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Erotici Racconti

La via della felicità

By 25 Agosto 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Il risveglio &egrave traumatico’.
Vibro tutta. La mano destra, in mezzo alle mie gambe nude, &egrave impiastricciata dai miei umori.
A poco a poco mi rendo conto che mi sono svegliata mentre stavo godendo.
Non ricordo nessuno dei miei pensieri, ma il mio corpo sembra teso come un arco.
Il languore che mi ha assalito mi spinge a riprendere le carezze.
E’ questione di attimi’. dopo pochi tocchi comincio ad ansimare.
La voglia mi spinge ad infilare buona parte della mano dentro di me.
Adesso mi sento proprio sommergere da un potente orgasmo.
Il mio corpo si muove da solo, in maniera scomposta, con una violenza che da tempo non provavo.
Ecco’. Oh Dio mio!!! Un languido grido mi sfugge dalle labbra.
Ho il fiatone’..
Finalmente il cerchio che mi stringeva la testa sta allentandosi.
Mi sento esausta. Ho la mano completamente dentro di me’.
Non mi era mia capitato’
Anzi a dire il vero non ci avevo mai pensato a fare una cosa del genere.
Una gradevole sensazione di piacere si &egrave impadronita del mio corpo. Non lo controllo più.
Sto proprio bene.
Dio! Ma cosa &egrave successo.
Ecco’.
Il respiro si fa più regolare.
Sfilo lentamente la mia mano .
E’ completamente ricoperta da una densa patina bianca fino al polso.
Resto disfatta sul letto.
Mi guardo nello specchio dell’armadio che &egrave di fronte al letto.
Vedo il mio corpo imperlato da goccioline su tutto il corpo; le gambe risultano oscenamente aperte e posso vedere la mia intimità che &egrave tanto aperta’.
Non l’ho mai vista così!
A dire il vero, &egrave da quando ero ragazzina che non me la guardavo.
Mi sforzo di ricordare cosa stavo sognando.
Perché &egrave evidente che devo aver fatto un sogno molto erotico.
La mia testa sembra incapace di concentrarsi e non riesco a ricordare nulla.
Continuo a guardarmi con curiosità allo specchio.
Il mio innato ottimismo mi fa pensare che, nonostante i 41 anni, il mio corpo risulta ancora notevole.
Mora di capelli ma l’epidermide molto chiara, tagliati a caschetto su un bel viso ovale, valorizzato da due guanciotte rosee che non stonano per niente.
Sono alta un metro e settanta e vesto taglia 44/46.
Anche se, ad essere sincere, sento di aver preso qualche chilo negli ultimi tempi, che adesso mi pesano un po’, ed hanno guastato quell’esile silhouette che fino ai 35 anni mi aveva consentito di indossare la 42.
Però, a dire il vero, l’insieme mi sembra davvero niente male.
I miei fianchi sono belli tondi.
Devo dire che anche il mio sedere ne ha guadagnato. E’ bello tondo ed alto, se mi tiro un po’ su sembra un bellissimo mandolino rovesciato..
I seni poi. Sono più gonfi. Hanno, in questa posizione distesa, la forma di due solide mezze bocce che spuntano prepotenti dal mio petto. Una quarta piena. Sono proprio belli.
In effetti, i sacrifici spesi nelle molte ore di palestra danno oggi tutto il loro risultato.
Mi rigiro sul letto per cambiare prospettiva.
Mi metto prona, con il sedere alto, rivolto verso lo specchio, e cerco di rimirarmi da mezzo le gambe.
Mi trovo a pensare che tutto sommato mi piace quello che vedo.
Poi, all’improvviso, una forte sensazione di vergogna accompagnata però da una strana eccitazione, mi fa arrossire mentre mi dico a bassa voce:
– Ma cosa diavolo sto pensando?
Però in cuor mio so’ che &egrave quello che adesso mi va di pensare.
Mi butto con un gesto rapido giù dal letto.
In ginocchio cerco le pantofole scivolate sotto il letto.
Stendo il braccio per prendere quella più lontana e nel farlo sollevo leggermente la gamba destra.
Una strana carezza alla figa mi fa scattare una violenta reazione di piacere. Mi giro di scatto per capire cosa succede; &egrave ‘Birillo’, il mio bel dalmata…. mi sta leccando’
Con un calcio, non violento, lo allontano.
Lui si scosta di mala voglia e mi guarda con gli occhi che mi danno l’impressione di essere, come dire, sessualmente interessati a me.
Resto seduta a terra con le gambe raccolte fra le mie braccia in posizione quasi fetale.
Guardo stupita Birillo senza capire come gli sia venuto quel gesto.
Il solo pensarlo mi da però una profonda contrazione al ventre.
Mi rendo conto di essere di nuovo eccitatissima.
Come in preda ad un’allucinazione, allungo la mano verso il mia vecchio amico.
Birillo si avvicina e mette la sua testa sotto la mia mano.
Lo accarezzo. Lui mi lecca la mano. La sua lingua raccoglie tutto ciò che resta del precedente godimento.
I suoi occhi mi guardano e mi mettono strani pensieri in testa.
La testa mi scoppia di nuovo. Sento che sono di nuovo tutta bagnata.
Con la mano accarezzo tutta la sua testa. Lui cerca ancora di leccarmi la mano.
Non so cosa mi prenda’.. allargo le gambe e quasi lo invito.
Il mio ‘buon amico’ non se lo fa ripetere due volte.
La sua lunga lingua rotea in maniera stupenda fra le mie gambe e si intrufola fin dentro di me, nel profondo del mio ventre. Nessun uomo mi aveva mai leccata così.
Un violento orgasmo mi coglie completamente impreparata e gli stringo la testa fra le gambe.
Birillo si divincola ma io lo trattengo, ed allora lui riprende con maggior foga a leccare.
Vedo fra le sua gambe svettare un grossa punta violacea.
Non avevo mai guardato come era fra le gambe.
Sto tremando tutta in maniera inconsulta. All’improvviso un rilassamento totale mi fa quasi svenire. Sono quasi priva di conoscenza e mi accorgo che lentamente sto scivolando distesa a gambe aperte. Birillo continua la sua opera. Il godimento &egrave totale.
Ormai sono svuotata, quasi controvoglia tento di allontanarlo. Lui continua imperterrito.
Le sue sollecitazioni solleticano la mia uretra. Scarico addosso a lui tutto quello che nel corso della notte si era accumulato nella mia vescica.
Lo zampillo lo fa allontanare. Si siede lontano da me, mi guarda con occhi da pesce lesso e poi comincia a leccarsi da solo.
Continuo a svuotare la vescica a terra. Mi sento sconvolta per quanto &egrave successo.
Dopo un poco di tempo, guardo stranita Birillo che si affanna a tentare di risolvere la sua eccitazione.
Mi avvicino curiosa a guardare meglio. Lui si ferma, si stende di lato ed alza la zampa destra. Il suo membro &egrave tutto fuori. Gonfio. Ha uno strano colore violaceo. Mi chino a guardarlo meglio. Lui stende indietro la testa come ad aspettarsi qualcosa da me.
Ho dentro di me ancora quella strana eccitazione. Con due dita gli cingo il membro. Ha una strana consistenza. Comincio un movimento di su e giù. Lui comincia uno sconnesso andirivieni con la sua schiena quasi stesse penetrando una cagna in mezzo alle mie dita.
Non dura molto. Lunghi fiotti di un liquido vischioso, ma più trasparente dello sperma umano, mi investono sul ventre e sui seni.
Ci mette diversi secondi prima di riuscire a scaricare tutta la sua eccitazione.
La mia mano ormai &egrave ferma attorno al suo cazzo che si sta sgonfiando rapidamente.
Mi accorgo che mi sta guardando con occhi riconoscenti.
Mi assale di nuovo quella violenta sensazione di vergogna e torbido piacere.
Scappo scalza e nuda in bagno e mi chiudo dentro. Mi seggo sulla tazza e mi abbandono ad un pianto isterico, che dopo poco mi accorgo da sola essere ipocrita più che inutile.
Tento di riflettere.
Ho fatto l’amore con un animale. Dio! Ma come &egrave stato possibile?
Non riesco a trovare una sola ragione. Però devo riconoscere che il piacere &egrave stato fortissimo. Tento di essere razionale.
Ormai mi sono calmata abbastanza.
Mi infilo sotto la doccia ed apro l’acqua fredda. Il getto gelido mi frusta. Lascio che tutto il mio corpo ne percepisca l’effetto e poi giro la maniglia sul caldo.
Una piacevole sensazione da una scossa al mio sistema circolatorio.
Ripeto due volte l’operazione e poi mi insapono con lentezza.
Mi soffermo in mezzo alle gambe e sento che il mio corpo non &egrave ancora sazio.
Mi sciacquo velocemente e mi infilo l’accappatoio.
Torno in camera da letto e riordono sommariamente tutto quel casino che avevo lasciato, sempre indossando l’accappatoio vado in cucina. Accendo la macchinetta del caff&egrave e mentre si scalda tiro fuori dal frigo il latte e lo yogurt.
Prendo la scatola dei cereali dalla credenza e ne verso un abbondante quantità nella ciotola.
Dalla credenza inferiore tiro fuori il sacco dei croccantini di Birillo. Anche nella sua ciotola verso un’abbondante razione.
Gli vuoto la ciotola dell’acqua e la riempio di acqua fresca. Lui razzola attorno alle mie gambe e quando anch’io mi siedo per consumare la colazione si avventa sul suo pasto.
Quando ho finito metto la tazza del latte e quella del caff&egrave in lavastoviglie e corro in camera per vestirmi, si &egrave fatto un orario impossibile. Farò sicuramente tardi al lavoro.
Mi infilo un tanga ed il reggiseno. Prendo un vestitino di jersey a fiorellini molto belli e lo infilo dalla testa. Mi guardo allo specchio e mi accorgo che i ganci del reggiseno sono molto in evidenza. Il vestitino mi fascia come un guanto.
Con i soliti rapidi gesti, da una delle corte e larghe maniche, mi sfilo il reggiseno.
Mi guardo ancora allo specchio e devo dire che quello che vedo mi piace.
Quei chili in più che ho messo su, riempiono il vestito in modo armonico.
Il seno si erge da solo e l’abbondante scollatura lo rende molto appetibile.
Mi do un leggero trucco agli occhi ed un po’ di lucida labbra che mi valorizzano la bocca.
Dalla scarpiera prendo dei sandali ‘tipo da schiava’ con un discreto rialzo che mi slanciano molto bene.
L’effetto che vedo, allo specchio che ho all’ingresso, &egrave incoraggiante.
Prendo la borsa e le chiavi della mia Lancia Y, do una carezza a Birillo, ed esco da casa.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni.
Il primo tratto, fino alla fine della strada del mare, scorre abbastanza velocemente, però, quando sono all’altezza della Garbatella, cominciano i dolori.
Una lunga interminabile colonna che procede a passo d’uomo verso il centro.
Guardo l’orologio e vedo che sono già le nove.
Decido di prendere la metro. Parcheggio allo scambiatore e rapidamente percorro i cento metri fino alla fermata.
La temperatura, anche oggi, sta crescendo rapidamente.
Ieri si sono toccati i trentotto gradi.
Arriva la metro. Affollatissima come sempre. Riesco ad entrare ma capito, guarda caso, come una fetta di salame in mezzo a due fette di pane. Due uomini, uno piuttosto giovane, credo di nazionalità dell’est europeo, di fronte a me, ed un vecchio dalla faccia di porco dietro di me. Il giovane di fronte a me ha un alito che sa di cipolle, ed a prima mattina mi da un senso di nausea, cerco di girarmi ma sono incastrata. Non ci vuole molto che tutti e due mi fanno sentire i loro cazzi strusciare sul mio corpo. Cerco di difendermi come posso, cercando di non dare nell’occhio. La calca &egrave impossibile. Sento una mano che scorre sul mio seno e mi stringe con forza un capezzolo. Ad un certo punto ho la sensazione che il vecchio porco mi ha infilato una mano sotto la gonna. Sento il filo del tanga spostarsi. Sono incazzata perch&egrave non riesco a liberarmi. Però dentro di me mi accorgo che lo strofinio dei due membri mi sta eccitando di nuovo. Finalmente arriviamo a Termini. Mentre la carrozza fa il movimento avanti e dietro di fermata, con un violento movimento mi sottraggo alla loro morsa. Qualcosa mi pizzica le grande labbra. Scappo quasi di corsa dal treno.
Arrivo su dalle scale della stazione ed una folata di caldo umido m’investe.
Devo percorrere ancora duecento metri per arrivare in ufficio.
Il caldo torrido &egrave già soffocante.
Arrivo nell’atrio del palazzo dove c’&egrave l’ufficio ed appena si apre la porta automatica un refrigerante getto di aria fresca mi da subito un meraviglioso sollievo.
Faccio un cenno di saluto al banco degli uscieri e percorro il corridoio.
Agli ascensori c’&egrave la coda per salire. Decido di salire i tre piani a piedi. Arrivo a passo svelto su ma ormai sono ricoperta di sudore nonostante l’aria condizionata.
Come entro nell’ampia sala dove c’&egrave anche la mia scrivania, Michela mi fa:
– Abbiamo fatto tardi ieri sera?
Gli rivolgo un’occhiata che vuole fulminarla. Poi penso che &egrave l’unica persona con cui ho una certa confidenza in ufficio e quindi faccio una scrollatina di spalle e mi avvio verso la mia scrivania.
Passo accanto a Michela e lei ancora mi fa:
– Ma cos’hai che t’esce dal vestito?
Ed allunga la mano per controllare. Mi fermo e cerco di vedere, come tira il filo che sporge ci rendiamo conto insieme che si tratta del filo del mio tanga che si &egrave spezzato mentre mi divincolavo per scendere.
Michela si mette a ridere. Io rossa come un peperone balbetto qualche stupida giustificazione e scappo in bagno. Mi chiudo nel gabinetto e cerco di ricompormi.
Nel bagno non c’&egrave lo specchio, mi sento distrutta.
Sento battere lievemente sulla porta. Michela che mi dice:
– Aprimi, Sonia! Sono io. Michela.
Dopo un attimo di perplessità apro la porta. Michela si intrufola e richiude.
La vedo con una borsa di plastica in mano da cui estrae delle provvidenziali salviettine umidificate per l’igiene del corpo.
Mi fa segno di togliermi il vestito. Io la guardo perplessa e lei mi dice:
– Ma ti sei guardata allo specchio? Sei tutta sudata e sporca. Se non ti pulisci subito ti resterà lo sporco addosso per tutto il giorno.
Poco convinta tiro su il vestitino. Sotto ho solo il tanga che penzola dalla vita, là dove si &egrave rotto.
Il mio sesso depilato fa bella mostra di se.
Michela comincia a passarmi con delicatezza una salvietta su tutto il collo; accarezza, asciugandola, la mia schiena che risulta ben scolpita da una notevole muscolatura (in gioventù sono stata campionessa juniores di nuoto ed ancora oggi pratico questo sport da amatrice); scende dolcemente sulle braccia; mi fa alzare il braccio destro, poi il sinistro; adesso butta via la prima salviettina e ne piglia una nuova.
La sua mano comincia ad accarezzare il mio seno destro. Il movimento dolce ma deciso mi provoca una spontanea erezione del capezzolo. Lei se ne accorge e la vedo sorridere. Continua imperterrita. L’altro seno. Il ventre, mi gira attorno e mi asciuga il fondo schiena. Cambia ancora la salvietta e mi asciuga il sedere. Con l’altra mano fa scorrere verso il basso quello che resta del tanga. La salvietta scorre fra i miei glutei. La sua mano arriva fino in fondo. Adesso cambia ancora salvietta e si dedica al mio basso ventre. Scende fra le mie gambe. Mi accorgo di ansimare. Lei sorride sempre più esplicitamente. La vedo gettare la salvietta ed invece di prenderne un’altra la sua mano va diritta fra le mie cosce. Mi rendo conto di aver aperto le gambe per facilitare la sua operazione. Le sue dita scivolano lungo il mio spacco. Sento le mie grandi labbra cedere alla sua carezza. Il suo dito medio sta strofinando lievemente la mia clitoride. Le gambe quasi mi si piegano. Il suo dito affonda dentro di me mentre il suo palmo mi massaggia tutta.
Vengo in pochi attimi.
Tremo tutta. Michela mi abbraccia e mi da un casto bacio sulla bocca. La mia lingua con violenza si impossessa della sua. La stringo con forza sul mio corpo nudo. Sento il suo profumo di donna. E’ buono.
Finalmente mi sto calmando. Michela si sfila dal mio abbraccio e riprende l’opera di pulizia alle mie gambe. L’ultima salviettina &egrave per la mia intimità. Una volta finita la pulizia Michela mi porge una sua mutandina. Non &egrave sexy come il mio tanga, ma svolge egregiamente il compito per cui la indosso. Mi va un po’ stretta ma posso resistere.
Michela avrà si e no una 42. Lei ha 32 anni ed &egrave magrissima, ma ha un seno spaventoso; una volta mi ha detto di portare la sesta. Le salviettine lei le usa spesso, proprio per potersi asciugare e rinfrescare sotto il seno che poggia pesantemente sul suo stomaco. Ha i capelli rossi, ricci naturalmente, tagliati talmente corti da dargli un’aria allampanata.
Finalmente reindosso il mio vestitino mentre la mia amica mi guarda sorniona e mi dice:
– Adesso sei abbastanza presentabile. Vieni di la che ti avevano già cercata.
Come niente fosse, torniamo nel vasto salone.
Sembra che nessuno si sia accorto di niente.
Mi metto alla scrivania e, con la pignola precisione che mi contraddistingue sul lavoro, tiro fuori tutte le pratiche che sto seguendo e le dispongo ordinatamente sul tavolo.
Una relazione sulla fattibilità di un progetto di nuova espansione dell’Azienda; il progetto di ristrutturazione della sede di Bari città; le pratiche del personale che deve essere trasferito o avviato a mobilità lunga dopo la ristrutturazione di alcune sedi periferiche.
Il mio compito di Assistente del Direttore prevede che io istruisca le pratiche e poi qualche Dirigente le porta a compimento.
Quando ho tutto sul tavolo a portata di mano alzo il telefono e compongo il numero della segretaria particolare del Direttore. Come mi sente mi dice:
– Il capo vuole vederti con una certa urgenza. Vieni con le pratiche del personale eccedentario.
Prendo il classificatore del personale e vado con passo svelto verso la Direzione di piano.
Rossella &egrave più giovane di me ma &egrave una balena. Credo abbia qualche problema alla tiroide. E’ gonfia in maniera indecente. A me sta molto antipatica per le sue arie da quella che sa tutto di tutti.
Però, devo riconoscere che &egrave brava ed efficiente nel suo lavoro.
Mi fa segno di aspettare e preme l’interfono per annunciarmi.
Sento la profonda voce del Dott. Tardi che bofonchia:
– Alla buon’ora. La faccia passare.
Infastidita per il suo commento entro e mi metto dritta di fronte a lui.
Senza dire niente mi indica la poltroncina di fronte alla scrivania ed io mi ci siedo. Lui sta completando una telefonata con il cellulare, con la moglie credo.
Quando ha terminato si scusa e mi dice:
– Sonia. Posso chiamarla così, vero?
Annuisco senza parlare.
– Bene, allora, Sonia, questa storia del personale eccedentario va risolta al più presto prima che si scateni la bagarre con il sindacato. Occorre fare accordi individuali con tutti e convincerli ad accettare l’incentivo alla mobilità. Io non ho tempo nei prossimi giorni. Vorrei che se ne occupasse lei.
Mi scruta in attesa di una mia reazione, che però lo delude in quanto resto immobile in attesa che continui.
– Lei avrà un budget elastico da offrire per gli accordi. Però sappia che il suo eventuale premio sarà direttamente proporzionale a quanto riuscirà a risparmiare del suo budget.
Finalmente mi scuoto. Cerco di somatizzare la notizia e poi faccio:
– Direttore, la ringrazio dell’opportunità che mi da. Cercherò di fare del mio meglio.
Lui mi interrompe con un gesto alquanto brusco e riprende a parlare:
– Il mio predecessore. Il Dott. Cantalamessa, mi aveva detto che lei &egrave laureata ed &egrave una donna piena di iniziative. Aveva molta stima di lei.
Sottocchio guarda l’effetto delle sue parole e poi continua:
– Io non sono così convinto. E’ vero che a quanto mi dicono lei recentemente ha avuto problemi familiari…
Il viso mi diventa paonazzo. In testa a me penso che dovrò strappare i capelli a Rossella che va a sputtanare i cazzi miei al lavoro.
Lei ha saputo per sbaglio, dall’amministrazione, che lo scorso anno ho rotto con mio marito e dopo quindici anni di vita in comune ci siamo separati definitivamente; e non capisco proprio perché sia andata a raccontarla a questo stronzo.
Sono furiosa ma mi impongo di ascoltare cosa mi sta dicendo ancora Tardi.
– Vede Signora. Se Lei riesce a fare un buon lavoro non le nascondo che le potrebbero aprirsi interessanti prospettive di carriera. Abbiamo bisogno di nuovi dirigenti ed il vertice strategico non disdegna le risorse interne, purché realmente meritevoli e giustamente motivate.
Lentamente sto riprendendo il mio controllo. Quando mi rendo conto che ha finito e sta aspettando una mia risposta, cerco di sfoggiare il più bel sorriso di cui sono capace e lo rassicuro:
– Mi permetta Dottore. E’ vero che ho passato un momento particolare nella mia vicenda privata, ma posso assicurarle che adesso tutto &egrave a posto e posso dedicarmi con il dovuto impegno ai miei compiti aziendali. Qualunque essi siano.
Calco un po’ la voce sull’ultima affermazione.
– Bene! – mi fa lui ‘ allora sa cosa ci aspettiamo da lei. Si dia da fare e vedrà che andremo d’accordo.
Capisco che il colloquio &egrave finito, con un cenno del capo di tipo militaresco, saluto, mi giro sui tacchi ed esco.
Quando arrivo al mio posto mi accorgo quanto sia stata lunga la chiacchierata. Sono le 12,45. Vedo Michela che si sta preparando per andare a mangiare. Mi fa cenno se andiamo insieme. Mi guardo intorno e vedo che nessuno ci degna di uno sguardo. Ricordando che sono senza auto, gli faccio cenno di si e gli indico la direzione del garage per fargli intendere che ci vediamo giù.
Lei si avvia. Io mi metto a risistemare, sempre con pedante pignoleria, tutte le carte nel mio armadio blindato e quando la scrivania &egrave vuota lo chiudo e finalmente posso andarmene.
Appena arrivo in garage lei &egrave già nella sua macchina. Salgo al suo fianco e lei sgommando parte di gran carriera fino all’uscita del garage. Poi ci mettiamo in colonna con tutti gli altri e ci avviamo a passo d’uomo verso Piazza dei Cinquecento.
Come arriviamo al nostro bar ci procuriamo un tavolino piccolo, andiamo ad ordinare al bancone cosa vogliamo e poi, finalmente, ci sistemiamo con calma.
Appena ci siamo sistemate, subito gli faccio con il viso che sento ancora una volta rosso:
– Scusami Michela. Io non sono lesbica! Non so cosa mi sia successo.
Michela si mette a ridere. Ha le lacrime agli occhi. Poi quando registra il mio smarrimento, cerca di ricomporsi e mi fa:
– Ma chi cazzo lo pensa che tu sia lesbica? Guarda che qua se c’&egrave una lesbica, quella sono io.
A questo punto sono io che sgrano gli occhi e tento di balbettare qualcosa, ma lei continua:
– Forse tu non te ne sei mai accorta, ma io sono davvero lesbica. Lo sanno quasi tutte le ragazze in azienda, per via di una storia che ho avuta parecchio tempo fa con una dell’amministrazione che, quando &egrave finita, non ha trovato di meglio che sputtanarmi con tutti quelli con cui poteva parlarne. Poi sai le voci girano ed ora sono come un’appestata. Credo, anzi ne sono sicura, fino ad oggi tu sei stata l’unica persona con cui ho avuto rapporti civili di quasi amicizia.
La guardo attonita. Allora lei continua:
– Guarda non mi offendo se non vuoi più saperne niente di me. Anzi scusa della libertà che mi sono presa stamattina, ma ti vedevo eccitata al massimo ed ho pensato di farti un piacere a farti scaricare un po’. Comunque da me, nessuno saprà niente.
Si mette le dita sulle labbra e mi guarda in attesa di una mia reazione.
Sono ancora confusa, ma mi rendo conto che devo dire qualcosa. Allora dico:
– Guarda che se anche non sono lesbica, non ho niente contro chi lo &egrave. Poi per stamattina, credo che quello che c’&egrave stato fra di noi &egrave la cosa più normale che mi sia accaduta da quando mi sono svegliata.
Più rilassata, e con un sorriso divertito sulle labbra, Michela mi chiede:
– Perché, cosa ti &egrave successo stamattina?
Ormai, lanciata in questa strana intimità, comincio a raccontargli tutto:
– Vedi non so bene da che parte cominciare. Proviamo così! Stamattina mi sono svegliata che mi stavo…. masturbando….. e non so come sono finita a farmi leccare dal mio cane, in metro sono quasi stata stuprata da due energumeni. Poi tu che mi fai venire in quel meraviglioso modo e per finire Tardi che mi ventila l’idea che potrei avanzare di grado.
Michela stende una mano come a fermarmi e mi fa:
– Come, come? Ti sei fatta leccare dal cane?
– Si! Beh! Se &egrave per questo gli ho anche fatto una sega…
Michela scoppia a ridere come una matta. Ha le lacrime agli occhi e non riesce più a fermarsi. Neanche quando la cameriera viene a portarci da mangiare.
Devo faticare parecchio per farla smettere di ridere.
Anche se alla fine sono anch’io che rido come una matta.
Quando ci siamo calmate tutte e due, mentre ci mangiamo i due arancini a testa e l’insalata di pomodoro che ci ha portato la cameriera, gli racconto dettagliatamente gli eventi di questa strana giornata.
Quando termino il mio racconto noto un certo rossore sul viso di Michela, la quale mi fa:
– Guarda che dovrai presentarmelo il tuo cane, una volta.
E riprendiamo a ridere tutte e due. Allora io gli faccio:
– Guarda, se vuoi, stasera non ho programmi ed ho il frigo pieno di cose da mangiare. Sabato sono stata a trovare mia madre e mi ha riempito di roba. Quindi se vuoi venire a cena da me, ti presento Birillo.
Michela si fa un po’ seria e mi fa:
– Davvero non ti importa di frequentare una lesbica? Guarda che le voci maligne già girano sul fatto che tu mi parli al lavoro, figurati se qualcuno ci vede che ci frequentiamo anche fuori dal lavoro.
A questo punto anch’io divento seria, e rispondo:
– Ehi piccola, guarda che chi cazzo voglio frequentare lo decido solo io. E poi lo sai che con quelle quattro sciacquette non ci voglio avere niente a che fare.
Vedo il viso di Michela rasserenarsi. Devo dire che anche se non &egrave bella, &egrave un tipo molto intrigante. Allora insisto, quasi a volergli trasmettere la mia indipendenza di giudizio:
– E poi voglio capire bene come sei riuscita a farmi venire in pochi secondi.
Riprendiamo a ridere tutte e due come pazze.
L’ora di pausa &egrave quasi passata, gli scrivo il mio indirizzo su un tovagliolo di carta e gli dico che l’aspetto verso le 19.00.
Rientriamo in ufficio per finire la giornata.
Quando alle 17.30 timbriamo per uscire fuori la temperatura sfiora i 40′.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni.
Per fortuna la metro &egrave meno carica che all’andata, anzi, al Colosseo riesco a sedermi.
La macchina al parcheggio &egrave un forno. La strada fino a casa &egrave una tortura. Il traffico, quello di sempre.
A passo d’uomo arrivo davanti casa. Mi fermo al forno a prendere un po’ di pane, ma visto che &egrave finito mi faccio dare pizza bianca.
Entro a casa che sono le 18.40.
Birillo mi fa più feste del solito. Mentre porto in cucina la pizza e la metto nel forno a bassa temperatura per scaldarla ma non cuocerla, comincio a togliermi i sandali, ed in corridoio sfilo il vestito e le mutandine che mi ha dato Michela.
Nuda vado dritta in doccia e mi rilasso dieci minuti. In camera trovo dei pantaloncini corti ed una canottiera che non nasconde niente delle mie tette. Passando davanti allo specchio mi do un’occhiata e sono soddisfatta.
Dalla credenza tiro fuori due bei servizi americani che mia madre ha fatto per me all’uncinetto. Prendo anche i bicchieri adatti al vino rosso ed all’acqua.
Dal congelatore prendo una vaschetta di lasagne, con la pasta fatta a mano e con l’impareggiabile ragout di mamma.
Prendo poi un pezzo di pecorino fresco e condisco un poco di insalatina verde.
Dalla cantinetta termica che ho in soggiorno, prendo una bottiglia di Vino Nobile di Montepulciano e più sotto il vasetto delle melanzane sott’olio, sempre preparate da mia mamma.
Ho appena finito di mettere anche dei fiori in tavola, perché mi sembrava carino, che suona il citofono.
Premo il bottone e dico alla cornetta: – Terzo piano.
Vado fuori la porta ad aspettare. Birillo &egrave, seduto sulle zampe posteriori, al mio fianco.
Quando si apre l’ascensore, resto senza parole. Quasi mi manca il fiato.
Michela mi appare come una sventola da morire.
Faccio un fischio d’ammirazione e lei, vedo, ne &egrave contenta.
