemiti incontrollati della mia ragazza, eccitata che il suo uomo lecchi il piacere suo e del suo amante.

“Vieni qui” e mi prende per una mano, infila la sua lingua nella mia bocca, oscenamente; mi abbraccia, ci baciamo; poi si stacca da me, vuole che la guardi mentre si passa la lingua sulle labbra, si accarezza i seni.

A piccoli baci percorro nuovamente il suo corpo, la lecco ancora e la sento muovere, bagnare ancor più sotto la mia lingua, mi stringe la testa con le cosce.
“Ha un cazzo bellissimo”, dice. Lecco più forte, le entro dentro, voglio tutto di lei, di loro.
Vorrebbe continuare il suo racconto, ma ormai il suo respiro è sempre più affannoso:
“Mi ha messo alla pecorina, mi ha leccata a lungo, da dietro…dappertutto… mi è entrato dentro, mi ha scopata, mi ha fatto godere subito, e poi ancora…ahhhh…mi è venuto dentro…leccami. Sei un porco. Leccami, vengo, vengo, vengo, sì dai, leccami tutta, mi ha fatta godere col suo cazzo, sìììì, leccami che vengo ancora, aaaahhhh, aaahhhhhhhh, godo, gooodoooooo….”

Continuo a leccarla fino a che non finisce di godere, di spingersi verso la mia faccia, fino a che non si ferma, esausta. Mi metto in ginocchio, ho il cazzo paonazzo da quanto è duro, in un attimo le sono sopra. Lei mi aspetta, del tutto passiva, si fa penetrare, la sua fica è caldissima, larga.

“E’ il secondo cazzo, stasera, puttana!”
“E’ stupendo amore…mi piace…è duro”
“Sei una troia!”
“Sì sono una troia, sono la tua troia, sbattimi, fammi godere, fammi venireeeee”

La scopo con forza, con rabbia, tiro fuori quasi tutto il cazzo e lo spingo fino alla radice, la riempio mentre gode ancora. Poi la giro, la metto alla pecorina, la penetro di nuovo, immobilizzo un braccio dietro la schiena. “Ti scopava così, non è vero?” Si accascia sul letto, non capisce più niente, la colpisco sempre più forte, la incito:

“Ti sei fatta sborrare nella fica, troia. Da uno sconosciuto! Sei una puttana!”

Gode ancora, gode e spinge il culo verso di me. Le tocco il clitoride, sento il mio cazzo duro che la penetra, immagino quello del suo amico, il corpo della mia donna posseduto da un altro uomo. Mi bagno le dita, le penetro il culo con un dito, poi con due, subito, con violenza. Cerca di fermarmi ma non c’è verso, sfilo il cazzo dalla sua fica e lo punto sul buchino:


“Il culo è mio, troia!” E lo spingo dentro, entra con facilità, è caldo e accogliente, sicuramente il suo amico l’ha stimolata anche lì. Cerco di farle male, di riempirla, il suo ano prima si stringe poi si allarga, mi accoglie, mentre lei si tocca la fica, entra con un dito, con due. L’anello di carne mi avvolge il cazzo, il calore del suo culo che si rilassa mentre scorro dentro e si stringe mentre esco mi fa impazzire. Non serve chiederle a cosa sta pensando, mentre viene, e non resisto più, sento lo sperma salire, esploderle nelle viscere, riempirla, farla nuovamente mia, la mia Donna, “ti schizzo nel culo!” urlo, e lei non mi risponde più, geme mentre la riempio, mentre le contrazioni del suo orgasmo le fanno stringere l’ano ed aumentano il mio piacere, ed i miei schizzi non si fermano più, la colpisco sempre più forte mentre godo, la sua mano le riempie la fica immaginando il cazzo dell’altro insieme al mio, il suo cervello che nel piacere la vede avvolta tra due corpi, riempita da due cazzi, femmina e puttana, mentre ci accasciamo, sconvolti, felici, mentre lentamente torniamo in noi.

Passano minuti in questa stanza in penombra, siamo vicini, sudati, esausti. L’odore del sesso a coprire tutto: i nostri dubbi, il nostro silenzio.

Guardo la mia ragazza. I suoi occhi azzurri; il disegno delle sopracciglia, le curve femminili del suo corpo. Le sue labbra che per qualche giorno torneranno innocenti, a raccontarmi inezie e aspetteranno un mio cenno, prima di chiedermi di farlo ancora.

E la mia ragazza mi guarda. Cosa avrà scoperto di me stasera? Non molto: le donne sanno già tutto. Non ho paura di averla delusa, di aver tradito il mio ruolo di maschio per dar sfogo ad una delle mie fantasie. Questa fantasia ci ha regalato una serata magnifica; e come se mi leggesse in testa lei, sempre così reticente nell’esprimere i suoi sentimenti, mi sussurra “ti amo”, avvicinandosi a me, baciandomi la fronte, le labbra, il petto. Mi abbraccia. Questa serata è stato anche il suo regalo per me.

Commenti graditi a ilfunambolo77@yahoo.it

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