Indossa un favoloso vestitino in lam&egrave, cortissimo. La parte superiore &egrave composta da due fascioni che partono dalla gonna e si incrociano, per andarsi a ricongiungere definitivamente sul collo. I suoi seni debordano abbondantemente. Ma devo dire, che contrariamente a quello che credevo, anche se vestita appare magrissima, Michela ha dei bei muscoli, tonici, anche se meno sviluppati dei miei.
A vederla così credo davvero che sarebbe capace di far girare la testa a uomini ma anche a donne.
Ci scambiamo un bacio sulla guancia, e la mia ospite mi cede il pacchetto che ha in mano (dopo vedremo che &egrave un dolce squisito), così entriamo in casa.
Birillo gli scodinzola intorno, e lei mi fa ridendo:
– Vedi, ha già capito che c’&egrave un’altra pupa per lui.
Anch’io rido e la invito a sedersi a tavola:
– Prima mangiamo qualcosa, poi vedremo cosa nasce con questo dongiovanni.
Michela mi segue nel cucinino mentre tiro fuori il pasticcio dal forno. La sento fare vari rumori d’apprezzamento con la bocca. Quando tutto &egrave in tavola, gli riempio il grosso calice di vino e la invito ad un brindisi:
– Alla nostra amicizia.
Colgo con vera soddisfazione il senso di felicità nei suoi occhi mentre mi risponde:
– All’amicizia, alla nostra amicizia.
La cena si consuma in piacevoli chiacchiere che in alcuni momenti toccano inevitabilmente anche il lavoro.
Ho dovuto spiegarle cosa intendevo quando gli ho detto che il Direttore mi ha prospettato una possibilità di carriera. Quando ha saputo che sono laureata &egrave rimasta colpita:
– Nessuno lo sa, da noi!
Mi fa, quasi fosse una vergogna. Ma io la tranquillizzo:
– Non mi piace vantarmi, ma soprattutto non lo ritengo un gran merito. Certo ho studiato, ma solo perché i miei genitori me ne hanno dato la possibilità.
La vedo ammirata dai miei ragionamenti. La cosa mi fa piacere.
Completiamo il pranzo con un limoncello (sempre di mamma) e poi ci andiamo a sedere sul divano.
Metto un cd di jazz in sottofondo e mi siedo vicino a lei.
Mi accorgo che non sa più come comportarsi. Allora per riprendere da quello che ci aveva’ come dire’ legato stamattina, gli dico avvicinandomi di più a lei:
– Allora dovevi spiegarmi come eri riuscita stamattina’..
Non termino la frase che Michela poggia le sue morbide labbra sulle mie, un leggero movimento della sua lingua verifica la mia disponibilità, ed io che sono colta da una violenta eccitazione, subito apro le mie. La sua lingua scivola dolcemente nella mia bocca.
La sento intrecciarsi dolcemente con la mia, la sua mano destra sta facendo scorrere verso il basso la spallina della leggera canotta che indosso.
Sento le sue dita che si impossessano del mio capezzolo. Sento una fitta in mezzo alle gambe. Tutti e due i capezzoli sono diventati di marmo.
La sento lasciare libera la mia bocca. La sento solo, perché sono ad occhi chiusi. La sua lingua scende verso il mio collo. Butto indietro la testa per facilitargli il compito. Lentamente, con una calma esasperante, finalmente sento la sua lingua che rotea attorno al mio capezzolo sinistro.
La sua mano sta, a fatica, lavorando per calarmi il calzoncino.
La aiuto sollevando i fianchi dal divano dove sono seduta.
Finalmente riesce a farli scendere fino alle caviglie. Con la mano mi spinge su una gamba e la libera, così, definitivamente dall’indumento.
I due rilievi delle grandi labbra danno l’impressione di voler scoppiare, tanto sembrano gonfi. In preda ad un piacere parossistico apro oscenamente le gambe.
Sento le sue dita scorrere lungo le grandi labbra. Gli umori escono abbondanti dalla mia vagina.
Con l’altra mano la sento che mi sta spingendo per farmi sdraiare sul divano. Mi lascio scivolare come in trance. Mi sento i due seni ricoperti dalla sua saliva.
La sua lingua, sempre con una lentezza esasperante, sta scendendo sempre più in basso. In alcuni punti, quando passa, i miei muscoli hanno reazioni involontarie.
Ormai sono ricoperta di saliva fin sotto l’ombelico quando, non facendocela più, gli spingo, con tutte e due le mani, la testa proprio in mezzo alle mie gambe.
La destra &egrave appoggiata sullo schienale e la sinistra &egrave a terra. La sua lingua, a differenza di Birillo stamattina, sa bene cosa leccare.
L’orgasmo mi scoppia violento. Ho come delle convulsioni che mi scuotono sul divano.
Michela continua. Mi rendo conto che mi ha anche penetrata, sia davanti che di dietro con le dita.
Il mio orgasmo sembra non voler finire.
Non so quanto tempo va avanti. Quando lei stacca la sua testa dal mio ventre ho come un profondo vuoto, un piacevole vuoto, che mi prende.
Capisco che &egrave anche uscita dai miei pertugi.
Una sensazione di benessere si &egrave impadronita di me.
Michela mi sta carezzando la testa e mi offre un bacio.
Apro la bocca e per la prima volta sento il sapore di una donna in calore.
Mi piace quel gusto dolce salto. Il bacio &egrave dolce. Senza la forza che fino a poco fa utilizzava sulla mia vulva.
Michela resta a coccolarmi per un bel pezzo.
Quando riapro gli occhi, lei &egrave ancora la, che si sta preoccupando per me. Non mi era mai accaduto. Tutti gli uomini con cui ho fatto l’amore, una volta che loro si erano sfogati, si giravano dall’altra parte e non mi guardavano più. Dal cuore mi esce un caloroso:
– Ti amo.
Lei mi sorride dolcemente, poi mi risponde a bassa voce:
– Per così poco? L’amore &egrave una cosa seria. Per adesso divertiamoci piccola.
A fatica mi tiro su.
Non so da che parte cominciare. Ho voglia di ricambiare. Comincio con lo spostargli uno dei fascioni dal suo enorme seno.
Al tatto mi sembra burroso. Mi abbasso a leccargli il capezzolo. Anche lui reagisce subito. Sollevo gli occhi e la guardo. Michela mi sorride dolcemente. Ha capito che per me &egrave una novità, ma mi lascia fare da sola per non ‘mortificarmi’.
Dopo poco i suoi due seni sono completamente scoperti. Li massaggio come se stessi impastando la pizza.
Li bacio, li lecco. Nella parte inferiore in cui si annida il suo sudore riesco a percepire il suo sapore profondo. Anche se asprigno, mi piace. Mi piace perché &egrave il suo.
Mi alzo un attimo, la prendo per mano e la porto con me in camera. Prima di farla stendere sul letto, l’aiuto a sfilarsi completamente il vestitino e gli tolgo il tanga di pizzo nero che indossa, inginocchiandomi davanti a lei.
Il suo profumo, lì, &egrave molto forte. E’ ancora in piedi, davanti a me, che affondo il naso nella sua folta peluria. E’ di un rosso vivo nella parte superiore e poi scurisce man mano che scende verso il basso. Con il naso mi faccio strada ed arrivo a scoprire le sue grandi labbra. Con le dita della mano destra gliele apro. Il suo profumo mi stordisce. Affondo la lingua lungo le due creste delle piccole labbra. Cedono e si aprono al suo passaggio. La sua clitoride &egrave molto più grossa della mia. E’ come metà del mio dito mignolo. Penso tutte queste cose mentre mi sto inebriando delle sensazioni che mi da fare quello che sto facendo.
Leccargli la figa. Io che lecco la figa di una donna. L’idea mi da un torbido piacere.
Nonostante il turbinio di pensieri, comincio a succhiare dolcemente la sua clitoride.
Michela non ce la fa più, si siede e poi si stende sul letto e si mette a gambe larghe, tenendomi la testa bloccata fra le gambe.
Posso leccarla con maggiore facilità.
Mi impegno per restituirgli, almeno in parte, l’intenso piacere che mi ha donato poco fa.
Mi rendo conto che con la sola lingua non riesco a dargli tutto quello di cui ha bisogno.
Infilo un dito dentro di lei. Sguazza con strani rumori dentro di lei. Ne infilo un altro, un altro ancora, fino a che gli ho infilato tutta la mano. Con estrema facilità riesco ad entrare fino a metà avambraccio. Adesso Michela da segni di sentirsi appagata. Bastano ancora poche slinguate sulla clitoride che comincia a scuotersi come un’ossessa. Le sue grida ed i suoi lamenti inducono anche Birillo a cominciare a guaire.
Non mi interessa niente. Voglio che anche lei goda fino in fondo come ho fatto io.
Quando ormai i suoi spasmi si sono spenti del tutto, lentamente, estraggo il mio braccio dal suo ventre. Quando &egrave la volta della mano fa uno strano rumore, come un tappo di champagne che viene estratto.
Michela apre gli occhi e mi sorride. Un sorriso molto diverso da prima.
Quando siamo sedute in mezzo al letto a fumarci una sigaretta, lei mi fa:
– Però niente male per una che dice non essere lesbica.
Come una stupida arrossisco. Ma lei non mi da il tempo di reagire e mettendosi a ridere mi da un bel bacio. Proprio bello. Piacevole.
Ci stacchiamo e ridiamo come due bambine.
Allora lei mi dice ancora:
– Allora mi fai vedere come hai fatto stamattina con Birillo.
– Ma cosa vuoi che lo faccia davanti a te?
Dico quasi inorridita dalla proposta.
– Perché secondo te non siamo abbastanza intime?
Mi fa lei di rimando.
Scoppiamo ancora una volta a ridere.
Chiamo Birillo che ci ha guardato da sotto l’arco della porta per tutto il tempo del nostro amplesso e lui di corsa salta sul letto vicino a noi.
Mi faccio leccare la mano ed il braccio ancora ricoperto dagli umori di Michela e lui, devo dire, sembra gradire.
Quando sono completamente ripulita, spingo Michela contro lo schienale del letto, gli allargo le cosce e tiro Birillo con la testa in mezzo a quel ben di Dio.
Birillo non vedeva l’ora.
Michela non ha il tempo di reagire. Quando lo fa &egrave per strabuzzare verso l’alto gli occhi e riprendere a guaire come una cagna.
Quando stacco Birillo dal suo giocattolo Michela tira un sospiro di sollievo, e mi dice:
– Stavo proprio per pisciarmi sotto. Mi ha fatto morire.
Detto ciò si butta giù dal letto e va in bagno.
Torna dopo poco e Birillo &egrave a terra, che con colpi incerti si lecca il suo cazzo in tiro perfetto.
Michela si siede sul bordo del letto, chiama Birillo vicino a se e gli fa appoggiare le zampe anteriori sul letto. Poi con la mano destra scivola sotto di lui e comincia a masturbarlo.
Nella posizione attuale il movimento della schiena del cane e proprio quella di una rapidissima chiavata.
Michela &egrave eccitatissima. Ha il volto paonazzo. Anche a me la scena ha rimesso in moto l’eccitazione appesa sopita.
Si gira verso di me e mi fa:
– Hai fatto trenta, facciamo trentuno?
La guardo senza capire. Allora mi fa segno di andare vicino a lei. Mi fa stendere a pancia sotto sul letto con le gambe penzoloni. Mi appoggia il copriletto sulle spalle, sussurrandomi all’orecchio:
– Così non ti fai male!
Poi accompagna dietro di me Birillo che mi salta letteralmente a dosso e cerca di montarmi come una cagna.
Io mi sento allucinata ma al tempo stesso arrapata in maniera folle.
Michela gli prende il cazzo con la mano e l’accompagna all’ingresso della mia vagina.
E’ come un miracolo. Birillo sembra aver trovato il tempo giusto. Il suo movimento di andirivieni &egrave massacrante. Le sua zampe anteriori pesano sulle mie spalle.
I suoi colpi sono sempre più forti e più profondi. Mi sembra che sappia quello che sta facendo e lo sta facendo per me. Lo sento ingrossarsi a dismisura. Arrivo all’improvviso ad un orgasmo di una violenza inaudita. Anch’io ululo come Birillo. Lui va avanti ancora per un lungo indefinito tempo. Ormai sono colta da un torpore che prelude ad uno svenimento totale, quando sento la violenza dei suoi getti che frustano la mia vagina. Viene a lungo. Molto più di stamattina.
Quando smonta, credendomi forse una cagna mi da una profonda leccata da dove &egrave appena uscito, ridandomi nuovi brividi.
Il nero cala sui miei occhi.
Mi risveglio che sono sotto le lenzuola e Michela mi sta accarezzando tutta la schiena:
– Che bei muscoli che hai. Sai molte volte avevo pensato di provarci con te, ma non volevo perderti come amica e non sapendo come avresti reagito ho sempre rinunciato.
Mi dice con una voce quasi sussurrata.
Mi rigiro e la guardo.
Lei mi sorride con occhi che davvero mi sembrano da innamorata, allora gli dico:
– Piaciuto lo spettacolo?
Lei annuisce facendo un musetto come fosse una ragazzina. Allora continuo:
– Bene, perché la prossima volta toccherà a te provare.
Lei si mette a ridere e cerca di schernirsi:
– Ma io sono lesbica!!!
– Ed io fino a ieri ero normale. Adesso non so più cosa sono.
E ridendo ci abbracciamo e ci abbandoniamo al sonno che ci prende per la stanchezza.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. Mi sveglio che ancora non &egrave giorno. Michela, appoggiata su di un gomito, mi sta scrutando con uno sguardo affettuoso. Mi sorride e mi fa:
– E’ bello vederti dormire. Sei serena come una bambina.
Mi stiracchio nel letto e gli faccio:
– Anche per me &egrave bello svegliarsi con vicino qualcuno che si preoccupa di te. Era tanto tempo che non mi succedeva.
Allora lei mi chiede:
– Come mai con tuo marito &egrave finita?
– Cosa vuoi. Forse perché non sono arrivati bambini. Forse perché sono un po’ egoista ed ho deciso di pensare a me stessa. Ma sopratutto perché ormai il nostro rapporto era solo noia. I bei tempi saranno durati si e no tre o quattro anni, poi un mortorio totale.
Gli dico con un po’ di rimpianto. Allora lei riprende:
– Ma da quando vi siete lasciati non hai avuto più nessuno?
– No! Assolutamente no.
Gli rispondo decisa. E poi riprendo.
– Non ne avevo ne la voglia ne il tempo. Poi sai, stare da sole può anche essere piacevole per un po’; e finora sono stata bene.
– Anche a me, dopo una crisi capita che piace la solitudine. Comunque credo che, dai segnali del tuo corpo, possiamo considerare conclusa la tua clausura.
Mi fa lei sorridendo.
– A proposito di confidenze ‘ faccio allora io di rimando, ponendogli la domanda che, sin da quando l’ho conosciuta,avrei voluto fargli ‘ ma hai mai pensato a fare la riduzione del seno? Guarda, bello &egrave bello, però &egrave enorme.
– Si lo so. In effetti ci avevo pensato e stavo programmando l’intervento quando &egrave successo qualcosa che ha cambiato le cose.
– Racconta, cosa &egrave successo. Dai sono curiosa?
– Va beh! Tanto credo che dopo quello che c’&egrave stato fra noi, ti posso raccontare tutto di me. Vedi, sei anni fa, stavo appunto programmando l’operazione quando, parlandone con una mia amica lesbica che frequentavo a quel tempo, lei mi disse che ero scema e potevo tramutare quello che poteva essere un difetto in una piccola miniera d’oro.
– Come? – Faccio ancora io incalzandola.
– Mi raccontò che c’era un giro di funzionari, dell’ambasciata giapponese, che pagavano un sacco di soldi per sborrare sulle tette delle donne bianche; e più grandi erano le tette, più soldi ti davano. Sulle prime non volevo crederci; poi una sera lei venne da me e disse se volevo provare. Per ognuno che mi avrebbe sborrato sulle tette avrei preso un milione. C’erano ancora le lire allora.
– E tu cosa hai fatto?
– Cosa dovevo fare? Sono andata con lei. Quella sera portai a casa quindici milioni.
Ero esterrefatta dal racconto. Allora sempre più curiosa domandai:
– Ma cosa si prova a farsi sborrare sulle tette?
– Beh! Le prime volte niente. Anzi ad essere sincere mi faceva un po’ schifo. Però i soldi erano tanti e così continuai. Con il tempo sono riuscita anche ad eccitarmi e farmelo piacere. Adesso, se non lo sai, faccio tutti gli anni un settimana di ferie in Giappone.
Lì sono diventata una specie di diva.
– Ma scusa, non ti senti degradata? Che so’, sporca dentro a ‘ come dire… prostituirti in questo modo?
– Sono sensazioni che ho avuto all’inizio. Adesso fanno parte della mia vita. Sai quanto ho messo via negli ultimi sei anni? Non ci crederai mai! L’ultimo estratto conto &egrave di più di 600.000 euro. E sono tutti investiti in azioni in Giappone. Uno dei miei fans più sfegatati &egrave il proprietario di una fabbrica di computer e di una banca. Mi fa gratis da consulente, in cambio io gli consento di venirmi addosso gratis ogni volta che vado a trovarlo in ufficio, davanti alle sue due segretarie che ci guardano e si masturbano per lui. Senti, se vuoi, potresti provare anche tu. Anche tu hai belle tette. Se poi hai più coraggio di me, puoi farti sborrare in faccia o farti riprendere, che si guadagna molto di più. Però, io non mi faccio sborrare in faccia perché ho paura che mi vada in bocca, ed oltre a farmi schifo, ho paura delle malattie; poi, il farti riprendere, te lo sconsiglio perché &egrave sicuro che vai a finire su internet, e là &egrave facile che qualcuno che ti conosce ti scopra.
La guardo allucinata dal racconto ed anche un po’ infastidita dalla proposta. Lei sembra accorgersene e mi fa ancora:
– Guarda che la mia era solo una proposta se vuoi mettere via un po’ di soldi in fretta, e visto come sta esplodendo la tua sessualità, non direi che qualche esperienza da porca ti possa sconvolgere più di tanto, dopo quello che hai fatto in questi giorni.
Non so che dirvi. Sarà il suo modo di parlare schietto, sarà che ripensandoci bene, solo poche ore fa mi sono fatta chiavare da un cane per appagare la sua e la mia libidine, tutto sommato quello che mi propone non appare per niente eccezionale.
Glielo dico così, con franchezza e semplicità. A Michela gli si illuminano gli occhi e mi dice:
– Fra 37 giorni parto per il Giappone, per la mia settimana. Se vuoi dico che arrivo con una bella amica? Sarai accolta come una regina.
E resta in trepida attesa. Ci rifletto pochi attimi e poi faccio di si con la testa e gli dico:
– Dai proviamo anche questa. Però, solo a condizione che lo facciamo insieme. Ho paura a farlo da sola in mezzo a chissà quanti uomini di cui sicuramente non capirò la lingua.
– Certamente. Faremo così. Ci esibiremo in coppia.
Mi abbraccia e mi bacia ancora con passione.
Guardo la sveglia sul comodino e vedo che &egrave quasi ora di alzarsi per andare al lavoro. Lo dico a Michela che mi chiede se ho una tuta larga. Gliela do; lei la infila, si mette i suoi sandali ed esce di casa. Torna dopo cinque minuti con una valigia e mi dice:
– Quando vado ad appuntamenti al buio, ho sempre l’abitudine di portarmi un ricambio. Non si sa mai come vanno a finire le cose.
Tutte e due ci facciamo una bella risata.
Spintonandoci nel bagno mentre giochiamo e ci laviamo, insaponandoci insieme sotto la doccia e spiandoci a vicenda mentre facciamo pipì sulla tazza, con molta fatica riusciamo a prepararci. Facciamo colazione ed usciamo di casa salutando allegramente Birillo. Mentre siamo in ascensore lei, con tono serio, mi fa:
– In ufficio &egrave meglio che manteniamo lo stesso atteggiamento di prima. Non vorrei che ti sputtanassero come con me, perché la cosa potrebbe avere effetti sulla tua promozione.
Sono commossa dalla sua attenzione. Provo a ribattere, ma lei mi fa:
– E’ meglio così. Poi magari, quando vuoi ci vediamo fuori.
A questo punto ho quasi le lacrime agli occhi e gli dico:
– Perché stasera non torni da me?
– Credi sia una buona idea, subito così?
Annuisco mentre si aprono le porte dell’ascensore. Lei conclude:
– Ok. Allora ci vediamo alle sette. Oggi a pranzo non vengo perché devo passare alla mia banca.
Quando arriviamo davanti alla sua macchina si guarda attorno e poi mi da un furtivo bacio e sale in macchina, parte di volata.
Mi ci vuole qualche secondo per riprendermi ed andare verso la mia macchina e recarmi in ufficio.
Il solito traffico, ma stamattina sono in orario.
Arrivo con calma fino al garage aziendale e parcheggio al mio solito posto.
Cerco con lo sguardo la macchina di Michela, &egrave già parcheggiata.
Salgo in ufficio salutando allegramente chiunque incontri.
Qualcuno mi guarda di traverso, forse pensava che li prendessi per culo.
Non me ne frega niente. Oggi, come non mi capitava da molto tempo, sono davvero felice.
Arrivo al mio posto e tiro fuori la sola pratica degli esuberi.
Comincio a studiarla con attenzione.
Mi rendo subito conto che se voglio incontrarli rapidamente devo andare io nelle sedi periferiche. Sono centotredici che hanno i requisiti per la mobilità lunga.
L’azienda ha già predisposto tutto ma non ha fatto alcuna comunicazione ufficiale ai sindacati. Dopo l’ultima fusione che ci ha portato ad essere il secondo gruppo in Italia, abbiamo in molte città del nord troppi sportelli. L’unica cosa che l’azienda ha fatto, &egrave la comunicazione dello stato di crisi per eccedenza di personale. Ventilando in alcune interviste che si potrebbe arrivare a dover chiedere il licenziamento o la cassa integrazione in deroga per oltre mille dipendenti.
Divisi tutti i nomi, decido che convocherò tutti gli interessati presso una unica sede, per ogni singola Regione. Piccola, di periferia. In questo modo le notizie correranno con minor velocità.
Mi faccio due calcoli e vedo che lavorando con almeno cinque o sei incontri al giorno, tolto le domeniche ed i sabati, arrivo a ridosso della partenza per il Giappone.
– A proposito. Devo subito chiedere le ferie.
Penso all’improvviso. Tiro fuori dal cassetto il foglio ferie e lo compilo subito per non dimenticarlo.
Preparo una breve nota scritta che chiede al Direttore di piano l’autorizzazione alle trasferte, spiegandone il perché.
Lo porto a Rossella e gli chiedo di informarmi appena lo da al Dott. Tardi.
Non passano dieci minuti che Tardi mi fa chiamare.
Mi presento subito nella sua anticamera. Rossella mi fa segno di entrare senza annunciarmi.
Stranamente, il Dirigente si alza e mi viene incontro:
– Brava Sonia. Mi piace la sua decisione, e devo dire che condivido appieno la sua strategia.
Mi dice stringendomi la mano, che ha ricercato tendendomi la sua.
Resto un attimo sorpresa, ma subito mi riprendo.
– Grazie Dott. Tardi. Credo che sia il modo migliore per ritardare le comunicazioni fra i diretti interessati.
– Si, si. Sonia. Lei &egrave autorizzata a procedere come meglio crede. Noi ‘ mi fa perfidamente ‘ ci aspettiamo i suoi brillanti risultati.
Come se non avessi capito bene, a mo di conferma gli chiedo:
– Allora posso organizzare le trasferte per cominciare i colloqui?
– Certo mia cara. Faccia quello che deve fare. Il suo incarico in mattinata lo formalizzo all’amministrazione, da domattina lei potrà muoversi come fosse un Dirigente. Non timbrerà più e porterà la nota spese per i rimborsi di quanto lei ha speso per le sue necessità quando &egrave in trasferta. Adesso la lascio al suo lavoro che immagino diventerà frenetico.
Mi tende ancora la mano e me la stringe energicamente. Io, ormai preparata, ricambio con una altrettanto energica stretta e me ne torno alla mia scrivania.
Con gli occhi cerco Michela. Incrocio i suoi occhi. Mi stava guardando da quando ero uscita dall’ufficio di Tardi.
Gli indico il bagno e mi avvio con passo deciso.
Dopo poco entra anche lei.
Gli do un rapido, ma intenso bacio sulle labbra e gli dico:
– Dammi il tuo numero di cellulare. Ero terrorizzata da non poterti raccontare.
– Dimmi cosa ti succede?
– Tardi fa sul serio. Da domattina ho un incarico provvisorio a carattere Dirigenziale per fare quella cosa che ti ho detto, e dovrò andare in trasferta quasi tutto il tempo che ci resta prima di partire.
– Hai il passaporto? – Mi fa Michela. Io faccio si con la testa ‘ Bene stasera me lo dai ed io provvedo con un funzionario che conosco all’Ambasciata Giapponese a farti fare i visti. Non ti preoccupare. Comunque stasera ne parliamo.
Mi da un casto bacio sulle labbra e torna al suo posto.
Capisco che vuole essere fedele al suo impegno di non crearmi problemi e me ne commuovo ancora. Tergiverso ancora un minuto in bagno, approfittandone per fare la pipì, e poi torno al mio posto.
La giornata scorre senza nemmeno la pausa pranzo. Tanto Michela non c’&egrave!
Riesco ad organizzare tutte le sedi dove andrò, riservandomi di comunicare la data esatta ventiquattro ore prima del mio arrivo. A tutti i Capi periferici mi sono presentata come la Sig.ra Crema della Direzione Generale. Ho percepito in qualche caso il battere dei tacchi come nei saluti militari.
Alle 17.30 timbro per l’ultima volta. Vado in garage, prendo la mia Lancia Y e parto verso casa.
Lungo la strada mi fermo ad un ottimo ristorante di cucina etnica giapponese ed ordino una sontuosa cena ‘Take wai’ per due. Mi faccio dare oltre alle bacchette, anche la bottiglietta ed i bicchierini adatti al sak&egrave. Vicino casa compro anche dei fiori freschi per ornare la nostra tavola.
Quando arrivo a casa, prima ancora di spogliarmi, vado in cerca nei cassetti del soggiorno delle bacchette di incenso che non uso più dal giorno della separazione.
Le trovo dove le avevo lasciate. Con i loro supporti in legno o terracotta. Ne distribuisco per tutta la casa e li accendo. Sono quasi le 19.00.
Corro in camera, mi spoglio e mi infilo in doccia. Esco che sento il citofono.
Premo il bottone del citofono senza rispondere, apro la porta di casa e la lascio socchiusa che sono ancora nuda e bagnata. Scappo in camera. Mi asciugo con l’accappatoio rapidamente e scavo nei cassetti.
Trovo il bellissimo completino intimo che mi ero comprato alcuni mesi fa in una giornata di merda in cui, per tirarmi su di morale, dovetti spendere un sacco di soldi.
Lo indosso.
Mi sta una meraviglia.
Il reggiseno &egrave un balconcino che contiene da sotto i miei seni come se fossero due mani. Il tanga &egrave di un ricamo bellissimo. Il colore viola mi dona moltissimo. Indosso le autoreggenti e sento la voce di Michela che chiede permesso:
– Entra, entra. Arrivo subito.
Faccio, mentre indosso la seconda calza. Dal cassetto del comò, tiro fuori uno splendido kimono in seta blu con disegnato un drago bellissimo.
Mi do un po’ di rimmel, fard e rossetto e mi guardo. Il rossetto viola mi da una faccia proprio da porca. Un fremito fra le gambe sottolinea il mio piacere.
Finalmente esco.
Dio! Non &egrave possibile. Michela mi sorprende ancora.
E’ di spalle e non mi ha sentita entrare. Indossa un abito da uomo. Giacca e pantalone. Tacchi da non so (18, 19 cm?), si gira in quel momento. Sotto la giacca ha solo una top che gli copre appena i capezzoli e la giacca, anche se abbottonata nell’unico bottone, mostra tutto il suo prorompente seno, in maniera che ti ecciti anche solo a guardarla.
Anche i suoi occhi fanno capire che ha apprezzato come mi sono preparata.
Mi viene vicina e, forse colpa dei tacchi lei e del fatto che io sono ancora scalza, mi sovrasta di una spanna.
Abbassa il capo, mi prende il viso fra le mani e mi da un tenero bacio.
Mi accorgo che sto già venendo. Mi aggrappo ai suoi seni. Lei intrufola la sua lingua dentro di me. Sento il mio tanga bagnato fradicio.
Quando mi lascia sono sconvolta. Il viso tutto arrossato ed il rossetto quasi scomparso. Lei mi dice con voce roca:
– Risistemati e mangiamo.
Come un ebete vado in bagno, faccio un bidet per rinfrescarmi, rimetto il rossetto e senza mutande, con il kimono aperto torno in sala.
Michela ha già cominciato a preparare la tavola. Prendo il cibo in frigo e ceniamo quasi senza parlare, solo guardandoci come fossimo due innamorate.
A fine cena, dopo aver bevuto parecchio sak&egrave, andiamo direttamente in camera. Michela mi spoglia come un uomo fa con una donna.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni.
Solo adesso mi accorgo che aveva già messo in camera una valigetta di pelle nera.
La apre, estrae delle manette, mi fa stendere sul letto e mi lega alla testiera di ferro battuto.
Quando sono completamente bloccata alla testiera, comincia a fare come uno spogliarello, tutto dedicato a me.
Dio! Come &egrave eccitante.
Ma come &egrave possibile che guardare un’altra donna che si spoglia mi ecciti così tanto.
Ma sento di nuovo l’umido fra le mie cosce che continuo ad aprire e chiudere continuamente.
Quando ha finito sono già pronta a godere.
Lei si inginocchia fra le mie gambe e mi lecca dolcemente.
Sento che mi introduce qualcosa nella vagina che viene inghiottita fino in fondo.
Io sento che sto per partire.
Il suo dito. Che sento freddo, mi sta massaggiando il buchetto del culo.
Sento che mi introduce qualcosa anche la. Scivola anche questo molto in fondo. Ora si posiziona seduta fra le mie gambe e la vedo prendere un telecomando.
All’improvviso un orgasmo perfetto mi scoppia dentro.
I due oggetti che mi ha infilato dentro, si muovono di vita propria.
I miei umori escono copiosamente da tutti e due i miei pertugi.
Michela mi guarda godere. Non so quanto tempo sia durato. So che ad un certo punto sono svenuta. Mi risveglio con Michela che mi sta chiavando. Non so come faccia. Sono ancora legata al letto e non riesco a vedere bene. La sento penetrarmi lentamente e poi uscire con un membro estremamente lungo. I suoi colpi sono dolci. Io vengo di nuovo.
Sempre con la sua dolcezza, Michela che &egrave uscita dal mio corpo mi fa alzare le gambe. La sento spalmarmi il buchetto con una crema. Adesso appoggia quello che sembra essere il suo membro ad esso e dolcemente lo fa scivolare dentro. Dio! Le poche volte che Bruno, mio marito, ci aveva provato, lo avevo mandato a cagare dicendogli: ‘Fatti inculare tu!’, adesso lei mi sta sodomizzando senza che io dica niente. Anzi non ce ne bisogno. I miei mugolii dicono chiaramente che mi piace.
Quando il suo ventre comincia a sbattere sulle mie natiche il suo andirivieni diventa più veloce e profondo. Dopo un po’ mi sento sbattere violentemente.
Quando raggiungo di nuovo l’orgasmo svengo ancora.
Riapro gli occhi e mi trovo tra le sue braccia. Michela mi sta accarezzando i capelli come si fa con i bambini.
Sento di non essere più legata al letto. La guardo negli occhi con uno sguardo di riconoscenza.
Mi bacia teneramente.
Tento di parlare, ma lei mi zittisce con il suo dito sulle mie labbra.
Tenendomi con la testa appoggiata sul suo seno destro torce il busto, la vedo raddrizzarsi con una bella fragola. La lecca. La inumidisce, me la infila nella figa.
La estrae e ne mangia la punta. La vedo introdurre la metà rimasta nella sua figa e poi me la offre.
La prendo con le labbra e tenendola fra i denti la succhio tutta per estrarre il suo asprigno sapore.
Michela si lascia cadere sul letto.
Io mi tiro su e la guardo. Guardo il cestino di fragole sul comodino. Comincio, una ad una, a ripetere quel suo strano rituale.
Quando le fragole finiscono Michela &egrave fradicia. Dalla figa gli colano abbondanti umori.
Mi guardo intorno e con gli occhi trovo quello che cercavo.
Il cazzo con cui Michela mi ha prima chiavato e poi inculato.
E’ un doppio cazzo. E’ molto grosso dal lato di chi l’indossa e molto lungo dall’altro. E’ dotato anche di cinghie dal lato di chi lo indossa, come uomo.
E’ ancora sporco degli umori precedenti.
Lecco il lato che Michela si era infilato nella figa, un po’ per umidificarlo ed un po’ perché il gesto mi eccita.
Me lo infilo e mi lego le cinghie ai fianchi.
Mi metto a cavalcioni di Michela e glielo metto fra le grandi tette. Accenno quello che una volta Bruno disse chiamarsi una spagnola. Massaggio il finto cazzo con le tette di Michela.
Adesso lo spingo verso l’alto. Mi accorgo che &egrave sporco di me. L’ultima cosa che aveva fatto era stato incularmi. Michela lo vede ed alza la testa fino a riuscirlo a prenderlo in bocca.
Lo lecca e lo succhia come fosse un cazzo vero.
Nei suoi occhi vedo disegnata una libidine profonda.
Scivolo con i fianchi su di lei fino a posizionare il ‘mio’ nuovo cazzo, gli faccio aprire le gambe, lo affondo cercando di essere dolce come lei.
Michela mi sembra che abbia la figa come il burro. L’attrezzo scivola dentro di lei in men che non si dica.
Mi accorgo di non avere la sua abilità a chiavarla. La abbraccio e rotolo sul letto, facendo in modo che lei possa impalarsi da sola su di me.
Michela gradisce. Si tira su e comincia un furioso su e giù.
Io gli manipolo le sue enormi tette come posso.
Viene dopo non molto di questo movimento.
Mi si distende sopra senza uscire.
Mi rotolo di nuovo, rimettendomi di nuovo di sopra.
Dal comodino prendo il tubetto di vasellina che avevo visto. Ne premo un’abbondante dose su due dita della mano e gli ungo il buchetto posteriore.
Michela ha la lussuria disegnata sul viso.
La aiuto a girarsi e la faccio mettere carponi. Mi inginocchio dietro di lei e comincio ad appoggiare il lungo attrezzo al suo buchino.
Mi aiuto con la mano fino a che la realistica cappella non entra. Ungo ancora l’asta del lungo attrezzo ed affondo con dolcezza ma decisione.
Il mio ventre tocca il suo sedere.
Michela ha la testa rivolta in alto e quando si gira verso di me gli vedo saliva uscirgli dal lato destro della bocca.
In questa posizione &egrave più facile l’andirivieni. Comincio ad incularla con vigore.
I suoi occhi sembrano appannati.
Più intensifico il movimento, più lei comincia ad ululare.
Solo ora realizzo di avere anch’io nella figa un cazzo che spinge. Comincio a godere come una matta.
Mi muovo scompostamente.
Michela continua a dire: – Ancora! Ancora….. – Io adesso mi sto scuotendo in un orgasmo che mi sconvolge.
Cadiamo insieme riverse su di un lato.
Non so quanto tempo restiamo così. Io con l’attrezzo nella figa, infilato nel suo culo.
Mi sembra di essere distrutta.
Michela, più abituata di me a queste guerre, lentamente si sfila dal ‘mio’ cazzo.
Si gira e mi bacia dolcemente.
Io lascio che lei mi usi come meglio vuole.
Mi scioglie le cinghie e mi sfila l’attrezzo.
La vedo calarsi fra le mie gambe con la testa e la sento che comincia a raccogliere tutti i miei umori.
Mi rigiro e mi metto in posizione per poterla leccare anch’io.
Facciamo il nostro primo 69.
Questa volta l’orgasmo &egrave dolce. Quando abbiamo finito siamo completamente sfinite.
Ci addormentiamo nude, una tra le braccia dell’altra.
Sono le cinque che lo stimolo della vescica mi impone di andare in bagno.
Anche la mia compagna &egrave sveglia. Quando capisce che sto andando in bagno mi raggiunge e mentre sto svuotando la vescica, mi infila la mano fra le gambe e lascia che il getto caldo la colpisca sulla mano.
Io la guardo e quando la vedo estrarre la mano capisco. Vedo che se la lecca avidamente.
Quando ha terminato, mi viene vicino e mi bacia.
Che strano il sapore della pipì.
Dovrebbe farmi schifo, ma niente di lei riesce a non piacermi.
Sono davvero cotta.
Michela lo capisce. Vuole marchiarmi come fossi una cosa sua. Mi prende per mano e mi conduce nella doccia, mi fa mettere in ginocchio, si posiziona e comincia ad orinarmi in faccia.
Non trovo niente di meglio che aprire la bocca.
Ne fa tanta. Credo di averne bevuta parecchia. Ho qualche piccolo conato. Il sapore salato &egrave eccessivo. Michela si inginocchia vicino a me e mi bacia ancora passandomi la sua saliva che addolcisce la mia bocca.
Ora mi tiene fra le braccia come se fossi una cosa sua. Quasi una bambola.
Quasi timorosa gli chiedo:
– E’ così che fanno le lesbiche?
Michela mi sorride.
– No! Così fanno le lesbiche che si innamorano. Scusami. Ti ho voluto marchiare con qualcosa che nessun altro ti ha mai dato. Sonia, mi sono innamorata di te. – ad un mio accenno di risposta mi ferma con una mano e continua ‘ Era da tanto che non mi innamoravo di qualcuno. Non so come andrà a finire. Tu non sei lesbica. Non ti preoccupare. Al massimo puoi essere considerata una bisex. Cercherò di non essere invadente o gelosa. Quando vorrai avere uomini non ti romperò le scatole. Ti prego solo, fintanto che sei con me, non andare con altre donne. E’ l’unica cosa condizione che ti pongo.
La guardo negli occhi. Credo che il mio viso esprima tutta la mia gioia del momento:
– Non ci sarà alcuna altra donna, e per ora neanche altri uomini.
– No! Non fare promesse che non manterresti.
Mi fa lei interrompendomi.
– Non ti faccio promesse per il futuro. Adesso ti dico che mi basti abbondantemente. Era da molto prima che mi separassi che non avevo rapporti sessuali con nessuno. Non mi ero nemmeno mai masturbata per la vergogna.
Mentre dico ciò le guance mi diventano rosse. Michela mi accarezza e mi fa:
– Quello invece dovrai farlo molto spesso. Ricorda più solleciti il godimento, più ti viene voglia di godere. Per aiutarti ti ho portato un paio di giocattolini.
Dicendo così esce dalla doccia e torna con tre pacchetti. Anche io esco dalla doccia, ma sento l’odore della sua orina su di me. Penso che se mi butto sul letto sporcherò tutto.
Allora glieli lascio posare sul mobile del bagno e la tiro di nuovo in doccia. Apro l’acqua e comincio ad insaponare prima lei e poi me.
Quando finiamo di lavarci gli porgo il mio accappatoio ed io mi asciugo con un telo da bagno.
Poi andiamo in cucina, accendo la macchina del caff&egrave e mentre si scalda apro i pacchetti. Il più grande &egrave un bel cazzo. Proprio bello e ben fatto. Michela me lo toglie di mano per farmi vedere come si mettono le batterie e come funziona; il secondo sono due palline cinesi che si infilano nella figa. Anche queste vanno a batteria; il terzo una strana cosa che mi spiega essere una molletta vibrante che si mette sulla clitoride. Mi fa vedere come si indossa e l’accende. Se non la fermo subito riprendo a godere come una matta.
La ringrazio dei regali e gli dico che io non ho pensato a niente.
Lei invece, guardandomi teneramente negli occhi, mi dice che il regalo più bello sono stato proprio io.
Ancora arrossisco. Preparo un’abbondante colazione per tutte e due. Faccio mangiare anche Birillo e proprio in questo momento mi sovviene che se devo assentarmi in trasferta non so come fare ne per quanti giorni Birillo possa restare da solo.
Michela si offre di ospitarlo a casa sua.
Ci mettiamo d’accordo che glielo porto stasera a casa.
Poi mi chiede il mio passaporto e mi dice, se ne ho la necessità, di fare altri acquisti di completi intimi come quello che ho indossato ieri sera perché in Giappone ne consumerò molti. Insieme ridiamo.
Stare con lei &egrave bello anche quando non facciamo l’amore.
Alle sette e mezzo partiamo per il lavoro.
Mentre ci salutiamo mi dice:
– Se non riusciamo a vederci per i tuoi impegni ci vediamo stasera da me. Questo e l’indirizzo:
E mi porge un bel biglietto da visita.
Lo bacio come fosse un santino e lo metto in borsa.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni.

Arrivo al garage dell’ufficio alla solita ora. Non riesco a vedere l’auto di Michela perché c’&egrave un gran traffico.
Mi avvio verso l’atrio, quando mi ricordo che non devo timbrare. Sto per dirigermi verso gli ascensori che Marco, il capo degli uscieri mi chiama:
– Dottoressa! Dottoressa Crema!
Mi giro e lo guardo sorpresa:
– Marco, scusa, ma non ci davamo del tu?
– Bhe! Mi hanno comunicato che lei adesso &egrave Dirigente’.
Con un tono alquanto risentito gli dico:
– Premesso che &egrave solo un incarico da Dirigente e non sono Dirigente. Ma poi, essere Dirigenti vuol dire non avere più amici?
Lui un po’ in imbarazzo mi dice:
– Scusa, non sapevo come comportarmi.
– Come al solito. Non fare lo scemo con me.
Lo apostrofo sorridendo. Lui rinfrancato mi dice:
– Allora, Sonia, devi passare subito in amministrazione. E complimenti.
– Grazie Marco. Ci vediamo.
Vado verso l’ascensore. Premo il bottone del sesto piano e salgo in amministrazione.
Quando entro nel vasto salone, una ragazzetta che non ho mai visto, che si vede lontano un miglio che sta verificando se sono io quella sulla foto che gli hanno dato in mano, &egrave titubante se rivolgersi a me o no.
Allora per far prima gli dico:
– Buongiorno. Sono Sonia Crema.
Arrossendo per essere stata colta in fallo, la ragazzetta, con voce stentorea mi fa:
– Buongiorno Dottoressa. La stavo aspettando. Mi segua, il responsabile delle Risorse Umane la attende.
Con un bizzarro passo da cavallina, la ragazza mi precede verso il fondo del salone fin davanti ad una porta che appare massiccia.
Suona sul campanello che &egrave al lato, ed al comparire del segnale verde si intrufola lasciandomi sola da fuori.
Pochi attimi ed esce aprendo completamente la porta e mi fa strada annunciandomi:
– La Dottoressa Crema.
Un bell’uomo, brizzolato, moro di carnagione. Molto più alto di me, sarà un metro e novanta, si alza dalla sua immensa scrivania, gira attorno e mi viene incontro con un ampio sorriso.
– Buongiorno Dottoressa Crema.
Lo squadro da capo a piedi. Un bel fisico, asciutto. Avrà una sessantina d’anni portati bene.
Mi stringe con vigore la mano ed io, preparata all’evenienza, restituisco con pari vigore.
– Benvenuta a questa piccola cerimonia che l’Azienda vuole offrirle. Oggi le viene assegnato un incarico Dirigenziale che può preludere ad importanti aspettative per la sua vita professionale.
– La ringrazio. Dottor????
Faccio da autentica stronza, per sottolineare che non si &egrave presentato.
– Mi scusi. Sono imperdonabile. Sono Alfredo Cinque, il capo del personale. Se non &egrave troppo audace chiederglielo, mi chiami pure Alfredo.
– Grazie Alfredo. Io sono Sonia.
E gli porgo di nuovo la mano.
Lui la stringe e mi indica un bellissimo salotto che &egrave nell’angolo dietro la porta.
Mentre ci sediamo vedo che preme un pulsante sul tavolino.
– Allora Sonia, pronta a provarci. Questa &egrave la prima volta che puntiamo su un interno per assumere un Dirigente. E’ una delle novità che ho preteso di introdurre da quanto ho assunto il mio incarico. Sono convinto che dimostrare che chi merita viene ripagato, favorisca un maggior impegno da parte del personale.
– Sono assolutamente d’accordo con te. E ti ringrazio di questa chance che mi offri. Anche se non so come mai proprio io.
– Beh! Non fare la modesta. A parte il fatto che hai i requisiti come qualsiasi altro Dirigente, ma su di te ci sono numerose segnalazioni di iniziative che hai preso autonomamente per il bene dell’Azienda. E l’Azienda ora vuole ricambiarti.
Sono colpita dal fatto che qualcuno si interessasse a quello che facevo. Ho sempre avuto l’impressione che oltre al compianto Dott. Cantalamessa, che era il mio ex capo, nessuno si interessasse della mia stessa esistenza.
– Grazie, Alfredo. Cercherò di fare meglio che posso. Anche se ad essere sinceri, mi sento un gran peso sulle spalle.
– E’ giusto che tu lo senta. La responsabilità &egrave una delle doti necessarie per riuscire ad essere davvero un Dirigente.
In quel momento entro la sua Segretaria con un vassoio con due fumanti caff&egrave che prendiamo mentre lui mi spiega.
– Stamattina dovrai perdere un po’ di ore con Maria, la mia Segretaria. Lei ti spiegherà tutto sulla tua funzione. Sia la parte burocratica, che quella reale. Ti dico così perché all’inizio penserai di essere entrata a far parte di un gruppo di svitati burocrati che passano il tempo a scrivere report oppure a fare budget. Vedrai che Maria ti sarà molto utile. Adesso ti dico subito. Io nutro grandi aspettative in te che sei il mio primo esempio. Per ora, per tutte le tue esigenze rivolgiti a Maria, quando avrai esaurito con successo questo tuo primo incarico vedremo di formalizzare la nomina e ti daremo un’Assistente.
Alzandosi dal divanetto quasi mi sfiora, il suo intenso profumo di maschio mi inebria la mente. Quando mi riprendo vedo la sua mano tesa.
Mi alzo rapidamente, la stringo e ringraziandolo mi allontano seguendo Maria che ha atteso in disparte tutto il tempo.
Maria &egrave una donna tutto di un pezzo. L’ho sempre vista, da lontano, d’estate e d’inverno, sempre in tailleur scuro molto rigoroso e camicia bianca. Una sorta di divisa. Non sorride mai. Ha i capelli bianchi raccolti in uno chignon dietro la nuca. Spessi occhiali con una spessa montatura in osso; un viso che a guardarlo bene ti accorgi che deve avere una pelle morbidissima. Non saprei dire quanti anni ha, ma &egrave sicuramente avanti con gli anni.
Come siamo fuori dall’ufficio di Alfredo, mi accompagna alla sua postazione che &egrave arredata come lei. Gradevole ma spartana.
Adesso che sento la sua voce, anche quella sembra la voce di un ufficiale delle SS tedesche.
Comunque &egrave molto cortese e formale. Passo più di tre ore insieme a lei. Mi vengono descritte tutte le prerogative ed anche i privilegi del ruolo. Vengo messa a conoscenza di come riportare quanto fatto attraverso i report, che sono molto più semplici da fare che spiegarli a qualcuno. Mi vengono indicati tutti i parametri del mio budget, ed infine mi viene rilasciata una tessera che mi qualifica e mi consente l’accesso a tutte le aree riservate ai Dirigenti (parcheggio, mensa, beauty farm ecc.) e per finire una carta di credito che mi spiega posso usare per tutte le spese di cui poi dovrei chiedere il rimborso, e comunque di tutto dovrò consegnare giustificazione.
Quando lascio Maria gli ho già indicato i luoghi dove andrò e su suo suggerimento, per evitare troppe ore di macchina gli ho chiesto di prenotarmi gli alberghi ed il volo aereo open ‘ date e di noleggiarmi una macchina in ogni sede.
Prima di andar via, Maria mi indica un ufficio, non molto grande, con veduta verso il cortile interno, che mi dice sarà la mia base logistica. A questo punto chiama un usciere e mi dice di andare con lui ad indicargli tutto quello che deve portarmi nel nuovo ufficio.
Insieme all’usciere andiamo giù al terzo piano e quando arriviamo vedo che Michela non c’&egrave. Deve essere andata a mangiare. Guardo l’orologio, sono quasi le 14.00.
Per prima cosa svuoto subito l’armadio blindato e seguo i documenti fino a che non li rimetto in un altro armadio (questo addirittura una cassaforte) e poi dico all’usciere di prendere tutto quello che trova al mio posto e portarlo su.
A questo punto penso che potrei andare a mangiare un boccone alla mensa Dirigenti. Così tanto per vedere com’&egrave.
Quando entro, dietro la porta della mensa, scopro di trovarmi in un grande ristorante di lusso.
Alla reception c’&egrave una elegantissima donna che sta consultando un monitor e quando alza la testa mi saluta:
– Buongiorno Dottoressa Crema. Benvenuta nel nostro ristorantino. La faccio subito accomodare.
Evidentemente ha l’accesso alle foto di tutti i Dirigenti per poterli identificare senza chiedergli la tessera. Chiama un giovane cameriere che subito mi accompagna ad un tavolo. Io come imbambolata riesco solo a dirgli:
– Grazie.
Mangio in maniera divina. Un sushi freschissimo, per antipasto, ed una spigola ai ferri che &egrave saporitissima. Una insalatina accompagnata da un fresco chardonnay.
Il conto? Meno di un cappuccino ed una brioche al bar sotto casa.
Vado nel mio nuovo ufficio. Come entro mi giro intorno e cerco di scoprire cosa c’&egrave. Tra le altre cose trovo anche un piccolo frigo bar con diversi generi di conforto.
L’unica cosa che manca &egrave un bagno. Ma in fondo al salone ho visto un cartello con scritto: ‘Toilette Dirigenti’.
Mi seggo al mio posto e chiamo Michela al cellulare.
Gli racconto per filo e per segno tutte le novità. Quando gli racconto di Alfredo, lei commenta che &egrave un famoso ‘conquistador de femme’, io gli dico:
– Si, &egrave proprio un gran bel figo!
Lei, ridendo, commenta che continuo a comportarmi come una cagna in calore.
Poi malvolentieri ci salutiamo e ci diamo appuntamento per la sera.
Comincio a mettere le date alle mie trasferte ed alla fine decido di partire già da dopodomani. Domani starò a casa a prepararmi e così chiamo Maria e gli dico di confermare già le prenotazioni, sia l’aereo che l’albergo. Prima tappa Tricesimo, in Friuli.
Alle sei mi accorgo che &egrave tardissimo. Chiudo tutto e vado via.
Appena arrivo a casa mi infilo subito in doccia e mi do una rinfrescata. Mi vesto in modo elegante, un bel tailleur (giacca pantalone) con sotto solo il tanga ed un reggiseno push up a balconcino. So bene, per averlo già sperimentato che, ad ogni piccolo movimento, i miei seni, stretti verso l’interno per apparire più gonfi, sono visibili ed i miei capezzoli spuntano in maniera provocante da sotto la giacca.
Mi piaccio.
Una splendida collana di perle completa il quadro.
Prendo un sacco chiuso di croccantini di Birillo, due ciotole pulite per mangiare e bere, la sua coperta per dormire.
Si perché il mio cane dorme solo su di una coperta.
Quando sono pronta porto giù la roba, la stivo in bagagliaio e poi torno su a prendere Birillo.
Lui &egrave sempre molto contento quando viene in macchina con me. Si mette con il muso fuori dal finestrino (l’ho aperto di poco per evitare che sporga la testa), e si gode il vento che lo colpisce mentre corriamo.
Arrivo a casa di Michela. Una bella villetta di testa in un fabbricato a schiera. Quando sente abbaiare Birillo, lei apre la porta. Mi viene incontro. Manca poco che ci baciamo in bocca lì, in mezzo al giardino. Birillo gli salta addosso per fargli festa. Lei indossa un bel vestitino cortissimo. Il suo seno sembra voler scoppiare, tanto &egrave stretto dal sottile tessuto del vestitino. Dalla profonda scollatura la visione &egrave celestiale.
Entriamo in casa. Birillo comincia ad annusare dappertutto.
Michela gli mette subito i croccantini e l’acqua, poi prende la copertina e gliela stende in un angolo dietro il divano. Dalla porta d’ingresso non si vede niente.
Poi mi invita in cucina.
Lei in salotto non ha un tavolo per mangiate. In compenso la cucina &egrave immensa.
I mobili bassi sono in muratura con pietre a vista. Le portelle sono in legno massiccio.
La parte superiore &egrave tutta mensole che sono piene di pentole e vasi di varia natura.
La tavola &egrave imbandita in modo rustico ma molto fine.
I ricami della tovaglia sono incantevoli.
Mangiamo uno splendido coniglio alla cacciatora. Lei mi dice che con il pesce non &egrave un granché ma, in compenso, con la carne se la cava abbastanza bene. In effetti la cena &egrave ottima.
Quando abbiamo finito, andiamo in salotto a bere il caff&egrave. Sul divano, finalmente, ci diamo il primo bacio.
A quel punto Michela mi avvisa:
– Guarda che se al tuo ritorno Birillo lo trovi magro non &egrave perché lo tratterò male o non mangerà, ma e che ho previsto per venerdì sera una festicciola con tre amiche mie a cui ho parlato di te e Birillo. Loro volevano provare te, ma gli ho detto che sei caccia privata. In compenso hanno preteso di provare tutte e tre Birillo. Non sono riuscita a dirgli di no.
Ridendo gli dico:
– Beato lui. Io a lavorare come un ‘musso’ e lui a scopare come un matto. Anche tu, poi, che razza di amica. Va beh! Vorrà dire che mi consolerò con i tuoi regalini.
Michela si alza e fa per togliermi la giacca. Io gli fermo la mano e comincio una lenta e sinuosa danza (sono abbastanza brava a ballare) e comincio uno striptease in piena regola. Lei si lascia cadere sul divano. Poi si allunga verso lo stereo e lo mette in funzione. Una sincopata musica si spande per la sala. Prendo il ritmo. Resto in tanga ed il piccolo reggiseno che non copre per niente i miei seni. Michela si solleva la gonna. Si sposta il tanga che ricopre il suo sesso e cominci a masturbarsi. Io continuo sempre più eccitata di esibirmi per lei, la mia lenta danza la fa stare in uno stato di eccitazione continua.
La vedo aprire un cassetto del tavolino che ha vicino al divano ed estrarre un grosso cazzo nero.
Lo infila lentamente dentro di se. La vedo premere il pulsante che &egrave sotto e si lascia cadere sulla schiena. Vedo il giocattolo roteare con ampi movimenti.
Ad ogni giro sento uno strano rumore meccanico.
Mi accarezzo mentre mi tolgo il tanga. Mi avvicino a lei e con meraviglia vedo che lo strano cazzo roteante si &egrave ingrossato, ed ogni volta che sento quello strano rumore si ingrossa un po’ di più.
Michela che intanto si carezza freneticamente la clitoride ha iniziato a godere.
Mi inginocchio fra le sue gambe per vedere meglio l’attrezzo.
Michela si contorce convulsamente. Con una mano di colpo estrae il possente cazzo che ha, nel frattempo, raddoppiato la sua circonferenza.
La sua vulva resta spalancata Lei ha gli ultimi spasmi. Un rivolo di liquido biancastro gli esce e scivola lungo la coscia.
Mi abbasso e lo lecco. E’ molto più aspro dell’altra volta. Provo a saggiare con la mano la consistenza del suo antro spalancato.
Lei adesso &egrave sfinita ed &egrave restata a gambe completamente spalancate.
E’ tutta bagnata. Provo a vedere quanto della mia mano entra in quella profonda caverna e tutto il pugno ci sta tranquillamente, ma ci sarebbe ancora posto. Provo ad infilare le dita dell’altra mano. Sono a quattro, oltre il pugno della mano destra per riempire tutto lo spazio.
Adesso comincia a rilassarsi. Mi guarda con occhio compiacente e tenta di capire cosa mi passa per la testa.
Tolgo le mani. Il suo antro si sta lentamente richiudendo. La lecco con dolcezza. Con la lingua gli avvolgo la clitoride. Continuo con colpi lenti e morbidi. Viene di nuovo , ma in maniera molto più dolce di prima. Il suo venire &egrave sottolineato di piccoli brividi e leggeri tremiti. Quando la lascio lei si abbandona e si addormenta sul divano.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. Sono le tre che lei si sveglia. Io, fino a quell’ora sono stata inginocchiata davanti al divano a contemplare la sua bellezza.
Ho potuto indagare il suo corpo in tutti i particolari più intimi.
Il candore della sua pelle profumata; le piccole lentiggini che il sole le ha evidenziato sul volto; la rossa peluria che le sale fino all’ombelico.
Mi sono ritrovata a rimirare il suo buchetto posteriore con grande curiosità. Non riuscivo a capire come mai lì i suoi peli erano di un blu scuro. Il rosso che partiva dal suo davanti si scuriva fino ad assumere quello stranissimo ed affascinante colore.
Quando la vedo riaprire gli occhi le sorrido.
Anche lei mi regala un bellissimo sorriso.
Mi chiede se ho voglia di godere. Io gli rispondo che mi ha pienamente soddisfatto vedere lei. Anzi, credo che per la prima volta in vita mia, ho provato qualcosa simile al godimento mentre era qualcun altro a godere veramente.
Il suo sguardo sembra ringraziarmi. E’ ancora disfatta per il l’intenso godimento.
Si alza dal divano, mi porge la mano a cui mi attacco per tirarmi su, e mi alzo anch’io.
Insieme andiamo a letto. Ci spogliamo e ci infiliamo sotto le lenzuola senza neanche lavarci. Il suo corpo emana ancora il profumo di sesso che comincia a diventare pesante. Mi piace lo stesso. Abbracciate prendiamo sonno.
Mi sveglio che il sole &egrave alto. Guardo la grande sveglia sul comodino di Michela e vedo che sono le 10. Sento rumori in cucina. Mi alzo e vado di la. Michela sta lavando i piatti di ieri sera. Gli vado alle spalle, la abbraccio stringendola per i seni e la bacio sul collo. Lei gira la testa e mi fa:
– Allora dormigliona, ti sei decisa a svegliarti finalmente?
In quel momento mi sovviene che lei dovrebbe essere al lavoro e glielo chiedo. Lei mi sorride:
– Ho chiamato &egrave ho detto di aver passato una notte insonne per un terribile dolore al ventre.
E mi fa l’occhiolino.
– Bene! ‘ gli dico ‘ Così mi accompagni a fare spese. Domattina parto presto. Ho l’aereo alle sette.
– Ti accompagno io all’aeroporto. ‘ Mi fa lei teneramente.
Intanto finisce di asciugare l’ultima stoviglia.
Si gira, prende una tazza e la mette sul tavolo che &egrave già imbandito per me, apre il forno ed un buon profumo di brioche si leva nella stanza. Io mi seggo a tavola e lascio che lei mi serva la colazione.
Quando si piega a versarmi il latte nella tazza, un meraviglioso profumo di buono si spande dal suo corpo e mi inebria.
Chiudo gli occhi e mi passo la lingua sulle labbra senza pensare a cosa faccio.
Lei se ne &egrave accorta. Poggia la casseruola del latte sul tavolo e mi bacia teneramente.
Il suo profumo contrasta con il mio odore aspro di chi ancora non si &egrave lavata.
Lei da segnali inequivocabili che mi apprezza lo stesso. Mi piace questa intimità.
Si siede vicino a me e mi scruta mentre io in imbarazzo mangio l’abbondante colazione che mi ha preparato.
Quando ho finito lei mi invita in salotto e mi dice:
Ti faccio vedere una cosa.
Mi seggo sul divano mentre lei traffica dentro il mobile del soggiorno. Dopo un po’ mi porge una busta di foto.
Capisco subito di cosa si tratta.
La prima che mi si para avanti, raffigura le sue enormi tette ed un cazzo che ci sta eiaculando sopra.
La sua faccia non si vede. E così per tutte le foto.
In alcune, l’eccessivo quantitativo di sperma sulle sue tette mi lascia sconvolta.
– Ecco ‘ mi dice ‘ succede questo. Poi, sia prima che dopo, gli uomini sono tutti gentilissimi con me. Alla fine viene la tenutaria e mi da il compenso pattuito. Le prime volte tenevo il conto di quanti uomini venivano, poi ho capito che era inutile. Per loro i soldi sono un niente. Non correrebbero il rischio di perdere il divertimento.
Sfoglio più volte le foto. Quando le poggio sul tavolino del salotto mi sento molto accaldata. Gli dico:
– E’ meglio se vado a farmi una doccia fredda. Altrimenti non usciamo.
Lei ride e mi accompagna in bagno. Mi da l’accappatoio pulito ed alcuni asciugamani e mi lascia da sola.
Quando esco dal bagno, la trovo già vestita che si sta truccando.
E’ bella. Ha messo un jeans con una maglietta che tiene a fatica il suo seno.
L’ombelico risulta scoperto e la base della maglietta distante dal suo ventre. Le sue tette gli rendono impossibile richiudersi alla base.
Io rimetto il vestito di ieri sera, ma dalla borsa tiro fuori un top che indosso senza reggiseno.
Usciamo portando anche Birillo con noi.
Per non correre il rischio di incontrare qualcuno dell’azienda, andiamo all’Outlet di Valmontone. Durante la settimana &egrave quasi vuoto.
Ci sono oltre 200 boutique varie. I prezzi abbastanza accessibili.
Dalle 12.30 che siamo arrivate, togliendo il tempo di un trancio di pizza che abbiamo mangiato nel bar del centro commerciale, finiamo i nostri giri che sono le 18.30.
Propongo di passare da casa mia a prendere la valigia che ho già preparato e poi andiamo a mangiare qualcosa.
Alle 20 siamo già a casa di Michela. Lasciamo la valigia, diamo da mangiare a Birillo ed usciamo per andare a mangiare.
Ci allunghiamo a Fiumicino. Un ottimo ristorante di pesce.
Una donna come chef che con il pesce fa miracoli.
Mangiamo molto bene ed anche il vino non ce lo facciamo mancare.
Andando verso casa procediamo ad una velocità molto moderata per evitare che qualche pattuglia della stradale ci fermi per un controllo.
Il tasso alcolemico &egrave notevolmente superiore a quello previsto dalla legge.
Finalmente a casa. Ci rinfreschiamo rapidamente ed andiamo a letto.
Subito le sue mani si appropriano del mio corpo. La sua lingua riprende ad insalivarmi tutto. Dal collo ai capezzoli. L’ombelico, le cosce. Fino ad arrivare finalmente alla mia vulva.
La sua lingua &egrave dolce.
Mi ripropone lo schema dell’altra volta. Quando mi ritiene pronta, si alza, ed indossa il ‘suo’ cazzo. Dopo avermi ‘chiavata’ in maniera instancabile fine a farmi urlare di godimento, mi fa girare e mi fa mettere carponi. Così come avevo fatto io con lei. La sento che mi unge il secondo canale e finalmente mi appoggia la cappella del suo attrezzo.
In questa posizione. una volta che &egrave entrata tutta, il suo movimento diventa selvaggio. L’orgasmo mi coglie di nuovo in maniera devastante. Riprendo conoscenza che mi sta succhiando la clitoride. Credo che mi abbia già fatto un vero &egrave proprio bidet con la lingua.
La lascio fare fino a che vengo ancora una volta. Sono sfinita. La mia amante finalmente si stacca. Viene a baciarmi appassionatamente. La sua bocca sa di me. Lascio che faccia quello che vuole.
Ad un certo punto, letteralmente sfinita, mi addormento.
Dopo quello che mi sembra un attimo, il buon profumo del caff&egrave mi risveglia.
Apro gli occhi e vedo Michela già vestita con una fumante tazzina di caff&egrave seduta vicino a me sul bordo del letto. Gli chiedo:
– Ma che ore sono?
– Le cinque piccola. Abbiamo quasi 40 minuti di strada da fare. Adesso devi proprio alzarti.
Mi tiro su e prendo la tazzina dalle sue mani. Bevo il caff&egrave e mi giro verso di lei:
– Se non mi dai un bacio, non mi alzo!
Faccio con una tono da bambina capricciosa. Lei sorridendo si cala su di me e mi bacia con la sua solita dolcezza.
– Che buona che sei stamattina. ‘ Gli faccio, mentre metto le gambe giù dal letto.
Lei si scosta e mi lascia passare. Vado in bagno e mi preparo. Alle 5.25 siamo in macchina che stiamo partendo seguite dai guaiti di Birillo che sembra aver capito che io sto partendo.
Alle sette in punto l’aereo si alza in volo dalla pista verso Trieste.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. Alle 8.30 ho già ritirato la valigia al tapis roulant e sto cercando il desk del noleggio auto nell’aeroporto di Trieste.
Trovo una signora molto gentile che dopo aver controllato sul computer mi dice:
– Le abbiamo riservato una Toyota Yaris, come richiesto. Ecco, mi firmi questi documenti ‘ e mi porge la cartellina con i documenti già pronti ed una penna, attende che abbia finito, e quindi continua: – queste sono le chiavi; l’auto la trova al parcheggio B3 che trova qui ‘ mostrandomi una piantina dell’aeroporto ‘ la sua &egrave al posto 127. E’ di colore grigio metallizzato.
Ritiro i documenti e le chiavi, ringrazio e trainando la mia valigia mi avvio.
In macchina, come richiesto trovo un navigatore, lo imposto con comune di destinazione Tricesimo, metto l’indirizzo dell’albergo che mi hanno prenotato e parto seguendo le indicazioni.
Arrivo in albergo che sono quasi le undici.
Mi presento, do la carta d’identità al portiere e prendo le chiavi della mia camera.
Il posto &egrave bello. La camera molto ampia ed accogliente. Non mi sento stanca e non sento neanche il bisogno di una doccia. Faccio una pipì, e mi rinfresco sul bidet.
Mi ravvivo il leggero trucco, tiro fuori dalla valigia il mio noteboock e la cartella con il logo aziendale che contiene i fascicoli del personale che incontrerò qui e parto per la prima spedizione.
Parcheggio di fronte alla filiale. Prima di entrare vado ad un bar che &egrave proprio di fronte ed ordino un cappuccino ed una brioche.
Meglio essere in forze. Chissà se avrò il tempo di mangiare.
Vedo un gruppetto di tre persone che stanno bevendo il caff&egrave al banco e chiacchierano amabilmente.
Finisco la colazione, pago ed esco che i tre stanno ancora discutendo di come vanno le campagne acquisti della varie squadre di calcio.
Attraverso la strada che &egrave abbastanza deserta ed entro nella bussola della banca.
C’&egrave uno sportello aperto con sei persone in coda. Mi guardo in giro e non vedo nessun altro. Pazientemente mi metto in coda. Ci vogliono buoni quindici minuti prima che sia il mio turno. Dietro di me ci sono altre quattro persone. Mentre mi avvicino al banco vedo i tre che erano al banco del bar, entrare dalla porta antipanico d’emergenza usando una chiave.
Rumoreggiando si avvicinano alla porta degli uffici che l’impiegata che sta all’interno, apre premendo un pulsante.
La ragazza mi si rivolge poi gentilmente chiedendomi:
– Cosa posso fare per lei?
La squadro con un occhiata severa e gli dico:
– Cerco il Direttore di filiale.
– Eccolo ‘ mi fa indicando il più grosso dei tre uomini che sono rientrati appena in ufficio ‘ &egrave appena rientrato. Può dirmi chi devo dire?
Calcando il tono della voce:
– Gli dica Sonia Crema della Direzione Generale dell’Azienda.
La ragazza diventa paonazza. Balbettando scuse si allontana dallo sportello e va a comunicare al Direttore di filiale che ci sono io.
L’uomo per nulla turbato, dimostrando una buona autostima, si gira, mi guarda con sufficienza e gli dice qualcosa all’orecchio ed entra nel suo ufficio a vista.
La ragazza torna allo sportello e sempre paonazza e balbettando mi dice di entrare dalla porta dove sono entrati i suoi colleghi che me la apre.
La ringrazio con fredda cortesia e mi avvio alla porta. Sento lo scatto mentre sto arrivando. Vado dritta verso l’ufficio del Direttore. Gli altri due, uno ha aperto un altro sportello e l’altro si &egrave messo in back office a sbrigare pratiche, o almeno così sembra.
Entro nell’ufficio e quel personaggio senza nemmeno alzarsi mi indica una sedia di fronte alla scrivania e mi chiede:
– Allora cosa porta un funzionario della Direzione Generale così lontana dalla capitale?
Sempre stando in piedi lo squadro attentamente per valutare il più possibile il personaggio, poi con lenta e studiata calma mi seggo di fronte a lui.
Appoggio il mio pc a terra, Apro la cartellina, studio un attimo le carte che contiene e faccio:
– Lei &egrave il Dottor Strano, vero? ‘ e senza attendere la sua risposta, continuo ‘ Volevo solo accertarmi se le voci erano vere, prima di venirle a comunicarle il suo trasferimento a Catania dal primo del mese prossimo.
L’uomo quasi cade dalla poltrona dove si stava dondolando. Si alza in piedi e la sua faccia assume un colore cianotico. E’ tentato a darmi una reazione istintiva, ma qualche lumicino di buon senso, dentro di lui, lo consiglia ad abbassare le armi.
Si risiede con un grande sforzo e con evidente difficoltà mi risponde:
– Può ripetere per cortesia?
Lo guardo con faccia gelida. Aspetto che la tensione dentro di lui si acuisca ulteriormente e poi, sempre con una lucida calma gli dico:
– Mi ha fatto attendere sette persone il fila, perché lei ed i suoi scagnozzi dovevate bere il caff&egrave tutti insieme. Non potevate andare, che so? Solo in due. O tre o niente. Vero?
Le ultime parole le dico con una leggera alterazione nel timbro della voce, che si sentisse quanto sono incazzata. Poi continuo.
– Ma pazienza per me. Davvero pensa che i nostri clienti debbano aspettare i suoi comodi per essere serviti?
Il Direttore adesso &egrave sgomento. Ha quasi le lacrime agli occhi. Allora io riprendo con una decisione anche eccessiva.
– Da questo momento io occuperò il suo ufficio. Devo sentire i Signori Da Ronch e Besta per decidere il loro futuro. Per la signorina De Belli basta che gli comunichi dove andrà a lavorare. In base al contratto spostamenti entro i cinquanta chilometri non devono essere concordati con i sindacati. Dal primo del mese la filiale &egrave chiusa. Anzi mentre parlo con i suoi collaboratori prepari già un cartello adeguato di avviso.
Adesso l’uomo comincia a preoccuparmi. Il colore del suo viso &egrave quasi verde. Non riesce ad articolare parole. Per evitare ulteriori aggravamenti, mi alzo, apro la porta e gli indico di uscire.
La manovra non sfugge ai suoi collaboratori che cominciano a preoccuparsi per le sue condizioni. Lui lentamente si alza ed esce dalla stanza. Io prendo un foglio con l’elenco del
personale e chiamo:
– Signor Besta?
Quello che sta allo sportello si gira e grida con cipiglio militaresco un chiaro:
– Presente.
– Si accomodi, per cortesia. ‘ gli faccio indicandogli l’ufficio.
Lui guarda il suo capo, guarda il suo collega che più scaltramente si alza, va allo sportello al suo posto e l’invita a venire da me.
Titubante l’uomo entra.
Mi seggo al posto del Direttore, lo invito a sedersi di fronte a me.
Tolgo le carte del padrone di casa da sopra il tavolo e le accumulo su una piccola libreria alla mie spalle.
Sistemo il pc, lo collego alla rete aziendale, lo alimento alla rete per non consumare le batterie, e quando ritengo che sia passato sufficiente tempo da cuocere il mio interlocutore, alzo gli occhi su di lui.
L’uomo &egrave in preda al terrore.
Con un repentino sorriso e con un affabile tono di voce, gli dico:
– Signor Corrado, posso chiamarla così, vero? ‘ al suo accenno di testa, continuo: – si calmi non c’&egrave l’ho con lei. Lei ha la colpa di essere gestito da un incapace. Ma questo non può esserle addebitato.
Besta sembra quasi sollevato dalle mie parole. Anche se secondo me non gli &egrave chiaro il senso di ciò che ho detto.
Allora continuo:
– Vede, come avrà sentito, l’azienda comincia ad avere problemi di esuberi dopo l’ultima fusione.
L’uomo sbianca in viso da far paura.
Imperterrita continuo.
– La sua azienda non vuole però penalizzare più di tanto il suo personale. Si sta valutando la cassa integrazione in deroga per quelli che possono, in un ragionevole lasso di tempo, trovare una nuova collocazione, però per quelli un po’ più anziani, come lei ‘ e lo guardo sottocchio ‘ &egrave più difficile prevedere una simile soluzione.
Aspetto qualche secondo di troppo perché all’uomo comincino a scorrere due grosse lacrime e poi proseguo:
– Avremmo pensato ad una soluzione alternativa al licenziamento. ‘ Ora l’uomo sembra un pesce che guarda la sua esca per infilarsi sull’amo da solo ‘ se ci fosse la sua disponibilità ad un accordo, l’azienda potrebbe chiedere la mobilità lunga. Per questo suo sacrificio saremmo anche disponibili ad un congruo incentivo che non la penalizzi eccessivamente quando andrà in pensione.
L’uomo mi guarda ora come se fosse innamorato di me e muove la testa in un continuo assenso. Io continuo ancora:
– Signor Corrado, le daremmo 50.000 euro oltre la sua liquidazione se accetta la proposta che, mi corre però l’obbligo di dirle, &egrave una proposta irripetibile.
Ormai Besta piange a dirotto dalla commozione.
Aspetto che si calmi appena, poi gli vado vicino ed accarezzandolo sulla testa gli chiedo:
– Pensa di poter accettare un accordo di questo tipo?
Se non lo fermo si mette in ginocchio davanti a me. Non riesco ad impedirgli di baciarmi le mani. Il Direttore ed il suo collega sono ormai esplicitamente girati verso di noi che ci guardano allibiti.
Mi risiedo al posto e trafficando con il pc, completo lo schema di accordo e lo stampo in tre copie.
Vado in sala dove ho visto la stampante, e prima che qualcuno si renda conto ho già recuperato le carte.
Prima di fargliele firmare, all’orecchio gli dico inoltre:
– C’&egrave in fondo, una clausola alla riservatezza che l’impegna a non rivelare ad alcuno i termini del nostro accordo. Ha capito bene?
Lui scuote in cenno d’assenso la testa e firma le tre copie.
Sono le 14,30 che lascio la filiale con i tre accordi firmati e la disponibilità della ragazza ad andare in cassa integrazione con la promessa che, al primo posto che si libera nell’altra filiale della città, lei rientra nel suo paese, senza così essere costretta ad avere un trasferimento, che visti i collegamenti pubblici esistenti, per lei poteva essere molto complicato.
Il pomeriggio lo trascorro a gironzolare per il paese, dopo aver provveduto a mandare via e-mail il mio report giornaliero ed aver parlato con Maria per darle disposizioni per la trasferta di domani: Canale d’Agordo, in Veneto, dove andrò in macchina.
La sera ceno in albergo e durante il pasto mi lascio corteggiare da un buzzurro volgare, ma sicuramente benestante, come l’enorme quantità di oggetti costosi che indossa, a cominciare dal rolex d’oro, lascia intendere.
A fine cena, il buzzurro mi viene ad offrire un cognac al mio tavolo e chiacchieriamo fino a che lui, esplicitamente, mi chiede se mi va di essere ‘sbattuta come Dio comanda’.
Lo guardo con una certa aria di sufficienza e lo studio meglio.
Non &egrave poi così brutto. Anzi, se non fosse per l’abbigliamento che &egrave oscenamente un repertorio di ostentazione di ricchezza di pessimo gusto, non sarebbe niente male. Anche il suo profumo di maschio &egrave niente male. Sa di pulito. Cosa che non guasta. Dopo aver tirato un po’ la corda per giocare e farlo incazzare decido di seguirlo nella sua camera.
Devo dire che si rivela un vero toro da monta. Un cazzo di notevoli dimensioni che utilizza adeguatamente.
Da parte mia non mi risparmio, cominciando con un pompino che definire glorioso può apparire modesto. Quando lui viene, dopo che l’ho stimolato adeguatamente con la bocca e gli ho datto appena due colpi con la mano, il suo primo fiotto di sperma si innalza ad una notevole altezza e mi ricade addosso colpendomi di striscio sul mento, ma abbondantemente sul seno nudo.
L’effetto di quel getto caldo che cade ancora con slancio sul mio petto, manda i miei pensieri, a quanto mi sono promessa di fare in Giappone.
Una violenta scossa di lussuria si impossessa di me.
Mi dico disponibile a ciò che vuole. Dopo che ha saputo che non avevo preservativi, perché non preparata a queste evenienze, l’uomo estraendo dal portafoglio un pacchetto nuovo da 4 profilattici, si ringalluzzisce e mi assale alla grande. Davanti e’. di dietro.
Devo dire che mi ha veramente soddisfatta.
La mia voglia verso la fine era palesemente appagata.
Mentre sentivo che scaricava nel profilattico la sua terza bordata, mi &egrave venuto in mente quante volte Bruno mi avesse supplicato di lasciarglielo infilare di dietro e di come invece io mi sia sempre rifiutata sdegnata.
Una strana sensazione di essere femmina e puttana si impadronisce piacevolmente di me.
Devo dire che a questa sensazione, contribuisce certamente l’assoluta mancanza di paragone fra Bruno e questo tizio, di cui non ho nemmeno capito il nome, e tutto sommato non me ne importa.
Bruno a farla grande era normodotato, questo invece &egrave davvero ben fornito.
Poi ha dato dimostrazione di grande esperienza nell’usarlo alla grande.
Finiamo le nostre performance che mi sento davvero appagata.
Lascio la sua stanza che sono le due di notte con in mano i duecento euro che per forza ha voluto darmi. La cosa mi ha ‘inorgoglito’:
– Cazzo, però, quanto valgo? – Penso dentro di me.
In camera mia, mentre metto via la roba prima di andare a letto, mi accorgo di avere sul cellulare un messaggio di Michela, lo apro e trovo l’invito a richiamarla a qualunque ora.
La chiamo subito. Lei, come sente la mia voce, mi riempie di improperi. Quando finalmente riesco a dirgli che non l’ho chiamata prima perché ero impegnata con uno stallone, lei mi risponde un laconico:
– Che razza di cagna che sei!
E butta giù il telefono. Io ci resto male. Ma non voglio guastarmi il godimento che finora ho provato. Metto il telefono sul comodino e vado a fare una doccia, domattina la richiamerò.
Invece, alle sei in punto il cellulare squilla.
Ancora con la voce impastata dal sonno rispondo. E’ Michela.
– Scusami. Non dovevo. Ma per un attimo mi sono lasciata prendere da una rabbia irrazionale. Sono stata io a dirti che potevi far l’amore con chi volevi purché non fossero donne. Ma &egrave stato più forte di me. Perdonami. Credo di essere gelosa di te……
E lascia in sospeso la frase. Mi tiro su e dopo qualche secondo di silenzio gli dico:
– Si, &egrave vero. Sto diventando proprio una cagna. Ma probabilmente &egrave anche gran parte merito tuo. ‘ dopo un attimo ancora, gli dico ‘ Ti amo.
– Grazie, amore mio.- mi fa con voce morbida – Non riuscivo ad andare a dormire senza sapere cosa ti fosse successo. Ero davvero preoccupata.
Anche se avrei voluto rispondergli che non &egrave mia madre o mio marito, con voce calma gli rispondo invece:
– Hai ragione. E’ colpa mia. Se dovesse capitare ancora ti manderò un sms per avvertirti che ho un puledro al guinzaglio.
Finalmente le sento sorridere.
Chiacchieriamo un po’, gli racconto la mia prima giornata e quando si fa ora che lei deve prepararsi per andare a lavoro ci lasciamo con la promessa di risentirci stasera, a qualsiasi ora.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. Dopo colazione, mi lavo i denti, pago il conto con la carta di credito aziendale e parto per la mia nuova destinazione.
Da questo momento la mia vita quotidiana viene assorbita dagli innumerevoli incontri.
In Veneto ci resto sei giorni, compreso sabato e domenica, per poter incontrare tutti i dipendenti interessati. A Canale d’Agordo la sistemazione non &egrave eccezionale, un buon albergo a tre stelle, però l’ambiente &egrave molto familiare.
I sei giorni volano. Sabato e domenica li dedico a sistemare tutte le schede del personale che devo incontrare la prossima settimana e riepilogare per bene quanto fatto giornalmente negli incontri, e valutare l’andamento delle mie disponibilità di budget: sono ottime.
Dal ritmo che ha preso questo impegno, credo che non ci sarà pace fino a che non saranno terminati gli incontri.
In questa sede, le serate non sono niente male. Essendo in zona turistica tutte le sere ci sono spettacoli od iniziative. Tranne domenica e lunedì che piove, riesco a distrarmi serenamente per rilassarmi senza difficoltà.
Non ho nessuna tentazione e ogni due o tre giorni sfogo la mia tensione con i regalini di Michela, che devo dire raggiungono sufficientemente il loro obiettivo.
Soprattutto il grosso dildo infilato dietro, con le palline cinesi infilate nella vulva, quando lo metto in movimento vibrante e rotante, mi concedono stupefacenti orgasmi solitari.
Dopo il Veneto tocca alla Lombardia, poi al Piemonte, alla Liguria e per finire in Emilia.
Questa Regione la raggiungo con una splendida nuova ‘Giulietta Alfa Romeo’, bianca, con tappezzeria rossa. Sarsina &egrave il posto. Nel pieno dell’Appennino Emiliano. Qui il caldo ha raggiunto livelli preoccupanti. Siamo attorno ai 40′ gradi.
L’albergo non ha neppure l’aria condizionata. Come arrivo in camera mi infilo sotto la doccia. L’acqua &egrave gelida e mi va bene così.
Resto sotto il forte getto fino a che la mia pelle non si &egrave talmente intirizzita dal freddo da farmi tremare.
Indosso l’accappatoio e mi stendo sul letto. Sono le 13.30. Non ho neanche voglia di mangiare. Ordino in camera un cappuccino ed un toast.
Me lo porta una cameriera che deve essere dell’africa centrale. Il suo colore &egrave di un nero talmente intenso che sembra pece, non avevo mai visto nessuno di questo colore.
Parla molto male in italiano e quindi non riesco a sapere nessuna informazione da lei.
Mangio il toast e dopo aver bevuto il cappuccino mi metto nuda sul letto con la finestra spalancata e mi lascio prendere dalla stanchezza e mi abbandono ad un sonno profondo.
Il risveglio avviene per una serie di forti rumori che vengono dalla strada.
Incuriosita vado a vedere alla finestra, mi accorgo che &egrave un cantiere edile che ha ripreso i suoi lavori di scavo per la posa dell’impianto fognario.
Guardo l’orologio e vedo che sono le sedici in punto. Alzo gli occhi dalla strada e mi accorgo che proprio di fronte alla mia finestra c’&egrave una palazzina ed al secondo piano, proprio sopra la mia posizione c’&egrave un ragazzo con il cannocchiale che mi sta squadrando tutta.
Mi ricordo che sono nuda.
Senza dare l’impressione di essere colpita dalla cosa, anche se sapere che c’&egrave un uomo, seppur giovane che mi guarda, mi eccita da morire, rientro ed accosto le ante della finestra quel tanto da coprire la visuale ma non renderla completamente nulla. Nello spazio fra le due ante, ogni volta che passo, guardo sottecchi la finestra di fronte. Ho l’impressione che il ragazzo si stia masturbando. La sola idea mi manda in estasi.
Poi penso che devo andare in filiale a cominciare l’ultimo round di questo maledetto impegno che da ventinove giorni mi tiene lontano da casa e da Michela.
Dio! fra otto giorni dobbiamo partire. Un violenta fitta mi colpisce fra le gambe.
Mi faccio forza e sempre senza chiudere del tutto la finestra mi preparo.
Alle 16.45 sono in filiale. Molto piccola. Uno sportello ed il Direttore.
Qui devo mandare a casa tutti e due. Domani dovrò vedere quelli di un paese vicino che sono altri tre ed ho finito.
Li chiamerò stesso ora dall’ufficio.
Mi presento al Direttore che sembra un povero vecchio rincoglionito. La sola parola licenziamento lo mette in ansia e bisogna che la sua collega gli dia le gocce per calmarlo:
– Fa sempre così quando c’&egrave qualche difficoltà!
Mi dice lei a mo di giustificazione.
Deve avere più di cinquant’anni. Ma non molti. Sembra più vecchia perché &egrave trasandata.
Io faccio finta di non cogliere le sue attenzioni per il suo capo e comincio con lei.
Gli faccio la solita proposta e con sorpresa vedo che a differenza di tutti gli altri lei piange davvero. Seriamente.
Cerco, con una punta d’imbarazzo di confortarla, ma lei ormai &egrave colta dalla disperazione. Chiudo la porta a chiave e cerco di farla calmare. Gli accarezzo la testa e gli dico:
– Mi spieghi perché &egrave così difficile quanto le sto proponendo. So che non &egrave semplice ma in fondo andare in pensione anche con una gratifica non &egrave poi così male. No? Oppure c’&egrave un’altra ragione precisa per reagire così.
Mi guarda con gli occhi pieni di lacrime e mi racconta la sua vicenda.
Il suo capo, circa dodici anni fa, prima di un ictus che l’ha reso irriconoscibile, era un gran dongiovanni e si era approfittato di lei.
Lei se n’era invaghita e diceva che voleva sposarlo. Lui diceva che si, forse, ecc.
Allora lei per forzare la mano ha rotto con il marito. Non aveva figli e suo marito non gli dava più niente e così si &egrave decisa.
Nemmeno un mese dopo lui ha avuto l’ictus. La moglie lo ha fatto prigioniero e lo governa come un povero idiota.
Guardandomi con gli occhi pieni di lacrime, mi fa:
– L’ha visto adesso. Sembra un coglione che cammina. Le giuro che non era così.
Poi mi continua a raccontare che trovandosi a quel punto fuori di casa e senza prospettive, grazie alla banca era riuscita a farsi fare un mutuo, contando di lavorare almeno fino a sessant’anni. Poi con la liquidazione avrebbe chiuso il residuo.
Questa proposta, facendo calcoli a spanne, la lascia scoperta per almeno altri 30 mila euro.
Gli dico di calmarsi e di stare tranquilla. Stanotte ci avrei pensato e avrei cercato un’adeguata soluzione.
La lascio un po’ più rinfrancata. Gli dico che domani mattina, ho chiamato i tre colleghi della filiale dell’altro paese, e dopo aver sentito loro gli darò una risposta.
Faccio entrare il Direttore ed in effetti mi trovo davanti ad un demente. Incapace di pensare mi dice che deve chiedere alla moglie. Lo invito ad andare a casa e portarmi la risposta domani mattina.
Esco dalla banca sopra pensiero.
Mentre arrivo all’albergo che &egrave quasi ora di cena vedo, davanti al portone di fronte un bellissimo ragazzo. Alto, un bel fisico muscoloso, deve essere un giocatore di rugby, capelli biondi su due occhi di un blu mare profondo, profilo statuario.
Lo guardo direttamente negli occhi. Lui prima ha un accenno di rossore sulle gote, poi, come se si imponesse di fare il duro, con un gesto plateale si massaggia il pacco che ha fra le gambe.
E’ istintivo per me guardare dove si sta massaggiando. Un pacco visibilmente gonfio mi manda completamente in tilt.
Attraverso la strada e gli vado vicino.
– Ciao. Sono Sonia ‘ gli dico offrendogli la mano.
Lui &egrave colto da una crisi nervosa che lo fa tremare tutto.
Guardandolo negli occhi, dopo essermi accertata che nessuno sia nei paraggi, lo spingo verso il palazzo e mettendogli la mano sul pacco gli dico:
– Eri tu prima che mi guardavi con il binocolo?
Lui &egrave tutto rosso e non riesce a profferir parola, però annuisce con la testa. Allora riprendo:
– Ve bene, vediamo se questo pacco &egrave vero oppure sei un bluff. Vieni verso le nove in albergo da me. Ti offro il digestivo!
Mi giro e vado sculettando verso l’ingresso dell’albergo.
Vado in camera e la prima cosa che faccio e accarezzarmi violentemente la clitoride. Mi sento tutta bagnata.
Mi do una calmata sotto la provvidenziale doccia, sempre gelata.
Metto un elegante e sexy vestitino e scendo a cenare.
Lascio che i camerieri facciano a gara a chi mi serve per poter godere da vicino della mia scollatura che, quando sono seduta, non nasconde niente delle mie belle tette.
Quando sto bevendo il caff&egrave, vedo nella hall il ragazzo che con fare impacciato, anche se cerca di fare il disinvolto, sta cercando di richiamare la mia attenzione. Gli faccio cenno di venire al mio tavolo.
Gli offro anche a lui un caff&egrave. Comincio a conversare con lui come se ci conoscessimo chissà da quanto.
Quando lo vedo abbastanza sciolto gli dico:
– Allora, andiamo a vedere il bluff?
Lui torna ad essere violentemente rosso in faccia ma annuisce con decisione. Allora gli dico:
– Aspetta, faccio un sms e poi andiamo.
Informo Michela della presenza di un ‘puledro’ e gli scrivo che saprò dirgli dopo.
Lo prendo per mano ed insieme andiamo nella mia camera.
Apro completamente la finestra e vedo che alla sua finestra c’&egrave una piccola folla. Lo guardo con aria interrogativa, e lui con difficoltà ad articolare le parole, riesce a dirmi:
– Mi &egrave scappato con gli amici che ti avevo vista e tutti hanno voluto venire a vedere.
– Bene! ‘ gli faccio io ‘ allora non deludiamoli.
Spengo la luce centrale della stanza ed accendo una abajour che c’&egrave sul comodino, apro ancora di più la finestra e comincio a slacciargli il jeans.
Gli tiro su la maglietta e lo lascio in mutande. Mi inginocchio davanti a lui e comincio con golosità a fargliele scendere.
Una enorme cappella emerge dall’indumento.
E’ lucida e piena di umori, ma soprattutto &egrave mostruosamente grande.
La mia testa come con un riflesso condizionato mi porta ad annusare quel ben di Dio.
Il suo odore &egrave quello tipico di chi si &egrave lavato solo la mattina e basta.
Acre, mi fa andare in calore subito.
Faccio scendere un altro po’ le mutande.
Ingoio la cappella. Faccio fatica a farla entrare in bocca.
Ormai, il suo indumento ha scoperto tutto.
L’asta &egrave lunghissima. Non credo di avere mai immaginato una cazzo così grosso e così lungo.
Ma soprattutto &egrave bello. Nel suo profumo di piscio. Sembra vibrare dall’eccitazione.
Lo lecco per tutta la sua lunghezza. Poi torno ad avvolgere la cappella con le labbra e la faccio scomparire dentro la mia bocca.
Il ragazzo sta per venire. Non voglio che mi venga in bocca. Esco e gli lecco lo scroto.
Mentre muovo la lingua riesco a chiedergli.
– Come ti chiami.
Mentre il primo fiotto scatta verso l’alto, lui con la testa tutta ripiegata all’indietro, grida:
– Claudio. Claudio. – e poi sempre a voce più bassa continua a dire lo stesso nome.
Il suo sperma &egrave ricaduto tutto sulla mie tette.
Lascio che completi l’eiaculazione. Lo scappello per vedere se esce qualche altra goccia.
Il mostro &egrave ancora duro come il marmo.
Mi rialzo. Vado a chiudere le imposte, ma lo faccio solo dopo aver salutato con la mano il gruppo di spettatori che si &egrave accalcato alla finestra.
Prendo per mano Claudio e lo porto con me nel letto.
Gli faccio leccare il suo sperma. Anche se non vorrebbe, si vede che gli fa schifo, lui pur di non contrariarmi lecca tutta. Decido di dargli un premio. Mi metto a pecorina sul letto e gli dico: – Entrami dentro.
Lui non se lo fa ripetere. Il suo andirivieni &egrave come un martello pneumatico.
Riesco a raggiungere due orgasmi prima che lui venga dentro di me. Non me ne frega niente, ho cominciato a prendere la pillola da qualche tempo per regolare il mio ciclo che non &egrave perfetto, per il resto la mia eccitazione mi porta a non pensare ad altro.
Quando ha terminato, mi lascio scivolare sul letto e mi giro verso di lui. Con sorpresa vedo che lo scettro &egrave ancora bello alto.
Allora per prenderlo un po’ in giro gli chiedo:
– Ma da quanto tempo non ti facevi una sega? Ragazzo.
Lui arrossisce. Lo vedo in difficoltà. E’ un timidone.
Lo tiro per il braccio vicino a me e gli dico nell’orecchio:
– Vai a vedere se i tuoi amici sono ancora lì.
Lui scivola dal letto, apre un po’ le imposte e mi dice:
– Si! Sono ancora tutti lì!
Allora gli faccio:
– Che ne dici se gli diamo una bella occasione per farsi una bella sega guardando noi?
Lui scuote in segno di affermazione la sua bella testa bionda.
Gli faccio segno di aprire le imposte e gli dico di venire vicino a me.
Scruto fuori e vedo che la loro &egrave l’unica finestra aperta che da segnali di vita. Accendo la luce centrale e mi metto a novanta gradi con le mani appoggiate sul letto:
– Leccami il buco del culo.
Faccio al giovane con voce roca.
Sono letteralmente arrapata per la situazione. Mostrami a tanti ragazzi mi eccita da morire.
Diligentemente lui si mette a raspare con la lingua attorno l mio buchino.
– Cerca di entrarci. ‘ Gli dico sempre più infoiata.
Dalla finestra di fronte arrivano urla e grida scomposte.
Lui arrotola la lingua e ci prova riuscendo a metterne un bel po’ dentro.
– Prendi un po’ della tuo sborra dalla mia fica e cerca di ungermi bene.
Lui segue sempre con grande dedizione tutte le mie istruzioni.
La nostra posizione &egrave chiaramente visibile dalla finestra di fronte.
– Comincia ad infilare più dita che puoi e falle girare dentro di me per allargarmi.
Lo stronzo come niente fosse mi infila tutte e cinque le dita insieme. Il dolore &egrave fortissimo. Ma l’eccitazione di più. Resisto.
Quando sento che le pareti del mio ano sono diventate cedevoli gli dico solo:
– Adesso.
Lesto, Claudio, si alza in piedi dietro di me, reggendosi il cazzo con le due mani lo appoggia sul buchetto.
Uno, due, tre colpi micidiale. E’ tutto dentro di me.
Sento le sue grosse palle scivolarmi sulla figa.
Lui ricomincia, con lo stesso ritmo di prima a trapanarmi il culo.
Vengo quasi subito. Anche lui.
Mi inonda letteralmente tutto il retto.
Quando esce, finalmente sento la sua voce:
– Posso fotografare il tuo culo con il telefonino?
Giro la testa e vedo la sua faccia stravolta dalla lussuria.
– Si. Ma non prendere il mio viso.
Gli rispondo con voce roca.
Giro la faccia. Sento diversi scatti. Lentamente sento il mio ano richiudersi.
Mi rigiro e mi siedo sul letto. Il culo mi fa male.
Guardo quel giovane che si &egrave dimostrato una potente macchina del sesso e gli dico:
– E’ ora di andare a dormire, piccolo. Domani ho un’altra giornata di duro lavoro.
Lui quasi scusandosi, prova a dirmi:
– Non &egrave che domani sera avresti ancora voglia?
Gli sorrido e scuoto la testa.
– Domani finisco il mio lavoro qui e poi subito devo ripartire.
Lo vedo rabbuiarsi. Allora per tirargli su il morale gli dico:
– Dai, &egrave stato bello. Da domani ne avrai da raccontare a quei segaioli dei tuoi amici.
Lui fa un sorriso accennato e mi viene a dare un bacio sulla guancia ed esce dalla mia stanza.
Chiudo le imposte e do un ultima occhiata al gruppo di amici sulla finestra e poi vado in doccia a prepararmi per la notte.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. Prima di andare a letto, faccio il mio dettagliato rapporto, come ogni sera, a Michela.
Lei mi dice che si sta masturbando pensando al mio ritorno.
Giochiamo ancora un poco e poi ci salutiamo e finalmente vado a dormire. E’ l’una passata.
Mi risveglio con il suono della sveglia che ho l’impressione vada avanti da diverso tempo.
A fatica mi tiro su.
Mi ricordo che al primo ho dato appuntamento alle otto e trenta e quindi mi devo muovere.
Arrivo puntuale in ufficio, ma devo ancora fare colazione. Trovo l’interessato già in ufficio. Gli chiedo se ha voglia di venire con me a fare colazione. Lui non sa perché deve vedermi ed equivoca grossolanamente, mi dice che sarà un piacere offrirmi la colazione, con un grande sorriso stampato sul viso.
Si crede dongiovanni. Basso, grassottello, con una vasta chierica in testa che sembra un campo d’atterraggio.
Due baffetti inutili.
Lo guardo dall’alto in basso e gli dico che &egrave meglio se ci mettiamo subito al lavoro.
Lui ridiventa serio e cominciamo la giornata.
Finisco anche con il terzo che sono le 11.30.
Andato via l’ultimo di quelli venuti da fuori, chiamo il Direttore e con lui, contrariamente a tutti gli altri direttori, meno quello stronzo di Tricesimo a cui avevo dato 50 mila euro, do 70 mila euro, invece dei cento che ho dato agli altri.
Lui firma subito senza discutere perché la moglie gli ha detto che andava bene. Tanto al lavoro non combina niente ed anzi lei &egrave costretta a vestirlo e lavarlo per farlo sembrare una persona normale.
Senza conoscerla, odio quella donna.
Comunque, i 30 mila euro che ho risparmiato da lui, li do alla sua collaboratrice che prende così 80 mila euro. Vado via che lei piange di felicità.
– Cazzo! Ma certe persone non sanno fare altro che piangere!
Penso dentro di me, mentre velocemente mi dirigo verso l’aeroporto di Bologna.
Alle 13.00 c’&egrave un volo.
Riesco a prenderlo per un soffio.
Alle 14.20, a FIUMICINO, sono in coda per prendere un taxi.
Vado diritta in ufficio con la scusa di lasciare subito i resoconti, ma non manco di farmi vedere da Michela e segnalargli che l’aspetto quando finisce il suo orario.
Io sono senza macchina.
Vado nel mio nuovo ufficio, scarico tutte le tabelle dei conteggi; metto in ordine tutti i verbali d’accordo che abbiamo sottoscritto e preparo la relazione finale.
Ho speso poco più del 50% del budget che mi era stato assegnato.
Quando tutto e pronto chiamo Maria e dopo averla salutata gli lascio l’incarico di consegnare il tutto ai vari uffici interessati.
Lei raccoglie tutto quanto mettendoselo in ordine sulle braccia che tiene stese e mi fa:
– Il Dott. Cinque vorrebbe vederla. Se ha la possibilità di passare da lui.
Mi dice con un perfido sorriso stampato sulle labbra.
Capisco da sola che sarebbe scortese non andare a salutarlo, gli faccio segno di assenso con la testa e mi dirigo verso l’ufficio di Alfredo.
Busso, appena compare la luce verde entro.
Come mi vede, Alfredo si alza e mi viene incontro.
– Complimenti Sonia! La sua performance &egrave stata straordinaria. Mai al primo incarico c’&egrave stato qualcuno capace di fare come lei. Lei ha davvero la stoffa del Dirigente.
Gli sorrido e gli tendo la mano per una stretta energica che ci scambiamo reciprocamente.
– Ho fatto del mio meglio. Dott. Scusa, volevo dire Alfredo.
Anche lui mi sorride:
– Ho seguito giornalmente i tuoi rapporti e non riuscivo a credere quanto leggevo. Sei stata davvero brava. Se sei d’accordo ti proporrei subito per l’assegnazione della qualifica.
Pensando a Michela ed al viaggio che dobbiamo fare, e non volendo crearmi difficoltà subito, mi metto a fare la civettuola.
Facendo mossette con la bocca stretta a culo di gallina, gli faccio:
– Oddio! Alfredo, avevo programmato da oltre un anno un viaggio in Giappone con un’amica. Mi dispiacerebbe tanto doverci rinunciare. E poi, sono talmente stanca per la lunga permanenza lontano da casa. E sapessi, a volte in luoghi indicibili.
Sbattendo le sopracciglia mi fermo ad attendere una sua reazione. Non si fa aspettare:
– Ma si! Figurati. Ti meriti una vacanza. Ok. Adesso siamo al 27 di luglio, facciamo che la nomina la prevediamo per il primo settembre, così ti fai una bella, meritata, vacanza. Ti va bene?
Lo guardo con un atteggiamento da oca giuliva:
– Grazie Alfredo. Sei meraviglio. Sarà un piacere lavorare per te.
– Volevi dire lavorare con me? Vero, signora Dirigente.
Ed insieme scoppiamo a ridere.
Lo saluto come fosse un vecchio amico e mi sfilo dalla sua stanza.
Nel mio ufficio leggo un po’ di posta e fra le e-mail ne trovo una che mi riempie di improperi.
Dandomi della puttana che per far carriera distrugge i colleghi e così via.
Immagino che sia il Direttore della filiale di Tricesimo. La stampo, la metto nella cassaforte blindata con tutti gli estremi, la salvo sul p.c. e poi me ne fotto.
Guardo l’orologio e vedo che fra dieci minuti Michela finisce.
Metto in ordine la mia scrivania, chiudo la porta e mi avvio verso il garage.
Come arriva, prima ancora di salutarmi, sale in macchina, mi fa salire, mette in moto e parte.
Come usciamo dal garage si butta subito lungo la strada principale, senza dire una parola.
Non so cosa pensare. La guardo senza capire.
Finalmente usciamo dal centro. Prende la via del mare e corre. Corre tanto.
Abbastanza presto arriviamo a casa sua.
Parcheggia, scende e corre ad aprire la porta. Birillo mi viene incontro facendomi le feste.
Come entro, con Birillo che mi lecca dappertutto, mi sento prendere per le spalle e spingere a terra. Lei mi salta addosso e comincia a baciarmi appassionatamente.
La sua lingua scava nella mia bocca come impazzita.
Finalmente, dopo diverso tempo che continua a rovistare nella mia bocca, si ferma, mi guarda e mi dice:
– Non ce la facevo più. Ho bisogno di te. Amore mio.
A questo punto tocca a me. L’abbraccio di nuovo e la bacio teneramente. Poi gli dico:
– Anch’io non ce la facevo più a stare lontana da te.
Ci alziamo e lei mi accompagna in bagno. Mi accorgo che ha portato dentro la mia valigia e la sta aprendo.
La vedo tirare fuori la biancheria sporca e la mette nella lavatrice:
– Bisogna cominciare a prepararsi per il viaggio.
Mi dice, facendomi l’occhiolino.
Allora io, rivolgendomi a Birillo che si era tenuto in disparte, gli faccio:
– E tu ti sei comportato bene piccolino?
Birillo mi salta letteralmente addosso. Mi lecca la faccia e poi si intrufola con la testa in mezzo alle mie gambe. Devo stringerle con forza perché lui non riesca ad aprirmele.
– Ma che cazzo! Sei diventato un violentatore. Cosa ti ha insegnato questa zia perversa.
Michela che intanto ha messo in moto la lavatrice, mi fa:
– Sapessi che puttaniere che &egrave diventato.
– Lo vedo. Direi.
– Questo &egrave niente. Pensa che adesso non gli basta chiavare, vuole inculare e farsi fare pompini. Quello poi lo adora.
La guardo divertita.
– Ma davvero, cosa cazzo gli avete fatto fare.
– Tutto. Le mie amiche sono proprio gran porche. Hanno voluto tutto da sta povera bestia. Pensa che Geltrude quando si &egrave fatta inculare non voleva più farlo uscire. Lui era venuto e voleva andare via, lei niente. se lo teneva attaccato al culo come non so cosa.
Io rido e scuoto la testa.
– Ma che razza di gente frequenti.
– Quasi tutta come te! Cara la mia troiona, che si fa sbattere dal primo che gli mostra il pacco.
Alludendo a Claudio. Il ragazzo di Sarsina.
– Poi, dando anche spettacolo. Noi almeno lo facciamo discretamente fra di noi. Lei no. Deve dare spettacolo. Vedrai che prima o poi te lo do io lo spettacolo.
E mi salta addosso cominciando a spogliarmi.
Mi difendo e riesco a liberarmi.
– Devo rinfrescarmi un po’. E’ da stamattina che corro.
Faccio a mo di scuse. Michela mi prende per mano, finisce di spogliarmi e mi porta sotto la doccia.
Mi lava con accurata dedizione. Mi insapona, mi sciacqua ed infine mi asciuga.
Mi da un bacio e dice:
– Adesso ceniamo. E’ già tutto pronto.
– Come hai fatto. Siamo appena arrivate?
– Una delle ragazze, Carla, fa la cuoca di lavoro, gli ho chiesto di pensarci lei. Non so neppure cos’abbia preparato.
Ce ne andiamo nella sua cucina che &egrave preparata con un bellissimo gusto. Il profumo che si espande nell’aria &egrave di pesce fresco. Sa di buono.
Cominciamo seguendo una traccia scritta da Carla.
Gli antipasti crudi li troviamo in frigo. Quelli caldi nel forno.
Un cartoccio enorme &egrave sulla griglia inferiore del forno. Quando lo apriamo, il profumo del mare riempie la stanza.
Una spigola superba con frutti di mare e crostacei (gamberi e scampi).
In frigo troviamo anche due bottiglie di Greco di tufo che vuotiamo durante la cena.
Alla fine samio satolle. Guardo Michela e gli dico:
– Dopo una cena come questa e difficile pensare di mettersi a fare l’amore.
– Subito no! – Mi fa lei sorniona ‘ Però appena ho finito la digestione ti distruggo.
Alle due di notte mi sveglio con la sua lingua che mi da lunghi brividi correndo sulla mia schiena nuda.
Mi giro e vedo la lussuria disegnata sul suo viso. L’abbraccio e la bacio.
La stendo sul letto e comincio a leccarla tutta.
La bocca, le orecchie, il collo, i seni e così via, fino ad arrivare al suo scrigno.
Mi tuffo nel suo dolce sapore con la voglia che comincia ad ottenebrare il mio cervello.
La scopro completamente depilata ed ornata da suna grande S fatta con i suoi peli subito sopra la clitorise.
La sua pelle &egrave bianchissima.
Curiosa la guardo dando lunghe leccate tutta la sua vulva.
La faccio girare. Anche tutto il folto pelo scuro che ornava il suo buchino &egrave scomparso.
Sulla parte interna della chiappa destra c’&egrave tatuato il mio nome, sulla altra un cuore trafitto.
Sono ammaliata dalla sorpresa. Lecco tutto il tatuaggio e scendo sul buchetto con la lingua.
La insalivo abbondantemente e cerco di penetrarla. Buona parte della mia lingua si infila nel suo pertugio.
Ora gli infilo un dito che ho insalivato per ridurre l’attrito.
Poi, quando la sento bella morbida, infilo un’altro dito. Vado avanti finche non sono con tutte e cinque le dita a cuneo che girano dentro il suo culo.
Michela, trascinandosi sul letto riesce ad arrivare con il braccio sinistro vicino al comodino, lo apre, tira fuori un tubetto di vasellina, me lo sporge.
Capisco cosa vuole. Sempre con la mano destra che ruota dentro di lei con la sinistra, tenendo il cappuccio del tubetto stretto fra i denti, apro il tubetto e faccio fuoriuscire la crema sulle nocche della mia mano destra. Con la mano sinistra lo spalmo tutto attorno al’altra mano.
Tiro un po fuori la destra e lascio che la vasellina si depositi sul tratto che finora era dentro di lei.
Adesso riprendo a spingere e ruotare dentro di lei. La mia mano va molto più speditamente. Le pareti del suo ano diventano più cedevoli.
Ci metto, credo, un buon quarto d’ora per infilare tutta la mano dentro di lei.
Michela &egrave squassata dall’orgasmo.
Io adesso sono in uno stato di assoluta nebbia nel mio cervello. Mi muovo senza sapere cosa faccio.
Mentre continuo a fottergli con decisione il dietro, la mia mano sinistra ha cominciato ad intrufolarsi sul suo davanti.
Riprendo la vaselina ed ungo bene anche la mano sinistra.
Non ci vuole molto che allo specchio vedo una scena che mi fa godere solo guardandola.
Michela, inginocchio sul letto, con la testa affondata sul cuscino ed il sedere alto. Io, piegata sotto di lei che gli riempio completamente con le mie mani tutte e due i suoi buchi.
Quando mi fermo, mi rendo conto che Michela &egrave svenuta dal godimento.
Estraggo le mani mentre sta così, rilassata ed esanime.
Ambedue le mani sembrano tappi di champagne quando le estraggo.
Dentro di lei si sentono strani rumori delle sue pareti che cercano di tornare a posto.
Mentre la guardo ormai addormentata profondamente, comincio a leccare le mie mani.
Non mi ricordavo quanto erano buoni i suoi sapori.
Anzi no. Quella che era dietro ha uno strano sapore. Però mi piace perch&egrave so che &egrave suo.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. Mi sveglio che adesso &egrave lei che mi sta leccando la figa.
Credo che abbia cominciato da diverso tempo perch&egrave mi sento già tutta bagnata.
La vedo che si tira su e scivolando sul mio corpo mi viene a baciare.
Mentre scopro il mio sapore nella sua bocca, sento quancosa di enorme che sta tentando di violare la mia intimità.
Cerco di guardare cos’&egrave.
Michela indossa uno strap-on mostruosamente grande.
Sento che se anche a fatica il mostro scivola dentro di me.
– Deve averlo unto con la vasellina. (Penso dentro di me).
Sento che mi avvicina la bocca all’orecchio e con voce roca mi dice:
– Allora troia! Ti piace il cazzo? Vediamo se questo &egrave di tuo gradimento.
Non lo so perch&egrave. Sentire quelle parole mi scatena qualcosa dentro. Allargo più che posso le cosce e lei riesce a scivolare completamente dentro di me.
Sento un dolore atroce al collo dell’utero.
– Ahia! Mi sfondi così.
– Non &egrave quello che vuoi. Puttana?
Guardo i suoi occhi che sono velati da un eccitazione straordinaria.
Lascio che mi violenti abbandonandomi ai suoi colpi. Il rilassarmi mitiga il dolore.
Ben presto sovviene un caldo e profondo piacere.
Comincio ad ansimare. Lei mi pistona con maggior forza:
– Godi puttana. Quanti cazzi sei andata a cercare invece di venire da me. Tieni. Goditi anche questo.
Un violento orgasmo mi scoppia in testa. Comincio a tremare. Dallo strano mostro cominciano ad uscire spruzzi di liquido caldo.
La sensazione &egrave che stia eiaculando dentro di me.
Quando anche l’ultimo spasmo del mio corpo si &egrave quetato, Miche esce dal mio corpo. Prende uno specchio per il trucco che ha sul mobile della camera e mi fa guardare la mia vulva completamente spalancata.
Lasciando lo specchio in bilico sul letto perch&egrave possa continuare a guardarmi mi viene vicino e mi bacia.
– Ti amo, Sonia. Sono innamorata pazza di te.
La guardo e vedo l’amore dipinto sullo stesso viso dove fino a poco fa c’era solo lussuria.
– Tu riesci a farmi perdere il controllo. Era da tanto tempo che non mi succedeva. Non c’&egrave nessuna lesbica che riesca a darmi le sensazioni che mi dai tu. – continua la mia amante.
– Anch’io ti amo. Non so se come mi ami tu. Ma so che non riesco a fare a meno di questo rapporto con te.
Completiamo la notte scambiandoci coccole e parlando del nostro futuro. Michela vorrebbe che andassi a vivere da lei.
Alle cinque gli chiedo se deve andare al lavoro e lei mi dice che si &egrave già messa in ferie per prepararsi alla partenza. Ormai mancano pochi giorni.
Allora ci abbandoniamo ad un sonno profondo fino al pomeriggio inoltrato.
E’ Birillo che ha bisogno di uscire che viene a svegliarci.
Chiedo a Michela se ha pensato a come posso risolvere il problema di Birillo ora che partiamo e lei, ridendo come una matta, mi fa:
– C’&egrave la coda per prendersi il problema, come lo chiami tu.
La guardo con una smorfia che lascia intendere che ho capito. E lei di rimando mi dice:
– Guarda che sono sicura che Birillo sarà contentissimo. Ed anche le mie amiche lo saranno. Lascia che si divertano.
– Ma non farà male a Birillo tutto quel sesso? – domando come se facessi seriamente.
Michela scoppia in una risata di gusto e mi fa: – Prova a chiederglielo.
I giorni volano. Passiamo molte ore a fare shopping di biancheria particolarmente sexy. Anzi per essere onesta, direi proprio da puttane.
Finalmente lunedì arriva.
Di buon ora, in taxi, ci rechiamo all’aeroporto. Per i voli intercontinentali il check ‘ in &egrave molto più lungo e complicato.
Alle quattordici e trenta siamo a bordo. Abbiamo anche fatto in tempo a mangire qualcosa.
All’imbarco ci fanno passare, contrariamente a quasi tutti, dalla scaletta che &egrave sul davanti dell’aereo. Chiedo chiarimenti con lo sguardo e la mia compagna mi risponde:
– Top class. Cara!
Preoccupata la guardo e gli dico:
– Ma quanto ci costa?
– Niente! Tutto pagato dall’organizzazione.
Mi scappa un sorriso. Come siamo a bordo tutto il personale &egrave attorno a noi. Tre stuart e cinque hostess. Tutto il personale dedicato alla top class.
Non &egrave che ci siano molti viaggiatori.
Tre uomini d’affari giapponesi, una coppia di americani ed un italiano.
Le hostess salutano Michela come una vecchia amica. Fra una frase in inglese ed un’altra, Michela mi dice:
– Me le sono fatte tutte queste troie.
La guardo con due occhi spalancati: – Dove? Mica in volo?
– Si perch&egrave. Il volo &egrave lungo. Sono quasi venti ore di volo. Bisogna pur passare il tempo.
Mi fa lei, facendo gli occhi da santarellina.
– E gli uomini? Ti sei fatta anche quelli, brutta porca?
– No! Quelli no. A quelli basta lasciarli segare sulle mie tette e sono i più felici del mondo. Ma questa volta me la risparmio….. Tanto ci sei tu!
Mi fa guardandomi con occhi perversi. Insieme cominciamo a ridere come due matte.
Il viaggio diventa così, per me, una sorta di allenamento.
Comincia il comandante e finiscono i tre uomini d’affari giapponesi. Il personale di volo gratis, i tre turisti hanno sganciato mille euro a testa. In travel check. Michela mi ha detto che hanno un’ottima convertibilità.
Le hostess hanno fatto a gara a portare Michela in una stanza riservata al personale dove se la sono goduta a turno.
Alle 11 del giorno dopo siamo a Tokyo.
Il ritiro bagagli viene svolto dal personale dell’aereo e noi possiamo andare direttamente alla Limousine che ci attende fuori l’aeroporto.
Il viaggio fino all’albego che ospiterà le nostre performance dura più di un ora in un traffico caotico.
Quando scendiamo siamo accolti dal Direttore dell’albergo in persona che ci guida alla nostra suite.
Michela ha voluto che avessimo un’unica camera insieme. Ma invece di una camera ci hanno dato un vero e proprio appartamento. Anzi una villa. Nel bagno c’&egrave perfino una piscina lunga venti metri.
Finalmente da sole ci possiamo riposare.
Dopo alcune ore di sonno per riequilibrare il fuso orario riceviamo la visita della nostra maitresse.
Ci spiega che la novità dell’esibizione congiunta va bene purch&egrave facciamo precedere l’azione degli ospiti (così l’ha chiamata) da uno spettacolino lesbico che non guasta mai.
Ci dichiariamo assolutamente d’accordo e cominciamo a prepararci.
Non so che ore sono quando facciamo il nostro ingresso.
Un ampio emiciclo di scanni su cui prendono posto un numero notevole di uomini e donne.
All’orecchio Michela mi spiega che gli spettatori pagano il corrispettivo di duecento euro per guardare.
Al centro una pedana ricoperta di velluto rosso. Il nostro ingresso &egrave sottolineato da un fragoroso applauso.
Siamo agghindate come due ragazzine. Mi sento ridicola.
Ho una mini scozzese a quadri blu su fondo rosso. Una camicetta bianca annodata ben sopra l’ombelico, praticamente sotto il seno, senza alcun bottone. Il mio push-up rende visibile appieno le mie belle tette.
Indosso sopra il mio mini tanga una ridicola mutanda da bambina completamente bianca ed alta fino in vita.
Anche Michela &egrave abbigliata come me.
Mi guardo attorno e vedo che l’emiciclo &egrave enorme.
Non riesco a contare quanta gente c’&egrave.
Michela mi prende per mano e mi guida con aria sbarazzina al centro della pedana.
I miei sensi sono acuiti al massimo.
Ogni suo contatto con la mia pelle mi da scariche d’eccitazione.
Mi rendo conto che sono bagnata fra le gambe.
Seguo remissiva Michela, che più esperta mi conduce al centro della pedana.
Cominciamo al ritmo di una dolce musica scambi di carezze che contribuiscono ad aumentare se possibile la mia eccitazione.
Michela scioglie il nodo della mia camicia. Faccio altrettanto con la sua.
Poi apre il gancetto della gonna e mentre mi da una evidentissama linguata in bocca mi fa scendere la gonna.
Per tutta risposta, mentre sgancio la sua gonna mi dedico a leccargli il grosso capezzolo che fuoriesce dal troppo piccolo reggiseno.
Lei si inginocchia ai miei piedi e fingendo di leccarmi la figa mi abbassa i mutandoni. Resto in tanga e con il minuscolo reggiseno che, appena si rialza, la mia amica fa saltare via strappandomelo da dosso.
Le offro un pari trattamento solo leccando davvero la sua figa, spostandogli il tanga.
Restiamo ambedue solo con il minuscolo indumento.
Lei mi prende per mano e mi accompagna sopra due specie di piatti enormi con il bordo e mi aiuta ad inginocchiarmi dentro uno di esso ed anche lei fa lo stesso.
I miei sensi mi avvisano che ci sono altre presenze sul palco. Mi giro appena con la testa e mi accorgo che una lunga fila di uomini nudi sta salendo dietro di noi.
Dall’emiciclo non si leva un bisbiglio. Tutti gli occhi sono per noi.
Due uomini si pongono ai miei lati. Non vedo più Michela, ma suppongo che a lei sta accadendo lo stesso.
Dalla lucidità delle loro coppelle deduco che si stanno masturbando da parecchio tempo; infatti, all’improvviso, come una frustata, il primo schizzo di sperma va a depositarsi con forza sulle mie mammelle sottolineato dall’applauso dell’emiciclo.
Una violenta fitta in mezzo alle gambe mi fa leggermente barcollare. Ecco che arrivano gli spruzzi del secondo.
Non sono un gran ch&egrave. Pochi spruzzi a testa. Ma non fanno in tempo a scostarsi che altri due prendono il loro posto.
Ho un orgasmo così come sono, in ginocchio. In breve mi rendo conto di avere le mammelle ricoperte da una enorme quantità di sperma. Non riesco a capire quanti uomini sono già passati o da quanto tempo andiamo avanti.
Vedo solo che la fila di uomini in attesa &egrave interminabile.
Intravedo che Michela durante i cambi che con le mani si spalma lo sperma dappertutto.
Lo faccio anch’io imitando i suoi lascivi gesti.
La sensazione che provo mi da ancora più piacere. Mi rendo conto di essere in uno stato che &egrave un eufemismo definire insolito.
Sono eccitatissima ma lucida. Riesco a cogliere molti particolari.
Fra tutti mi colpisce come i cazzi che stanno sfilando davanti a me sono piccoli. Quasi tutti più piccoli di quello del mio ex marito che definire normodotato era fargli un complimento.
Ogni tanto però ne compaiono alcuni veramente superbi.
Fu verso la fine della serata che da una grande proboscide. Un cazzo che superava, secondo me, anche i quaranta cm di lunghezza, che venni letteralmente inondata di sperma.
Il fluido usciva come da un idrante. Mi ricoprì completamente tutto il corpo.
La cosa mi scioccò e contemporaneamente mi diede un incommesurabile piacere. Mi sentivo violentata ma allo stesso tempo appagata.
Mi sentivo fradicia in mezzo alle gambe. Se non fosse che lo sperma ormai mi ricopriva tutta si sarebbe vista la grossa chiazza di umidità sul mio minuscolo tanga.
Capii che era finito quando non arrivarono altri cazzi senza volto ad eruttare la loro brodaglia su di me.
Michela mi prende per mano e mi trascina con se.
Vibro tutta. Come siamo nel nostro camerino, fregandosene della presenza della maitresse, Michela mi bacia violentemente in bocca. Con la mano destra si intrufola fra le mie gambe ed entra dentro di me.
L’orgasmo si scarica nel mio corpo vibrante per l’eccitazione, in tutta la sua devastante violenza.
Mi scuote come un manichino sbattuto. La donna ci guarda con curiosità. Michela riesce ad infilare quasi tutta la sua lunga mano dentro di me. Lo fa con violenza. Io faccio di tutto per facilitare il suo compito.
Quando ci riesce mi sommerge un grande calore e perdo i sensi.
Mi sveglio che sono stesa su di un lettino e due bellissime ragazze con gli occhi a mandorla mi stanno pulendo con morbidissime spugne.
Le lascio fare. Godo delle loro carezze.
Quando una mi sfrega il capezzolo destro la reazione &egrave immediata. Diventa rigido come il marmo.
Sento la voce beffarda di Michela che dice:
– Non sei ancora sazia?
Socchiudo gli occhi e la guardo. E’ bellissima. Indossa un elegantissimo kimono rosso con disegni che non riesco a decifrare.
Si abbassa su di me e mi bacia teneramente.
– Come ti &egrave parsa l’esperienza?
Mi sussurra con tono suadente. Io rispondo con voce roca dall’eccitazione:
– La cosa più impressionante che mi sia capitata. Ma &egrave stato bellissimo.
– Anche per me &egrave stata così la prima volta.
Mi confida la mia amica.
– Adesso tirati su che andiamo a cena. La maitresse vuole farti una proposta.
Mi tiro su sui gomito e la guardo con aria interrogativa. Lei eludendo il mio chiaro segnale mi fa:
Dopo. Dopo. Adesso andiamo a mangiare che ho una fame da lupi.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. Mangiamo come due lupe affamate. Quando ci servono al posto del caff&egrave un sak&egrave caldo la maitresse viene a sedersi vicino a noi.
Rivolgendosi a Michela, per rispetto nei miei confronti, in quanto ancora non mi conosce, le chiede in un buon inglese che riesco a comprendere abbastanza, se io sono disponibile a servizi particolari.
Con pazienza Michela mi spiega che i più ricchi non amano confondersi fra la folla e dopo aver assistito alle performance nell’emiciclo, se interessati a chi si esibisce, chiedono la disponibilità ad incontri più o meno privati.
A volte allargato ad amici e conoscenti.
Io dico che si può fare, però voglio sapere cosa ho guadagnato stasera.
Michela ridendo come una matta spiega la mia richiesta alla maitresse e lei, con un atteggiamento compito e professionale chiede se deve fare conti separati o può dividere per due.
Io dico che per me si può tranquillamente dividere per due. Con atteggiamento materno Michela mi spiega che così ci rimetterò, in quanto sono io la novità.
Ma io insisto, così decidiamo di dividere tutto per due.
La maitresse allora guardandomi negli occhi, fa con un italiano stentato:
– Sono 137.000 euro. A testa.
Guardo esterrefatta Michela a cui brillano gli occhi.
– Tutti questi soldi? Ma quanti cazzo erano?
– Tanti.
Mi fa Michela sorridendo.
Approfitto della discussione per chiedere poi come funzionano i tempi.
Anche perch&egrave non mi rendo neanche conto di che ora sia.
La maitresse spiega che sono le due di notte e noi, per contratto, avremo un incontro in mattinata ed uno alla sera.
I pomeriggi sono liberi per il riposo o per incontri particolari se accettati. Si andrà avanti così fino a giovedì prossimo, penultimo giorno della nostra permanenza.
Venerdì saremo libere per lo shopping e visite ad amici.
Sabato alle 11 e 20 partiremo per il ritorno a Roma via Stoccarda.
Chiedo, ancora curiosa, se ci saranno sempre tante persone e Michela, che interviene nella discussione, mi spiega che la mattina sono di meno perch&egrave qui lavorano tutti, tranne i benestanti. La sera invece, di solito, c’&egrave il pienone.
A questo punto mi rendo conto che devo dare una risposta sulla mia disponibilità o meno agli incontri privati.
Decido per il si, purch&egrave anche gli introiti di queste ‘prestazioni’ siano divise a metà.
A questo punto, la maitresse mi dice che un certo Hatamoto ha chiesto d’incontrami insieme a sua moglie domani nel primo pomeriggio.
La tariffa per ‘l’uso previsto’ (dice proprio così) sarà di quattromila euro. Qualsiasi altra richiesta sarà decisa direttamente fra di noi.
Do un’occhiata interrogativa a Michela e lei, paziente, mi spiega:
– Potrebbero esserci richieste particolari come ti ho già detto in Italia. Se decidi di accettare chiedi almeno il doppio di quello che ti offrono. Questi sono tipi pieni di soldi.
Ormai che le decisaioni sono state prese, mi lascio sopraffare dalla stanchezza che comincia a farsi sentire. Nel riconfermare la mia disponibilità chiedo alle mie interlocutrici il permesso di ritirarmi. La maitresse si congeda e ci lascia sole.
Quando siamo a letto cado subito in un sonno profondo.
Mi sveglia il profumo di caff&egrave. Un buon profumo di caff&egrave.
Apro gli occhi e vedo Michela che già sta divorando croissant.
Con uno sforzo tremendo mi alzo e vado in bagno a svuotare quanto accumulato nella mia vescica.
Quando torno vedo che Michela ha divorato tutti i croissant che erano nel vassoio. La guardo indispettita e lei ridendo sotto i baffi mi indica un carrello pieno di ogni ben di dio.
Faccio una colazione superba.
In bagno, mentre facciamo la doccia e scherziamo, Michela mi dice che stamattina siamo infermiere, infatti nello spogliatoio troviamo due succintissime divise da sexy infermiera.
Ci travestiamo. Questa volta non necessita indossare altre mutande sul tanga e quindi mi preparo con la mia bincheria che ritengo più appropriata.
Mentre mi muovo per la stanza, cerco con gli occhi quella che avevo indossato ieri sera e vedo che &egrave tutto praticamente da buttare. Dico a Michela che mi dispiace e lei, deridendomi, mi fa notare che con i soldi guadagnati potrei comprarmi la fabbrica di quella biancheria.
Rido anch’io per il suo commento e finalmente scelgo un’altro completo da indossare.
Arriva l’ora e andiamo in onda.
L’emiciclo e semivuoto. Vedo solo una coppia e poi tutti single.
Si ripete il rituale di ieri sera ed in meno di un ora abbiamo guadagnato altri ventisettemila euro a testa.
Torniamo nello spogliatoio e le sensazioni sono molto meno forti di ieri sera.
Facciamo lo stesso all’amore e la cosa che mi travolge di più sono i sapori di tutto quello sperma di cui ancora portiamo traccia sul corpo. Ci laviamo dopo e poi andiamo insiema, per mano, a mangiare quanto ci hanno preparato.
Alle 14.30 viene a chiamarmi una delle ragazze che ieri sera aveva partecipato alla mia preparazione.
Mi accompagna in una sala massaggio, mi fa uno stupendo massaggio e poi, in un corretto italiano mi chiede se sono disposta a farmi truccare da lei.
Gli dico di si perch&egrave mi ha talmente rilassato che non voglio impegnarmi a fare altro. Il risultato &egrave eccezionale. Tra l’altro mi attacca un finto tatuaggio di un drago (una specie di decalcomania) all’altezza del pube.
Mi guardo allo specchio ed i miei occhi esprimono tutta la mia soddisfazione. Indosso una tunica cortissima che ha un’abbondantissimo decolté e si chiude con un bottoncino in madreperla sul collo.
Quando sono pronta vengo accompagnata nella stanza dove sono attesa.
L’uomo per essere un giapponese &egrave bello. La moglie &egrave una figa pazzesca. Bellissima.
La donna, senza tanti preamboli, mi fa accomodare e mi fa inginocchiare sul tappeto.
L’uomo nudo fa svettare un cazzo di notevoli dimensioni.
Arcuato verso l’alto ha una cappella gonfia e rossa.
La donna lo bacia sulla bocca, prende fra le labbra il membro del suo uomo e comincia a succhiarlo con una consentrazione che ha qualcosa di mistico.
Vanno avanti un bel pezzo. Io li guardo estasiati.
Ad un tratto lei lascia la sua preda, si gira verso di me, tira per il cazzo il marito e lo mette di fronte a me. Con un movimento ritmico della mano lo porta ad un’abbondante eiaculazione che dirige proprio al centro del mio decolté.
Una forte quantità di sperma si infila fra le mie tette.
Chiudo gli occhi e comincio a gustarmi l’effetto di questa eiaculazione solitaria. Mi accorgo che mi sono passata la lingua sulle labbra quando la donna mi poggia le sue labbra sulle mie.
Le apro. La sua lingua si intrufola dentro la mia bocca.
Sento ancora getti caldi che mi investono. Il bacio continua per un po’.
Lei si stacca dalla mia bocca lasciandomi una profonda sensazione di vuoto, si avvicina con le labbra al mio orecchio e dopo avermi leccato e mordicchiato il lobo mi fa:
– Cinquemila euro se fai come ho fatto io.
Non so perché o come mi sia venuto in mente, ma mentre una forte contrazione nella figa mi dava piacere gli faccio di ritorno:
– Diecimila.
La sento, più che vederla, che mi sta squadrando.
– Cinquantamila se ti fai eiaculare in faccia.
Ed io presa da questo gioco di vendermi gli faccio:
– Centomila.
La sento riflettere e la vedo consultarsi con gli occhi con il marito, poi mi fa con voce roca:
– Solo se dopo bevi tutto.
Ancora non mi capacito del perché, ma la mia testa fa un movimento di assenso.
L’uomo si viene a posizionare davanti a me.
La donna lo ferma. Mi fa alzare, mi slaccia il bottone sul collo e lascia scivolare la tunica.
Mi toglie il reggiseno. Si vede il tatuaggio fasullo. Lei mostra curiosità e con gli occhi mi chiede il permesso di togliermi le mutandine. La lascio fare.
Sono nuda. Vestita da un tatuaggio fasullo.
Lei mi gira intorno e mi valuta. Sento che con le dita accarezza i miei muscoli. Si vede che gli piaccio. La sua mano scivola fino in mezzo alle mie natiche. Scende ancora ed un suo dito si infila da sotto nella mia fessura. Sono bagnatissima, la sua entrata &egrave semplicissima. Lei arriva al clitoride, lo strizza delicatamente e poi mi lascia mentre cominciavo a fremere dal godimento.
Prende la bacinella grande e mi fa inginocchiare dentro. Mentre accompagna il marito davanti a me e lo aiuta ad infilarmi il cazzo in bocca si avvicina al mio orecchio e mi dice:
– Altri centomila se dopo ti lasci fare tutto da me.
Con il cazzo che quasi mi soffoca, tanto &egrave entrato profondamente, muovo in segno di assenso la testa. Vedo uno sguardo di perfida soddisfazione passarle negli splendidi occhi.
Mi ci vuole un bel po’ di tempo e tanta pazienza per riportare l’uomo alla prossimità dell’eiaculazione. Poi. mentre gli do gli ultimi colpi masturbandolo, lui dirige il suo cazzo verso i miei occhi. Io li chiudo. Ecco un potente getto che mi colpisce il volto. Sento il suo profumo. Eccone un’altro. Due dita ai lati della mia bocca mi costringono ad aprirla. So che &egrave lei.
La apro. Un nuovo forte getto mi arriva direttamente in gola, quasi mi soffoca. Poi un’altro ed un’altro ancora.
Va avanti parecchio adesso. Bevo diverso sperma. Il resto cola lungo le mie guance.
Quando ha finito sento la lingua di lei che mi lecca gli occhi per pulirmeli.
Quando ha asportato tutto lo sperma appiccicoso riapro gli occhi e lei mi offre una cannuccia e mi indica una quantità notevole di sperma che c’&egrave nel catino sotto di me.
Mi viene il sospetto che ci sia anche sperma non suo. Ma non voglio interrompere questo momento.
Sto godendo come non mai. Non fisicamente. Ma psicologicamente.
Una torbida sensazione di sentirmi proprio una troia mi sta dando un grande godimento.
Mi chino ginocchioni e con la testa quasi a terra, con la cannuccia fra le labbra, comincio ad aspirare il nettare presente nel catino.
Lo bevo tutto.
Sento intanto la sua mano esplorare le mie cavità.
Quando ho finito lei mi bacia appassionatamente.
Mi fa stendere sul tappeto , anche se sono tutta sporca di sperma, e si mette cavalcioni sul mio viso. E’ senza mutande. Il suo folto pelo mi costringe ricercare aria ed aprire la bocca.
Il suo profumo mi inebria.
Comincio a godere anche fisicamente mentre la sto leccando. Sento la sua mano che entra dentro di me.
Le dita si stanno facendo spazio e ad un tratto mi rendo conto che &egrave tutta dentro di me.
Mi scuoto come un’ossessa ed insieme cerco di leccare tutto quello che posso.
Anche l’altra sua mano ha cominciato a darsi da fare con il mio buchetto.
Mi sembra di essere sul punto di impazzire.
La sua orina che mi colpisce calda nella bocca, mi coglie impreparata.
Cerco di divincolarmi ma non ci riesco. Per respirare devo aprire la bocca.
Sono costretta ad ingurgitarne una buona dose.
Non lo so perché, ma il mio corpo si &egrave già adeguato anche a questo. Sta godendo ancora, come in trance mi lascio trasportare.
Riprendo a leccargli la figa anche se esce ancora orina.
Finalmente ha finito e la sento calarsi su di me e leccarmi anche lei.
In questo momento ho la sensazione che i miei umori siano più dello sperma che mi ha fatto ingurgitare.
Lei infila di nuovo tutta la mano nella mia vulva e comincia a rovistarci dentro.
Vengo come una forsennata. Le sue sollecitazioni mi portano ad orinare senza che possa trattenermi.
Lei a bocca aperta su di me, lo riceve tutto come niente fosse, sembra lo stesse aspettando. Anzi con il dito dirige lo zampillo giusto nella sua bocca.
Quando ho finito lei scivola da sopra a me e si gira e sorridendomi facendomi l’occhiolino, su di un orecchio mi fa:
– Ti sei guadagnato un extra. Puttana!
Il modo come me lo dice, mi procura un’altra fitta di piacere mi fa contrarre l’utero.
Come niente fosse, tutti e due si riprendono le loro cose e mi lasciano stesa a terra in mezzo a sperma e piscio.
Dopo non so quanto tempo, mi rialzo da terra.
Raccolgo il vestitino che &egrave uno straccio e, così come sono, sporca di sperma e piscio, torno nella suite.
Come mi vede entrare, Michela, corre al mio fianco a farmi sentire la sua vicinanza.
Si accorge subito dell’odore di piscio.
Mentre tremante crollo a piangere fra le sue braccia lei mi sussurra:
– Spero ne sia valsa la pena!
Con gli occhi pieni di lacrime e singhiozzando gli dico:
– Duecentomila.
Gli occhi di Michela si spalancano per la sorpresa.
In quel momento entra la maitresse che dice ad alta voce:
– Duecentocinquantamila. Sono andati via molto soddisfatti.
Dopo una breve pausa di attesa, continua:
– Devo dire la verità, raramente ho conosciuto una donna, adulta come lei, così portata per fare la cortigiana.
Michela mi bacia sulla bocca e mi dice:
– Se continua così, con questa uscita ci ritiriamo. Brava la mia puttanella.
Il suo sorriso mi fa calmare.
Abbracciata a lei mi infilo sotto la doccia.
La maitresse che ci osserva da sotto lo stipite della porta, dice ad alta voce perché potessimo sentire tutte e due:
– Ho diverse prenotazioni per tutte e due. Fino a giovedì. Cosa faccio do conferma?
Ci guardiamo negli occhi ed insieme gridiamo di si.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. Dopo aver mangiato un gustoso spuntino ed esserci assicurate un meraviglioso massaggio rilassante delle due ragazze con gli occhi a mandorla che ci accudiscono, ci prepariamo per la nostra esibizione.
Continua, a dire il vero dopo la prima emozione, con una certa monotonia il nostro lavoro a tempo pieno.
Due esibizioni al giorno che facevamo insieme e, poi incontri con i ricconi ì, che facevamo separate.
Così fino, finalmente a giovedì.
Stiamo per andare finalmente in scena per l’ultima esibizione quando la maitresse viene a trovarci e mi comunica che una persona vuole parlarmi.
La guardo interrogativa e lei con voce atona mi dice:
– La signora del primo incontro….
Una forte eccitazione mi assale. Il suo ricordo mi rende le guance infiammate.
Avevo pensato a lei diverse volte mentre facevo l’amore con Michela.
Michela mi guarda come se trattenesse il respiro.
Capisce subito il mio stato di eccitazione.
Le dico di farla entrare, l’avrei ricevuta lì, davanti alla mia amica.
So di aver fatto felice Michela.
Appena entra la donna da la sensazione di non gradire la sua presenza.
Io non me ne curo affatto e sfruttando il fatto che &egrave lei che mi ha cercato le faccio cenno di dirmi cosa vuole.
Dopo un attimo d’imbarazzo, comincia col dirmi:
– Mi &egrave piaciuto molto l’altro giorno.
Io assento con il capo, dando ad intendere che anche per me era stato piacevole.
Allora continua:
– Vorrei rifarlo con alcune mie amiche presenti. Ti offro la stessa cifra.
– Quante? – faccio io
Lei sembra non capire, poi fa:
– Saremo in sei.
– Partecipano anche loro?
– Se lo vorranno.
– Allora devi darmi cinquecentomila e partecipa anche lei.
Indicando Michela.
La vedo increspare lievemente la fronte come se fosse contrariata o pensasse, poi la sento rispondermi:
– Allora lei soddisferà i nostri mariti, sono altri tre.
Poi come a precisare meglio la proposta:
– Facendo qualsiasi cosa le venga chiesto.
– Ma lei &egrave lesbica!
Faccio io a mo di scuse.
– Lo so!
Il suo asciutto commento.
Guardo Michela e capisco dal suo sguardo che per la somma che ci offrono lei lo farà. Ma non voglio dargliela vinta così.
Mi giro intorno e guardo qualcosa che non c’&egrave per riprendere la mia freddezza e continuare la trattativa e poi, con un tono deciso di voce, le dico:
– Allora lo possiamo fare per un milione d’euro.
Michela strabuzza gli occhi.
La donna mi guarda con aria di sfida.
Io continuo:
– Siamo arrivati a nove persone da soddisfare.
La vedo distendere i suoi meravigliosi lineamenti e con quel sorriso che non so se definirei perfido o perverso, la sento rispondere a bassa voce:
– Però tutte e due farete ed accoglierete qualunque cosa vi chiediamo di fare o prendere.
La guardo con una punta d’invidia per come lei non si faccia fermare da nessuna cosa e poi rivolgo una muta domanda a Michela.
Lei ha gli occhi che gli brillano per la lussuria. Fa un cenno d’assenso con la testa.
Mi giro a guardare la mia interlocutrice e gli dico:
– Va bene. Ma, visto che ormai stiamo diventando intime, dimmi come ti chiami.
Lei si gira e va via. Sulla porta si ferma, gira la testa, e con voce dolce mi dice:
– Mariko, ma tu mi chiamerai padrona quando mi incontri. Domattina alle dieci verrà una macchina a prendervi.
La porta si richiude.
Guardo Michela e gli faccio un sorriso in cerca di conferma che ho fatto bene ad accettare. Lei non sta nella pelle e me lo dice senza tanti giri di parole:
– Sei stata grande. Un milione, ci pensi.
La sua testa &egrave già persa a fare calcoli su quanto alla fine avremo avuto da questa esperienza.
– Andremo via con quasi un milione a mezzo a testa. Ci pensi, amore.
Mi dice con la felicità dipinta sul volto.
Più tranquillizzata gli faccio con aria seria:
– Guarda che ce lo faranno sudare.
– Stai tranquilla per una cifra così mi lascio fare ciò che vogliono.
Le ragazze vengono a chiamarci per il nostro ultimo show.
Durante tutta l’esibizione una violenta carica di eccitazione mi sopraffà.
Quando arriva quello con la proboscide, che &egrave diventato un mio habitué di ogni sera, anziché lasciarmi investire, gli prendo la proboscide in mano, e devo dire che &egrave bella soda, e la dirigo su tutta la mia faccia.
La sala scoppia in un grande applauso.
Anche Michela, che mi ha guardata per capire cosa aveva indotto l’applauso, mi imita e si lascia investire in faccia dallo sperma.
Terminiamo che siamo ambedue una maschera di sperma dalla testa ai piedi.
In camera, sotto la doccia, comincio a leccarla sulle tette prima di aprire il getto dell’acqua.
Michela mi bacia appassionatamente. Facciamo l’amore lungamente. Così com’eravamo. Piene di sperma dappertutto.
Comincia ad albeggiare che ci stendiamo a letto.
Mi sembra di aver appena chiuso gli occhi che una dolce carezza mi sveglia.
La solita ragazzina con gli occhi a mandorla.
Mi sottopone ancora ad uno stupendo massaggio che mi riattivano tutte le funzioni vitali e poi mi porta il vassoio con la colazione.
Quando ho terminato di mangiare mi accorgo che Michela &egrave già pronta, ma io voglio ancora essere coccolata dalla ragazzina. Non riesco a capire quanti anni ha. Sembra giovanissima ma delle piccole rughe attorno agli occhi si capisce che non &egrave giovanissima.
Mi lascio truccare e vestire.
Credo di apparire una puttana che sta per andare in strada a far marchette.
Ho abiti volgarissimi; ed anche il trucco &egrave pesante.
Guardo la ragazza e lei, sempre in un italiano perfetto mi dice:
– Hanno chiesto di prepararti così.
Non mi interessa. Mi guardo e tutto sommato quello che vedo mi eccita.
Prima di farmi mettere il rossetto violaceo do un languido bacio in bocca alla ragazzina che ricambia con passione.
Poi le lascio finire tranquilla il compito di prepararmi.
Porto tacchi enormi. Faccio fatica a camminare senza sculettare volgarmente.
Mi accorgo che muovendo le anche l’equilibrio &egrave maggiore.
Prendo per mano Michela e ci avviamo.
Nel cortile interno dell’albergo troviamo una limousine nera lunghissima.
Come ci avviciniamo la porta si apre.
Mariko ci fa segno di salire.
– Buongiorno troie.
Ci fa nel suo italiano perfetto.
– Buongiorno a te. M… Padrona.
Dico correggendomi all’ultimo momento.
Gli rivedo il suo perverso sorriso.
Durante il viaggio che non &egrave molto lungo ci offre champagne ghiacciato e tartine di caviale che sono in un contenitore disposto nell’ampia auto.
Finalmente arriviamo ed io mi sento fremere dall’eccitazione. Prima di scendere stringo la mano di Michela e la guardo negli occhi per accertarmi che tutto vada bene.
Anche lei &egrave eccitatissima, ma intravedo nel suo sguardo anche un po di paura.
Gli do un’altra stretta di coraggio e ci avviamo.
La casa dove siamo &egrave meravigliosa.
Veniamo introdotte in un salone enorme. Otto persone ci attendono. Tre uomini nudi e cinque donne con bardamenti in pelle tipo sadomaso. Anche se mascherate si vede che due sono più o meno della mia età, tre invece sono giovanissime.
Marika fa le presentazioni. Scopro che le tre giovani sono figlie due di una ed una dell’altra donna che sono presenti.
Gli uomini, tranne Hatamoto che &egrave bellissimo, sono abbastanza insignificanti, piccoletti, leggera pancia, uno con i baffetti e l’altro abbastanza pelato al centro della testa.
Però devo riconoscere che i loro cazzi sono spropositati.
Quello con i baffetti ha un cazzo lunghissimo, anche se abbastanza sottile. Lungo, forse, quasi come quello del mio amico proboscide, penso dentro di me.
L’altro, il pelato, lo ha di una larghezza spropositata. Lungo circa venticinque cm, ma largo almeno una quindicina di centimetri di diametro.
Sono già eccitati. I loro cazzi, duri, spingono verso l’alto.
Michela viene subito presa da loro tre e portata in fondo al salone. La vedo scomparire distesa su un mare di cuscini.
Quella più giovane delle donne viene a prendermi per mano.
Comincia a palparmi come fossi una bestia. La cosa mi eccita da morire.
Da dietro qualcuno mi ha infilato la mano fra le gambe e si &egrave accorta di come sono eccitata, in una strana lingua credo lo stia raccontando alle altre, mentre la sua mano entra sempre più a fondo dentro di me, le sento ridere.
La prima comincia a succhiarmi i capezzoli.
Alzo la testa e chiudo gli occhi gustandomi la leccata dei capezzoli quando qualcosa di gelido viene introdotto vicino alla mano che &egrave già infilata dentro di me.
Apro gli occhi e nello specchio mi vedo a gambe larghe, le ginocchia leggermente piegate per favorire la penetrazione e la giovine ragazza che &egrave letteralmente attaccata ad un mio capezzolo e lo sta martirizzando con i denti.
Comincio a scuotermi per l’orgasmo. Intravedo che da dietro c’&egrave Mariko che mi sta infilando un lungo tubo nella figa.
I miei umori facilitano la sua penetrazione. Le mia gambe iniziano a cedere sempre di più.
Mi sento prendere per le spalle e da sotto le cosce e mi sembra di volare.
Mi trasportano al centro della stanza dove mi fanno stendere su due fasce sospese al soffitto.
Una me la passano dietro la schiena sotto le braccia ed un’altra sul fondo schiena.
Le mie gambe vengono infilate in due occhielli imbottiti che scendono anche loro dal soffitto, fin sotto il ginocchio.
Spostando la testa mi vedo sulla parete a specchio.
Sono su questa strana amaca, con un lungo tubo che mi fuoriesce dalla figa e mi sembra di volare.
Qualcuno blocca anche le mie braccia.
Mi viene tirata indietro la testa.
Un figa sovrasta la mia bocca. Non vedo di chi &egrave.
Ma deve essere una delle giovani. Il suo profumo &egrave fresco.
Comincio a leccarla. Lei comincia ad orinare.
So cosa si aspettano da me ed apro la bocca. Un urlo di Michela mi fa trasalire.
Dura un attimo. La cosa dentro di me ha preso a vibrare molto forte. L’orgasmo mi prende così.
Non so da quando vada avanti. La cosa dentro di me vibra meno, ma ho come l’impressione che si sia gonfiata. Mentre ruoto su me stessa riesco a vedere nello specchio che &egrave almeno triplicato il diametro.
Sento che anche dietro comincia ad entrare qualcosa.
Vorrei dire qualcosa ma un’altra figa &egrave sulla mia bocca.
Anche quest’ultima comincia ad orinare. Apro la bocca e tracanno tutto il liquido. Quando finisce continuo a leccarla fino a farla venire.
Nello specchio intravedo Michela che sta a cavalcioni del pelato ed il baffetto la sta sodomizzando.
Hatamoto gli sta eiaculando in faccia e gli stringe la bocca per riuscire a farglielo entrare in bocca.
Un atroce dolore sembra spaccarmi l’ano.
Urlo ma qualcuno mi sta vuotando una caraffa di piscio in gola. Mi sento soffocare.
A fatica riprendo il controllo. Il dolore iniziale si &egrave chetato. Sento che qualcosa gira dentro di me.
Girando su me stessa, vedo riflesso nello specchio Mariko che mi ha infilato tutta la mano nel retto.
Vorrei difendermi, gridare basta, ma vedo Michela. I suoi occhi sono pieni di lacrime ma mi invitano a resistere.
Stringo i denti ma qualcosa me lo impedisce.
Mi accorgo che mi hanno messo un morso come ad un cavallo.
La nostra tortura va avanti un sacco di tempo. O meglio, a me sembra un sacco di tempo. Resisto finché posso, poi svengo.
Mi risveglio che sono distesa su di un tavolo con braccia e gambe bloccate.
Sono tutta aperta.
Come si accorgono che mi sono ripresa, uno ad uno, i tre uomini vengono ad infilarmi i loro arnesi dappertutto.
Il calvo mi ha letteralmente riempito la figa. Il baffetto a fatica sta cercando di entrare nel mio culetto.
Hatamoto mi riempie la bocca.
Adesso anche il mio culo &egrave pieno. Spingono selvaggiamente.
Vanno avanti un tempo infinito. Poi, uno ad uno mi riempiono del loro sperma.
Appena escono, sento che qualcos’altro prende posto nel mio culo.
Adesso sento che questo qualcosa si anima. Deve essere un ovulo.
Una ragazza piegata in mezzo alle mie gambe mi sta infilando davanti qualcosa simile ad una palla da tennis.
E’ fredda, non &egrave sicuramente una palla da tennis.
Me ne infila un’altra. Un’altra ancora.
Mi sento la figa piena.
Adesso le palle si animano. Godo come una fontana. Perdo ancora i sensi.
Quando mi risveglio ho male.
Le palle dentro la mia figa vibrano in maniera infernale. Una fuoriesce come un proiettile.
Le altre due, adesso che hanno più spazio si muovono in lungo ed in largo.
Sento che sto per scoppiare.
Sento un forte bisogno di evacuare quanto ho dentro di me.
Mi sento sciogliere dal tavolo e vengo presa dai tre uomini e portata sopra una piccola vasca dove ci sono le sei donne accalcate.
Mariko mi estrae, facendomi male, sia le ultime due palle che l’ovulo che ho nel retto.
Mi scarico in maniera liberatoria.
Nello specchio vedo le donne sotto di me accapigliarsi per conquistarsi quanto fuoriesce.
Un sacco di roba.
Mi scappa da orinare e non mi tengo.
Mariko che era in piedi si tuffa sull’uscita dell’orina e beve tutto quello che può.
Un sonoro rumore che fuoriesce dal mio retto dice che ho dato quanto potevo.
Gli uomini mi portano sui cuscini dove giace, sommersa da una quantità enorme di sperma, Michela che riposa.
Vengo lasciata li.
Vedo gli uomini che stanno penetrando con violenza le donne.
Ho l’impressione che abbiano cominciato con le giovani.
Chiudo gli occhi e non capisco più niente.
Mi sveglio in un bel letto con lenzuola fresche.
Accanto a me dorme Michela. Ci hanno lavato perché profumiamo.
Mi giro e Michela apre anche lei gli occhi.
Mi guarda e si stringe a me.
Vorrei coccolarla, dirle come mi dispiace quanto ha sofferto, ma la voce di Mariko mi blocca:
– Allora puttane! Contente? Adesso avete un milione in più.
Mi giro e la guardo con odio.
Ma come la vedo non posso far a meno di vedere quanto sia bella.
Si cala su di me e mi sussurra:
– Ti lascio il mio numero di cellulare. Se vuoi guadagnare ancora chiamami.
La guardo esterrefatta. Allora lei si abbassa ancora e continua:
– Non lo sapevi? Io vivo a Roma. Mio marito lavora all’Ambasciata di Roma.
Mi sento morire.
Mariko sogghigna. Ha goduto della mia reazione di paura.
Ho idea che mi pentirò di non aver controllato da dove veniva Mariko, il suo italiano perfetto avrebbe dovuto mettermi in allarme.
Lei se ne va lasciandoci da sole.
Mi alzo, su di una sedia ci sono vestiti nuovi. Molto sobri, per me e per Michela.
Mentre ci rivestiamo in silenzio riesco a vedere nello specchio il mio buchetto ancora oscenamente aperto. Quello di Michela sta peggio.
Senza parlarci completiamo la preparazione ed andiamo via senza salutare.
In albergo la maitresse ci conferma l’avvenuto pagamento della nostra marchetta.
Io scoppio in lacrime come una cretina.
Michela mi abbraccia alle spalle e mi consola.
Dopo un po’ che singhiozzo gli dico:
– Sai cosa mi spaventa? – Lei mi guarda aspettando comprensiva, allora continuo.
– Che mi &egrave piaciuto da matti.
Michela mi guarda con occhi benevoli e mi dice:
– Ha ragione la maitresse. Tu sei nata per fare la troia. Non dartene pensiero. Utilizzalo per fare quanti più soldi puoi finché sei ancora abbastanza accettabile. Ricordati che hai un’età che presto ti vedrà sfiorire. Non perdere l’occasione, e fregatene della morale degli altri. Sono tutti ipocriti. Se potessero o ne avessero la possibilità vedresti tutti, uomini e donne, fare marchette per tutti i soldi che abbiamo guadagnato. Fidati di me.
La guardo non convinta ma almeno un po’ rinfrancata.
Mi bacia e poi mi lascia per andare dal suo commercialista, io le chiedo di provvedere anche ai miei soldi. Lei mi dice che ci penserà lei.
Vado a letto e sotto le lenzuola piango a dirotto.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. Il viaggio di ritorno si svolge in un clima surreale.
L’equipaggio che si prodiga per accontentare qualsiasi nostra richiesta e noi che perse nei nostri pensieri siamo chiuse in un mutismo che mette tutti a disagio.
Arriviamo a Fiumicino che sono le 14.30.
Prelevati i bagagli torniamo a casa di Michela in taxi .
Dopo aver preparato un caff&egrave Michela mi invita al tavolo e mi parla con voce ferma ma comprensiva:
– Hai, anzi abbiamo, portato a casa 1.463.000 euro a testa. Sapevamo quello che facevamo ed abbiamo accettato quello che ci sembrava utile per il nostro scopo. Fare soldi. Adesso non serve recriminare, quello che &egrave stato &egrave stato. So che sei sconvolta dal fatto che quella vive a Roma, ma guarda che Roma &egrave grande. Non &egrave detto che sia in grado di contattarti. Non a caso ti ha dato lei il suo numero. Vedrai. Il tempo attenuerà le pene e le cose miglioreranno.
Non credo ad una parola di quello che ha detto. Però mi sforzo di fargli credere che tutto va bene.
Se ci penso, possedere tutti quei soldi &egrave una cosa eccezionale. Però non riesco a sentirmi felice di quello che ho fatto.
Dopo un po’ di tempo che chiacchieriamo gli dico che vado a casa e che nei prossimi giorni passerò a prendere Birillo.
Vado via e sento che fra di noi &egrave sceso qualcosa di freddo. Mi dispiace. Ma adesso ho solo voglia di rimanere sola a casa.
Passo tutta le settimana a casa. Con lo stesso pigiama. Senza lavarmi o farmi un bid&egrave.
I segni esteriori delle violenze subite sono spariti.
Dentro di me resta però il vuoto che hanno lasciato.
Non solo mi &egrave piaciuto, ma adesso ne sento la mancanza.
Sono psicologicamente distrutta.
Mi ritrovo a pensare alle violente sensazioni che mi hanno soprafatto nell’ultimo incontro in Giappone.
Pulsazioni profonde nell’inguine segnalano la mia eccitazione ogni volta che il mio ricordo va a quei momenti.
Non so che fare.
Ogni tanto prendo il biglietto da visita di Mariko e poi lo ripongo nel cassetto del mio comodino.
Vedo il cazzo finto che mi aveva regalato Michela e provo a mettermelo dentro.
Lo mando alla velocità più alta. Mi spavento. Lo sento appena.
E si che &egrave grosso. Provo ad infilarmelo nel retto. Anche li ci naviga dentro alla grande.
Prendo uno specchietto da trucco e provo a guardarmi il buchetto da sotto.
Appena estraggo il giocattolo il buco rimane spalancato.
Fa un’enorme fatica a richiudersi. Spero che tutto ciò non mi produca danni fisici.
Ho paura del dolore.
Però, mi eccita da morire.
Sto ancora rimirando il mio buco aperto che suona il citofono.
In fretta cerco di ricompormi, ma sento ancora il buco aperto.
La mutanda viene come risucchiata dentro mentre rispondo al citofono.
E’ Michela.
Gli dico di salire.
Mentre apro la porta sono costretta a tirare la mutandina perché fuoriesca dal mio culetto.
L’ascensore arriva e quando l’ho di fronte, così pulita, ben sistemata, elegante, mi sento male.
Mi sento sporca. Dentro e fuori. Mi viene quasi da vomitare.
Il mio aspetto che già era trasandato adesso &egrave spaventoso. Ho un colore cadaverico.
Michela entra e senza dire niente si chiude la porta alle spalle.
Mi prende per un braccio e mi trascina letteralmente in bagno:
– Adesso ti fai una doccia mentre io preparo qualcosa da mangiare.
Mi chiude dentro e va in cucina.
Di mala voglia mi infilo sotto il getto della doccia.
Ci sto a lungo. L’acqua mi frusta il corpo facendomi male.
Dal freddo giro la maniglia sul caldo.
Un tepore sembra massaggiarmi i muscoli. Non dura a lungo. Adesso scotta. Rigiro il rubinetto sul freddo e aspetto che la pelle si raffreddi.
Metto poi in posizione centrale e comincio ad insaponarmi.
Esco dopo una buona ora di doccia.
Mi sento davvero meglio.
Un invitante profumo viene dalla cucina.
Michela ha preparato un sughetto veloce con dei pelati che erano in credenza ed ha messo l’acqua per gli spaghetti sul fuoco.
Quando bolle, getta la pasta, e quando &egrave cotta la cola facendo due abbondanti porzioni, prende una bottiglia di vino dalla mia cantinetta che &egrave in soggiorno, l’apre e la serve in tavola.
Divoro il mio piatto in men che non si dica.
Lei mi guarda in silenzio.
Bevo un altro bicchiere di vino rosso. E’ il terzo.
Ho le gote in fiamme.
Michela si pulisce le rosse labbra, mi prende per mano e mi fa alzare.
Pulisce anche le mie labbra con un fazzoletto di carta e poi mi trascina in camera.
Sul letto fa bella mostra di se il mio cazzo di plastica.
Lei lo guarda, lo prende e lo ripone nel mio comodino.
Comincia ad aprire i cassetti del mio comò finché trova la biancheria intima. Prende un bel completino che avevo comprato per il Giappone e poi non ho avuto modo di usare.
Apre l’armadio e comincia a scegliermi il vestito.
Un bel tubino nero. A mezza gamba. Mi rende molto sexy. La scollatura &egrave abbondante ma non volgare.
E’ il vestito che indosso quando voglio far conquiste.
Mi aiuta ad indossare prima la biancheria poi il vestito.
Mi porta davanti allo specchio e mettendosi di fianco a me comincia a truccarmi.
E’ brava.
Ha la mano sicura. Io non sarei capace di fare altrettanto.
Alla fine sembro molto più che presentabile.
Sempre senza dire niente mi fa sedere sul bordo del letto e con una spazzola mi scioglie i capelli e me li pettina naturali.
Mi guardo allo specchio e mi pare che abbia fatto un capolavoro.
Anche lei &egrave soddisfatta del suo lavoro.
Mi prende poi per mano e, sempre senza parlare, mi trascina fuori.
Scendiamo dall’auto dopo una buona mezz’ora di traffico caotico.
Con la sua mano nella mia entriamo in un bel locale che &egrave proprio sopra Monte Mario.
La vista di Roma da lassù, a quest’ora (sono quasi le diciotto), &egrave stupenda.
Il tramonto del sole disegna un caleidoscopio di colori che si intrecciano con quanto si vede.
Restiamo mute, sedute vicine, confortandoci a vicenda con il calore emanato dai nostri corpi che si sfregano di tanto in tanto.
Restiamo così, con una bibita davanti, fino a che il buio non ci sorprende annullando i nostri pensieri.
– E’ ora di svegliarsi, piccola.
Mi fa con voce suadente.
Mi giro a guardarla. E’ bella.
Mi stendo verso di lei e la bacio sulla bocca.
Due volgari commenti si confondono con i suoni che rimbombano nella mia testa.
Vedo Michela segnare il dito medio verso l’alto in direzione di due ragazzotti che ci stavano guardando ed erano gli autori dei commenti.
Loro gli rispondono con parolacce grevi.
Ci alziamo ed andiamo via.
La notte la passiamo insieme. Facciamo l’amore.
Dolcemente. Con passione ma anche con razionalità.
Per dare e ricevere piacere.
Ci addormentiamo esauste in attesa del nuovo giorno che ci aiuterà ad affrontare la vita che verrà.
L’ultima settimana di ferie la passiamo come due innamorate facendo gite in posti che non avevo mai visto.
L’ultima sera mi rendo conto che &egrave riuscita nel miracolo di rimettermi al mondo. Mi sento pronta a ricominciare.
Sono serena. Il suo amore, per il momento, mi basta.
Quando glielo dico lei mi chiude la bocca con un dito sopra e fa:
– Shhhh! Non rompere questo momento. Quelli che verranno saranno diversi. Godiamoceli adesso come sono.
La mattina del ritorno al lavoro, il 1′ settembre, alle cinque sono già sveglia.
Mi preparo con molta cura.
Arrivo in ufficio che sono le 7.45.
Vado nel mio ufficio provvisorio ed aspetto.
Alle otto in punto, Maria, la segretaria di Alfredo, il Dott. Cinque il capo del personale, compare.
Come mi intravede mi viene a salutare educatamente e mi comunica che la mia investitura ci sarà alle 11.30.
Le chiedo cosa posso fare fino ad allora e lei mi indica i giornali che sono su un’ampia scrivania:
– Si documenti, Dottoressa.
E mi lascia come una stupida.
Mi seggo alla scrivania e sfoglio svogliatamente i giornali.
Alle 11.40, Maria viene a chiamarmi. Sono introdotta nell’ufficio di Alfredo e ci trovo diverse persone.
Tutti si complimentano con me fino a che Alfredo mi porge un foglio da firmare:
– Questa &egrave l’accettazione del contratto. Le clausole sono standard. Per il primo anno avrai uno stipendio di 50.000 euro e dopo due anni, se tutto va bene, passerai a 75.000. L’importo &egrave onnicomprensivo tranne che per le trasferte.
Come una scema mi sento rispondere grazie. Firmo il foglio che mi hanno proposto. Stringo mani ed accolgo baci sulle guance e solo quando alla fine restiamo soli io ed Alfredo lui mi fa:
– Avrei piacere di andare a cena con te. Sonia.
Lo guardo con aria attonita. Mi sforzo di riprendermi e con un sorriso gli dico che va bene solo non mi sento troppo bene e se possibile farei fra qualche giorno.
Lui allora mi invita per venerdì sera.
Restiamo d’accordo che ci vediamo davanti alla sede dell’ufficio alle 20.00.
Vado fuori dal suo ufficio e Maria, che mi aspettava, dopo essersi complimentata mi accompagna nel mio nuovo ufficio.
Non &egrave eccessivo, però &egrave bello, coccolo. Maria mi spiega che la scrivania vuota &egrave per un Assistente che posso scegliermi. Sono tentata di indicare subito Michela ma mi trattengo. E’ meglio se lo chiedo prima a lei.
Le dico che ci penserò e le farò sapere.
Appena lei esce dalla mia stanza un sensazione di vuoto mi assale.
Non ho voglia di niente. Vado via.
Giro senza meta fino a che si fa ora che Michela finisca il suo orario.
La chiamo al cellulare e gli dico che l’aspetto in un bar del centro.
Quando arriva le faccio la proposta ma mi accorgo subito che non &egrave una buona idea.
Lei fa finta di pensarci e poi con semplicità mi dice:
– Forse ho sbagliato a farti venire con me. Era troppo presto. Ti avevo giudicata meno capace di fare di quello che hai fatto. Ormai però &egrave fatta. Non posso fare altro.
L’ascolto in silenzio e lei continua:
– Non &egrave il caso che tu ti porti casini al lavoro. Noi due lasciamo raffreddare le acque. Abbiamo bisogno tutte e due di assorbire i colpi che abbiamo preso. Prendiamoci una pausa di riflessione. Se fra qualche mese ci sentiremo pronte a parlare di quello che &egrave successo senza soffrire, allora ci rivedremo. Altrimenti’.
E lascia la frase in sospeso e mi guarda con sguardo dolce ma deciso.
Sento due grosse lacrime rigarmi il viso. Michela me lo accarezza e me le asciuga.
Con la voce più dolce possibile mi dice:
– E’ meglio così. Credimi.
Mi alzo e scappo via inseguita dalla sua voce che tenta di fermarmi.
Quella sera avrò percorso trecento chilometri.
Ho superato da poco Firenze quando mi decido a fermarmi in un autogrill.
Bevo un caff&egrave e faccio il pieno. Riparto ed al primo casello esco e torno verso Roma. Arrivo a casa che sono le tre passate.
Dopo essermi spogliata prendo dalla mia scrivania dove ho il pc un foglio e comincio a scrivergli a mano una lettera.
Usando la mia bella calligrafia, gli racconto come ho vissuto la mia esperienza in Giappone e come mi sento adesso. Gli racconto del vuoto che sento nella mia anima e gli chiedo scusa di non essere stata abbastanza forte da resistere a quanto provavo.
Le racconto tutti i miei più intimi pensieri. La voglia di essere trattata da troia. La voglia anche di sentire quel dolore che ti da piacere.
La lettera &egrave di circa cinque fogli avanti e dietro.
Concludo firmandomi: la tua puttana ti bacia con amore.
Faccio un post scriptum e le chiedo se può trovare qualcuno che abbia cura di Birillo. Non lo rivoglio a casa. La prego infine di non rispondermi se son rose……
La saluto inviandole un profondo bacio.
Metto la lettera in una busta, scrivo il suo indirizzo, ricordo di avere ancora dei francobolli avanzati dai biglietti di auguri di natale dello scorso anno. Li cerco e quando li trovo ne appiccico uno.
Scendo ad impostarla nella buca fuori dal tabaccaio vicino casa. In testa mi dico comvinta: – Così non ho modo di ripensarci!
Torno a casa e vado in doccia.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. Ho appena chiuso gli occhi nel letto, almeno così credo, che la sveglia suona.
Mi faccio forza e mi alzo.
Ricomincio la mia routine e mi preparo.
Appena sono in ufficio chiamo al telefono Maria e le chiedo se può provvedere lei per l’assistente. Le dico che mi va bene chiunque sia in grado di lavorare.
Mi immergo nel lavoro per non pensare ad altro.
Mentre sono intenta a leggere il voluminoso plico, che mi assegna gli incarichi connessi con il mio nuovo inquadramento,sento battere alla porta.
– Avanti!
Dico ad alta voce. Un bel ragazzo di circa venticinque anni entra e con fare confuso mi dice che lo manda la signora Tronca.
Lo guardo perplessa e gli chiedo chi &egrave la signora Tronca.
Sempre più in imbarazzo il giovane mi fa:
– E’ la signora segretaria del Direttore del personale. La signora Maria.
– Aah!
dico io
– Allora tu dovresti essere il mio assistente?
Faccio con tono canzonatorio, ritenendo buffo che io abbia un assistente. Lui arrossisce. Me ne dispiaccio e subito mi scuso.
Gli chiedo di parlarmi un po’ di se e spiegarmi le sue conoscenze professionali.
Scopro così che &egrave appena stato assunto. E’ laureato con 110 e lode in economia e Commercio, conosce bene il computer, non solo come utilizzatore ma &egrave anche bravo a smanettare con hardware e software. Ha ventisei anni. Parla inglese e francese bene, lo spagnolo ed il tedesco abbastanza bene.
Ha appena terminato un master sulla gestione aziendale ed &egrave alla sua prima esperienza lavorativa.
Gli chiedo se ha problemi a prendere ordini da una donna e lui arrossendo mi assicura di no.
Lo squadro bene da capo a piedi e vedo che ha un bel portamento atletico. Mi conferma che giocava a rugby finché era all’università.
A questo punto mi alzo e gli tendo la mano dicendogli:
– Bene io sono Sonia Crema e sarò il tuo capo. Tu come ti chiami?
– Roberto Diodati. Dottoressa.
Fa lui molto intimorito.
Allora gli faccio:
– Quando siamo da soli chiamami Sonia, altrimenti mi fai sentire più vecchia di quello che sono.
Lui rosso come un peperone mi fa:
– Ma lei non &egrave vecchia. Dot’ Mi scusi, Sonia.
– Grazie Roby. Posso chiamarti così?
– Certo.
– Bene, vediamo allora subito come puoi aiutarmi. Prova a leggerti questo malloppo che mi hanno dato come incarico e poi me lo spieghi. Ok?
– Certo Sonia.
Gli indico la scrivania vuota e gli dico che &egrave il suo posto e se trova qualche anima buona si faccia spiegare come funziona il telefono e tutto il sistema burocratico (esempio come e dove fare fotocopie, dove trovare i moduli che ci servono, come si compilano e così via.)
Lui rassicurante mi dice di non preoccuparmi perch&egrave &egrave bravo a sapersi organizzare.
Lo lascio che &egrave sprofondato nella lettura.
Senza alcuna voglia vado alla mensa dirigenti.
Mangio un insalata di pollo e frutta fresca, poi mi faccio portare il caff&egrave in sala relax.
E’ una figata pazzesca.
Ci sono vaste librerie colme di libri che, scopro posso prendere a piacimento. C’&egrave una leggera musica jazz di sottofondo che rende l’aria piacevole. Intravedo un’area chiusa in una specie di teca di cristallo. Sulla porta c’&egrave scritto ‘sala fumatori’.
Entro. Un gradevole odore si sigaro mi investe. Vedo sul tavolino diversi contenitori umidificati per sigari di varia specie e sigarette di tutte le qualità.
Incuriosita prendo da una bellissima scatola in legno un sigaro non troppo grosso e me lo accendo.
A momenti mi soffoco.
Spengo il sigaro e lascio la stanza con il rimpianto di non saper fumare.
Mi metto su una comoda poltrona e prendo una rivista che giace li accanto.
Leggo alcune pagine senza voglia e poi mi decido a tornare in ufficio.
Roberto mi aspetta trepidante per farmi il suo rapporto.
Prima di farlo parlare gli chiedo se per caso &egrave un mostro se &egrave già riuscito a leggere tutto il malloppo che gli ho dato.
Lui scuotendo il capo mi informa che &egrave specializzato in lettura veloce ed &egrave in grado di spiegarmi cosa c’&egrave scritto.
Gli lascio fare il suo rapporto.
Scopro che il mio incarico principale consiste nel continuare ad andare in giro a convincere colleghi di tutte le sedi ad andarsene in mobilità volontaria.
Gli dico di organizzarmi un piano che nel giro di tre quattro mesi al massimo mi consenta di visitare tutte le nostre filiali. A cominciare dalle più piccole.
Grazie a questo espediente riesco a stare lontana da Roma fino alla vigilia di Natale.
Il 24 dicembre devo per forza partecipare alla ‘festa’ dei Dirigenti dell’Azienda.
Qui Alfredo, che non &egrave riuscito ad ottenere, nonostante i suoi appassionati tentativi, alcunché dalla nostra cena, mi tratta con malcelato distacco.
Mi ritrovo in breve in un angolo da sola a guardare gli altri che ridono, scherzano o parlano di lavoro.
Non mi dispiace il mio isolamento che continua tranquillo fino a che un anziano piccoletto, vestito anche in maniera alquanto sciatta, non si siede vicino a me e comincia a bofonchiare qualcosa.
Non so perché mi lascio attrarre dalla sua voce. Cio&egrave, voglio dire, ha una voce bellissima, ed io nonostante la mia abulia mi lascio attrarre da quello che dice:
– Certo che queste feste aziendali sono proprio della grandi cagate.
Ma lo dice in modo così dolce da non risultare volgare.
Si gira a guardarmi. Vedo i suoi profondi occhi blu che mi squadrano e poi mi fa:
– Mi scusi il linguaggio. Lei &egrave nuova? Non mi pare di averla mai vista.
Sono rapita dalla sua voce e dai suoi occhi meravigliosi.
A fatica rispondo:
– Si. E’ da poco che mi hanno promossa Dirigente.
– Ah si! Lei allora &egrave la Sonia Crema.
In grande imbarazzo per questa affermazione che mi indica degna di ricordarsi di me anche quando non ci sono, lo guardo e gli dico:
– Si sono io. Ma scusi con chi ho il piacere di parlare.
– Mi scusi Sonia. Sono Aldo.
E mi tende la sua morbida mano. E’ molto curata. E’ snella ma non secca. Mi rendo conto che se anche &egrave piccolo di statura &egrave molto proporzionato.
Il mio cervello registra la sua vaghezza sul cognome, ma memore della confidenza di Alfredo, penso sia un modo di fare in azienda.
Aldo continua a parlare con me.
– Sa che &egrave più giovane di quanto la pensassi? Pensando che era un’interna mi ero fatta l’idea che fosse quasi una vecchia….. non una bella donna come lei.
Mi accorgo di essere arrossita lievemente sulle gote. Abbasso gli occhi e gli faccio:
– Sempre quaranta sono.
– E cosa vuole che siano quarant’anni. Pagherei per averli ancora.
A questo punto curiosa gli domando:
– Perché quanti anni ha?
-Quanti me ne da lei?
Fa lui in tono scherzoso.
Lo squadro come a valutarlo e poi, con una certa sicurezza dico:
– Direi non più di cinquantacinque o sessanta.
Lui si mette a ridere di gusto.
Poi riprende un atteggiamento più serio e mi fa:
– Settantadue primavere, mia cara.
Lo guardo davvero ammirata. Davvero non sembra avere tanti anni.
Torno a dirglielo e mi congratulo con lui. Poi quasi senza pensarci gli dico:
– E come mai continua a lavorare alla sua età?
Lo vedo sorridere compiacente. Poi con un fare gigionesco mi fa:
– Ma davvero non sa chi sono?
Lo guardo ancora più incuriosita e con la testa faccio un chiaro segno di diniego.
– Beh! Cara ragazza. Sono il Presidente della Società ed adesso scusami ma credo che sia il mio turno di dire due parole. Però ti prego aspettami, mi piace conversare con te.
Lo vedo alzarsi, restando a bocca aperta, ed andare al centro del salone dove i vari Direttori finora si sono succeduti a dire un sacco di cazzate sulla identità aziendale e così via. Lui in poco meno di cinque minuti riesce a dare una carica emotiva tale che quando termina un fragoroso applauso si alza dalla platea che lo ha ascoltato in un religioso silenzio.
L’applauso mi scuote dallo stato di trance in cui ero caduta. Non ho capito niente di quello che ha detto ma sono restata affascinata da come lui ha saputo ammaliare con la sua voce tutta la platea.
Adesso lo vedo venire verso di me con passo deciso e risedersi sul davanzale del finestrone dove io mi sono accoccolata per tutta la serata e mi fa, senza guardarmi direttamente:
– Adesso che anche tu hai soddisfatto il tuo compito di ascoltare il pistolotto del Capo, cosa ne dici se andiamo a berci qualcosa in pace in un posto meno noioso di questo?
Lo guardo per capire se ce l’ha con me. Alla conferma dei suoi occhi rispondo con un cenno di assenso del capo.
Lui si alza ed io lo seguo come una cagnetta.
Lui stringe mani a destra e manca mentre usciamo, io faccio di tutto per non farmi notare e finalmente siamo fuori dal salone.
Mi invita a seguirlo un attimo in ufficio all’ottavo piano per prendere il soprabito. Vado dietro di lui incapace di articolare parola. Solo adesso sto somatizzando davvero chi &egrave che mi ha invitato ad andare a prendere qualcosa insieme.
Aldo De Faveri &egrave considerato forse il più grande banchiere italiano. E’ stato per molto tempo in predicato ad assumere il ruolo di Governatore della Banca d’Italia, ma voci dicono che lui non abbia voluto per non assoggettarsi alle clientele politiche.
Persona dai modi spicci &egrave di grande acume negli affari, &egrave temuto più che rispettato da amici ed avversari.
Della sua vita privata nessuno sa niente.
Con questo turbinio di pensieri lo seguo senza fare attenzione a ciò che lui dice mentre mi precede.
Ad un certo punto si ferma e mi fa:
– Ma mi ascolti Sonia?
Continuando a darmi quel tu che da solo ha deciso di utilizzare.
Io arrossisco come un peperone. Balbetto qualche parola e lui mi fa allora:
– Guarda che non devi fare alcun esame. Ti ho solo chiesto di venire a bere qualcosa con me. Ok?
Scuoto in segno d’affermazione la testa ma sono incapace di articolare parola.
Lui sembra un po’ rassegnato. A grandi passi si avvia verso il suo studio. Lo seguo fin dentro. Mi accorgo che nell’anticamera c’era qualcuno che l’ha salutato. Io come un fantasma inesistente mi sono infilato dietro di lui.
Quando siamo dentro lui si gira verso di me, e mentre chiude la porta della stanza, mi fa:
– Guarda che devi smetterla di comportarti così. Ti ho chiesto di andare a bere qualcosa perché mi sei sembrata sinceramente una donna interessante.
E mi guarda con i suoi occhi profondi direttamente nell’anima.
Mi sento sciogliere. Mi faccio forza. Stringo i pugni e cerco di riassumere il controllo di me stessa ed allora gli dico con voce bassa, ma almeno non balbettante:
– Scusami. Mi ha sconvolto sapere chi eri. Sembravi una persona normale. Un bell’uomo. Ma poi’.
Lui scoppia in una fragorosa risata:
– E cosa sono io? Un lupo mannaro. Una bestia rara, che ti fa spaventare così.
– No. Scusami ‘ mi rendo conto di essere anch’io passata al tu ma non so più che fare, e continuo ‘ &egrave la prima volta che sto vicino ad una persona importante come te.
Adesso mi sorride. Mi squadra e con un malizioso sorriso mi dice:
– Non mi pare proprio.
Io colta di sorpresa do segni di non comprendere cosa voglia dire, e lui continua:
– Mi risulta che sei stata, molto, ma proprio molto vicino ad alcune delle più influenti persone della politica bancaria mondiale.
Al mio sguardo smarrito lui mi dice:
– Ma come hai già dimenticati Mariko ed Hatamoto?
Una pugnalata mi spacca il cuore e lo stomaco.
Ho voglia di sparire. Lui imperterrito mi fa:
– Mi hanno raccontato tutti i particolari del vostro incontro. Sai con Mariko ho una relazione molto bella da quasi quindici anni. Poi suo marito &egrave così caro con me che mi lascia spesso incontrarla da sola”
La testa sembra volermi scoppiare. Mi sforzo di reggere anche questa botta. Aldo mi si avvicina molto. I suoi occhi continuano a farmi perdere in pensieri scabrosi. Mi sussurra:
– Ho tanta voglia che tu venga a giocare con me e lei.
I colori del mio viso sono indescrivibili. Aldo fa finta di niente e prende il cappotto dall’appendiabiti su cui era agganciato:
– Andiamo, cara?
E mi indica la porta. Muta lo precedo fino in garage. Una macchina enorme si muove appena arriviamo. L’autista scende e viene ad aprirgli la porta. Lui lascia che io entri per prima e poi si infila dietro di me.
Percorriamo il centro di Roma in questa vigilia di Natale caotica ed a rilento. Lui prende il cellulare e chiama qualcuno:
– Ciao. Sai con chi sono in macchina? Non ci crederesti. Si proprio lei. L’ho appena conosciuta per caso.
Intuisco che c’&egrave Mariko dall’altro lato.
Lo sento che con monosillabi risponde a cose che gli dice Mariko finché lo sento dire:
– Aspetta glielo domando.
Rivolto a me mi chiede:
– Cosa ne dici di passare da Mariko a prendere qualcosa. Ne sarebbe felicissima.
I miei occhi sono fiammeggianti. Una straordinaria eccitazione si &egrave impossessata di me.
Il ricordo dell’incontro mi sta sfilando davanti agli occhi che sembra reale. Una potente voglia di rivederla si impossessa di me.
Faccio un cenno di assenso con il capo.
– Bene.
Fa lui. Poi al telefono lo sento dire:
– Tra quindici minuti saremo da te, cara.
Chiude la comunicazione e mi chiede:
– Sei contenta di ricontrarla?
Lo guardo dritta negli occhi. Credo che manca solo che mi lecchi le labbra per dar corpo a tutta l’eccitazione che mi pervade. Con voce roca gli dico:
– Non vedevo l’ora!
– Mi ha chiesto perché non gli hai telefonato.
Gli rispondo nello stesso tono:
– Pensavo che si fosse già scordata di me.
– Credo che sia impossibile. Ti ritiene in assoluto la migliore di quelle che ha incontrato.
Come a volermi punire gli chiedo:
– La migliore di che?
– Ma delle puttane, &egrave chiaro mia cara.
Le mie gote scottano tanto sono rosse.
Aldo si avvicina al mio orecchio e mi fa:
– Spero che lo dimostrerai volentieri anche a me.
Come colta da una trance che condiziona la mia volontà, mi sento rispondere:
– Certo. Ci metterò tutta l’abilità di cui sono capace. Sei un uomo che affascinante. Una donna non può chiedere una motivazione migliore di te per farsi ‘…. ‘troia’.
Dico quest’ultima parola calcando il tono roco della voce.
Lui mi bacia sulla bocca. Il sapore di sigaro che prima aleggiava attorno a lui mi esplode nel gusto della bocca. I miei sensi sono acuiti al massimo.
Sento l’auto rallentare e manovrare per entrare in un palazzo in pieno centro. Dopo un piccolo arco entriamo in un ampio cortile con una fontana al centro.
Davanti all’ingresso padronale c’&egrave una doppia scala che scende facendo una mezza curva da ambo i lati. Lei &egrave la. A metà della rampa destra. Il mio ventre brucia di voglia. Sento la mano di Aldo che sta raccogliendo i miei umori che hanno bagnato perfino il sedile di pelle dove sono seduta. Lo vedo portare la mano vicino al naso e poi leccare un dito. Un’altra fitta al ventre mi da la sensazione di morire. Lo vedo fare cenni di accondiscendenza, e poi dice:
– Ha ragione Mariko. Sei proprio buona. Dai andiamo a divertirci davvero adesso.
E scende tenendomi la porta aperta fino alla mia discesa.

‘.. continua ‘..

Si accettano volentieri commenti e considerazioni. L’aria fredda sul viso accaldato sembra volermi frustare.
Sento un lago di umori fra le gambe mentre salgo i pochi gradini che mi dividono da lei.
E’ più bella che mai. Ha un tubino cortissimo da cui fuoriesce il bordo delle autoreggenti.
La giacca ad un bottone stringe sotto il seno che sembra volergli scoppiare dalla camicetta.
Ha il viso rosso, per il freddo, almeno credo.
Come arrivo davanti a lei, sono sul gradino sotto di lei e quindi sembro più bassa anche se non &egrave vero, lei mi bacia sulla bocca.
La sua lingua si intrufola nella mia bocca che si &egrave aperta ancora prima che le sue labbra si poggiassero sulle mie.
Il suo profumo mi riconquista.
Sento la sua mano fra le mie gambe che mi si piegano a causa dell’orgasmo che sta scoppiando li, proprio sulle scale, con l’autista ed almeno altri tre domestici oltre ad Aldo, che ci stanno guardando.
Mi scuoto convulsamente e sono costretta ad abbracciarmi a lei per non cadere.
Mariko mi trattiene e togliendo la mano da mezzo alle mie cosce mi fa:
– Vedo con piacere che la distanza non ti ha raffreddato, bella puttanella.
Chiudo gli occhi ed abbasso la testa dicendogli:
– Non vedevo l’ora.
E dopo una pausa che spero capisca vuole essere ad effetto, riprendo:
– Padrona.
– Bene!
Fa lei con il suo perverso sorriso:
– Vedo che ricordi le lezioni. Vedrai che da oggi la tua vita cambierà.
Ed io, a voce bassa, quasi sussurrando gli dico:
– E’ già cambiata. Padrona. Adesso so solo che ho bisogno di te.
Mi prende per mano e mi trascina dentro.
Aldo ci viene dietro.
Come arriviamo dentro, Mariko mi aiuta a togliere il soprabito. Mi sfila la giacca che indosso, mi sgancia la gonna. In questo istante ringrazio il cielo che stamattina ho scelto di mettermi un intrigante completino che scimmiotta il bondage.
Un tanga fatto di tre strisce di cuoio ed un piccolo foglietto di stoffa trasparente davanti alla mia figa completamente depilata. Il reggiseno anch’esso in strisce di pelle che contornano i seni con il solo scopo di sollevarli.
Non c’&egrave nessuna coppa.
Vista così, adesso che mi ha aperto anche la camicetta, sembro proprio una che non aspettava altro.
Ed &egrave vero.
Una sordida felicità mi prende nell’essere osservata dai meravigliosi occhi blu di Aldo e da quelli di Mariko.
Sento la morbida mano di Aldo accarezzare il mio seno. Le sue dita imprigionano un capezzolo e lo stringono fino a farmi urlare di dolore.
Mariko provvede a stringere l’altro.
Lo fanno con cattiveria. Dal dolore scivolo inginocchiata davanti ai miei due carnefici.
Li guardo e con voce rotta dal pianto che soffoco per pudore, e gli grido:
– Grazie.
Aldo fa scorrere verso il basso la sua cerniera lampo e mi prende la mano destra per lasciarmela infilare dentro.
Manovro fino a che sento il contatto con la sua carne.
Percepisco una mostruosa mazza che dal buco dove ho infilato la mia mano non riuscirebbe mai a passare.
Uno scettro che, percorrendolo tutto, scivolando dolcemente con la mia mano, supera di buoni cinque centimetri il suo ombelico.
Ha un diametro che non mi consente di chiudere le dita della mano attorno a lui.
I miei occhi si velano dall’eccitazione. Lo imploro di darmelo:
– Ti prego. Dammelo. Lo voglio. Mettimelo dentro.
Mariko che mi sta pasturando ambedue i seni alle mie spalle mi sussurra nell’orecchio:
– E no! Bellamia. Quello dovrai prima meritartelo. Adesso lo devi solo scaldare per me.
Le sue mani si stringono ancora sul mio seno.
A fatica lascio lo scettro. Aldo si sbottona il pantalone e lo lascia calare. Io in ginocchio ai suoi piedi lo aiuto a sfilare i piedi.
Gli tolgo le scarpe ed i calzini. Gli abbasso i boxer. E’ portentoso.
Ha un aspetto bellissimo e maestoso. La cappella somiglia ad una pesca.
Il tronco liscio con i rilievi ambrati delle vene.
Il suo profumo &egrave forte. Aspro. Non ha niente di dolce.
Inebria, tanto &egrave intenso.
Mariko mi spinge con la bocca sulla cappella:
– Adesso umidificalo bene. Devo usarlo io. Quando hai finito vieni a preparare me.
Imbocco a fatica la pesca.
Aldo mi spinge fino in fondo la sua asta. Ho un conato di vomito. Lui non lo tira indietro. Mi sembra di soffocare. Lui spinge ancora. Sento l’epiglottide sollecitata. Sto per vomitare. Lui esce.
A fatica riprendo a respirare. Trattengo il vomito che davvero stava per uscirmi.
La mia bocca ha quel sapore acido che si ha in queste occasioni.
Lui, che intanto si &egrave denudato mi spinge via con un calcio.
Mi rivolgo a Mariko che si &egrave stesa sul divano. Gli slaccio la gonna e la faccio scivolare grazie al fatto che lei solleva i glutei. E’ senza mutandine.
Il suo profumo sa di eccitazione. Mi tuffo sulla sua femminilità.
Con la lingua gli apro le grandi labbra. Sopra le piccole labbra, la si erge la sua clitoride. Dura, eretta, provocante. La prendo fra le labbra. Poi la stringo leggermente con i denti. Affondo la lingua dentro di lei. I suoi umori mi bagnano completamente la faccia. La sento che sta già cominciando a godere. Continuo questo gioco fra clitoride e vagina. La lingua corre velocemente da un posto all’altro.
La sento venire abbondantemente.
La mano di Aldo mi afferra con violenza per i capelli e mi butta di lato. Lui si infila dentro di lei. In ginocchio vicino a loro mi godo allucinata lo splendido spettacolo del suo andirivieni. E’ lento ma profondo.
I suoi colpi sono potenti. Lo sento che con la mano cerca la mia testa. Mi avvicino e lui mi prende, sempre per i capelli, e mi spinge verso il suo didietro.
Come ipnotizzata mi tuffo fra i suoi glutei e cerco il suo buchetto.
E’ morbido anche questo. Con la lingua mi accorgo che riesco ad entrare abbastanza dentro di lui. Penso che non deve essere estraneo a pratiche di sodomia.
Provo ad infilarci un dito. Scivola come niente fosse. Allora uno dietro l’altro glieli infilo tutti e cinque a cuneo.
Riesco con facilità ad entrare fino alle nocche.
Comincio a far scendere la mia saliva sulla mano per lubrificarla.
Il suo andirivieni &egrave sempre più furioso.
Sento le contrazioni del suo canale rettale che preannunciano la prossima eiaculazione.
Con forza spingo la mia mano.
Le nocche superano di colpo il suo orifizio.
La mano sembra perdersi dentro di lui.
Le contrazioni del suo culo mi dicono che sta cominciando ad eiaculare.
Lo sento tirarsi fuori e girasi verso di me.
Ho ancora la mano infilata dentro e lui mentre mi fa cadere le ultime scariche di sperma sulla faccia.
Mariko che &egrave scivolata giù dal divano, con la mano si pulisce la vagina.
Viene poi dietro di me, mi aiuta a mettermi ginocchioni e sempre mentre ho la mano nel culo di Aldo mi infila con violenza la sua nel retto, con la sola lubrificazione dello sperma che ha raccolto dentro di se.
Il dolore &egrave lancinante. E’ affondata ben oltre il polso.
Lei incurante del mio dolore mi pistona su e giù con violenza.
Quasi condizionata dal suo movimento anch’io pistono nel culo di Aldo.
Lui quasi ulula. Dal glande, ormai ammorbiditosi, scendono ancora gocce di sperma.
Io comincio a scuotermi per il godimento. Improvviso l’orgasmo mi &egrave scoppiato in testa.
Mariko estrae la sua mano dal mio culo.
Io continuo a scuotermi per il godimento.
Anch’io ritiro la mia mano e con uno schiocco la estraggo dal culo di Aldo.
Adesso Mariko ha preso il cazzo di Aldo che se anche ha perso la turgidità che aveva prima &egrave ancora bello alto e grosso.
Lo tira e l’accompagna dietro di me.
Sento che la sua pesca &egrave appoggiata al mio sfintere.
Accompagnata dalla mano di Mariko che lo tiene dritto, lentamente entra dentro di me.
Sarà che non &egrave duro del tutto. Sarà che Mariko mi ha aperto in maniera esagerata, ma lo sento scivolare tutto fino in fondo.
Il suo pube batte sui miei glutei.
Mi sento in gola la sua asta ed il suo sapore. Un altro orgasmo comincia a salire.
Sento Mariko dirgli:
– Pisciagli dentro a questa brutta cagna.
Lui comincia a farlo.
Mi sembra di morire.
Mi sento riempire le visceri fino all’inverosimile.
Il suo cazzo sempre più moscio sembra sguazzare dentro di me.
Uno strano rumore, uno sciaqquettio lontano, riempie la stanza.
In fondo alla stanza vedo una cameriera che &egrave impegnata con una doppia penetrazione di due domestici.
Altre tre persone ci guardano. Uno ci sta riprendendo con una telecamera.
Mi sento morire.
So che oggi la mia vecchia vita &egrave finita.
Sento Aldo dire:
– Ho finito. Trova qualcosa per tappare questo cesso.
Mariko si alza e si allontana. Torna dopo poco con in mano una lattina di coca cola.
Lui si ritrae, sento il mio culo sfondato di nuovo.
Quanto ribolle nel mio intestino vorrebbe uscire ma non ci riesce.
Tento di alzarmi ma non ce la faccio. Le mie chiappe sono spalancate dalla lattina di coca che mi ha infilato nel culo. Faccio fatica a far forza sulle gambe.
– Non ti alzare. Seguimi in ginocchio.
Sento a stento la voce di Mariko nella mia testa ovattata.
La mia mente &egrave persa.
Un profondo senso di vergogna e piacere mi sta inebriando come fossi ubriaca.
Seguo Marika gattonando. Mi sento stupendamente umiliata.
Ma contemporaneamente mi sento veramente’.bene, come ho sempre desiderato sentirmi.
Questa inspiegabile sensazione mi sta dando piacere fisico. Mi accorgo di lasciare una scia che non passa inosservata:
– Guarda come gode sta troia.
Dice la calda voce di Aldo.
– Davvero &egrave perfetta per fare quello che vogliamo.
La sola idea che possono avere qualche idea su come umiliarmi ulteriormente, mi fa godere ancora di più.
Per favorire la sensazione di piacere muovo il culo come fossi una cagna in calore.
Mariko l’accompagna con i forti colpi di uno scudiscio che ha preso da qualche parte.
Finalmente arriviamo in bagno.
Non ce la faccio a sollevarmi sulla tazza.
Mariko chiude lo scarico della vasca e chiede ad Aldo:
– Prendi la cagna e mettiamola nella vasca, altrimenti mi sporca dappertutto.
Lui mi solleva a fatica. Sono quasi più alta di lui e sicuramente peso più di lui.
Sento che qualcun altro lo sta aiutando. Uno dei due domestici che stava chiavando la cameriera.
E’ ancora senza pantaloni e mutande. Ha un bel cazzo ancora in tiro. Mentre mi sta deponendo nella vasca cerco di prenderlo in bocca.
– Ma guarda sta cagna. E’ ancora in calore.
Sento la voce di Aldo.
– Ma, amore mio, ne vuoi ancora?
Interviene la dolce voce di Mariko.
Io con gli occhi velati dalla lussuria gli rispondo:
– Siiii! Voglio Cazzo. Ti prego! Dammene un poco, per pietà.
– Ma certo, amore mio.
Mi dice lei con fare civettuolo.
Chiama gli altri camerieri e gli dice:
– Forza accontentiamo la signora. Diamogli altro cazzo. In fondo se lo merita.
Da quel momento &egrave un tormento. Uno dietro l’altro, senza nemmeno darmi il tempo di scaricarmi mi inculano selvaggiamente e quando finiscono mi orinano dentro.
Ho il ventre gonfio in maniera oscena. Sembro quasi in cinta.
Quando l’ultimo finisce, invece di lasciarmi scaricare, Mariko mi reinfila la lattina di coca cola e mi dice:
– Resta così. Dobbiamo preparaci per la festa di Natale. Tu ti fermi vero Aldo?
– Certo, mia cara. Non mi perderei questa occasione per niente al mondo.
Vengo lasciata così, in preda a forti dolori di pancia, nuda nella vasca. Una giovane cameriera resta di guardia con l’incarico di usare una lunga frusta su di me se tento di togliermi la lattina dal culo.
Ad un certo punto cado in uno strano torpore che mi rende insensibile a tutto ciò che mi circonda.
Non so quanto tempo &egrave passato. Sento la faccia accarezzata da morbide e calde carezze. Riapro gli occhi che un ricco fiotto di sperma mi va giusto dentro.
Mi scuoto. Aldo, nudo, si sta masturbando su di me.
Guardo in giro per capire cosa accade e vedo una lunga fila di uomini nudi che aspettano il loro turno.
La pancia riprende a farmi male.
Ai piedi della vasca c’&egrave sempre quello con la telecamera.
Adesso lo sperma mi arriva sulle labbra.
In preda ad una strana eccitazione, fatta di dolore ed umiliazione, apro la bocca e con la lingua raccolgo lo sperma che mi &egrave caduto sulla labbra.
Un altro sta dando il cambio al precedente. No sono due, anzi tre. Entrano tutti nella vasca ed a ripetizione si scaricano su di me.
Con le mani raccolgo sperma dappertutto e me lo porto alla bocca.
I commenti volgari che sento mi eccitano ancora di più:
– Ma guarda che vacca.
– Ma l’avevi mai vista una zoccola così?
– Dio che puttanone.
– Guarda come si beve la sborra.
Sono incurante di tutto. So solo che mi piace.
Le parole di quegli uomini, il farmi degradare così, sento che &egrave la mia realizzazione.
Non so quanto tempo vanno avanti, ne quanti uomini si scaricano su di me.
Alla fine sono, nonostante tutto quello che ho ingerito, sommersa dallo sperma.
Una mano fredda, che scopro essere di Mariko, mi sfila la lattina. Davanti a tutti quegli uomini, ma anche donne di cui sento la voce ed i commenti acidi, comincio finalmente a svuotarmi.
I rumori ed il puzzo sono impensabili. Sento che molti reclamano di aprire la finestra ma non viene fatto. Sento la voce di Mariko che dice:
– No. La cagna resta qui così, finché non capisce quale sarà il suo futuro.
Tutti vengono spinti fuori dal bagno ed io vengo lasciata da sola, con la solita cameriera con la frusta a controllarmi, in una vasca piena di sperma, merda e piscio.
Per trovare una posizione che non mi faccia male sono costretta a rigirarmici dentro.
Provo a prendere un asciugamano da mettere sotto la testa, quando una violenta scudisciata mi blocca.
Un dolore atroce alla schiena mi paralizza.
La ragazza con la frusta mi guarda soddisfatta. Si vede che le piace frustare.
Mi sistemo come meglio posso e passo lì, nella merda, la notte di Natale.
Ho freddo quando mi sveglio. Mi accorgo che la guardia &egrave cambiata. Adesso c’&egrave un uomo.
Lo supplico di lasciarmi alzare, per tutta risposta mi da un violento ceffone. La testa mi sbatte contro il rubinetto della vasca. Il labbro mi si spacca, mi esce un abbondante getto di sangue.
Non ho il coraggio di passarci la mano sopra. Sono lorda da far schifo.
Finalmente, dopo molto tempo, arriva Mariko.
Come vede il sangue fa finta di redarguire il mio carceriere. Poi mi fa alzare, senza mai toccarmi e chiama una ragazza.
La carceriera di ieri sera.
La ragazza apre il rubinetto e con la doccia comincia a irrorarmi d’acqua.
Apre lo scarico e lentamente, il torbido condimento del mio Natale, sta scendendoci dentro.
Quando il grosso &egrave tolto la vedo prendere una spazzola, come quella per i cavalli, e comincia a strigliarmi.
Mi fa male da morire, ma ho paura ad emettere alcun suono.
Vengo insaponata e strigliata per molto tempo. Alla fine del lavaggio la mia pelle &egrave tutta chiazzata di graffi rosso violacei.
Vengo fatta uscire dalla vasca e vengo asciugata.
Con indosso la stessa minuscola biancheria di ieri sera, che &egrave ridotta uno schifo, vengo portata fuori nel salone dove tutti gli ospiti sono intenti a fare colazione.
Saranno un centinaio di persone.
Tutti gli occhi sono su di me.
Le donne si scambiano pensieri all’orecchio e ridono di me.
Gli uomini mi guardano bramosi.
Mi viene incontro Hatamoto. Bello come sempre. E’ insieme ad Aldo. Come &egrave davanti a me mi dice:
– Non volevo crederci che avessi voluto venire anche tu alla nostra festa. Sono proprio contento. Sono sicuro che ne trarremo vicendevole godimento.
Aldo da parte sua mi promette che prima o poi mi farà assaggiare il suo cazzo per bene, ma prima, come ha detto Mariko, dovrò guadagnarmelo.
Li ringrazio ambedue della loro gentilezza.
La cameriera che mi accompagna mi spinge verso l’uscita.
Finito il supplizio di attraversare il salone vengo introdotta in una stanza dove trovo apparecchiata una abbondante colazione.
Mi fanno togliere la biancheria che indosso e nuda mi metto a mangiare.
Quando ho finito Mariko, che ha controllato personalmente tutte le operazioni, mi dice:
– Adesso cara riposerai. Stasera alla festa sarai la nostra stella. Dovrai far godere tutti. Gli uomini e le donne. Vedrai che per una puttana come te sarà un ricco affare. In cambio io chiedo solo di poterti segnare come mia proprietà.
Dopo una pausa troppo lunga, continua:
– Solo se tu lo vorrai. Altrimenti ti vesti e te ne vai subito.
Ho gli occhi bassi. Vorrei guardarla per godere della sua bellezza, ma il privarmi della sua vista &egrave una punizione che credo di meritare. Dopo diverso tempo mi sento rispondergli:
– Ti prego, Padrona. Non cacciarmi via. Tienimi con te.
Provo ad alzare lo sguardo per capire la sua reazione.
Ha il suo sorriso solito, che adesso sa anche di beffardo, stampato in viso. Mi dice con voce dolce e suadente:
– Ma allora non vuoi nemmeno essere pagata per diventare la mia puttana personale?
Io scuoto la testa.
– Tienimi con te. Per sempre. Voglio solo questo.
Gli dico priva di qualsiasi volontà.
– Ma allora mi vuoi proprio bene? – mi dice lei provocandomi. Io scuoto la testa in segno affermativo.
– Dillo che mi vuoi veramente bene.
Con voce titubante mi sento ripondere:
– Ti amo, mia padrona. Ti prego, tienimi sempre con te.
Con voce sempre dolcissima, lei mi fa:
– Allora non ti dispiace se mi faccio pagare io per offrire il tuo corpo a tutti i miei amici?
Ancora scuoto la testa.
– No. Anzi mi fa piacere esserti utile in qualche modo.
Sento il suo sorriso su di me. Una fitta all’utero mi dice che l’umiliazione a cui mi sto sottoponendo sta facendo effetto. Mi sto eccitando.
– Bene. Piccola puttana. Allora da stasera entrerai ufficialmente nella mia scuderia di troie. Sarai un passatempo per chiunque vorrò. Ti venderò a chiunque riterrò di venderti. Mi compro la tua vita. Da oggi tu vivrai con me e per me. Quando sarò soddisfatta di te”. faremo l’amore insieme, quando mi stancherò di te, ti metterò a battere su un marciapiede. Sei daccordo, amore mio?
Finalmente riesco ad alzare gli occhi per guardarla.
E’ bellissima. La sua dolcezza non può nascondere menzogne, penso fra me e me. Dentro di me, mi dico che da oggi vivrò finalmente felice.
Con la testa segnalo il mio consenso.
Mariko si alza, prende da sopra il tavolo un astuccio e ne estrae un collare che mi applica alla gola:
– La mia cagnetta dovrà sempre essere al guinzaglio da oggi in poi. Mi raccomando, non farmi arrabbiare mai. Stasera per te sarà l’inizio della tua nuova vita. Sul tuo collare c’&egrave inciso il tuo nuovo nome: Messalina, la più grande puttana di Roma.
E sfiorandomi con un dito le labbra, mi abbraccia come si abbraccia un animale domestico che si ama.
Mi accuccio fra le sue braccia e mi inebrio del suo profumo.
Ad occhi chiusi sento che mi carezza dolcemente. La sento poggiare le sue labbra sul mio orecchio e la sento dire con voce roca:
– Adesso sentirai un poco di dolore. E’ il regalo più bello che tu potessi farmi. Sarà il segno tangibile del tuo amore per me.
La sua mano mi spinge ad aprire la bocca. Fidandomi di lei, la apro. Mi infila un bastone morbido ma con una anima molto dura all’interno fra i denti e mi dice:
– Stringi forte i denti.
Sento un profumo di carne bruciata ed un violento dolore mi prende al ventre.
Dal dolore stringo il bastone che ho fra i denti con tutta la forza che ho. Il dolore diventa sempre più grande.
Credo di essere svenuta. Mi risveglio che la sua mano mi sta accarezzando tutta.
Le sue dita disegnano il contorno del mio volto segnato dalle lacrime.
Scende fino ai capezzoli che massaggia con grande dolcezza.
Apro gli occhi e vedo i suoi occhi incantevoli. Mi bacia con dolcezza.
Con gli occhi la ringrazio. Sento ancora un lancinante dolore al ventre. Mi passo la mano dove mi duole e sento le mie carni tumefatte.
Guardo la mia pancia e proprio sopra la figa mi accorgo di essere stata marchiata a fuoco.
– E’ ancora gonfia e tuminescente ma sono sicura che sarà bellissima appena si rimarginerà. – mi dice – Questo da oggi &egrave il marchio che dimostra la mia proprietà sul tuo corpo.
Con gli occhi pieni di amore le dico:
– Grazie, amore mio. Ti prego tienimi sempre con te. La tua schiava farà sempre tutto ciò che vorrai.
Mi da ancora una lieve carezza sul viso, poi mi sposta di lato, si alza e lasciandomi sola nella stanza, mi dice:
– Adesso riposati. Da stasera sarai solo carne per il mio divertimento.
Mi guardo la tumefazione rosso scarlatto che lentamente sta assumendo un contorno più naturale. Mi accorgo che devono averla cosparsa con una crema emolliente perch&egrave &egrave già abbastanza cicatrizzata.
Resto così per un tempo interminabile a riflettere sulla mia vita trascorsa.
Mi sento finalmente che ho imboccato, grazie a Mariko, la vera via della felicità.
Ora vado a letto. Stasera comincia la il mio futuro.

Il continuo delle avventure di Sonia, forse tra qualche tempo.
Grazie a chi ha avuto la pazienza e mi auguro anche il piacere di leggermi, un grazie particolare a chi ha voluto darmi consigli e complimenti.

By Imitalo

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